sabato 24 dicembre 2022

Gli Angeli della Luce, Riflessione per Natale

di LELE JANDON
Da oltre dieci mesi i valorosi combattenti ucraini lottano e continuano a combattere. Tanti sono giovani padri di famiglia come quel babbo il cui figlioletto piange e protesta colpendogli l’elmetto coi suoi piccoli pugni perché non vuol lasciarlo andare. Anche il padre piange, prova a calmarlo offrendogli una merendina ma non serve a nulla: il bimbo vuole suo papà.
Già cento bambini e ragazzi ucraini sono rimasti uccisi dagli attacchi aerei. E così questi minori notoriamente bravissimi scolari e studenti) anziché star fuori a giocare costruendo pupazzi di neve, continuano a studiare a lume di candela. Alcuni restano traumatizzati come Sasha, il bambino di otto anni nella Gallery di cui ci racconta il quotidiano “La Stampa” di Torino, che ha smesso di parlare da quando sono iniziati i bombardamenti. Sul telefonino i bimbi hanno un’apposita app per l’allarme aereo: le lucette s’accendono e loro sanno dove rifugiarsi, in casa o nei metrò o nei rifugi di epoca sovietica. Fra un allarme e l’altro è stato comunque issato un albero di Natale in piazza Santa Sofia a Kyiv: il quotidiano milanese “Il Giorno” pubblica la foto della piazza del dicembre 2021 e quella di quest’anno per mostrare l’aria che tira. Come si vede, le giostre e i mercatini natalizi di questa bellissima capitale hanno lasciato spazio al vuoto e al buio. Già il regime stalinista provò a rovinare la sacralità del Natale instaurando la patetica “festa di fine anno” e il culto delle personalità sovietiche ma gli ucraini hanno saputo mantenere la loro cultura che stanno difendendo anche ora. Sarà un Natale buio domani: assieme al cocktail demoniaco di bombe, gelo e terrore (stupri e saccheggi), il buio (attraverso massicci attacchi con droni e missili alle infrastrutture energetiche) è l’arma di guerra di Putin per piegare l’Ucraina. L’altro giorno questo moderno Erode ha rovinato la festa di San Nicola (che reca i doni ai fanciulli come nelle parti d’Italia che facevano parte dell’Impero bizantino). Come ha detto Zelensky, l’Ucraina è «una potenza spirituale» e mai come quest’anno la “Festa delle luci” (che dura sino a lunedì) assume un tale valore simbolico: come ha notato il leader dei rabbini ucraini Mayer Stambler accendendo la menorah alla presenza di una serie di ambasciatori ricordando la storia vera da cui ha origine la festa ebraica di Hannukah (una storia di lotta per l’indipendenza da una potenza colonizzatrice), «stiamo vivendo la stessa situazione, questa è una guerra fra l’oscurità e la luce».
Com’è noto, nella nostra Tradizione spirituale gli angeli sono luce. Nel disegno di quest’artista ucraina (Irina Kostyshina), che Antonello Ghezzi ed io abbiamo scelto per augurare comunque buon Natale ai nostri fratelli europei ucraini e a tutto il Pubblico affezionato de “Il Cinema e i Diritti”, vediamo dei veri angeli custodi: sono i vari soccorritori che a sirene spiegate volano a recare la luce laddove il mostro infanticida ha fatto calare le tenebre. Da Leopoli il pastore luterano ucraino Dmytro Tsolin, che è stato professore anche a Wittenberg e Gerusalemme, scrive su “Riforma”: «Vediamo anche Cristo in guerra: lo vediamo nelle manifestazioni di abnegazione umana, nella disponibilità ad aiutarsi a vicenda, nella disponibilità a dare la propria vita per gli altri. La guerra rivela il lato divino della natura umana non meno delle peggiori qualità. Vediamo la presenza di Dio nel coraggio dei nostri soldati, nell’aiuto e nel sostegno dei vostri Paesi e delle vostre comunità: senza non saremmo sopravvissuti. Grazie.» Ma in giro c’è anche molto irrazionalismo e speriamo che il Natale rechi il lume della ragione a chi si è lasciato contagiare dai populismi (No-Vax, No-Armi) che diffondono menzogne così potenti da provocare quel fenomeno che Kierkegaard chiamava la “repressione della coscienza”. Dobbiamo pregare aiutando attivamente gli ucraini con le donazioni ed il sostegno delle armi e possiamo ragionevolmente sperare che Putin venga eliminato (e con lui la sua ideologia). Il presidente ucraino, di religione ebraica come Gesù, ha definito il putinismo “male assoluto” e nel suo commovente discorso al Congresso americano pronunziato simbolicamente durante Hannukah, ha detto a proposito della nobile Nazione da lui guidata: «Fra pochi giorni è Natale. In Ucraina lo celebreremo anche a lume di candela, e non per romanticismo. Non abbiamo l’elettricità e molti non hanno l’acqua. Ma non ci lamentiamo. La luce della nostra fede illuminerà il Natale».

mercoledì 30 novembre 2022

L’Abbraccio di Hollywood agli Ucraini

di LELE JANDON
Sono tutte di grande prestigio le stelle che hanno dato il loro aperto appoggio all’Ucraina (trovate la Foto Gallery sul mio Instagram).
La rockstar ed attivista irlandese Bono (dopo aver dato alle stampe la sua commovente autobiografia “Surrender. 40 canzoni, una storia”) ha tenuto un concerto a sorpresa nel metrò Kreshchatik di Kyiv (dove da oltre 8 mesi si rifugiano per sfuggire ai bombardamenti gli abitanti della capitale) coinvolgendo i soldati nel canto di “Sunday, Bloody Sunday”, il suo capolavoro del 1983 contro l’odio fratricida. Con la poesia che caratterizza le sue canzoni il cantautore leader degli U2 interpreta così la guerra: «In questo momento il vostro presidente è al comando del mondo per la causa della libertà. Il popolo dell’Ucraina non sta combattendo solo per la propria libertà ma per tutti noi che amiamo la libertà». Giorni fa, intervistato alla RAI, il cantante ha fatto appello agl’italiani affinché continuino a dare aiuti all’Ucraina: «Gli ucraini credono nella libertà forse più di noi. Per me la libertà è tutto.»
Zelensky ha accordato udienza a due suoi colleghi attori, ebrei come lui, il Premio Emmy Ben Stiller (che gli ha detto: «Sei il mio Eroe!») e Sean Penn (che gli ha recato in dono uno dei suoi due Oscar). I due artisti sono stati per questo banditi dalla Federazione russa. Sean Penn ha origini proprio nell’Est Europa, è un “Litvak” cioè un ebreo lituano, come racconto nel docufilm “Lituania: il Coraggio di rinascere” di Antonello Ghezzi (www.ilcinemaeidiritti.it) e sta girando in Ucraina un documentario sulla guerra seguendo a piedi i profughi diretti in Polonia.
Ha ottenuto udienza dal presidente anche il Premio Oscar Jessica Chastain la quale, dopo l’ennesima eccellente performance (nel film di Netflix “The Good Nurse”, storia di un’eroica infermiera che denuncia un collega serial killer riuscendo a fargli confessare i suoi crimini) ha lodato il popolo ucraino «incredibilmente forte e coraggioso» e ha visitato i bambini ricoverati in un ospedale pediatrico. Per parte sua, la due volte Premio Oscar Angelina Jolie, attivista dei diritti dei fanciulli che come ambasciatrice dell’ONU per i Rifugiati dal 2012 ha già visitato quaranta aree di crisi nel mondo, è andata a trovare a Leopoli i bambini di un collegio sopravvissuti ad un attacco missilistico contro una Stazione ferroviaria. Il divo della saga di “Guerre Stellari” Mark Hamill ha donato 500 droni ai soldati dell’Esercito ucraino «per proteggere la loro terra, la loro libertà e i valori dell’intero mondo democratico» contro «l’Impero del male» e il Premio Golden Globe Richard Gere, di fede buddhista e impegnatissimo attivista su molti fronti, ha espresso benissimo il punto della questione: «Ho letto dell’umiliazione dei soldati russi obbligati a commettere atrocità in Ucraina su persone che hanno sempre considerato sorelle, fratelli, cugini ed è un incredibile sconquasso anche della società russa, un’aberrazione commessa sul nostro pianeta. Pur essendo pacifista, credo che nel mondo relativo in cui viviamo ora dobbiamo difenderci ed aiutare l’Ucraina. Penso che NATO ed Unione europea siano le uniche Istituzioni che cerchino di applicare lo stato di diritto». Il leader ucraino apprezza il sostegno di questi illustri supporter: «Per noi queste visite di personaggi famosi sono estremamente preziose. Grazie a questo, il mondo sentirà, conoscerà e capirà ancora di più la verità su ciò che sta accadendo nel nostro Paese». Lele Jandon Fondatore de “Il Cinema e i Diritti”

mercoledì 26 ottobre 2022

I Femminicidi in Iran: l'Odio di Stato produce Serial Killer di Stato

di LELE JANDON Sono già quattro i sadici femminicidi di Stato nella Repubblica islamica dell’Iran contro cui hanno manifestato sabato scorso a Berlino ottantamila persone (dati ufficiali della “Polizei”).
La “polizia morale” iraniana, invaghitasi di una 22enne della minoranza curda, Mahsa (che in compagnia dei familiari si recava in visita a dei parenti) l’ha tratta in arresto con la falsa scusa che non indossava correttamente l’hijab: lasciava scoperta qualche ciocca di capelli. Tre giorni dopo i genitori l’hanno trovata in obitorio con la testa fracassata e le sevizie tipiche dei serial killer. Tale palese stupro di Stato ha scatenato l’indignazione generale delle sue coetanee, a chiunque delle quali sarebbe potuto accadere quest’abuso di potere: in tantissime si sono fatte coraggio e in 80 città iraniane hanno reclamato l’abolizione della polizia religiosa. Una delle manifestanti protestatarie, Hadis Najafi, è stata arrestata dai servizi segreti: i familiari se la sono ritrovata in camera mortuaria con le stesse crudeltà sul corpo. Uno di loro mostra l’sms: «I servizi mi stanno inseguendo, aiuto!». Ma ora non possono più rilasciare dichiarazioni. Magari i suoi assassini sono gli stessi di Mahsa. Avendo lei solo 16 anni, il femminicidio (strano che i giornalisti non usino questa terminologia, a tutt’evidenza corretta perché si uccidono le donne per il fatto di essere donne ribelli) ha provocato un’ondata di compassione nelle minorenni.
Aveva la stessa età Asra Panahi, picchiata a morte dalla sbirraglia per essersi rifiutata d’intonare un inno al culto della personalità di Khamenei in stile Gioventù hitleriana. Ed è probabile che una quarta ragazza (sparita) sia stata uccisa come pensano i testimoni oculari che l’hanno vista trascinare via: la ventenne Pardis Javid, anche lei della oppressa minoranza curda, tratta in arresto mentre protestava nella capitale del Kurdistan iraniano. «La nostra vita somiglia al “Racconto dell’ancella” di Margaret Atwood, solo che le donne come zia Lydia sono la minoranza», scrive una ragazza iraniana di nome Marjan su “La Stampa” di Torino. La mancanza di rispetto per la vita umana è una caratteristica tipica dei fascismi: non a caso l’Iran sostiene fermamente Putin. E quando un fascismo predica la sua propaganda contro un gruppo umano (le donne o il popolo ucraino ad esempio) coloro che ricevono dallo Stato le armi sono incitati ad uccidere proprio come sta accadendo nell’Ucraina ove le donne vengono spesso stuprate dalla soldataglia russa.
E c’è un quarto Target del regime, anche lei giovane e bella: la 30enne Alessia Piperno, un’italiana (di origini ebraiche in un regime antisemita, come ha dimostrato a suo tempo Ahmadinejad che con la Bomba atomica voleva spazzare via dalla faccia della Terra lo Stato ebraico) è stata prelevata all’uscita del suo albergo. Il pretesto del fermo è che ha esternato simpatia per le manifestazioni a cui non ha peraltro partecipato. Tenere in ostaggio questa straniera è utile al regime per lanciare il monito: «Gli stranieri devono rispettare le nostre leggi», quindi se una persona ospite in Iran anche solo scrivesse che sta dalla parte delle studentesse finirebbe in carcere per sedizione. Infatti l’Ayatollah invoca la tipica arma dei fascisti, il vittimismo: «Le proteste sono pianificate da Stati Uniti ed Israele». Ma proprio Joseph Biden ha commentato: «Faccio politica da tanto tempo ma sono rimasto sorpreso nel vedere che cos’ha risvegliato in Iran la morte di quella giovane», una sconosciuta. Si muovono Berlino e Bruxelles: l’assertiva ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che da sempre rivendica “una politica estera femminista”, e l’Alto rappresentante per gli Affari esteri europei Josep Borrell, hanno già annunciato le prime sanzioni contro undici persone e quattro entità del regime che maltratta così le donne. Inoltre la nostra UE indagherà sui droni suicidi consegnati dall’Iran a Putin e darà altri 500 milioni di euro di aiuti all’Ucraina il che significa anche alle donne vittime delle varie violenze dei servi di Putin. Lele Jandon www.ilcinemaeidiritti.it

martedì 16 agosto 2022

Magica Berlino, Cinema sotto le Stelle in Ogni Quartiere!

di LELE JANDON
Che magia il Cinema sotto le stelle: è il “Sommernachtskino” (qui nella capitale tedesca ce n’è uno in ogni quartiere)! E che piacere rivedere in lingua originale inglese (con sottotitoli in tedesco) uno strabiliante film-cult come “Mullholland Dr.” comodamente seduti sulle sdraio da spiaggia qui fuori al fresco al Kulturforum, avendo dinanzi a noi la stupenda view sullo skyline della chiesa di San Matteo e degli originali grattacieli di Potsdamerplatz! Geniale film sui generis (premiato anche a Cannes per la sensualissima “mise en scène”), scritto e diretto dal Premio Oscar David Lynch, questo conturbante film del 2001 (riproposto in occasione del recente restauro) appare come un intrigante giallo psicologico ed insieme una romantica e commovente storia d’amore fra due fascinosissime donne (coraggiosa per l’epoca). In realtà si rivelerà una magica opera d’arte sull’inconscio e sulla presa di coscienza.
La surreale trama incomincia dal tentato omicidio di una misteriosa donna (la bellissima Laura Harring) salvatasi miracolosamente “grazie” ad un incidente d’auto in conseguenza del quale, però, le resta un’amnesia: senz’indugi le offre subito la massima comprensione e disponibilità una sconosciuta, Naomi Watts (che quest’interpretazione rese finalmente e giustamente famosa). Tenete conto che il Classico preferito del regista è “Sunset Blvd.”: anche il Sunset Boulevard è, come Mullholland Drive, una lunga, lussuosa e celebre strada della favolosa Los Angeles, la Mecca del Cinema. Ed anche il film di Lynch, come “Viale del Tramonto”, è una durissima critica alla Film industry: se nel noir del sette volte Premio Oscar Billy Wilder il co-protagonista è in fuga dagli esattori e trova rifugio per caso nella mansion di un’ex diva del muto caduta in depressione (Gloria Swanson), analogamente qui la co-protagonista, scampata ai killer appunto sulla Mullholland Drive, s’introduce nel bell’appartamento di un’aspirante star. Se volete provare ad indovinare lo spiazzante colpo di scena finale di questo stupendo ed assai sofisticato film (il regista è anche sound designer), prestate molta attenzione alle parole-chiave del presentatore-mago-illusionista nella scena di cabaret al “Club Silencio”. Ecco il sito dove prenotare a dieci euro il vostro “Freiluftkino” (ma i biglietti si possono acquistare anche la sera stessa in loco, a dodici €): www.yorck.de Lele Jandon (Il Cinema e i Diritti www.ilcinemaeidiritti.it)

lunedì 20 giugno 2022

“Felice Pride Month!”: l’Abbraccio dei Luterani dell’ELCA

di LELE JANDON
Nel mio viaggio in Oregon e California ho sempre notato esposta sul portone d’ingresso delle chiese affiliate all’ELCA la bandierina arcobaleno (un segno d’accoglienza del movimento di liberazione gay che è nato proprio in quel Paese) assieme a quella di “Black Lives Matter” (mentre il vescovo cattolico di Worcester, in Massachusetts, pochi giorni fa ha proibito ad una scuola di gesuiti, che in America sono gay friendly, di definirsi “cattolica” per aver deciso di continuare ad esporre queste due bandiere). La ELCA (Evangelical Lutheran Church in America), la maggiore denominazione luterana degli USA, con sede a Chicago, sostiene attivamente le persone ed i pastori e le pastore LGBT: “I nostri fratelli LGBT sono un dono per la nostra Chiesa e per il mondo”. La marcia del gay pride è assai sentita negli States ove è appunto stata ideata (nel 1970 a Chicago, Los Angeles, San Francisco e NYC) in memoria della Rivolta di Stonewall a Nuova York del giugno 1969. E come scrive persino la chiesa della minuscola Lakeview, in California, “giugno è un mese dedicato alla sensibilizzazione (raising awareness)” e così durante il “Pride Month” quasi mille parrocchie dell’ELCA organizzano Eventi a tematica LGBT anche grazie al programma “Reconciling in Christ”, opera di community organizing (in corso da almeno quarant’anni) dell’organizzazione luterana “Reconciling Works” che ha sede a Minneapolis.
Proprio in Minnesota, oltre all’iniziativa di “Queer Grace” (che mira ad accogliere persone LGBT precedentemente traumatizzate dalla chiesa e ciononostante interessate ad approfondire lo studio della Bibbia), la “Grace Lutheran Church” (la cui pastora ha fondato di propria originale iniziativa l’Enciclopedia online a tematica gay “Queer Grace”) ha formulato una preghiera di pentimento in un memorabile video collettaneo due anni fa: “I cristiani hanno profondamente ferito la comunità LGBT, è tempo che la chiesa riconosca il danno fatto e s’impegni in concreti atti di pentimento, rinnovamento e riforma”. Ecco una rosa dei messaggi d’auguri più belli ai “siblings” (parola che più correttamente comprende fratelli-e-sorelle) gay, lesbiche, trans e bisessuali. La “Christ Lutheran Church” di Pacific Beach (San Diego) si felicita e s’impegna: “Facciamo festa (celebrate) e rinnoviamo il nostro impegno nel lavorare per la dignità, eguaglianza e maggiore visibilità della comunità gay questo mese ed ogni mese”. Per dare autostima alle persone gay questa chiesa californiana ricorda opportunamente il versetto 14 del Salmo 139 di Davide (che ci ripeteva sempre la pastora americana Mari all’American Church Berlin): “Ti lodo/ti rendo grazie perché mi hai creato come una stupenda meraviglia” (“I praise you, for I am fearfully and wonderfully made!”). Inoltre, per incoraggiare a liberarsi dello stressante peso del segreto, questa bella comunità cita un concetto dell’attivista ebreo americano Harvey Milk (assassinato a San Francisco nel 1978 da un collega omofobo ed invidioso): “Se non sei personalmente libero di essere te stesso nella più importante delle attività umane, l’espressione dell’amore, allora la vita perde di significato” (“If you are not personally free to be yourself in that most important of all human activities…the expression of love…then life loses its meaning”).
La Saint Paul’s Lutheran Church di Santa Monica (stupenda città con amministrazione indipendente all’interno dell’enorme Contea di Los Angeles) nel proprio sito ribadisce di accogliere tutti e lo fa per bocca del proprio storico pastore dichiaratamente gay James (Jim) E. Boline (maritato con Christopher). La Trinity Lutheran Church di Greenville, nella Carolina del Sud, dichiara attraverso un videomessaggio della pastora Susan Crowell: “Se sei gay, etero, bisessuale o trans (…) hai un posto in questa Comunità. Questa congregazione si oppone all’odio e all’omofobia proclamati in altri pulpiti della città. Signore, guidaci ad essere ferventi sostenitori (fierce advocates) dei nostri fratelli LGBT”. Chiarissima sin dalle prime battute del proprio sito anche la Advent Lutheran Church di Mentor, Ohio: “Ti accogliamo a braccia aperte così come sei”. Sulla stessa linea delle chiese ELCA è la cattedrale episcopaliana della capitale federale, la “Washington National Cathedral” (quella dei funerali dei presidenti): “Il Pride è il momento non solo di riconoscere i nostri vicini LGBT ma di stare dalla loro parte (to stand with them), volergli bene e fargli festa (celebrate them)”. Lele Jandon

sabato 19 marzo 2022

"PROTEGGETE I BAMBINI UCRAINI: NO-FLY ZONE SUBITO!"

di LELE JANDON
Come si esprimeva lo scrittore antifascista Albert Camus, “non è tanto ripugnante di per sé la sofferenza del bambino bensì il fatto che questo dolore è ingiustificato”: come nel caso dell’attuale invasione fascista russa dell’Ucraina, priva di qualunque giustificazione (nonostante ciò che continuano a blaterare senz’argomenti i cattivi maestri e le cattive maestre di estrema destra ed estrema sinistra). Come dimostrano le immagini satellitari, c’erano due grandi scritte a chiare lettere “ДЕТИ” (“BAMBINI”) nel cortile del Teatro raso al suolo da Putin giorni fa: un ennesimo crimine di guerra!
Per sfuggire a questi bombardamenti ogni secondo un bambino ucraino diviene un rifugiato, 55 bambini al minuto: il dato choc è dell’agenzia ONU per l’Infanzia, cioè l’UNICEF. Dall’inizio dell’attacco a tenaglia un milione e quattrocentomila bambini sono fuggiti via dal loro amato Paese: ad oggi sono ben tre milioni che hanno già attraversato i confini per cercare la salvezza attraverso la fuga. In particolare, la CNN ha mostrato un bambino ucraino di undici anni, Adam, che s’è ritrovato a dover percorrere da solo oltre mille chilometri per raggiungere da profugo solitario i suoi parenti in Slovacchia (bel Paese della nostra Unione europea, visitatelo!). E due bambini hanno visto morire la madre 46enne, Natalia Kretova, appena scesa dal pullman che l’aveva portata a Roma in un viaggio di trenta ore. E menomale che, dinanzi a simili storie estreme, gli agenti di polizia di frontiera della Romania (collegante la città ucraina di Solotvino e quella romena di Sighetu) hanno pensato bene d’alleviare la tensione corredando poeticamente di pupazzetti di peluche e bamboline lo storico ponte sul fiume Tibisco.
Quanto ai bambini rimasti lì, mentre cascano dal cielo privo della nostra protezione i missili russi sono tenuti al riparo nelle cantine e negli scantinati, nei rifugi antiaerei dell’epoca della Guerra Fredda e nelle metropolitane ove girano in preda all’ipercinesia tipica di chi vive con irrequietezza lo stress (cioè una situazione che va fuori il tuo controllo): il “Daily Mail” e la BBC hanno mostrato una bimba, Mia, partorita dalla madre 23enne in metrò perché Putin, pretestuosamente, colpisce i quartieri civili mettendo a rischio persino gli ospedali pediatrici in violazione delle regole più elementari; le gemelline Victoria e Valeria sono nate in un Bunker a Leopoli (Lviv) al settimo mese di gravidanza: la loro madre profuga 31 enne, Irina, era appena giunta sfinita dopo cinquecento chilometri di viaggio in treno (senz’acqua né cibo) dalla sua città, Kiev, assieme all’anziano padre 70enne delle piccole (il marito ovviamente è rimasto a combattere nella capitale). Hanno scelto di restare anche le amorevoli infermiere dell’ospedale di Kiev ove nascono con la tecnica della “gestazione per altri” i bimbi tanto desiderati i cui genitori adottivi non possono andare a prenderli: “Diventano parte del nostro cuore”, hanno detto ad “Euronews”.
Come mostra quest’illustrazione commovente di un disegnatore italiano, le madri hanno già segnato sul cappottino dei loro figlioletti il loro gruppo sanguigno nel caso avessero bisogno d’urgente trasfusione; proprio una bambina di nove anni di un sobborgo della capitale, Sasha, che ha rischiato di morire di cancrena, come riferisce il “Corriere”, ha dichiarato candidamente: “Non so perché i russi mi abbiano sparato. Spero sia stato un incidente e che non intendessero farmi del male!”. Pel compleanno la piccola ha chiesto in dono un braccio artificiale (mentre era in auto coi genitori è arrivata una raffica di proiettili e le è stato amputato il braccio): verrà curata a Roma.
Il trauma, nella sua definizione psichiatrica, è un “dolore intollerabile”: non sappiamo in che misura tutto quest’odio sarà sopportabile per i bambini ucraini rimasti in Patria; di certo ci sono già casi di reazioni forti, ad esempio “Il Corriere” ha intervistato i volontari che raccontano della regressione al mutismo in bimbi di due-tre anni e “La Stampa” riferisce di un bambino ucraino di dieci anni che, sotto i missili, ha smesso d’usare il russo materno, che percepisce come veicolo del messaggio d’odio omicida, ed è passato all’ucraino del babbo guerriero.
Tutte le donne ucraine o sono andate via per mettere in salvo i figlioletti o sono rimaste per difenderli attivamente come la 43enne vicepremier Iryna Vereshchuk la quale dice: “Ho un figlio di 17 anni ma in questo momento sono la Mamma di TUTTI I BAMBINI che hanno bisogno di me. Quando leggi i report ufficiali con 30 o 60 mila evacuazioni sono una donna felice: vivo per questo, per salvare la mia gente”.
Sinora 130 fanciulli sono rimasti feriti e centonove uccisi dal Mostro! Altrettanti passeggini e carrozzine vuoti sono stati simbolicamente posizionati, distribuiti su sei file, in Centro a Leopoli, sulla Piazza del Mercato da un gruppo di attivisti che reclamano il nostro aiuto: “Agli adulti di tutto il mondo: proteggete i bambini ucraini e date loro un futuro chiedendo ai governi degli altri Paesi di chiudere il cielo sopra l’Ucraina!”, un ennesimo messaggio inascoltato dal mondo che non instaura una “no-fly zone”. Di fatto, come già aveva detto profeticamente il presidente Joseph Biden, “Putin è un serial killer” ed un “criminale di guerra”; come diceva il profeta Gesù (di religione ebraica come l’eroico presidente Zelensky) la giusta fine di chi arreca scandalo (oggi diremmo “trauma”) agl’innocenti è la morte: “Chi scandalizza anche uno di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da un asino e fosse gettato negli abissi del mare” (Vangelo secondo Matteo, 18:6). E Giacomo (2, 3), uno dei fratelli di Gesù, ammonisce che “il giudizio sarà senza misericordia contro chi non ha usato misericordia”. Oltre allo scandalo degli attacchi contro i civili, c’è lo scandalo del NOSTRO mancato intervento: perché, si chiedono i bambini ucraini, non è ancora stata instaurata una “no-fly zone” per proteggerli? Perché i Grandi e i potenti del mondo libero hanno tale terrore di affrontare direttamente il Male come avviene nelle fiabe delle nostre Tradizioni? E’ logico che non vi sarà alcuna guerra nucleare ed è una realtà autoevidente che, come dicono Zelensky e la sua vice, ci troviamo già nella Terza guerra mondiale: il mondo libero contro la satrapia. Come dice la dottoressa Tymoshchuk, responsabile di un ospedale civile di Mykolaiv intervistata da “La Stampa”: “Smettetela di esaltare il nostro coraggio, pensate piuttosto alla vostra codardia! Cos’aspettate ad aiutarci, quanta della nostra gente deve morire? Se fossero i vostri anziani, i vostri figli, vorreste i cieli chiusi o no? Li chiudereste o no?”. Ognuno risponda da sé, in coscienza. Di nuovo ritorna il buon Camus: “Coloro che mancano di coraggio troveranno sempre una filosofia per giustificarsi”. Sempre i soliti, miserabili populisti di destra e sinistra, un cancro mortale delle nostre democrazie: dobbiamo innanzitutto combattere e sconfiggere le loro stupide ideologie se un domani vorremo essere pronti e coesi contro l’invasore di turno. Lele Jandon www.ilcinemaeidiritti.it