di LELE JANDON
La statua in onore di Pim Fortuyn a Rotterdam (Olanda). |
Eroi Olandesi/3 Il Prof di Sociologia che denunziò il multiculturalismo e fu ucciso da un nativo olandese per le sue idee
Pym Fortuyn (1948 - 2002) era un elegante professore
di sociologia dell'Università Erasmus di Rotterdam (città che, dal 2015, sarà a
maggioranza mussulmana, secondo le previsioni demografiche). Era
dichiaratamente gay e cattolico, e nel 1997 scrisse un saggio si scienze
sociali intitolato “Contro
l’islamizzazione della nostra cultura” (edizione italiana a cura
dell’Associazione Culturale “Carlo Cattaneo”, traduzione di Elisabetta
Svaluto Moreolo, Pordenone 2009).
Nel suo libro Fortuyn paventava gli
oggettivi pericoli insiti nel lasciare crescere una sottocultura, quella
islamica tribale, che non vuole imparare l'olandese, far lavorare le donne ed
incita all'odio e al disgusto contro i gay paragonati ai maiali e le donne
olandesi trattate come “troie” (cioé, appunto, le femmine dei maiali: gli
animali più odiati dai mussulmani perché ritenuti impuri). Fortuyn denuncia il negazionismo dell'omosessualità nella cultura islamica:
“La condizione degli omosessuali in molti
Paesi islamici è miserabile. L’omosessualità non esiste (…) Il che non
significa che non esista realmente. Anzi, è molto diffusa, soprattutto fra i
maschi. E’ una forma di sessualità occasionale, legata alla disponibilità assai
limitata di donne. La donna infatti è predestinata al matrimonio, a cui deve
arrivare vergine. I rapporti eterosessuali sono quindi un bene raro e
difficilmente vengono consumati al di fuori del matrimonio, Restano così solo i
rapporti con persone dello stesso sesso. Questo impedisce all’omosessualità di
evolvere in una forma autonoma di sessualità, di amore e di rapporti. Perché
ciò accada è necessario infatti riconoscere che il desiderio e l’affettività
omosessuali sono equivalenti a quelli che entrano in giuoco nei rapporti e
nelle relazioni eterosessuali. Solo così l’omosessualità può diventare a pieno
titolo alternativa all’eterosessualità” (pag.80)
“Dobbiamo spezzare con forza questa
cultura della chiusura e del silenzio. Dobbiamo mettere in discussione la
condizione della donna e degli omosessuali (uomini e donne) all’interno della
cultura islamica in Olanda. Tutti dovranno conoscere la storia
dell’emancipazione delle donne e degli omosessuali in Olanda, sia gli olandesi
autoctoni sia gli olandesi che vivono ancora del tutto o in parte all’interno
della cultura islamica a cui appartengono. Sulla base di questo dibattito
dovremo inoltre fissare i confini di ciò che è assolutamente inaccettabile e di
ciò che invece possiamo tollerare” (pag. 83).
|
come il comunismo”
Con disonestà intellettuale, però, i mass
media hanno operato contro la sua persona una storica campagna di
diffamazione a mezzo stampa, accusandolo di essere “razzista”.
La Pagina Facebook a lui dedicata conta 2414 likes. |
E in Tv va in scena la furia dell’Imam in nome dell’Islam
contro Fortuyn. E lui: “Cari spettatori, visto il Cavallo
di Troia? Noi non odiamo, loro sì”
Il corpo senza vita di Pim Fortuyn, ucciso da un estremista di sinistra in un parcheggio. |
Nel 2002, in un dibattito televisivo
"Fortuyn punzecchiò un imam facendo mostra della sua omosessualità. Alla
fine l'imam esplose apostrofando Fortuyn con insulti antigay. Fortuyn con calma
si girò verso la telecamera e, rivolgendosi direttamente ai telespettatori,
disse loro che questo è il genere di cavallo di Troia dell'intolleranza che gli
olandesi stanno accogliendo nella loro società nel nome del multiculturalismo.
Al quotidiano olandese “Volkskrant” che gli chiedeva se odiasse l'Islam,
rispose facendo un paragone con una minoranza religiosa olandese, i riformati,
fortemente antigay:
“Io non odio l'Islam. La
considero una cultura retrograda. Ho viaggiato molto nel mondo, ed ovunque
comanda l'Islam, è semplicemente terribile. Tutta l'ipocrisia. È un po' come
quei vecchi Protestanti Riformati. I Riformati mentono tutto il tempo. È
perché? Perché hanno norme e valori che sono così elevati che tu non puoi
umanamente sostenerli. Questo puoi vederlo anche nella cultura musulmana. Prendi
per esempio i Paesi Bassi. In quale altro paese un leader eletto di un
movimento importante come il mio può essere apertamente omosessuale? È
meraviglioso che questo sia possibile. È qualche cosa di cui essere fieri. E mi
piace conservare le cose così, grazie molte.”
Scrive Paola Vivarelli in un manuale elementare per ragazzini (“Pensa che ti ripensa. Filosofia per giovani menti”, Piemme): "Il paradosso
della tolleranza è che se affermiamo che si deve essere sempre tolleranti,
dovremmo accettare anche idee e comportamenti inumani. Se diciamo che la
tolleranza non deve avere limiti, arriviamo all’indifferenza. Se dobbiamo
aprirci al dialogo con tutti, dovremmo ascoltare anche chi predica il fanatismo
e soprattutto chi lo mette in pratica. Ma questo non può in nessun modo aiutare
la convivenza. Sino a che punto, dunque, possiamo tollerare opinioni e
comportamenti diversi dai nostri?”
va
in scena la gioia islamica per le Torri Gemelle
Gli unici due libri tradotti in Italia sono stati pubblicati dall'Associazione Culturale "Carlo Cattaneo" di Pordenone. |
Ayaan
Hirsi Ali (ex islamica): tutto vero
E
rende onore a Fortuyn nel suo libro-denuncia
1400.000 voti, è secondo Partito; dopo l'uccisione del Leader
carismatico, è quinto (500.000)
Scrive sempre Hirsi Ali nel suo libro
"Infedele":
“Non ero sorpresa né spaventata dalla
popolarità di Pim Fortuyn. Non pensavo assolutamente fosse razzista. Era un
omosessuale che affermava il suo diritto di essere gay nel proprio Paese”
(pag. 316, capitolo 15: “Minacce”).
“Alcuni ex uomini di sinistra, tra cui Paul Scheffer, Arie van der Zwan e lo stesso Pim Fortuyn, iniziarono a muovere critiche al relativismo morale e culturale dei partiti di sinistra. Paul Cliteur, mio insegnante a Leida” (di scienze politiche, ndr) “lucido razionalista e acuto oratore, molto presto si spinse a criticare l'approccio multiculturale e l'Islam, venendo immediatamente bollato dai media come un conservatore reazionario” (pagg. 316 – 317). “A maggio Fortuyn dichiarò che avrebbe concesso il permesso di soggiorno olandese ai richiedenti che vivevano illegalmente ormai da molto tempo nel Paese. Lo scrissero in prima pagina, e io ne fui felice.” (pag. 317). Quando ad Ayaan Hirsi Ali venne chiesto: “Lei è d'accordo con Pim Fortuyn sul fatto che l'Islam è arretrato?”, lei risponde: “Secondo l'”Arab Human Development Report” dell'ONU, da un'indagine effettuata sulla base di tre fattori – libertà politica, istruzione e condizione femminile- emerge che le parole di Pim Fortuyn non sono un'opinione, ma un dato di fatto” (pagg. 321 – 322).
Quando, nove giorni prima che vincesse le elezioni (in cui avrebbe potuto diventare il primo ministro del mondo gay dichiarato) il 6 maggio 2002, un estremista di sinistra, Volkert van der Graaf, 32 anni, gli sparò in un parcheggio fuori da uno studio Tv, la regina Beatrice stessa ebbe ad esprimere la sua costernazione. E la stampa, anche per difendere sé stessa, lo ha dipinto come un “pazzo isolato”, decontestualizzando così l'omicidio politico dalla violentissima campagna di delegittimazione in cui si dava al docente del nazista e del fascista.
Racconta Hirsi Ali: “Wim Kok decise di
far svolgere ugualmente le elezioni, e il partito di Pim Fortuyn entrò in
parlamento conquistando ventisei seggi” (con 1.614.801 voti, pari al 17% dei
150 dell'assemblea) “mentre i laburisti ne persero moltissimi” (pag. 318). La
LPF divenne anche il secondo partito olandese.
I funerali di Pim Fortuyn. |
Il corpo di Fortuyn è sepolto nella sua amata Italia
Sulla lapide: "Custodiamo la Libertà di Parola"
La tomba di Pim Fortuyn vicino Pordenone. |
Dopo i funerali, con rito cattolico,
avvenuti nel paese natale, il corpo è stato sepolto a Provesano frazione di San
Giorgio della Richinvelda, in provincia di Pordenone, dove aveva una casa. Tale
era infatti la volontà di Fortuyn, espressa quando ancora in vita. Sulla tomba
è inciso il seguente epitaffio: “Loquendi libertatem custodiamus”
("custodiamo la libertà di parola"). Nel cimitero di Westerveld
rimane invece solo una lapide commemorativa. E' stato il primo omicidio
politico dal 1584 (da quando cioé fu assassinato Willem Van Oranje) o, se
vogliamo, dal linciaggio per strada (nel 1672) dei fratelli De Witt, e da
allora (sono passato dieci anni), nonostante abbia rotto il Tabù, il problema
resta immutato in alcune fette di popolazione (come vedremo, gli studenti di
facoltà orientate a sinistra).
La
profezia avverata: il nome più comune è Muhammed
Geert
Wilders porta avanti le Idee di Fortuyn
Bawer:
proibito il pensiero critico sulle altre culture
DIALOGO FALLITO. |
Ha paragonato il
Corano al Mein Kampf di Hitler, e per questo Mohammed Rabae, leader del Consiglio
Nazionale Marocchino, chiede che questo sia considerato reato. La stampa lo
definisce un “moderato”. Il trattamento della stampa di sinistra è di
congiura del silenzio: il “New York Times” non ha recensito né il libro
di Bat Ye' or (“Eurabia”), né il libro di Andrew Boston (“The Legacy of
Jihad”), né il libro di Bruce Bawer (“While Europe Slept”), né il
saggio di Claire Berlinski (“Menace in Europe”), né la trilogia di
Oriana Fallaci, né i due bestseller (proprio sulla classifica del NYT!!)
“America Alone” di Mark Steyn e “The Truth About Muhammed” di
Robert Spencer. Mentre il quotidiano di Nuova York ha recensito un libro, “Murder
in Amsterdam: The Death of Theo Van Gogh and the Limits of Tolerance” del
professore del Bard College Ian Buruma che demolisce le figure dei tre eroi
sopra: Van Gogh, Fortuyn ed Hirsi Ali. Scrive nel suo libro Bruce Bawer (che ha
lavorato proprio al NYT):
"NON VUOI IMPARARE L'OLANDESE? NIENTE AIUTI DI STATO." Così la laburista Jetta Klijnsma. |
Intanto, la politica di asilo è stata riformata in
senso più selettivo: gl’immigrati debbono sostenere un esame di lingua, cultura
e valori olandesi, con un numero illimitato di tentativi ma sborsando 350 euro
per ogni nuova richiesta di sottoporsi al test di cittadinanza. Dall’obbligo di
effettuare il test sono esclusi i cittadini UE, degli USA, di Svizzera e
Canada, Nuova Zelanda e Giappone, e i rifugiati politici e le vittime e
testimoni della tratta delle donne.
Chi non parla olandese ma riceve sussidi dal servizio di Welfare, d’ora innanzi dovrà imparare la lingua se non vorrà vedersi bloccare gli aiuti, ha dichiarato la laburista Jetta Klijnsma, sottosegretario agli Affari Sociali (foto, http://www.dutchnews.nl/news/archives/2014/01/learn_dutch_or_face_welfare_be.php).
Stessa linea è stata adottata dal governo brittanico sotto la premiership del conservatore liberale David Cameron: chi intende ottenere la cittadinanza deve prepararsi per sottoporsi ad un test di cultura generale di quarantacinque minuti rispondendo a domande come "qual è il nome dell'Ammiraglio che morì nella battaglia navale del 1805 e che ha un monumento a Trafalgar Square?". L'obiettivo è ridurre drasticamente a poche migliaia il saldo migratorio ora troppo alto (centinaia di migliaia di persone ogni anno).
****
Chi non parla olandese ma riceve sussidi dal servizio di Welfare, d’ora innanzi dovrà imparare la lingua se non vorrà vedersi bloccare gli aiuti, ha dichiarato la laburista Jetta Klijnsma, sottosegretario agli Affari Sociali (foto, http://www.dutchnews.nl/news/archives/2014/01/learn_dutch_or_face_welfare_be.php).
Stessa linea è stata adottata dal governo brittanico sotto la premiership del conservatore liberale David Cameron: chi intende ottenere la cittadinanza deve prepararsi per sottoporsi ad un test di cultura generale di quarantacinque minuti rispondendo a domande come "qual è il nome dell'Ammiraglio che morì nella battaglia navale del 1805 e che ha un monumento a Trafalgar Square?". L'obiettivo è ridurre drasticamente a poche migliaia il saldo migratorio ora troppo alto (centinaia di migliaia di persone ogni anno).
****
L'elezione (2003) e la cacciata (2006),
la liberale che denunzia gli orrori dell'Islām
Eletta grazie al sistema delle preferenze
individuali,
l'Olanda scopre i femminicidi
d'onore e le infibulazioni
L'evoluzione dall'Islamismo alla nascita come Individuo
IN DIFESA DEI DIRITTI DEI GAY. Il primo intervento politico di Ayaan Hirsi Ali fu un difesa della dignità dei |
La biografia di Ayaan Hirsi Ali (“Infedele”,
Rizzoli, Milano 2007, la mia edizione donde cito i passi è del 2008, il titolo
originale é “Infidel”, 2006), è il racconto secco, senz'aggettivi né
retorica, della vita straordinaria di questa bellissima donna animata da una
sete di verità che si può leggere piacevolmente come un romanzo d'avventura.
Questo libro senza pretese letterarie eppure importante pei suoi contenuti è
non già solo un viaggio (fra la Somalia, la teocrazia dell'Arabia Saudita, la
nostra ex colonia dell'Etiopia, ed il Kenya, il Paese ov'è nato il padre del
Premio Nobel per la Pace Barack Obama) in culture lontane da noi abitanti del
mondo libero, bensì anche un esercizio (non facile) d'immaginazione: esso ci
consente di vedere il mondo attraverso gli occhi di una donna fedele mussulmana
che crede nel principio d'autorità ma allo stesso tempo è animata da un
sincero amore per la verità e la libertà. Il libro ne mostra l'evoluzione sino
alla perdita della fede nel dio islamico e nel suo diventare una donna adulta
autonoma e liberale impegnata in politica che vuole restituire il favore alla
società che le ha dato accoglienza e consentito di essere libera.
Questo faticoso percorso è stato reso possibile grazie alle letture di romanzi (che esprimono quei sentimenti che sono repressi nell’Islam) e all'anelito di diventare “individuo” (parola che riecheggia in vari luoghi del libro). Ayaan non ha mai eccelso come studentessa: ciò che l'ha animata, dunque, è stata la passione per la verità, la sua innata spinta morale che ha sempre intuito che l'etica o è universale o non é. Emerge così il ritratto di una donna coraggiosa, che dice sempre ciò che pensa, e di nobili sentimenti: nonostante tutto ciò che ha subìto, non troverete traccia di rancore, risentimento, odio contro chi le ha fatto del male. Anzi, alla fine del libro lei ringrazia tutti: chi l'ha messa al mondo e l'ha cresciuta, nonostante lei oggi abbia saldi valori liberali opposti a quel mondo. Questa storia vera è la dimostrazione vivente che la virilità è una qualità dello spirito che appartiene anche alle donne: un coraggio virile che Ayaan ha dimostrato in varie occasioni, sia nel mondo islamico sia in Occidente.
Il libro è stato in sèguito impreziosito dalla prefazione del suo amico Christopher Hitchens (1949 - 2011), che già aveva scritto di fondamentalismo (nel bel libro “Dio non è grande”), e che descrive il percorso di Ayaan come un' “autoeducazione” (pag. V) e così riassume in questa triade il fondamentalismo islamico: autocompiacimento, autocommiserazione e odio di sé (pag. II, nel senso di contemptus mundi e odio per l'umanità). E che così conclude: “ricorrendo al principio dell'universalità d'Immanuel Kant”, “potremmo affermare con una buona dose di certezza che il mondo sarebbe migliore se l'éthos di Ayaan fosse quello prevalente” (pag. VIII).
Questo faticoso percorso è stato reso possibile grazie alle letture di romanzi (che esprimono quei sentimenti che sono repressi nell’Islam) e all'anelito di diventare “individuo” (parola che riecheggia in vari luoghi del libro). Ayaan non ha mai eccelso come studentessa: ciò che l'ha animata, dunque, è stata la passione per la verità, la sua innata spinta morale che ha sempre intuito che l'etica o è universale o non é. Emerge così il ritratto di una donna coraggiosa, che dice sempre ciò che pensa, e di nobili sentimenti: nonostante tutto ciò che ha subìto, non troverete traccia di rancore, risentimento, odio contro chi le ha fatto del male. Anzi, alla fine del libro lei ringrazia tutti: chi l'ha messa al mondo e l'ha cresciuta, nonostante lei oggi abbia saldi valori liberali opposti a quel mondo. Questa storia vera è la dimostrazione vivente che la virilità è una qualità dello spirito che appartiene anche alle donne: un coraggio virile che Ayaan ha dimostrato in varie occasioni, sia nel mondo islamico sia in Occidente.
Il libro è stato in sèguito impreziosito dalla prefazione del suo amico Christopher Hitchens (1949 - 2011), che già aveva scritto di fondamentalismo (nel bel libro “Dio non è grande”), e che descrive il percorso di Ayaan come un' “autoeducazione” (pag. V) e così riassume in questa triade il fondamentalismo islamico: autocompiacimento, autocommiserazione e odio di sé (pag. II, nel senso di contemptus mundi e odio per l'umanità). E che così conclude: “ricorrendo al principio dell'universalità d'Immanuel Kant”, “potremmo affermare con una buona dose di certezza che il mondo sarebbe migliore se l'éthos di Ayaan fosse quello prevalente” (pag. VIII).
Il coraggio della madre di Ayaan che divorzia dal primo marito
Ayaan viene da una nobile famiglia somala.
Sua nonna, che “viveva nell'Età del Ferro” (pag. 17), senza scrittura, la
picchiava affinché imparasse per sempre a memoria la genealogia familiare (pag.
11): è la prima cosa che ti chiedono da quelle parti allo scopo di trovare un
antenato comune così da scambiarsi ospitalità (pag. 12).
La nonna le insegna
altresì di cosa avere paura e come sopravvivere in caso di attacco: ad esempio,
“con certi animali è meglio correre a nascondersi: iene, serpenti e alcune
scimmie” (pag. 36), “con altri, salire subito su un albero, perché non possano
seguirvi”, e così via. La madre di Ayaan in un certo senso “fugge” proprio
come avrebbe fatto sua figlia in Olanda: mentre il mondo mutava e andava
scomparendo il nomadismo, lei prende e va in città, ad Aden, e trova lavoro
come donna delle pulizie, scoprendo cose mai viste come la forchetta, la vasca
e la sedia (pag. 19)! Ciò sinché un giorno suo padre (il nonno di Ayaan) arriva
con una proposta di matrimonio: lei, “anche se non le piaceva d'aspetto” (pag.
20), sposò l'uomo, un commerciante al quale si riteneva superiore, che la portò
in Kuwait.
“Quando però suo padre, ormai vecchio, morì, mia madre fece un gesto sorprendente: disse al marito che voleva il divorzio. Naturalmente, stando alla legge islamica, la sua richiesta era immotivata. L'unica ragione per pretendere il divorzio sarebbe stata che il marito fosse impotente, o che la lasciasse nell'indigenza più completa. Tutti i membri del suo clan in Kuwait la ingiuriarono. Suo marito era ricco e, nonostante potesse permettersi varie mogli, tornava a casa da lei tutte le sere. Divorziando, sarebbe diventata merce di seconda mano” (pag. 21) e non più vergine né “baarri” (buona moglie, cioé “bestia da soma ben addestrata”, pag. 21).
Il marito acconsente e il giudice le concede altri sette anni per crescere il figlio da sola; a dieci, sarebbe andato a vivere col padre. La nonna di Ayaan le rimprovererà questa decisione per il resto dei suoi giorni (pag. 22). Decide di andare con la madre a vivere nella capitale del nuovo stato liberato, Mogadiscio, dalla sorellastra Khardija Artan che le tiene il figlio mentre la manda a seguire i corsi di alfabetizzazione tenuti dal giovane Hirsi Magan (figlio di un guerriero leggendario), già allievo ed amico di Osman che “aveva inventato una grafia per trascrivere, per la prima volta, i suoni della lingua somala”, ed appena tornato dagli studi di antropologia alla Columbia di New York “per insegnare a leggere e scrivere alla gente comune” (pag. 24). La mamma di Ayaan diviene l'allieva prediletta e lo sposa nel 1966, benché avesse già una moglie, rimasta a Nuova York (pag. 26).
Quando, Siad Barre, ex vicecomandante dell'esercito somalo che -dopo aver fatto uccidere il presidente- abbracciò il marxismo ed instaurò uno “stato di polizia” (pag. 31) sul modello sovietico, con “grandi quantità di denaro furono investite negli armamenti anziché nello sviluppo” (pag. 28) ed un'”economia fittizia”, senza carne, uova, verdure, olive né burro (pag. 31) aveva incarcerato suo padre, la madre di Ayaan si ritrova da sola a crescere i figli.
TRENTASETTEMILA VOTI.
|
“Quando però suo padre, ormai vecchio, morì, mia madre fece un gesto sorprendente: disse al marito che voleva il divorzio. Naturalmente, stando alla legge islamica, la sua richiesta era immotivata. L'unica ragione per pretendere il divorzio sarebbe stata che il marito fosse impotente, o che la lasciasse nell'indigenza più completa. Tutti i membri del suo clan in Kuwait la ingiuriarono. Suo marito era ricco e, nonostante potesse permettersi varie mogli, tornava a casa da lei tutte le sere. Divorziando, sarebbe diventata merce di seconda mano” (pag. 21) e non più vergine né “baarri” (buona moglie, cioé “bestia da soma ben addestrata”, pag. 21).
Il marito acconsente e il giudice le concede altri sette anni per crescere il figlio da sola; a dieci, sarebbe andato a vivere col padre. La nonna di Ayaan le rimprovererà questa decisione per il resto dei suoi giorni (pag. 22). Decide di andare con la madre a vivere nella capitale del nuovo stato liberato, Mogadiscio, dalla sorellastra Khardija Artan che le tiene il figlio mentre la manda a seguire i corsi di alfabetizzazione tenuti dal giovane Hirsi Magan (figlio di un guerriero leggendario), già allievo ed amico di Osman che “aveva inventato una grafia per trascrivere, per la prima volta, i suoni della lingua somala”, ed appena tornato dagli studi di antropologia alla Columbia di New York “per insegnare a leggere e scrivere alla gente comune” (pag. 24). La mamma di Ayaan diviene l'allieva prediletta e lo sposa nel 1966, benché avesse già una moglie, rimasta a Nuova York (pag. 26).
Quando, Siad Barre, ex vicecomandante dell'esercito somalo che -dopo aver fatto uccidere il presidente- abbracciò il marxismo ed instaurò uno “stato di polizia” (pag. 31) sul modello sovietico, con “grandi quantità di denaro furono investite negli armamenti anziché nello sviluppo” (pag. 28) ed un'”economia fittizia”, senza carne, uova, verdure, olive né burro (pag. 31) aveva incarcerato suo padre, la madre di Ayaan si ritrova da sola a crescere i figli.
Il taglio della vagina (in nome dell'Islam, sul tavolo della cucina)
perché le donne non cerchino piacere
“In Somalia, come in molti altri Paesi
dell'Africa e del Medio Oriente, le bambine sono rese “pure” asportando una
parte dei loro organi genitali” (pag. 41 – 42): è l’infibulazione.
IL FASCINOSO PROFESSORE che ha CONQUISTATO il
CUORE di AYAAN.
Una bella immagine di
Nial Fergusson, professore americano di storia.
|
Ecco la descrizione di questa pratica
barbara (“precedente all'Islam” ma “sempre giustificata in nome dell'Islam”)
che si fa intorno ai cinque anni (pag. 42):
“Dopo che clitoride e piccole labbra sono stati
completamente asportati, raschiati via o, in casi più compassionevoli,
semplicemente tagliati o incisi, gli organi genitali vengono ricuciti in modo
che una spessa fascia di tessuto formi una cintura di castità, costituita dalla
carne cicatrizzata. Viene lasciata una piccola apertura, opportunamente
posizionata, per la fuoriuscita di un sottile flusso di urina. Solo con grande
forza e sofferenza si potrà in sèguito allargarla, lacerando il tessuto
cicatriziale e permettendo così di avere rapporti sessuali.”
In questo modo, i mariti, ossessionati
dalla fedeltà, potranno fare sonni tranquilli: le mogli non cercheranno il
piacere sessuale perché così il sesso è diventato un dolore; non più un
diritto, ma un dovere unilaterale verso il marito-padrone. Un brutto
giorno, la nonna mette la piccola Ayaan di sei anni, sul tavolo della cucina, e
le pratica la mutilazione genitale con le forbici: “Un dolore lancinante,
indescrivibile, e urlai in modo quasi sovraumano” (pag. 43). Le ragazze
somale si vantano "che i loro organi genitali erano stati richiusi quanto
più possibile (...) Spettegolando di un'altra ragazza" una sua amica
disse: "Se passi davanti alla porta del bagno quando c'è lei, lo senti che
non è vergine. Non sgocciola. Piscia forte, come un uomo." (pag.
129). Quando un'amica (infibulata) le racconta cosa si prova al primo
rapporto completo con un uomo, Ayaan dichiara che non si sarebbe mai sposata
per evitare quel dolore (pag. 131).
Poi, il padre di Ayaan fugge di prigione
ed è esule ad Addis Abeba, capitale della vicina Etiopia, contro cui scoppiò la
guerra: mussulmani contro cristiani, nomadi contro montanari. Anche l'ex
colonia italiana era sotto il regime di un dittatore che però era “felice di
finanziare i nemici del despota somalo” (pag. 46).
Islamici che odiano islamici: i rapporti fra
sauditi vs somali
La famiglia rimasta senza padre si
trasferisce alla Mecca, la capitale anche religiosa dell'Arabia Saudita, e
scopre così un Islam draconiano. Ayaan deve imparare l'arabo (stavolta da sola,
senza il fratello perché le scuole sono rigidamente separate maschi/femmine) ed
imparare a memoria tutto il Corano: “Il significato degli hadith, lezioni sulle
sirat, le biografie tradizionali del Profeta Maometto, le lezioni sul fiqh, la
legge islamica” e persino “in che posizioni muoversi durante il sonno” (sic,
pag. 61).
Il padre di Ayaan disapprovava le norme
saudite, come il dover viaggiare separati persino negli autobus (“Questo non ha
niente di musulmano”! I sauditi sono stupidi come bovini!”) e, a differenza dei
Sauditi, non picchiava mai i figli né la moglie.
Un'immagine dello storico Niall Ferguson, i cui libri sono pubblicati anche in Italia. |
Invece, l'anaffettiva madre di Ayaan,
indurita dalla vita e sempre più rancorosa contro il troppo assente marito,
spesso si sfoga proprio contro i figli e li batte. In quel Paese la vita per
una donna non accompagnata dal marito è dura: quando va a fare spese i
negozianti non la servivano, e il vicinato la compatisce per le umiliazioni che
era costretta a subire (pag. 60). Sinché “un giorno del 1979”, racconta Ayaan “mio
padre rincasò presto e disse che eravamo stati espulsi” e così la famiglia deve
lasciare il Paese (i lavori del padre resteranno sempre un mistero anche per la
stessa Ayaan): respinti dal Sudan, vanno in Etiopia, in una villa nel cuore
della capitale (pag. 67). Quando Ayaan impara la lingua del luogo,
l'amarico, fece “una strabiliante scoperta”: le compagne di scuola non erano
mussulmane, erano cristiane. Le donne portavano le gonne e “guardavano gli
uomini in faccia” (pag. 68).
La madre odia l'Etiopia, terra
d'infedeli, Ayaan la adora. E fu così che “a dieci anni, avevo già
avuto modo di sperimentare tre diversi sistemi politici, tutti fallimentari”
(pag. 72). Mentre in Somalia “tutti i clan parlavano la stessa lingua e
credevano nello stesso dio” (pag. 80), l'Etiopia ospitava anche questi strani credenti
chiamati cristiani. La madre insiste che i figli continuino a parlare in
casa “un somalo perfetto” (pag. 82). Nel 1980 la famiglia si trasferisce
a Nairobi, capitale del Kenya, in terra di miscredenti, come gli etiopi: la
madre e la nonna “nei dieci anni in cui vissero in Kenya, trattarono i kenioti
quasi esattamente come i sauditi avevano trattato noi” (pag. 73).
Qui Ayaan studia in una scuola elementare di stampo britannico, e “se non capivamo ci facevano inginocchiare fuori dall'aula sotto il sole. L'idea di prendere da parte un ragazzino e spiegargli nuovamente il concetto non era nemmeno presa in considerazione” (pag. 75). Il fratello riesce ad entrare con una borsa di studio in una delle migliori scuole secondarie del Kenya, mentre quando Ayaan compie quattordici anni va alla scuola media islamica.
Qui Ayaan studia in una scuola elementare di stampo britannico, e “se non capivamo ci facevano inginocchiare fuori dall'aula sotto il sole. L'idea di prendere da parte un ragazzino e spiegargli nuovamente il concetto non era nemmeno presa in considerazione” (pag. 75). Il fratello riesce ad entrare con una borsa di studio in una delle migliori scuole secondarie del Kenya, mentre quando Ayaan compie quattordici anni va alla scuola media islamica.
Non stanno male, eppure la nonna non fa altro che rinfacciare alla figlia che la causa
della loro povertà è la maledizione ricevuta dal padre per il divorzio dal
primo marito, cosa che “non faceva che esasperare gli sbalzi d'umore di mia
madre” la quale “sfasciava mobili e piatti”, “era dispotica e irragionevole, ci
urlava in faccia una vita di frustrazione”. Eppure, la buona Ayaan non la odia:
“sapevo che non lo faceva per odio nei nostri confronti, ma a causa della sua
profonda infelicità, e la compativo. Nostra madre era stata abbandonata in un
Paese straniero che disprezzava, con tre figli da crescere e senza il sostegno
di un uomo” e “si considerava una
vittima” (pag. 80).
Ayaan incomincia, grazie al fratello, a leggere i primi libri che parlano di libertà anche erotica e sentimentale, anche coi romanzetti di Danielle Steele (pag. 82), e quando a quattordici anni ha le prime mestruazioni (pag. 84), è (stranamente) il fratello a spiegarle la cosa. “Pensai di avere un taglio dentro la pancia, ma non lo dissi a mia madre. Sentivo che era una cosa di cui vergognarsi, anche se non sapevo perché”. Poi la sorellina dispettosa e sciocchina trova il nascondiglio della biancheria macchiata e la mostra alla madre che grida: “Prostituta schifosa! Che tu possa diventare sterile! Che ti venga un cancro!” e la picchia. Ma “poi entrò Mahad”, il fratello.
“Gli sarò sempre grata per questo. Mi disse: “Senti, Ayaan, è una
cosa normale. Ti succederà tutti i mesi. E' perché sei donna e puoi restare
incinta. Mi diede dieci scellini e disse: “Questo è tutto il denaro che ho, ma
se vai dal droghiere, ti basterà per tre pacchi di Stayfree” cioé gli
assorbenti (pag. 85).
Ayaan incomincia, grazie al fratello, a leggere i primi libri che parlano di libertà anche erotica e sentimentale, anche coi romanzetti di Danielle Steele (pag. 82), e quando a quattordici anni ha le prime mestruazioni (pag. 84), è (stranamente) il fratello a spiegarle la cosa. “Pensai di avere un taglio dentro la pancia, ma non lo dissi a mia madre. Sentivo che era una cosa di cui vergognarsi, anche se non sapevo perché”. Poi la sorellina dispettosa e sciocchina trova il nascondiglio della biancheria macchiata e la mostra alla madre che grida: “Prostituta schifosa! Che tu possa diventare sterile! Che ti venga un cancro!” e la picchia. Ma “poi entrò Mahad”, il fratello.
Nial Ferguson con Dambisa Moyo, autrice de "La carità che uccide" |
Le lezioni di Islam, solo nozioni a memoria e
zero spirito critico
La madre paga un predicatore ambulante a
domicilio per l'insegnamento del Corano alle due figlie, “un giovane cencioso
che arrivava dalle profondità rurali della Somalia” che fa loro trascrivere su
tavolette i versetti: “non ci soffermavamo sul significato di quello che
declamavamo” (pag. 87).
LIBERALE. Paul Scheffer, sociologo olandese. |
Un giorno Ayaan ha il primo gesto di
ribellione: quando arriva l'ora della “lezione” di Corano, si chiude in bagno
con la sorella. “La
gente ha smesso di scrivere su tavolette di legno cinquecento anni fa. Sei
primitivo. Non sei nostro parente e quindi, come dice il Corano, non dovresti
stare in casa nostra senza l'autorizzazione di nostro padre” (pag. 88). La
madre paga comunque l'insegnante e gli dice di non tornare, ma quando Ayaan
esce a chiudere il cancello, ecco che una mano le afferra il polso: era lui che
la benda e la bastona per darle una “lezione” (pag. 89), lei si strappa di
dosso la benda per guardare in faccia l'assalitore che le sbatte la testa
contro il muro e se ne va. Il giorno seguente, poiché non ha voglia di fare le
pulizie di casa, la picchia pure la madre che usa un suo metodo: l'afferra, le
ordina di sdraiarsi a pancia in giù in modo da poterla legare e picchiarla su
gambe e braccia Stavolta Ayaan le dice, “piena d'odio: “Non accetterò più
tutto questo” (pag. 89).
“Falla finita: uccidimi. E se non lo fai tu ora, lo
farò io quando mi lasci andare.” La madre la picchia e la fa dormire legata sul
pavimento (pag. 90). Il giorno dopo, Ayaan tenta, a modo suo, il
suicidio: ingurgita quelli che crede essere medicinali (in realtà sono
vitamine). Le scoppia un capillare dell'occhio, a causa delle troppe botte
ricevute dall'insegnante, e così, quando la zia le scopre il bernoccolo in testa,
la portano in ospedale dove un medico italiano le scopre con una radiografia
una frattura del cranio e molto sangue raggrumato fra la cute e l'osso. La
rasano a zero e la operano.
“Pagò il clan. In ospedale capii per la
prima volta che mia madre mi amava, e che tutti gli abusi non erano realmente
diretti contro di me, ma contro il mondo, che l'aveva privata della vita cui
sentiva di avere diritto.” (pag. 91). "Le lezioni di educazione
islamica (...)" tenute da sorella Aziza "erano aride e noiose, le meno
spirituali che potessi immaginare. Non c'era alcuna analisi, alcuna discussione
etica, solo dati e nozioni storiche. Imparavamo elenchi di battaglie e
rivelazioni del Profeta" (pag. 94).
A proposito del metodo di studio islamico, conferma (in un suo articolo sul "Corriere della Sera") l’italiano Marco Ventura, che ha tenuto delle lezioni al corso di formazione in religious studies per imam istituito quattr’anni fa all’Università Al Akhawayn di Ifrane (fondata nel ’93 dal re del Marocco Mohammed VI): "La malattia del multiculturalismo" è il titolo del saggio dello scrittore ebreo olandese Wim van Rooy. |
Souad Sbai è presidente delle donne marocchine d'Italia. |
"Dopo lunghi anni di scuola religiosa, gl’imam che arrivano a Ifrane sono supini sull’autorità del testo e dell’insegnante e hanno una testa divisa in due: esiste il sì e il no, il vero e il falso. L’islam è verità, il resto è ignoranza”.
Alla scuola coranica "non si
parlava d'altro" che "dell'Inferno": "il Corano descrive i
tormenti infernali con dovizia di particolari" (pag.
95). "Sorella Aziza ci introdusse al concetto della lotta interiore. Il jihad
doveva avere luogo dentro di noi: era la sottomissione della nostra volontà."
(pag. 99). Ma "il jihad violento è
una costante storica nell'Islam." (pag. 126). Le viene anche
inculcato l'antisemitismo (pag. 100). Ayaan incomincia a portare il
foulard e si fa confezionare "un'enorme cappa nera": "ero unica:
pochissime donne giravano così per Nairobi all'epoca. Stranamente, mi faceva
sentire un individuo. Inviava un messaggio di superiorità: ero l'unica vera
musulmana." (pag. 101). "Sorella Aziza ci disse che era nostro
dovere convertire le compagne cristiane. Disse che era il solo modo di
risparmiare alle nostre amiche le pene dell'Inferno." (pag. 101). Ma
quando le compagnucce le rispondono che erano già salve, lei va dall'insegnante
e le dice: "non è colpa loro e non credo sia giusto che brucino
all'Inferno." Ma "lei mi spiegò che sbagliavo. Se quelle ragazze rifiutavano
la vera fede, allora era giusto che bruciassero. Arrivai quindi alla
conclusione che tentando di convertirle e ottenendo il loro rifiuto, forse le
stavo inevitabilmente condannando. Smisi di farlo. E tuttavia ero confusa.
Eravamo tutti creati da Allah e prima della nostra nascita Lui aveva già
stabilito se saremmo andati in Paradiso o all'Inferno. Perché, allora,
prendersi il disturbo di cercare di convertire quelle ragazze, anche loro
create così com'erano da Dio?" (pag. 102). "Persino da piccola, non
riuscivo mai a capire come un Dio giusto potesse desiderare che le donne
venissero trattate così."
Continua Ayaan: "Le donne non acquisiscono mai una
chiara volontà individuale. Si piegano. Questo è il significato letterale della
parola "Islam": sottomissione" (pag. 110). Ma Ayaan è diversa da tutte
le altre: "tutte le altre ragazze si accontentavano di seguire alla
lettera le regole della nostra religione, ma io mi sentivo spinta a cercare di
comprenderle. Volevo che il mio sistema
di convinzioni fosse logico e coerente." (pag. 119). Sicché "comprai
l'edizione inglese del Corano, volevo capire meglio. Quello che scoprii fu
agghiacciante. Boqol Sawm aveva detto il vero: le donne dovevano obbedire ai
mariti, le donne valevano la metà di un uomo, gl'infedeli dovevano essere
uccisi." L'insegnante glielo
conferma: "le donne sono emotivamente più forti degli uomini, disse. Sono
in grado di sopportare di più, quindi sono messe maggiormente alla prova."
(pag. 121). Un giorno Ayaan scopre di avere una sorella: il padre, all'estero,
s’era ammogliato di nuovo. Un'altra umiliazione, per sua madre: "aveva
così poco controllo sulla propria vita da non essere nemmeno stata informata
del nuovo matrimonio di suo marito. (...) Ancora non lo sapevo, ma forse fu
quello il momento in cui dentro di me si mosse il primo sentimento di
ribellione alla sottomissione delle donne," (pag. 109): "dissi a me stessa che nella mia vita
da adulta non sarei mai dipesa da qualcuno in quel modo."
Quando
conosce il primo ragazzo "carino e gentile" con lei, Yusuf (detto
Kennedy), pronto ad aspettare di averla sposata per avere il primo rapporto con
lei, Ayaan si sente in colpa per le sensazioni che prova, anche per il primo
bacio: "era come se nel mio cervello ci fossero tanti livelli separati.
C'era baciare Kennedy, c'era l'onore del clan e c'erano sorella Aziza e
Dio" (pag. 98). Kennedy "era ateo. Ero sconvolta. Non potevo credere
che una cosa tanto empia potesse provenire da una persona così bella e
gentile." (pag. 113). Ben presto (troppo presto, come nella tradizione
islamica) le incominciano ad arrivare le
proposte di matrimonio: "denaro e sicurezza: tutto si riduceva sempre a
questo. Non c'era nemmeno l'idea dell'amore come era descritto nei romanzi che
avevo letto." (pag. 133).
Col sostegno della madre, Ayaan rifiuta ogni volta. Le donne somale, ci spiega bene Ayaan, devono sì essere perfette nel servire l'uomo, ma "tradizionalmente, lavorano, e questo le rende più libere" (pag. 134). Questa è stata anche la fortuna di Ayaan, che s'iscrive ad un istituto per segretarie. Anche Ayaan si lascia sedurre dalle idee dei Fratelli Mussulmani (società fondata in Egitto negli Anni Venti) che avevano il merito quantomeno di salvare i ragazzi dalla droga. Ma al contempo si diletta a vivere "in un mondo diverso e immaginario", quello dei romanzi inglesi, i cui "dilemmi morali erano così interessanti che mi tenevano sveglia la notte". In Ayaan sta sbocciando lo spirito critico.
La storica ebrea Bat Yeor da anni ammonisce contro i rischi di islamizzazione del nostro continente. |
Col sostegno della madre, Ayaan rifiuta ogni volta. Le donne somale, ci spiega bene Ayaan, devono sì essere perfette nel servire l'uomo, ma "tradizionalmente, lavorano, e questo le rende più libere" (pag. 134). Questa è stata anche la fortuna di Ayaan, che s'iscrive ad un istituto per segretarie. Anche Ayaan si lascia sedurre dalle idee dei Fratelli Mussulmani (società fondata in Egitto negli Anni Venti) che avevano il merito quantomeno di salvare i ragazzi dalla droga. Ma al contempo si diletta a vivere "in un mondo diverso e immaginario", quello dei romanzi inglesi, i cui "dilemmi morali erano così interessanti che mi tenevano sveglia la notte". In Ayaan sta sbocciando lo spirito critico.
A vent'anni, nel 1990, Ayaan torna in
Somalia, in una caotica Mogadiscio dove stupri, omicidi e borseggi per strada
sono all'ordine del giorno, ospite con la famiglia a casa della prima moglie di
suo padre. Qui conosce un ragazzo, Abshir, col quale si scambia dei baci. Lo
dice alle sorelle. "Molti ragazzi avevano delle relazioni - si
baciavano e si toccavano- ma non era concepibile che lo ammettessero
apertamente. Innamorarsi era una cosa scandalosa, anti-islamica e anti-somala,
e doveva essere nascosta." (pag. 148). Presto decide di lasciarlo:
"se fossi rimasta in Somalia e avessi sposato Abshir, sarei diventata una
pedina senza volto", e invece, dice Ayaan, "volevo essere un
individuo" (pag. 153, cfr. pag. 214).
Ayaan intuisce che la libertà può
trovarla nel lavoro, e trova un impiego come interprete per l'ONU.
A casa di una zia intrigante, conosce un
cugino materno col quale c'è una forte attrazione erotica, Mahmud, ma
"tutto si riduceva a questo: una tempesta ormonale". La parente
vorrebbe combinare un matrimonio, ignorando le anomalie genetiche: "in
Somalia, come in larga parte di Africa e Medio Oriente, i matrimoni fra cugini
sono spesso considerati i migliori" (pag. 163). Poiché Mahmud dovrà
partire per un lungo periodo in Russia, e i due sono ansiosi di fare l'amore,
dunque si recano in segreto in un albergaccio dopo essersi sposati in segreto,
ma la sua prima volta non è come quella che aveva letto nei romanzi, bensì
proprio come gliel'aveva descritta l'amica infibulata come lei: "fu
orribilmente doloroso e ci volle un tempo infinito. Strinsi i denti, sopportai
il dolore. Mi costrinsi a non piangere, finché rimasi inebetita” (pag. 165).
A fine anno, allo scoppio della guerra,
lasciano Mogadiscio attraverso il deserto e raggiungono un campo profughi a
Mandera, in Kenya, assieme ad un immane esodo di somali in fuga, con gente con
pidocchi e scabbia e diarrea e pieno di scorpioni e serpenti.
"I soldati kenioti venivano di notte a violentare le somale che non avevano protettori" (perché rimaste senza parenti) "e poi quelle donne venivano isolate dagli altri somali e lasciate morire": "tutti i presenti in quel campo si definivano musulmani, eppure nessuno aiutava quelle infelici in nome di Allah" (pag. 182). Insomma, tutto il contrario dei valori evangelici. Una notte, una donna viene stuprata, e in quanto tale isolata: emarginata. "Non farti vedere con quella donna" dicono ad Ayaan "E' impura. Diranno che lo sei anche tu. Io vedevo solo un essere umano che aveva subìto un abuso e stava per morire, ma per loro quella donna era una reietta." (pag. 181).
Quelle donne emarginate
dalle donne perché "impure" (stuprate o ragazze madri)
Da baby fondamentalista Ayaan diviene donna adulta empatica
col suo prossimo
Il libro recensito in questo articolo. |
"I soldati kenioti venivano di notte a violentare le somale che non avevano protettori" (perché rimaste senza parenti) "e poi quelle donne venivano isolate dagli altri somali e lasciate morire": "tutti i presenti in quel campo si definivano musulmani, eppure nessuno aiutava quelle infelici in nome di Allah" (pag. 182). Insomma, tutto il contrario dei valori evangelici. Una notte, una donna viene stuprata, e in quanto tale isolata: emarginata. "Non farti vedere con quella donna" dicono ad Ayaan "E' impura. Diranno che lo sei anche tu. Io vedevo solo un essere umano che aveva subìto un abuso e stava per morire, ma per loro quella donna era una reietta." (pag. 181).
Un secondo episodio di emarginazione di
una donna in quanto "impura" è raccontato poco dopo: alla porta
della casa di Ayaan bussa una ragazza-madre, Fawzia, con in braccio un
figlioletto di tre anni, nato fuori dal matrimonio, senza casa. La madre di
Ayaan "assunse un'espressione schifata, come se qualcosa mandasse un
cattivo odore. Non poteva tenere una prostituta in casa, disse. M'indignai,
poiché nulla lasciava intendere che Fawzia fosse una prostituta. Rividi
davanti agli occhi l'immagine della donna nella capanna di stracci, al campo
profughi: "Se non la lasci restare, io me ne vado", dissi seria.
Fu una lunga battaglia", ma le sorella la appoggiano. "Ma' infine
dichiarò: "Può restare, ma non voglio vederla." Questa donna viene
isolata, evitata, molestata per strada, perché per la sua condizione "era
una preda": "Fawzia mi disse che viveva per una cosa sola: suo figlio. Era una preda anche lui e
sarebbe stato bollato a vita. Gli altri bambini, più grandi, lo emarginavano. (...)
La maggior parte delle ragazze somale che restavano incinta prima del
matrimonio si suicidavano" (pag. 193). Nel frattempo, la sorella era
diventata una fanatica e una volta che stava condannando la ragazza madre, Ayaan
le dice: "Allah non ci mette alla prova sul condannare una donna rimasta
incinta al di fuori del matrimonio, ci mette alla prova sulla nostra ospitalità
e carità." (pag. 192)
Ma, vi chiederete, com'é andata a finire
la faccenda del matrimonio segreto con Mahmud? Ayaan non aveva promesso a sé
stessa che non si sarebbe mai sposata? Un bel giorno Ayaan riceve una lettera
da una donna dalla Finlandia che accludeva una foto con lui: le scrive che
Mahmud era il suo ragazzo e che lui aveva una foto con Ayaan e le aveva detto
che era sua cugina. Quindi, voleva sapere se era la verità, perché intendeva
maritarsi con lui. Ecco il divertente esito della vicenda: "questa donna
mi proponeva di liberarmi di lui. Scrissi una risposta educata. Naturalmente
ero la cugina di Mahmud e naturalmente non potevo essere sua moglie,
perché sarebbe stato un incesto." (pag. 186). Fine della storia! Ayaan è
di nuovo single.
Il matrimonio combinato
e la fuga ad Amsterdam
Sorpresa: la madre la
perdona, il padre la maledice
“Le sorti dello Stato di diritto dipendono
dall’applicazione del principio della parità di trattamento. Ma crederò alla
sua applicazione solo quando vedrò la magistratura indagare anche sulla
discriminazione in certi ambienti islamici”
PIM FORTUYN, “La società orfana”, pag. 213
Nel 1991, il padre di Ayaan, con grande
gioia della figlia, arriva a Nairobi: "aveva abbandonato l'idea di una
democrazia di stampo americano e si era convinto che solo l'Islam avrebbe
potuto riunire i clan in guerra tra loro." (pag. 189). Un islamico
"moderato", direbbe oggi affrettatamente la stampa; in realtà, se
approfondiamo le sue idee scopriamo essere xenofobo: "E' sconsigliato, ma non è proibito instaurare un legame di amicizia
buono e onesto con degl’infedeli, purché non si assumano le loro
abitudini" (pag. 204). "Nessun essere umano ha il diritto di
punirne un altro perché non osserva i suoi doveri religiosi. Solo Allah può
farlo". "Questo era l'Islam di mio padre: una religione non violenta.
(...) L'Islam di mio padre era anche, chiaramente, un'interpretazione di ciò
che il Profeta aveva detto. (...) Un
fondamentalista avrebbe obiettato a mio padre: "La frase "Solo il
Profeta può invocare una Guerra Santa" non c'è nel Corano. Sei tu che
ce la metti. E' blasfemia." (pag. 205).
Quando il padre di Ayaan decide di
risposare la prima moglie e trasferirsi da lei, visto che la madre di Ayaan non
gli rivolgeva la paura pel rancore, Ayaan viene di nuovo picchiata regolarmente
da sua madre. Un giorno suo padre le
propone di sposare un giovane che piace a lui: il tipico Fratello mussulmano
che non legge mai un libro al di fuori del Corano. Cresciuto in Nord America,
"non la finiva di ripetere che le ragazze somale cresciute in Canada, come
lui, erano tutte praticamente delle prostitute" (pag. 197:
dimostrazione del fallimento delle politiche d’immigrazione). Ayaan viene
costretta a sposarlo: si trasferirà da lui in Canada, passando per Francoforte,
da sola. E' la sua occasione di fuga: così, anziché ripartire per il Canada,
decide di restare lì. Leggerete le impressioni di Ayaan per la prima volta
in Europa, con le torri "come
minareti" e le donne che "sembravano nude", e la sorpresa quando
si leva il cappotto e "non c'erano occhi che mi accusavano silenziosamente
e uomini che mi invitavano a letto con loro" (pag. 211). "Volevo
diventare una persona, un individuo", ripete Ayaan (pag. 214, cfr.
pag. 153). In Olanda la ragazza aveva un contatto: Mudoh, una donna che lei
aveva aiutato a salvarsi da un campo profughi, e che la invita a casa sua come
ospite ad Amsterdam. "Era venerdì 24 luglio 1992, il giorno che salii
sul treno. Lo considero il mio vero compleanno: la mia nascita come persona,
libera di decidere per sé stessa. Non stavo fuggendo dall'Islam o verso la
democrazia. Non erano grandi ideali quelli che mi muovevano allora. Ero solo
una ragazza che voleva trovare la strada per essere un individuo a pieno titolo
e, per questo, feci un salto nel buio." (pag. 215). Questa sua amica
si era maritata con un tedesco: "ciò significava che si era sposata non
solo al di fuori del clan, ma al di fuori della nazione, e dell'Islam. (...)
Non avevo mai incontrato una donna somala che avesse fatto una scelta simile.
Chiesi a Mudoh quale fosse stata la reazione dei suoi. Dapprima l'avevano
insultata e poi del tutto emarginata. Ma dopo il crollo di Mogadiscio, erano
diventati molto più comprensivi e accomodanti. Le chiedevano costantemente
aiuto, e denaro" (pag. 216). Ayaan le svela i suoi progetti di fuga
in Inghilterra, e l'amica le suggerisce di restare in Olanda chiedendo asilo
politico, dicendo di essere fuggita dalla guerra civile. Ayaan si reca quindi
al centro di accoglienza, dove trovò molti africani, curdi, iracheni ed
iraniani e bosniaci. "Non avevo mai sentito parlare di welfare state.
Non avevo idea del perché dei totali estranei fossero così generosi con me. Mi
domandavo da dove prendessero quel denaro e come potesse non esaurirsi"
(pag. 219). Poiché essere vittima di nozze combinate non è motivo
sufficiente per chiedere asilo (dal momento che ce ne sono tantissime, di
vicende così), Ayaan inventa una storia, e non dichiara il proprio vero nome (Ayaan
Hirsi Magan) per non essere rintracciata dai familiari: si dichiara "Ayaan
Hirsi Ali". In attesa di risposta, decide di compiere un esperimento: esce
senza foulard: nessun uomo si distrae dal lavoro, e fu così che Ayaan
capisce che non c'era nessun pericolo ed abbandona definitivamente il velo. Le
ragazze etiopi del suo campo profughi le insegnano ad andare in bicicletta e le
fan comprare il suo primo paio di jeans,
e le fan fare la sua prima nuotata. Anche in piscina, nota con grande stupore
che nessun uomo perde la testa nel vedere una donna in costume! Ayaan si gode
così i primi momenti di libertà (pag. 224) sinché arriva la lieta notizia: "Può restare in Olanda per il resto
della sua vita. Lei è ufficialmente una rifugiata politica, e ora le leggerò i
suoi diritti" (pag. 225). "Potevo lavorare o fare domanda per il
sussidio di disoccupazione, potevo acquistare o affittare proprietà, potevo
frequentare l'università, ricevere assistenza sanitaria gratuita e, dopo cinque
anni nel Paese, chiedere la naturalizzazione e votare. Io non sapevo nemmeno
che in Olanda ci fossero le elezioni. Perché votano? pensai, tutto funziona già
in maniera così perfetta. (...) Potevo rimanere nel Paese, con tutte quelle
persone gentili. Era come un sogno." (pag. 226). Grazie ad un'amica
volontaria che le fa un prestito, Ayaan può frequentare i corsi di lingua per i
rifugiati, e, grata al Paese ospitante,
fa del volontariato. Ayaan ormai è adulta e risponde a testa alta ai
somali che la riconoscono come connazionale e le intimano d'indossare il
foulard anche se non la conoscono: ora è protetta dalla legge. Un giorno le
arriva proprio al campo una lettera di suo padre, che nel frattempo l'ha
rintracciata. Ha bisogno di denaro per un'operazione agli occhi, e invita la
figlia a ritornare dal marito benestante. Marito che ben presto si presenta da
lei con altri tre somali. Ayaan non si scompone e gli risponde che non intende
andare via con lui. Il padre di Ayaan convoca un consiglio di anziani parenti
stretti. Ayaan accetta di ascoltare i loro discorsi che tentano di
persuaderla a ritornare nella famiglia, ma infine risponde di aver deciso di
no: è la sua risposta definitiva. E i parenti accettano la sua scelta, forse
anche perché in Olanda non possono forzare nessuno. "Non ci fu alcuna
violenza. Eravamo Osman Mahamud, non arabi, e gli Osman Mahamud colpivano molto
raramente le donne." (pag. 236). Poi scrive una lettera al padre in cui
dichiara la sua decisione di divorziare da Osman. La risposta del padre è un
invito ad ubbidire al marito, altrimenti si sarebbe recato in Olanda. "Provai paura: se veniva in Olanda,
mio padre mi avrebbe sicuramente picchiata e forse uccisa." Ecco l'ultima
lettera del padre, "con l'inchiostro rosso, il colore che si usa per i
nemici." (pag. 238): "Ho appena invocato Allah perché ti copra di
vergogna (...) Va' all'Inferno! E che il diavolo ti accompagni!". Diversa
(a sorpresa) la reazione della madre, che al telefono le dice: "Hai
commesso un terribile errore, ma sarai sempre mia figlia" (pag. 239).
Nel frattempo, Ayaan diventa utile al
campo come traduttrice simultanea dal somalo all'inglese. "Un giorno una
ragazza somala" (infibulata) "mi chiese di accompagnarla
all'ospedale: doveva sottoporsi a una visita ginecologica. (...)":
"il dottore indietreggiò di scatto, scioccato. Quella ragazza era
completamente priva di genitali: tra le gambe aveva solo una sezione totalmente
liscia di tessuto cicatriziale. Era l'escissione estrema in cui i genitali
esterni della bambina sono interamente raschiati via e, guarendo, formano una
dura banda di tessuto scuro. Nemmeno io ne avevo mai vista una - è praticata
quasi solo sulle bambine isaq del Nord- ma sapevo di cosa si trattava. Il
medico e l'intera équipe erano sconvolti: pensavano che la ragazza fosse
rimasta gravemente ustionata nel corso di un incendio. E a un tratto mi resi
contro che qui, in Europa nessuno sapeva cosa fosse l'escissione femminile."
(pagg. 240 - 241). "Bambine piccole subivano l'infibulazione sul tavolo
della cucina (l'avevo saputo dai somali per cui traducevo) (...) e se gli
olandesi elargivano generosi contributi alle organizzazioni di aiuti
internazionali, ignoravano però il patire silenzioso di donne e bambine
musulmane nelle loro stesse città. (...) L'Olanda tentava di essere
tollerante per ottenere consenso, ma quel consenso era vuoto. (...) Molti
musulmani non si sforzavano nemmeno d'imparare l'olandese." (pag. 275).
Nel frattempo, ad Ayaan arriva il
sussidio e può così permettersi un monolocale.
Una
ragazza nativa olandese di fede cristiana riformata, che l'aiuta a fare
conversazione nella sua lingua madre come volontariato, Johanna, "divenne
come una madre" per Ayaan: "ci insegnò molto più della lingua: ci
insegnò a vivere in Occidente."
(pag. 246). Ayaan trova un lavoro come operaia in un biscottificio, dove ha
modo di conoscere la classe operaia. Le lavoratrici si dividevano in due
gruppi: immigrate turche e marocchine da una parte, e olandesi dall'altra. "Era
xenofobia reciproca (...) entrambi i gruppi si credevano superiori."
(pag. 249).
Ayaan decide d'iscriversi a Scienze
Politiche: "volevo comprendere perché la vita in Olanda era così diversa
dalla vita in Africa. Perché in Europa c'era tanta pace, sicurezza e
benessere. Quali erano le cause della guerra e come costruire la pace."
(pag. 249).
"In Olanda i somali si lamentavano
sempre di essere discriminati a causa del colore della nostra pelle. "Se dai del razzista a un olandese, ti
concederà qualunque cosa" mi disse una volta Hindi con soddisfazione.
La discriminazione in Olanda esiste, ma l'accusa di razzismo può essere anche
strumentalizzata." (pag. 252). "Giovani somali tentavano di
abbordarmi per strada come se avessero una sorta di diritto su di me: ai loro
occhi ero evidentemente immorale e pertanto disponibile. Le donne somale invece
cercavano di spremermi dei soldi con le moine. (...) Mi sentivo imbarazzata e
persino indispettita dal modo in cui tanti somali accettavano il sussidio e poi
sputavano sulla società che glielo forniva. (...) Non mi piaceva come negavano
le loro scorrettezze, persino se colti sul fatto. Non mi piacevano gli infiniti
pettegolezzi e il lagnarsi continuo, dando sempre la colpa ad altro o ad altri,
ma mai a loro stessi." (pag. 253).
Una sua amica somala che viene picchiata
dal marito le spiega che non può divorziare perché significherebbe disonorare
il clan e restare isolata: "non protestava mai contro la violenza e le
umiliazioni che subiva dentro casa, solo contro il razzismo degli olandesi. Oggi credo che questa tendenza ossessiva
a vedere il razzismo dappertutto, che riscontravo tanto spesso tra i somali,
fosse in realtà un meccanismo di difesa con cui gl'immigrati cessavano di
sentirsi personalmente inadeguati e
proiettavano all'esterno le cause della propria infelicità" (pag.
261).
Quando fa notare che Maometto, che sposò
una bimba di nove anni, era un pedofilo secondo le leggi e la morale occidentali
(pag. 341), dà ancora scandalo ai benpensanti (in Italia, anche Daniela
Santanché aveva fatto la stessa affermazione e anche lei aveva dovuto subire
polemiche per questa frase). Ayaan convince il suo partito ad approvare
una mozione dei laburisti “per rilasciare permessi di soggiorno alle donne,
disgiunti da quello dei loro mariti”, i colleghi l'appoggiano (pag.
342). Da deputata, ottiene anche dal ministro delle finanze 30
milioni di euro pei centri di accoglienza per donne vittime di violenze (pag.
342). C'era poi un problema d’ignoranza del Corano: “secondo molti
olandesi nulla, nella cultura islamica, incitava agli abusi sulle donne”,
mentre “in realtà il Corano permette queste punizioni, legittima l'abuso” (pag.
344), e così ad Ayaan viene in mente di fare una mostra d'arte per denunciare
le violenze.
“Studiando la Storia d’Olanda ho appreso
l’Olandese”
Nel 1994 arriva in Germania, dopo aver
abortito, la sorella di Ayaan, che lei fa accompagnare in Olanda ed aiuta ad inventare
un racconto per ottenere lo status di rifugiata: proprio come aveva
fatto lei. Ben presto la giovane s’ammala di mente sinché un giorno la portano
via con la camicia di forza mentre è in preda alle allucinazione visive ed
auditive: tale è lo choc dovuto
al clash culturale fra Somalia ed Olanda. Ayaan trova anche
l'amore: Marco, biologo olandese che l'aiuta a capire la chimica del cervello
umano e comprendere dunque il malessere della sorella. La madre di Ayaan
convince la sorella ammalata di mente a tornare a Nairobi e smettere di
assumere gli psicofarmaci: la ragazza ben presto muore in Kenya e Ayaan si reca
a Nairobi pel funerale.
Ayaan impara veramente l'olandese
attraverso il manuale di storia del corso propedeutico per accedere
all'Università di Leida:
il più antico e prestigioso ateneo dei Paesi Bassi che aveva standard
rigorosi (mentre ad Amsterdam "gli studenti si mettevano i voti da
soli", a causa degli effetti del movimento di contestazione studentesca,
pag. 265) e dove incoraggiano gli studenti a leggere anche al di fuori del
piano di studi (pag. 285). Qui impara un nuovo metodo di studio: "ci
veniva sempre chiesto cosa noi ne pensavamo". E' peraltro (aggiungo io)
quello di Leida, l'ateneo ove trovò ospitalità il teologo egiziano Abu Zayd
(1943 - 2010), dopo esser stato accusato dalla sua stessa Università del Cairo
di apostasia, proprio come Ayaan (e corollario della condanna fu il decreto di
divorzio dalla moglie: una musulmana, dice la Sharia, non può essere maritata
con un apostata). Ayaan ha così modo di studiare la storia dell'Olanda: "dopo un periodo di guerre, gli
olandesi avevano capito una cosa importante: nelle guerre civili non ci sono
mai vincitori. Avevano istituito un sistema in cui le persone potevano essere
diverse e con pari dignità." I quattro gruppi, i cattolici, i
protestanti, i socialdemocratici e i liberali laici, erano un pò come i clan: "per generazioni, i cattolici
e i protestanti avevano frequentato scuole, ospedali, club, negozi separati" (pag. 266). "Tuttavia, anche lì
esistevano evidenti distinzioni tribali" (pag. 269) a seconda del dress
code e della facoltà: "scienze politiche era considerata una facoltà
di sinistra" (pag. 269).
Grazie ai suoi studi, alla sua storia e
alla sua conoscenza diretta, Ayaan formula così una sua analisi di psycho-history: (la
storia fatta con i se, in questo caso: “e se l’Olanda non si fosse macchiata di
questi crimini, oggi sarebbe più serena nel guardare in faccia il problema
dell’Islam?”)
L'ANALISI DI HIRSI ALI e di PIM FORTUYN
"Il senso di colpa degli Olandesi per aver
consegnato gli Ebrei ai Nazisti è alla radice della falsa tolleranza verso
i mussulmani, che restan poveri per il loro atteggiamento religioso e le
loro proiezioni contro gli Altri"
“In Europa occidentale la discussione
sulla questione degli stranieri è condizionata da tre esperienze: l’hitlerismo,
la decolonizzazione e la guerra coloniale e l’afflusso di “gastarbeiders” (lavoratori ospiti)”
PIM FORTUYN, “La società orfana”, pagg. 199 – 200
"Durante l'ascesa nazista il
governo olandese non aveva fatto reale opposizione. Durante la Seconda guerra
mondiale, in Olanda era stata deportata una percentuale di ebrei maggiore che
in qualunque altro Paese dell'Europa occidentale. Gli olandesi nutrivano un
profondo senso di colpa per il loro recente passato" (pag. 274) Come
ho già ricordato nella Prima Puntata di questo mio Reportage, solo uno su 16 dei 90.000 ebrei di Amsterdam sopravvisse
alla guerra di sterminio (uno su sette nei Paesi Bassi), la percentuale più
bassa di tutta l’Europa occidentale (http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/amsterdam-la-storia-gli-eroi-i.html).
"Quando, negli anni Ottanta, gl'immigrati avevano cominciato ad arrivare
massicciamente si erano sentiti in dovere di rapportarsi a loro cercando di
accettare le loro differenze": è l'ideologia di sinistra del
multiculturalismo. "Il risultato era però che ora i mussulmani vivevano separatamente,
studiavano separatamente, socializzavano separatamente": il
separazionismo autoimposto (pag. 274). Quando Ayaan diviene cittadina
olandese, nota che "per loro, essere olandese non significa
assolutamente nulla. Anzi, sembravano a disagio con i simboli nazionali: la
bandiera e la monarchia, che parevano riportarli ai giorni insidiosi della
Seconda guerra mondiale. Vedevano il nazionalismo quasi come un equivalente del
razzismo. Nessuno di loro sembrava orgoglioso di essere olandese"
(pag. 286).
“Nel nostro Paese lo sterminio pressoché totale della comunità ebraica – dei 140.000 ebrei prima della guerra circa 100.000 non sono sopravvissuti alle atrocità- non è stato seguìto da una vera e propria autoanalisi sul nostro ruolo, passivo e attivo, nella preparazione e nell’esecuzione di questo genocidio (…). Fatti che vengono riportati con poca enfasi, né tantomeno vengono commemorati come parte della colpa collettiva che portiamo anche noi, come popolo e come società, per ciò che, sotto la regia dei nazionalsocialisti, è costato la vita in totale a sei milioni di concittadini ebrei nelle circostanze più orrende.”
PIM FORTUYN, "La società orfana", pag. 200
Nel maggio 1998, Ayaan può votare alle
elezioni, e sceglie, dopo attenta riflessione il Partito Laburista. Ma "in
realtà", dice, "pur studiando scienze politiche, non avevo mai
analizzato da vicino la posizione di un partito riguardo ai problemi dell'immigrazione
e dell'integrazione" (pag. 291).
"Nel gennaio 2000, il commentatore
politico Paul Scheffer" (professore di sociologia urbana
all'Università di Amsterdam che in sèguito, nel 2007, avrebbe scritto il libro
"Immigrant Nations") pubblicò un articolo intitolato "Il
dramma multiculturale" su "NRC Handelsblad"", un
quotidiano liberale, dove "scriveva che in Olanda non c'era spazio per una
cultura che rifiutava la separazione di Chiesa e Stato e negava i diritti delle
donne e degli omosessuali" (pag. 292). Ayaan concorda con quest’analisi.
A trent'anni, Ayaan corona il suo sogno di laurearsi in scienze politiche, ed
il Partito Laburista la assume come consulente e ricercatrice.
Così Ayaan descrive il suo debutto in
politica: “Una sera stavamo guardando la televisione, quando sentimmo al
notiziario di alcuni insegnanti gay molestati da bambini marocchini. In loro
difesa parlò, in arabo, un imam, con indosso gli abiti tradizionali.
Guardava la telecamera con grande autorità e spiegava che l'omosessualità era una
malattia contagiosa in grado d'infettare gli studenti. La definì una minaccia
per l'umanità. Per la somala che era in me, quell'atteggiamento era
familiare; ma la nuova Ayaan olandese rimase scioccata. Reagii. Mi sedetti e
scrissi di getto una lettera che inviai al “NCR Handelsblad”" (cioé
lo stesso giornale su cui, ricorderete, Paul Scheffer, aveva denunciato il
multiculturalismo): "In essa sostenevo che quell'atteggiamento non
apparteneva a un solo imam, ma al contrario era condiviso da gran parte del
mondo islamico. Continuavo affermando che l'Islam è una religione che non
accetta la libertà individuale, per questo subiscono grandi soprusi non solo
gli omosessuali, ma anche, e forse soprattutto, le donne. Quel gesto
istintivo segnò l'inizio del mio impegno politico” (pag. 297, capitolo 14:
“Congedo da Dio”).
L'Undici Settembre, Ayaan assiste in Tv
come tutti noi all'attacco suicida e stragista alle Twin Towers di Nuova York,
ma "a spaventarmi furono alcune riprese effettuate da una troupe
televisiva a Ede, la città in cui avevo vissuto" (in Olanda, centomila
abitanti): "mostravano un gruppo di ragazzini musulmani che esultava
subito dopo il crollo delle Torri" (pag. 298). La mattina dopo, si reca
dal presidente del partito laburista (che era stato suo insegnante a Leida) che
le disse: "mi sorprende che tutti siano convinti che ci sia di mezzo
l'Islam": "io non riuscii a trattenermi. Esplosi: "Ma c'è di
mezzo l'Islam. E' tutto radicato nella fede. Questo è l'Islam" (pag. 299).
Allora il leader le risponde che si
trattava solo di un gruppo di pazzi e che affermare questo significa
"denigrare la seconda religione del mondo, civilizzata e pacifica". "La
sua risposta mi fece riflettere, forse per me era giunto il momento di aiutare
gli olandesi a capire (...) Quel tipo di religione, in Olanda, non esisteva da
secoli". Gli articoli degli opinionisti "arabisti"
"erano tutti concentrati sull'immagine dell'Islam che aveva salvato
Aristotele oltre otto secoli fa (...) erano tutte favole che non avevano
nulla a che fare con il mondo reale che conoscevo": "sapevo bene che
l'Africa è il continente più povero, e che la miseria non provoca il
terrorismo; le persone veramente povere non sanno guardare più in là del loro
pasto successivo. (...) Nessuno di quegli uomini" terroristi
dell'11/9 "era povero. Nessuno di loro aveva lasciato una lettera
dicendo che ci sarebbero stati altri attacchi sinché la Palestina non fosse
stata libera" (pag. 301). Inoltre,
i "versi sulla Pace" citati dall'islamista Tariq Ramadan "nel
Corano, riguardano solo la vita tra musulmani. Il Profeta ha anche detto:
"Combattete coloro che rifiutan la Fede." (pag. 305). Ayaan si chiede
inoltre, facendo il raffronto con l'Occidente: "dopo il 1200, quali
sono stati i meriti e le conquiste della civiltà islamica?" (pag.
307).
Grazie ai suoi studii di scienze
politiche, anche Hirsi Ali, come il sociologo Max Weber (1864 – 1920) da noi
citato nella Prima Puntata di questo reportage (http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/amsterdam-la-storia-gli-eroi-i.html),
può fare un'analisi di sociologia della religione, nel suo caso sull'Islam:
secondo lei lo stato di povertà tipico dei marocchini è causato dallo spirito
religioso. Scrive Ayaan: “L'atteggiamento passivo dell'In sha Allah (“Se
Allah vuole”), così diffuso nell'Islam, non influenza forse l'impegno delle
persone e la loro volontà di cambiare e migliorare il mondo? Se si crede che
Allah predestini ogni cosa, e che la vita sulla Terra sia soltanto una sala
d'aspetto per l'Aldilà, questa credenza non ha davvero nessun legame con il
fatalismo che finisce così spesso per consolidare la povertà?” (pag. 311,
capitolo 14). Per le sue tesi pubbliche, per le quali riceve anche il
sostegno del più noto scrittore olandese, Leon
de Winter, Ayaan viene messa sotto scorta, continuamente trasferita in case
segrete per essere protetta, tantissime persone le offrono rifugio nelle loro
case (pag. 326), anche il sindaco di Amsterdam Cohen, benché non concordi con
lei, la difende per principio: il principio della libertà di espressione. “Neelie Kroes, importante figura del
partito liberale” (VVD Volkspartij voor Vrijheid en Democratie), “era
scandalizzata dal fatto che per vivere al sicuro io fossi stata costretta a
lasciare il Paese” e “sosteneva che il parlamento olandese avesse bisogno di
donne più forti e brillanti. Pensò a me benché io fossi una semplice assistente
ricercatrice del Partito laburista e lei fosse un'esponente dell'ala destra”
(pag. 328), così Ayaan capisce di essere in realtà una liberale: “la
socialdemocrazia si basa sui diritti di gruppi di persone, non di individui”
(pag. 331).
E' per così dire la seconda conversione
di Ayaan: da laburista a liberale.
Ayaan Hirsi Ali dialoga col filosofo Sam Harris. |
Ha già una proposta concreta: far
registrare il numero di omicidi d'onore, cosa che nessuno aveva mai pensato di
fare prima (pagg. 330 – 331). Le sue opinioni personali sulla chiusura
delle scuole religiose fanno imbarazzare il partito (che, pur laico, aveva
intenzione di allearsi coi cristiano-democratici), ma Ayaan dice sempre ciò che
pensa. “Moltissimi sostenitori del Partito laburista dicevano: “Non ci
piace il partito che ha scelto, ma i problemi per cui si batte sono così
importanti che voteremo per lei ovunque vada”. Alle elezioni politiche del
gennaio 2003, vinsero i cristiano-democratici, e i liberali ebbero solo il 18%
e ventisette seggi: Ayaan fu eletta (pag. 338) grazie al fatto che “in
Olanda gli elettori, se lo desiderano, possono indicare una preferenza per
alcuni candidati in particolare. Ciò implica un calcolo complicato, perché
se molti votanti indicano il loro supporto a un candidato, quest'ultimo può
guadagnare posti nella lista elettorale. Io ero la sedicesima della lista, ma
divenni sesta grazie alle preferenze individuali: un bel punteggio, per una
nuova arrivata” (con 37.059 voti). Anche lei votata per la sua onestà
intellettuale e la bontà delle sue idee, proprio come l'altro debuttante, Pim
Fortuyn (che sarebbe morto ammazzato il 6 maggio 2002). Così Ayaan si
trasferisce all'Aja, ove ha sede il governo.
Ayaan Hirsi Ali con Sam Harris, filosofo americano (con PhD in Neuroscienze) da anni denuncia i pericoli della progressiva islamizzazione dell'Europa. |
Ayaan torna, come aveva fatto in campagna
elettorale, sul tema delle scuole religiose: significava abolire l'articolo 23
della Costituzione (pag. 313 e 345, si noti che in Olanda le scuole private non
ricevono finanziamenti: devono fare da sé), una proposta di legge illiberale e
contro la libertà educativa. E ritorna anche sulla proposta di tenere un
registro dei delitti d'onore (pag. 346): “dopo settimane di consultazioni, il
ministro della Giustizia, Piet Donner, approvò una mozione che avevo elaborato
insieme al partito laburista, ma disse di volerla prima sperimentare in forma
di “progetto pilota” in due soli distretti di polizia. Alcuni mesi dopo,
quando furono annunciati i risultati, il parlamento rimase scioccato. Tra
l'ottobre 2004 e il maggio 2005, in soli due distretti (in Olanda ci sono
venticinque distretti), undici bambine mussulmane erano state uccise dalle loro
famiglie.” (pag. 346). La giovane deputata propone anche di “ridurre drasticamente
le indennità di disoccupazione e di abolire il salario minimo. La mia
passata esperienza di traduttrice e nel campo dell'assistenza sociale mi aveva
mostrato che il facile accesso a generose indennità di disoccupazione dissuade
le persone dal cercare davvero lavoro”, come del resto avevano suggerito anche
a lei (pag. 345).
Il regista che denunziò le
violenze sulle donne
****
Eroi Olandesi/5: 2003, THEO VAN
GOGH,
Ayaan Hirsi Ali nel docufilm "Submission" dell'amico Theo Van Gogh. |
Un ministro diceva:
gl'islamici? Non reagiranno al film
Ma un marocchino 26enne
gli taglia la gola per strada
Nel febbraio 2003, Ayaan conobbe Theo Van
Gogh (1957 – 2004), discendente del pittore (1853 – 1890) cui è dedicato anche
un Museo.
Lo racconta Ayaan Hirsi Ali nel suo libro-biografia (pag. 347):
“All'epoca, in casa mia ospitavo una ragazza marocchina” che le aveva chiesto
aiuto “per scappare da suo padre e dai suoi fratelli, che la picchiavano perché
stava insieme ad un ragazzo olandese” (pag. 348). “Aveva ventidue anni, e
voleva fare l'attrice (…) e così pensa che potevo portarla con me a conoscere
Theo Van Gogh, il famoso regista di Amsterdam”, il cui “ultimo film era
stato “Najib en Julia”, sulla relazione tra una ragazza olandese e un
ragazzo marocchino” (pag. 348). Il regista le propone di fare della sua
mostra un corto, e lei scrive la sceneggiatura: “il messaggio che volevo
trasmettere era che il Corano è stato scritto dagli uomini, non da Dio” (pag.
351), e prima di mandare in onda in Tv il film Ayaan chiede una scorta per
Theo, ma la risposta del ministro della Difesa Henk Kamp fu: “Quest'anno ai
mussulmani è stato concesso molto: non reagiranno.”
"Submission" va in onda il 29 agosto 2003, ma il 2 novembre le giunge la notizia che un marocchino di ventisei anni, nascosto dietro un portone, spara a Theo Van Gogh, mentre lui l'implora di risparmiarlo gli spara altri quattro colpi, e poi gli taglia la gola con un coltello da macellaio, lasciando una fatwa per Ayaan l'apostata (pag. 7). Il figlio di dodici anni resta orfano. L'assassino viene arrestato dopo poche ore. Ai funerali, la madre dell'artista disse che Ayaan non doveva sentirsi in colpa perché erano quindici anni che suo figlio riceveva minacce e le disse di portare avanti la sua missione di denuncia sociale (pag. 363). Ayaan viene portata in segreto negli USA perché può fare la stessa fine.
MINACCIATA. L'assassino di Theo Van Gogh ha lasciato una fatwa (maledizione in nome dell'Islam) contro Ayaan Hirsi Ali (foto sopra) accanto al corpo del regista. |
"Submission" va in onda il 29 agosto 2003, ma il 2 novembre le giunge la notizia che un marocchino di ventisei anni, nascosto dietro un portone, spara a Theo Van Gogh, mentre lui l'implora di risparmiarlo gli spara altri quattro colpi, e poi gli taglia la gola con un coltello da macellaio, lasciando una fatwa per Ayaan l'apostata (pag. 7). Il figlio di dodici anni resta orfano. L'assassino viene arrestato dopo poche ore. Ai funerali, la madre dell'artista disse che Ayaan non doveva sentirsi in colpa perché erano quindici anni che suo figlio riceveva minacce e le disse di portare avanti la sua missione di denuncia sociale (pag. 363). Ayaan viene portata in segreto negli USA perché può fare la stessa fine.
Un giorno, nel 2006, ad Ayaan viene
riferito che il ministro dell'Immigrazione e dell'Integrazione, Rita Verdok,
le avrebbe revocato la cittadinanza olandese perché aveva dichiarato di avere
dato un nome falso (come sappiamo, pag. 373). Nel frattempo, l'”American
Enterprise Institute”, prestigioso think tank conservatore, le
offre un lavoro (pag. 378). Un avvocato la difende dicendo che l'aver usato il
nome del nonno (che aveva fatto quando era fuggita in Olanda per non essere
ritrovata dal clan) valeva lo stesso, secondo l'usanza somala e così, per
fortuna, la ministra è costretta a ridarle la cittadinanza. I Verdi avanzano
una mozione di sfiducia, 66 parlamentari votano a favore, e 79 contro. Il
ministro dichiara che resta in carica, ma sei rappresentanti del piccolo partito
D-66 escono dalla coalizione, e così il governo cadde. Nel marzo 2005, la
rivista “Time” nomina Hirsi Ali una delle cento persone più influenti
del mondo. Peccato che, poco dopo, avrebbe dedicato anche la copertina al
sindaco filoislamico di Amsterdam.
LELE
JANDON
Fine
Seconda Parte
(Continua)
Nessun commento:
Posta un commento