venerdì 22 dicembre 2017

Ri-creare Insieme un Senso del Natale, Festa delle Famiglie e della Fratellanza


 

 

di LELE JANDON

"Christmas Day" del pittore inglese George Hardy (1822 - 1909).
E' importante educare a fare Festa, cioè insegnare a stare insieme sperimentando le gioie della fratellanza umana.
Spesso gli adulti risultano incapaci di festeggiare: penso a coloro che scambiano una Festa con un’abbuffata, che spignattano dalla sera prima per mostrare quanto siano dei bravissimi cuochi, ma non fanno che riempire le pance e non sanno creare un’atmosfera nella propria casa, mettere a proprio agio gli ospiti, che ritengono solo dei commensali da cui si attendono complimenti per la propria cucina. 
Sopra e sotto: la cerimonia ebraica di Tu Bishvat è una festa educativa:
esattamente il contrario della tradizione
di tagliare gli abeti per farne "alberi di Natale".



Il filosofo greco Epitteto consiglia nel suo “Manuale” (paragrafo 36): “Quando pranzi insieme con un altro, ricòrdati di preoccuparti non solo del valore delle portate rispetto al tuo corpo, ma anche di mantenere un comportamento rispettoso nei confronti del tuo ospite”.
E uno dei Proverbi attribuiti al saggio re Salomone, figlio di Davide (nell’omonimo libro della Bibbia ebraica) ammonisce a non farsi ingannare dalle apparenze: “Non mangiare il pane di chi ha l’occhio maligno, non desiderare i suoi cibi delicati; poiché, nell’intimo suo, egli è calcolatore; ti dirà: “Mangia e bevi!”, ma il suo cuore non è con te” (26. 6 – 7).
 
Quegli adulti risultano incapaci di creare quel clima di calore umano che in danese si chiama “hygge (si legge “huga”), cioè la capacità pratica di creare un’atmosfera di “home”, di vera Casa sentita e vissuta con pochi, semplici tocchi magici: per esempio coloro che fanno orribili alberacci spogli, bassi come piantine e senza regali sotto, rivelando così la loro natura abbastanza avara ed arida: allora, meglio non far nulla, piuttosto che imbastire simili miserabili decorazioni.
 

Ci sono poi quelli che strumentalizzano il Natale facendo cene di autofinanziamento per i partiti: la “cena di Natale” (sic). Davvero grottesco, di pessimo gusto: nella loro arida cultura completamente secolarizzata, non hanno compreso che il Natale è un’altra cosa, è intimità e dono, non c’entra coi finanziamenti dei partiti. E a proposito di associazioni, non sono graditi gli auguri inviati in forma spersonalizzata da un’email (meglio non inviare nulla, piuttosto, se uno non è capace di organizzarsi e farli di persona, vivavoce e, ancor meglio, de visu) o bigliettini con frasi prestampate e/o senza riferimenti personali, e meno che mai s’inviano gli auguri di Natale in forma di “messaggino” il giorno stesso, in cui le famiglie dovrebbero essere lasciate in pace: trovo strano che – fra la tanta spazzatura di pseudo-intellettuali che invade le librerie italiane- non sia ancora stato pubblicato un galateo sull’uso degli apparecchi telematici, compreso il cellulare.
Prendiamo ispirazione dagli ebrei: educhiamo i nostri figli
ed allievi a piantare alberi, non a disboscare!

Questa rozza trasandataggine fa parte della nostra cultura della fretta: si legge e si commenta distrattamente su Facebook, si scrive con errori ortografici su whatsapp, si “condividono” (nel senso facebookiano) articoli ma non si ha voglia/tempo di metterci una frase personale, si fa tutto al volo senza qualità, senza personalità.

Già la domenica in molti sono incapaci di festeggiare questo giorno: questa diffusa incapacità mi ricorda molto un passo del romanzo “Il Cielo Diviso” (1975) di Christa Wolf, scrittrice atea e comunista dell’allora Germania Est, che ho riletto di recente per il mio cinetalk sul Muro: “Che silenzio nei giorni festivi! Che noia, riversarsi insieme con la gente ben vestita per le strade! Era questa la festa, per cui ci si preparava da settimane? A stento si riusciva a celare la reciproca delusione” (pag. 112 edizioni e/o, 2012, prima ediz. 1992).

Il sintomo del degrado morale, sociale e culturale di questo Paese lo vediamo dalle reazioni alle notizie del ddl proposto da un deputato per lasciare le domeniche alle famiglie. Sulle pagine Facebook dei quotidiani (ove si può avere l’idea dell’italiano medio telefonino-dipendente e che non riferiscono precisamente i contenuti del disegno di legge creando solo confusione e disinformazione) si può constatare come addirittura ormai i più ritengano giusto avere i negozi aperti tutta la domenica: i commenti dei tantissimi ottusi Facebook-dipendenti dinanzi sono stati quasi tutti unanimi “cambino pure mestiere, se non gli sta bene!”. Questi odiatori, cretinetti già di loro, poi istupiditi dall’abuso di Internet e dagli abusi dei poteri politici indifferenti alla qualità della vita delle persone, sono la dimostrazione vivente di come questo Paese si sia ridotto ad un ammasso di consumatori consumisti, di schiavi che però si ritengono così liberi da esprimere questi “pensierini”: sono col progresso, loro, sono già avanti. Praticamente, quest’incapacità di pensare due minuti prima di vomitare questo commento a caldo è la dimostrazione che la gente che s’informa via Internet ha già abolito la domenica come festa: non è più sentita. Così come non è più sentita la famiglia.

DOMENICA IN FAMIGLIA: LA LEZIONE DI CIVILTA' DELLA NORVEGIA.
Gli splendidi affreschi del Municipio di Oslo. La domenica in Norvegia
sono chiuse tutte le attività commerciali, mentre in Italia il trend è opposto.
Come raccontavo al cineforum su Lutero nella mia intervista al pastore luterano nostro Ospite, quando ho visitato Oslo sono rimasto colpito dal fatto che la domenica in Norvegia è davvero tutto chiuso. E non c’era gente in giro perché lì la domenica è sacra, ci si gode la famiglia. E’ una società sì “secolarizzata”, quella norvegese, ma capace di conservare bene le proprie sacralità. E non è dunque un caso che quest'anno risulta nel World Happiness Report (sondaggio demoscopico mondiale sulla percezione di felicità), che sia proprio la Norvegia il Paese più felice.
Lo stesso provvedimento è stato preso di recente nella città di Bolzano, che non a caso è di cultura tedesca (trentino era, non a caso, l’unico grande presidente del consiglio italiano, uno dei padri fondatori dell’Europa Unita, Alcide De Gasperi).
Questo ddl non è illiberale, bensì una vera comune liberazione: l’opposto della direzione che sta prendendo l’Italia che fa continuamente violenze contro i lavoratori e di conseguenza alle famiglie e ai bambini e agli adolescenti che hanno bisogno dei loro genitori almeno la domenica. Passate la domenica per corso Buenos Aires ed osservate le grottesche famigliole mononucleari, con questi orribili ometti che recano in mano le borsette delle spesucce delle loro compagnucce, il cui massimo passatempo domenicale è andare a vedere i negozi trascinandosi dietro i figli (o forse trascinati dai figli): questo è un vero consumismo del tempo, che è la perdita della cognizione del valore del nostro tempo libero e dei rapporti personali.
C’è una famosa catena di supermarket italiani (su cui leggo, un famoso regista ha fatto pure un film) il cui slogan pubblicitario è “persone oltre le cose”, poi però basta guardare i suoi orari di apertura (tutte le domeniche sin tardi: le ore 21!, persino il giorno stesso di Natale!) per vedere la negazione del diritto dei lavoratori ad una piena vita familiare che viene negato. Per questo schifo sarebbe più corretto lo slogan “cose e non persone”. Un altro loro slogan è “nessun uomo è un’isola”, eppure ciascun loro dipendente deve sacrificare almeno due domeniche al mese per l’avidità del capo di questa catena che, lungi dal rappresentare questi valori umani, semmai favorisce il malcostume di fare la spesa in quella che dovrebbe essere una giornata liberante per tutti, a parte medici e forze dell’ordine. Essere costretti, sia pure a weekend alterni, a lavorare di domenica, significa essere derubati del tempo libero da dedicare alla propria famiglia, a momenti irripetibili coi propri figli che crescono.

dal "Corriere della Sera"
Per quanto talora vissuto con zelo, l’ebraismo ortodosso dà a tutti noi un’ispirazione che dovrebbe essere di enorme invidia ammirativa: il Sabato, lo Shabbat, si deve assolutamente riposare, recarsi al tempio e stare in famiglia, stop. Gli ebrei lo vivono e l'attendono come una Festa di matrimonio, come diceva il rabbino Heschel, grande amico e compagno di lotta del pastore Martin Luther King Jr. Che enorme innalzamento della qualità generale della vita sarebbe se questa sacralità venisse estesa a tutti in una repubblica ideale!

Oggi in tanti hanno perso, assieme al senso delle Feste, anche il senso dello stare in famiglia. Anzi, dello stare insieme: basti vedere le comitive di giovani e adulti tutti chini e gobbi sui telefonini, pur essendo attorniati dai coetanei allo stesso tavolo. Questi mezzi sono davvero diabolici e se non ci diamo tutti una regolata muteranno antropologicamente e cognitivamente la nostra società, come ha già ammonito Chamath Palihapitiya, ex dirigente di Facebook.

Di conseguenza, tanti nostri giovani risultano ineducati a far festa: spesso credono ci vogliano le droghe o la musica martellante mentre un tempo bastava una chitarra in un prato o sulla spiaggia per fare festa insieme.

Lutero suona il liuto attorniato dai familiari, compreso l'amico Melantone.
Come società italiana, complice questa classe politica ignorante al governo, abbiamo perduto tante belle feste, il Carnevale in primis.

In questo quadro desolante di un Paese incapace di fare Festa, il Natale resta sentito come vera Festa, come dimostra il sondaggio che vedete qui, e non va annoverata certo fra i tanti ponti insensati che affollano quasi ogni mese il nostro calendario che purtroppo non ha subito una buona Riforma protestante.
Il Natale è via via diventato nel mondo la Festa delle famiglie e persino un regime orribile come Cuba (dal ’97) l’ha reintrodotto per dare una parvenza di normalità.
 
E se oggi viviamo il Natale come festa delle famiglie lo dobbiamo anche all’impulso di una certa raffigurazione ottocentesca di Lutero, come Vi abbiamo raccontato nel film di Antonello Ghezzi (ricordate quel quadro ottocentesco che lo raffigura in salotto mentre suona con moglie, figlioletti, l’amico fraterno Melantone e l’albero illuminato?). Lutero amava così tanto il Natale che compose due begl'inni natalizi.

"Dolcetti per i bambini", della pittrice ebrea Elena Flerova.
Amando gli alberi, non ho mai amato gli alberi di Natale: trovo assurdo che si tagli (e quindi si uccida nel giro di poche settimane) un abete per commemorare una nascita decisiva, mentre ho sempre trovato bellissima la commovente Festa degli Alberi (tu bishvat) che coltivano gli ebrei, soprattutto nello stato d’Israele. Se vogliamo celebrare la vita dovremmo piantare la vita, e non reciderla.  Vi ho mostrato le foto di questa festa ebraica degli alberi al cineforum e Vi ho raccontato di come questa sia diventata, con l’Italia laica unita, una festa istituzionale, anche questa andata perduta ahinoi! Solo alcuni assessori illuminati, con una coscienza ecologica, la propongono nei propri comuni, ma sono pochi. A Milano, città con pochi alberi e smog sopra i livelli europei, ne avremmo un gran bisogno!
Mentre in Italia sono ancora tanti a comprare l'albero vivo per poi gettarlo nel caminetto come un oggetto di consumo, in Paesi come la Svezia, ove davvero tutti amano la natura e la rispettano, finite le festività natalizie, fanno una cerimonia collettiva proprio per ripiantare gli alberi e mantenerli così in vita.
Chiune Sugihara con la moglie Yukiko:
forte della sua fede cristiana, il console salvò
dalla Shoah seimila ebrei. La storia è raccontata
nel nuovo docufilm di Antonello Ghezzi,
filmaker de "Il Cinema e i Diritti", che vedremo
domenica 14 gennaio 2018 alle 16.30
alla libreria "Gruppo Anima" in Galleria Unione,
1 a Milano, a cinque minuti a piedi dal Duomo.

Oggi che dovremmo oramai avere davvero tutti una coscienza ecologica (benché il cattolicesimo non abbia mai avuto delle parole precise su questo, a dimostrazione di quanto sia staccato dalla nostra terrestrità) ci sono vari modi di fare un alberello simbolico mentre l’albero morto senza radici che ha perduto le sue foglie in piazza Venezia a Roma (probabilmente per l’imperizia di chi ha fatto colare dell’acido dal cemento che è stato installato) è un’ennesima sineddoche della via della decadenza verso cui è avviato il nostro Paese.


Alle luci artificiali del Natale cristiano preferisco il lume di candela del candelabro a nove bracci del commovente Natale ebraico che vediamo qui illustrato dai bei dipinti di Alex Levin: come Vi racconteremo nel docufilm di Antonello Ghezzi, “L’angelo dagli occhi a mandorla, il console giapponese a Kaunas Chiune Sugihara un pomeriggio di dicembre del 1939 s’imbatté in un bambino povero dall’aria assai triste. Quando gli chiese perché fosse così triste, il bimbo rispose che non aveva abbastanza monete per comperare i dolcetti per festeggiare Hannukkah.
Il dipinto del pittore Alex Levin mostra
la tavola apparecchiata per Hannukah.
Il console Sugihara donò delle monetine ad un
bambino povero che voleva comperarsi i dolcetto
per Hannukah e venne invitato alla festa:
commosso, non dimenticherà
quest'ospitalità quando fu il momento di salvare
i profughi ebrei dalla Shoah.

All’inizio, il bambino ripeté quanto gli avevano detto i genitori, di non accettare doni dagli estranei, poi, quando Sugihara gli replicò che di fatto avevano già fatto conoscenza, accettò le monetine, lo invitò alla festa a casa dei suoi.

Il console lasciò la casa commosso: “Questa è stata la mia prima visita ad una famiglia ebraica, ma spero non sia l’ultima”. Poco dopo, Sugihara e sua moglie non avranno dubbi: lavorerà anche di notte per rilasciare quanti più visti possibili agli ebrei che volevano scampare alla Shoah cioè al disegno criminale di eradicazione completa degli ebrei europei.
La moglie di questo Giusto fra le Nazioni ha poi piantato un albero sakura di fronte alla residenza, in onore del marito.

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E’ ben scarsa l’immaginazione di chi dà per scontato che il 24 od il 25 dicembre sia necessariamente abbastanza felice per chiunque o per i più: proprio nei giorni scorsi è stato reso noto il dato che nell’Unione Europea l’Italia è il Paese che, in termini assoluti, ha il numero più alto di persone povere, il che significa che non possono certo scambiarsi i regali di Natale.

Inoltre, non tutti sono fortunati ad avere una buona famiglia felice: Vi faccio alcuni esempi che conosco dalle tante persone che si confidano e si confrontano con me.

A parte il caso di “famiglie” che non si sentono per mesi, salvo scambiarsi gl’ipocriti auguri di Natale, non sono pochi coloro i quali si ritrovano delle matrigne anziché delle madri: figure opprimenti, negative e ladre di energie, concentrate sempre sui minimi segni della propria salute, anaffettive, che han sempre qualcosa da ridire e capaci solo di ricatti morali, di lamentationes infinite, svalutazioni e di scatenare scoraggianti e distruttivi sensi di colpa (http://lelejandon.blogspot.it/2016/04/).  Infatti, fra i familiari, possono “nascondersi” quelle figure che alcuni psicologi chiamano i “falsi positivi”: sono persone false, inconsapevoli di recare solo negatività tanto quanto noi siamo ignari di questo fatto, che  esse non ci recano nulla di positivo. Alla lunga, infatti, minano l’autostima e producono guai.
Quest’individui sprezzanti sono dei guastafeste, incapaci di fare festa: anche quando sono in dolce compagnia, non sono “di compagnia”.
"Caino", scultura in bronzo del milanese Riccardo Ripamonti (1849 - 1930),
Galleria d'arte moderna di Milano.

Il tempo che gli dedichi non è mai abbastanza: non avendo coltivato la propria creatività, sono incapaci di solitudine.
Possono anche essere legati da un affetto a delle persone, ma risultano incapaci d’amare cioè recare ascolto, rispetto, attenzione e delicatezza.
Un esempio che ho sentito: un ragazzo creativo invita un proprio familiare a vedere il proprio winter village, la loro prima acida esclamazione del fratello è: “ah, niente presepe?”, e quando il ragazzo chiede al fratello se lui e la moglie l’abbiano fatto, si sente rispondere “no, andiamo via a Natale” (sic).

Ci sono donne malmaritate o male accompagnate con violenti che in una maniera o nell’altra le maltrattano ogni giorno, donne che anche quando vanno dai carabinieri vengono sconsigliate dal denunciare i loro partner per questioni economiche sicché loro malgrado si sacrificano pensando sia il male minore per i propri figlioletti: a Natale si ricorderanno solo che non possono avere la famiglia che desideravano. E’ istruttivo il libro di Riccardo Iacona “Se questi sono gli uomini che spiega bene le dinamiche familiari che si ripetono (idea-regalo per Natale per un’amica o familiare che non ha la lucidità e il coraggio per abbandonare simili mine vaganti: http://www.ilcinemaeidiritti.it/i-nostri-consigli-di-lettura ): uomini che non lavorano e che non hanno voglia di lavorare, uomini invidiosi del fatto che le donne lavorino, uomini che fanno loro il vuoto attorno, sicché queste nel momento in cui vorrebbero lasciarli e vorrebbero confidarsi dei loro dolori non ritrovano più nessuno di questi vecchi amici (ché, poi, si rivelan così dei falsi amici, delle false amiche). Eppoi c’è il grande classico da manuale delle donne che ritornano varie volte con loro, dopo averli lasciati.

Mi è capitato di conoscere grottesche coppie gay che a quarant’anni suonati ancora non hanno comunicato ai propri genitori della loro situazione affettiva (ritenendo peraltro i propri genitori degl’idioti), o ragazzi la cui madre non vuol sentir neanche nominare questo tema dopo il coming out del proprio figlio come dire che era meglio che il figlio non le comunicasse la cosa: ma, come ci ha sempre detto Veronica Pivetti ai nostri cinetalk insieme con Agedo contro l’omofobia, “se non lo dicono ai propri genitori a chi dovrebbero dirlo?”.

Come ci ha detto la psicanalista Enrichetta Buchli, non dimentichiamoci mai il piccolo particolare che nella versione popolare originale della fiaba di Cenerentola la perfida è la madre, non la matrigna: impopolare ma vero.

Ci sono coppie conviventi more uxorio che (avendo subito acriticamente l’idea tradizionale di madre, padre e figlio) ignorano di essere già essi stessi una famiglia: la famiglia è là dove c’è amore, quindi anche in una coppia amorosa impegnata oppure anche in una casa in cui convivono persone che si vogliono bene e si prendono cura gli uni degli altri. Per esempio, nel libro di Ruth, che fa parte della Bibbia ebraica e del cristianesimo, si descrive la profonda amicizia fra Ruth (la bisnonna del re David) e sua suocera Noemi, quando rimangono entrambe vedove: suocera e nuora costituiscono così una famiglia di fatto.

Trovo carina l’idea di chi ricrea i presepi con due babbi o due mamme (famiglie che questo governo d’ignoranti non ha ancora riconosciuto legalmente). Queste provocazioni non sono un sacrilegio, ma sono un gesto creativo che stimola a riflettere: a Natale ognuno di noi celebra l’idea sentita che ha del concetto di famiglia. Ché, poi, ogni concetto è un sentimento, semplicemente.

So delle famiglie terremotate a cui questo governo non è stato capace di garantire un Natale in intimità, e si ritrovano ancora nei container minuscoli come le roulotte delle famiglie Rom, una situazione indegna di un grande Paese che è una grande potenza industriale: http://www.lastampa.it/2017/12/23/italia/cronache/io-terremotata-dellirpinia-e-i-miei-natali-da-sfollata-passati-dentro-un-container-K3rpwyn9Je1vEsHbOZn2jI/pagina.html

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La famiglia del ricercatore Ahmadreza Djalali (a destra) vive in Svezia.

Penso al Natale di merda che passerà in Svezia la famiglia di Ahmadreza Djalali, lo scienziato a cui l’orribile regime della Repubblica islamica dell’Iran ha estorto una confessione di essere una spia dell’odiato Stato ebraico (sin dalla Rivoluzione di Khomeini che all’epoca le sinistre salutavano come giusta, le confessioni estorte servono a preparare psicologicamente l’opinione pubblica alle esecuzioni degl’innocenti e delle innocenti).
SENZA SCRUPOLI: LA VERGOGNA ITALIANA.
L'alto rappresentante degli affari esteri
dell'Unione Europea si prodiga in sorrisi con indosso
 il chador per compiacere il Parlamento iraniano.

Ma l’accusa nel codice penale islamico è “diffusione della corruzione sulla Terra” (articolo 286). Nella detenzione, lunga sette mesi, è stato spesso bendato, i suoi avvocati respinti né sono state addotte prove. Lui invece ha fatto filtrare una lettera con cui ha fatto sapere ai suoi che questa condanna a morte è una vendetta per aver rifiutato di fare la spia al servizio dell’Iran.

Sua moglie ha rivolto un preciso appello all’alto rappresentante degli affari esteri dell’Unione Europea, che è un’italiana laureata con tesi sull’Islām e che si reca a fare foto tutta sorridente con il chador proprio coi parlamentari carnefici che fanno simili leggi contrarie allo stato di diritto e che mandano a morte persino i minorenni in quanto “sodomiti”. Si è rivolta proprio a lei in persona perché il condannato a morte ha lavorato bene proprio qui in Italia.

La cosiddetta “alta rappresentante” non ha degnato di risposta questa donna che resterà presto vedova, e per vece sua hanno risposto i suoi portavoce senza riferimenti al caso particolare: dinanzi a questa nostra rappresentante così priva di scrupoli morali che pensa solo a fare affari con quel Paese provo vergogna di essere italiano. Intanto, tutti pensano allo shopping natalizio e la notizia è relegata a trafiletti e passa inosservata.

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Un'illustrazione del film
e della pièce "E' solo la fine del mondo".
Conosco care persone che, nonostante abbiano già formato una propria famiglia, con marito o moglie e figlioletti, si ritrovano a carico a casa anziani genitori ingrati che rovinano il clima familiare, sempre rimasti uguali a sé stessi: stare in simili famiglie è come nuotare in una piscine piene di sostanze tossiche e nauseabonde.

Il giovanissimo regista canadese Xavier Dolan illustra perfettamente quest’incapacità d’amare e di stare insieme in particolare nel film “E’ solo la fine del mondo (che abbiamo visto all’Institut Français), tratta dalla pièce teatrale di Jean-Luc Lagarce: un bel ragazzo, sensibile e fine, di successo, prende la difficile decisione di ritornare, dopo tanti anni, a casa dai suoi (matriarca e fratelli) per dargli una notizia importante. Ben presto, ciascuno dei suoi familiari incomincia a rivelare i cattivi sentimenti che malcelano dietro l’apparente ospitalità. La madre in disparte comincia a tirar fuori i rinfacci, il fratello- Caino a palesare le invidie, la matriarca gli chiede: “dai, raccontaci il gossip dei tuoi amici VIP di Parigi”. E non basta la sorella ben disposta a riallacciare un rapporto con lui: il clima è tossico. Lui se ne va desolato senz’esser riuscito a comunicare con loro, incapaci di ascoltare. Quante famiglie conosciamo così?

"Natività con Adorazione dei Pastori danzanti con un cane",
dal libro di preghiere "Ore Spinola" (1515 circa), Jean
Paul Getty Museum di Los Angeles.
Sempre a proposito di cinema, so che il 4 gennaio uscirà “Tutti i soldi del mondo”, un film sulla saga della famiglia di petrolieri americani Getty: questa storia familiare è un esempio di come un patriarca anaffettivo quale fu Jean Paul Getty possa nuocere ad un’intera famiglia con la sua mancanza d’amore, e la sua avidità persino quando c’è in giuoco la vita del nipote che è stato rapito da dei criminali. (E non è un caso che sia stato, in un primo momento, scelto ad interpretarlo uno che, come Kevin Spacey, si è dimostrato abile a ricoprire ruoli da narcisista e sociopatico: come ha di recente rivelato suo fratello, Spacey è stato violentato proprio dal loro padre e ha poi da adulto riprodotto questa logica di violenza nei confronti di altri ragazzi una volta conquistato il proprio potere di ricchezza come star di Hollywood. In tutta la sua vita, evidentemente, non ha trovato nessuna figura amorevole che gli abbia mostrato che cosa sia l’amore.) A proposito, condivido con Voi questa splendida illustrazione di un prezioso libro di preghiere del Cinquecento, le “Ore Spinola”, conservato proprio al Getty Museum di Los Angeles: leggo con orrore in questi giorni che hanno sfiorato questi tesori le fiamme degl’incendi appiccati in tutto il Sud della California dai sociopatici piromani e nove mila pompieri sono al lavoro. Ebbene, quest’opera “L’Adorazione dei Pastori” (che ballano fra loro e con un cagnolino alla notizia della Natività) ben restituisce il clima di una vera Festa: ai suoi inizi, il cristianesimo prevedeva che nelle chiese si danzasse. Si spostavano le panche e si danzava insieme (come facevano gli ebrei chassidim a partire dal Settecento, entusiasti dal messaggio della teologia del chassidismo). Dopo fu considerato sconveniente e questa tradizione andò persa, purtroppo.

Gli animali domestici, che sentiamo davvero come veri componenti delle nostre famiglie, sono la dimostrazione vivente non solo di quanto gli altri animali siano naturalmente capaci di attenzioni, riconoscenza ed amore incondizionato, ma altresì di quanto simili individui, come le suddette madri umane maltrattanti, sono davvero distanti dalle potenzialità della natura di mammiferi: se volete un’idea-regalo carina, richiedeteci una bella copia in DVD dei nostri docufilm “Capre, Cani e Gatti: Incredibili Storie Vere” e “Asini ed Oche: Incredibili Storie Vere”.

Le persone (che si ritengono tanto) “coscienziose” che si ritrovano simili familiari in realtà non riescono a trovare una liberazione da simili figure per le stesse ragioni per cui certe donne o uomini non riescono ad abbandonare i partner incapaci di amarli: perché non hanno ancora compreso definitivamente che cos’è il vero amore. Nel caso in cui stiamo vivendo una storia simile e non facciamo un lavoro su noi stessi per comprendere il nostro inconscio e come esso sia in contraddizione con la nostra coscienza intellettuale e morale, non saremo mai persone libere, integre e tutte d’un pezzo, saremo sempre schiave di rapporti umani distruttivi.

Ebbene, questa serie di persone sfortunate da questo punto di vista, non devono sentire l’obbligo morale di festeggiare: non ha senso dover subire una famiglia che tale mai si dimostra tutto l’anno solo perché è una festa comandata. Se si sono già fatti gli slanci di avvicinamento e comprensione ma non c’è risposta dall’altra parte, significa che non c’è autoconsapevolezza e capacità sociale. In generale, ogni convenzione che non combacia con l’etica morale va rivista e abbandonata: se la presunta famiglia si comporta con te in maniera immorale, non ti ha mai rispettato, che senso ha doverla “festeggiare”, provare a farle festa? E’ un’impresa disperata. Di certo non sarebbe una vera festa per te. E se non c’è reciprocità, che senso ha un avvicinamento unilaterale? Basare le proprie scelte di campo su un senso di appartenenza non creativo è comune anche a coloro che non abbandonano appartenenze religiose che gli fanno solo male: penso ai vari gay e divorziati che restano o addirittura credono di militare nel cattolicesimo perché sentono la Chiesa come una mammina. Ma il masochismo non è coraggio, e  diventare adulti significa anche ritrovare la propria integrità personale, il proprio senso della dignità, ed avere il coraggio di rendersi capaci di abbandonare radici malvagie e simili istituzioni che non hanno la forma di una vera famiglia.

Ci sono altresì persone che rischiano di non passare un Natale felice: sono quelle che si ritrovano orfane dei propri genitori o dei propri figli, e magari sono figli unici. Se sono vostri intimissimi amici, penso che sia un gesto davvero natalizio invitarli il giorno stesso in cui si festeggia nella propria casa, e non creare stupide feste extra, in aggiunta al giorno stesso di Natale: è una stupidaggine ridicola, inutile tipicamente piccolo borghese “vorrei-ma-non-posso” di chi non ha il vero coraggio di trasformare creativamente le feste comandate.

Peraltro, uno svantaggio di simili stupidi ritrovi pretestuosi è che ci si rovina l’appetito: cibandosi ad nauseam di dolci grassi, ci si ritrova il giorno di Natale incapaci di gustare un buon pandoro od un tenero panettone che dovrebbero essere qualcosa da riservare ad occasioni speciali (raccomando quello dell’associazione “Vidas” che accompagna le persone negli ultimi giorni: lo trovate a 15 euro anche in corso Italia). Non dimentichiamo le indicazioni dietetiche che sono alla base della nostra civiltà, a partire dai Greci antichi: come suggeriscono i dietologi, un solo primo, un secondo ed un dolce sono più che sufficienti per festeggiare a dovere. Gl’ingredienti di una vera Festa come il Natale sono ben altri: lo spirito di festa, di gioia, d’intimità, che significa raccontarsi ed ascoltare. Non si parla male degli altri se non si sanno bene le cose. Se un nostro amico è solo, è il caso d’invitarlo a Natale, non un altro giorno, “a parte”: solo così passerà un bel Natale: com’è noto, sono per un concetto inclusivo e non esclusivo, di famiglia. Ma sono anche per il rispetto delle belle tradizioni: il Natale si festeggia la sera del 24 oppure il pranzo del 25. E si festeggia coi familiari intimi, non coi colleghi.

Ecco, questo tipo di situazioni familiari è una delle possibile concause di quella sindrome fatta di apatia, abulia, anedonia (e persino "singenesofobia" cioè fobia di affrontare il parentado) che alcuni psicologi chiamano genericamente “depressione natalizia” sicché, anziché essere periodo di letizia, il Natale diviene una tortura psicologica: forza a stare in cattiva compagnia ed anziché ricordare qualcosa di lieto, ci rammenta che la famiglia anagrafica non si rivela mai davvero tale, neanche durante le feste.  

Come non ha senso che per Pasqua ordiniamo al macellaio di farci ammazzare un capretto da mettere in tavola, così è un tragico paradosso il fatto che certi che si credono cristiani (secondo il detto ben poco spirituale dei cretini “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”) diano come per scontato che questa sia una festa da festeggiare esclusivamente coi familiari di sangue maltrattanti, escludendo altri ben più meritevoli del loro amore. Sicché, anziché una “vita autentica” inseguono una fiera dell’ipocrisia. (Così come è un ennesimo paradosso dei poteri politici che a Como -proprio in tutto il periodo attorno al Natale- il sindaco sostenuto dalle destre decreti in nome del “popolo”, del “decoro”  e contro il “degrado”, di fare l’elemosina ai senzacasa, italiani e stranieri, che vivono e dormono per strada nel gelo invernale: è tipico di una certa destraccia nascondere problemi sociali scomodi che riguardano le minoranze sotto il nome di falsi valori, ed è da cose così, con questo meccanismo dell' "occhio non vede, cuore non duole", che si distruggono i princìpi cristiani che talvolta proprio costoro dicono di voler difendere).

Un sacrosanto principio comune ad ebraismo e cristianesimo è “ama il prossimo tuo come te stesso” (che è meglio tradurre “tratta con spirito caritatevole il prossimo tuo come te stesso”), il che significa che dobbiamo anzitutto voler bene a noi stessi, nel senso della cura di noi stessi, di un sano amor proprio: a partire da questo (cosa non scontata, visti i tanti masochisti psicologici) noi possiamo identificarci col prossimo e non recargli del male così come appunto non lo facciamo a noi. (A proposito: nel numero del 26 novembre scorso dell’Espresso, il fondatore di “Repubblica” ha citato “ama il prossimo tuo come te stesso” come “parte del catechismo cristiano” (sic), confermando ancora una volta non solo la sua ignoranza di cui i giornalisti di quel giornale che si vanta di essere così progressista dovrebbero vergognarsi, ma anche il suo radicato e malcelato antisemitismo: non dimentichiamoci che esordì scrivendo come servo del mussolinismo antisemita, come del resto tanti altri cosiddetti “grandi giornalisti” che poi si sono ricostruiti la propria finta verginità. Ma quel comandamento è ebraico prima che cristiano, e si legge nel libro del Levitico: l’ebreo Gesù lo pronunzia in quanto ebreo, da buon ebreo che ha colto, in una sua sintetica interpretazione personale di Rabbi, lo spirito dell’ebraismo, che del resto, in varie formulazioni, è la cosiddetta regola d’oro che si ritrova in quasi tutte le religioni del mondo.)  Ebbene, questo principio dovrebbe essere ben radicato nelle nostre anime, eppure sono tante le persone adulte che continuano a farsi del male subendo i maltrattamenti da parte dei propri familiari anaffettivi: mariti, compagni e madri, in primis.

domenica 25 febbraio 2018 alle ore 16.30 alla storica Libreria Gruppo Anima
il cinetalk su "Socrate" cura del filosofo Lele Jandon, con il vecchio film di Rossellini.
Dal 14 gennaio, riprenderà la mia rassegna proprio sulle più feconde radici spirituali della nostra bella Europa, nella nuova location della splendida, storica Libreria Gruppo Anima di Galleria Unione, 1, a due passi dal Duomo. Come Vi racconterò nel cineforum su Socrate domenica 25 febbraio, la mission di questo filosofo greco antico era proprio mostrare, interrogando i suoi interlocutori concittadini, la contraddizione interna di alcune tradizioni, anche religiose Il suo insegnamento è quello di allenare sempre la nostra mente formulando bene i Concetti che rechiamo in mente: oggi Socrate sarebbe in giro per le strade a provocare chiedendo “che cos’è il Natale?” e, domanda successiva, “Che cos’è la famiglia PER TE?”, o meglio “che valore ha per te la famiglia, per la tua coscienza (psyché)?”.
Alle pagg. 8 e 9 della rivista "Anima News" che trovate in omaggio alla libreria Gruppo
Anima (Galleria Unione, 1, Milano) un articolo su "La Nostra Europa", la rassegna
speciale de "Il Cinema e i Diritti".

Dal canto suo, Socrate chiamava propria famiglia la cerchia dei propri phíloi (che significa ben più che “amici”: vuol dire i propri “cari”, e si riferisce anche ai compagni di vita e d’amore). Chiediamoci dunque, socraticamente, chi sia la famiglia per noi, non per l’anagrafe. E ciò che è bene per noi, non per le convenzioni e le apparenze prive di fondamento morale. (Ecco una bella lettura feconda per le nostre festività natalizie: a proposito di depressione natalizia, il filosofo Montesquieu diceva che non c’era momento di melanconia che non riuscisse a scacciare proprio grazie ad un buon libro!).

Cinque secoli dopo, lo stesso Gesù, pare abbia pronunziato questa fra le varie frasi clamorose: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?” e “girando lo sguardo attorno” (cioè indicando la propria cerchia di amici-discepoli che si era creato) disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli. Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre” (come dire: chi condivide i miei valori spirituali lo sento come mio fratello).
La rassegna di Lele Jandon sulle radici spirituali dell'Europa

E ci sono almeno altri tre versetti intorno a questo concetto: le vacanze di Natale sono anche un’occasione per andare a leggersi questo classico della letteratura, i quattro Vangeli, che altrimenti sono sempre mediati dalle scelte dei preti e dei pastori.




Insomma, Gesù aveva una visione spirituale e “socratica”, e non “sanguigna” della famiglia: ed infatti, proprio per questo suo spirito critico Gesù si fece molti nemici proprio come, cinque secoli prima, Socrate. Una capacità straordinaria di Gesù era proprio saper riunire i suoi amici di svariate estrazioni sociali attorno ad una bella tavola per mangiare insieme: non era forse quella composta da lui e dai suoi confratelli una famiglia? La società civile dovrebbe prendere esempio da quest'abilità per creare sentimenti di vera fratellanza interclassista.

SIAMO UNA FAMIGLIA.
Un'illustrazione della stupenda fiaba popolare tedesca
de "I Musicanti di Brema"
Desidero citarVi un’altra splendida fonte d’ispirazione per riformulare il concetto tradizionale di vera famiglia. Nella stupenda fiaba popolare tedesca dei fratelli Grimm “I Musicanti di Brema è ben espresso proprio questo concetto della famiglia come libera scelta, non come tragico destino. Per strada (metafora del cammino della vita) si ritrovano quattro animali domestici (un asino, un cane, un gatto ed un gallo) che hanno tutti in comune il fatto di aver intuito che le loro famiglie umane, che essi hanno servito tutta la vita, li odiano in quanto risultano vecchi ed inutili all’economia familiare. Allora “scappano di casa”, e decidono di costituire insieme una nuova famiglia, vanno a vivere insieme in una casa abbandonata da cui scacciano una banda di ladroni superstiziosi fingendosi dei fantasmi, e così vissero felici e contenti mantenendosi come “band”. La trovo una storia meravigliosa! A proposito, oggigiorno tanti genitori non sono più capaci di raccontare belle storie, di tramandare le fiabe (preferendo delegare come babysitter i cartoni della TV o i videogiuochi) mentre questi racconti sono davvero archetipici ed espressione di una sapienza popolare che, se leggiamo con attenzione, ci dà delle lezioni straordinarie e nutre la nostra immaginazione morale quanto un romanzo.

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Natale è un’occasione per riscoprire la gioia di fare un bel dono, addirittura far scoprire oggetti o libri e autori di cui la persona beneficiaria ignorava l’esistenza! E’ l’occasione per educare i ragazzi alla capacità di andare a caccia di un dono gradito alle persone care cui vogliamo fare una bella sorpresa: è un’educazione finanziaria e un’educazione all’attenzione personale.

uno dei libri consigliati da "Il Cinema e i Diritti"
E’ capitato varie volte che le donne che sono poi state uccise dagli ex fossero attirate dalla seguente trappola dell’ultimo appuntamento: “Dobbiamo vederci l’ultimissima volta perché mi devi restituire i regali che ti ho fatto” (in genere gli anelli di fidanzamento). Quest’individui miserabili ignorano che un dono non ha una scadenza, in quanto tale non può essere restituito: già questo gesto meschino, negazione della virilità e dell’onore, dovrebbe far capire definitivamente che pappamolla siano questi violenti (generalmente dei frustrati e sfaticati falliti in tutto, invidiosi delle donne che lavorano sodo).

Ci sono finte famiglie che non sono veramente tali perché dentro non ci sono veri educatori: vi sono genitori biologici che si comportano come se tutto l’anno fosse Natale per i propri prodotti, che ricevono mancette senza nessun merito, e per ogni pretesto, ogni uscita. I saldi, le stupide uscite con stupide “compagnie” di bevute (oggi i giovani bevono moltissimo), sigarette (un dato recente ci rivela che un terzo dei nostri giovani è tabagista: che tristezza vedere tutta questa autodistruzione e noia). Questo è il contrario di una buona educazione: è un viziare come si fa con certi animaletti che noi stessi umani ci procuriamo ed impigriamo per riceverne in cambio slanci affettivi di cui noi stessi non siamo capaci nei confronti degli umani in quanto abbiamo paura di non venire amati. Questa non è una maniera umana e civile di “tirar su” i propri figli (come si dice con espressione colloquiale ma icastica). Ci sono famiglie dove i bambini e i ragazzini ricevono doni che non potrebbero essere più impropri, pericolosi e fuorvianti, una vera violenza alla loro natura: figure fintamente positive che regalano ipad, telefonini costosissimi con funzioni inutili per la loro età. Magari tentando così di comperare una specie d’affetto di questi piccoli, rovinano anche i bambini che invece sono portati ad amare i giuochi all’aria aperta, in gruppo, sportivi e dunque sani. Con quest’intrusi in casa, questi bambini e ragazzini mutano le loro abitudini e la loro capacità di concentrazione che poi è difficile re imparare ad allenare per eccellere anche nelle relazioni (http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/allenare-lattenzione-muscolo-della.html ). I buoni genitori oggi devono essere fermi e forti: non tutti i regali sono benvenuti ed accettabili.

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Solo l’educazione ad una relativa AUTONOMIA è una forma di buona educazione, che è la funzione propria dei buoni genitori: incoraggiare i propri figli a far da sé, a volersi bene, a farsi sempre rispettare, a realizzare i propri talenti, a non disperarsi tutte le varie volte che si fallisce. E donare amore, cioè rispetto, attenzione, ascolto. (Che poi, amore incondizionato non è il genitore che perdona e sostiene figli che commettono crimini: quella risma di “genitore” non ha mai davvero amato quel proprio figlio. Amore incondizionato non è il familismo amorale di chi nasconde i crimini dei propri familiari. Due domeniche fa c’era sul “Corrierela storia di Daniela Manzitti, madre di Michael, 24enne evaso dai domiciliari: la signora ha fatto il suo dovere denunciandolo, anche se è stato doloroso e lui le ha gridato contro: “Ti odierò per il resto della vita”. E lei: “Odiami sinché vorrai…”. La signora, che oggi è una badante, si è trasferita dal Piemonte alla Puglia ove ha lavorato per anni di notte come vigilante, sicché di giorno era troppo stanca per occuparsi di questo suo figlio; inoltre aveva un compagno violento che era ben lungi dall’essere una figura paterna. E così, il figlio è cresciuto male entrando ed uscendo dal carcere per furto, rapina e spaccio di droghe, di cui egli stesso fa uso. Ora questa madre si è fatta coraggio ed ha fatto finalmente l’unica cosa giusta, praticamente consegnando il figlio sperduto alla giustizia. Così il suo nipotino (che deve ancora nascere) avrà un padre detenuto anziché un padre latitante. Speriamo che un bel giorno il figlio si pentirà, cambierà e la ringrazierà.)

Un esempio di genitori-modello sono le madri ed i padri che tengono viva l’onlus Agedo (Associazione genitori di persone omosessuali) che sostengono a testa alta la causa (ancora lunga) della piena eguaglianza fra persone gay, lesbiche e transessuali e le persone eterosessuali. Questi attivisti sono altresì dei veri genitori sociali: uno può essere genitore dei propri figli ma anche essere una figura materna e paterna per tutta la società. Questo concetto è stato ben espresso da papà Cornelio, marito di Ileana, nel suo discorso al gay pride di Milano di due estati fa: “Siete tutti nostri figli”.

Il Comandamento dice “onora il padre e la madre” (peraltro si noti il non scontato valore equanime dato dall’ebraismo alle madri, che non a caso trasmettono la religione matrilineare), ma solo relativamente di recente abbiamo come aggiunto un implicito comandamento “onora il figlio” nella recente costruzione dei diritti del bambino (al rispetto, a non essere sfruttato come forza lavoro, a essere creduto se dice di aver subito violenza sessuale e così via).

La stessa funzione di genitori sociali la svolgono i padri e le madri di quelle svariate associazioni che si preoccupano della crescita umana e civile dei nostri bambini e adolescenti. Ecco: se vogliamo costruire insieme una società bella forte (tanto più, considerato che la politica è debole e non creativa) dobbiamo unire le forze di tutte le tante e varie associazioni perché così l’unione fa la forza.

Anche quando si è politicamente disperati, resta sempre per tutti noi il comune impegno nella costruzione quotidiana della società civile. La società può informare, fare pressing finanche a costringere le varie forze  politiche a svolgere i loro doveri di protezione e costruzione di leggi che coprano i vari vuoti. Ma soprattutto, quando siamo attivi nella società facciamo esperienza di quel sentimento che è la fratellanza. Possiamo avere le varie libertà, cioè i diritti, possiamo godere dell’eguaglianza giuridica ma senza quest’ingrediente fondamentale, la fraternità, la società si autodistrugge.

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Il Natale, storicamente, era nei secoli il ricordo della nascita di Gesù che, come un angelo messaggero mandato dal Cielo, avrebbe annunziato (secondo la ricostruzione di coloro che a partire da lui han fondato il cristianesimo) di essere “figlio di Dio”, quindi Dio (con tutti i problemi sulla natura divina che hanno portato a concili, infinite discussioni e uomini bruciati vivi come “eretici”). Questo profeta ha portato dunque la fratellanza. Ma non fu l’unico: a dimostrazione che esiste questo sentimento nel profondo dello spirito umano sano. Come scrive la grande filosofa Simone Weil nel suo geniale libro che V’illustrerò nel mio evento per il Mese della Memoria, il prossimo 14 gennaio, già quaranta secoli fa il Dio degli antichi egizi diceva: “Io ho creato i quattro venti perché ogni umano possa respirare come suo fratello…Io ho creato ogni umano simile a suo fratello.”

Nel secolo scorso abbiamo visto che disastri hanno portato le ideologie che negavano proprio la fratellanza fra gli umani persino fra concittadini e fra europei.
Diane Kruger in una scena del commovente film "Joyeux Noel"
 
Alla luce della Storia, questo messaggio angelico del cristianesimo che siamo fratelli merita davvero di essere preso sul serio per la sua forza morale creativa. Lo stupendo film “Joyeux Noel” racconta la storia vera (raccontata anche nel libro “La tregua di Natale”, ediz. Lindau) avvenuta nel primo anno dell’orribile Prima guerra mondiale: tre schieramenti di soldati in trincee a pochi passi l’una dall’altra (perlopiù coetanei), da una parte scozzesi e francesi, e dall’altra tedeschi, che la vigilia di Natale si fermano per una tregua, con un sermone, dei canti e dei drink insieme, in nome di questa comune Festa che unisce l’Europa cristiana. Ma soprattutto, tutti incantati e commossi dinanzi alle voci di un soldato tedesco e di sua moglie, giunta lì sul fronte apposta con l’autorizzazione del principe con la scusa di voler recare un po’ di conforto ai soldati. Anche un soldato ebreo si commuove. Lutero, che è sempre stato un leader pacifico, diceva che una delle ragioni per cui egli amava la Musica era “perché essa è un dono di Dio, fa gioire i cuori, caccia il diavolo, provoca una gioia innocente (…) perché regna nei tempi di pace. Amo la musica. Anche per questo non mi piacciono i fanatici: essi, infatti, disprezzano la musica”.

L'idea-regalo di Natale de "Il Cinema e i Diritti": il docufilm
di nostra produzione
Non a caso, i terroristi hanno fatto stragi proprio nei luoghi musicali, ove le persone normali si ritrovano per commuoversi a suon di musica.

Due anni fa, il 13 novembre, 90 ragazzi uccisi nell’ottocentesco caffè-concerto Bataclan di Parigi, che oggi ha riaperto: il Presidente Macron ha celebrato l’anniversario proprio partecipando ad un concerto, all’aperto, davanti allo storico locale.

Nel giugno di un anno fa In Florida, ad Orlando, contro una discoteca gay friendly: 49 uccisi fra cui una madre di famiglia che ballava col figlio gay.

Nel maggio scorso, contro un concerto alla Manchester Arena di una giovanissima compositrice e cantante americana: ventitré morti.
il pastore Martin Luther King Jr (1929 - 1968)
con la moglie Coretta Scott King (1927 - 2006),
entrambi attivisti per i diritti umani, ed i loro figli.

E ancora: i lupi solitari razzisti che han fatto stragi per esempio nella chiesa battista, ove si cantava la domenica, luogo più che mai simbolico proprio del sentimento di fratellanza cristiana.

Quest’illuminante frase del grande Riformatore vale ancor oggi proprio per i fanatici che producono il terreno di coltura o di chi compie le stragi, o di chi, comunque, non sente orrore come noi per condannarle senza dubbi, o comunque disprezza la cultura dell’eguaglianza uomini/donne e non vuole assolutamente integrarsi e rende la vita delle “proprie” donne un inferno. Ricordo che anche in Italia ci fu un genitore musulmano che si oppose all’insegnamento obbligatorio della  musica a scuola perché peccaminosa.

Nella sua “Lettera sul Fanatismo”, il filosofo inglese del Sei-Settecento Shaftesbury (un cristiano credente) condivise un’intuizione geniale: ciascuno di noi concepisce Dio in base al proprio stato d’animo generale. I gioiosi intendono la spiritualità come gioia, i depressi hanno una visione cupa della religione. E come si può creare questa gioia se non grazie alla magia della Musica?

Poi, c’è il cattolicesimo che ha tanti paramenti barocchi e tante lucette e statuette dei presepi a cui tanto tiene, ma in Italia tanti giovani sono fuggiti proprio perché manca una dimensione musicale in troppe parrocchie gestite da vecchi preti che non innovano nulla: né le prediche né la musica. Eppure, nella storia del cattolicesimo c’è per esempio proprio un prete, Licinio Refice, che i tanti di voi melomani magari non conoscono, che concependo la Messa come dramma, innovò con le sue composizioni la musica. Sono fuggiti anche tanti adulti, che in chiesa vanno solo il giorno di Natale, per onorare perlopiù una tradizione familiare.

La Musica ha questo magico potere di unirci. Non a caso, il sociologo tedesco contemporaneo Hartmut Rosa ha scelto proprio un termine tratto dalla musica per indicare la sua proposta di un modo di stare al mondo in dialogo col prossimo: la “risonanza” (Resonanz, da “risuonare”) come risposta all’alienazione.
 

Già Christoph Porbst, uno dei giovani della Rosa Bianca la cui storia Vi racconto integrando il film domenica 14 gennaio, scriveva a proposito del gruppo clandestino: “Attraverso la forte diversità dei caratteri il nostro stare insieme ha sempre un certo fascino. Perché è un tempo in cui ognuno deve trovare risonanza nell’altro, e per questo non è necessario che la reciproca sintonia sia totale” (citato in Paolo Ghezzi, “La Rosa Bianca. La Resistenza al nazismo in nome della libertà”, cit. in Lorenzo Tibaldo, “La Rosa Bianca. Giovani contro Hitler”, Claudiana, Torino 2014, pag. 90). Non a caso, tutti i componenti di questo gruppo che ha tentato eroicamente di risvegliare le radici di umanità e spiritualità della civiltà europea erano grandi amanti della Musica che si commuovevano dinanzi alle note dei grandi compositori.

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La comunità di Sant’Egidio fa il pranzo di Natale con le persone senza dimora perché è capace di sentire questo senso di fratellanza. Tutti noi che operiamo nel sociale sentiamo questo senso di fraternità nel nostro lavoro.

Credenti o meno, resta il fatto che tutti dovremmo davvero trovare fondamento nei nostri cuori a questo valore irrinunciabile: la fratellanza umana. Tutti i mali morali altro non derivano che da questo non sentirci responsabili delle vite degli altri, il non sentirci in qualche modo fratelli, cioè persone con un legame forte: i politici irresponsabili e avidi dei privilegi del potere che non fanno politiche sociali; gli uomini che, come ad esempio i vari terroristi o gli uccisori dei propri familiari, ammazzano innocenti.

Con Antonello siamo stati a Vilnius nei giorni scorsi ed abbiamo assistito alla cerimonia d’accensione dell’albero di Natale nella grande, stupenda piazza di questa meravigliosa città (fra le nostre preferite in assoluto): c’erano vari cantanti che cantavano canzoni natalizie in inglese. Invece qui a Milano vedo che così tante persone si riuniscono solo per fare le compere, non per fermarsi e soffermarsi intorno a un vero valore comune.
Ecco, anche la buona musica in una lingua universale ha la magica capacità di creare emozioni liete, di fratellanza e piacere, e dovremmo inserirla anche nei nostri living room durante le feste in generale ma anche nelle nostre associazioni.
Il Natale è un grande esperimento sociale, la grande chance di chi vuol mutare il proprio atteggiamento verso la vita, e finalmente aprirsi all’ascolto dei suoi familiari: se nemmeno con un’occasione così i familiari non rinunciano ad essere dei guastafeste, la situazione familiare è disperata. Un suggerimento per contribuire a creare un’armonia: create dei segnaposti e distribuite bene i vari ospiti, avendo cura di far sedere vicine le persone che possono andare già d’accordo.

Insomma, la morale di tutto questo mio discorso è la seguente: vivete una vita autentica, perciò sentitevi pienamente liberi di festeggiare le feste comandate con chi sentite davvero un vostro familiare, in primis i vostri più intimi amici, tanto più se si ritrovano senza famiglia, e i vostri partner di vita. Non teneteli nascosti se siete gay o lesbiche: il Natale è l’occasione di fare la prova se la vostra sia una vera famiglia. Impariamo a creare con la nostra immaginazione i nostri sacri rituali, le nostre sacralità. Circondiamoci di persone capaci di gioia e di apprezzare i nostri slanci di avvicinamento, capaci d’immaginazione morale, e non solo a Natale, come diceva Dickens, “onorerò il Natale nel mio cuore, e cercherò di tenerlo con me tutto l’anno”! Mi sembra che questo quadro del danese Viggo Johansen, con questa mamma danzante con i suoi figli, illustri perfettamente questo spirito che possiamo conservare e diffondere davvero ad ogni occasione festosa.

Lele Jandon

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