mercoledì 20 dicembre 2023

Putiniani picchiano e marchiano la Reporter-Eroina Yelena Milashina: aveva svelato le Torture vs i Gay in Cecenia

di LELE JANDON
Torniamo a parlare dei gay in Russia. Mentre in Italia non destava scandalo l’ennesimo caso di prostituzione culturale legato a Silvio Berlusconi (una cosiddetta “giornalista di sinistra”, in realtà conduttrice di volgarissimi talk show, per soldi è passata dalla RAI alle sue TV), dalla Russia arrivava una commovente storia di eroismo quotidiano da parte di un’autentica reporter d’inchiesta di “Novaya Gazeta” (giornale chiuso dal satrapo russo), pronta anche a morire per amore della verità. Lo scorso 4 luglio a Grozny, nella Cecenia controllata da Putin, la 45enne Yelena Milashina è stata aggredita barbaramente assieme al suo avvocato. Erano andati nella capitale cecena per ascoltare la sentenza contro un’altra eroina, Zarema Musaeva, madre-coraggio di un avvocato dei diritti umani in esilio la quale è accusata ingiustamente dal sistema giudiziario al libro paga del tiranno di frode.
Proprio come la sua collega Anna Politovskaja (assassinata nel 2006 a 48 anni dinanzi casa dai sicari del serial killer russo), la coraggiosa cronista è l’unica ad essersi recata in quella regione pericolosa dove ha documentato i crimini contro l’umanità del regime di Kadyrov, al soldo di Putin. In particolare, aveva pubblicato articoli informativi sulla lunga serie di attentati ai danni dei ceceni perseguitati segretamente e rinchiusi in prigione per il solo fatto di essere gay (come il supertestimone Maxin Lapunov, torturato per fargli confessare nominativi di altri omosessuali). Nel 2017 24 pretacci cristiani ortodossi avevano lanciato l’equivalente di una “fatwa” contro di lei benedicendo così chi le avrebbe dato una ‘pena corporale’.
Sia lei che l’avvocato sono stati fermati da tre auto da cui è uscita una gang d’incappucciati in stile Ku Klux Klan: minacciandoli con una pistola, i mafiosi li hanno tenuti sotto sequestro e presi a calci in faccia. Lui è stato gambizzato, lei ha subìto un trauma cranico. In più i malavitosi le hanno spezzato le dita colpendole con un tubo di polipropilene (un gesto simbolico: è la ritorsione contro la sua attività di scrittura), le hanno rapato la testa e versato sul volto una vernice tossica color verde di “zelyonka” (un antisettico che può causare cecità ed è usato dai bulli putiniani ceceni contro gli oppositori). Il verde non è casuale, è il marchio di fabbrica dei russi: è il colore che resta sui corpi degli ucraini dopo i bombardamenti russi (che hanno colpito anche chiese ed ospedali). Il regime di Putin, ricorda lo scrittore ebreo italiano Roberto Saviano, è stato sostenuto dai tre partiti di destra al governo a Roma: Berlusconi rimase sino all’ultimo fra i suoi intimi amici e difensori, “Lega Nord” e “Fratelli d’Italia” hanno sempre votato No alle sanzioni che l’Unione europea impone dal 2014 (invasione ed annessione della Crimea). Nella sua menzognera autobiografia, Meloni (che proviene dall’estrema destra atea) ha elogiato la Russia come un «Paese che difende l’identità cristiana». Mentre la reporter russa è stata così ‘preavvisata’ in stile mafioso (se prosegui nelle tue investigazioni verrai ammazzata), intanto sulle Reti di Piersilvio Berlusconi la “giornalista” romana viene strapagata (proprio come una sua collega anche lei ritenuta “di sinistra”) ed è libera di reinvitare nel suo circo i filo-putiniani, i “Putin-Versteher” come chiamiamo in Germania, coloro che “comprendono le ragioni” del tiranno serial killer (come ad esempio l’incompetente Alessandro Orsini). Nessuno dei due casi, quello russo e quello italiano, stupisce: in Russia si paga caro dire la verità e in Italia la prostituzione giornalistica si vende a caro prezzo.

giovedì 14 dicembre 2023

Legge dopo Legge, Impossibile Essere Gay o Trans in Russia

di LELE JANDON
Durante il suo Ventennio al Potere Putin ha scelto una progressiva Reazione eguale e contraria al progresso del mondo libero riguardo alle libertà delle persone LGBT (progresso peraltro minacciato da costanti attacchi e tentativi dei reazionari populisti locali che -dai repubblicani americani ai compagni di partito di Meloni- si ostinano a non volere l’educazione sessuale nemmeno alle scuole superiori). Il sanguinario tiranno russo iniziò, proprio come Erdogan, vietando (e reprimendo nel sangue chi tentava anche solo d’iniziare a farli) i gay pride. Poi, nel 2013, il satrapo russo vietò anche solo di parlare in pubblico della Questione gay pena l’accusa di “propaganda” che comporta pene pecuniarie.
Ora che, dopo aver attaccato l’Ucraina l’anno scorso, deve trovare nuovi nemici anche interni, Putin procede, legge-dopo-legge, in maniera “legale” come i nazisti, a negare ogni minima libertà alle persone gay e trans. Su sua espressa volontà, la Duma ha appena votato una serie di norme che annullano ogni manifestazione pubblica di omosessualità e transessualità rendendo di fatto la vita impossibile alle persone LGBT. In primis il corrottissimo “parlamento” russo (quasi tutto a suo libro paga: quanto basta per far passare regolarmente le sue leggi liberticide) ha vietato gl’interventi di riassegnazione di sesso (permessi persino nella teocrazia iraniana!); secondo, chi si dichiarasse trans verrebbe recluso a forza in manicomio per venire sottoposto con metodi coercitivi (tipo TSO) a “terapie di conversione sessuale” sviluppate da un apposito “Istituto di Ricerca” creato dal “presidente”. E dopo che il “ministro della giustizia” ha chiesto alla “Corte suprema” (anch’essa corrotta) di classificare come “estremista” il movimento LGBT (che in realtà nemmeno può esistere ufficialmente in Russia sulla base della legge del 2013 appunto), i supremi giudici, dopo una finta pausa di profonda riflessione, l’ha dichiarato estremista e dunque fuorilegge (come già aveva fatto con il movimento liberale di Navalny) in quanto «incita alla discordia sociale» (esattamente ciò che fanno le fake news diffuse attraverso i social dalla Russia qui nel mondo libero, come abbiamo visto: http://lelejandon.blogspot.com/2023/12/con-lai-putin-diffonde-menzogne.html). Anche solo appendere o sventolare una bandierina arcobaleno può costare la pena della deportazione (come ai tempi di Stalin). La sanzione “esemplare” (punirne uno per educarne cento, diceva Mao) c’è già stata: 5 mila euro di multa ad una stazione musicale che ha trasmesso il video della hit “Tak krassiwo” del peraltro popolarissimo sex symbol russo Sergej Lazarev dove s’intravedono coppie dello stesso sesso che si tengono per mano («potrebbe dare l’impressione che questa tendenza sia equivalente al legame uomo-donna», ha scritto il giudice). Per Ivan Scalfarotto (senatore gay del partito liberale “Italia Viva”) quest’ennesima vessazione omofobica è un maggiore motivo per dare un sostegno «ancor più forte all’Ucraina» sott’attacco di Putin che vuole russificarla e distruggerne le libertà. Se l’Ucraina perdesse la guerra (magari a causa dei populisti come Beppe Conte, contrari agli aiuti militari), i gay ucraini verrebbero sottoposti alla stessa giurisdizione dei gay in Russia. Come se tutto ciò non bastasse, c’è già stato un primo Raid stile NYPD pre-Rivolta di Stonewall: la violenta e corrotta polizia di Mosca ha fatto irruzione nei nightclub gay con la scusa pretestuosa di “controlli antidroga”, in realtà per scoraggiare la libertà d’associazione. I gay sono così già attenzionati e avvisati: ben presto vivere da omosessuali in Russia sarà peggio che sotto l’URSS. Già durante il socialismo reale l’omosessualità persino vissuta in privato era reato penale (usato in pratica per colpire dissidenti e rivali politici) e nonostante la depenalizzazione sotto Eltsin oramai le leggi omofobe di Putin hanno raggiunto quelle di Erdogan. Da 23 anni al Potere, il tiranno fascista della Federazione russa ha appena annunciato che si ricandiderà (per il quinto mandato) nel 2024 (proprio in contemporanea con Trump il cui intento è abolire le nozze gay e, come ha scritto Anne Applebaum su “The Atlantic”, uscire dalla NATO, unico deterrente all’espansionismo del russo): Putin vuole completare l’instaurazione del perfetto totalitarismo che quindi controllerà ogni singolo aspetto dell’esistenza delle persone, persino se girano en travesti o se appendono un adesivo gay friendly nel proprio negozietto. Tutto ciò era prevedibile sin dall’inizio eppure ricordiamo per l’ennesima volta lo storico costante sostegno incondizionato all’ “amico Putin” da parte di Silvio Berlusconi (con tanto di menzogne contro Zelensky) e di Matteo Salvini, capo del principale partito alleato di questo governo di estrema destra (con viaggi, elogi e voti contrari alle sanzioni internazionali per le violazioni dei diritti umani): il bullismo di Stato contro gay e trans è il grande sogno nel cassetto dell’estrema destra internazionale, patriarcale e omofoba. Perciò: “Slava Ukraini! Gloria all’Ucraina!” che combatte anche per le libertà delle persone gay e trans.

mercoledì 13 dicembre 2023

Con l’AI Putin diffonde Menzogne Antisemite nel Mondo: Arma di Distrazione di Massa & Distruzione della Nostra Coesione Sociale

di LELE JANDON
“6150 Gesù uccisi da Israele”: con questo titolo che ripropone impunemente l’antichissima accusa di “deicidio” (in realtà Gesù fu crocifisso dai romani, ndr) uno sconosciuto quotidiano locale (“Il Mattino di Puglia e Basilicata”, diretto da un casertano di destra che proviene dal giornalismo sportivo) ha sbattuto gli ebrei in prima pagina. Al contrario il preparatissimo direttore del quotidiano progressista “Repubblica”, Maurizio Molinari, di origini ebraiche e massimo esperto di geopolitica, spiega bene: «La Storia c’insegna che ogni volta che l’antisemitismo dilaga lo fa attraverso una bugia popolare. Le Crociate si basavano sul deicidio degli ebrei a cui tutti credevano. Quando i cosacchi dello Zar facevano i Pogrom durante le feste ebraiche, il giorno dopo nella chiesa del villaggio vicino allo shtetl devastato e bruciato, il Pope di turno (cioè il prete ortodosso, ndr) diceva che gli ebrei se l’erano meritato perché avevano rubato le galline o commesso stupri. E tutti credevano alla bugia che legittimava il Pogrom. I nazisti incolpavano gli ebrei del disastro della Germania nella Prima guerra mondiale».
Sin dalla sua nascita nel 1954 sotto Stalin il KGB aveva un “Dipartimento Disinformazione”: la “Desinformacija” (o dezinformatsiya). E nel 2004 sotto il nuovo dittatore Putin è nata Sputnik, l’agenzia di stampa in più lingue che sparge nel mondo false notizie. Dopo aver attaccato Kyiv per diventare una Potenza nel Mediterraneo, la Federazione russa ha approfittato della risposta israeliana contro i terroristi di Hamas per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale dai propri crimini di guerra in Ucraina diffondendo fake news antisemite che -per colpa dei creduloni che non controllano le fonti- divengono virali (l’Italia detiene il record europeo su Facebook di notizie non verificate). Le notizie fasulle sono «una nuova forma di guerra», prende atto lo psicologo dell’Università Cattolica di Milano Giuseppe Riva nel suo libro fondamentale “Fake News” (edito da il Mulino, Bologna 2018, pagina 47). Secondo una ricerca pubblicata nel 2018 dalla prestigiosa rivista americana “Science”, le fake news sovrastano completamente le notizie vere in base a ogni metrica di diffusione qui sui socials (lo riporta anche l’antropologo Jonathan Gottschall nel suo saggio “Il lato oscuro delle storie”, Bollati Boringhieri, Torino 2022, pagina 197).
Il satrapo russo sta riuscendo in questa guerra ibrida: sono pochissimi i manifestanti a sostegno degli ebrei mentre alle manifestazioni contro Israele sono tantissimi gli antisemiti sui cui cartelli si dà dei “nazisti” agli ebrei: questa risma di gente è il prodotto della stessa propaganda creata a tavolino dai servizi segreti già quando l’Unione sovietica si schierò contro Israele nella guerra dei Sei giorni (1967). La Russia è una fabbrica di profili fake: per mezzo dell’intelligenza artificiale e dei troll produce una quantità industriale di false notizie su tutti i temi clou del mondo libero «per distruggere la nostra coesione sociale» (come non si stanca di ripetere la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock). Quest’opera diabolica di distruzione della verità e della coesione sociale avviene soprattutto su X (precedentemente noto come Twitter, di proprietà dell’ambiguo e controverso tycoon di destra Elon Musk, vicino a Giorgia Meloni): «una fogna mondiale», l’ha definito la sindaca progressista di Parigi che si è disiscritta da questo social oramai completamente fuori controllo e per questo punito sia dagli sponsor sia dall’Unione europea. Oltre che essere produttrice di menzogne globali antisemite, la Russia ha in Occidente i suoi teppisti provocatori: per le stelle di David disegnate come minaccia sulle abitazioni degli ebrei francesi la Francia ha arrestato dei russi, probabilmente agenti di Putin. Moltissimi di voi avranno notato che tanti degli attivisti No-Vax sono rimasti tali ed in più sono diventati attivi contro l’Ucraina (cioè contrari agli aiuti militari, proprio come predica il populista Beppe Conte) e, in aggiunta, contro Israele: questi nuovi antisemiti sono appunto il prodotto di quest’efficace propaganda “made in Russia”.

venerdì 8 dicembre 2023

La Nobel Jelinek: Hamas non appartiene alla Civiltà. Concorda Raffaele Morelli: impossibile trattare con loro

di LELE JANDON
Parole chiare e acute su Hamas e sul Pogrom del 7 ottobre arrivano dalla penna di Elfriede Jelinek, uno dei massimi scrittori contemporanei. La Premio Nobel per la Letteratura pubblica sul proprio sito Internet personale un intervento in tedesco (tradotto in inglese dalla sua traduttrice ufficiale, la premiata professoressa universitaria americana Gitta Honegger, https://www.elfriedejelinek.com). Intellettuale engagé da sempre in prima linea contro l’estrema destra ed il patriarcato, anche stavolta la Jelinek mostra di avere una visione chiarissima sulla natura del nemico del mondo libero ed è uno dei rari intellettuali progressisti a condannare senza se e senza ma Hamas: si tratta di furiosi «fanatici (Fanatiker) per i quali la vita non significa nulla», terroristi che usano le armi come petardi a Capodanno o come uno sport (l’arrivo in deltaplano da cui hanno sparato). Con le sue azioni contro civili innocenti (lo ricordiamo ancora una volta: di tutte le nazionalità) nonché contro «i palestinesi innocenti che i terroristi pretendono di liberare» questa «organizzazione terroristica» «si è esclusa (ausgechlossen) dalla civiltà umana», «non è un membro della civiltà umana (Zivilisation)», sottolinea la scrittrice.
Hamas -spiega l’importante autrice 77enne (il cui padre fu perseguitato dai nazisti a causa delle sue origini ebraiche)- colma con questa sua cultura di morte un vuoto e genera un altro «vuoto risucchiante». Almeno ai tempi della Guerra dei Trent’anni, anch’essa guerra di religione, c’erano eserciti da ambedue le parti ed accordi fra le fazioni; con Hamas non sono possibili nemmeno quelli giacché questa «banda terroristica» (Terrorbande) «pianifica e ha sempre pianificato l’annientamento d’ Israele, l’unico Stato democratico della regione»: Hamas «non ha mai avuto in mente altro che l’annientamento», ribadisce. Quelli di Hamas sono «come i nazisti durante l’invasione della Polonia» che accusavano i nemici prim’ancora che questi sparassero e vanno avanti a suon di «massacro, stupro e tortura e brama di omicidio». Nella sua analisi Elfriede Jelinek cita il guadagno fondamentale di Emmanuel Lévinas (1906 – 1995) del quale c’invita a leggere l’opera “Totalità e infinito” (fondamentale riflessione del 1961 sul genocidio hitleriano): il filosofo ebreo francese di origine lituana definiva la parentela umana sulla base della «risposta dell’altro al volto» ma in questo caso specifico da parte di Hamas non esiste nessun rapporto “faccia a faccia” (von-Angesicht-zu-Angesicht), nessuna risposta etica perché l’obiettivo dichiarato dei terroristi è appunto, come già detto, «annientare l’altro», lo Stato ebraico. Hamas non dimostra nessun senso di “prossimità umana” (Nachbarschaft) nella sua «furia distruttiva»: è pura distruzione ed autodistruzione. Proprio come dice con un brevissimo ed efficace intervento video lo scrittore e medico-psichiatra milanese Raffaele Morelli con particolare riferimento stavolta alla questione degli ostaggi: «Tutti i terroristi come Hamas ed Hezbollah hanno un disprezzo totale della vita umana. Mentre la compassione d’Israele e del mondo democratico cerca di trattare si viene a dimenticare che c’è qualcuno che rapisce bambini, donne, anziani e li scambia come merce! Con queste persone noi possiamo intrattenere relazioni e cercare di giustificarle, come hanno detto molti? Io credo proprio di no», esattamente la stessa tesi espressa dalla scrittrice austriaca. Anche lui sottolinea che Hamas è pura distruttività ed autodistruttività aggiungendo l’abuso dell’empatia cognitiva (tipica degli psicopatici manipolatori): «La verità profonda è che TUTTI NOI SIAMO OSTAGGI e veniamo usati perché noi portiamo la compassione, i terroristi portano soltanto la distruzione e la distruttività. Bisogna ricordarselo e saperlo prima di giudicare Israele che ha assunto tutte le cautele possibili per evitare morte e distruzione, bisogna capire bene da che parte sta colui che disintegra e distrugge. I crimini contro l’umanità sono tutti da una parte. Bisogna avere il coraggio di dirlo a voce alta». Giorni fa il celebre psicoterapeuta aveva detto a proposito dell’antisemitismo dei 4 mila professori universitari italiani che hanno chiesto lo Stop delle collaborazioni coi colleghi israeliani: «Mi ha colpito molto che durante il nazismo e il comunismo, quando sono state compiute tragedie contro la popolazione, molti intellettuali si sono schierati accanto ai dittatori, l’abbiamo visto ahimè anche in Italia (dove solo 12 docenti universitari dissero No al giuramento di fedeltà a Mussolini nel 1931, ndr). Oggi, quando una serie d’intellettuali dice di non voler più collaborare con le università d’Israele perché ritiene che sia colpevole di “crimini di guerra”, penso che, come allora si schierarono col regime fascista, così oggi molti intellettuali seguono un pregiudizio razziale che abita dentro di loro mascherato da sentimenti umani. Se l’Occidente ha un futuro sarà perché si sarà liberato di Hamas: se questo non accade, allora aspettiamoci che i missili non arriveranno più solo su Israele ma su tutto il mondo occidentale: ciò che più temono Hamas, Hezbollah e gli altri è la democrazia perché rimetterebbe in discussione i loro sistemi dittatoriali».

giovedì 23 novembre 2023

Milano, in Piazza per Hamas 1 dei Terroristi-Killer di Tobagi. Sala non condanna l'Odio Antisemita

di LELE JANDON
L’essere umano è un animale simbolico e la civiltà è fatta di gesti simbolici. Sin dalla sua elezione, nel 2016, il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, non ha mai presenziato ai vari eventi culturali ebraici milanesi: l’ha rilevato persino il consigliere comunale Daniele Nahum (del Partito democratico) in una recente intervista al quotidiano milanese “Il Giorno”. Stavolta però l’indegno primo cittadino del capoluogo lombardo ha persino disertato la Serata in sinagoga in memoria degli ostaggi di Hamas, rapiti un mese fa (come Ospiti oratori c’erano due giovanotti sopravvissuti al Pogrom e fra i presenti la senatrice a vita Liliana Segre, super testimone della Shoah sopravvissuta ad Auschwitz). L’assenza ingiustificata ad un Evento in cui si doveva abbracciare i concittadini ebrei è stata fischiata da una parte della Sala gremita. Questo gestaccio orribile del signorino Sala riconferma un’ennesima gravissima mancanza di empatia e civiltà politica da parte dell’amministrazione comunale.
Non è questione se Sala sia (come tantissimi altri italiani) antisemita (non credo nemmeno che un incolto manager come lui, che nemmeno proviene dalla storia del centrosinistra, abbia opinioni o idee politiche o sentimenti morali): il suo disertare puntualmente le occasioni d’incontro con la piccola comunità ebraica è una sua ben calcolata scelta politica. Beppe Sala, infatti, non è un moderato bensì un perfetto esempio di populismo di sinistra. “Il popolo di sinistra ha in odio gli ebrei? E io non mi faccio vedere agli eventi ebraici!”, avrà pensato anche stavolta (mandando un’anonima consigliera comunale che però rappresenta il consiglio comunale): “Vox populi, vox Dei”. Le colpe del signorino Sala non si limitano all’assenteismo: nella metropoli da lui male amministrata continuano a venire consentite le manifestazioni d’odio contro il popolo ebraico (vietate in Germania perché è ben noto che ci sono sempre slogan antisemiti). In una delle ultime disgustose manifestazioni, ad esempio, come riporta Zita Dazzi su “Repubblica”, “uno speaker al megafono ha detto «Hamas è un movimento di liberazione» e nessuno l’ha interrotto” e “c’è chi incita la folla a gridare «Palestina libera dal fiume al mare!»” (puro negazionismo dell’esistenza d’Israele, che si estende dal Giordano al Mediterraneo). Fra i manifestanti antisemiti c’è sempre in prima fila (assieme all’estrema sinistra extraparlamentare e ai fascisti neri) Francesco Emilio Giordano, ex brigatista condannato per la diabolica organizzazione dell’assassinio del giornalista progressista Walter Tobagi (1947 - 1980). Non appena uscito dal carcere già nel 2004 (dopo solo 21 anni) questo pericoloso terrorista ha subito ripreso a fare propaganda d’odio estremista, stavolta contro Israele e contro i connazionali ebrei italiani. Anziché onorare questo milanese illustre, ammazzato a pochi metri da casa sua dove c’era la figlioletta di tre anni e mezzo, la Città di Milano consente queste ed innumerevoli altre forme pubbliche d’odio senza una sola parola di condanna morale. La sera dell’Evento in ricordo dei rapiti invano il presidente della Comunità ebraica, Walker Meghnagi (che nella strage ha perso la nipote 23enne), ha richiesto al primo cittadino di condannare le manifestazioni “pro Palestina”: il “sindaco” (se così si può ancora chiamare) non l’ha degnato di risposta. Ed altrettanto inutilmente il dottor Meghnagi gli ha rinnovato la richiesta (incalzato dai cronisti) dopo la stupenda, commovente manifestazione di domenica scorsa in piazza Castello a Milano (di cui parlerò nel prossimo articolo): «Lui è il capo della città, secondo me avrebbe dovuto dire poche parole: “No agli episodi di antisemitismo, No alle manifestazioni di antisemitismo!” Basta». Come se tutto ciò non bastasse, ogni giorno in città, oramai sempre più pericolosa anche per gli ebrei oltre che per le donne e i ciclisti, sono ben visibili gesti di vandalismo antisemita con il pretesto della guerra: solo per fare un esempio, una via di Milano, il largo Tel Aviv, è stata rinominata da qualche vandalo “Largo Gaza” con l’aggiunta “Palestina libera”. E le opere dello street artist AleXandro Palombo contro l’antisemitismo pure sono state vandalizzate: la prima, che ritraeva Anne Frank piangente con la bandiera d’Israele, è stata ricoperta dalla scritta “Free Gaza”; la seconda, che ritrae il famoso bambino con le mani alzate della foto al Ghetto di Varsavia, è stata cancellata. No comment da Palazzo Marino. Vox populi, vox Dei. E il populismo antisemita avanza.

lunedì 20 novembre 2023

Evento in Sinagoga coi Sopravvissuti al Pogrom, Assente Sindaco Sala

di LELE JANDON
2 mila persone hanno partecipato lo scorso 7 novembre al commovente Evento organizzato dalla Comunità ebraica di Milano alla Sinagoga centrale di via Guastalla. Fuori c’era un mega striscione con le fotografie delle 200 persone tenute sotto sequestro dai terroristi di Hamas; dentro c’era su ogni posto a sedere un dépliant con anche il nome e l’età di ciascuna di loro (io avevo dinanzi quella dell’israeliana Karina Ariev, 19 anni, rapita da casa sua). C’eravamo noi de “Il Cinema e i Diritti”, l’ex deputato Emanuele Fiano (figlio del sopravvissuto Nedo, anche lui scrittore) che è stato sconfitto alle ultime elezioni dalla figlia di un terrorista di estrema destra e, con il suo agente di scorta, la senatrice a vita Liliana Segre, super testimone della Shoah che all’uscita ha detto ai cronisti: «Nelle foto dei rapiti rivedo chi non tornò da Auschwitz. Se sono qui vuol dire che la ritengo una serata importante, però non mi sento di parlare di quest’argomento, sennò mi sembra di aver vissuto invano» (concetto che ha ribadito giorni dopo).
Fra i vari oratori c’erano questi due ragazzi 21enni che vedete nelle foto da me scattate, Shlomi Shushan ed Amit Arusi, i quali hanno raccontato come sono sopravvissuti al Pogrom del 7 ottobre: erano al festival della natura: «All’inizio abbiamo pensato fossero fuochi d’artificio, poi ci siamo resi conto che invece erano razzi. ‘I soliti razzi’, abbiamo pensato senz’allarmarci troppo, così abbiamo cercato un riparo e ci siamo stesi a terra. Poi sono iniziate le raffiche di mitra…». I due giovani hanno deciso di correre in direzioni diverse (uno dei due per ben trenta chilometri, non trovando naturalmente nessun nascondiglio nel deserto. «Ora siamo amici fraterni e per noi è importante trasmettere che ogni giorno quando ci svegliamo dobbiamo ringraziare per ciò che abbiamo» (che è l’esordio delle preghiere mattutine degli ebrei, le Shachrìt, con cui si rende grazie a Dio per averci regalato un’altra giornata di vita). Altro importante discorso è stato quello chiarissimo dell’imam Abd al-Ghafur Masotti del “Coreis” (la Comunità religiosa islamica italiana): «Condanniamo fermamente qualsiasi ostilità contro gli ebrei, ci opponiamo a ogni istigazione all’antisemitismo e preghiamo per l’incondizionata liberazione degli ostaggi».
Scandalosamente assente (e fischiato) il sindaco Beppe Sala, populista di sinistra che si guarda bene dall’inimicarsi gran parte degl’italiani che vanno alle manifestazioni antisemite e le approvano: al suo posto ha mandato la presidente del consiglio comunale che ha letto (!) un gelido comunicato da un foglio. Questo gestaccio ha riconfermato un’ennesima gravissima mancanza di empatia e civiltà da parte di questa amministrazione: in casi come questo i discorsi si pronunciano a braccio perché devono provenire dal cuore. Invano il presidente della Comunità, Walker Meghnagi (che nella strage ha perso la nipote 23enne), ha chiesto al primo cittadino (come ha fatto in seguito in altre occasioni) di condannare le manifestazioni c.d. “pro Palestina” (vietate da Francia e Germania): fra i manifestanti c’era anche Francesco Emilio Giordano, condannato per la diabolica organizzazione dell’assassinio del giornalista progressista milanese Walter Tobagi (1947 - 1980). Non appena uscito dal carcere già nel 2004 (dopo solo 21 anni) questo terrorista ha subito ripreso a fare propaganda d’odio estremista, stavolta contro Israele e contro i connazionali ebrei italiani.

domenica 5 novembre 2023

Grossman: “Il Nostro Trauma e l’Indifferenza dell’estrema sinistra”

di DAVID GROSSMAN
(…) Siamo profondamente preoccupati per la risposta inappropriata di alcuni progressisti americani ed europei riguardo agli attacchi contro i civili israeliani da parte di Hamas, una risposta che riflette una tendenza preoccupante nella cultura politica della sinistra globale (…). Gli eventi traumatici di quel Sabato di ottobre lasceranno un segno indelebile nei nostri cuori e nei nostri ricordi (…). Non sorprende che, in risposta alle azioni di Hamas, lo Stato di Israele abbia lanciato una massiccia operazione militare a Gaza (….). In questo momento, più che mai, abbiamo bisogno del sostegno e della solidarietà della sinistra globale, sotto forma di un appello inequivocabile contro la violenza indiscriminata contro i civili da entrambe le parti. Voci di spicco del mondo arabo hanno chiarito che non esiste alcuna giustificazione per il sadico omicidio di persone innocenti.
Tuttavia, con nostro sgomento, alcuni esponenti della sinistra globale, individui che fino ad ora erano nostri partner politici, hanno reagito con indifferenza a questi eventi orribili e talvolta hanno persino giustificato le azioni di Hamas. Alcuni si sono rifiutati di condannare la violenza, sostenendo che gli stranieri non hanno il diritto di giudicare le azioni degli oppressi. Altri hanno minimizzato la sofferenza e il trauma, sostenendo che è stata la società israeliana a causare questa tragedia. Molti si sono protetti dai disordini morali attraverso la razionalizzazione e i confronti storici. Non avremmo mai immaginato che le persone di sinistra, difensori dell’uguaglianza, della libertà, della giustizia e del benessere sociale, avrebbero mostrato un’insensibilità morale e un’incoscienza politica così estreme. Hamas è un’organizzazione teocratica e repressiva che si oppone con veemenza al tentativo di promuovere la pace e l’uguaglianza in Medio Oriente. I suoi impegni fondamentali sono incompatibili con i principi progressisti, quindi la predisposizione di alcuni esponenti della sinistra a reagire positivamente alle sue azioni è completamente assurda. Inoltre, non c’è nulla che giustifichi l’uccisione di civili nelle loro case. Non c’è nulla che razionalizzi l’omicidio dei bambini davanti ai loro genitori; nulla che normalizzi la persecuzione e l’esecuzione dei giovani che escono a far festa (…). Coloro che si rifiutano di condannare le azioni di Hamas provocano un danno immenso alla prospettiva che la pace diventi un’opzione politica praticabile e rilevante. Indeboliscono la capacità della sinistra di offrire un orizzonte sociale e politico positivo, trasformandola in una forza politica estrema, ottusa e alienante. Esortiamo le nostre controparti di sinistra a tornare a una politica basata su princìpi umanistici e universali (…). Firmatari: Avirama Golan, scrittore e giornalista; Ibtisam Mara’ana, ex deputato laburista; Adam Raz, storico e attivista per i diritti umani; Ofek Birnholtz, dell’Università Bar Ilan; Ortal Ben Dayan, attivista sociale; Ori Ben Dov, attivista sociale; Uri Weltmann, organizzatore nazionale del campo, Standing Together; Ori Kol, imprenditore sociale; Orit Sônia Waisman, della David Yellin Academic Higher School of Education di Gerusalemme; Eilon Tohar, attivista sociale; Iris Leal, scrittrice; Alon-Lee Green, co-direttore nazionale di Standing Together; Eli Cook, capo del Dipartimento di Storia Generale dell’Università di Haifa; Almog Kasher, dell’Università Bar Ilan; Orna Ben-Naftali, Facoltà di Giurisprudenza, College of Business Administration e Van Leer Institute, Gerusalemme; Josh Drill, attivista sociale; Ghadir Hani, attivista per la pace di Standing Together; Gila Stopler, Facoltà di Giurisprudenza, Scuola Superiore di Giurisprudenza e Economia Aziendale; Galia Sabar, dell’Università di Tel Aviv ed ex presidente del Ruppin College; Dov Khenin, ex deputato; Dorit Hadar Persky, professoressa al David Yellin Academic College of Education di Gerusalemme; Danny Gutwein, dell’Università di Haifa; Dani Filc, di Standing Together; Hagar Gal del David Yellin Academic College of Education di Gerusalemme; Vered Livne, ex direttore generale dell’Associazione per i diritti civili in Israele e direttore di Standing Together; Taleb el-Sana, ex deputato del Partito Arabo Democratico e capo dell’Alto Comitato per i Cittadini Arabi del Negev; Yoav Hareven, regista di Standing Together; Yoav Goldberg, dell’Università Bar-Ilan; Jonathan Rubin, dell’Università Bar Ilan; Yossi Sucary, scrittore; Yofi Tirosh, dell’Università di Tel Aviv; Yael Hashiloni-Dolev, Università Ben-Gurion; Yael Sternhell, dell’Università di Tel Aviv; Yiftah Goldman del David Yellin Academic College of Education di Gerusalemme; Carmelo Shalev,dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Tel Aviv; Lisa Kainan del David Yellin Academic College of Education di Gerusalemme; Meir Yaish, dell’Università di Haifa; Mossi Raz, ex deputato del Meretz; Meital Pinto, della Scuola Superiore Accademica di Zefat; Meital Peleg Mizrachi, ricercatore post-dottorato presso l’Università di Yale; Mickey Gitzin del New Israel Fund; Miri Lavi Neeman, dell’Istituto Arava per gli studi ambientali; Nadav Bigelman, attivista sociale e membro di Standing Together; Noam Zohar, dell’Università Bar-Ilan; Niv Meyerson, attivista per la giustizia sociale e ambientale; Sally Abed, membro del consiglio di Standing Together; Adi Makmal, dell’Università Bar-Ilan; Odeh Bisharat, scrittore; Erano Dorfman, del Dipartimento di Letteratura dell’Università di Tel Aviv; Amit Schejter, presidente dell’Associazione per i diritti civili in Israele; Anat Herbst-Debby, Università Bar-Ilan; Ofri Ilany, storico e giornalista; Erano Nissan, amministratore delegato di Mehazkim; Tzlil Rubinshtein, attivista sociale; Ran Heilbrunn, scrittore; Ronit Donyets Kedar, Scuola superiore di diritto e commercio; Ruth Halperin-Kaddari, Università Bar-Ilan; Raphael Zagury-Orly, dell’Istituto Cattolico di Parigi; Shlomit Aharoni Lir, Università Bar Ilan; Sharon Armon-Lotem, Università Bar-Ilan; Tom Yagil, attivista per la giustizia sociale e ambientale; Tamar Ascher Shai, del David Yellin Academic College of Education di Gerusalemme.

sabato 4 novembre 2023

I Verdi Tedeschi Veri Amici d’Israele

di LELE JANDON
Come abbiamo scritto, la Germania si riconferma una vera Amica d’Israele e si stringe intorno al popolo ebraico con parole ed azioni chiarissime. Soprattutto i Verdi si sono distinti come il Partito più compatto pro Israele. La ministra degli Esteri (già candidata Cancelliera per i Verdi), Annalena Baerbock, si è precipitata a Tel Aviv e a stento ha trattenuto le lacrime: gli attacchi di Hamas del 7 ottobre scorso “non sono giustificati”, ha sottolineato. In un discorso alle Nazioni Unite Baerbock ha detto che bisogna avere compassione: «Dobbiamo cercare di capire il dolore dell’altro, immaginate come si ci sentirebbe se nostra sorella fosse rapita o nostro figlio fosse colpito da un razzo». Sempre in sede ONU i tedeschi (come altri 14 Paesi UE, il Regno Unito, il Canada ed il Giappone) non hanno votato la bozza di risoluzione dei Paesi arabi perché «non menziona chiaramente il terrorismo di Hamas, non chiede il rilascio di tutti gli ostaggi in modo sufficientemente chiaro e non afferma il diritto di autodifesa di Israele» che ha invece «il diritto e il dovere di proteggere il suo popolo. La sicurezza d’Israele è un valore non negoziabile. Affrontare la situazione dei palestinesi non contraddice in alcun modo questa nostra presa di posizione chiara ed incrollabile».
In un video virale il vicecancelliere, Robert Habeck, anch’egli esponente dei “Grünen”, ha pronunciato uno storico discorso da statista nel quale, dopo avere ripetuto le parole del Cancelliere Scholz («la sicurezza d’Israele è ragion di Stato della Germania»), ha ribadito una politica di tolleranza zero contro l’antisemitismo sia di estrema sinistra (che relativizza il Pogrom esordendo sempre con “Sì, ma Israele…”) sia islamista (“troppo pochi”, rileva, sono i mussulmani che han preso le distanze da Hamas): restano “verboten” sia le manifestazioni pro cosiddetta “resistenza palestinese” sia quelle di giubilo per le stragi sia i roghi di bandiere ebraiche (chi vìola queste norme e «non è tedesco rischia lo status di residente» o l’espulsione). Per parte sua, già all’indomani del Pogrom la sezione dei Giovani Verdi tedeschi ha subito invocato lo Stop ai contributi allo sviluppo che, attraverso l’Unione europea, sarebbero destinati ai civili palestinesi (fondi che, oltre ad aver costruito scuole, è probabile, secondo numerosi osservatori esperti, siano finiti anche nella corsa agli armamenti di Hamas): «Combattere l’antisemitismo è anche questo» (anche alcuni leader europei volevano rivedere e verificare tutto il processo degli aiuti, l’operazione d’Israele a Gaza ha fatto rimandare la decisione al dopoguerra). Ultimo ma non meno importante, dopo l’imperdonabile indelicatezza di Greta Thunberg che senza condannare espressamente Hamas («lo davo per scontato», si è poi difesa subito) è andata direttamente a manifestare “per la Palestina”, la giovane leader tedesca dei “Fridays for Future” Luisa Neubauer (anche lei membro dei Verdi) ha ordinato lo Stop a qualunque “Demonstration” a livello mondiale «sintantoché non saremo sicuri che anche solo un gruppo non potrà mai più usare gli account globali del nostro movimento per fare disinformazione e odio»: anche qui un gesto chiarissimo e parole chiarissime. I progressisti del mondo libero imparino questa lezione di civiltà e di alta politica dalla Germania.

venerdì 3 novembre 2023

Nel Giorno dei Morti l’Italia non consola Israele

di LELE JANDON
Ieri, 2 novembre, era il Giorno dei morti. Ognuno ha pensato ai fiorellini nelle proprie tombe di famiglia ma quasi nessuno ai lutti del suo prossimo, che non considera tale. Infatti è proprio questa, alla radice, la catastrofe dell’umanità a cui stiamo assistendo: l’incapacità di compassione e di consolazione degli oppressi. Mi riferisco agli ebrei. I cattolici praticanti dovrebbero sapere che “consolare gli afflitti” è una delle “opere di misericordia spirituale” che veniva raffigurata negli stupendi dipinti della civiltà medievale. La consolazione degli afflitti è una delle forme della compassione, che nella Bibbia è sempre un’azione concreta: dar da bere agli assetati, consigliare i dubbiosi eccetera. Dopo questa ritraumatizzazione subita dagli ebrei, il Pogrom del 7 ottobre che gli ha ricordato la Shoah, sarebbe stato doveroso recare loro conforto, andare in piazza per fare quadrato intorno a loro come hanno fatto tantissimi cittadini berlinesi.
Sin da subito la Germania ha dimostrato e sta dimostrando sincera compassione per lo Stato ebraico, con tanto di storico discorso del presidente della Repubblica ad una mega manifestazione di solidarietà ad Israele alla Porta di Brandeburgo. La ministra degli Esteri tedesca, che sceglie sempre con la massima cura le parole, all’ONU ha chiesto di esercitare “più compassione”: «Dobbiamo cercare di capire il dolore dell’altro: immaginate come si sentiremmo se nostra sorella fosse rapita o se nostro figlio fosse colpito da un razzo». Un amico danese da Copenaghen mi mostra le foto di un’iniziativa in piazza: una lunga tavolata con tanti posti quanti sono gli ostaggi di Hamas, simile a quella organizzata in Israele. E gli altri Paesi che fanno? I politici di estrema destra si fingono simpatizzanti di Israele ma la storia di “Fratelli d’Italia” ne rivela le radici antisemite: quando si è recata in sinagoga a Roma Meloni è rimasta a braccia conserte, un atteggiamento che rivela la sua mancanza di simpatia. Oltre che ad un analfabetismo religioso, assistiamo dunque ad un analfabetismo del body language dei politici. E tantissimi italiani (anche teologi “cattolici”) anziché consolare gl’israeliani fanno “victim blaming” contro Israele: la classica fallacia retorica di chi, anziché prender in esame il crimine in questione (in questo caso il Pogrom) razionalizza il fatto e colpevolizza la vittima. Succede spesso con le ragazze stuprate le quali, anziché consolate, si sentono insultate: ma tu stessa hai provocato, sei corresponsabile. E ora gli antisemiti stanno dando allo Stato d’Israele del provocatore. Questi cattivi maestri sono i figli spirituali di Papa Pio XII, il “Papa di Hitler”, quelli che ritengono che il bene sia non fare nulla per non indispettire il Malvagio di turno, cioè l’appeasement.
Intanto Israele piange i suoi morti. Con grande dignità e coesione, come la famiglia di Nir Forti (in foto), 29enne rimasto ucciso nel Pogrom di Hamas con la sua ragazza Shai Regev. Anche se viveva a Tel Aviv aveva la doppia cittadinanza: era anche italiano. Anche se come tanti sfortunati giovani d’oggi si accontentava di lavorare come impiegato era laureato in Filosofia e componeva poesie. Anche dinanzi al caso così, di un ebreo italiano come lui, gli ebrei in Italia sono lasciati immensamente soli e immensamente tristi. Grazie a Dio nella Tradizione ebraica chi è colpito dal lutto per una settimana riceve in casa le visite dei parenti che gli portano da mangiare o vengono a fargli da mangiare (la settimana di Shiva). Così quelle famiglie ebraiche che come quella di Nir hanno subito queste perdite così traumatiche non sono sole.
Ai più non viene neanche in mente che il loro tanto adorato Gesù di Nazaret figlio di Giuseppe che amano mettere solo come bella statuina nei loro irrinunciabili presepi era ebreo: Yeshua ben Yosef. Ebreo praticante, osservante, ortodosso, credente, che viveva in Israele. Quel profeta ebreo non immaginava che nel suo nome sarebbe stata fondata una nuova religione che avrebbe disprezzato la sua: il massimo paradosso storico della nostra civiltà che fra grillini, estrema destra extraparlamentare ancora non messa fuori legge, “antisemiti progressisti” à la page ed antisemitismo cattolico sta chiudendo il suo cerchio e tornando alle radici antisemite con cui è stata fondata a partire dai tanto celebrati imperatori romani che piacciono tanto agl’italiani. Riecco il grande ritorno dell’antisemitismo, proprio come un secolo fa. Prima della prossima Catastrofe.

giovedì 2 novembre 2023

Putin vieta Halloween ma fa lo Scherzo a Meloni e la smaschera

di LELE JANDON
La Russia e Halloween: due tragicomiche notizie. Il regime di Putin ha vietato di festeggiare Halloween in quanto “festa satanista dell’Occidente” (Occidente che viene costantemente maledetto alla maniera del regime dell’Iran) e così alcune scuole russe, per non far piangere i bambini, si sono dovute inventare la “festa della benedizione delle zucche” (sic). Dopodiché il satrapo russo ha scelto proprio la festicciola per mostrare la sua piccola vendetta contro l’odiato Occidente diffondendo l’audio di uno “scherzo telefonico” di due sue spie. Questa coppia di spie russe, ufficialmente due comici (di cui solo qui in Occidente sappiamo bene che sono servi del moderno KGB) ha fatto uno “scherzetto di Halloween” all’Italia di Meloni per punirla di non aver accettato la linea filorussa degli altri due partiti della sua coalizione, la “Lega Nord” di Salvini (fan sfegatato di Putin) e il partito di Berlusconi (amico personale del tiranno).
I due attori, spacciandosi per un politico d’alto rango di un Paese africano, hanno chiamato Palazzo Chigi chiedendo di parlare al presidente del consiglio italiano col preciso fine di rivelare le ipocrisie dell’Italia intorno all’odiata Ucraina. Lei gli ha detto che li avrebbe richiamati e così ha fatto, senza che nessuno del suo staff d’incompetenti facesse una verifica sulla loro identità o informasse i servizi segreti. Meloni si riconferma così stupida e ignorante da non riuscire nemmeno a riconoscere il forte accento russo. I due finti politici hanno giocato a fare il ruolo dei populisti lagnandosi del fatto che l’Africa non possa chiedere aiuto alle organizzazioni europee perché “tutti i soldi della Ue vanno all’Ucraina”. E Meloni gli ha dato ragione: «Già, devo dire la verità: vedo molta stanchezza, da tutte le parti» (che tradotto significa: «Siamo tutti stufi della guerra in Ucraina»), ha enumerato gli effetti negativi come l’inflazione e si è lamentata a propria volta in maniera assai poco istituzionale che il conflitto possa durare anni. E così la natura dello scherzo e delle rivelazioni emerse mostra che di attori qui ce ne sono non due bensì tre: Meloni sin qui da presidente del consiglio ha recitato il ruolo della democratica convinta ma attenti, come diceva Kafka “il male è un grande attore trasformista, capace di presentarsi anche sotto le sembianze del bene” (e dei discorsi umanitari all’ONU).
Come ci aveva ammonito la storica ebrea americana Ruth Ben-Ghiat nel suo storico articolo “The Return of Fascism in Italy” sul prestigioso magazine “The Atlantic” all’indomani dell’elezione di Meloni, pian piano anche lei come il premier ungherese rivelerà la sua vera natura antidemocratica: «Orbán governa da dodici anni e ci ha insegnato che non si fa tutto subito bensì gradualmente. Quando degli esponenti estremisti vanno al governo diventano più moderati: negli anni svelano la loro vera essenza» fascista. Appoggiare Zelensky è solo una tattica che alla postfascista Meloni serve al solo scopo di entrare nel Club (da lei sempre così tanto disprezzato e diffamato) dei Paesi normali e tentare così di ricostruirsi una verginità politica che nemmeno i bravissimi chirurghi di Teheran specializzati in imenoplastica sarebbero in grado di restituirle. E’ inquietante che un presidente del consiglio possa lasciarsi andare con tale leggerezza a rivelazioni così delicate ed esporsi con commenti così pesanti persino sull’andamento della guerra senza accertarsi dell’identità della voce con cui sta parlando, tanto più ben sapendo che questo genere di trappole sono già state fatte (fra gli altri, a Bush Jr.) e che Putin ha molti contatti e interessi in Africa e che quindi gli africani possono riferirgli queste preziose informazioni sugli umori degli alleati del suo nemico numero uno. Mentre Putin si prendeva giuoco dell’Italia, intanto in America il presidente Biden, egli sì vero grande Amico dell’Ucraina, riceveva come da Tradizione alla Casa Bianca, addobbata per Halloween, i bambini fra cui i figlioletti del Segretario di Stato: la bimba era vestita con la bandiera gialla e azzurra e il bimbo di quattr’anni ha indossato come travestimento l’abito militare del presidente Zelensky, vero super eroe dei nostri giorni. Il bisnonno di Anthony Blinken era nato vicino a Kyiv prima di emigrare negli Stati Uniti d’America.

lunedì 30 ottobre 2023

Erdogan rivince ed attacca Rifugiati Siriani, Ebrei e Gay

di LELE JANDON
Sono passati esattamente cent’anni dalla fondazione della Repubblica turca. Attenzione: “Repubblica”, non democrazia liberale. Anche l’Iran si autodefinisce “Repubblica”. E non c’è nulla da festeggiare. Infatti, dopo la catastrofe naturale del febbraio scorso (il terremoto) una nuova catastrofe si è abbattuta sulla Turchia con ripercussioni sul mondo intero: l’immensa ondata di odio portata da Erdoğan. Dopo che il sistema di corruzione da lui creato ha causato quasi 40 mila morti nel catastrofico sisma di otto mesi fa, la successiva catastrofe (sociale e politica) è stata l’ennesima rielezione del tiranno: dopo quasi un ventennio al Potere (come Mussolini), il partito di estrema destra del Sultano (sostenuto da un partito ancor più estremista) è stato riconfermato per la terza volta consecutiva e lui governerà come “presidente” almeno sino al 2028. In pratica stiamo lasciando accadere ciò che già è accaduto nella Federazione russa con il “presidente” Putin che non a caso è stato il primissimo “Ospite d’onore” ad inaugurare il suo terzo mandato. Secondo il politologo israeliano Dan Schueftan, ricercatore dell’Università di Haifa, Erdoğan è un «cavallo di Troia nella NATO», sta «radicalizzando i turchi in Germania» (il 67% dei quali ha votato per lui nonostante i disastri) e con lui al Potere la Penisola turca è oramai destinata a diventare un pericolo per il mondo, una dittatura islamista come l’Iran. Le sue prime parole e le sue prime azioni da presidente la dicono lunga sul suo Programma politico. Il primissimo messaggio del dittatore, un bifolco che ha cantato vittoria senza neanche attendere l’esito dello spoglio ufficiale, è stato irridere l’avversario politico (dicendogli “Bye, bye!”). Lo squallido rivale non solo ha commesso l’identico stupido errore strategico dell’opposizione ungherese alle ultime elezioni politiche (creare una coalizione improbabile, un’accozzaglia pretestuosa non credibile) ma soprattutto ha avuto la colpa di rincorrere Erdoğan nella xenofobia (contro i profughi siriani, che durante l’incivile campagna elettorale sono dovuti restare chiusi in casa temendo violenze). In seconda battuta il tiranno turco ha lanciato l’ennesimo attacco (come in campagna elettorale) contro le persone gay e lesbiche oppresse da lui sin dalla prima ora: al Potere dal 2014, già dal 2015 vieta ogni anno ad Istanbul la manifestazione di anche solo un piccolo Pride. Poco dopo la rielezione a presidente lo zoticone ha fatto una tragicomica gaffe all’ONU degna della sua ignoranza di ex calciatore fallito: si è detto «infastidito dai colori LGBT» sullo sfondo dell’Aula. Né gli interessava sapere che si trattava dei colori dei 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile: ai satrapi non interessa la verità. Poco dopo la rielezione ha annunciato l’introduzione di una nuova materia scolastica: “la famiglia nella società turca” dopo che 200 associazioni omofobe, anche attraverso un Family Day “contro la perversione”, gli hanno fatto pressing per far approvare una legge in stile Orbán & Putin: divieto anche solo di toccare il Tema Tabù dell’omosessualità. E dopo l’odio contro gli armeni (il cui genocidio viene ancora negato per legge) ora in Turchia si fomenta l’odio contro una vasta gamma di gruppi umani: le persone omosessuali, i curdi, i rifugiati siriani e gli ebrei. Aizzando le piazze contro Israele Erdoğan ha dichiarato che «i miliziani di Hamas non sono terroristi, sono liberatori delle loro terre» (un tempo sotto l’Impero ottomano cioè la Turchia dei sultani). Nulla di nuovo sotto il sole turco: il razzismo è sempre stato il suo ingrediente vincente sin dagli esordi (nel 1998 fu condannato per odio religioso contro i non mussulmani) e l’odio contro la religione o le altre religioni è sempre stato un ingrediente “made in Turkey” (anzi “made in Türkiye”, per usare il nuovo nome datole proprio da Erdoğan, preoccupato delle battute con la parola inglese “tacchino”). E rieccoci punto e a capo: dopo la laicizzazione forzata del tanto “mitico” Ataturk, che strappò violentemente il velo alle donne e viene tanto osannato nei sussidiari di “storia” per bambini, ecco servita l’islamizzazione forzata dell’adorato “Sultano”: la Storia turca prosegue così all’insegna della violenza istituzionale. In attesa della prossima catastrofe globale.

domenica 29 ottobre 2023

Zia Lydia a Teheran e la Longa Manus dell’Iran

di LELE JANDON
Dietro il recente attacco ad Israele c’è la longa manus del regime iraniano. Come ammonisce lo scrittore israeliano Etgar Keret sul “Corriere”, “la guerra è contro l’Iran”. Vi ricordo che solo dopo tanti anni, dopo un’inchiesta giudiziaria, si è scoperto il ruolo dell’Arabia Saudita nell’Undici Settembre. E’ noto che la dittatura iraniana, vicina ad ottenere la Bomba (se non l’ha già), fornisce sia suggerimenti sia armi ad Hamas, l’organizzazione terroristica colpevole -oltre che d’innumerevoli altre stragi- di un attacco stragista che lo scorso 7 ottobre ha ucciso 1400 persone innocenti di diverse nazionalità. All’indomani del Pogrom, per bocca di Ali Khamenei, lo Stato iraniano ha lodato «l’eroismo» di Hamas. Non c’è da stupirsi, Teheran da sempre predica l’odio contro Israele e coltiva ottimi rapporti con altri dittatori: con la Cina (che l’ha sponsorizzata come “new entry” del club dei Brics) e con Putin (a cui ha fornito droni che hanno colpito anche civili ucraini). Quella iraniana è una satrapia che fa ammazzare le donne anche solo perché tralasciano qualche ciocca dall’hijab. Per capire l’odio di cui stiamo parlando, guardate il recente video (diffuso dall’eroica attivista iraniana Masih Alinejad) che mostra una guardiana la quale risponde alla maniera di Zia Lydia del “Racconto dell’Ancella”: «Armita Garawand? L’abbiamo uccisa noi, se lo meritava». Questa funzionaria della cosiddetta “polizia morale” si riferisce alla giovane che si vede prelevata dai suoi colleghi guardiani alla banchina di un metrò. Le proteste dei giovani persiani sono incominciate con l’assassinio di regime di una ragazza, Masha Amini (la 22enne curdo-iraniana arrestata lo scorso 13 settembre perché lasciava intravedere una ciocca di capelli ed ammazzata il 16). Giorni fa le due eroiche reporter iraniane che hanno raccontato la verità su quest’omicidio di Stato sono state condannate a 13 e 12 anni di carcere e rischiano la pena di morte con la falsa accusa di essere collaborazioniste dell’odiato nemico, il governo USA: “Hanno fatto propaganda contro la sicurezza nazionale”. Mentre Meloni gioca a fare la diplomatica e non ha condannato questi crimini dell’Iran, giorni fa l’Unione europea ha assegnato il Premio Sacharov (la massima onorificienza per i diritti umani) proprio a Masha e a tutto il movimento di protesta iraniano “Donna, vita e libertà”. Quanto agli stupidi studentelli che vanno in piazza con scritto “Free Palestine” accanto agli antisemiti, costoro favoriscono il gioco di Potere di questi tiranni per distruggere le democrazie nel mondo e farebbero meglio a studiare con umiltà storia e geografia: se osservassero una semplice mappa, si accorgerebbero che tutti i più pericolosi satrapi del mondo, da Erdogan a Putin agli ayatollah, si sono schierati dalla parte di Hamas.

sabato 28 ottobre 2023

Il Presidente tedesco: «Dovere Civico Proteggere gli Ebrei»

di LELE JANDON
La Germania si riconferma vera grande Amica d’Israele. Lo ha dimostrato non solo con chiarissime parole ma soprattutto con tre fatti concreti. Innanzitutto Berlino ha vietato (come Francia ed Austria) le manifestazioni cosiddette pro Palestina che, come abbiamo visto, hanno sempre finito per giustificare, sostenere ed incitare Hamas ad esempio con bandiere pro ISIS e pro Al Qaeda a Londra e una foto di Anne Frank con la kefiah a Milano, con denuncia alla Polizia da parte di Emanuele Fiano, figlio del sopravvissuto alla Shoah Nedo Fiano. A Berlino sono vietate anche le kefiah nelle scuole e le scritte “Free Palestine”. Meloni, di estrema destra, non ha nemmeno considerato l’idea di vietare queste manifestazioni perché le sue radici ideologiche sono antisemite e la sua base elettorale odia Israele.
Dopodiché la Germania ha organizzato una commovente “Demonstration” di totale solidarietà allo Stato ebraico dinanzi al Luogo simbolo della capitale federale (dove vivono 8 mila ebrei): la Porta di Brandeburgo, che è stata anche illuminata dalla bandiera d’Israele. Lo slogan ufficiale del raduno era: “Insorgere vs terrorismo, odio ed antisemitismo, in solidarietà con Israele”. Questa marea umana di comuni cittadini (25 mila persone) ha voluto così dare un abbraccio agli ebrei sott’attacco non solo dei terroristi ma anche di sempre più neutralisti, pseudo progressisti e pretestuosi attaccanti che nemmeno hanno condannato le azioni di Hamas. Si è trattato di un grande Evento storico perché a partecipare e a parlare è stato il presidente della Repubblica federale di Germania! Proprio così: il Presidente Steinmeier ha tenuto uno storico discorso non solo in difesa di Israele ma in cui formula un preciso dovere civico di difendere gli ebrei.
Dopo aver ribadito le stesse chiarissime parole pronunziate da tutti i partiti (eccetto l’AfD, l’estrema destra, tenuta distante da una giusta “conventio ad excludendum” da tutte le altre forze politiche) e cioè “la Germania sta saldamente dalla parte d’Israele”, lo statista (socialdemocratico) ha spiegato il senso della “Demo”: «Siamo tutti qui per dimostrare che qui in Germania le persone di origini ebraiche, cristiane, mussulmane ed arabe possono e vogliono convivere pacificamente insieme. E’ intollerabile che gli ebrei abbiano ancora paura oggi», riferendosi a vari attacchi contro i siti ebraici e al fatto che tanti ebrei tedeschi rinuncino ad indossare la kippah per tema di aggressioni. Dopodiché è venuta la seconda parte del Discorso in cui il presidente tedesco coinvolge tutti noi in prima persona con un perfetto esempio concreto di democrazia militante: «La protezione della vita ebraica è un còmpito dello Stato ed è un obbligo di tutti quanti i cittadini (Bürgerpflicht): chiedo a tutti i concittadini di accettare questo dovere di cittadinanza, Vi viene richiesto questo e niente meno di questo». Infine, terzo ma non meno importante, la Germania non ha votato la proposta di risoluzione dei tiranni arabi che hanno chiesto una tregua (che favorirebbe Hamas e gli darebbe tempo per riarmarsi).

sabato 21 ottobre 2023

Così Nonna Rachel ha distratto i Terroristi

di LELE JANDON
In questa foto il presidente degli Stati Uniti d’America abbraccia un’eroina. Durante la sua storica visita in Israele Joseph Biden, che aveva appreso la sua storia straordinaria, ha chiesto di conoscerla. Nonna e madre di tre figli, cresciuta in una famiglia proletaria con ben 12 fratelli, Rachel Edri ha 65 anni e molto sangue freddo quando si tratta di proteggere la sua casa. Non a caso lavora in una base militare dove serve alla mensa dei soldati. Quando nel corso dell’orribile attacco stragista del 7 ottobre scorso i terroristi di Hamas (drogati con il Captagon) hanno violato la sua abitazione, Rachel non si è lasciata prendere dal panico e anziché il marito, che le era accanto, è stata lei a prendere in mano la situazione. Quel sabato mattina -racconta la signora- «ho visto cinque Rottweiler armati di kalashnikov e granate entrare dalla finestra.
Pensavo di correre verso la porta ma avrebbero potuto spararmi alle spalle» (come hanno fatto con tantissimi dei 1400 uccisi, freddati mentre erano in fuga). «Ho subito capito che era una questione di vita o di morte», dice Rachel, così ha preso la decisione di eseguire gli ordini degl’intrusi: ha consegnato i telefonini ai miliziani che li hanno distrutti. Come predoni hanno aperto gli armadi e gettato a terra tutto il contenuto sinché, continua la signora Edri, «hanno visto le uniformi della polizia dei miei figli e hanno incominciato a gridare: “Dove sono?” Ho mentito: “In America”». “Mi ricordi mia madre”, le ha detto a sorpresa uno dei terroristi, riferendosi probabilmente alla rassomiglianza ed offrendole così involontariamente un espediente per distrarli: «Esatto, e come tua madre ora mi prenderò cura di te: di che cosa hai bisogno? Avete fame? Siete pallidi, dovete mangiare. Tè, caffè, biscotti?», ha risposto Rachel con tipica ospitalità arabo-israeliana. «Portali», le ha intimato il terrorista. «Sapevo che quando hanno fame diventano cattivi!», spiega la donna ai media con tipico humour ebraico. Gli ha cucinato il pollo e poi servito come dessert fette d’ananas in lattina e i biscotti marocchini che aveva preparato con le sue stesse mani per la festa di Yom Kippur: «Gli sono piaciuti molto», dice compiaciuta da perfetta padrona di casa. Poi prosegue l’allucinante racconto da thriller: «Dopo aver bevuto e mangiato sono diventati molto più calmi, ho fatto conversazione e per un momento mi sono persino dimenticata che fossero terroristi». “Toh, la tipica Mamma ebrea!”, hanno ironizzato i giornali d’Israele, con riferimento alla tendenza delle matriarche ebree (in realtà delle madri mediterranee, come si vede in tanti film) a continuare a riempire i piatti dei figli e degli Ospiti. Nel frattempo la sua abitazione veniva circondata dalla Polizia: fra gli agenti c’era il figlio Eviatar, al quale lei, in un momento di distrazione dei terroristi, attraverso la finestra è riuscita a indicarne il numero esatto facendogli cenno con la mano aperta: “Sono in 5!”. Evi per parte sua ha fornito ai colleghi un quadro della disposizione della casa per il Blitz e così, dopo ben diciassette ore in balia dei rapitori, finalmente la squadra speciale è riuscita a penetrare (scendendo a sorpresa dalla doccia come in un film d’azione), ad eliminare i sequestratori e a trarre in salvo la coraggiosa signora. Certo la donna è stata forte ma ora si trova in albergo e le resta in mente il trauma vissuto da lei e da migliaia di altri israeliani: «Ogni volta che chiudo gli occhi vedo i terroristi. Non posso più tornare a casa perché non esiste più una vera Casa: loro ne hanno fatto un Pogrom». Questa storia surreale ed estrema ci dà un’ennesima testimonianza della forza morale degl’israeliani e ci offre altresì un prezioso insegnamento di vita: quando ci troviamo in situazioni sfidanti dobbiamo cercare la via di fuga con l’astuzia, come Ulisse, come le eroiche ragazzine protagoniste delle fiabe tedesche che Antonello Ghezzi ed io Vi abbiamo raccontato nel nostri film e come il personaggio di Giaele nella Bibbia, perché -come scrive la filosofa ebrea Martha Nussbaum, “gli esseri umani sono, prima di ogni altra cosa, esseri che ragionano”. Il Terrore si vince con la forza della ragione, senza lasciarsi trasportare da emozioni autodistruttive.

venerdì 20 ottobre 2023

I Leader dell’islam: «Inconcepibile uccidere Donne e Bimbi»

di LELE JANDON
Tutte le civiltà umane condannano l’omicidio degl’innocenti. Ma nella Storia si formano sempre le mafie dei terroristi che rompono questo Tabù con false giustificazioni religiose: dal patriarca russo Cirillo, che giustifica la guerra di Putin contro l’Ucraina, ad Hamas, che uccide civili, donne, anziani e bambini di varie nazionalità in Israele. Nello stupendo libro scientifico dell’antropologo e storico delle religioni di origini ebraiche Alfonso Maria di Nola “Maometto e la saggezza dell’islam” (Newton Compton 2001, pag. 147), troviamo questo fra i tanti bellissimi detti (hadith) di Muhammad: «Il più grande dei crimini è uccidere qualcuno». Il Dio dei mussulmani ammette esclusivamente l’omicidio per autodifesa e per bocca del Profeta dice di non ammazzare MAI vecchi, donne e bimbi: affermando questo principio di umanità e civiltà pone fine alla pratica, comune fra i disuniti popoli arabi pre-islamici, di faide, razzie e sacrifici umani di nemici ed infanticidi femminili. In un altro libro fondamentale, “Non nel nome di Dio” (Giuntina, Firenze 2017, pag. 36), il rabbino Jonathan Sacks (1948 – 2020) ricorda il buon esempio dell’eroe mussulmano francese che salvò venti clienti ebrei del supermercato kasher di Parigi nel quale lavorava quando il 9 febbraio 2015 irruppe un terrorista con pretesti religiosi. Dopo il pogrom contro Israele dello scorso 7 ottobre, qui a Berlino dinanzi alla “Casa dell’Uno” (in costruzione) alla presenza di sessanta persone i tre leader fondatori (un imam, un pastore luterano ed un rabbino) hanno concelebrato, come sempre uniti, un culto per piangere gl’innocenti uccisi. L’imam tedesco, Kadir Sanci, professore a Potsdam, ha citato il Corano: «Se qualcuno uccide una persona (che non abbia ucciso a sua volta), è come se avesse ucciso l’intera umanità». Si tratta di un precetto ispirato da un commento rabbinico del Talmud (Mishnah, Sanhedrin 4:5) riguardo al primo omicidio della storia umana, il fratricidio compiuto da Caino contro Abele e si riferisce al Comandamento biblico “Non uccidere gli innocenti!” (purtroppo tanti ignorano che l’islam rispetta i messaggi di tutti i Profeti precedenti delle due fedi sorelle, incluso Mosé). Nel deplorare, oltre che il terrorismo, il gestaccio dei peraltro pochi ignoranti che hanno festeggiato la notizia della strage in una via di Neukölln il Consiglio degli imam di Berlino ha scelto lo stesso versetto del testo sacro ai mussulmani (32, surah V): «L’omicidio, l’odio e la violenza non devono mai essere tollerati e nemmeno applauditi. Il nostro credo religioso e la nostra comprensione dell’Islam proibiscono tali comportamenti e invocano pace, misericordia e compassione. I nostri pensieri e le nostre preghiere vanno alle vittime degli attentati terroristici e delle rappresaglie. La glorificazione della guerra e della violenza è inaccettabile e religiosamente inconcepibile. La mancanza di rispetto per le vittime e per i parenti di persone assassinate va contro ogni messaggio religioso e dovrebbe essere messa fuori legge in ogni sua forma” (intanto la Germania, l’Austria e la Francia hanno messo fuori legge le manifestazioni cosiddette “pro Palestina” che, si sa, finiscono per sostenere e addirittura incitare Hamas). La massima chiarezza viene dal filosofo e pittore marocchino Tahar Ben Jelloun il quale ha scritto limpide sul quotidiano progressista italiano “Repubblica”: «Io, arabo e musulmano, non riesco a trovare le parole per dire quanto sia inorridito da ciò che i militanti di Hamas hanno fatto agli ebrei. La brutalità, quando attacca donne e bambini, non ha scuse o giustificazioni. Credo che si possa resistere ad un’occupazione, lottare contro la colonizzazione ma non con questi atti di barbarie. La causa palestinese è morta il 7 ottobre 2023. Hamas è il nemico non solo del popolo israeliano ma anche di quello palestinese». Sehr klar.

domenica 15 ottobre 2023

La Ricostruzione del Pogrom del 7 ottobre scorso

di LELE JANDON
A questo punto disponiamo di tutte le testimonianze dei sopravvissuti (fra cui 3360 feriti) per ricostruire l’attacco a sorpresa contro Israele da parte di Hamas dello scorso 7 ottobre. Contro alcuni villaggi dello Stato ebraico c’è stata una pioggia di 4000 razzi e proiettili d’artiglieria a corto e medio raggio lanciati dalla vicinissima Striscia di Gaza. Era Sukkot (la Festa delle Capanne), gli ebrei praticanti tenevano i dispositivi spenti per lo Shabbat e in alcuni paesini agricoli i residenti hanno capito solo dalle sirene degli allarmi antiaerei di dover correre nei rifugi che molti israeliani hanno in casa. Ma era per così dire un “falso allarme”: questo diluvio di missili aveva in realtà la sola funzione di distrarre la gente per far penetrare nel territorio terroristi armati di Kalashkinov che per due anni erano stati addestrati a questo “Undici settembre”: alcuni sono scesi con paracadute e deltaplani a motore (da cui hanno sparato!), altri hanno fatto irruzione con le ruspe sfondando le reti di protezione alla frontiera fra Israele e la Striscia, fucilando tutti i malcapitati sotto tiro. Hanno sequestrato almeno 150 persone (anche anziani e bambini!), le hanno caricate su motociclette e pick-up, poi (in stile ISIS) hanno girato video da cyberbulli (poi diffusi come trofei).
E come fece il neonazi Breivik in Norvegia, quei terroristi hanno fatto strage (260 persone, fra cui l’italo-israeliano Nir Forti) ad un raduno di giovani (la Festa della natura, un rave, il tipo di party che l’estremista di destra Meloni aveva tentato di vietare appena insediatasi al Potere in Italia): giovanotti che -ironia tragica- avevano trascorso gli ultimi trentanove weekend nelle grandiose manifestazioni di protesta civile contro il capo del governo, il populista Netanyahu, e l’estrema destra sua alleata. Questi criminali hanno attaccato il festival da tre lati, hanno ammazzato i vigilanti e poi molti giovani in fuga o rifugiatisi nei bagni chimici. Tanti ragazzi sono rimasti nascosti nelle vicine campagne per tante ore come questa coppia che si è scattata una foto mentre si davano un dolce bacio affinché, nel caso fossero stati assassinati, i familiari avrebbero avuto un ricordo del fatto che si erano amati sino alla fine. Poi i miliziani del Terrore hanno dato la caccia a chiunque casa per casa in due dei 270 kibbutzim (privi di serrature in nome dell’utopia comunitaria) in uno dei quali una coppia di riservisti, marito e moglie, vedendoli arrivare hanno nascosto in una cesta due gemellini di 10 mesi (salvati 13 ore dopo l’attacco da due familiari, arrivati ben 7 ore prima dell’Esercito), poi hanno combattuto riuscendo ad eliminare 7 terroristi ma sono rimasti infine uccisi. Alcuni si sono precipitati nelle “safe room” (obbligatorie per gli edifici costruiti dopo il 1992), il guaio è stato che non tutte queste “stanze di sicurezza” (concepite contro brevi attacchi aerei) erano chiudibili così i terroristi hanno ucciso le vittime in queste “panic room”: infatti non erano mai accadute in Israele simili incursioni via terra (che ricordano i pogrom, le irruzioni stragiste nei villaggi ebraici delle guardie dello Zar antisemita nell’Ottocento) e mai in un sol giorno c’erano stati così tanti uccisi in Israele (1300, fra i quali una 22enne berlinese ed il suo boyfriend inglese). In seguito a quest’attacco su più fronti, ulteriori razzi sono caduti contro due città vicine e persino vicino ad un aereo di linea Ryanair carico di passeggeri, a riconferma che il Terrore ci coinvolge tutti, nessuno escluso. Ora Hamas, per non venire smantellata come meriterebbe, ha bisogno (e non ha scrupoli) di usare i civili e gli ostaggi per proteggersi: come “scudi umani”. Lo Stato ebraico ha innanzitutto il dovere di salvarli come fece con il soldato Gilad Shalit, rilasciato da Hamas con lo scambio di ben 1027 terroristi palestinesi (uno di loro era fra i criminali del 7 Ottobre ed è stato eliminato ieri). Ecco l’IBAN a cui poter donare, tramite la sinagoga di Berlino, alle vittime di quest’atto terroristico: DE16 3702 0500 0003 1424 50

domenica 1 ottobre 2023

Da Budapest a Praga: le Colpe di Napolitano

di LELE JANDON Dopo gli unanimi onori (con tanto di concessione dei funerali di Stato) a Berlusconi, ecco i panegirici a Napolitano come se fosse anch’egli “Cavaliere” senza macchia. Ma Giorgio Napolitano non era affatto un giusto (per quel che può valere questa parola in un Paese semianalfabeta che legge Vannacci e dove regna l’ingiustizia di parlare sempre e solo bene di chi è morto senz’analizzarne le colpe). Non l’ho mai stimato a causa della sua incapacità di ammettere le gravi, orribili colpe del suo passato, per il suo giustificazionismo e quindi il suo narcisismo. Da giovane universitario era iscritto ai GUF (Gruppi universitari fascisti) e solo nel ’44 s’iscrisse al PCI (Partito comunista italiano). La sua vita politica era chiaramente ispirata al machiavellismo e cioè all’avere sempre più Potere e ad esercitare Potere sugli altri. Infatti disse “Niet” alla giusta linea etica dello “splendido isolamento” del segretario del PCI Enrico Berlinguer e disse Sì alla linea dura contro i veri progressisti di Budapest e Praga che chiedevano democrazia. Nell’autunno del 1956, quando aveva già 31 anni (non 17), parlando all’VIII Congresso del PCI col suo stile (che egli stesso definiva con autocompiacimento) “atarassico” non solo giustificò la repressione coi tank di Mosca nella Repubblica socialista d’Ungheria per stoppare i manifestanti (che definì «teppisti fascisti e spregevoli provocatori») ma addirittura la elogiò («ha contribuito a salvare la pace nel mondo»). “L’Unità”, quotidiano del PCI, titolò che i manifestanti erano “anarchici e terroristi”. 2652 furono gli ungheresi uccisi. Il quotidiano progressista “Repubblica” ha stampato anni fa un bel libretto su questa vicenda.E il sottotitolo di un libro di storia sull'argomento ("Budapest 1956, la macchina del fango") sottolinea che fu "un caso esemplare di disinformazione". Che quella di Napolitano non fosse l’unica linea possibile (perché uomini coraggiosi ci sono sempre) lo dimostrò il gesto delle dimissioni del buon Pietro Nenni (un uomo che era nella Resistenza già nel ’43). Solo nel 2005 (ben 49 anni dopo!) nello stile tipicamente falso dei narcisisti Napolitano scrisse nella propria autobiografia ciò che dagli sbrigativi giornalisti venne spacciato per “autocritica”: «Bisognava stare da una parte della barricata, in quegli anni». Il libero giornalista progressista Corrado Augias nota: «Fu il grande fallimento del Partito comunista, che perse l’occasione di tagliare con Mosca e diventare un partito socialdemocratico europeo». Già. Quindi Napolitano era un fallito, ma restò sempre un fallito di successo. Nel 1968 fu la volta dei cechi e anche in questo caso i carri armati sovietici entrarono a stoppare la Primavera (72 uccisi): il 43enne Napolitano fu di nuovo ostinatamente contro la democrazia e votò, da membro del Comitato centrale del PCI, per l’espulsione dal Partito dei giornalisti del quotidiano “il manifesto” che osarono titolare “Praga è sola”. Come ha detto ai funerali sua nipote, nel suo stile Marie Antoinette, Napolitano aveva un’enorme considerazione di sé. Un grande stratega tedesco dell’Ottocento, il generale von Moltke, diceva giustamente che non esiste forse peggior pericolo di questo tipo umano: lo “stupido volenteroso”. Proprio a causa di questa presunzione, da “stolido volenteroso” fece disastri anche con le sue manovre a Destra. Essendo fatto della stessa pasta (carrierista e affamata di cariche) di Luciano Violante e Giuliano Amato (altro ritardato che, facendo una gran confusione di ben sei anni, si è ricordato solo pochi giorni fa che Craxi fece la spia con Gheddafi tradendo gli alleati), è sempre stato “dialogante” con tutti, oltre che coi preti potenti anche con la destraccia: infatti fu proprio la Banda dei Berluscones a volerlo presidente a tutti i costi. A lui, narciso com’era, piacque farsi così tanto implorare. Nello sconcerto internazionale Napolitano, presunto eroe della democrazia, ebbe la faccia tosta di nominare presidente del consiglio (e tollerarlo così colpevolmente a lungo) Silvio Berlusconi, e dopo il legittimo pressing delle democrazie mature trovò solo lo spread (schizzato addirittura a 570!) come tardivo pretesto per costringerlo alle dimissioni (creando un altro mostro: l’orribile governo Monti, un tipo caratterialmente assai simile proprio a sé, inguaribile narcisista che mai ammetterebbe una minima colpa). Anche qui Napolitano perse il treno della Storia: oramai Berlusconi aveva già fatto troppi danni, coi suoi milioni aveva comprato senatori e giornalisti ed infangato la reputazione delle Istituzioni a livello mondiale (tanto che il governo Draghi chiese i danni), mentre proprio lui, il presunto eroe democratico Napolitano, avrebbe potuto farlo dimettere già in occasione dell’uscita di Fini dalla coalizione. L’ennesima sua colpa storica! Una delle tante.