giovedì 23 novembre 2023

Milano, in Piazza per Hamas 1 dei Terroristi-Killer di Tobagi. Sala non condanna l'Odio Antisemita

di LELE JANDON
L’essere umano è un animale simbolico e la civiltà è fatta di gesti simbolici. Sin dalla sua elezione, nel 2016, il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, non ha mai presenziato ai vari eventi culturali ebraici milanesi: l’ha rilevato persino il consigliere comunale Daniele Nahum (del Partito democratico) in una recente intervista al quotidiano milanese “Il Giorno”. Stavolta però l’indegno primo cittadino del capoluogo lombardo ha persino disertato la Serata in sinagoga in memoria degli ostaggi di Hamas, rapiti un mese fa (come Ospiti oratori c’erano due giovanotti sopravvissuti al Pogrom e fra i presenti la senatrice a vita Liliana Segre, super testimone della Shoah sopravvissuta ad Auschwitz). L’assenza ingiustificata ad un Evento in cui si doveva abbracciare i concittadini ebrei è stata fischiata da una parte della Sala gremita. Questo gestaccio orribile del signorino Sala riconferma un’ennesima gravissima mancanza di empatia e civiltà politica da parte dell’amministrazione comunale.
Non è questione se Sala sia (come tantissimi altri italiani) antisemita (non credo nemmeno che un incolto manager come lui, che nemmeno proviene dalla storia del centrosinistra, abbia opinioni o idee politiche o sentimenti morali): il suo disertare puntualmente le occasioni d’incontro con la piccola comunità ebraica è una sua ben calcolata scelta politica. Beppe Sala, infatti, non è un moderato bensì un perfetto esempio di populismo di sinistra. “Il popolo di sinistra ha in odio gli ebrei? E io non mi faccio vedere agli eventi ebraici!”, avrà pensato anche stavolta (mandando un’anonima consigliera comunale che però rappresenta il consiglio comunale): “Vox populi, vox Dei”. Le colpe del signorino Sala non si limitano all’assenteismo: nella metropoli da lui male amministrata continuano a venire consentite le manifestazioni d’odio contro il popolo ebraico (vietate in Germania perché è ben noto che ci sono sempre slogan antisemiti). In una delle ultime disgustose manifestazioni, ad esempio, come riporta Zita Dazzi su “Repubblica”, “uno speaker al megafono ha detto «Hamas è un movimento di liberazione» e nessuno l’ha interrotto” e “c’è chi incita la folla a gridare «Palestina libera dal fiume al mare!»” (puro negazionismo dell’esistenza d’Israele, che si estende dal Giordano al Mediterraneo). Fra i manifestanti antisemiti c’è sempre in prima fila (assieme all’estrema sinistra extraparlamentare e ai fascisti neri) Francesco Emilio Giordano, ex brigatista condannato per la diabolica organizzazione dell’assassinio del giornalista progressista Walter Tobagi (1947 - 1980). Non appena uscito dal carcere già nel 2004 (dopo solo 21 anni) questo pericoloso terrorista ha subito ripreso a fare propaganda d’odio estremista, stavolta contro Israele e contro i connazionali ebrei italiani. Anziché onorare questo milanese illustre, ammazzato a pochi metri da casa sua dove c’era la figlioletta di tre anni e mezzo, la Città di Milano consente queste ed innumerevoli altre forme pubbliche d’odio senza una sola parola di condanna morale. La sera dell’Evento in ricordo dei rapiti invano il presidente della Comunità ebraica, Walker Meghnagi (che nella strage ha perso la nipote 23enne), ha richiesto al primo cittadino di condannare le manifestazioni “pro Palestina”: il “sindaco” (se così si può ancora chiamare) non l’ha degnato di risposta. Ed altrettanto inutilmente il dottor Meghnagi gli ha rinnovato la richiesta (incalzato dai cronisti) dopo la stupenda, commovente manifestazione di domenica scorsa in piazza Castello a Milano (di cui parlerò nel prossimo articolo): «Lui è il capo della città, secondo me avrebbe dovuto dire poche parole: “No agli episodi di antisemitismo, No alle manifestazioni di antisemitismo!” Basta». Come se tutto ciò non bastasse, ogni giorno in città, oramai sempre più pericolosa anche per gli ebrei oltre che per le donne e i ciclisti, sono ben visibili gesti di vandalismo antisemita con il pretesto della guerra: solo per fare un esempio, una via di Milano, il largo Tel Aviv, è stata rinominata da qualche vandalo “Largo Gaza” con l’aggiunta “Palestina libera”. E le opere dello street artist AleXandro Palombo contro l’antisemitismo pure sono state vandalizzate: la prima, che ritraeva Anne Frank piangente con la bandiera d’Israele, è stata ricoperta dalla scritta “Free Gaza”; la seconda, che ritrae il famoso bambino con le mani alzate della foto al Ghetto di Varsavia, è stata cancellata. No comment da Palazzo Marino. Vox populi, vox Dei. E il populismo antisemita avanza.

lunedì 20 novembre 2023

Evento in Sinagoga coi Sopravvissuti al Pogrom, Assente Sindaco Sala

di LELE JANDON
2 mila persone hanno partecipato lo scorso 7 novembre al commovente Evento organizzato dalla Comunità ebraica di Milano alla Sinagoga centrale di via Guastalla. Fuori c’era un mega striscione con le fotografie delle 200 persone tenute sotto sequestro dai terroristi di Hamas; dentro c’era su ogni posto a sedere un dépliant con anche il nome e l’età di ciascuna di loro (io avevo dinanzi quella dell’israeliana Karina Ariev, 19 anni, rapita da casa sua). C’eravamo noi de “Il Cinema e i Diritti”, l’ex deputato Emanuele Fiano (figlio del sopravvissuto Nedo, anche lui scrittore) che è stato sconfitto alle ultime elezioni dalla figlia di un terrorista di estrema destra e, con il suo agente di scorta, la senatrice a vita Liliana Segre, super testimone della Shoah che all’uscita ha detto ai cronisti: «Nelle foto dei rapiti rivedo chi non tornò da Auschwitz. Se sono qui vuol dire che la ritengo una serata importante, però non mi sento di parlare di quest’argomento, sennò mi sembra di aver vissuto invano» (concetto che ha ribadito giorni dopo).
Fra i vari oratori c’erano questi due ragazzi 21enni che vedete nelle foto da me scattate, Shlomi Shushan ed Amit Arusi, i quali hanno raccontato come sono sopravvissuti al Pogrom del 7 ottobre: erano al festival della natura: «All’inizio abbiamo pensato fossero fuochi d’artificio, poi ci siamo resi conto che invece erano razzi. ‘I soliti razzi’, abbiamo pensato senz’allarmarci troppo, così abbiamo cercato un riparo e ci siamo stesi a terra. Poi sono iniziate le raffiche di mitra…». I due giovani hanno deciso di correre in direzioni diverse (uno dei due per ben trenta chilometri, non trovando naturalmente nessun nascondiglio nel deserto. «Ora siamo amici fraterni e per noi è importante trasmettere che ogni giorno quando ci svegliamo dobbiamo ringraziare per ciò che abbiamo» (che è l’esordio delle preghiere mattutine degli ebrei, le Shachrìt, con cui si rende grazie a Dio per averci regalato un’altra giornata di vita). Altro importante discorso è stato quello chiarissimo dell’imam Abd al-Ghafur Masotti del “Coreis” (la Comunità religiosa islamica italiana): «Condanniamo fermamente qualsiasi ostilità contro gli ebrei, ci opponiamo a ogni istigazione all’antisemitismo e preghiamo per l’incondizionata liberazione degli ostaggi».
Scandalosamente assente (e fischiato) il sindaco Beppe Sala, populista di sinistra che si guarda bene dall’inimicarsi gran parte degl’italiani che vanno alle manifestazioni antisemite e le approvano: al suo posto ha mandato la presidente del consiglio comunale che ha letto (!) un gelido comunicato da un foglio. Questo gestaccio ha riconfermato un’ennesima gravissima mancanza di empatia e civiltà da parte di questa amministrazione: in casi come questo i discorsi si pronunciano a braccio perché devono provenire dal cuore. Invano il presidente della Comunità, Walker Meghnagi (che nella strage ha perso la nipote 23enne), ha chiesto al primo cittadino (come ha fatto in seguito in altre occasioni) di condannare le manifestazioni c.d. “pro Palestina” (vietate da Francia e Germania): fra i manifestanti c’era anche Francesco Emilio Giordano, condannato per la diabolica organizzazione dell’assassinio del giornalista progressista milanese Walter Tobagi (1947 - 1980). Non appena uscito dal carcere già nel 2004 (dopo solo 21 anni) questo terrorista ha subito ripreso a fare propaganda d’odio estremista, stavolta contro Israele e contro i connazionali ebrei italiani.

domenica 5 novembre 2023

Grossman: “Il Nostro Trauma e l’Indifferenza dell’estrema sinistra”

di DAVID GROSSMAN
(…) Siamo profondamente preoccupati per la risposta inappropriata di alcuni progressisti americani ed europei riguardo agli attacchi contro i civili israeliani da parte di Hamas, una risposta che riflette una tendenza preoccupante nella cultura politica della sinistra globale (…). Gli eventi traumatici di quel Sabato di ottobre lasceranno un segno indelebile nei nostri cuori e nei nostri ricordi (…). Non sorprende che, in risposta alle azioni di Hamas, lo Stato di Israele abbia lanciato una massiccia operazione militare a Gaza (….). In questo momento, più che mai, abbiamo bisogno del sostegno e della solidarietà della sinistra globale, sotto forma di un appello inequivocabile contro la violenza indiscriminata contro i civili da entrambe le parti. Voci di spicco del mondo arabo hanno chiarito che non esiste alcuna giustificazione per il sadico omicidio di persone innocenti.
Tuttavia, con nostro sgomento, alcuni esponenti della sinistra globale, individui che fino ad ora erano nostri partner politici, hanno reagito con indifferenza a questi eventi orribili e talvolta hanno persino giustificato le azioni di Hamas. Alcuni si sono rifiutati di condannare la violenza, sostenendo che gli stranieri non hanno il diritto di giudicare le azioni degli oppressi. Altri hanno minimizzato la sofferenza e il trauma, sostenendo che è stata la società israeliana a causare questa tragedia. Molti si sono protetti dai disordini morali attraverso la razionalizzazione e i confronti storici. Non avremmo mai immaginato che le persone di sinistra, difensori dell’uguaglianza, della libertà, della giustizia e del benessere sociale, avrebbero mostrato un’insensibilità morale e un’incoscienza politica così estreme. Hamas è un’organizzazione teocratica e repressiva che si oppone con veemenza al tentativo di promuovere la pace e l’uguaglianza in Medio Oriente. I suoi impegni fondamentali sono incompatibili con i principi progressisti, quindi la predisposizione di alcuni esponenti della sinistra a reagire positivamente alle sue azioni è completamente assurda. Inoltre, non c’è nulla che giustifichi l’uccisione di civili nelle loro case. Non c’è nulla che razionalizzi l’omicidio dei bambini davanti ai loro genitori; nulla che normalizzi la persecuzione e l’esecuzione dei giovani che escono a far festa (…). Coloro che si rifiutano di condannare le azioni di Hamas provocano un danno immenso alla prospettiva che la pace diventi un’opzione politica praticabile e rilevante. Indeboliscono la capacità della sinistra di offrire un orizzonte sociale e politico positivo, trasformandola in una forza politica estrema, ottusa e alienante. Esortiamo le nostre controparti di sinistra a tornare a una politica basata su princìpi umanistici e universali (…). Firmatari: Avirama Golan, scrittore e giornalista; Ibtisam Mara’ana, ex deputato laburista; Adam Raz, storico e attivista per i diritti umani; Ofek Birnholtz, dell’Università Bar Ilan; Ortal Ben Dayan, attivista sociale; Ori Ben Dov, attivista sociale; Uri Weltmann, organizzatore nazionale del campo, Standing Together; Ori Kol, imprenditore sociale; Orit Sônia Waisman, della David Yellin Academic Higher School of Education di Gerusalemme; Eilon Tohar, attivista sociale; Iris Leal, scrittrice; Alon-Lee Green, co-direttore nazionale di Standing Together; Eli Cook, capo del Dipartimento di Storia Generale dell’Università di Haifa; Almog Kasher, dell’Università Bar Ilan; Orna Ben-Naftali, Facoltà di Giurisprudenza, College of Business Administration e Van Leer Institute, Gerusalemme; Josh Drill, attivista sociale; Ghadir Hani, attivista per la pace di Standing Together; Gila Stopler, Facoltà di Giurisprudenza, Scuola Superiore di Giurisprudenza e Economia Aziendale; Galia Sabar, dell’Università di Tel Aviv ed ex presidente del Ruppin College; Dov Khenin, ex deputato; Dorit Hadar Persky, professoressa al David Yellin Academic College of Education di Gerusalemme; Danny Gutwein, dell’Università di Haifa; Dani Filc, di Standing Together; Hagar Gal del David Yellin Academic College of Education di Gerusalemme; Vered Livne, ex direttore generale dell’Associazione per i diritti civili in Israele e direttore di Standing Together; Taleb el-Sana, ex deputato del Partito Arabo Democratico e capo dell’Alto Comitato per i Cittadini Arabi del Negev; Yoav Hareven, regista di Standing Together; Yoav Goldberg, dell’Università Bar-Ilan; Jonathan Rubin, dell’Università Bar Ilan; Yossi Sucary, scrittore; Yofi Tirosh, dell’Università di Tel Aviv; Yael Hashiloni-Dolev, Università Ben-Gurion; Yael Sternhell, dell’Università di Tel Aviv; Yiftah Goldman del David Yellin Academic College of Education di Gerusalemme; Carmelo Shalev,dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Tel Aviv; Lisa Kainan del David Yellin Academic College of Education di Gerusalemme; Meir Yaish, dell’Università di Haifa; Mossi Raz, ex deputato del Meretz; Meital Pinto, della Scuola Superiore Accademica di Zefat; Meital Peleg Mizrachi, ricercatore post-dottorato presso l’Università di Yale; Mickey Gitzin del New Israel Fund; Miri Lavi Neeman, dell’Istituto Arava per gli studi ambientali; Nadav Bigelman, attivista sociale e membro di Standing Together; Noam Zohar, dell’Università Bar-Ilan; Niv Meyerson, attivista per la giustizia sociale e ambientale; Sally Abed, membro del consiglio di Standing Together; Adi Makmal, dell’Università Bar-Ilan; Odeh Bisharat, scrittore; Erano Dorfman, del Dipartimento di Letteratura dell’Università di Tel Aviv; Amit Schejter, presidente dell’Associazione per i diritti civili in Israele; Anat Herbst-Debby, Università Bar-Ilan; Ofri Ilany, storico e giornalista; Erano Nissan, amministratore delegato di Mehazkim; Tzlil Rubinshtein, attivista sociale; Ran Heilbrunn, scrittore; Ronit Donyets Kedar, Scuola superiore di diritto e commercio; Ruth Halperin-Kaddari, Università Bar-Ilan; Raphael Zagury-Orly, dell’Istituto Cattolico di Parigi; Shlomit Aharoni Lir, Università Bar Ilan; Sharon Armon-Lotem, Università Bar-Ilan; Tom Yagil, attivista per la giustizia sociale e ambientale; Tamar Ascher Shai, del David Yellin Academic College of Education di Gerusalemme.

sabato 4 novembre 2023

I Verdi Tedeschi Veri Amici d’Israele

di LELE JANDON
Come abbiamo scritto, la Germania si riconferma una vera Amica d’Israele e si stringe intorno al popolo ebraico con parole ed azioni chiarissime. Soprattutto i Verdi si sono distinti come il Partito più compatto pro Israele. La ministra degli Esteri (già candidata Cancelliera per i Verdi), Annalena Baerbock, si è precipitata a Tel Aviv e a stento ha trattenuto le lacrime: gli attacchi di Hamas del 7 ottobre scorso “non sono giustificati”, ha sottolineato. In un discorso alle Nazioni Unite Baerbock ha detto che bisogna avere compassione: «Dobbiamo cercare di capire il dolore dell’altro, immaginate come si ci sentirebbe se nostra sorella fosse rapita o nostro figlio fosse colpito da un razzo». Sempre in sede ONU i tedeschi (come altri 14 Paesi UE, il Regno Unito, il Canada ed il Giappone) non hanno votato la bozza di risoluzione dei Paesi arabi perché «non menziona chiaramente il terrorismo di Hamas, non chiede il rilascio di tutti gli ostaggi in modo sufficientemente chiaro e non afferma il diritto di autodifesa di Israele» che ha invece «il diritto e il dovere di proteggere il suo popolo. La sicurezza d’Israele è un valore non negoziabile. Affrontare la situazione dei palestinesi non contraddice in alcun modo questa nostra presa di posizione chiara ed incrollabile».
In un video virale il vicecancelliere, Robert Habeck, anch’egli esponente dei “Grünen”, ha pronunciato uno storico discorso da statista nel quale, dopo avere ripetuto le parole del Cancelliere Scholz («la sicurezza d’Israele è ragion di Stato della Germania»), ha ribadito una politica di tolleranza zero contro l’antisemitismo sia di estrema sinistra (che relativizza il Pogrom esordendo sempre con “Sì, ma Israele…”) sia islamista (“troppo pochi”, rileva, sono i mussulmani che han preso le distanze da Hamas): restano “verboten” sia le manifestazioni pro cosiddetta “resistenza palestinese” sia quelle di giubilo per le stragi sia i roghi di bandiere ebraiche (chi vìola queste norme e «non è tedesco rischia lo status di residente» o l’espulsione). Per parte sua, già all’indomani del Pogrom la sezione dei Giovani Verdi tedeschi ha subito invocato lo Stop ai contributi allo sviluppo che, attraverso l’Unione europea, sarebbero destinati ai civili palestinesi (fondi che, oltre ad aver costruito scuole, è probabile, secondo numerosi osservatori esperti, siano finiti anche nella corsa agli armamenti di Hamas): «Combattere l’antisemitismo è anche questo» (anche alcuni leader europei volevano rivedere e verificare tutto il processo degli aiuti, l’operazione d’Israele a Gaza ha fatto rimandare la decisione al dopoguerra). Ultimo ma non meno importante, dopo l’imperdonabile indelicatezza di Greta Thunberg che senza condannare espressamente Hamas («lo davo per scontato», si è poi difesa subito) è andata direttamente a manifestare “per la Palestina”, la giovane leader tedesca dei “Fridays for Future” Luisa Neubauer (anche lei membro dei Verdi) ha ordinato lo Stop a qualunque “Demonstration” a livello mondiale «sintantoché non saremo sicuri che anche solo un gruppo non potrà mai più usare gli account globali del nostro movimento per fare disinformazione e odio»: anche qui un gesto chiarissimo e parole chiarissime. I progressisti del mondo libero imparino questa lezione di civiltà e di alta politica dalla Germania.

venerdì 3 novembre 2023

Nel Giorno dei Morti l’Italia non consola Israele

di LELE JANDON
Ieri, 2 novembre, era il Giorno dei morti. Ognuno ha pensato ai fiorellini nelle proprie tombe di famiglia ma quasi nessuno ai lutti del suo prossimo, che non considera tale. Infatti è proprio questa, alla radice, la catastrofe dell’umanità a cui stiamo assistendo: l’incapacità di compassione e di consolazione degli oppressi. Mi riferisco agli ebrei. I cattolici praticanti dovrebbero sapere che “consolare gli afflitti” è una delle “opere di misericordia spirituale” che veniva raffigurata negli stupendi dipinti della civiltà medievale. La consolazione degli afflitti è una delle forme della compassione, che nella Bibbia è sempre un’azione concreta: dar da bere agli assetati, consigliare i dubbiosi eccetera. Dopo questa ritraumatizzazione subita dagli ebrei, il Pogrom del 7 ottobre che gli ha ricordato la Shoah, sarebbe stato doveroso recare loro conforto, andare in piazza per fare quadrato intorno a loro come hanno fatto tantissimi cittadini berlinesi.
Sin da subito la Germania ha dimostrato e sta dimostrando sincera compassione per lo Stato ebraico, con tanto di storico discorso del presidente della Repubblica ad una mega manifestazione di solidarietà ad Israele alla Porta di Brandeburgo. La ministra degli Esteri tedesca, che sceglie sempre con la massima cura le parole, all’ONU ha chiesto di esercitare “più compassione”: «Dobbiamo cercare di capire il dolore dell’altro: immaginate come si sentiremmo se nostra sorella fosse rapita o se nostro figlio fosse colpito da un razzo». Un amico danese da Copenaghen mi mostra le foto di un’iniziativa in piazza: una lunga tavolata con tanti posti quanti sono gli ostaggi di Hamas, simile a quella organizzata in Israele. E gli altri Paesi che fanno? I politici di estrema destra si fingono simpatizzanti di Israele ma la storia di “Fratelli d’Italia” ne rivela le radici antisemite: quando si è recata in sinagoga a Roma Meloni è rimasta a braccia conserte, un atteggiamento che rivela la sua mancanza di simpatia. Oltre che ad un analfabetismo religioso, assistiamo dunque ad un analfabetismo del body language dei politici. E tantissimi italiani (anche teologi “cattolici”) anziché consolare gl’israeliani fanno “victim blaming” contro Israele: la classica fallacia retorica di chi, anziché prender in esame il crimine in questione (in questo caso il Pogrom) razionalizza il fatto e colpevolizza la vittima. Succede spesso con le ragazze stuprate le quali, anziché consolate, si sentono insultate: ma tu stessa hai provocato, sei corresponsabile. E ora gli antisemiti stanno dando allo Stato d’Israele del provocatore. Questi cattivi maestri sono i figli spirituali di Papa Pio XII, il “Papa di Hitler”, quelli che ritengono che il bene sia non fare nulla per non indispettire il Malvagio di turno, cioè l’appeasement.
Intanto Israele piange i suoi morti. Con grande dignità e coesione, come la famiglia di Nir Forti (in foto), 29enne rimasto ucciso nel Pogrom di Hamas con la sua ragazza Shai Regev. Anche se viveva a Tel Aviv aveva la doppia cittadinanza: era anche italiano. Anche se come tanti sfortunati giovani d’oggi si accontentava di lavorare come impiegato era laureato in Filosofia e componeva poesie. Anche dinanzi al caso così, di un ebreo italiano come lui, gli ebrei in Italia sono lasciati immensamente soli e immensamente tristi. Grazie a Dio nella Tradizione ebraica chi è colpito dal lutto per una settimana riceve in casa le visite dei parenti che gli portano da mangiare o vengono a fargli da mangiare (la settimana di Shiva). Così quelle famiglie ebraiche che come quella di Nir hanno subito queste perdite così traumatiche non sono sole.
Ai più non viene neanche in mente che il loro tanto adorato Gesù di Nazaret figlio di Giuseppe che amano mettere solo come bella statuina nei loro irrinunciabili presepi era ebreo: Yeshua ben Yosef. Ebreo praticante, osservante, ortodosso, credente, che viveva in Israele. Quel profeta ebreo non immaginava che nel suo nome sarebbe stata fondata una nuova religione che avrebbe disprezzato la sua: il massimo paradosso storico della nostra civiltà che fra grillini, estrema destra extraparlamentare ancora non messa fuori legge, “antisemiti progressisti” à la page ed antisemitismo cattolico sta chiudendo il suo cerchio e tornando alle radici antisemite con cui è stata fondata a partire dai tanto celebrati imperatori romani che piacciono tanto agl’italiani. Riecco il grande ritorno dell’antisemitismo, proprio come un secolo fa. Prima della prossima Catastrofe.

giovedì 2 novembre 2023

Putin vieta Halloween ma fa lo Scherzo a Meloni e la smaschera

di LELE JANDON
La Russia e Halloween: due tragicomiche notizie. Il regime di Putin ha vietato di festeggiare Halloween in quanto “festa satanista dell’Occidente” (Occidente che viene costantemente maledetto alla maniera del regime dell’Iran) e così alcune scuole russe, per non far piangere i bambini, si sono dovute inventare la “festa della benedizione delle zucche” (sic). Dopodiché il satrapo russo ha scelto proprio la festicciola per mostrare la sua piccola vendetta contro l’odiato Occidente diffondendo l’audio di uno “scherzo telefonico” di due sue spie. Questa coppia di spie russe, ufficialmente due comici (di cui solo qui in Occidente sappiamo bene che sono servi del moderno KGB) ha fatto uno “scherzetto di Halloween” all’Italia di Meloni per punirla di non aver accettato la linea filorussa degli altri due partiti della sua coalizione, la “Lega Nord” di Salvini (fan sfegatato di Putin) e il partito di Berlusconi (amico personale del tiranno).
I due attori, spacciandosi per un politico d’alto rango di un Paese africano, hanno chiamato Palazzo Chigi chiedendo di parlare al presidente del consiglio italiano col preciso fine di rivelare le ipocrisie dell’Italia intorno all’odiata Ucraina. Lei gli ha detto che li avrebbe richiamati e così ha fatto, senza che nessuno del suo staff d’incompetenti facesse una verifica sulla loro identità o informasse i servizi segreti. Meloni si riconferma così stupida e ignorante da non riuscire nemmeno a riconoscere il forte accento russo. I due finti politici hanno giocato a fare il ruolo dei populisti lagnandosi del fatto che l’Africa non possa chiedere aiuto alle organizzazioni europee perché “tutti i soldi della Ue vanno all’Ucraina”. E Meloni gli ha dato ragione: «Già, devo dire la verità: vedo molta stanchezza, da tutte le parti» (che tradotto significa: «Siamo tutti stufi della guerra in Ucraina»), ha enumerato gli effetti negativi come l’inflazione e si è lamentata a propria volta in maniera assai poco istituzionale che il conflitto possa durare anni. E così la natura dello scherzo e delle rivelazioni emerse mostra che di attori qui ce ne sono non due bensì tre: Meloni sin qui da presidente del consiglio ha recitato il ruolo della democratica convinta ma attenti, come diceva Kafka “il male è un grande attore trasformista, capace di presentarsi anche sotto le sembianze del bene” (e dei discorsi umanitari all’ONU).
Come ci aveva ammonito la storica ebrea americana Ruth Ben-Ghiat nel suo storico articolo “The Return of Fascism in Italy” sul prestigioso magazine “The Atlantic” all’indomani dell’elezione di Meloni, pian piano anche lei come il premier ungherese rivelerà la sua vera natura antidemocratica: «Orbán governa da dodici anni e ci ha insegnato che non si fa tutto subito bensì gradualmente. Quando degli esponenti estremisti vanno al governo diventano più moderati: negli anni svelano la loro vera essenza» fascista. Appoggiare Zelensky è solo una tattica che alla postfascista Meloni serve al solo scopo di entrare nel Club (da lei sempre così tanto disprezzato e diffamato) dei Paesi normali e tentare così di ricostruirsi una verginità politica che nemmeno i bravissimi chirurghi di Teheran specializzati in imenoplastica sarebbero in grado di restituirle. E’ inquietante che un presidente del consiglio possa lasciarsi andare con tale leggerezza a rivelazioni così delicate ed esporsi con commenti così pesanti persino sull’andamento della guerra senza accertarsi dell’identità della voce con cui sta parlando, tanto più ben sapendo che questo genere di trappole sono già state fatte (fra gli altri, a Bush Jr.) e che Putin ha molti contatti e interessi in Africa e che quindi gli africani possono riferirgli queste preziose informazioni sugli umori degli alleati del suo nemico numero uno. Mentre Putin si prendeva giuoco dell’Italia, intanto in America il presidente Biden, egli sì vero grande Amico dell’Ucraina, riceveva come da Tradizione alla Casa Bianca, addobbata per Halloween, i bambini fra cui i figlioletti del Segretario di Stato: la bimba era vestita con la bandiera gialla e azzurra e il bimbo di quattr’anni ha indossato come travestimento l’abito militare del presidente Zelensky, vero super eroe dei nostri giorni. Il bisnonno di Anthony Blinken era nato vicino a Kyiv prima di emigrare negli Stati Uniti d’America.