mercoledì 26 ottobre 2022

I Femminicidi in Iran: l'Odio di Stato produce Serial Killer di Stato

di LELE JANDON Sono già quattro i sadici femminicidi di Stato nella Repubblica islamica dell’Iran contro cui hanno manifestato sabato scorso a Berlino ottantamila persone (dati ufficiali della “Polizei”).
La “polizia morale” iraniana, invaghitasi di una 22enne della minoranza curda, Mahsa (che in compagnia dei familiari si recava in visita a dei parenti) l’ha tratta in arresto con la falsa scusa che non indossava correttamente l’hijab: lasciava scoperta qualche ciocca di capelli. Tre giorni dopo i genitori l’hanno trovata in obitorio con la testa fracassata e le sevizie tipiche dei serial killer. Tale palese stupro di Stato ha scatenato l’indignazione generale delle sue coetanee, a chiunque delle quali sarebbe potuto accadere quest’abuso di potere: in tantissime si sono fatte coraggio e in 80 città iraniane hanno reclamato l’abolizione della polizia religiosa. Una delle manifestanti protestatarie, Hadis Najafi, è stata arrestata dai servizi segreti: i familiari se la sono ritrovata in camera mortuaria con le stesse crudeltà sul corpo. Uno di loro mostra l’sms: «I servizi mi stanno inseguendo, aiuto!». Ma ora non possono più rilasciare dichiarazioni. Magari i suoi assassini sono gli stessi di Mahsa. Avendo lei solo 16 anni, il femminicidio (strano che i giornalisti non usino questa terminologia, a tutt’evidenza corretta perché si uccidono le donne per il fatto di essere donne ribelli) ha provocato un’ondata di compassione nelle minorenni.
Aveva la stessa età Asra Panahi, picchiata a morte dalla sbirraglia per essersi rifiutata d’intonare un inno al culto della personalità di Khamenei in stile Gioventù hitleriana. Ed è probabile che una quarta ragazza (sparita) sia stata uccisa come pensano i testimoni oculari che l’hanno vista trascinare via: la ventenne Pardis Javid, anche lei della oppressa minoranza curda, tratta in arresto mentre protestava nella capitale del Kurdistan iraniano. «La nostra vita somiglia al “Racconto dell’ancella” di Margaret Atwood, solo che le donne come zia Lydia sono la minoranza», scrive una ragazza iraniana di nome Marjan su “La Stampa” di Torino. La mancanza di rispetto per la vita umana è una caratteristica tipica dei fascismi: non a caso l’Iran sostiene fermamente Putin. E quando un fascismo predica la sua propaganda contro un gruppo umano (le donne o il popolo ucraino ad esempio) coloro che ricevono dallo Stato le armi sono incitati ad uccidere proprio come sta accadendo nell’Ucraina ove le donne vengono spesso stuprate dalla soldataglia russa.
E c’è un quarto Target del regime, anche lei giovane e bella: la 30enne Alessia Piperno, un’italiana (di origini ebraiche in un regime antisemita, come ha dimostrato a suo tempo Ahmadinejad che con la Bomba atomica voleva spazzare via dalla faccia della Terra lo Stato ebraico) è stata prelevata all’uscita del suo albergo. Il pretesto del fermo è che ha esternato simpatia per le manifestazioni a cui non ha peraltro partecipato. Tenere in ostaggio questa straniera è utile al regime per lanciare il monito: «Gli stranieri devono rispettare le nostre leggi», quindi se una persona ospite in Iran anche solo scrivesse che sta dalla parte delle studentesse finirebbe in carcere per sedizione. Infatti l’Ayatollah invoca la tipica arma dei fascisti, il vittimismo: «Le proteste sono pianificate da Stati Uniti ed Israele». Ma proprio Joseph Biden ha commentato: «Faccio politica da tanto tempo ma sono rimasto sorpreso nel vedere che cos’ha risvegliato in Iran la morte di quella giovane», una sconosciuta. Si muovono Berlino e Bruxelles: l’assertiva ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che da sempre rivendica “una politica estera femminista”, e l’Alto rappresentante per gli Affari esteri europei Josep Borrell, hanno già annunciato le prime sanzioni contro undici persone e quattro entità del regime che maltratta così le donne. Inoltre la nostra UE indagherà sui droni suicidi consegnati dall’Iran a Putin e darà altri 500 milioni di euro di aiuti all’Ucraina il che significa anche alle donne vittime delle varie violenze dei servi di Putin. Lele Jandon www.ilcinemaeidiritti.it