di LELE JANDON
E' importante educare a fare
Festa, cioè insegnare a stare insieme sperimentando le gioie della fratellanza
umana.
Spesso gli adulti risultano incapaci di festeggiare: penso a coloro
che scambiano una Festa con un’abbuffata, che spignattano dalla sera prima per
mostrare quanto siano dei bravissimi cuochi, ma non fanno che riempire le pance
e non sanno creare un’atmosfera nella propria casa, mettere a proprio agio gli
ospiti, che ritengono solo dei commensali da cui si attendono complimenti per
la propria cucina.
Il filosofo greco Epitteto consiglia nel suo “Manuale” (paragrafo 36): “Quando pranzi insieme con un altro, ricòrdati di preoccuparti non solo del valore delle portate rispetto al tuo corpo, ma anche di mantenere un comportamento rispettoso nei confronti del tuo ospite”.
Quegli adulti
risultano incapaci di creare quel clima di
calore umano che in danese si chiama “hygge” (si legge “huga”), cioè la capacità
pratica di creare un’atmosfera di “home”,
di vera Casa sentita e vissuta con pochi, semplici tocchi magici: per esempio
coloro che fanno orribili alberacci
spogli, bassi come piantine e senza regali sotto, rivelando così la loro natura abbastanza avara ed arida: allora, meglio
non far nulla, piuttosto che imbastire simili miserabili decorazioni.
Sopra e sotto: la cerimonia ebraica di Tu Bishvat è una festa educativa: esattamente il contrario della tradizione di tagliare gli abeti per farne "alberi di Natale". |
Il filosofo greco Epitteto consiglia nel suo “Manuale” (paragrafo 36): “Quando pranzi insieme con un altro, ricòrdati di preoccuparti non solo del valore delle portate rispetto al tuo corpo, ma anche di mantenere un comportamento rispettoso nei confronti del tuo ospite”.
E
uno dei Proverbi attribuiti al saggio re Salomone, figlio di Davide (nell’omonimo
libro della Bibbia ebraica) ammonisce a non farsi ingannare dalle apparenze: “Non
mangiare il pane di chi ha l’occhio maligno, non desiderare i suoi cibi
delicati; poiché, nell’intimo suo, egli è calcolatore; ti dirà: “Mangia e bevi!”,
ma il suo cuore non è con te” (26. 6 – 7).
Ci sono poi quelli che
strumentalizzano il Natale facendo cene di autofinanziamento per i partiti: la “cena
di Natale” (sic). Davvero grottesco,
di pessimo gusto: nella loro arida cultura completamente secolarizzata, non
hanno compreso che il Natale è un’altra cosa, è intimità e dono, non c’entra
coi finanziamenti dei partiti. E a proposito di associazioni, non sono graditi gli
auguri inviati in forma spersonalizzata da un’email (meglio non inviare nulla,
piuttosto, se uno non è capace di organizzarsi e farli di persona, vivavoce e,
ancor meglio, de visu) o bigliettini con
frasi prestampate e/o senza riferimenti personali, e meno che mai s’inviano gli
auguri di Natale in forma di “messaggino” il giorno stesso, in cui le famiglie
dovrebbero essere lasciate in pace: trovo strano che – fra la tanta spazzatura
di pseudo-intellettuali che invade le librerie italiane- non sia ancora stato
pubblicato un galateo sull’uso degli apparecchi telematici, compreso il
cellulare.
Questa rozza trasandataggine fa parte della nostra cultura della fretta: si legge e si commenta distrattamente su Facebook, si scrive con errori ortografici su whatsapp, si “condividono” (nel senso facebookiano) articoli ma non si ha voglia/tempo di metterci una frase personale, si fa tutto al volo senza qualità, senza personalità.
Prendiamo ispirazione dagli ebrei: educhiamo i nostri figli ed allievi a piantare alberi, non a disboscare! |
Questa rozza trasandataggine fa parte della nostra cultura della fretta: si legge e si commenta distrattamente su Facebook, si scrive con errori ortografici su whatsapp, si “condividono” (nel senso facebookiano) articoli ma non si ha voglia/tempo di metterci una frase personale, si fa tutto al volo senza qualità, senza personalità.
Già la domenica in molti sono incapaci
di festeggiare questo giorno: questa diffusa incapacità mi ricorda molto un
passo del romanzo “Il Cielo Diviso” (1975) di Christa Wolf,
scrittrice atea e comunista dell’allora Germania Est, che ho riletto di recente
per il mio cinetalk sul Muro: “Che
silenzio nei giorni festivi! Che noia, riversarsi insieme con la gente ben
vestita per le strade! Era questa la festa, per cui ci si preparava da
settimane? A stento si riusciva a celare la reciproca delusione” (pag. 112
edizioni e/o, 2012, prima ediz. 1992).
Il sintomo del degrado morale,
sociale e culturale di questo Paese lo vediamo dalle reazioni alle notizie del
ddl proposto da un deputato per lasciare le domeniche alle famiglie. Sulle
pagine Facebook dei quotidiani (ove si può avere l’idea dell’italiano medio
telefonino-dipendente e che non riferiscono precisamente i contenuti del disegno di legge creando solo confusione e disinformazione) si può constatare come addirittura ormai i più ritengano
giusto avere i negozi aperti tutta la domenica: i commenti dei tantissimi
ottusi Facebook-dipendenti dinanzi sono stati quasi tutti unanimi “cambino pure
mestiere, se non gli sta bene!”. Questi odiatori, cretinetti già di loro, poi
istupiditi dall’abuso di Internet e dagli abusi dei poteri politici
indifferenti alla qualità della vita delle persone, sono la dimostrazione vivente
di come questo Paese si sia ridotto ad un ammasso di consumatori consumisti, di
schiavi che però si ritengono così liberi da esprimere questi “pensierini”:
sono col progresso, loro, sono già avanti. Praticamente,
quest’incapacità di pensare due minuti prima di
vomitare questo commento a caldo è la dimostrazione che la gente che s’informa
via Internet ha già abolito la domenica come festa: non è più sentita. Così
come non è più sentita la famiglia.
Come raccontavo al cineforum su
Lutero nella mia intervista al pastore luterano nostro Ospite, quando ho visitato Oslo sono rimasto colpito dal fatto che la domenica in Norvegia è davvero tutto chiuso. E
non c’era gente in giro perché lì la domenica è sacra, ci si gode la famiglia.
E’ una società sì “secolarizzata”, quella norvegese, ma capace di conservare
bene le proprie sacralità. E non è dunque un caso che quest'anno risulta nel World Happiness Report (sondaggio demoscopico mondiale sulla percezione di felicità), che sia proprio la Norvegia il Paese più felice.
Lo stesso provvedimento è stato preso di recente nella città di Bolzano, che non a caso è di cultura tedesca (trentino era, non a caso, l’unico grande presidente del consiglio italiano, uno dei padri fondatori dell’Europa Unita, Alcide De Gasperi).
Lo stesso provvedimento è stato preso di recente nella città di Bolzano, che non a caso è di cultura tedesca (trentino era, non a caso, l’unico grande presidente del consiglio italiano, uno dei padri fondatori dell’Europa Unita, Alcide De Gasperi).
Questo ddl non è illiberale, bensì una vera
comune liberazione: l’opposto della direzione che sta prendendo l’Italia che fa
continuamente violenze contro i lavoratori e di conseguenza alle famiglie e ai
bambini e agli adolescenti che hanno bisogno dei loro genitori almeno la
domenica. Passate la domenica per corso Buenos Aires ed osservate le grottesche
famigliole mononucleari, con questi orribili ometti che recano in mano le
borsette delle spesucce delle loro compagnucce, il cui massimo passatempo
domenicale è andare a vedere i negozi trascinandosi dietro i figli (o forse
trascinati dai figli): questo è un vero consumismo del tempo, che è la perdita della cognizione del valore del nostro tempo libero e dei rapporti personali.
C’è una famosa catena di supermarket italiani (su cui leggo, un famoso regista ha fatto pure
un film) il cui slogan pubblicitario è “persone oltre le cose”, poi però basta
guardare i suoi orari di apertura (tutte le domeniche sin tardi: le ore 21!, persino il giorno stesso di Natale!)
per vedere la negazione del diritto dei lavoratori ad una piena vita familiare
che viene negato. Per questo schifo sarebbe più corretto lo slogan “cose e
non persone”. Un altro loro slogan è “nessun uomo è un’isola”, eppure ciascun
loro dipendente deve sacrificare almeno due domeniche al mese per l’avidità del
capo di questa catena che, lungi dal rappresentare questi valori umani, semmai
favorisce il malcostume di fare la spesa in quella che dovrebbe essere una
giornata liberante per tutti, a parte medici e forze dell’ordine. Essere
costretti, sia pure a weekend alterni, a lavorare di domenica, significa essere
derubati del tempo libero da dedicare alla propria famiglia, a momenti
irripetibili coi propri figli che crescono.
Per quanto talora vissuto con zelo,
l’ebraismo ortodosso dà a tutti noi un’ispirazione che dovrebbe essere di enorme invidia
ammirativa: il Sabato, lo Shabbat, si
deve assolutamente riposare, recarsi al tempio e stare in famiglia, stop. Gli ebrei lo vivono e l'attendono come una Festa
di matrimonio, come diceva il rabbino Heschel, grande amico e compagno di lotta
del pastore Martin Luther King Jr. Che enorme innalzamento della qualità
generale della vita sarebbe se questa sacralità venisse estesa a tutti in una
repubblica ideale!
Oggi in tanti hanno perso, assieme al senso delle Feste, anche il senso dello stare in famiglia. Anzi, dello stare insieme: basti vedere le comitive di giovani e adulti tutti chini e gobbi sui telefonini, pur essendo attorniati dai coetanei allo stesso tavolo. Questi mezzi sono davvero diabolici e se non ci diamo tutti una regolata muteranno antropologicamente e cognitivamente la nostra società, come ha già ammonito Chamath Palihapitiya, ex dirigente di Facebook.
Oggi in tanti hanno perso, assieme al senso delle Feste, anche il senso dello stare in famiglia. Anzi, dello stare insieme: basti vedere le comitive di giovani e adulti tutti chini e gobbi sui telefonini, pur essendo attorniati dai coetanei allo stesso tavolo. Questi mezzi sono davvero diabolici e se non ci diamo tutti una regolata muteranno antropologicamente e cognitivamente la nostra società, come ha già ammonito Chamath Palihapitiya, ex dirigente di Facebook.
Di conseguenza, tanti nostri giovani risultano ineducati a far festa:
spesso credono ci vogliano le droghe o la musica martellante mentre un tempo
bastava una chitarra in un prato o sulla spiaggia per fare festa insieme.
Lutero suona il liuto attorniato dai familiari, compreso l'amico Melantone. |
In questo quadro desolante di un
Paese incapace di fare Festa, il Natale resta sentito come vera Festa, come dimostra
il sondaggio che vedete qui, e non va annoverata certo fra i tanti ponti
insensati che affollano quasi ogni mese il nostro calendario che purtroppo non
ha subito una buona Riforma protestante.
Il Natale è via via diventato nel mondo la Festa delle famiglie e persino un
regime orribile come Cuba (dal ’97) l’ha reintrodotto per dare una parvenza di
normalità.
E se oggi viviamo il Natale come
festa delle famiglie lo dobbiamo anche all’impulso di una certa raffigurazione ottocentesca
di Lutero, come Vi abbiamo raccontato nel film di Antonello Ghezzi (ricordate
quel quadro ottocentesco che lo raffigura in salotto mentre suona con moglie,
figlioletti, l’amico fraterno Melantone e l’albero illuminato?). Lutero amava così tanto il Natale che compose due begl'inni natalizi.
"Dolcetti per i bambini", della pittrice ebrea Elena Flerova. |
Amando gli alberi, non ho mai
amato gli alberi di Natale: trovo assurdo che si tagli (e quindi si uccida nel
giro di poche settimane) un abete per commemorare una nascita
decisiva, mentre ho sempre trovato bellissima
la commovente Festa degli Alberi (tu bishvat) che coltivano gli ebrei, soprattutto nello
stato d’Israele. Se vogliamo celebrare la vita dovremmo piantare la vita, e non
reciderla. Vi ho mostrato le foto di
questa festa ebraica degli alberi al cineforum e Vi ho raccontato di come
questa sia diventata, con l’Italia laica unita, una festa istituzionale, anche
questa andata perduta ahinoi! Solo
alcuni assessori illuminati, con una coscienza ecologica, la propongono nei
propri comuni, ma sono pochi. A Milano,
città con pochi alberi e smog sopra i livelli europei, ne avremmo un gran
bisogno!
Mentre in Italia sono ancora tanti a comprare l'albero vivo per poi gettarlo nel caminetto come un oggetto di consumo, in Paesi come la Svezia, ove davvero tutti amano la natura e la rispettano, finite le festività natalizie, fanno una cerimonia collettiva proprio per ripiantare gli alberi e mantenerli così in vita.
Oggi che dovremmo oramai avere davvero tutti una coscienza ecologica (benché il cattolicesimo non abbia mai avuto delle parole precise su questo, a dimostrazione di quanto sia staccato dalla nostra terrestrità) ci sono vari modi di fare un alberello simbolico mentre l’albero morto senza radici che ha perduto le sue foglie in piazza Venezia a Roma (probabilmente per l’imperizia di chi ha fatto colare dell’acido dal cemento che è stato installato) è un’ennesima sineddoche della via della decadenza verso cui è avviato il nostro Paese.
Mentre in Italia sono ancora tanti a comprare l'albero vivo per poi gettarlo nel caminetto come un oggetto di consumo, in Paesi come la Svezia, ove davvero tutti amano la natura e la rispettano, finite le festività natalizie, fanno una cerimonia collettiva proprio per ripiantare gli alberi e mantenerli così in vita.
Oggi che dovremmo oramai avere davvero tutti una coscienza ecologica (benché il cattolicesimo non abbia mai avuto delle parole precise su questo, a dimostrazione di quanto sia staccato dalla nostra terrestrità) ci sono vari modi di fare un alberello simbolico mentre l’albero morto senza radici che ha perduto le sue foglie in piazza Venezia a Roma (probabilmente per l’imperizia di chi ha fatto colare dell’acido dal cemento che è stato installato) è un’ennesima sineddoche della via della decadenza verso cui è avviato il nostro Paese.
Alle luci artificiali del Natale cristiano preferisco il lume di
candela del candelabro a nove bracci del commovente Natale ebraico che vediamo qui illustrato dai bei
dipinti di Alex Levin: come Vi
racconteremo nel docufilm di Antonello Ghezzi, “L’angelo dagli occhi a mandorla”, il console giapponese a
Kaunas Chiune Sugihara un pomeriggio di dicembre del 1939 s’imbatté in un
bambino povero dall’aria assai triste. Quando gli chiese perché fosse così
triste, il bimbo rispose che non aveva abbastanza monete per comperare i dolcetti
per festeggiare Hannukkah.
All’inizio, il bambino ripeté quanto gli avevano detto i genitori, di non accettare doni dagli estranei, poi, quando Sugihara gli replicò che di fatto avevano già fatto conoscenza, accettò le monetine, lo invitò alla festa a casa dei suoi.
All’inizio, il bambino ripeté quanto gli avevano detto i genitori, di non accettare doni dagli estranei, poi, quando Sugihara gli replicò che di fatto avevano già fatto conoscenza, accettò le monetine, lo invitò alla festa a casa dei suoi.
Il console lasciò la casa commosso: “Questa
è stata la mia prima visita ad una famiglia ebraica, ma spero non sia
l’ultima”. Poco dopo, Sugihara e sua moglie non avranno dubbi: lavorerà anche
di notte per rilasciare quanti più visti possibili agli ebrei che volevano
scampare alla Shoah cioè al disegno criminale di eradicazione completa degli
ebrei europei.
La moglie di questo Giusto fra le Nazioni ha poi piantato un albero sakura di fronte alla residenza, in onore del marito.
La moglie di questo Giusto fra le Nazioni ha poi piantato un albero sakura di fronte alla residenza, in onore del marito.
****
E’ ben scarsa l’immaginazione di chi dà per scontato che il 24 od il 25
dicembre sia necessariamente abbastanza felice per chiunque o per i più: proprio
nei giorni scorsi è stato reso noto il dato che nell’Unione Europea l’Italia è
il Paese che, in termini assoluti, ha il numero più alto di persone povere, il
che significa che non possono certo scambiarsi i regali di Natale.
Inoltre, non tutti sono fortunati
ad avere una buona famiglia felice: Vi faccio alcuni esempi che conosco dalle
tante persone che si confidano e si confrontano con me.
A parte il caso di “famiglie” che
non si sentono per mesi, salvo scambiarsi gl’ipocriti auguri di Natale, non
sono pochi coloro i quali si ritrovano delle matrigne anziché delle madri: figure
opprimenti, negative e ladre di energie, concentrate sempre sui minimi segni
della propria salute, anaffettive, che han sempre qualcosa da ridire e capaci
solo di ricatti morali, di lamentationes infinite,
svalutazioni e di scatenare scoraggianti e distruttivi sensi di colpa (http://lelejandon.blogspot.it/2016/04/).
Infatti, fra i familiari, possono
“nascondersi” quelle figure che alcuni psicologi chiamano i “falsi positivi”:
sono persone false, inconsapevoli di recare solo negatività tanto quanto noi
siamo ignari di questo fatto, che esse
non ci recano nulla di positivo. Alla lunga, infatti, minano l’autostima e
producono guai.
Quest’individui sprezzanti sono dei guastafeste, incapaci di fare festa: anche quando sono in dolce compagnia, non sono “di compagnia”.
Il tempo che gli dedichi non è mai abbastanza: non avendo coltivato la propria creatività, sono incapaci di solitudine.
Possono anche essere legati da un affetto a delle persone, ma risultano incapaci d’amare cioè recare ascolto, rispetto, attenzione e delicatezza.
Un esempio che ho sentito: un ragazzo creativo invita un proprio familiare a vedere il proprio winter village, la loro prima acida esclamazione del fratello è: “ah, niente presepe?”, e quando il ragazzo chiede al fratello se lui e la moglie l’abbiano fatto, si sente rispondere “no, andiamo via a Natale” (sic).
Quest’individui sprezzanti sono dei guastafeste, incapaci di fare festa: anche quando sono in dolce compagnia, non sono “di compagnia”.
"Caino", scultura in bronzo del milanese Riccardo Ripamonti (1849 - 1930), Galleria d'arte moderna di Milano. |
Il tempo che gli dedichi non è mai abbastanza: non avendo coltivato la propria creatività, sono incapaci di solitudine.
Possono anche essere legati da un affetto a delle persone, ma risultano incapaci d’amare cioè recare ascolto, rispetto, attenzione e delicatezza.
Un esempio che ho sentito: un ragazzo creativo invita un proprio familiare a vedere il proprio winter village, la loro prima acida esclamazione del fratello è: “ah, niente presepe?”, e quando il ragazzo chiede al fratello se lui e la moglie l’abbiano fatto, si sente rispondere “no, andiamo via a Natale” (sic).
Ci sono donne malmaritate o male
accompagnate con violenti che in una maniera o nell’altra le maltrattano ogni
giorno, donne che anche quando vanno dai
carabinieri vengono sconsigliate dal denunciare i loro partner per questioni economiche sicché loro malgrado si
sacrificano pensando sia il male minore per i propri figlioletti: a Natale si
ricorderanno solo che non possono avere la famiglia che desideravano. E’ istruttivo il libro di Riccardo Iacona “Se questi sono gli uomini” che
spiega bene le dinamiche familiari che si ripetono (idea-regalo per Natale per
un’amica o familiare che non ha la lucidità e il coraggio per abbandonare
simili mine vaganti: http://www.ilcinemaeidiritti.it/i-nostri-consigli-di-lettura
): uomini che non lavorano e che non hanno voglia di lavorare, uomini invidiosi
del fatto che le donne lavorino, uomini che fanno loro il vuoto attorno, sicché
queste nel momento in cui vorrebbero lasciarli e vorrebbero confidarsi dei loro
dolori non ritrovano più nessuno di questi vecchi amici (ché, poi, si rivelan
così dei falsi amici, delle false amiche). Eppoi c’è il grande classico da
manuale delle donne che ritornano varie volte con loro, dopo averli lasciati.
Mi è capitato di conoscere
grottesche coppie gay che a quarant’anni suonati ancora non hanno comunicato ai
propri genitori della loro situazione affettiva (ritenendo peraltro i propri
genitori degl’idioti), o ragazzi la cui madre non vuol sentir neanche nominare
questo tema dopo il coming out del
proprio figlio come dire che era meglio che il figlio non le comunicasse la cosa:
ma, come ci ha sempre detto Veronica Pivetti ai nostri cinetalk insieme con
Agedo contro l’omofobia, “se non lo dicono ai propri genitori a chi dovrebbero
dirlo?”.
Come ci ha detto la psicanalista Enrichetta
Buchli, non dimentichiamoci mai il piccolo particolare che nella versione popolare originale della fiaba di Cenerentola la perfida
è la madre, non la matrigna: impopolare ma vero.
Ci sono coppie conviventi more uxorio che (avendo subito
acriticamente l’idea tradizionale di madre, padre e figlio) ignorano di essere
già essi stessi una famiglia: la famiglia è là dove c’è amore, quindi anche in
una coppia amorosa impegnata oppure anche in una casa in cui convivono persone
che si vogliono bene e si prendono cura gli uni degli altri. Per esempio, nel libro di Ruth,
che fa parte della Bibbia ebraica e del cristianesimo, si descrive la profonda
amicizia fra Ruth (la bisnonna del re David) e sua suocera Noemi, quando
rimangono entrambe vedove: suocera e nuora costituiscono così una famiglia di fatto.
Trovo carina l’idea di chi ricrea
i presepi con due babbi o due mamme (famiglie
che questo governo d’ignoranti non ha ancora riconosciuto legalmente).
Queste provocazioni non sono un sacrilegio, ma sono un gesto creativo che
stimola a riflettere: a Natale ognuno di noi celebra l’idea sentita che ha del
concetto di famiglia. Ché, poi, ogni concetto è un sentimento,
semplicemente.
So delle famiglie terremotate a
cui questo governo non è stato capace di garantire un Natale in intimità, e si
ritrovano ancora nei container
minuscoli come le roulotte delle
famiglie Rom, una situazione indegna di un grande Paese che è una grande
potenza industriale: http://www.lastampa.it/2017/12/23/italia/cronache/io-terremotata-dellirpinia-e-i-miei-natali-da-sfollata-passati-dentro-un-container-K3rpwyn9Je1vEsHbOZn2jI/pagina.html
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La famiglia del ricercatore Ahmadreza Djalali (a destra) vive in Svezia. |
Penso al Natale di merda che passerà in Svezia la famiglia di Ahmadreza Djalali,
lo scienziato a cui l’orribile regime della Repubblica islamica dell’Iran ha
estorto una confessione di essere una spia dell’odiato Stato ebraico (sin
dalla Rivoluzione di Khomeini che all’epoca le sinistre salutavano come giusta,
le confessioni estorte servono a preparare psicologicamente l’opinione pubblica
alle esecuzioni degl’innocenti e delle innocenti).
SENZA SCRUPOLI: LA VERGOGNA ITALIANA. L'alto rappresentante degli affari esteri dell'Unione Europea si prodiga in sorrisi con indosso il chador per compiacere il Parlamento iraniano. |
Ma l’accusa nel codice penale
islamico è “diffusione della corruzione sulla Terra” (articolo 286). Nella
detenzione, lunga sette mesi, è stato spesso bendato, i suoi avvocati respinti
né sono state addotte prove. Lui invece ha fatto filtrare una lettera con cui
ha fatto sapere ai suoi che questa condanna a morte è una vendetta per aver
rifiutato di fare la spia al servizio dell’Iran.
Sua moglie ha rivolto un preciso appello all’alto rappresentante degli
affari esteri dell’Unione Europea, che è un’italiana laureata con tesi sull’Islām e che si reca a fare
foto tutta sorridente con il chador proprio coi parlamentari carnefici che fanno simili leggi
contrarie allo stato di diritto e che mandano a morte persino i minorenni in
quanto “sodomiti”. Si è rivolta proprio a lei in persona perché il condannato a
morte ha lavorato bene proprio qui in Italia.
La cosiddetta “alta rappresentante” non ha degnato di risposta questa
donna che resterà presto vedova, e per vece sua hanno risposto i suoi portavoce
senza riferimenti al caso particolare: dinanzi a questa nostra rappresentante
così priva di scrupoli morali che pensa solo a fare affari con quel Paese provo
vergogna di essere italiano. Intanto, tutti pensano allo shopping natalizio e
la notizia è relegata a trafiletti e passa inosservata.
****
Un'illustrazione del film e della pièce "E' solo la fine del mondo". |
Conosco care persone che,
nonostante abbiano già formato una propria famiglia, con marito o moglie e
figlioletti, si ritrovano a carico a
casa anziani genitori ingrati che rovinano il clima familiare, sempre
rimasti uguali a sé stessi: stare in simili famiglie è come nuotare in una
piscine piene di sostanze tossiche e nauseabonde.
Il giovanissimo regista canadese Xavier Dolan illustra perfettamente
quest’incapacità d’amare e di stare insieme in particolare nel film “E’ solo la fine del
mondo” (che abbiamo visto all’Institut Français), tratta dalla pièce teatrale di Jean-Luc Lagarce: un
bel ragazzo, sensibile e fine, di successo, prende la difficile decisione di
ritornare, dopo tanti anni, a casa dai suoi (matriarca e fratelli) per dargli una
notizia importante. Ben presto, ciascuno dei suoi familiari incomincia a
rivelare i cattivi sentimenti che malcelano dietro l’apparente ospitalità. La
madre in disparte comincia a tirar fuori i rinfacci, il fratello- Caino a
palesare le invidie, la matriarca gli chiede: “dai, raccontaci il gossip dei
tuoi amici VIP di Parigi”. E non basta la sorella ben disposta a riallacciare
un rapporto con lui: il clima è tossico. Lui se ne va desolato senz’esser
riuscito a comunicare con loro, incapaci di ascoltare. Quante famiglie
conosciamo così?
"Natività con Adorazione dei Pastori danzanti con un cane", dal libro di preghiere "Ore Spinola" (1515 circa), Jean Paul Getty Museum di Los Angeles. |
Sempre a proposito di cinema, so
che il 4 gennaio uscirà “Tutti i soldi
del mondo”, un film sulla saga della famiglia di petrolieri americani Getty:
questa storia familiare è un esempio di come un patriarca anaffettivo quale fu
Jean Paul Getty possa nuocere ad un’intera famiglia con la sua mancanza d’amore,
e la sua avidità persino quando c’è in giuoco la vita del nipote che è stato
rapito da dei criminali. (E non è un caso che sia stato, in un primo momento,
scelto ad interpretarlo uno che, come Kevin Spacey, si è dimostrato abile a
ricoprire ruoli da narcisista e sociopatico: come ha di recente rivelato suo
fratello, Spacey è stato violentato proprio dal loro padre e ha poi da adulto
riprodotto questa logica di violenza nei confronti di altri ragazzi una volta
conquistato il proprio potere di ricchezza come star di Hollywood. In tutta la
sua vita, evidentemente, non ha trovato nessuna figura amorevole che gli abbia
mostrato che cosa sia l’amore.) A proposito, condivido con Voi questa splendida illustrazione di un prezioso libro
di preghiere del Cinquecento, le “Ore
Spinola”, conservato proprio al Getty Museum di Los Angeles: leggo con
orrore in questi giorni che hanno sfiorato questi tesori le fiamme degl’incendi
appiccati in tutto il Sud della California dai sociopatici piromani e nove mila
pompieri sono al lavoro. Ebbene, quest’opera “L’Adorazione dei Pastori” (che ballano fra loro e con un cagnolino
alla notizia della Natività) ben restituisce il clima di una vera Festa: ai suoi inizi, il
cristianesimo prevedeva che nelle chiese si danzasse. Si spostavano
le panche e si danzava insieme (come facevano gli ebrei chassidim a partire dal Settecento, entusiasti dal messaggio della
teologia del chassidismo). Dopo fu considerato sconveniente e questa tradizione
andò persa, purtroppo.
Gli animali domestici, che
sentiamo davvero come veri componenti delle nostre famiglie, sono la
dimostrazione vivente non solo di quanto gli altri animali siano naturalmente
capaci di attenzioni, riconoscenza ed amore incondizionato, ma altresì di
quanto simili individui, come le suddette madri umane maltrattanti, sono
davvero distanti dalle potenzialità della natura di mammiferi: se volete
un’idea-regalo carina, richiedeteci una bella copia in DVD dei nostri docufilm
“Capre, Cani e Gatti: Incredibili Storie
Vere” e “Asini ed Oche: Incredibili
Storie Vere”.
Le persone (che si ritengono
tanto) “coscienziose” che si ritrovano simili familiari in realtà non riescono
a trovare una liberazione da simili figure per le stesse ragioni per cui certe
donne o uomini non riescono ad abbandonare i partner incapaci di amarli: perché non hanno ancora compreso
definitivamente che cos’è il vero amore. Nel
caso in cui stiamo vivendo una storia simile e non facciamo un lavoro su noi
stessi per comprendere il nostro inconscio e
come esso sia in contraddizione con la nostra coscienza intellettuale e morale,
non saremo mai persone libere, integre e tutte d’un pezzo, saremo sempre
schiave di rapporti umani distruttivi.
Ebbene, questa serie di persone sfortunate da
questo punto di vista, non devono sentire l’obbligo morale di festeggiare:
non ha senso dover subire una famiglia che tale mai si dimostra tutto l’anno
solo perché è una festa comandata. Se si sono già fatti gli slanci di
avvicinamento e comprensione ma non c’è risposta dall’altra parte, significa
che non c’è autoconsapevolezza e capacità sociale. In generale, ogni convenzione
che non combacia con l’etica morale va rivista e abbandonata: se la presunta
famiglia si comporta con te in maniera immorale, non ti ha mai rispettato, che
senso ha doverla “festeggiare”, provare a farle festa? E’ un’impresa disperata.
Di certo non sarebbe una vera festa per te. E se non c’è reciprocità, che senso
ha un avvicinamento unilaterale? Basare le proprie scelte di campo su un senso
di appartenenza non creativo è comune anche a coloro che non abbandonano
appartenenze religiose che gli fanno solo male: penso ai vari gay e divorziati
che restano o addirittura credono di militare nel cattolicesimo perché sentono
la Chiesa come una mammina. Ma il masochismo non è coraggio, e diventare adulti significa anche ritrovare la
propria integrità personale, il proprio senso della dignità, ed avere il
coraggio di rendersi capaci di abbandonare radici malvagie e simili istituzioni
che non hanno la forma di una vera famiglia.
Ci sono altresì persone che rischiano di non passare un Natale felice:
sono quelle che si ritrovano orfane dei propri genitori o dei propri figli,
e magari sono figli unici. Se sono vostri intimissimi amici, penso che sia un gesto davvero natalizio
invitarli il giorno stesso in cui si festeggia nella propria casa, e non creare stupide feste extra, in aggiunta al giorno
stesso di Natale: è una stupidaggine ridicola, inutile tipicamente piccolo
borghese “vorrei-ma-non-posso” di chi non ha il vero coraggio di trasformare
creativamente le feste comandate.
Peraltro, uno svantaggio di simili stupidi ritrovi pretestuosi è che ci
si rovina l’appetito: cibandosi ad
nauseam di dolci grassi, ci si ritrova il giorno di Natale incapaci di
gustare un buon pandoro od un tenero panettone che dovrebbero essere qualcosa
da riservare ad occasioni speciali (raccomando quello dell’associazione “Vidas”
che accompagna le persone negli ultimi giorni: lo trovate a 15 euro anche in
corso Italia). Non dimentichiamo le indicazioni dietetiche che sono alla base
della nostra civiltà, a partire dai Greci antichi: come suggeriscono i
dietologi, un solo primo, un secondo ed
un dolce sono più che sufficienti per festeggiare a dovere. Gl’ingredienti di una vera Festa come il Natale sono ben
altri: lo spirito di festa, di gioia, d’intimità, che significa
raccontarsi ed ascoltare. Non si parla male degli altri se non si sanno bene le
cose. Se un nostro amico è solo, è il caso d’invitarlo
a Natale, non un altro giorno, “a parte”: solo così passerà un bel Natale:
com’è noto, sono per un concetto inclusivo e non esclusivo, di famiglia. Ma
sono anche per il rispetto delle belle tradizioni: il Natale si festeggia la
sera del 24 oppure il pranzo del 25. E si festeggia coi familiari intimi, non
coi colleghi.
Ecco, questo tipo di situazioni
familiari è una delle possibile concause di quella sindrome fatta di apatia,
abulia, anedonia (e persino "singenesofobia" cioè fobia di affrontare il parentado) che alcuni psicologi chiamano genericamente “depressione natalizia” sicché, anziché
essere periodo di letizia, il Natale diviene una tortura psicologica: forza a
stare in cattiva compagnia ed anziché ricordare qualcosa di lieto, ci rammenta
che la famiglia anagrafica non si rivela mai davvero tale, neanche durante le
feste.
Come non ha senso che per Pasqua ordiniamo al
macellaio di farci ammazzare un capretto da mettere in tavola, così è un tragico
paradosso il fatto che certi che si credono cristiani (secondo il
detto ben poco spirituale dei cretini “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”)
diano come per
scontato che questa sia una festa da festeggiare esclusivamente coi familiari
di sangue maltrattanti, escludendo
altri ben più meritevoli del loro amore. Sicché, anziché una “vita
autentica” inseguono una fiera dell’ipocrisia. (Così come è un ennesimo
paradosso dei poteri politici che a Como -proprio in tutto il periodo attorno
al Natale- il sindaco sostenuto dalle destre decreti in nome del “popolo”, del “decoro”
e contro il “degrado”, di fare
l’elemosina ai senzacasa, italiani e stranieri, che vivono e dormono per strada nel gelo invernale: è tipico
di una certa destraccia nascondere problemi sociali scomodi che riguardano le
minoranze sotto il nome di falsi valori, ed è da cose così, con questo meccanismo dell' "occhio non vede, cuore non duole", che si distruggono i
princìpi cristiani che talvolta proprio costoro dicono di voler difendere).
Un sacrosanto principio comune ad
ebraismo e cristianesimo è “ama il prossimo tuo come te stesso” (che è meglio
tradurre “tratta con spirito caritatevole il prossimo tuo come te stesso”), il
che significa che dobbiamo anzitutto voler bene a noi stessi, nel senso della
cura di noi stessi, di un sano amor proprio: a partire da questo (cosa non
scontata, visti i tanti masochisti psicologici) noi possiamo identificarci col
prossimo e non recargli del male così come appunto non lo facciamo a noi. (A
proposito: nel numero del 26 novembre scorso dell’Espresso, il fondatore di “Repubblica”
ha citato “ama il prossimo tuo come te stesso” come “parte del catechismo
cristiano” (sic), confermando ancora
una volta non solo la sua ignoranza di cui i giornalisti di quel giornale che si
vanta di essere così progressista dovrebbero vergognarsi, ma anche il suo
radicato e malcelato antisemitismo: non dimentichiamoci che esordì scrivendo
come servo del mussolinismo antisemita, come del resto tanti altri cosiddetti
“grandi giornalisti” che poi si sono ricostruiti la propria finta verginità. Ma quel comandamento
è ebraico prima che cristiano, e si legge nel libro del Levitico: l’ebreo Gesù
lo pronunzia in quanto ebreo, da buon ebreo che ha colto, in una sua
sintetica interpretazione personale di Rabbi, lo spirito dell’ebraismo, che del
resto, in varie formulazioni, è la cosiddetta regola d’oro che si ritrova in quasi
tutte le religioni del mondo.) Ebbene, questo
principio dovrebbe essere ben radicato nelle nostre anime, eppure sono tante le
persone adulte che continuano a farsi del male subendo i maltrattamenti da
parte dei propri familiari anaffettivi: mariti, compagni e madri, in primis.
domenica 25 febbraio 2018 alle ore 16.30 alla storica Libreria Gruppo Anima il cinetalk su "Socrate" cura del filosofo Lele Jandon, con il vecchio film di Rossellini. |
Dal 14 gennaio, riprenderà la mia
rassegna proprio sulle più feconde radici spirituali della nostra bella Europa,
nella nuova location della splendida, storica Libreria Gruppo Anima di Galleria
Unione, 1, a due passi dal Duomo. Come Vi racconterò nel cineforum su Socrate domenica 25 febbraio,
la mission di questo filosofo greco
antico era proprio mostrare, interrogando i suoi interlocutori concittadini, la
contraddizione interna di alcune tradizioni, anche religiose Il suo
insegnamento è quello di allenare sempre la nostra mente formulando bene i Concetti
che rechiamo in mente: oggi Socrate sarebbe in giro per le strade a provocare
chiedendo “che cos’è il Natale?” e, domanda successiva, “Che cos’è la famiglia
PER TE?”, o meglio “che valore ha per te la famiglia, per la tua
coscienza (psyché)?”.
Dal canto suo, Socrate chiamava propria famiglia la cerchia dei propri phíloi (che significa ben più che “amici”: vuol dire i propri “cari”, e si riferisce anche ai compagni di vita e d’amore). Chiediamoci dunque, socraticamente, chi sia la famiglia per noi, non per l’anagrafe. E ciò che è bene per noi, non per le convenzioni e le apparenze prive di fondamento morale. (Ecco una bella lettura feconda per le nostre festività natalizie: a proposito di depressione natalizia, il filosofo Montesquieu diceva che non c’era momento di melanconia che non riuscisse a scacciare proprio grazie ad un buon libro!).
Dal canto suo, Socrate chiamava propria famiglia la cerchia dei propri phíloi (che significa ben più che “amici”: vuol dire i propri “cari”, e si riferisce anche ai compagni di vita e d’amore). Chiediamoci dunque, socraticamente, chi sia la famiglia per noi, non per l’anagrafe. E ciò che è bene per noi, non per le convenzioni e le apparenze prive di fondamento morale. (Ecco una bella lettura feconda per le nostre festività natalizie: a proposito di depressione natalizia, il filosofo Montesquieu diceva che non c’era momento di melanconia che non riuscisse a scacciare proprio grazie ad un buon libro!).
Cinque secoli dopo, lo stesso Gesù, pare abbia pronunziato questa fra
le varie frasi clamorose: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?” e
“girando lo sguardo attorno” (cioè indicando la propria cerchia di
amici-discepoli che si era creato) disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli.
Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre” (come
dire: chi condivide i miei valori spirituali lo sento come mio fratello).
E ci sono almeno altri tre versetti intorno a questo concetto: le vacanze di Natale sono anche un’occasione per andare a leggersi questo classico della letteratura, i quattro Vangeli, che altrimenti sono sempre mediati dalle scelte dei preti e dei pastori.
Insomma, Gesù aveva una visione spirituale e “socratica”, e non “sanguigna” della famiglia: ed infatti, proprio per questo suo spirito critico Gesù si fece molti nemici proprio come, cinque secoli prima, Socrate. Una capacità straordinaria di Gesù era proprio saper riunire i suoi amici di svariate estrazioni sociali attorno ad una bella tavola per mangiare insieme: non era forse quella composta da lui e dai suoi confratelli una famiglia? La società civile dovrebbe prendere esempio da quest'abilità per creare sentimenti di vera fratellanza interclassista.
La rassegna di Lele Jandon sulle radici spirituali dell'Europa |
E ci sono almeno altri tre versetti intorno a questo concetto: le vacanze di Natale sono anche un’occasione per andare a leggersi questo classico della letteratura, i quattro Vangeli, che altrimenti sono sempre mediati dalle scelte dei preti e dei pastori.
Insomma, Gesù aveva una visione spirituale e “socratica”, e non “sanguigna” della famiglia: ed infatti, proprio per questo suo spirito critico Gesù si fece molti nemici proprio come, cinque secoli prima, Socrate. Una capacità straordinaria di Gesù era proprio saper riunire i suoi amici di svariate estrazioni sociali attorno ad una bella tavola per mangiare insieme: non era forse quella composta da lui e dai suoi confratelli una famiglia? La società civile dovrebbe prendere esempio da quest'abilità per creare sentimenti di vera fratellanza interclassista.
SIAMO UNA FAMIGLIA. Un'illustrazione della stupenda fiaba popolare tedesca de "I Musicanti di Brema" |
Desidero citarVi un’altra splendida fonte
d’ispirazione per riformulare il concetto tradizionale di vera famiglia. Nella
stupenda fiaba popolare tedesca dei fratelli Grimm “I Musicanti di Brema” è ben espresso proprio questo
concetto della famiglia come libera scelta, non come tragico destino. Per
strada (metafora del cammino della vita) si ritrovano quattro animali domestici
(un asino, un cane, un gatto ed un gallo) che hanno tutti in comune il fatto di
aver intuito che le loro famiglie umane, che essi hanno servito tutta la vita,
li odiano in quanto risultano vecchi ed inutili all’economia familiare. Allora “scappano
di casa”, e decidono di costituire
insieme una nuova famiglia, vanno a vivere insieme in una casa abbandonata
da cui scacciano una banda di ladroni superstiziosi fingendosi dei fantasmi, e
così vissero felici e contenti mantenendosi come “band”. La trovo una storia meravigliosa! A proposito, oggigiorno
tanti genitori non sono più capaci di raccontare belle storie, di tramandare le
fiabe (preferendo delegare come babysitter
i cartoni della TV o i videogiuochi) mentre questi racconti sono davvero
archetipici ed espressione di una sapienza popolare che, se leggiamo con
attenzione, ci dà delle lezioni straordinarie e nutre la nostra immaginazione
morale quanto un romanzo.
****
Natale è un’occasione per riscoprire la gioia di fare un bel dono,
addirittura far scoprire oggetti o libri e autori di cui la persona beneficiaria
ignorava l’esistenza! E’ l’occasione per educare i ragazzi alla capacità di
andare a caccia di un dono gradito alle persone care cui vogliamo fare una
bella sorpresa: è un’educazione finanziaria e un’educazione all’attenzione
personale.
uno dei libri consigliati da "Il Cinema e i Diritti" |
E’ capitato varie volte che le
donne che sono poi state uccise dagli ex fossero attirate dalla seguente
trappola dell’ultimo appuntamento: “Dobbiamo vederci l’ultimissima volta perché mi devi
restituire i regali che ti ho fatto” (in genere gli anelli di
fidanzamento). Quest’individui miserabili ignorano che un dono non ha una scadenza, in quanto tale non può essere restituito:
già questo gesto meschino, negazione della virilità e dell’onore, dovrebbe far
capire definitivamente che pappamolla siano questi violenti (generalmente dei
frustrati e sfaticati falliti in tutto, invidiosi delle donne che lavorano
sodo).
Ci sono finte famiglie che non
sono veramente tali perché dentro non ci sono veri educatori: vi sono genitori biologici
che si comportano come se tutto l’anno fosse Natale per i propri
prodotti, che ricevono mancette senza nessun merito, e per ogni pretesto, ogni
uscita. I saldi, le stupide uscite con stupide “compagnie” di bevute (oggi i
giovani bevono moltissimo), sigarette (un dato recente ci rivela che un terzo
dei nostri giovani è tabagista: che tristezza vedere tutta questa
autodistruzione e noia). Questo è il contrario di una buona educazione: è un
viziare come si fa con certi animaletti che noi stessi umani ci procuriamo ed
impigriamo per riceverne in cambio slanci affettivi di cui noi stessi non siamo
capaci nei confronti degli umani in quanto abbiamo paura di non venire amati. Questa
non è una maniera umana e civile di “tirar su” i propri figli (come si dice con
espressione colloquiale ma icastica). Ci
sono famiglie dove i bambini e i ragazzini ricevono
doni che non potrebbero essere più impropri, pericolosi e fuorvianti, una vera
violenza alla loro natura: figure
fintamente positive che regalano ipad,
telefonini costosissimi con funzioni inutili per la loro età. Magari tentando
così di comperare una specie d’affetto di questi piccoli, rovinano anche i
bambini che invece sono portati ad amare i giuochi all’aria aperta, in gruppo,
sportivi e dunque sani. Con quest’intrusi in casa, questi bambini e ragazzini
mutano le loro abitudini e la loro capacità di concentrazione che poi è
difficile re imparare ad allenare per eccellere anche nelle relazioni (http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/allenare-lattenzione-muscolo-della.html
). I buoni genitori oggi devono essere fermi e forti: non tutti i regali sono
benvenuti ed accettabili.
****
Solo l’educazione ad una relativa AUTONOMIA è una forma di buona educazione,
che è la funzione propria dei buoni genitori: incoraggiare i propri figli a far
da sé, a volersi bene, a farsi sempre rispettare, a realizzare i propri
talenti, a non disperarsi tutte le varie volte che si fallisce. E donare amore,
cioè rispetto, attenzione, ascolto. (Che poi, amore incondizionato non è il
genitore che perdona e sostiene figli che commettono crimini: quella risma di
“genitore” non ha mai davvero amato quel proprio figlio. Amore incondizionato
non è il familismo amorale di chi nasconde i crimini dei propri familiari. Due
domeniche fa c’era sul “Corriere” la storia di Daniela Manzitti, madre di Michael,
24enne evaso dai domiciliari: la signora ha fatto il suo dovere denunciandolo,
anche se è stato doloroso e lui le ha gridato contro: “Ti odierò per il resto
della vita”. E lei: “Odiami sinché vorrai…”. La signora, che oggi è una
badante, si è trasferita dal Piemonte alla Puglia ove ha lavorato per anni di
notte come vigilante, sicché di giorno era troppo stanca per occuparsi di
questo suo figlio; inoltre aveva un compagno violento che era ben lungi
dall’essere una figura paterna. E così, il figlio è cresciuto male entrando ed
uscendo dal carcere per furto, rapina e spaccio di droghe, di cui egli stesso fa
uso. Ora questa madre si è fatta coraggio ed ha fatto finalmente l’unica cosa
giusta, praticamente consegnando il figlio sperduto alla giustizia. Così il suo
nipotino (che deve ancora nascere) avrà un padre detenuto anziché un padre
latitante. Speriamo che un bel giorno il figlio si pentirà, cambierà e la
ringrazierà.)
Un esempio di genitori-modello sono le madri ed i padri che tengono
viva l’onlus Agedo (Associazione genitori di persone omosessuali) che
sostengono a testa alta la causa (ancora lunga) della piena eguaglianza fra
persone gay, lesbiche e transessuali e le persone eterosessuali. Questi
attivisti sono altresì dei veri genitori sociali: uno può essere genitore dei
propri figli ma anche essere una figura materna e paterna per tutta la società.
Questo concetto è stato ben espresso da papà Cornelio, marito di Ileana, nel
suo discorso al gay pride di Milano di due estati fa: “Siete tutti nostri figli”.
Il Comandamento dice “onora il
padre e la madre” (peraltro si noti il non scontato valore equanime dato dall’ebraismo
alle madri, che non a caso trasmettono la religione matrilineare), ma solo
relativamente di recente abbiamo come aggiunto un implicito comandamento “onora
il figlio” nella recente costruzione dei diritti del bambino (al rispetto, a
non essere sfruttato come forza lavoro, a essere creduto se dice di aver subito
violenza sessuale e così via).
La stessa funzione di genitori
sociali la svolgono i padri e le madri di quelle svariate associazioni che si
preoccupano della crescita umana e civile dei nostri bambini e adolescenti.
Ecco: se vogliamo costruire insieme una società bella forte (tanto più,
considerato che la politica è debole e non creativa) dobbiamo unire le forze di
tutte le tante e varie associazioni perché così l’unione fa la forza.
Anche quando si è politicamente disperati, resta sempre per tutti noi il
comune impegno nella costruzione quotidiana della società civile. La
società può informare, fare pressing finanche
a costringere le varie forze politiche a
svolgere i loro doveri di protezione e costruzione di leggi che coprano i vari
vuoti. Ma soprattutto, quando siamo attivi nella società facciamo esperienza di quel
sentimento che è la fratellanza. Possiamo avere le varie libertà,
cioè i diritti, possiamo godere dell’eguaglianza giuridica ma senza
quest’ingrediente fondamentale, la fraternità, la società si autodistrugge.
****
Il Natale, storicamente, era nei
secoli il ricordo della nascita di Gesù che, come un angelo messaggero mandato
dal Cielo, avrebbe annunziato (secondo la ricostruzione di coloro che a partire
da lui han fondato il cristianesimo) di essere “figlio di Dio”, quindi Dio (con
tutti i problemi sulla natura divina che hanno portato a concili, infinite
discussioni e uomini bruciati vivi come “eretici”). Questo profeta ha portato
dunque la fratellanza. Ma non fu l’unico: a dimostrazione che esiste questo
sentimento nel profondo dello spirito umano sano. Come scrive la grande
filosofa Simone Weil nel suo geniale libro che V’illustrerò nel mio evento per
il Mese della Memoria, il prossimo 14 gennaio, già quaranta secoli fa il Dio
degli antichi egizi diceva: “Io ho creato i quattro venti perché ogni umano
possa respirare come suo fratello…Io ho creato ogni umano simile a suo
fratello.”
Nel secolo scorso abbiamo visto
che disastri hanno portato le ideologie che negavano proprio la fratellanza fra
gli umani persino fra concittadini e fra europei.
Diane Kruger in una scena del commovente film "Joyeux Noel" |
Alla luce della Storia, questo
messaggio angelico del cristianesimo che siamo fratelli merita davvero di
essere preso sul serio per la sua forza morale creativa. Lo stupendo film “Joyeux Noel”
racconta la storia vera (raccontata anche nel libro “La tregua di Natale”, ediz. Lindau) avvenuta nel primo anno dell’orribile Prima guerra mondiale: tre
schieramenti di soldati in trincee a pochi passi l’una dall’altra (perlopiù
coetanei), da una parte scozzesi e francesi, e dall’altra tedeschi, che la vigilia di Natale si fermano per una
tregua, con un sermone, dei canti e dei drink insieme, in nome di questa
comune Festa che unisce l’Europa cristiana. Ma soprattutto, tutti incantati e
commossi dinanzi alle voci di un soldato tedesco e di sua moglie, giunta lì sul
fronte apposta con l’autorizzazione del principe con la scusa di voler recare
un po’ di conforto ai soldati. Anche un soldato ebreo si commuove. Lutero, che
è sempre stato un leader pacifico,
diceva che una delle ragioni per cui egli amava la Musica era “perché essa è un dono di Dio, fa gioire i cuori, caccia il diavolo,
provoca una gioia innocente (…) perché regna nei tempi
di pace. Amo la musica. Anche per questo non mi piacciono i fanatici: essi, infatti, disprezzano
la musica”.
L'idea-regalo di Natale de "Il Cinema e i Diritti": il docufilm di nostra produzione |
Non
a caso, i terroristi hanno fatto stragi proprio nei luoghi musicali, ove le persone normali si ritrovano per commuoversi a suon di musica.
Due anni fa,
il 13 novembre, 90 ragazzi uccisi nell’ottocentesco caffè-concerto
Bataclan di Parigi, che oggi ha riaperto: il Presidente Macron ha celebrato
l’anniversario proprio partecipando ad un concerto, all’aperto, davanti allo
storico locale.
Nel giugno di un anno fa In Florida, ad Orlando, contro una discoteca gay friendly: 49 uccisi fra cui una
madre di famiglia che ballava col figlio gay.
Nel maggio scorso, contro un concerto alla Manchester Arena di una giovanissima
compositrice e cantante americana: ventitré morti.
il pastore Martin Luther King Jr (1929 - 1968) con la moglie Coretta Scott King (1927 - 2006), entrambi attivisti per i diritti umani, ed i loro figli. |
E ancora: i lupi solitari razzisti che han fatto stragi
per esempio nella chiesa battista, ove si cantava la domenica, luogo più che
mai simbolico proprio del sentimento di fratellanza cristiana.
Quest’illuminante frase del grande Riformatore vale
ancor oggi proprio per i fanatici che producono il terreno di coltura o di chi
compie le stragi, o di chi, comunque, non sente orrore come noi per condannarle
senza dubbi, o comunque disprezza la cultura dell’eguaglianza uomini/donne e
non vuole assolutamente integrarsi e rende la vita delle “proprie” donne un inferno.
Ricordo che anche in Italia ci fu un genitore musulmano che si oppose
all’insegnamento obbligatorio della
musica a scuola perché peccaminosa.
Nella sua “Lettera
sul Fanatismo”, il filosofo inglese del Sei-Settecento Shaftesbury (un
cristiano credente) condivise un’intuizione geniale: ciascuno di noi concepisce
Dio in base al proprio stato d’animo generale. I gioiosi intendono la
spiritualità come gioia, i depressi hanno una visione cupa della religione. E
come si può creare questa gioia se non grazie alla magia della Musica?
Poi, c’è il cattolicesimo che ha tanti paramenti
barocchi e tante lucette e statuette dei presepi a cui tanto tiene, ma in
Italia tanti giovani sono fuggiti
proprio perché manca una dimensione musicale in troppe parrocchie gestite
da vecchi preti che non innovano nulla: né le prediche né la musica. Eppure,
nella storia del cattolicesimo c’è per esempio proprio un prete, Licinio
Refice, che i tanti di voi melomani magari non conoscono, che concependo la
Messa come dramma, innovò con le sue composizioni la musica. Sono fuggiti anche
tanti adulti, che in chiesa vanno solo il giorno di Natale, per onorare
perlopiù una tradizione familiare.
La Musica ha questo magico potere di unirci. Non a caso, il
sociologo tedesco contemporaneo Hartmut Rosa ha scelto proprio un termine
tratto dalla musica per indicare la sua proposta di un modo di stare al mondo
in dialogo col prossimo: la “risonanza” (Resonanz,
da “risuonare”) come risposta all’alienazione.
Già Christoph Porbst, uno dei giovani della Rosa
Bianca la cui storia Vi racconto integrando il film domenica 14 gennaio,
scriveva a proposito del gruppo clandestino: “Attraverso la forte diversità dei
caratteri il nostro stare insieme ha sempre un certo fascino. Perché è un tempo
in cui ognuno deve trovare risonanza nell’altro, e per questo non è necessario
che la reciproca sintonia sia totale” (citato in Paolo Ghezzi, “La Rosa Bianca. La Resistenza al nazismo in
nome della libertà”, cit. in Lorenzo Tibaldo, “La Rosa Bianca. Giovani contro Hitler”, Claudiana, Torino 2014,
pag. 90). Non a caso, tutti i componenti
di questo gruppo che ha tentato eroicamente di risvegliare le radici di umanità
e spiritualità della civiltà europea erano grandi amanti della Musica che si
commuovevano dinanzi alle note dei grandi compositori.
****
La comunità di Sant’Egidio fa il
pranzo di Natale con le persone senza dimora perché è capace di sentire questo
senso di fratellanza. Tutti noi che operiamo nel sociale sentiamo questo senso
di fraternità nel nostro lavoro.
Credenti o meno, resta il fatto che tutti dovremmo davvero trovare
fondamento nei nostri cuori a questo valore irrinunciabile: la fratellanza
umana. Tutti i mali morali altro non derivano che da questo non sentirci
responsabili delle vite degli altri, il non sentirci in qualche modo fratelli,
cioè persone con un legame forte: i politici irresponsabili e avidi dei
privilegi del potere che non fanno politiche sociali; gli uomini che, come ad
esempio i vari terroristi o gli uccisori dei propri familiari, ammazzano
innocenti.
Con Antonello siamo stati a
Vilnius nei giorni scorsi ed abbiamo assistito alla cerimonia d’accensione
dell’albero di Natale nella grande, stupenda piazza di questa meravigliosa
città (fra le nostre preferite in assoluto): c’erano vari cantanti che
cantavano canzoni natalizie in inglese. Invece qui a Milano vedo che così tante persone si riuniscono solo per fare le compere, non per fermarsi e soffermarsi intorno a un vero valore comune.
Ecco, anche la buona musica in una lingua universale ha la magica capacità di creare emozioni liete, di fratellanza e piacere, e dovremmo inserirla anche nei nostri living room durante le feste in generale ma anche nelle nostre associazioni.
Ecco, anche la buona musica in una lingua universale ha la magica capacità di creare emozioni liete, di fratellanza e piacere, e dovremmo inserirla anche nei nostri living room durante le feste in generale ma anche nelle nostre associazioni.
Il Natale è un grande esperimento
sociale, la grande chance di chi vuol
mutare il proprio atteggiamento verso la vita, e finalmente aprirsi all’ascolto
dei suoi familiari: se nemmeno con un’occasione così i familiari non rinunciano
ad essere dei guastafeste, la situazione familiare è disperata. Un suggerimento
per contribuire a creare un’armonia: create
dei segnaposti e distribuite bene i vari ospiti, avendo cura di far sedere
vicine le persone che possono andare già d’accordo.
Insomma, la morale di tutto questo mio discorso
è la seguente: vivete una vita autentica, perciò sentitevi pienamente liberi di
festeggiare le feste comandate con chi sentite davvero un vostro familiare,
in primis i vostri più intimi amici,
tanto più se si ritrovano senza famiglia, e i vostri partner di vita. Non teneteli nascosti se siete gay o lesbiche: il
Natale è l’occasione di fare la prova se la vostra sia una vera famiglia.
Impariamo a creare con la nostra immaginazione i nostri sacri rituali, le
nostre sacralità. Circondiamoci di persone capaci di gioia e di apprezzare i
nostri slanci di avvicinamento, capaci d’immaginazione morale, e non solo a
Natale, come diceva Dickens, “onorerò il Natale nel mio cuore, e cercherò
di tenerlo con me tutto l’anno”! Mi sembra che
questo quadro del danese Viggo Johansen, con questa mamma danzante con i suoi
figli, illustri perfettamente questo spirito che possiamo conservare e
diffondere davvero ad ogni occasione festosa.
Lele Jandon