mercoledì 12 luglio 2017

L’Ennesima, Orribile Strage di Londra: gli Allarmi Inascoltati, il Coraggio degli Eroi e la Stupidità dei Criminali Sociopatici. Facciamo valere il Nostro Diritto ad una Casa Sicura col Community Organizing


di LELE JANDON

Stavolta i colpevoli della nuova, orribile Strage degl’Innocenti dello scorso 14 giugno nella zona Ovest di Londra (ove son morte arse vive almeno 87 persone accertate, figuriamoci quelle in subaffitto e non dichiarate, e ne sono rimaste ferite settanta) non sono stupidi terroristi, bensì stupidi criminali sociopatici.
Stupidi perché, credendosi furbi, ritengono di farla franca e sfuggire alla giustizia, ma i loro comportamenti vengono sempre, prima o poi, smascherati.
I sociopatici (o psicopatici, come si diceva un tempo: ai tempi di “Psycho”) sono quelli che offrono i mutui subprime, sono quelli che inquinano come quell’italiano che è appena stato arrestato per il “dieselgate”, sono quelli che commercializzano prodotti che nuocciono alla salute, che coi loro intrighi causano solo zizzania e distruzione.  Si tratta d’individui privi di umanità, extraterrestri che sanno mimetizzarsi fra di noi: privi di scrupoli morali, di senso etico, rimorsi, sensi di colpa, pentimento, carattere.
Non sono mica come i matti innocui che finivano ingiustamente nei manicomi: sono pazzi pericolosi da legare che girano impunemente a piede libero. Non necessariamente commettono omicidi, ma in vari modi causano comunque molto male.  Possono essere bellissimi, eppure sono mostri di amoralità. Possono non essere mai stati denunziati avendo avuto l’accortezza di non violare platealmente le leggi, ma meriterebbero l’ergastolo, l’esclusione dal consorzio umano, in teoria.
Benché non sempre (per timore della legge) commettano veri e propri crimini, la loro forma mentis resta inguaribilmente criminale: probabilmente, i traumi psichici subìti nelle loro famiglie disfunzionali (genitori a loro volta sociopatici) si traducono in traumi fisici cerebrali che erodono l’empatia nel loro cervello rovinato. 
Il loro soddisfacimento fisico (accumulo di danaro, divertimento anche sadico, dispetti al prossimo, Schadenfreude) è l’unico movente delle loro esistenze. Sono incapaci di fare un ragionamento morale, di porsi un dilemma morale. Non hanno mai paura di parlare in pubblico ma odiano chiacchierare e stare alle feste, e come copertura possono anche strumentalizzare la propria religiosità (come dice l’autrice di “Confessioni di una sociopatica”, che vi ho raccontato nel mio Blog: http://lelejandon.blogspot.it/2014/02/senza-rimorso-colpa-o-pieta-come.html).
I sociopatici non sono (solo) camorristi e mafiosi o le infermierine serial killer, così come i narcisisti non sono quelli vanesi che curano il look anziché i propri figli, ma son quelli incapaci di chiedere scusa e che s’offendono a morte se osi fargli qualunque critica anche non di tipo personale. Per esempio: sono convinto che dietro alle decisioni choc (contrarie al senso comune, che altro non è che quel senso etico comune che ci tiene uniti come società civile) firmate da certi giudici di rilasciare pericolosi individui che sono probabili colpevoli, sentenze che sono irrispettose del dolore e del giusto sentimento di giustizia da parte delle vittime e delle loro famiglie, ci sia proprio la sociopatia dei giudici stessi: infatti, il grande psichiatra dell’Università di Cambridge, in Gran Bretagna, Simon Baron-Cohen, nel suo grandioso libro “La Scienza del Male” (che tanto abbiamo citato nei nostri cinetalk), propone proprio di sottoporre a test preventivo del Q.E. (quoziente di empatia) i candidati alla magistratura. (I sociopatici hanno un q.e. zero negativo).
Chiunque di noi è per loro un mero oggetto, una pedina: un recente caso palesatosi è quello del medico della clinica Santa Rita che, come paventa il dottor Sergio Harari, se ci saranno riduzioni di pena, “potrebbe addirittura tornare ad esercitare” giacché l’ordine dei medici non ha nemmeno in programma di radiarlo (altra decisione sociopatica).
I sociopatici sono incapaci di sentirsi parte di una comunità e il DSM definisce questo “disturbo antisociale della personalità” come caratterizzato dal costante “disprezzo e violazione dei diritti degli altri”. Ma attenzione: un sociopatico può benissimo essere anche un candidato che conceda dei nuovi diritti.
Chiari esempi sono i mafiosi (ragion per cui non dobbiamo fare alcuno sconto, perché non saranno mai “pentiti”), o i terroristi che non si fanno scrupoli di far saltare in aria un giudice e la sua scorta, o centinaia di persone in un qualunque luogo pubblico. Ma ce ne sono anche nel cosiddetto mondo dello spettacolo, senz’arte né parte, che infatti sono disposti ad andare a letto con cani e porci pur di fare la propria scalata al potere, per arrivare ad avere privilegi materiali. Alcuni si fanno preti, altri giudici, e arrivano ai massimi livelli. Insomma, possono essere dappertutto.
E trovo errato, quando sento in TV anche inquirenti che tentano di spiegare con categorie umane i moventi di omicidi da parte di palesi sociopatici, dire che essi avrebbero percepito una certa cosa come un’ingiustizia: ma è una contraddizione logica, una razionalizzazione, i sociopatici non hanno alcun senso della giustizia, per quanti perverso possa essere! I sociopatici sono invece mossi dall’invidia maligna, per beni materiali di cui altri godono, non dal voler fare a modo loro “giustizia”! Sono mossi dal divertimento di fare del male.
Come emerge dalle testimonianze dei sopravvissuti dei Lager, quei sadici che non solo lasciavano morire od uccidevano gli ebrei, li irridevano, li costringevano a còmpiti umilianti o ad assistere ad umiliazioni e torture, erano dei sociopatici in quanto prendevano anche iniziative spontanee e lo facevano volentieri. Soltanto chi non ha capito assolutamente niente della Shoah può anche solo menzionare a pappagallo la stupida tesi (antisemita) della “banalità del male” (ben contestata anche dal recente saggio di Abram de Swaan, “Reparto assassini”), non a caso fu formulata per “stupire” da una che aveva già rivelato la propria stupida e patetica superficialità perdendo la testa per un nazista, Heidegger.
Di loro non si parla mai, eppure hanno una grande rilevanza quando parliamo di diritti sociali e umani. Io ne ho trattato in quest’articolo (http://lelejandon.blogspot.it/2014/02/senza-rimorso-colpa-o-pieta-come.html), ci ho dedicato un cinetalk, e tornerò a parlarne. Siccome i nostri rapporti nella vita frenetica sono superficiali e siccome i giornali non ne parlano mai (contribuendo inoltre a diffondere idee antiscientifiche e popolari, dai “raptus” ai “blackout casuali” delle  madri dimentiche dei figlioletti neonati, sino alla bufala del blue whale), non sappiamo riconoscerli: possono essere anche quei vicini di casa schivi che dicono sempre buongiorno-e-buonasera con un sorriso falso. “Vanno isolati”, dice la psichiatra Karin Franklin, che li ha studiati bene.

Ebbene, quello che m’interessa spiegare in quest’analisi è che quella che sta dietro all’eccidio di Londra è una logica sociopatica: la tipica maniera di ragionare dei sociopatici.
Se la loro logica s’impone, un intero governo, un intero Partito, un’intera associazione, un’intera multinazionale possono diventare un sistema sociopatico. Se noi non seguiamo le nostre intuizioni morali, se siamo deboli di carattere, il sociopatico di turno può addirittura convincerci che una certa logica è l’unica praticabile.
Dobbiamo imparare ad andare oltre le apparenze perché sono, per l’appunto, sociopatici coloro i quali avevano, a vari livelli, il dovere di verificare che la Grenfell Tower di Ladbroke Grove fosse a norma, con porte ignifughe ed estintori e materiali mangiafuoco, dimodoché, in caso d’incendio, le persone si sarebbero comunque in gran parte salvate guadagnando le uscite d’emergenza. E’ successo l’esatto contrario, e la torre è diventata una trappola mortale, un “inferno”, come si dice anche in lingua inglese corrente, a partire dall’orribile immaginario medievale che immagina così le pene divine nell’aldilà.  
Sappiamo già che è stato fatto un giuoco al risparmio: la ristrutturazione è costata alla società pubblica cioè allo Stato britannico dieci milioni di sterline, quindi poco, eppure la spending review, avendo usato materiali “cheap”, economici  e più facilmente infiammabili, di soli diecimila sterline (due sterline a metro quadro).
Esattamente come in un vecchio film del 1974 (a dimostrazione che ci sono delle costanti nell’umanità e nella disumanità),L’inferno di Cristallo, ove l’eroe Paul Newman (l’architetto che ha ideato il grattacielo di 124 piani per la grandeur del vanitoso proprietario) dice al costruttore ignorante: “Se volevi risparmiare, dovevi farlo sul numero di piani, non sul materiale”. E dopo l’elencazione della serie di cose che non sono state fatte seguendo il suo progetto (dietro c’è la corruzione), dice sempre l’attore Premio Oscar: “Come ti chiamano quando ammazzi il prossimo?”. Chi ha la responsabilità di prevenire la morte degli altri, e non svolge questo dovere, è, di fatto, un assassino. Un omicida. E si comporta come un sociopatico.  Anche le battute finali di quel film spettacolare sono di scottante attualità: l’eroico Capitàno dei fire fighters (Steve McQueen) commenta, una volta spento ingegnosamente l’incendio: “Siamo stati fortunati: ne sono morti meno di duecento. Un giorno o l’altro ne moriranno dieci mila in una di queste trappole infernali, e io continuerò a mangiare fumo e ad estrarre corpi.  Sinché non chiederanno a noi” (vigili del fuoco, ndr) “come farli”.
(Ricordo che nell’inferno delle Torri Gemelle l’Undici Settembre sono rimasti uccise tremila persone: i sadici ideatori di simili stragi si nutrono anche di questi film). Fosse per me, non li farei proprio costruire, i grattacieli: non mi piacciono, infatti amo le città all’antica, ma ormai anche in Europa questo narcisismo architettonico, in cui spuntano grattacieli isolati in mezzo ad edifici ben più bassi, si va diffondendo ahinoi.
Quei quattro soldi risparmiati dai costruttori della Grenfell Tower sono una cifra scandalosa che contrasta con lo stipendio dei quattro managers di questa società, che gestisce altri palazzi simili a Londra: centocinquanta mila sterline, centottanta mila euro l’anno! Ed è scandaloso non perché “lo dice anche Papa Francesco”, come va di moda dire oggi, che anche da noi esiste questa sproporzione, ma perché il nostro cervello umano ha un certo senso dell’equità, come hanno evidenziato le neuroscienze, che appartiene alla nostra natura umana.
Mi pare evidente (ma non sono un tecnico) che i fire fighters londinesi non siano arrivati coi mezzi adeguati (per esempio dei gonfiabili cosicché chi si gettava dalle finestre non si fracassasse al suolo come un suicida) e al contempo al telefono abbiano raccomandato ai residenti di restare chiusi dentro i propri appartamenti in attesa di venire estratti, proprio perché non s’era mai visto (a nostra memoria) un edificio di una grande, civile città europea incendiarsi con una tale celerità. In sèguito si è scoperto che due terzi dei tubi del gas di ciascun appartamento, che andavano rivestiti da materiali ignifughi, erano spogli sicché sono esplosi subito (una mancanza analoga c’è proprio all’origine dell’incendio del film suddetto). Quando se n’erano accorti, alcuni residenti avevano preteso una risposta dal consiglio di zona se il loro palazzo fosse sicuro, “entro stasera, prima che andiamo a  dormire”. Poi, è successo che quella notte si è incendiato un frigorifero o un freezer di una marca della Whirpool (ritirato poi dal mercato perché difettoso). Infatti, un sopravvissuto ricorda di aver udito tante esplosioni varie e gas blu.

La Strage di Notting Hill, in un primo momento, ci ha fatto automaticamente pensare, oltre che al bellissimo film hollywoodiano sopra citato, ad un altro evento cui abbiamo assistito in diretta: al claustrofobico Undici Settembre (ove pure le persone si trovavano intrappolate dal fuoco che si era sviluppato proprio a metà dei due grattacieli senza poter scendere e dove si lanciavano per non morir bruciati vivi). Ben presto, ci hanno informato che  non c’è stato dolo. Ma non per questo è meno colpevole chi aveva il dovere professionale di verificare che un eventuale incendio, che è nell’ordine normale delle cose possibili, fosse subito spento.
Analogamente, è colpevole di omicidio chi, consapevole che finirà per ubriacarsi, si mette alla guida per andare in un posto ove sa che dovrà tornare di nuovo alla guida per tornare a casa, e sa che esiste il rischio di finire fuori strada o uccidere sulle strisce dei passanti. C’è stata una sentenza molto chiara, di recente: Aristotele avrebbe pienamente sottoscritto il ragionamento di quel bravo magistrato.
I criminali sociopatici che dunque sapevano che quel rivestimento poteva far bruciare l’intiero palazzo giocavano sul fatto che un tale azzardo oggigiorno è inimmaginabile e pertanto insospettabile dalla gente comune. Ma alcuni residenti non ingenui avevano osservato i lavori e avevano denunciato i loro sospetti: questo documento, pubblicato sul quotidiano “Independent”, rivela che un blogger attivista che aveva denunziato queste mancate misure di sicurezza ha ricevuto come risposta questa letterina minacciosa di azioni legali per “molestie” per le sue accuse “infamanti” (http://www.independent.co.uk/news/uk/home-news/grenfell-tower-fire-blogger-threatened-legal-action-kensington-and-chelsea-council-health-safety-a7792346.html): queste carte ci sono utili per comprendere il modus operandi tipico del sociopatico (ma vale anche per il narcisista perverso, cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2015/04/linvidia-maligna-del-perverso.html) il quale, forte della sua posizione sociale potente, quando viene giustamente accusato, contro-accusa minaccioso di adire le vie legali (per mezzo di avvocati squali del foro, a loro volta sociopatici). In questo caso, quell’assassino aveva giuoco facile giacché i residenti erano persone che, non essendo benestanti, non potevano permettersi un avvocato chissà che eccellente a rappresentarne le rimostranze.
E sono così diffusi i sociopatici che, dopo l’incendio della Grenfell Tower si sono testati simili edifici di edilizia popolare. Il risultato di quest’inchiesta-lampo? Ventisette torri, sparse nel Regno Unito, da Londra all’orribile Manchester, sono risultate a rischio facile incendiabilità! (Evidentemente, l’edilizia attira i sociopatici per i tanti soldi che si fanno.) Quattromila persone ricollocate. A Camden, quartiere londinese, si è decisa l’evacuazione di quattro torri di Chalcots Estate: seicentocinquanta appartamenti sgomberati. Solo che, a differenza dell’Italia, lì lo Stato è una presenza seria, reale, e gli sfollati sono tutti finiti in veri appartamenti persino in palazzi deluxe, non garage simili a roulotte come i nostri terremotati. Ma è anche stato fatto l’errore da parte della burocrazia senz’anima di prelevare comunque in automatico il solito affitto mensile, come da prima dell’incendio, dai conti degli ex residenti della Grenfell: è partito di default, come si dice! Simili mostruosità, che aggiungono trauma a trauma, succedono perché non c’è nessuno, in quegli uffici, che pensi umanamente agli altri, che abbia un pensiero per le vite del suo prossimo, qualcuno pensante che dica: “Ma se son rimasti senza casa dunque non dovremo fargli partire l’affitto!”.
Proprio a Camden Lock Market, quartiere di shopping di abiti di seconda mano, banchetti di street food e locali notturni, l’altrieri, a meno di un mese dalla Grenfell Tower, sempre di notte, sempre a Londra, ingenti danni ha fatto un incendio per fortuna senza feriti: nove anni fa ci fu un altro incendio che distrusse questa zona del mercato che è la quarta attrazione più visitata della capitale britannica (ventotto milioni di persone all’anno).
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I sociopatici sono criminali: mentalmente o di fatto.
 “E’ criminale avvolgere un palazzo in plastica infiammabile”, ha scritto questa signora che vedete sul proprio cartello in una delle manifestazioni di protesta.
“Criminale” e “diabolico” definisce questo sistema la copertina del tabloid filo-laburista “Daily Mirror”.
Massimo Bardazza, ingegnere fra i massimi esperti in fatto d’incendi in Italia e consulente delle Procure, definisce “delinquente” “chi ha costruito quel palazzo in quel modo”:
Insomma, criminale, delinquente: noi useremo la parola “sociopatico” per definire questa logica di disprezzo dei diritti degli altri, in primis il diritto a vivere sicuri.

Ma dice un’altra cosa, l’ingegnere italiano: “da noi non sarebbe mai potuto accadere, un edificio così è inconcepibile. I vigili del fuoco non l’avrebbero mai autorizzato”.

Sarà, ma a noi pare che in generale quest’imperizia in fatto di cultura della sicurezza sia propria dei Paesi mediterranei: da noi, ad ogni sisma ci tocca assistere a case e scuole sbriciolate in quanto non a norma! Infatti, sono stati colti impreparati anche i vigili del fuoco portoghesi, che non avevano i mezzi per raggiungere quelle sessanta persone rimaste bruciate nell’incendio del bosco che si è propagato anch’esso, come l’incendio di Londra, con gran velocità, a causa sia degli alberi di eucalipto (facili a bruciarsi) sia del forte vento che spingeva le fiamme per centinaia di metri.

Ed un simile incendio boschivo è scoppiato anche in Spagna e in Sicilia in questa torrida estate.

I mass media raccontano la favoletta del gran caldo come causa degl’incendi boschivi. Ma l’autocombustione non esiste!

In realtà, o si tratta di fulmini (caso raro) oppure di piromani, come ha detto al “Corriere” Bruno Frattasi, capo dei vigili del fuoco: “Ci sono interessi criminali”, cioè della criminalità organizzata. Camorristi o mafiosi che non si fanno alcuno scrupolo a bruciare gli alberi, che dovrebbero invece essere venerati in quanto polmoni di tutti noi, per fare terra bruciata e portare in questo deserto le speculazioni edilizie. Anche Fiorello, siciliano, ha condiviso il suo sospetto su Twitter: il novanta per cento degl’incendi sono dolosi, ipotizza. E dobbiamo aumentare le pene per chi appicca questi fuochi che possono persino avvicinarsi alle case, come stiamo vedendo attorno al Vesuvio, ove i pompieri hanno appena trovato gl’inneschi: otto carcasse di gatti. I poveri mici vengono cosparsi di benzina cosicché, nella corsa disperata verso la salvezza, appiccano tanti piccoli fuochi in meno di trenta secondi: quanti ne bastano per bruciarli a morte.

Già un anno fa, dopo i roghi in Sicilia propagatisi quasi sino a Palermo, il capo della Polizia, Franco Gabrielli, accusò la legge Madia (l’accorpamento Forestale-Carabinieri) che ha tolto uomini deputati alla sicurezza dei nostri boschi. Una legge fatta in base ad una logica di spending review sprezzante verso il diritto alla sicurezza.

Il Conapo, un sindacato dei pompieri, denuncia al “Corriere” che “lo straordinario rischio incendi non può essere affrontato con l’improvvisazione con mezzi e uomini ordinari” dato che “c’è una carenza di almeno tremila vigili del fuoco”. E quest’estate ci sono stati cinquemiladuecento incendi in più rispetto all’anno scorso in appena venti giorni: un record per Puglia, Sicilia, Lazio e Campania.

Oltre al problema incendi, l’Italia stessa, come l’Inghilterra, ha un problema con gli edifici, però dal punto di vista della resistenza ai terremoti (mentre in Gran Bretagna il problema non si pone perché non è zona sismica): moltissimi non sono antisismici proprio nelle regioni ad alto rischio sismico. Le prime prescrizioni antisismiche sono solo del 1975!
Inoltre, negli ultimi anni abbiamo visto tutti come l’Italia stia letteralmente cadendo a pezzi.
Ci tocca vedere ponti, ponticelli e cavalcavia che cascano e gente che muore schiacciata mentre passa con la propria automobile: ricordate il recente caso vicino Lecco? Sono crollate persino le case nuove in Abruzzo, nelle Marche, in Umbria, regioni i cui terremotati ancora vivono in alberghi e container e dove i turisti han timore di andare in visita proprio perché crollano pure gli hotel?
Confartigianato ed Istat hanno reso noto che oltre due milioni di edifici residenziali in Italia sono in stato di conservazione mediocre o cattivo: a rischio. Il record sono la Sicilia e la Calabria, non a caso le regioni ove sono nate la Mafia e la Camorra, organizzazioni criminali capeggiate da sociopatici DOC.

L’ingegner Gianpaolo Rosati, professore di tecnica delle costruzioni al Politecnico (l’ateneo più prestigioso di Milano), ha detto a “Repubblica”, all’indomani del crollo della palazzina a Torre Annunziata (Napoli) ove fra gli otto morti c’è, ironia della sorte, anche un architetto dirigente del servizio di edilizia privata del Comune che avrebbe dovuto garantire la sicurezza dell’edificio, troppo vicino alla ferrovia in quanto costruito prima degli anni Cinquanta: “Eseguo verifiche sui fabbricati, e purtroppo in moltissimi casi è sparita totalmente la documentazione. Spesso anche certificati fondamentali quali il collaudo non sono reali, sono stati all’epoca aggiustati e perciò anche i materiali per le costruzioni non corrispondono a quelli dichiarati. Ci sono casi in cui non si riesce a recuperare il fascicolo di edifici importanti progettati da grandi architetti o di costruzioni pubbliche. In Italia il deposito della documentazione è stato sentito” (visto che non si sente, nella sensibilità pubblica, il senso del bene comune) “non come una garanzia per evitare incidenti, ma come un atto di burocrazia inutile”. “Dobbiamo cambiare mentalità e capire che anche l’edificio perfetto, costruito a norma, ha bisogno di manutenzione e dopo cinquant’anni esaurisce la sua vita utile”.

Proprio tre mesi fa, come ha ricordato il giornalista d’inchiesta Sergio Rizzo sullo stesso quotidiano,  il governo ha bocciato un emendamento che avrebbe introdotto, come auspica il professore del Politecnico, il “fascicolo di fabbricato”, e l’associazione che riunisce i ricchi e potenti proprietari immobiliari ha cantato vittoria: “Ancora una volta Confedilizia ha evitato un obbligo inutile a carico dei proprietari di casa”. Non è vero che è inutile, anche se sappiamo già che in gran parte del Sud la legge non sarebbe rispettata da tutti.

C’è voluta questa strage di Torre Annunziata perché il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, che pure parla di “problema culturale”, si decidesse a comunicare che “dovrebbe” entrare nella legge di stabilità 2018 il sistema preso dalla Gran Bretagna: un contratto d’affitto sarà valido solo se è inclusa la clausola di certificazione statica (oltre a quella energetica, già introdotta) che ci farà sapere cosa succede alla statica se si fanno determinati lavori di ristrutturazione che non di rado sono la causa dei problemi.

Per non parlare della mancanza di defibrillatori nelle nostre scuole, che possono essere salvifici (a Piacenza un’associazione, Progetto Vita, ha appena lanciato un progetto in tal senso per condominii e case), o dell’ignoranza con cui le sindache di Genova e Torino han gestito l’una l’emergenza inondazioni e l’altra la proiezione della partita in Piazza.

Ciò che vi voglio dire in questo mio intervento che parte da un caso concreto che ci ha toccato è che dovete sempre diffidare di chi non ha a cuore la pubblica sicurezza e che dice che dobbiamo risparmiare su quest’àmbito: non è assolutamente normale, è una logica da malati mentali del tipo pericoloso. E’ da sociopatici.

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Non saremo esperti della bontà dei materiali più sicuri, ma quel che dobbiamo condividere, come sapienza collettiva, è la qualità della fibra delle nostre relazioni sociali, della nostra intelligenza sociale: dobbiamo imparare a fare Comunità, parola che nel suo suggestivo etimo latino (cummunio) significa “costruire insieme”. Si ha una vera comunità laddove tutti concorrono alla costruzione del bene comune.

Innanzitutto, conoscere le norme di comportamento in caso d’incendio è uno dei doveri di tutti noi cittadini: “Il Cinema e i Diritti” Vi proporrà prossimamente un cinetalk ad hoc per illustrare il da farsi in simili situazioni, in un Paese dove, non essendoci radicata l’idea del bene comune, non si prendono sul serio le esercitazioni di uscita in caso di fuoco.

Oltre a queste conoscenze tecniche noi dobbiamo, grazie alla nostra immaginazione morale, saper intuire che, come esistono le ferite invisibili su di noi ad opera degl’intrighi dei sociopatici, così dopo queste tragedie non restano solo le ferite sul fisico: dopo un inferno come la Grenfell Tower resteranno delle “ustioni psichiche”, come le ha chiamate lo psichiatra e psicanalista junghiano Vittorio Lingiardi. Così come, analogamente, non ci sono solo i cocci rotti dopo la barbarie di Torino, ma i traumi psichici che non si vedono: attacchi di panico, incubi, paura di tornare in luoghi affollati.

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Il politico laburista David Lammy, ancora scosso dal lutto perché nella strage ha perso un’amica artista, la ventiquattrenne Khadija Saye le cui ultime parole su Facebook sono state “non riesco ad uscire, il fumo mi soffoca”, ha citato il grande classico “Racconto di Due Città” (1859) dello scrittore vittoriano Charles Dickens (talmente popolare che ne esistono sei versioni cinematografiche). Ed ha aggiunto che il Welfare State (che, ricordiamo, è nato dal partito liberale proprio in Gran Bretagna) non è solo “scuole ed ospedali” bensì anche un housing decente.
Per esempio, la Fondazione della Banca italiana Cariplo, ha appena presentato (prima volta) all’UE un proprio progetto di housing (cioè di alloggi) sociale: appartamenti da cinquecento euro al mese (classico affitto di uno studente a Milano per una stanza singola in quartiere popolare) ove si mescolino varie persone (agées, studenti, di origine straniera, coppie). Peccato, però, che chieda soldi dal Piano Juncker, e non lo faccia di propria iniziativa. Che tristezza quest’Italia cattolica finto generosa, pseudo filantropica che chiede solo soldi allo Stato cioè a tutti noi!
Il filosofo greco Platone nella “Politéia” (un grande classico che si pone il problema del bene comune) scrisse: “Guai alla Città con dentro due città!”. Ed ecco, dopo “Londonistan”, la banlieu che ha sfornato così tanti terroristi stragisti e kamikaze, appunto rivelarsi i vari volti della vera Londra: un palazzo all’apparenza moderno, interclassista e sicuro e che invece è una trappola mortale che col maquillage viene ringiovanita e cela situazioni di degrado sulla pelle delle persone meno abbienti.
La torre era un’apparenza di benessere: essendo alta, un ingenuotto pensa sia, secondo prossemica, abitata dai ricchi, mentre era abitata perlopiù da persone povere della working class, la classe lavoratrice, giovani ai loro primissimi lavoretti, perlopiù musulmani di origine extraeuropea, che al mattino si sveglia presto e piglia i mezzi pubblici per andare al lavoro. Basta sentire gli accenti delle registrazioni audio in TV per riconoscervi le classi più popolari. Essendo così centrale, la Torre sembrava protetta e sicura. Invece era un fiammifero.
Addirittura, la ragione per cui è stata apportata una ristrutturazione è solo estetica: il cemento risultata troppo brutto. Estetica senz’etica.
Perciò, trovo estremamente suggestivo e di enorme valore simbolico (cosa che nessuno dei nostri “analisti” ha notato) che a crepare nell’inferno di fuoco siano stati proprio due giovani architetti: Gloria e Marco. Due fra i tanti giovani, tutti in gamba (checché ne dica quel ministro dell’economia la cui frase famosa, appunto, è da sociopatico incurante dei diritti dei lavoratori) che hanno lasciato il proprio Paese perché non avevano scelta: dal 2008 al 2016 cinquecentomila nostri connazionali si son cancellati dall’anagrafe per andare perlopiù in Germania, Francia, e, appunto, la Gran Bretagna ove oggi sono seicentomila gl’italiani.

Coetanei, 27enni, laureati entrambi in architettura, lei con dei begli occhi allungati quasi orientali, lui coi baffetti da moschettiere ed i capelli elegantemente scapigliati, i loro visi che sempre si sfiorano nelle foto sorridenti insieme, sono stati costretti al brain drain, cioè alla fuga dei cervelli, dall’Italia matrigna, li avremmo avuti qui, se solo questo disgraziato Paese così malgovernato avesse governanti che onorassero il principio costituzionale delle pari chances: avrebbero potuto ideare nuovi volti delle nostre orribili periferie, a cominciare da Milano, ove finalmente sono stati stanziati tanti soldi (96 milioni di euro fra Comune, Regione Lombardia e UE) per ricostruire e risanare strade, biblioteca, mercato ed aree verdi nel Giambellino. Ridisegnare l’architettura delle parti meno centrali delle nostre metropoli è un’emergenza perché i ragazzini che crescono in scuolacce brutte, senza parchi giuochi, riterranno di essere la feccia della società, e di non meritare di più. Le nostre aree periferiche sono davvero delle bombe esplosive, e non mi riferisco agl’incendi, ma ai futuri kamizake e al malcontento sociale. In teoria, col loro CV, avrebbero dovuto formare, in un Paese normale, la classe dirigente, ma come hanno raccontato i genitori di Gloria, la ragazza “aveva cercato lavoro anche qua, ma al massimo le proponevano contratti da 3-400 euro al mese”, mentre nella capitale britannica aveva trovato un lavoro da 1800 sterline al mese: “Che Paese è quello che allontana i suoi ragazzi e dopo anni di studio offre solo elemosina?”.  La loro storia continua a commuovermi sino alle lacrime tanto più perché, come me e come Valeria Soresin (fra gl’innocenti uccisi al Bataclan a Parigi), erano Veneti. Provenivano cioè dalla Regione più laboriosa d’Italia, che continua a conservare il valore dell’operosità essendo  quella che in questi anni è cresciuta di più.

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Quella torre (non si può dire grattacielo perché i grattacieli sono tecnicamente oltre il venticinquesimo piano) si trovava nello stesso quartiere dove risiede David Cameron.
L’ex Primo Ministro, fra i vari meriti che non possono certo essere dimenticati dall’esito di un referendum (che, in quanto democratico, va sempre rispettato se siamo sinceramente democratici), aveva fatto formare migliaia di community organizers in funzione della sua filosofia politica della Big Society (cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2014/04/i-conservatori-britannici-riaffermano.html http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/i-liberali-conservatori-han-piu.html http://lelejandon.blogspot.it/2014/04/). Il community organizing (metodo creato da Saul Alinsky, un criminologo ebreo laico, in un ghetto di Chicago e di lì diffuso negli Stati Uniti, soprattutto dalle chiese delle varie denominazioni) permette proprio ai cittadini di unire le forze, auto-organizzarsi e farsi valere: far valere le proprie rivendicazioni e alzare la voce nelle sedi opportune.  In Italia questa figura professionale risulta ignota, e lo vediamo nei servizi televisivi sulle periferie di Roma e Milano, ove i prepotenti spadroneggiano contro le persone oneste. Per questo sarà uno dei temi di uno dei prossimi cinetalk. Oggi, poi, i mezzi di comunicazione dei social ci consentono, se usati con sapienza, di amplificare le notizie e fare pressing su chi di dovere per sostenere le nostre cause.

Ma intanto, io dico che abbiamo il dovere morale di essere ciascuno promotore, nelle nostre metropoli, del senso di buon vicinato. (Proprio giorni fa, su “Repubblica” si raccoglieva la storia di Alessandro, 38enne in carrozzina che vive con la madre 64enne al quinto piano di un condominio popolare della periferia nord-ovest di Milano: quando l’ascensore, vecchio di trent’anni, s’è guastato, “Padana Ascensori” ha risposto che i pezzi di ricambio arriveranno dopo un mese. Sicché Alessandro per due settimane non ha potuto andare al lavoro e fare le sue pedalate nella bicicletta speciale che s’attacca alla carrozzina. Ma ecco che sono intervenuti i loro vicini, ed ora sono loro ospiti: ecco un esempio del valore del buon vicinato. Mi chiedo, però: se dovesse scoppiare un incendio in un palazzo con l’ascensore rotto, cosa fa una persona con disabilità che si trova in sedia a rotelle?).
Dobbiamo essere proactive, e alzare la voce quando sentiamo di non essere sicuri: ciò vale anche per il nostro quartiere, quando è malfamato. Per fare gruppo, dobbiamo incominciare ad essere più vicini ai nostri vicini, chiedere loro se sia tutto ok. Magari han bisogno di un lavoretto facile, ma non osano chiederci di fargli un piccolo favore, credendo di disturbarci: ecco quanto lontano ci porta la perversione del concetto di “privacy”!
Ho tenuto una conferenza nella piccola città di San Donato ove ho scoperto che non esistono le feste dei vicini! Eppure, è così semplice. Questi ritrovi sono la base per costruire i nostri rapporti di collaborazione: prima o poi, è nell’interesse di tutti noi collaborare coi nostri vicini di casa. Proprio ora che è anche la stagione tradizionale per la festa del vicinato (quando vogliamo, la possiamo organizzare con grande semplicità: nel proprio cortile o nel giardino comune: http://lelejandon.blogspot.it/2014/10/ri-creare-un-senso-di-comunita-e-una.html, http://lelejandon.blogspot.it/2015/12/assistenti-familiari-il-galateo-della.html). Un’altra forma di convivenza creativa del futuro è il cohousing (in Danimarca, il Paese più felice del mondo, sono seicento), cioè edifici che hanno spazi comuni, come le lavanderie, i giuochi per i bambini, la biblioteca: s’impara, così, ad usare cose di tutti, ed è un’ottima palestra per la convivenza sociale.
Invece è stata, con le sue visitine mordi-e-fuggi, bene alla larga dalla folla troppo “plebea” per lei, la Premier Theresa May, la quale confermato in maniera prossemica la propria distanza dalle persone e la propria mancanza di scrupoli che avevamo già intuito con la sua “dementia tax”, la proposta di far pagare ai vecchi pensionati benestanti i costi del Welfare per chi convive con Alzheimer e demenze senili sicché in tanti sarebbero stati costretti a vendere la casa, privando così i figli dell’eredità.

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Il contrario dei sociopatici (e dei terroristi) e della loro disumanità sono gli Eroi, con la loro umanità.
Se i sociopatici disprezzano le vite degli altri, gli eroi sono coloro i quali, pur di salvare gli altri, mettono a rischio la propria, di vita.
Come la caratteristica dei sociopatici è l’odio (che, ci rammenta la Bibbia ebraica, è durezza del cuore, e dunque anche solo mancanza di compassione), così la caratteristica degli Eroi è il loro amore per la vita del prossimo.
Ebbene, lo stesso Marco Gottardi, il compagno di Gloria, è stato eroico: la madre della ragazza racconta che all’inizio Marco ha tenuto la voce ferma. E’ chiaro che ha voluto rassicurare Gloria col suo atteggiamento calmo, come conferma il padre di Marco a “Repubblica”: “Pur di proteggere lei e non preoccupare noi è stato di una serenità incredibile sino all’ultimo secondo, sembrava che non stesse accadendo nulla”. 
Sinché sono arrivate le fiamme ed è stato chiaro la fine che avrebbero fatto, e Gloria, altrettanto lucidamente, ha detto il suo addio ai suoi genitori: “Non è giusto, non voglio morire. Vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per me”…Purtroppo, come ha raccontato un pompiere al London Evening Standard (prima che venisse dato lo strano ordine a tutti i pompieri di non dare più dichiarazioni ai media) è successo che il suo collega che stava andando a recuperarli al ventitreesimo piano, si è imbattuto nel frattempo al diciannovesimo in un’altra coppia ancora viva che tentava di fuggire…I due erano accecati dal fumo, procedevano a tentoni come i personaggi del romanzo “Cecità” e del film “Blindness”: quel pompiere si è dunque trovato dinanzi al dilemma morale se recare in salvo queste due persone oppure proseguire, ma chissà se avrebbe avuto aria sufficiente.
 E allora ha deciso per salvare il salvabile, ed ha accompagnato giù loro due. Purtroppo è andata così, succede così in questi casi.  
Gloria è stata riconosciuta solo giorni dopo, grazie alle impronte dentarie, Marco altri giorni dopo di lei, attraverso l’analisi del DNA da parte dei coroner. Ora possono essere sepolti insieme.
E mentre un passante dai riflessi pronti ha afferrato al volo, “come una palla da rugby”, la bimba di quattr’anni lanciata dal quinto piano, Shekeb Neda, neolaureato di origine afghana, s’è messo la madre Flora, immobilizzata da una malattia muscolare, sulle spalle, come fece Enea con l’anziano padre Anchise, ed ha fatto l’unica cosa giusta da fare in questi casi: ha guadagnato le uscite ed ha sceso ventiquattro piani.
"Enea fugge da Troja in fiamme",
dipinto di Pompeo Girolamo Batoni (1708 - 1787)

La misantropia di sociopatici e terroristi e nichilisti è esattamente l’estremo opposto di  queste dimostrazioni di umanità che in un periodo così cupo, di attacchi stragisti ogni due settimane ormai, ci restituiscono quella necessaria fiducia nella natura umana, come quella di Anne Frank che nel suo diario, riferendosi agli eroi come gli amici di famiglia che l’avevano nascosta e nutrita regolarmente, scriveva: “Nonostante tutto, continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo”. Questo vale ancora, purché prendiamo atto che esistono al mondo individui che sono sociopatici e non partecipano dell’umanità, non si pentono e non saranno mai buoni, mai pentiti.
E poiché il nostro subconscio è anche una cineteca, una gallery di film come l’indimenticabile Undici Settembre, questo crimine (non tragedia: crimine!) sarà parte integrante della nostra immaginazione e queste storie di uccisi innocenti ispireranno la nostra lotta per la giustizia sociale a partire da una casa sicura per tutti.
Lele Jandon
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