di LELE JANDON
Toby Regbo con il Premio Oscar Ellen Burstyn nel film di Roberto Faenza "Un giorno questo dolore ti sarà utile", dall'omonimo romanzo di Peter Cameron |
Manhattan,
giorni nostri, estate. James (Toby Regbo) è un 17enne sui generis che mostra già una sua personalità. Ascolta musica
classica, s'incanta ai Musei (ove ha un'esperienza anche di sindrome di
Stendhal), ottiene ottimi voti e non ama
stare in compagnia dei coetanei che non trova interessanti: preferisce stare da
solo ("un bisogno primario come l'acqua", dice), leggere, andare a
spasso col suo cagnolino Mirò (dal
nome del pittore surrealista Joan Mirò 1893 - 1983) e a trovare la Nonna materna Nanette (il Premio
Oscar Ellen Burstyn) nella sua bella
casa con giardino curato.
L'AMORE INCONDIZIONATO DELLE NONNE: sarà uno dei temi della seconda serata della rassegna "I Nostri Angeli" |
Lei è l'unica a non giudicarlo e lui le racconta
del suo sogno di vivere in una bella casa tranquilla in campagna e imparare
qualche arte manuale come lavorare il legno e "leggere tutti i libri che ho sempre voluto leggere ma non ho
mai potuto perché dovevo andare a scuola"! Dopo il liceo, lavoricchia come guardiano alla
"galleria d'arte" di proprietà di sua madre, che espone bidoni della
spazzatura (metafora della crisi dell'arte contemporanea senz'ispirazione) e lo
licenzia per una ragazzata (aveva combinato un appuntamento galante col suo
collega di lavoro, un narciso che si prende così sul serio da essere incapace
di riderci sopra).
Il ragazzo non viene compreso quando dichiara di non avere
alcun desiderio di andare all'università, passaggio che viene dato come per
scontato dai genitori: "Ci andrei se ci fossero persone più grandi",
dice. Non riesce a rapportarsi con chi
gli appare superficiale. Viene visto
come "disadattato", disturbato, asociale. Nel romanzo, i genitori (il Peter
Gallagher di "The OC" e il
Premio Oscar Marcia Gay Harden) lo mandano da un'analista (che non ha nemmeno
una biblioteca personale), nel film da una life
coach che lo ascolta anche facendo jogging
assieme (Lucy Liu). E' la trama di "Un giorno questo dolore ti sarà utile"
(Adelphi, Milano 2007) di Peter Cameron dond'è stato tratto il film (di
Roberto Faenza, USA 2012). Dal punto di vista materiale, al ragazzo, appartenente all'upper class, non manca nulla, ciò che li manca è l'autentico ascolto empatico.
Cameron è nato 55 anni fa nel New Jersey, lo Stato confinante con New York. Laureato in Letteratura Inglese, oggi vive a Manhattan. Il titolo è tratto da un verso degli "Amores" del poeta romano antico Ovidio (I sec. a. C. - I d.C.) ed è un bel messaggio che viene lanciato ai teenagers:
L'Evento gratuito ideato da Lele Jandon alla Casa dei Diritti del Comune di Milano. |
Cameron è nato 55 anni fa nel New Jersey, lo Stato confinante con New York. Laureato in Letteratura Inglese, oggi vive a Manhattan. Il titolo è tratto da un verso degli "Amores" del poeta romano antico Ovidio (I sec. a. C. - I d.C.) ed è un bel messaggio che viene lanciato ai teenagers:
"Perfer
et obdura! dolor hic tibi proderit olim!"
("Sii
forte e paziente; un giorno questo dolore ti sarà utile"
(citata in
calce al libro e tradotta a pag. 51).
Ci si riferisce evidentemente a quella che oggi chiamiamo
“resilienza”: la capacità di rimanere fedeli a sé stessi e non farci corrodere e rovinare la personalità
dagli eventi negativi stressanti.
Dice il
regista (alla première del film che
c'è stata qui a Milano due anni fa) che James "appartiene all'oggi di
milioni di giovani che cercano un mondo diverso, non sono organizzàti ma
vogliono proporre comunque un modello di vita fuori dagli schemi." E' un
libro ed un film dedicato agli adolescenti in ricerca della loro propria
individualità ed originalità.
Come si
vede sin dalla trama, emerge un vuoto:
- il
ragazzo senz'amici coetanei; il collega che riteneva amico drammatizza in
maniera malata uno scherzo da ragazzi che lui gli fa;
- la
"galleria d'arte" senza autentiche opere artistiche;
-
l'università (dall'idea che s'è fatto James) senza studenti adeguatamente
maturi;
- lo
studio dell'analista senza libri (nel romanzo): ed "una stanza senza libri
è come un corpo senz'anima", diceva Cicerone.
Dal
romanzo e dal film eviscererò i seguenti temi traendo ispirazione sia dalla
psicologia sia dalle tradizioni spirituali:
- la Noia come sintomo che c'è un vuoto da
riempire nella cultura contemporanea;
- il
naturale desiderio e bisogno di Creatività,
essenza dell'umanità ed il coraggio che richiede e l'invito di Matthew Fox a
creare una Cultura in cui la Creatività sia al centro ed in cui TUTTI siamo
artisti creativi, ciascuno a modo suo: tema estremamente utile all'attualità
del 40% dei giovani senz'occupazione in Italia; il desiderio di manualità e di silenzio;
- la
critica alla crisi dell'Arte
contemporanea che ha scordato di essere al servizio della Comunità: il filosofo
de Botton invita a tematizzare i dolori di teenagers
e genitori (che sono proprio i temi del film);
- come la
psicanalisi può recare aiuto e la critica
ad un certo modo di fare Psicanalisi di Cameron (attraverso James) e del
filosofo de Botton: rivedere l'ambiente circostante il paziente e corredarlo di
buoni libri che aprano la mente dell'analista;
- il peccato mortale di Proiezione dei
genitori verso i figli: dominare il figlio imponendogli la strada, a scuola e
nel lavoro futuro o nella famiglia, senza considerare la sua autonomia ed
uccidendo la sua anima;
- gli attacchi di Panico come quello che ha
colpito James quando si è trovato in mezzo ai bulli coetanei.
Ne
parliamo coi contributi in particolare dei
- seguenti
teologi: Tommaso d'Aquino, il rabbino Joshua Liebman, reverendo Martin Luther
King Jr ed il reverendo Matthew Fox;
- seguenti
filosofi: Martha C. Nussbaum ed Alain de Botton;
- e dei
seguenti psicologi e psicoanalisti: Carl Gustav Jung, Otto Rank, Rollo May, Mihaly Csikszentihalyi.
****
Il Cast
Qualche
curiosità sul cast. Divisi fra
cinema, Tv e teatro sono l'attrice che interpreta la madre di James (il Premio
Oscar Marcia Gay Harden) e l'attore che interpreta nel film il suo terzo marito
Stephen Lang (che si vede anche nel film
"Save me" con Chad
Allen e Judith Light). La sorella di James é Deborah Ann Wohl, un'attrice il
cui fidanzato é sofferente di coroideremia, rara malattia genetica agli occhi
che lentamente rende totalmente ciechi e senza terapia.
Ho parlato
il mese scorso, col film "Philomena",
storia di due bambini di origine irlandese comprati dalle suore e portati in
America, dell'Irlanda (http://lelejandon.blogspot.it/2015/01/la-sessuofobia-rende-spietata-e.html).
Ebbene, quattro degli attori hanno origini
irlandesi: Peter Gallagher (noto fra i giovani per il serial "The O.C.");
Stephen Lang (da parte di padre; ungheresi da parte di madre), Ellen Burstyn (che
ha sangue anche francese e tedesco e dai Nativi americani) e Deborah Ann Wohl (anche
lei sangue misto: tedesco). La Burstyn,
ex cattolica, dopo anni di psicanalisi e ricerca spirituale, ha scoperto il
sufismo (forma di ricerca mistica dell'islam che ha punti di convergenza
sia col cristianesimo sia col neoplatonismo) e ne diventa l'equivalente di una rabbina o sacerdotessa, ha un
figlio adottivo (tema, quello delle adozioni, di cui ho parlato nel mio precedente
saggio: http://lelejandon.blogspot.it/2015/01/la-sessuofobia-rende-spietata-e.html)
e prende il cognome dal marito morto suicida. A proposito, il teologo Matthew
Fox (http://www.matthewfox.org/) nel suo libro "Creatività" (Fazi, Roma 2012, pag. 32) che ci guiderà (nella
sua bella sintesi) in questo saggio, cita proprio due mistici sufi: Hafez (Shiraz 1315 - 1390), Ibn Al-Arabi (1076 - 1148) i
quali colsero che noi esseri umani siamo creati ad immagine e rassomiglianza di
Dio e che la nostra immaginazione è infinita e dunque merita di essere
valorizzata.
****
Lo Spunto/1: la Noia del Vuoto
La
Noia Agitata è Sana, Sintomo di Vitalità,
quella
Apatica è Malata (Accidia)
La
Risposta è la Creatività, Essenza dell'Umanità
Il
Contrario della Noia è lo Stato di Flusso:
Restare a Lungo Concentrati senza Sforzo
Restare a Lungo Concentrati senza Sforzo
Il protagonista è annoiato dai coetanei: non
li trova interessanti. Non è un sociopatico né un misantropo. Dice di sé:
"Il
problema principale era che non mi piace la gente, e in particolare non mi piacciono i miei coetanei. Non
sono uno psicopatico (anche se non credo che gli psicopatici si definiscano
tali), è solo che non mi diverto a stare con gli altri. Le persone, almeno per
quello che ho visto sino ad adesso, non si dicono granché d'interessante.
Parlano delle loro vite, e le loro vite non sono interessanti. Quindi mi secco.
Secondo me bisognerebbe parlare solo se
si ha qualcosa da dire d'interessante o di necessario (...) Ho passato
tutta la vita coi miei coetanei e non mi piacciono granché o forse non forse non mi pare di avere molto in comune
con loro".
La noia àltera
la percezione del tempo sicché ci appare più lungo di quel che è, come mostra
la parola tedesca composta "Langeweile"
(lungo momento), ed è l'esatto opposto dello stato di flusso (come vedremo:
quando creiamo senza sforzo).
Secondo
Matthew Fox,
"Gl'individui
noiosi, o che non destano interesse, sono persone annoiate"
("Creatività", Fazi, Roma 2012, pag.
25).
Un recente
articolo dice che tollerando per più di
mezz'ora le "lamentationes" delle persone lagnose subiamo un danno
ai neuroni della regione dell'ippocampo, deputata alla risoluzione dei
problemi: come se le lagnanze spegnessero la nostra naturale creatività (http://www.tecnologia-ambiente.it/lamentela-danneggia-i-neuroni).
Noi umani,
dice Fox, essendo una specie interessante non possiamo annoiarci nello studio:
"Più
apprendiamo la nostra storia, più diventiamo interessanti
agli occhi
di noi stessi" (pag. 24).
Se siamo
vivi e sappiamo apprezzare la bellezza (la musica, le arti, la danza, il
teatro, i rituali, il fare l'amore) non ci ridurremo allo stato degli accidiosi.
Se noi siamo riconoscenti dei nostri doni, delle nostre qualità, vorremo farne
dono al prossimo attraverso la nostra creatività al servizio della compassione.
Bisogna intuire che "la vita, malgrado tutti i suoi problemi e le sue
difficoltà, è essenzialmente degna di lode" ("Creatività", cit., pag. 28).
E' proprio
la nostra creatività che ci fa fare un salto di livello a livello evolutivo
della specie, tanto che secondo lo scienziato britannico Peter Russell è la
Mente (secondo Tommaso d'Aquino infinita, capax
infiniti, pag. 82), con le sue Idee nuove, ad essere un fattore decisivo
per un nuovo tipo di Evoluzione, non più basata sui geni ("Creatività", pagg. 33 - 34).
Nel caso
della noia fra persone, essa si vede bene quando ci càpita di vedere in giro gruppi
di amici (che in teoria dovrebbero trovarsi insieme proprio perché stanno bene
fra di loro) tutti quanti chini ciascuno sul proprio smartphone, senza comunicare a voce proprio come le figure del quadro "I nottambuli" (1942, foto sopra) dell'americano Edward Hopper (1882 - 1967). In talune comitive di giovani (che
non sanno usare con filosofia e buona educazione i nuovi social networks) si assiste alla sostituzione del corretto rapporto
vis-à-vis frontale allo stare gobbi
sul telefonino.
Tutt'al
contrario, James, in un vitale impulso di libertà, getta il suo cellulare su
uno dei bidoni della spazzatura esposti nella galleria d'arte della madre!
La noia colpisce
una persona su dieci e si manifesta in due forme, come ha mostrato il professor
James Danckert (Università di Waterloo) attraverso uno studio con questionari:
la noia apatica e la noia agitata.
- La noia apatica è un'indifferenza che rassomiglia
alla depressione ed è tipica di chi è incapace di trovare soluzioni a questo
stato. Un vero e proprio peccato mortale
per la nostra anima che potremmo chiamare: accidia, pigrizia, indolenza.
- Chi è annoiato di una noia agitata soffre molto di più e ha
fortemente bisogno di stimoli esterni e cerca dunque soluzioni creative a
questo stato (e si può anche visibilmente manifestare con ginocchia agitate che
si muovono su e giù e dita irrequiete che tamburellano).
Noi partiremo dall'idea che tutti i giovani
hanno un desiderio profondamente umano di realizzare le loro potenzialità
creative e per questo illustreremo l'elogio della creatività di Matthew
Fox, convinto, da credente, che siamo tutti creati ad immagine e rassomiglianza
di Dio e dunque come tali siamo liberi creatori, artisti, creativi, spiriti
liberi.
Scrive Fox
riferendosi evidentemente al primo tipo di noia: è quello
"stato di squilibrio o di depressione in
cui non riusciamo a muoverci, in cui non abbiamo energie per
"intraprendere cose nuove" (modo in cui Tommaso d'Aquino definisce l'"accidia", il peccato capitale
della noia, dell'indolenza o del vivere pigramente)" ("Creatività", cit., pag. 25),
"un grave peccato d'omissione" perché "il pusillanime non
raggiunge la misura della propria capacità" (pag. 75)
"L'artista ha compreso che l'alternativa
alla creatività è peggiore della morte. E' la noia. La morte dell'anima.
L'inferno" (pag. 126): "La natura dell'essere umano non è l'essere
passivo (...) la passività è segno di malattia, di debolezza, di morte (...) la
mia esperienza è che quando sono depresso ho voglia di guardare la televisione"
(pag. 22 - 23);
mentre
"Noi possiamo scegliere di trascorrere il nostro tempo libero in qualche
altro modo" fra cui "leggendo, meditando, facendo giardinaggio"
(pag. 23); dobbiamo sempre tener viva la nostra immaginazione, altrimenti
"saremo privi d'anima" (pag. 67).
Tipico
delle persone annoiate/depresse è mettersi a guardare la televisione: a
proposito del rischio di teledipendenza e di vivere un'esistenza surrogata,
Giovanni Sartori nel suo pamphlet
"Homo videns" (Laterza,
Roma - Bari 1997, mia edizione 1999) ci mette in guardia dal fatto che dinanzi al predominio (in una società
come quella italiana ove si legge sempre meno) della "televisione-spettacolo" (sottoposta addirittura ai
bambini prima ancora che imparino a leggere e scrivere cioè decodificare i
simboli fondamentali), l'essere umano sta impoverendo il suo apparato cognitivo
(fatto di simboli da decodificare in quanto, dice il filosofo tedesco-svedese Ernst
Cassirer, 1874 - 1945, è "animale simbolico") e da Homo Sapiens (capace
di ragionare in astratto) sta diventando
sempre più Homo videns (passivo e
senza creatività d'idee). Sinora, purtroppo, dice il docente, non si riscontra
una sana sintesi virtuosa fra uomo vedente e leggente (ragionante per concetti)
ed i nostri giovani sono
"annoiati, in crisi depressiva e malati di vuoto" ("Homo videns", cit., pagg. 115 -
116).
Proprio
nell'àmbito di un'iniziativa per stimolare la lettura, lo scrittore britannico
Jonathan Coe ("La Lettura",
1 marzo 2015, traduzione di Maria Sepa) ha scritto:
"Leggo
perché dopo aver passato qualche ora a leggere un bel libro mi sembra di capire
il mondo un pò meglio. (...) Leggo perché leggere è a volte noioso, ma la noia è uno stato mentale necessario,
una tappa del cammino della comprensione. (Invece, la noia che inevitabilmente comincio a provare quando sono al computer nasce solo da un sovraccarico d'informazioni). (...) Leggo libri, in particolare
romanzi, perché mi permettono di conoscere altre persone, di entrare in empatia
con loro, di vedere il mondo attraverso i loro occhi diversi dai miei"
La moderna cultura della droga, con la
diffusione interclassista delle droghe smart
e le droghe sessuali da sabato sera sia nelle discoteche sia
quotidianamente, come qui a Milano, non potrebbe dipendere proprio dalla noia,
così ben ritratta nel dipinto "L'assenzio"
dell'infelice Degas (esposto al Musée d'Orsay di Parigi assieme agli altri
Impressionisti)? Il sistema di lavoro spesso richiede al proprio corpo una
prestazione che lui non è propenso a fare perché si è intrapresa una carriera
che non è quella naturale, e così la persona stakanovista s'annoia, e non trova
in sé le energie morali per svolgere bene un mestiere che non è il suo. La noia sta alla normalità come la melanconia
stà alla malattia (depressione e malattie connesse). E la melanconia è un
ostacolo, come si è detto, alla creatività.
La noia è anche uno dei sintomi
di psicopatologie come la schizofrenia (che può essere accompagnata anche
da senso d'inutilità e vuoto e
depressione, un tempo chiamata melanconia). Lo psichiatra contemporaneo Dale
Theobald ha mostrato, somministrando un comune antidepressivo ad ammalati di
cancro depressi, che noia e depressione sono distinte: i sintomi della noia e
quelli della depressione diminuivano in maniera diversa.
Antonio Perego, "L'Accademia dei Pugni" di Milano (1766): secondo Pietro Verri (1728 - 1797) senza la noia non potremo definire il piacere. |
Per Pietro
Verri (1728 - 1797; intorno alla cui figura di creativo filosofo del diritto
c'è stata una mostra alla Biblioteca Braidense qui a Milano), il nonno di
Alessandro Manzoni, senza la noia non potremmo apprezzare e definire il
piacere. E per il filosofo Kant (1724 - 1804), la noia è un pungolo che ci
stimola a crearci degli scopi. Kant faceva moto tutti i giorni: facendo la sua
consueta, puntuale passeggiata. Il movimento è molto importante, infatti ci
sono vari correlati fisiologici fra la
noia e la mancanza di moto: il nostro organismo non è fatto per la
passività né per la solitudine. In libertà, gli animali non s'annoiano affatto,
mentre in cattività molte specie s'annoiano moltissimo come ci càpita di vedere
quando visitiamo gli zoo ove se ne stanno spesso stravaccati ormai viziati da
chi gli procura il cibo senza che essi debbano attivarsi a fare alcunché: è noto
che chi ha un cane deve recarlo a passeggio almeno tre volte al giorno.
***
Lo Spunto/2: la Creatività Risposta Radicale alla Noia
Creare
una Società che la ponga al Centro
La risposta radicale alla noia è la creatività,
che richiede
"il
coraggio di creare", "il genere di coraggio più importante di
tutti",
"Il Coraggio di Creare" dello psicologo americano Rollo May. |
Come il coraggio dello psicologo viennese
Otto Rank (1884 - 1939) che si staccò dalla dottrina di Sigmund Freud (1856 -
1939) proprio perché riteneva che fosse la creatività, e non la sessualità, più
centrale rispetto alla nostra essenza. O come il coraggio di Prometeo (che nel
mito greco creò gli uomini e donò loro il fuoco) e di Adamo ed Eva (che nel
libro della Genesi assaporarono la
mela) la cui creatività nasce dalla ribellione. Quel peccato di Adamo non
nacque (come interpreta male Agostino) dall'orgoglio, bensì secondo Fox dal "bisogno di essere creativi"
("Creatività", pag. 91):
"si
potrebbe dire che definiamo "originale" questo peccato perché
riguarda il modo in cui ci rapportiamo o non ci rapportiamo con la nostra
originalità, con la nostra creatività" (pagg. 91 - 92):
Lele Jandon presenterà la storia vera della pittrice autodidatta Séraphine de Senlis (1864 - 1942) giovedì 3 dicembre alle ore 20 puntuali alla rassegna "I Nostri Angeli" |
la paura
del prezzo da pagare per essere creativi e far fare un salto di livello
all'umanità (Martin Luther King Jr; Gesù e Gandhi furono uccisi per aver "rubato
il fuoco"); la compassione è il modo di partecipare alla creatività divina
senza senso di colpa. Il vero peccato è
non essere creativi per senso di colpa o per paura, è l'artiste manqué, l'artista
fallito e "se siamo degli artisti mancati, allora siamo anche joie manquée" (pag. 135) poiché
"la creatività reca gioia", perciò Fox invita (pag. 98) a creare una
nuova società:
"Create
una cultura in cui la creatività sia al centro"
****
L'Ispirazione della Spiritualità:
dalla
rilettura del mito di Adamo ed Eva
alla
Parabola dei Talenti.
Martin Luther King cita il Rabbino:
Martin Luther King cita il Rabbino:
Per
amare il Prossimo si deve amare sé stessi
Gesù: La Vostra Salvezza è la Vostra Creatività
Gesù: La Vostra Salvezza è la Vostra Creatività
Il teologo più creativo d'America: Matthew Fox |
Secondo
l'interpretazione di Otto Rank l'incatenamento di Prometeo rappresenta
l'inibizione delle inclinazioni di proiezione che facciamo verso gli altri
(imponendo la nostra personalità), come se fossero oggetti e non persone
autonome: la creatività senz'amore, senza compassione, è distruttiva. Il Vangelo di Tommaso (pag. 98) cita la
creatività di Gesù:
"Quando
generate in voi quello che avete, esso vi salverà"
(cioè la vostra creatività)
(cioè la vostra creatività)
Secondo Otto
Rank il passo che dice
"Io
ti ho posto davanti la vita e la morte, scegli dunque la vita"
(Deuteronomio 30, 19)
è
un'esortazione ad essere creativi ogni giorno (pag. 98).
Benché non
fosse cristiano, lo psicanalista tedesco vedeva nel cristianesimo una
liberazione della creatività per via dell'umanizzazione di Dio e la
deificazione dell'uomo (pag. 97).
Nella nostra Tradizione spirituale
ebraico-cristiana, la sapienza e la creatività procedono insieme e si va oltre
Prometeo: è Dio stesso a donare lo Spirito della creatività agli esseri umani; ci sono
secondo il biblista americano Marcus Borg (1942 - 2015) due tipi di maestri di
sapienza: quelli che rafforzano i modi di vivere di una cultura e quelli che ne
offrono un'alternativa, come il maestro
Gesù, narratore creativo ed "oratore di grandissima sintesi" coi suoi
cento aforismi e le sue parabole che stimolano l'immaginario popolare
quotidiano ed invitano a pensare da sé senza ricorso ad un'autorità esterna (ad
esempio del Buon Samaritano, cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2014/09/la-via-della-compassione-creativa.html)
attaccando il valore del familismo, del valore in sé della ricchezza,
dell'onore, della purezza, del dio come giudice e dei confini anziché come
genitore compassionevole, e la religiosità.
Ogni regime totalitario teme gli
artisti, spiriti liberi che immaginano un futuro diverso.
Lo studioso di religione John
Dominic Crossan riconosce un'altra
strategia sapiente della creatività di Gesù: far pranzare insieme persone di
classi diverse, mostrando fiducia nella natura umana. Il filosofo Alain de
Botton nel suo libro "Del buon uso
della religione. Una guida per i non credenti" (pagg. 36 - 43) propone
di ricreare un'atmosfera simile inventando il ristorante Agape (dal nome
dell'amore fraterno) ove ognuno si senta libero di conversare con chiunque
degli avventori.
Martin Luther King Jr al pianoforte con moglie e figli |
"Quando
noi veniamo meno alla nostra responsabilità di dare vita" cioè di essere
creativi "ne consegue un senso di colpa immenso" per "la vita
non utilizzata" (pag. 37): "Rank pone la creatività sullo stesso
piano dell'amore in quanto segno di salute e benessere" (pag. 37).
Ne "L'amore e la volontà" ("Love and Will"), Rollo May, rifacendosi ad Otto Rank, dice che ognuno di noi ha un demone: il demonico è "l'impulso presente in ogni essere di affermare sé stesso": se lo reprimiamo, diventiamo nevrotici, aggressivi, crudeli e ostili ed esploderemo (pag. 38). Una famiglia che non lascia essere com'è suo figlio o sua figlia secondo le sue predisposizioni ed orientamenti, sarà disfunzionale.
Ne "L'amore e la volontà" ("Love and Will"), Rollo May, rifacendosi ad Otto Rank, dice che ognuno di noi ha un demone: il demonico è "l'impulso presente in ogni essere di affermare sé stesso": se lo reprimiamo, diventiamo nevrotici, aggressivi, crudeli e ostili ed esploderemo (pag. 38). Una famiglia che non lascia essere com'è suo figlio o sua figlia secondo le sue predisposizioni ed orientamenti, sarà disfunzionale.
Nell'approfondimento sul
romanzo e sul film "The Help" ho spiegato come Martin Luther King Jr (1929
- 1968) in un suo sermone (il numero 8) invitasse le persone afroamericane a
prendere ad esempio uomini e donne neri che avevano realizzato la propria
creatività. Il reverendo citava il rabbino della
sinagoga riformata di Boston, Joshua Liebman (1907 – 1948), che nel longseller
“Peace of Mind” dice che
Rita Hayworth, quando convisse con l'Alzheimer, si dedicò alla pittura, che è una delle possibili "creative therapies": dipingere fa emergere le emozioni, dona senso d'identità e pace della mente. |
In che senso dobbiamo amare noi stessi?
Scoprendo e realizzando le nostre “facoltà creative potenziali”: Dio non
lascia nessuno di noi senza un qualche talento.
(Qui King fa riferimento alla parabola dei talenti, Vangelo di Matteo, 25, 14 -30). E per dimostrarlo, cita al suo uditorio vari buoni esempi di neri che sono diventati dei grandi (pag. 142). (http://lelejandon.blogspot.it/2014/11/the-help-lezione-sulla-compassione_14.html).
In un altro suo sermone (il 5), MLK ricorda altresì che nella storia sono sempre state "le minoranze creative" a creare un mondo migliore (come il suo stesso movimento per i diritti civili).
(Qui King fa riferimento alla parabola dei talenti, Vangelo di Matteo, 25, 14 -30). E per dimostrarlo, cita al suo uditorio vari buoni esempi di neri che sono diventati dei grandi (pag. 142). (http://lelejandon.blogspot.it/2014/11/the-help-lezione-sulla-compassione_14.html).
In un altro suo sermone (il 5), MLK ricorda altresì che nella storia sono sempre state "le minoranze creative" a creare un mondo migliore (come il suo stesso movimento per i diritti civili).
Lo Studio come antidoto alla Noia
La spiaggia di Gdynia in Polonia. |
"Smetti
di lagnarti e leggi!"
e
definisce così lo studio:
"Lo
"studio", che io considero l'attività ordinata della nostra santa
curiosità, è una componente essenziale
per restare vivi e creativi, e per resistere al cinismo" (che
letteralmente significa "abbaiare contro", "Creatività", pag. 78).
Il
filosofo Montesquieu (1689
- 1755) scrisse nei "Pensées"
("Pensieri"):
"Lo
studio è stato per me il rimedio sovrano
contro i dispiaceri della vita, giacché non ho mai avuto un dolore tale che
non mi sia passato con un'ora di lettura"
E quando Fox
dice che dobbiamo studiare "con
sudore, proprio come ci tocca fare per mantenere sano il nostro corpo" col
jogging e la palestra, fa un paragone che è lo stesso usato dallo
psicologo Daniel Goleman per definire l'attenzione come muscolo della mente
(vedasi la mia recensione al libro "Focus.
Perché fare attenzione ci rende più felici": http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/allenare-lattenzione-muscolo-della.html).
Mi viene
in mente che proprio uno dei suoi punti
di riferimento, Tommaso d'Aquino (1225 - 1274), aveva scritto una "Lettera
sul metodo di studio" ad un suo confratello, l' "Epistola de modo studendi", in cui
invitava ad evitare distrazioni, chiacchiere e fare silenzio attorno per
studiare in pace. Oggi, il teologo italiano aggiungerebbe alle sue
raccomandazioni quella di spegnere sempre il cellulare (e non lasciarlo acceso
senza suoneria, come fanno tanti studentelli in biblioteca incapaci di
autentica concentrazione e continuamente distratti dalle vibrazioni dei
messaggini).
Donde si può trarre ispirazione per la nostra
creatività? Secondo Fox dal "prestare attenzione" dinanzi
all'esperienza sinestetica della "bellezza in divenire della natura", imparare
a non darla per scontata, come gli allievi del Tao che "andavano a
passeggio" proprio per contemplarla, amare gli alberi (la menorah, il candelabro ebraico a sette
bracci, rappresenta proprio l'Albero della Vita): è la Via Positiva.
Mi viene in mente il bel libriccino di Herman Hess (1887 - 1962) "Il canto degli alberi" (Guanda, Parma 1992, mia edizione del 2012) ove lo scrittore tedesco descrive non solo la storia degli alberi che hanno accompagnato la sua vita ma anche i vari sentimenti fra cui di rispetto reverenziale ed amicizia che hanno suscitato in lui faggi, tigli, castagni, pioppi e ciliegi.
Mi viene in mente il bel libriccino di Herman Hess (1887 - 1962) "Il canto degli alberi" (Guanda, Parma 1992, mia edizione del 2012) ove lo scrittore tedesco descrive non solo la storia degli alberi che hanno accompagnato la sua vita ma anche i vari sentimenti fra cui di rispetto reverenziale ed amicizia che hanno suscitato in lui faggi, tigli, castagni, pioppi e ciliegi.
Poi,
dinanzi al nostro dolore morale, quando càpita,
"non
negarlo e non fomentarlo, ma stare insieme al dolore, lasciare che il dolore
sia dolore e chiedere che cosa ha da insegnarci" (pag. 166)
come
insegna il buddhismo (Via Negativa). Ne
segue la Via Creativa: immaginazione,
intuizione ma anche autodisciplina e metodo di studio:
"Solo
perché gli artisti lavorano adoperando l'emisfero
destro ed esercitano sino in fondo le proprie intuizioni, ciò non significa
che il lavoro compiuto utilizzando l'emisfero sinistro non sia importante. In
realtà, senza un lavoro di studio e di apprendimento, l'artista potrebbe essere
privo sia degli strumenti del suo mestiere che della consapevolezza di che cosa
dire, di quali tematiche trattare e di
quali storie raccontare che ci parlino del dolore della nostra specie in
un'epoca e in una cultura specifiche" ("Creatività", pag. 170)
"Scrivere per me è un modo meraviglioso per imparare. Scrivo perché
la disciplina che necessita è buona per la mia mente; la mantiene in forma,
giovane e viva. Scrivo per la gioia che c’è nel dare vita. La scrittura,
assieme alla lettura e allo studio che si accompagnano ad essa, sono per me
esperienze di gioia. Lo Spirito giunge a me quando scrivo e imparo” ("Creatività", cit., pag. 78).
Matthew
Fox conosce e ci testimonia di questi momenti di gioia creativa ("Dove c'è
gioia, lì c'è creazione" (dicono le Upanishad,
pag. 71):
"Quando
smarrisco ogni percezione del tempo e perfino dello spazio...questo mi suscita
una gioia grandissima" ("Creatività",
cit., pagg. 70 - 71).
Il libro dello psicologo e filosofo ungherese |
Questa è esattamente
la definizione che lo psicologo e filosofo ungherese contemporaneo Mihaly
Csikszentihalyi dà al proprio concetto di "stato di flusso" (Flow):
quando noi facciamo un’attività che ci assorbe perché ci piace, ancorché
faticosa, ci diviene dolce. Questo va ricordato quando si sceglie una scuola ed
una professione: si deve seguire la passione. (cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/allenare-lattenzione-muscolo-della.html).
Come si vede, questa gioia che fa perdere la
cognizione del tempo è l'esatto contrario della noia come senso di dilatazione
del tempo. Siamo
nello stato di flusso quando affrontiamo una sfida stimolante.
Nella sua
esortazione a realizzare la nostra creatività, essenza della nostra umanità,
Matthew Fox cita anche la genitorialità (diritto
negato alle coppie di persone gay, cfr. il mio articolo
http://lelejandon.blogspot.it/2014/12/le-famiglie-felici-si-rassomigliano.html):
"Non
è forse questa una forma d'arte? L'essere genitori non richiede
ogni grammo di creatività che è in noi? Ciascun bambino ha la sua personalità,
il proprio modo di essere approcciato, la propria forma di comunicazione. Noi
ci adattiamo. Apprendere l'arte di essere genitori è per noi un processo. E in
esso impariamo anche a conoscere noi stessi: i bambini tirano fuori il meglio e
il peggio di noi. (...) L'essere madre è
una forma d'arte esattamente come l'essere padre" (pag. 211).
"Maternità" (1954) del pittore ebreo Marc Chagall (1887 - 1985) è stato in mostra a Milano |
Purtroppo
nel nostro Paese, a causa delle ragioni economiche spiegate dal libro di Chiara
Saraceno "Cittadini a metà. Come
hanno rubato i diritti agli italiani" (Rizzoli, Milano 2012) questa
forma di creatività è repressa sino alla crescita zero: vi sono tanti giovani
che finita l'Università vorrebbero fare dei figli ma sono impediti dalle
condizioni del mondo del lavoro.
Fox invita
ad essere creativi in cucina (conosco persone che sanno fare creative varianti
alle ricette), ad imparare a parlare in maniera creativa, come consiglia David
Paladin, e a fare l'amore con
creatività, ad esempio imparando l'arte Tantra che salva non solo le coppie
amorose bensì anche le famiglie.
Una mia amica, Nadia, ha scelto di fare un
corso di danza del ventre, e se ne infischia di chi pensa male.
Secondo il filosofo contemporaneo Alain de Botton anche viaggiare è un'arte
e dobbiamo riscoprire una nuova maniera di visitare le città europee
ispirandoci alle suggestioni dei grandi artisti che le hanno amate (cfr. il suo
libro "L'arte di viaggiare",
Guanda, Milano 2005).
Sempre
parlando del film "The Help"
ho citato un sermone (il numero 18) di
Martin Luther King Jr intorno al tema della paura che inibisce la nostra
creatività (http://lelejandon.blogspot.it/2014/11/the-help-lezione-sulla-compassione_14.html).
“La paura è l’elementare sistema
d’allarme dell’organismo umano che avverte dell’avvicinarsi dei pericoli e
senza il quale l’uomo non sarebbe potuto sopravvivere. La paura, inoltre, è una
potente forza creativa. La paura dell’oscurità ha portato alla scoperta del
segreto dell’elettricità; la paura del dolore ha portato ai meravigliosi
progressi della scienza medica; la paura della guerra è stata una delle forze
che hanno dato origine alle Nazioni Unite” “La paura normale ci protegge; la
paura anormale ci paralizza. (…) Il nostro problema non è di liberarci dalla
paura, ma piuttosto di imbrigliarla e dominarla”.
Esiste
dunque una “paura normale” ed una “malattia della paura”. Dobbiamo indagare le
cause psicanalitiche delle nostre paure nevrotiche e “anormali” e “possono
essere curate con la psichiatria” (pag. 225) come la “paura della superiorità
degli altri, del fallimento, del disprezzo e della disapprovazione” (pag. 224).
Cita il teologo Paul Tillich (che è stato maestro di Rollo May) che
definisce il coraggio come affermazione di sé a dispetto di ciò che lo
impedisce (come la paura della morte, a cui noi possiamo aggiungere la
paura e il disgusto di tutto ciò che ci richiama alla mente la nostra
mortalità): quest’autoaffermazione non è egoismo, bensì “un retto amor di sé”
(cfr. sermone 8). Lo psicanalista tedesco Erich Fromm (1900 – 1980) ha dimostrato che
"la
giusta specie di amore di sé e la giusta specie di amore degli altri sono
interdipendenti” ("La forza di amare",
cit., pag. 220).
Non a caso
Fromm era di origine ebraica e la Bibbia ebraica invita proprio a questo
comandamento:
“Ama il
prossimo tuo come te stesso”
(Levitico
19: 18, ricordato nei Vangeli dall’ebreo Gesù come il più importante fra i
dieci).
“Una fede
religiosa positiva non ci offre l’illusione che noi possiamo essere esenti dal
dolore e dalla sofferenza, né c’infonde l’idea che la vita sia un dramma di
puro conforto e tranquilla agiatezza: c’infonde, piuttosto, l’equilibrio
interiore necessario per affrontare sforzi, pesi e paure che s’incontrano
inevitabilmente, e ci assicura che l’universo è degno di fiducia e che Dio se
ne prende cura” (pag. 226). “La fiducia che Dio si prende cura
dell’individuo è di tremendo valore nel curare la malattia della paura, perché
ci dà un senso di dignità, di appartenenza, e di essere a casa propria
nell’universo” ("La forza di amare",
cit., pag. 229).
Ecco l'elencazione
delle paure che reprimono, inibiscono la nostra creatività secondo Matthew Fox:
- Paura della propria omosessualità che si
paleserebbe attraverso la realizzazione della propria creatività (o,
addirittura, della paura di essere creduti omosessuali: si pensi se Billy
Elliot, il ragazzino inglese cui è stato dedicato l'omonimo film, avesse
rinunziato a danzare facendosi scoraggiare dalle irrisioni dei coetanei); Fox dice nella sua
intervista nel libro di Paolo Rigliano ("Gesù e le persone omosessuali",
edizioni La Meridiana, 2014): “La persona
omosessuale ha una creatività molto forte. E’ assolutamente ovvio che le
persone omosessuali hanno prodotto una quantità di creatività nel mondo più
alta rispetto alle altre persone (…) Moltissimi dei geni della razza umana sono
stati gay o lesbiche, da Emily Dickinson, a Leonardo, a Michelangelo”. Lo
psicanalista svizzero Carl Gustav Jung (1875 - 1961), nella sua conferenza dal
titolo "Il problema amoroso dello
studente" (Università di Zurigo 1924) parlava dei carismi delle
persone omosessuali che ha conosciuto fra i suoi pazienti in analisi:
spirituali e portate per l'insegnamento;
- Tristezza,
melanconia;
- Paura del "prezzo da pagare",
della solitudine morale per opere rivoluzionarie che non verrebbero subito
comprese (come sappiamo dalla storia dell'arte);
- Paura della morte: il
creativo invece non nega la morte, perché é "una persona che desidera
lasciare dietro di sé un dono" (come dice Otto Rank) perché sa che uscirà
di scena; la creatività, dice Rollo May, é "desiderio d'immortalità, di
vivere oltre la propria morte";
- Bisogno
di controllo/autocontrollo, incapacità di lasciarsi andare;
- Mancanza
di fede in sé stessi: sentirsi falliti/paura
del fallimento e rifiuto;
- Mancanza di risorse finanziarie per
comprare il tempo libero;
- Timidezza;
- le frasi - killer di certi insegnanti che ti dicono che sei negato per una
certa arte, anziché incoraggiarti a riprovare;
- Autocompassione,
vittimizzazione che mi fa cedere ad
altri il mio potere (genitori disfunzionali, politici repressivi);
- Mancanza di sostegno morale da parte della mia comunità (essere considerati
"strambi");
- Stakanovismo: cultura del lavoro malata,
troppe ore di iper-lavoro degli workaholic;
- Mente
troppo impegnata, soprappensiero;
- Proiezioni dei genitori che impongono
la propria personalità sulle scelte dei figli;
- Oserei
aggiungere: mancanza di autodisciplina e metodo di studio e concentrazione (di
nuovo, cfr. la mia recensione al libro di Daniel Goleman http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/allenare-lattenzione-muscolo-della.html);
- Alain de
Botton aggiunge il falso mito romantico "secondo
cui la grandezza debba implicare una costante originalità a livello tematico"
("Del buon uso della religione",
pag. 209)
"Otto Rank (...) spiega che tutte le nevrosi
derivano dall'artiste manqué. In
altre parole, in giro ci sono davvero
molte persone (soprattutto nella nostra moderna cultura consumistica, piena di
pantofolai) che non hanno sviluppato l'artista che è in loro. Questo è un
disastro. A giudizio di Rank, è la causa di tutte le nostre nevrosi. Se ha
ragione lui, allora ci sta avvertendo che quei pochi che hanno sviluppato la
creatività sono soggetti a incomprensione, invidia e perfino violenza. Una cultura che non incoraggia la
creatività in ogni suo membro è una cultura che invita la gente a maltrattare
coloro che si dedicano alla creatività" ("Creatività", pag. 133)
"L'invidia"
(maligna) "uccide la comunità" (pag. 134); "la gioia ha bisogno
di una comunità per essere condivisa" (pag. 137).
Il
filosofo americano Matthew Crawford nel suo libro "Il lavoro manuale come medicina dell'anima" (Mondadori, Milano
2010, titolo originale americano "Shop
Class as Soulcraft", The Penguin Press, New York 2009) ha raccontato
la propria esperienza radicale: ha lasciato il suo ben remunerato lavoro in un
centro studi di Washington che l'annoiava a morte, per mettersi di propria
iniziativa a fare il meccanico di motociclette, ed anche lui propone una
riforma della scuola: introducendo materie manuali. Egli fa un raffronto fra la
nostra generazione e quella dei nonni che sapevano riparare da sé la propria
bicicletta.
****
Lo Spunto/2: La Solitudine Morale
Saper
Stare anche da Soli è Creativo
Equilibrio
significa sia Integrarci sia Saper Staccare
Viviamo in una Società dei Consumi
ove quei Pochi Coraggiosi Creativi sono incompresi
Viviamo in una Società dei Consumi
ove quei Pochi Coraggiosi Creativi sono incompresi
Hyppolite Flandrin (Lione 1809 - Roma 1864), "Jeune nu assis au bord de la mer" ("Giovine ignudo seduto in riva al mare"), Musée du Louvre, Paris. |
James sa
stare bene da solo, anche in silenzio, e questo è un fatto positivo: quante
persone non sanno stare da sole? Dice il ragazzo nel romanzo di Cameron:
"Volevo
solo un posto dove stare da solo. Per me
è un bisogno primario come l'acqua e il cibo, ma ho capito che non lo è per
tutti. In camera, gli altri sembravano contenti e per nulla infastiditi di non
avere mai un momento per sé. Io mi sento me stesso solamente quando sono solo
(...) Ci sono persone che si sentono a disagio se stanno in silenzio e si
affrettano a riempirlo, pensando che qualsiasi cosa sia meglio di niente, ma io
non sono così. Io in silenzio mi sento a mio agio"
Secondo
Matthew Fox,
"Per
essere creativi occorre imparare a sentirsi a casa nella solitudine o in un
isolamento salutare" ("Creatività",
cit., pag. 130), "un atto di reclusione volontaria, un atto di solitudine
liberamente scelta" (pag. 132). "Il
Daodejing insegna: "Gli uomini comuni detestano stare da soli" e
prosegue: "Ma il Signore sa farne buon uso, accogliendo la propria
solitudine, comprendendo di essere uno con l'universo intero".
L'artista
che è in ognuno di noi deve "imparare a meditare. La meditazione c'insegna
a non avere paura di essere soli", come ben sanno i Quaccheri che
coltivano un religioso silenzio. "La tranquillità fa strada all'essere
equilibrati" (...) "Quando il
successo non è controbilanciato dalla solitudine, la fama può impadronirsi
dell'anima e ucciderla" (pag. 132).
"In una cultura ove regna la brutta musica e
in cui il vuoto è costantemente riempito di rumori di qualche genere, bisogna adoperarsi per trovare la
solitudine e per imparare a conoscerla. Questo è il còmpito della meditazione, che sta diventando sempre
più importante per la sopravvivenza della mente immaginativa (...). Meditare
significa focalizzare l'attenzione e concentrarsi" (pag. 134)
cfr.
Daniel Goleman: http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/allenare-lattenzione-muscolo-della.html)
"E'
ironico che una cultura o una persona che prova disagio a stare da sola e in
solitudine finisca ben presto per sprofondare nell'isolamento. (...)
L'isolamento si alimenta della mancanza di solitudine, di una sensibilità ormai
intorpidita dinanzi allo stare da soli" (pagg. 134 - 135)
Quando è equilibrata una persona che ama stare da sola?
Lo
psichiatra francese Eugène Minkowski (San Pietroburgo 1885 - Parigi 1972) risponde
così citando lo psichiatra svizzero Eugen Bleuer (Zurigo 1885 - 1939):
"Bleuer,
riprendendo le ricerche di Kretschmer, giungeva alle nozioni di schizoidia e di
sintonia. Superando il campo proprio della caratterologia, egli vi scorgeva
l'espressione di due princìpii
fondamentali della vita. La sintonia
concerne il principio che ci permette di vibrare
all'unisono con l'ambiente, mentre
la schizoidia designa la capacità di distaccarci da questo stesso ambiente.
D'altra parte questi due princìpii, malgrado il loro carattere apparentemente
contraddittorio, non si escludono affatto; indispensabili
sia l'uno sia l'altro, hanno ciascuno un ruolo da compiere ed è alla loro armoniosa coesistenza che
sembra dovuto il massimo di equilibrio, di felicità e di rendimento, al
quale crediamo di avere diritto di aspirare. Essi cioè, lungi dal comportarsi
come forze contrarie, riguardano due
aspetti differenti del nostro essere, ma l'uno e l'altro altrettanto essenziali."
("Il tempo vissuto"
(edizioni Rizzoli - Corriere della Sera, Milano 2011, collana La Biblioteca
della Mente diretta da Vittorino Andreoli, titolo originale "Le temps vecu", 1933, pag. 74)
Si noti il
linguaggio musicale del passo. Matthew Fox sostanzialmente chiama questa
dialettica "radicamento" e "sradicamento", come vedremo
nella nostra recensione al suo nuovo libro "Preghiera" nel nostro prossimo articolo.
****
Lo Spunto/3: le Proiezioni dei Genitori
Quei Tanti
Ragazzi Italiani
che non vogliono proseguire la Scuola
che non vogliono proseguire la Scuola
Un'altra
ragione per cui James ha a noia la scuola è che lì non si legge. La Nonna
chiede al nipote come trascorrerebbe il suo tempo nella casa che sogna e lui
risponde proprio che leggerebbe recuperando il tempo che, paradossalmente, la
scuola gli ha rubato:
"E in
quella casa, cosa faresti?
"Leggerei.
Leggerei tanto. Tutti i libri che ho
sempre voluto leggere ma non ho potuto perché dovevo andare a scuola. E poi
mi troverei un lavoro, ad esempio in una biblioteca, o come portiere di notte o
roba del genere. E imparerei un
mestiere, come il rilegatore, o il falegname, il tessitore, e creerei degli
oggetti, degli oggetti belli e mi
occuperei della casa e del giardino."
Mi
attirava molto l'idea di lavorare in una biblioteca, un luogo dove la gente è
costretta a parlare sottovoce, e solo quando è necessario. Magari il mondo
fosse così!"
Troppi
genitori, imponendo ai figli di fare la stessa strada del padre o di fare la
scuola che vogliono loro (mamma e papà), commettono il peccato di proiezione psicologica (come nel caso dei genitori
della futura monaca di Monza che fanno opera di persuasione occulta nel romanzo
"I promessi sposi" di
Alessandro Manzoni; secondo il cristiano Fox, il Cristo ci riporta alla nostra
natura originaria, orientata alla compassione che ci mette nei panni del nostro
prossimo e ci fa condividere le sue gioie e dolori ("Amerai il prossimo
tuo come te stesso", dice Gesù di Nazaret, è il comandamento guida). E’
tipico di tanti genitori italiani che iscrivono al liceo classico (o in certe
facoltà universitarie ritenute prestigiose) i propri figli per il proprio
prestigio personale, senza che questi siano appassionati agli studi classici,
coi tristi esiti che vediamo (“avrei tanto voluto fare…ma, sai, i miei me
l’hanno impedito e così…”). Un genitore che ama in maniera incondizionata suo
figlio lo lascia libero di seguire la sua vocazione, senza (pre)giudizi.
L'unica guida dovrebbe essere l'invito a non sprecare i propri talenti, come
insegna la parabola dei Talenti (Matteo 25, 14 - 30) e ad accettare i propri
limiti. Ci chiediamo se dietro all'altissimo tasso di giovani senz'occupazione
non ci sia anche questa concausa, la scelta prepotente da parte dei genitori
delle scuole dei figli. Matthew Fox nel
suo libro deplora la maniera con cui certi docenti incompetenti sentenziano sui
bambini con frasi-killer del tipo: “sei proprio negato per
quest’attività”, cose così, che mortificano sul nascere lo spirito creativo.
Scrive la
sociologa Chiara Saraceno riferendosi ai Neet (Not
Engaged in Employment nor in Training) italiani che non hanno né
cercano un lavoro):
"(L'Italia)
Non è neppure un Paese per giovani. Perché ha tassi di disoccupazione giovanile
tra i più alti in Europa (...). E il non invidiabile primato della più alta
percentuale europea di giovani che non sono né in formazione né sul mercato del
lavoro (...). Due milioni di persone, quasi un quarto di tutti i giovani tra i
15 e i 24 anni (...) che non hanno trovato sufficienti occasioni e stimoli per
investire su di sé, sulle proprie capacità. Scoraggiati dalla noia e dalla svalorizzazione sperimentati a
scuola, dalla scarsa qualità, remunerazione e sicurezza del lavoro cui possono
aspirare in una società in cui la mancata occupazione riguarda quasi il 30% dei
giovani in quella fascia di età, dal disinteresse nei loro confronti da parte
di una società in cui comunque non si riconoscono, hanno abbandonato la partita
prima ancora di incominciarla"
("Cittadini a metà. Come hanno rubato i
diritti agli italiani", Rizzoli, Milano 2012, pagg. 109 - 110)
Oggi quei numeri vanno
aggiornati al rialzo. Fra i 27 Paesi dell'UE (dati 2012, quindi senza la Croazia),
l'Italia è al 24esimo posto per livello d'istruzione minima: 800.000 ragazzi/e
fra 18 e 24 anni non sono andati oltre la terza media. Magari han provato a
fare qualche anno alle superiori e poi hanno mollato.
Quanto a laureati, siamo
al 27esimo posto: l'ultimo.
La maggioranza
degl'immigrati di seconda generazione in Italia ha fretta di trovare un lavoro
e non fa l'Università, e questo non va nel senso di creare una società multirazziale
pluralistica che sia orientata ad una sana mobilità sociale.
La filosofa americana
Martha C. Nussbaum ha scritto un libro che s'intitola "Non per profitto" per dire che còmpito
della scuola è formare allo spirito critico, che è esso stesso una forma di
creatività: creatività del pensiero, potremmo dire.
La scuola italiana continua a risentire del dualismo
diabolico della legge Casati (dal nome del ministro della Pubblica
istruzione Gabrio Casati della Destra storica) di 150 anni fa (1859, nel Regno Sabaudo, poi estesa all'Italia), che separava scuola del pensiero (Liceo) da
quella delle mani (Istituti Tecnici), emisfero sinistro ed emisfero destro.
Entrambi i tipi d'indirizzi scolastici
sono limitati e limitanti.
C'è un altro esempio
clamoroso di creatività negata nel nostro Paese ove non ci sono pari
opportunità: molti ragazzi che aspirano
a diventare medici sono rifiutati perché vigono test di accesso estremamente controversi e debbono rinunziare a
studiare medicina in Italia.
Ho già
parlato nel mio articolo dell'alienazione prodotta dalla mancanza di autentici maestri
che rendono "La società orfana"
come dice il titolo del libro (sottotitolo: "Trattato
religioso-sociologico", edizione italiana a cura dell’associazione
culturale “Carlo Cattaneo”, Pordenone 2007, prima edizione olandese Bruna,
Utrecht 1995), del sociologo olandese Pim Fortuyn (http://lelejandon.blogspot.it/2014/10/ri-creare-un-senso-di-comunita-e-una.html).
I ragazzi
di oggi crescono senza autentiche guide, né in famiglia né a scuola, né in
politica.
I ragazzi
olandesi, prosegue Fortuyn (docente universitario), sono ignoranti nella storia
nazionale e quindi crescono senza un’identità, “allevati come orfani” ed
“ignari di cosa significhi aver avuto una guida e formare una comunità” (pag.
152). Invece, “un buon docente” è un educatore che “sfida l’allievo ad
identificarsi con lui e ammirarlo oppure a contrastarlo e respingerlo. Entrambi
gli atteggiamenti sono formativi” (pag. 147) anzi si susseguono: “attraverso un
doloroso processo l’allievo si affranca dal maestro e va per la sua strada.
Trascorso qualche tempo, ed avendo accumulato esperienza autonoma in questa sua
Alleingang solitaria, l’allievo saprà riconoscere il valore del vecchio
maestro e apprezzare, con un giudizio reso equilibrato dall’esperienza, ciò che
questi ha significato. Da quel momento l’allievo è indipendente e maturo per
essere a sua volta maestro. Rimane un talento concesso a pochi. Ecco perché la
maggior parte di noi ricorda per tutta la vita quell’uomo o quella donna che ha
avuto il talento di aprire il nostro cuore e la nostra anima, e conquistarli”
(pagg. 147 – 148). Che tipo era Fortuyn come prof? Egli era soprannominato “Il
Macellaio” perché rispediva via dopo cinque minuti chi non aveva studiato. Il
suo esame, dopo una verifica preliminare della bibliografia, consisteva in una
disputa accademica studente-vs-prof ove Fortuyn premiava l’originalità e il
pensiero critico cioè creativo (quello che il poeta greco Esiodo chiamava noéin
heautò, il “pensare da sé”, quel pensiero esplorativo di cui parla anche
Jonathan Haidt nel suo libro "Menti
tribali" da me recensito sul Blog, di contro alla tendenza al pensiero
confermativo di chi non vuole valutare il punto di vista degli altri).
Anche il
filosofo de Botton invita a recuperare un ideale di formazione
e non solo istruzione, citando il filosofo liberale John
Stuart Mill (1806 – 1873) il quale diceva che “Il fine delle Università è
produrre esseri umani capaci e istruiti”, scopo di cui parla anche Martha
Nussbaum nel suo “Cultivating Humanity. A Classical Defense of Reform in
Liberal Education” (Harvard University Press 1997) ove indica lo scopo
della liberal education (istruzione classica) proprio nel far sviluppare
nei giovani l’empatia e l’immaginazione narrativa (imaginative empathy).
Eppure, dice de Botton, anche i laureati in materie umanistiche risultano
“eticamente confusi”, nonostante nei bei Commencement speeches, cioé i
discorsi pronunziati alle cerimonie di apertura degli anni accademici
identifichino l’istruzione liberale con l’acquisizione della saggezza e
conoscenza di sé (“prendi consapevolezza di te stesso”, diceva il motto del
tempio di Apollo a Delfi citato spesso da Socrate nei dialoghi di Platone). E
la tragedia è che, “quando si sentono chiedere perché la gente dovrebbe
disturbarsi a studiare storia o letteratura, trovano la domanda impertinente, e
spesso non rispondono” (pag. 97): insomma, non sanno giustificare (logon
didonai, “render ragione”, direbbe Platone) il perché abbiano scelto di
fare studi classici. Mi è capitato di sentire un critico letterario che ha
scritto un volume di ottocento pagine e la giornalista gli chiedeva perché
valga la pena studiare Ovidio oggigiorno (che è proprio l'autore citato sin dal
titolo da Cameron): il suo lungo tergiversare senza colpire nel segno è durato
dieci minuti e non avrebbe convinto nessun ragazzo!
Secondo Matthew
Fox dobbiamo insegnare a scuola etica ed astronomia e stimolare le varie forme
di creatività:
"L'arte
è una risposta alla disoccupazione" ("Creatività", cit., pag. XV)
****
Lo Spunto/4: la Crisi
dell'Arte
Gelide Didascalie e assenza di
Spiritualità
Nel
romanzo e nel film, il protagonista
lavoricchia nella galleria di "arte contemporanea" della madre (ove
non entra mai nessuno) che espone come "opere" le pattumiere di un
anonimo artista giapponese. E' una metafora della crisi d'ispirazione
creativa di molta arte contemporanea.
Nel suo
libro "Creatività" (pag.
84), Fox denuncia la mancanza, nel sistema del filosofo moderno Cartesio, che
con la sua "filosofia del controllo" (che riduce il cosmo ad un
meccanismo) ha dominato l'età moderna e di cui si sentono le conseguenze ancora
oggi, di una "filosofia dell'estetica". Dopo la rivoluzione
industriale, il Bello è riservato ai ricchi (che hanno il tempo libero), mentre
dominante è l'efficientismo. Gli artisti moderni
"abbandonarono
il significato profondo dell'arte, che è l'arte per amore della comunità" (pag. 87)
sostituendola
con un'art pour art od amore della fama.
Il
filosofo Alain de Botton, il sociologo olandese Pim Fortuyn (1948 – 2002) e
l'antropologa Camille Paglia hanno posto il problema di questo vuoto
d'ispirazione ed il bisogno di arte autentica.
Noi
milanesi lo conosciamo bene, visto che abbiamo dovuto subire il dito medio di
Cattelan (laurea honoris causa in sociologia!) in Piazza della Borsa.
Scrive Fortuyn:
“Mai come nell’arte dei nostri
giorni si è vista tanto spesso tanta ingrigita vacuità, bruttezza e solitudine” (“La società orfana",
pag. 267)
Non
abbiamo più, spiega il sociologo, un artista autentico che ci indichi una
direzione.
“La
noia domina”,
denunciava
Fortuyn, anche in letteratura: gli
scrittori non sanno affrontare le tematiche di attualità (pag. 268). L’arte,
spiega il filosofo de Botton, ha un’origine religiosa ed è stata brava la
Francia rivoluzionaria che dopo aver separato Stato e Chiesa ha fondato il
Louvre: un Tempio laico dell’Arte (saccheggiando le chiese cattoliche del Paese
e, durante le campagne di Napoleone, i monasteri e le cappelle di tutta
Europa). Il problema è che le gelide didascalie dei musei non ci aiutano
affatto a capire il senso profondo delle opere d’arte. Così de Botton
descrive le facce di chi ha appena “visitato” un museo, senza strumenti:
“Rassomigliano ai partecipanti
delusi di una seduta spiritica fallita” (“Del buon uso della religione.
Una guida per i non credenti", Guanda, Parma 2011, pag.
186).
Sulla
stessa linea di analisi si colloca la sociologa ed antropologa americana (con
radici italiane) Camille Paglia (University
of Arts di Philadelphia) che c'invita tutti all'autoeducazione a guardare con
attenzione:
“Benché io sia atea, non posso non
notare che l’umanesimo laico si sia infilato in un vicolo cieco: sinché gli
artisti non recupereranno la propria spiritualità, l’arte non rivivrà. Per
me l’arte è una religione, una filosofia che ho appreso da Baudelaire ed Oscar
Wilde. Ma nel mondo artistico “religione” suona come una parola blasfema:
questo è il motivo per cui gran parte dell’arte contemporanea è vuota e
insensata. Tutto il mondo oggi è aggressivamente preso d’assalto da immagini
intermittenti e messaggi intrusivi sul web o sul proprio smartphone.
Io adoro Internet, ma siamo di fronte a una grave crisi culturale:
le giovani generazioni sono invase e imprigionate da questo eccesso, da questa
proliferazione d’immagini, e stanno perdendo la capacità di pensare, ragionare
e giudicare" (come diceva Giovanni Sartori: cioé, appunto, il pensiero creativo, critico) "Il
mio libro “Seducenti immagini. Un viaggio nell’arte dall’Egitto a Star Wars”
(il Mulino, 2014, 35 euro) è nato proprio per rallentare, focalizzare e
disciplinare lo sguardo, rieducare l’occhio attraverso la contemplazione
dell’arte: bella, equilibrata e complessa.”
(Intervista rilasciata alla “Domenica”
de “Il Sole 24 Ore”, domenica 23 marzo 2014, pag. 22).
La
suddivisione meramente cronologica nei musei, dice de Botton, non ha senso e ci
fa perdere il senso delle opere (pagg. 213 – 214) sicché dobbiamo ricreare,
“reinventare gli spazi” (pag. 214). Per definire l’Arte cita Hegel (1770
– 1831), il quale scrisse nell’”Estetica” che essa è “l’apparire
sensibile dell’Idea”:
“Abbiamo bisogno dell’arte perché siamo estremamente smemorati” e
abbiamo bisogno di “un’opera d’arte che ci afferri attraverso i sensi” e che magari ci ricordi che “l’amore è al
centro della nostra umanità” (pag. 189). “Gli atei potrebbero trarre ispirazioni dai cicli mariani e prendere in considerazione l’idea di
affidare ad artisti contemporanei il còmpito di ritrarre "I sette
dolori dell’essere genitori",
"I dodici dolori dell’adolescenza" o "I ventuno
dolori del divorzio” (pag. 194, che sono fra l'altro
tutti temi presenti nel film "Un
giorno questo dolore ti sarà utile"): “Rabbia adolescenziale,
depressione post partum, crisi di
mezza età: i nuovi cicli laici della sofferenza potrebbero incentrarsi su
queste fasi” (pag. 196). Il filosofo esorta a “rafforzare il concetto che
essere umani è soprattutto condividere
la vulnerabilità alle disgrazie” (pag. 198): “Dipendiamo dagli artisti per
orchestrare momenti di compassione, per sollecitare regolarmente la nostra
solidarietà” (pag. 200).
Esattamente
ciò che ci diceva (ricordate?) Matthew Fox, saper indovinare i temi giusti,
socialmente utili:
"Solo
perché gli artisti lavorano adoperando l'emisfero
destro ed esercitano sino in fondo le proprie intuizioni, ciò non significa
che il lavoro compiuto utilizzando l'emisfero sinistro non sia importante. In
realtà, senza un lavoro di studio e di apprendimento, l'artista potrebbe essere
privo sia degli strumenti del suo mestiere che della consapevolezza di che cosa
dire, di quali tematiche trattare e di
quali storie raccontare che ci parlino del dolore della nostra specie in
un'epoca e in una cultura specifiche" ("Creatività", cit., pag. 170)
Secondo de
Botton, lo scopo dell'arte è:
“incoraggiare la repulsione verso
il male e suscitare l’amore verso il bene” (pag. 204).
Il
filologo tedesco Jaeger diceva nella “Paidéia. La formazione dell’Uomo
Greco” (1944; Bompiani, Milano 2003, pag. 89) che
“i valori (…) non divengono (…) d’efficacia
suggestiva se non in quanto eternati dall’arte”.
E devo
aggiungere una postilla alla considerazione di de Botton secondo cui
“in campo artistico, poche
dottrine si sono rivelate dannose come il precetto romantico che la grandezza
debba implicare una costante originalità a livello tematico” (pag. 209):
insomma,
il mito dell'originalità a tutti i costi; il fatto che questa filosofia abbia
generato la moderna cultura della droga per cui molti cadono nella tentazione
di sperimentare droghe varie al fine di creare cose nuove provando sensazioni
nuove.
****
Lo Spunto/5: L'ausilio della Psicanalisi
Per
bocca del protagonista James, Peter Cameron nel suo romanzo fa una critica ad
un certo modo di fare psicanalisi. Il ragazzo osa chiedere alla sua analista
(dalla quale l'han mandato i genitori) con quale autorevolezza si ponga se non
dimostra una minima cultura filosofico-letteraria (che, secondo la filosofa
Martha Nussbaum, sviluppa l’immaginazione narrativa, la capacità di mettersi
nei panni del nostro prossimo, l'empatia e la compassione):
“Come mai
non ha neppure un romanzo?”
“Cosa?” ha fatto.
Con la testa ho indicato la
libreria dietro di lei.
“Non c’è narrativa sugli scaffali. Mi chiedevo
perché”.
Si è voltata a controllare come se le avessi detto una bugia. Poi ha
detto: “Perché me lo domandi?”
“Deve proprio farmi una domanda? Non può
soltanto rispondere?”
“Siamo nel mio studio” ha detto “nel posto in cui lavoro.
E tengo i libri inerenti alla mia professione”
("Un giorno questo dolore ti sarà utile", Adelphi, Milano 2007,
pag. 83, capitolo 7)
Come diceva lo
scrittore Cicerone (106 – 43 a.C.),
“una casa senza libri è come un corpo senz’anima”.
Anche
il filosofo Alain de Botton critica certe maniere di presentarsi degli
psicanalisti, che dovrebbero ripensare i
"dettagli
minimi ma evidentemente fondamentali, come la formulazione del messaggio sulla
segreteria telefonica del terapeuta, il suo modo di vestire e l'arredamento
dello studio. I pazienti devono sopportare una serie di variazioni sul tema,
che vano dagl'incontri casuali con l'animale domestico o i figli del terapeuta,
ai rumori delle tubature, al mobilio raffazzonato" ("Del buon uso della religione. Una guida per
i non credenti", Guanda, Parma 2011, pag. 255)
Ecco
perché è importante scegliere come psicanalista una figura che abbia una buona
cultura umanistica e sia dunque più empatico.
Il grande psichiatra e
psicanalista ungherese di origine ebraica Sándor
Ferenczi (1873 - 1933) criticava proprio questo errore di metodo della mancanza di
empatia, della freddezza e del distacco, ragion per cui si staccò
dall'ortodossia freudiana:
"La situazione
dell'analisi, quella fredda riservatezza, l'ipocrisia professionale e
l'antipatia per il paziente che si nascondono dietro di essa, e che il malato
avverte con tutto sé stesso, non è sostanzialmente diversa dallo stato di cose
che un tempo, ossia nell'infanzia, lo aveva fatto ammalare" ("Confusione delle lingue tra adulti e bambini" apud "Fondamenti di psicanalisi", vol.
III, Guaraldi, Rimini 1974; ediz. originale tedesca 1932)
Secondo lo
psicologo e sociologo ebreo di origine rumena Jacob L. Moreno (1889 - 1974), la creatività è parte integrante della
natura umana: la chiave del benessere personale è vivere un'esistenza
creativa. Poiché l'essere umano è essere sociale che vive in relazione, la
creatività sboccia nelle relazioni. Moreno intuì come la recitazione e l'improvvisazione fossero un mezzo per promuovere
la salute mentale, uno spazio per esplorare le emozioni mediante il giuoco
(cfr. Jeremy Rifkin, "L'età
dell'empatia", Mondadori, Milano 2010, mia edizione del 2013, pagg.
368 - 369).
****
Lo
Spunto/6: altri Film sul tema della Creatività
Il Premio Oscar Julianne Moore nel film "The English teacher" |
“The
English Teacher” è un altro film che propone il tema della creatività e della trasformazione di sé
stessi. Parla di un’insegnante d’inglese del Kentucky, Linda
Sinclair, una single 45enne che svolge con passione il suo lavoro ed è
interpretata dal Premio Oscar Julianne Moore, che s’imbatte, per caso,
in Jason, un suo ex allievo che era uno dei migliori nel fare le composizioni e
che si è appena laureato in drammaturgia alla NYU con un proprio dramma originale
come tesi. La signorina Sinclair trova il giovane infelice e demoralizzato
perché non ottiene il sostegno del padre per il suo sogno di drammaturgo: il
genitore vorrebbe che studiasse per il test d’ammissione alla facoltà di
legge per avere un posto di lavoro sicuro. La donna, che è una gran lettrice,
chiede all’ex studente di poter leggere la sua opera: si commuove e se ne
innamora. Sapendo che l’opera vale e che l’autore non merita di diventare un
artista fallito, la prof gli propone di renderla lo spettacolo di fine anno del
gruppo di teatro del liceo ove insegna con l’ausilio del collega Carl,
teatrante mancato: per farlo deve fargli opera di convincimento (“Non darla
vinta a tuo padre!”).
Il Premio Oscar Jennifer Lawrence con Bradley Cooper nel film "Il lato positivo". |
La propone al preside ed il giovane autore aiuta il cast
a capirla e ad interpretarla nelle prove. E sarà lei, la prof che ha sempre e
solo letto ma mai scritto in vita sua, a diventare creativa scrivendone il
nuovo finale affinché sia approvato dal preside (sicché sarà come se lei e il
suo ex allievo l’avessero scritta a quattro mani)! Anche in questo film
ritornano i seguenti temi:
- La Creatività:
la professoressa non solo per la prima volta scrive qualcosa, il finale dell’opera
(perché il preside non accetta il finale originale), ma, dopo quest’esperienza,
introduce nuovi metodi d’insegnamento per stimolare i suoi ragazzi e ragazze
(proponendo come còmpiti per casa agli allievi di scrivere un finale diverso
alle trame dei Classici letti in classe).
- Il
peccato di Proiezione: quando i genitori proiettano sui figli le loro speranze ed
ambizioni, anziché lasciarli andare per la loro strada e seguire liberamente le
loro aspirazioni, commettono un imperdonabile errore provocando infelicità,
frustrazioni e nevrosi (nel caso del giovane, tale ansia è somatizzata da
un’ulcera di evidente origine nervosa).
- Le nevrosi
del mondo moderno popolato di pantofolai
annoiati e teledipendenti (come rischia di diventare il ragazzo del film
nullafacente dinanzi al pc quando riceve la telefonata della prof con la
proposta che gli cambia la vita) derivano tutte, come ha mostrato nei suoi
studi Otto Rank dalla “sindrome dell'artista fallito” (artiste
manqué).
-
lo Stato di Flusso (Flow) di cui
parla il filosofo ungherese contemporaneo Mihaly Csikszentihalyi: quando
la prof chiede alla studentessa che ha il ruolo da protagonista se non sia
stanca, lei le risponde che le prove sono impegnative ma che ciò le piace.
-
il ruolo dell’educatore che, diceva il professor Pim Fortuyn “sfida l’allievo” ("La società orfana", cit., pag. 147)
proprio come la prof, ed “è padre e madre insieme”: nel caso del giovane, la prof sostituisce il padre che non gli dà
il sostegno morale e pratico del quale ha bisogno per realizzare la sua opera
sulla scena. I giovani hanno bisogno d’insegnanti così, e di simili
incoraggiamenti.
- Un altro
bel film sul tema è "Il lato positivo" (di David O.
Russell, USA 2012), la storia di un bel ragazzo sofferente di disturbo bipolare
(Bradley Cooper) da poco lasciato dalla moglie. La sua vicina di casa (il
Premio Oscar Jennifer Lawrence) gli propone di affiancarla nel preparare un
duetto per una gara di ballo che i due prendono molto sportivamente e che finirà
per diventare una vera e propria "dance
therapy" che cambierà entrambi.
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