di LELE JANDON
Commozione e partecipazione per “Suffragette”, il film che domenica
16 ottobre ha inaugurato la terza edizione del mio format “Il Cinema e i Diritti” alla Casa dei Diritti (Via De Amicis, 10),
l’istituzione del Comune di Milano ove, una domenica al mese, propongo come pomeriggio
di approfondimento il mio cinetalk, che in questa prima tranche avrà tutti film
caratterizzati dall’avventura e dalla suspence
(“Festen” il 20 novembre, “Qualcosa di buono” il 18 dicembre, e “Aimée e Jaguar” il 29 gennaio per la
Giornata della Memoria).
Il film è ambientato
nell’Inghilterra del 1912 – 1913. Osteggiate e temute dal Premier, le pioniere femministe della Women’s Social and Political Union (1903 – 1917) erano impegnate
con varie azioni in una battaglia
nonviolenta venendo pedinate, bastonate dalla polizia, arrestate e più
volte condannate (anche per mesi) come criminali comuni al carcere (in
isolamento e sottoposte alla dolorosa alimentazione
forzata se facevano lo sciopero della fame) per il solo fatto di reclamare
che il diritto di voto alle donne fosse messo all’O.d.G. o di presentare,
com’era loro diritto, una petizione, o di rivolgere una domanda ai politici.
Il film rende bene, con ritmo mozzafiato, la capacità di
organizzazione e la creatività, i
sacrifici personali e lo spirito di
sorellanza di quelle compagne (fra le quali mogli e madri) di tutte le classi, dalle nobildonne
alle professioniste alle artiste, nel film personaggi immaginari come la
farmacista Edith (Helena Bonham Carter), sostenuta dal
marito, e la lavandaia Maud (il Premio BAFTA Carey Mulligan), che invece viene abbandonata per questa militanza
dal marito.
Fondatrice ed anima del movimento
era Emmeline Pankhurst (Manchester
1858 – Londra 1928), interpretata dalla
vincitrice di tre Premi Oscar Meryl Streep: integrerò il premiato film con
l’autobiografia a cui è ispirato, “La Mia
Storia” (edita da Castelvecchi), ove la leader
della WSPU racconta, con grande semplicità, understatement ed ironia, la propria formazione a partire
dall’immaginario delle storie che le raccontava la madre da bambina; la propria
esperienza di attivista sociale in favore di donne e bimbi indigenti; ci
restituisce il trascinante entusiasmo
e descrive le manifestazioni di massa, i processi, le detenzioni, le violenze
contro le donne da parte della polizia e dei carcerieri, ed i gesti eroici
delle associate; illustra le ingegnose
strategie di lotta vincenti, assai utili per le battaglie moderne, e
ricorda le figure del marito Richard, avvocato autore di un pionieristico ddl
suffragista, delle figlie -anch’esse attiviste- Sylvia e Christabel,
quest’ultima anche editorialista della rivista “The Suffragette”.
(Spiace solo constatare che
l’edizione italiana non solo mette in copertina la foto di un’altra suffragetta
che non è la Pankhurst, non solo traduce in malo modo varie espressioni come window, che non sono le finestre bensì
le vetrine dei negozi, come del resto si vede anche nel film!, ma non riporta
note che aiutino il lettore che non sappia l’inglese e non abbia dei fondamenti
di storia della Gran Bretagna e dell’Irlanda, sicché ci ho pensato io ad
integrare questo mio riassunto con alcune precisazioni storiche).
Clelia Romano Pellicano (1873 - 1923) |
CLELIA ROMANO PELLICANO
E’ stato eccitante, devo dire,
avere nostra Ospite quel giorno Cristina Pellicano, una signora milanese di
origine romana che ci ha raccontato delle sue ricerche intorno alla storia
della bisnonna, Clelia Romano Pellicano (1873 – 1923): imprenditrice,
giornalista e scrittrice femminista d’idee socialiste come la sua famiglia,
pioniera, nell’Italia unita, nel diffondere la bontà dell’idea di estendere il
diritto di voto alle italiane. Figlia e
moglie di un deputato, diffuse le sue idee nel salotto frequentato da artisti e
uomini politici; rimasta vedova, seppe gestire bene il patrimonio della sua
famiglia nobile e scrisse romanzi realistici e reportages.
Parlava il francese e l’inglese,
ed era convinta europeista. Così disse nel suo discorso al Congresso
internazionale femminile tenutosi a Londra nel 1909: “Ricordatevi, voi donne d’ogni
razza, d’ogni Paese qui convenute nella comune aspirazione alla libertà, all’eguaglianza,
strette da un nodo di cui il voto è il simbolo, ricordatevi che il nostro
còmpito non avrà termine se non quando tutte le donne del mondo civilizzato
saranno sempre monde dalla taccia di incapacità, d’inferiorità di cui leggi e
costumi l’hanno bollate sinora!”. Firmò la prefazione al libro “La Legge e la Donna” (1910) di Carlo
Gallini per sollecitare il Parlamento italiano a fare ciò che avrebbe fatto
solo nel 1945/46.
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EMMELINE PANKHURST
LA FAMIGLIA D’IDEE LIBERALI PROGRESSISTE
LE STORIE, L’IMMAGINAZIONE MORALE e le INTUIZIONI
Emmeline Pakhurst nasce in una famiglia liberal, liberale progressista: “Molti di quelli che
formavano il circolo di amici della nostra famiglia si opponevano alla
schiavitù, e mio padre, Robert Goulden, fu sempre un abolizionista davvero
ardente. (…) Il libro della signora Harriet Beecher Stowe, “La
Capanna dello Zio Tom”, era il libro preferito da mia madre, che lo
adorava al punto da usarlo di continuo come fonte di storie della buonanotte
per le nostre orecchie rapite” (Emmeline Pankhurst, “La Mia Storia”, op. cit., pag. 9)
“Ricordo ancora
distintamente l’eccitazione che sentivo ogni volta che mia madre raccontava la
storia della fuga per la libertà di Eliza sui blocchi di ghiaccio del fiume
Ohio, lo straziante inseguimento e il salvataggio finale per mano del risoluto
vecchio quacchero” (Ivi, pag. 10; i
quaccheri, denominazione cristiana sui
generis, di cui ho già avuto modo di parlare nel mio Blog, è sempre stata
d’idee egualitarie, pacifiste e progressiste, ndr)
“Queste storie,
insieme alle vendite di beneficienza e alle raccolte di fondi e sottoscrizioni
di cui avevo sentito parlare così tanto, sono sicura che hanno lasciato
un’impressione indelebile nella mia mente e nel mio carattere” (Ivi, pag. 10) “Per quanto indietro vada
con la memoria, trovo l’amore per le storie, soprattutto quelle con un
protagonista romantico e idealista” (Emmeline Pankhurst, "La Mia Storia", op. cit., pag. 10)
Come scrive lo
scrittore ebreo americano Jonathan
Safran Foer nel suo libro “Se Niente
Importa” (Guanda, Milano 2010, pag. 16) che pure ho recensito (http://lelejandon.blogspot.it/2016_03_01_archive.html):
“Nella formazione
delle nostre abitudini più della ragione
contano le storie che raccontiamo a noi stessi e che ci raccontiamo a
vicenda”
Del resto, un altro intellettuale
ebreo statunitense, lo psicologo Jonathan Gottschall ha definito l’essere umano
come uno “Storytelling Animal” (così
il titolo di un suo libro tradotto in italiano col titolo "L'istinto di narrare"): un animale che
ama raccontare ed ascoltare storie.
Nel film “Suffragette”, Maud, interrogata sul come mai non avesse lottato per
il diritto di voto, ammette: “Non ho mai creduto di ottenerlo, non ci ho mai
pensato”, cioè immaginato. Ecco perché è importante sviluppare l’immaginazione!
Un altro vivido ricordo della
Pankhurst è quello di esser passata dinanzi ad una prigione ove eran stati
rinchiusi, prima di venire impiccati, i rivoltosi geniani arrestati nella sua
città: “C’erano le tracce di una forca rimossa da poco. Rimasi pietrificata
dall’orrore, e fui attraversata dall’improvvisa certezza che quell’impiccagione
era uno sbaglio, o peggio, un crimine. Fu la mia presa di coscienza di uno dei
più terribili fatti della vita che la
giustizia e il giudizio spesso vivono in mondi separati” (Emmeline Pankhurst, “La Mia Storia”, op. cit., pag. 11; similmente, vi avevo raccontato dello
scrittore francese Victor Hugo, l’autore de “I Miserabili”, che da bambino assistette a delle esecuzioni
capitali, e fu da lì che divenne un sostenitore dell’abolizione intorno a
cui scrisse due libri; ricordo altresì che fu l’Italia il primo Paese europeo
ad abolirla).
“Le impressioni della
prima infanzia hanno a che vedere con il carattere e la condotta futura più di
quanto non ne abbiano l’ereditarietà o
l’educazione” (Emmeline Pankhurst, “La Mia Storia”, op. cit.,
pag. 11)
Pur in una famiglia così liberale,
tuttavia la piccola Pankhurst sente che qualcosa non va:
“La mia infanzia fu protetta
dall’amore e da una casa confortevole. Eppure, quando ero ancora una bambina
molto piccola, iniziai istintivamente a sentire che c’era qualcosa che non
andava, persino nella mia stessa casa, una specie di falsa idea delle relazioni
familiari, un ideale incompleto.” (Emmeline Pankhurst, "La Mia Storia", op. cit., pag. 12) “L’educazione di una ragazza a quel
tempo sembrava avere come suo primo obiettivo l’arte di “far bella la casa”. Io
mi scervellavo nel capire perché dovessi sottostare a un còmpito così
specifico, far bella la casa per i miei fratelli. Tra di noi c’era un
bellissimo rapporto di amicizia, ma a loro non fu mai indicato come còmpito
quello di far bella la casa per me.” (pag. 12) “Mio padre e mia madre avevano
l’abitudine di fare il giro dei nostri letti, prima di andare a dormire loro
stessi. Quando entrarono nella mia stanza quella sera io ero ancora sveglia, ma
per una qualche ragione feci finta di sonnecchiare. Mio padre si piegò su di
me” e “lo sentii dire, piuttosto mestamente: “Che peccato che non sia un
ragazzo” (Emmeline Pankhurst, "La Mia Storia", op. cit., pag. 12).
Nel 1866 (quando lei ha otto
anni) passò il Reform Act che estende
il diritto di voto dei parlamentari a chi pagava almeno dieci sterline l’anno:
vedremo più avanti come è stato ottenuto questo riconoscimento. Ma poiché fu
usata nella legge la parola “uomo” anziché “di sesso maschile”, a Manchester
3.924 donne, su 4.215 possibili elettrici, reclamò il diritto al voto, difese
da avvocati dei diritti civili come il futuro marito, il dottor Richard
Pankhurst.
JOHN STUART MILL ed HARRIET TAYLOR
L'Amore Fecondo fra il Filosofo e la Filosofa e i Loro Libri a 4 Mani sulle Donne
Il filosofo liberale progressista
inglese John Stuart Mill (1806 –
1873), l’autore del bellissimo saggio “Sulla
libertà”, un classico fondamentale, propose
un emendamento a tale legge storica, per includere le donne anche loro
proprietarie di beni immobili ma fu rigettato. Feconda fu la sua relazione
con la compagna Harriet Taylor (1807 - 1858), una bella signora di religione
unitariana, quindi d’idee assai progressiste, che lo sposò in seconde nozze,
dopo la morte del primo marito da cui aveva avuto tre figli. Come ha
riconosciuto Mill nella propria autobiografia, scrissero a quattro mani quasi
tutte le opere fra cui, sulla questione femminile, un saggio del 1832 sul
divorzio ed il saggio “The Subjection of Women” (“La Servitù delle Donne”, 1869) e “The
Enfranchisement of Women” (“Sull’Eguaglianza
e l’Emancipazione Femminile”, 1851). Inoltre, lei scrisse numerosi
interventi sui giornali, ad esempio contro l’impunità delle violenze domestiche
contro le donne.
MARY WOLLESTONECRAFT
“E’ CONTRO LA NATURA FEMMINILE OCCUPARSI DI POLITICA E SOCIETA’”
FALSO ARGOMENTO STORICAMENTE USATO CONTRO NERI e GAY
MA LA FILOSOFA: SEMMAI CONTRO NATURA è TENERE DONNE
CHIUSE IN CASA!
All’inizio del film, fra i titoli
di coda, si odono voci maschili che dicono frasi come: “Le donne non possiedono
l’indole pacata o l’equilibrio mentale” per meritare il diritto di voto.
Questo falso argomento, quello
del “contro natura”, fu usato storicamente anche contro l’eguaglianza dei neri
americani, come si vede nel film “Lincoln”
(col Premio Oscar Daniel Day Lewis).
In realtà, contro natura è il
comportamento del marito di Maud (interpretato da Ben Whishaw, di “Ritorno a Brideshead” e corteggiatore di
“The Danish Girl”: nella vita reale è
sposato con un uomo): quando sua moglie torna a casa di prigione per la sua
militanza, ha già dato in adozione il loro bel bambino. Questo sì che è un padre snaturato, questo sì che è “contro natura”:
eppure legale all’epoca!
PADRE SNATURATO |
Un secolo prima dell’epoca in cui
è ambientato il film, la femminista Mary Wollestonecraft, nel suo saggio “Sui Diritti delle Donne” (cito dalla mia
edizione Rizzoli, Milano 2010, prima ediz. 2008), contesta tutta una serie di
falsi miti: non è naturale né il culto dell’abbigliamento (come invece dice
Rousseau nella sua perversa immagine di donna-ideale inesistente in natura), o il galateo per sole donne che consiglia
di “mascherare i propri sentimenti” (pag. 32), “l’affettazione” (pag. 33),
o l’amore sessuale eterno fatto di “una delicatezza di sentimenti romantica e
innaturale” come viene raccontato nei romanzetti-spazzatura
per donnette (pagg. 34 – 35 e 39). Così come, nota con arguzia la filosofa britannica,
è innaturale semmai il controllo sulle naturali inclinazioni vitali di bambine
e ragazzine tenute lontane dai bimbi: “E ciò li rende dipendenti. Tale dipendenza viene definita naturale”
(pag. 51). La sedentarietà va contro il nostro bisogno fisiologico di fare
movimento, come ormai è arcinoto: “Per conservare la propria bellezza, vanto
delle donne, le membra e le facoltà dell’intelletto sono costrette in
fasciature peggiori di quelle cinesi” (ne parla Kwame Anthony Appiah nel suo
libro “Il Codice d’Onore. Come cambia la
Morale”, Raffaello Cortina editore, Milano 2011) “e la vita sedentaria alla quale sono condannate, mentre i ragazzi si
divertono all’aria aperta, indebolisce i muscoli e fa rilasciare i nervi” (pag.
51): “Se una ragazza non viene oppressa
da una vita priva di attività e non se ne danneggia l’innocenza macchiandola
con falsi concetti di pudore, ella preferirà di gran lunga giuochi chiassosi e
dinamici” e “i ragazzi e le ragazze giocherebbero insieme innocuamente, se
non si inculcasse in loro la distinzione fra i sessi prima che la natura
stabilisca le dovute differenze” (pag. 53). “Ovunque le donne vivono in questo
stato deplorevole; per preservare la loro innocenza, così viene chiamata l’ignoranza
in modo gentile, si nasconde loro la verità ed esse acquisiscono artificiosità
di carattere” (pag. 54).
Asseconda invece, secondo la
Wollestonecraft, la natura umana, che è comune a uomini e donne, il pieno
sviluppo della razionalità per ambo i sessi, cosa che invece è negata alle
donne.
MANCHESTER, LA CITTA’ DELLA PANKHURST: DA QUI PARTIRONO GLI SHAKERS
RELIGIONE NATA DA UNA
DONNA CHE PREDICAVA L’EGUAGLIANZA FRA I SESSI
La Pankhurst è di Manchester,
considerata una delle più brutte città inglesi per via
dell’industrializzazione, e dove c’era molta povertà prodotta appunto dalle due rivoluzioni industriali, e dove
altresì “il movimento era molto vivo nei primi anni Settanta da nessuna parte
più che a Manchester” (pag. 14).
Vorrei ricordare per parte mia
che proprio da Manchester, nel 1774, erano partiti gli Shakers, una
denominazione religiosa nata dai Quaccheri (cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2014/07/il-viaggio-della-speranza-di-philomena.html)
fondata proprio da una donna, la
profetessa Anna Lee (1736 - 1784), operaia tessile, per andare a trovare
rifugio dalle persecuzioni e libertà religiosa in America. Questo gruppo (oggi
estinto a causa della regola del celibato) predicava la piena eguaglianza dei
sessi e l’armonia nei rapporti umani. (Ricordo ancora una volta che una
denominazione cristiana che si è sempre distinta per il suo progressismo anche
sull’eguaglianza delle donne con gli uomini è quella dei Quaccheri: http://lelejandon.blogspot.it/2014/07/il-viaggio-della-speranza-di-philomena.html.
Non a caso, vari femministi e femministe erano di fede quacchera. In
quest’incisione, intitolata “Riunione di
Quaccheri a Londra: Parla una Donna”, di Bernard Picard, del 1723, vediamo
che era permesso alle donne parlare nelle funzioni religiose).
A 14 anni, Emmeline Pankhurst va alla sua prima assemblea pro
diritto di voto (“mia madre si stava avviando per andare alla riunione e la
pregai di portarmi con sé”, pag. 14), e i discorsi che la entusiasmarono furono
quelli della sua concittadina Lydia Becker (1827 – 1890) e dell’americana Susan
Anthony (1820 – 1906).
LYDIA BECKER
Lydia Becker fu fondatrice del “Women’s
Suffrage Journal” (1870 – 1890). Dopo aver ricevuto un’istruzione in casa
da precettori privati (dal momento che le donne non potevano studiare
all’università), divenne una scienziata dilettante appassionata di botanica che
corrispose con Charles Darwin anche a
proposito delle piante bisessuali ed ermafrodite, che suggerivano, lei diceva,
la varietà degli ordini naturali possibili. Fu una sostenitrice
dell’istruzione paritaria fra i sessi (non-gendered
education) e scrisse vari interventi sulle questioni dei diritti delle
donne. (Un’altra donna importante per la botanica che vorrei ricordare è la
naturalista e pittrice tedesca Maria Sibylla Merian, 1647 – 1717, che visse in
Olanda e disegnò tante e varie piante ed insetti allora poco conosciuti anche
durante i suoi viaggi in Suriname: la sua figura è ricordata nel libro di Katia
Ricci “Séraphine de Senlis. Artista senza
rivali”, Luciana Tufani editrice,
Ferrara 2015, pagg. 50 - 54.)
SUSAN ANTHONY
L’Attivista Americana Quacchera decisiva per la Pankhurst:
dopo una sua Conferenza fonda la WSPU a Manchester nel 1903
Studiò col Padre e si batté per i Salari Eguali per le Professoresse
Susan Anthony tenne cento discorsi l’anno per 45 anni fra Europa e Stati Uniti. Quacchera progressista americana, quando vide che a scuola le veniva insegnato meno che ai maschi, fu trasferita dal padre ove insegnava egli stesso. Decisiva fu anche un’insegnante, Mary Perkins, che le trasmise il senso dell’eguaglianza piena (come il personaggio della professoressa d’arte interpretato dal Premio Oscar Julia Roberts nel film del 2003 “Mona Lisa Smile” ambientato nel 1953): non a caso, la Anthony divenne a sua volta insegnante, e si batté per l’eguaglianza salariale coi colleghi maschi (che guadagnavano quattro volte tanto). Di quest’iniquità parla anche la Pankhurst nel suo libro (“La Mia Storia”, cit., pag.30): in qualità di membro del consiglio scolastico di Manchester aveva avuto modo di vedere che, benché le insegnanti donne lavorassero di più (insegnando come attività extracurriculari cucito e scienze domestiche), non solo non venivano pagate per le ore in più ma “spendevano le loro esili paghe per assicurare pasti regolari ai bambini bisognosi, e dedicavano il tempo libero a servirli in tavola e ad accertarsi che fossero nutriti a dovere” (pag. 30).
(La contea di Manchester non investiva
soldi nell’istruzione femminile, e le donne erano escluse anche da corsi di
pasticceria e panificazione cui potevano partecipare “perché le associazioni di
categoria maschili si opponevano”, pag. 31). Susan Anthony fu altresì un’attivista sociale contro la schiavitù, a
favore del diritto di voto dei neri ed anche in favore dei diritti degli
animali (ed era vegetariana) e fu fondatrice della National Women’s Suffrage Association. La scrittrice ebrea Gertrude
Stein (1874 - 1946), assieme al compositore americano Virgil Thomson (1896 -
1989) scrisse una biografia su di lei. Fu proprio lei, Susan Anthony, che
spinse, nella sua visita a Manchester del 1902, la Pankhurst a fondare nel 1903
la Women’s Social and Political Union
(WSPU), come racconta lei stessa nel suo libro (“La Mia Storia”, cit., pag. 32) ove la definisce “una così
meravigliosa attivista a favore dell’umanità”).
I Valori Umani incarnati dalla Prof della Pankhurst: Onestà e Sincerità
Scrive la Pankhurst, ripensando
alla propria formazione familiare e umana:
“Penso di essere
sempre stata, inconsapevolmente, una suffragetta” (pag. 14).
Fra i femministi suffragisti inglesi
c’era il quacchero Jacob Bright (1821
– 1899), per molti anni parlamentare liberale di Manchester, alleato della
moglie, Alice Cliff Scatcherd ed Elizabeth
Clarke Wolstenholme-Elmy (1833 – 1918), insegnante che aprì una boarding school e membro della National
Secular Society (fondata dall’attivista liberale Charles Bradlaugh).
Emmeline studiò in un collegio
femminile a Parigi, diretto dalla signorina Marchef-Girard, educata all’onestà
e alla sincerità (pag. 15), e la sua compagna di stanza, Noémie Rochefort, era
figlia del repubblicano comunista Henri Rochefort (all’epoca in esilio per aver
preso parte alla Comune)
Poi conobbe il futuro marito, autore
del ddl (Women’s Enfranchisement Bill)
“che dava alle donne sposate un controllo assoluto sulle proprie proprietà e
sui propri introiti”, diventato legge (la Married Women’s Property Act) nel 1882
(pag. 16 e 17): il loro matrimonio durò 19 anni felici (sino all’improvvisa
morte di lui nel 1898), e un anno dopo le nozze nacque la figlia Christabel, e
dopo 18 mesi Sylvia: entrambe divennero a loro volta attiviste.
La Pankhurst presta servizio come
volontaria nel comitato della Women’s
Suffrage Society.
“Le folle,
l’entusiasmo, la generosa risposta agli appelli per un sostegno, tutto questo
sembrava giustificare la convinzione che il suffragio femminile fosse vicino”
(pag. 17).
L’INGUARIBILE MISOGINO GLADSTONE: 4 VOLTE PREMIER, SEMPRE “NO” ALLE DONNE
Quando il primo emendamento ad un
ddl che estendeva il suffragio agli agricoltori fu mandato al Premier liberale William Ewart Gladstone
(1809 – 1898), “implacabile nemico del suffragio femminile”, lui disse No e
“non permise fosse discusso liberamente” (pag. 17): sarà il primo di una lunga
serie di tentativi, come vedremo. Il furbo politico (quattro volte Primo Ministro: 1868 – 1874, 1880 – 1885, nel
1886 e dal 1892 al 1894), fece in modo
di attrarre le donne in un gruppo del proprio partito, quello liberale, che
sarebbe diventato una confederazione (la National
Women’s Liberal Federation) che però non aveva il diritto di voto come
obiettivo dichiarato. All’inaugurazione, infatti, non era presente lui, solo la
moglie, con tante false scuse.
Gli agricoltori ottennero il voto
come categoria bruciando covoni e minacciando una marcia di centomila verso la
Camera dei Comuni, ma le pioniere femministe sono poco sveglie: non prendono
appunti, e non imparano la lezione, commenta la Pankhurst.
Dopo la mancata elezione del
marito come candidato liberale, la coppia si trasferisce a Londra, ove Emmeline
partecipa allo storico sciopero delle lavoratrici delle fabbriche di fiammiferi
Bryant and May con Annie Besant (1847 – 1933) che faceva parte della Fabian
Society (temperatamente socialista, di cui aveva fatto parte anche la Pankhurst
e di cui fece parte anche l’attivista gay Edward Carpenter).
LA LEZIONE di MLK JR: “E’ SEMPRE IL MOMENTO GIUSTO PER FARE CIO’ CHE
E’ GIUSTO”
PERVERSA la CONCEZIONE del TEMPO che reca CON SE’ IL PROGRESSO:
USIAMOLO CON CREATIVITA’
Allorché nel 1891 nacque la Women’s Franchise League, Emmeline si
unisce: qui Lord Haldane migliorò il ddl del dottor Pankhurst che “non solo
emancipava tutte le donne, sposate e non sposate, delle classi dei proprietari
immobiliari, ma le rendeva eleggibili per tutte le cariche” (pag. 21). Ma il
guaio è che “Tutti i loro progetti di legge sul suffragio femminile erano
concepiti per il futuro, un futuro talmente lontano da essere invisibile”,
ironizza la Pankhurst (pag. 22): è
contro questo procrastinare che il reverendo Martin Luther King Jr avrebbe
scritto nella sua Lettera dal Carcere di
Birmingham, “Time is always right to do what is right”, che ho scelto
come motto del mio cinetalk: “E’ sempre il momento giusto per fare ciò che è
giusto”. Vi cito il passo-clou di quel discorso del grande attivista americano
(http://lelejandon.blogspot.it/2014/11/the-help-lezione-sulla-compassione_14.html)
“Devo confessare che negli
ultimi anni i bianchi di opinioni moderate mi hanno dato una grave
delusione. Nel cammino dei neri verso la libertà l’ostacolo maggiore non é l’aderente
al “White Citizens Council” [Consiglio dei cittadini bianchi], o
l’affiliato del Ku Klux Klan, bensì il
bianco moderato, che ha a cuore l’"ordine" più della giustizia;
che preferisce la pace negativa, ossia
l’assenza di tensioni, a una pace
positiva, ossia la presenza della
giustizia; che dice sempre: "Sono d’accordo con voi per quanto
riguarda gli obiettivi che vi prefiggete, ma non posso essere d’accordo con i
vostri metodi di azione diretta"; che
crede, nel suo paternalismo, di poter essere lui a determinare le scadenze
della libertà di un altro; che vive
secondo un concetto mitico del tempo e continua a consigliare ai neri di
attendere "un momento più propizio". La scarsa comprensione da
parte di persone bendisposte é ben più frustrante dell’assoluta incomprensione
mostrata da chi é maldisposto. L’accettazione tiepida sconcerta assai più del
rifiuto secco.” “Avevo sperato inoltre che i bianchi moderati respingessero la visione mitica del tempo per quanto
riguarda la lotta per la libertà. Ho
appena ricevuto una lettera da un fratello bianco che vive in Texas. Mi scrive:
"Tutti i cristiani sanno che prima
o poi ai popoli di colore sarà data la parità di diritti, ma può darsi che Lei esageri nella sua
ansia religiosa di accelerare i tempi. Il cristianesimo ha impiegato quasi duemila anni per
arrivare dov’é oggi. La dottrina di Cristo richiede tempo per scendere sulla terra". Quest’atteggiamento nasce da una concezione tragicamente errata del
tempo, dall’idea curiosa e
irrazionale che lo scorrere del tempo abbia in sé stesso l’immancabile dote di guarire ogni male. In realtà, il
tempo é neutro: può essere usato in modo distruttivo oppure costruttivo. Io
ho la sensazione sempre più forte che le
persone malintenzionate abbiano saputo usare il tempo in modo assai più
efficace, rispetto alle persone benintenzionate.” “Il progresso umano non viaggia sui binari dell’inevitabile: si
produce grazie agli sforzi instancabili di uomini disposti a collaborare con
Dio, e senza il loro duro lavoro il tempo stesso diventa un alleato delle forze
della stagnazione sociale. Dobbiamo
usare il tempo in modo creativo, sapendo che i tempi sono sempre maturi per
fare quel che è giusto.”
Anche la Pankhurst è stata
amaramente delusa dai tanti falsi amici:
“Ho conosciuto tanti giovani
inglesi che hanno iniziato la loro carriera politica come oratori pro-suffragio
e in sèguito sono divenuti anti-suffragisti” (“La Mia Storia”, cit., pag. 22).
Nel 1893 i coniugi Pankhurst
tornano a Manchester e lei riprende servizio alla Suffrage Society:
“Su mio suggerimento,
i membri iniziarono ad allestire i loro primi incontri all’aperto” (pag. 22)
IL TEMPO LIBERO dalla famiglia PER L’ATTIVISMO SOCIALE in difesa dei
Poveri
I
POLITICI SFIDANO LE ASPIRANTI VOTANTI:
DIMOSTRATE
QUANTO VALETE FACENDO PRO BONO LE CIVIL SERVANTS
E a proposito del tempo, è proprio grazie al tempo libero dal lavoro e dalla famiglia che la Pankhurst può dedicarsi a tempo pieno appunto, al sociale:
“Ho già detto come i nostri leader del partito liberale
avessero consigliato alle donne di dimostrare la loro idoneità alla
rappresentanza in Parlamento lavorando negli uffici municipali,
specialmente in cariche non retribuite.
Un gran numero di donne aveva seguìto il consiglio impiegandosi nei
comitati di pubblica assistenza, nei consigli scolastici e in altre strutture
disponibili. I miei figli erano ormai
abbastanza cresciuti perché li potessi lasciare nelle mani di competenti
bambinaie, e così ero libera di partecipare alle attività di queste
associazioni” (pag. 22).
Il movimento, dunque, fu fondato
da donne della middle class le quali
poi, retribuendo le attiviste, permisero a donne della working class di lavorare a tempo pieno per l’espansione in senso
anche interclassista dell’associazione, come ad esempio l’ex operaia Annie
Kenney.
La Pankhurst Tutrice della POOR
LAW della Regina ELISABETTA
CON EMPATIA ed INGEGNO MIGLIORA SENSIBILMENTE le CONDIZIONI
di VITA di
BAMBINI ed ANZIANI
QUEL SEMPLICE GESTO del PANE SPEZZATO, RIMEDIO allo SPRECO di CIBO dei BUROCRATI
E così la Pankhurst si candida e viene eletta nel Consiglio dei Tutori
(guardians) della Poor Law, storica legge della
regina Elisabetta I (1533 – 1603), “una delle più grandi riforme compiute da
quella saggia e umana monarca” (pag. 23, che al cinema è stata interpretata
da tre attrici Premi Oscar: Vanessa Redgrave, Cate Blanchett e Judi Dench):
“Quando Elisabetta
salì al trono trovò l’Inghilterra in uno stato di spaventosa povertà. Orde di
persone morivano letteralmente di fame nelle miserabili baracche, nelle strade
e pure davanti ai cancelli del Palazzo. La causa di tutta questa miseria era
stata la riforma religiosa sotto Enrico VIII” (1491 – 1547, suo padre, ndr) “e la scissione da
Roma della Chiesa inglese. Re Enrico si appropriò di tutte le terre, le abbazie
e i conventi della Chiesa, e li diede
come ricompensa ai nobili che avevano appoggiato la sua politica. Ma i
nobili protestanti non assunsero in alcun modo le antiche responsabilità
ecclesiastiche di dare alloggio ai viaggiatori, di fare la carità, di curare
gli ammalati, di educare i giovani e di assistere i bambini e gli anziani.
Quando i monaci e le suore vennero buttati fuori dai loro conventi, questi
còmpiti non furono assegnati a nessun altro.” (Emmeline Pankhurst, "La Mia Storia", op. cit., pag. 23)
Allora Elisabetta I fece una legge
affinché gli enti locali pubblici, sulla base della tassa per i poveri (la Poor Rate), gestiscano il Ricovero per i
Poveri (ospizi e ripari per i senzatetto in un unico edificio): nel caso della
Pankhurst, si occupa della gestione di un ospedale, una scuola, una fattoria e
laboratori.
“Quando assunsi
l’incarico scoprii che nel nostro distretto la legge veniva applicata in maniera assai ingiusta” da contabili
privi di senso pratico ma anche di umanità (pag. 23): “Ad esempio, benché i
ricoverati fossero malnutriti, notai un assurdo quanto evidente spreco di cibo” (troppo pane), e il
resto era dato in pasto ai maiali che però, non essendo il pane il loro cibo
appropriato, poi fruttavano meno sul mercato. “Io suggerii che la pagnotta
fosse tagliata a fette e cosparsa di margarina, di modo che ciascuno ne
prendesse quanto pensava di mangiarne” e “naturalmente i poveri acconsentirono e
con il pane che risparmiavamo facevamo dei dolci con latte e uva passa” (pag.
24).
C’è, in questa semplicità
intuitiva, l’esemplificazione della differenza fra la vera compassione
incarnata dalla Panhurst, e la finta filantropia dall’alto in basso dei burocrati
privi di un minimo d’immaginazione che magari si credevano anche dei buoni
cristiani.
Alle persone anziane, che
sedevano “su seggiole senza schienale o su delle panche” (proprio come nei
manicomi come vediamo anche nel film “La
Fossa dei Serpenti”), la Pankhurst offre la novità delle sedie Windsor. E
le bambine? “Erano vestite, d’estate e d’inverno, con indumenti di cotone
leggero, scollati e a maniche corte. Di notte non indossavano nulla, visto che
i pigiami erano considerati un lusso. Il fatto che la bronchite fosse epidemica
non aveva suggerito ai tutori alcun cambiamento nella foggia dei loro vestìti”
(pag. 24): bastavano piccole migliorie, ma a questi gelidi burocrati mancava
l’immaginazione morale per queste piccole cose. Addirittura, le public schools (che il traduttore
ignorante traduce con scuole pubbliche, in realtà sono le scuole private dei
bambini ricchi, come del resto si deduce dal testo, ndr) “furono fondate
sfruttando le eredità lasciate per l’istruzione dei poveri” (pag. 25). Nel giro
di cinque anni, con la Pankhurst le
condizioni cambiano: in campagna compra un sistema di casette per bambini
con una scuola con bravi insegnanti, una palestra e una piscina (lei fece
parte, unica donna, del comitato edilizio).
“Se li si tratta da poveri,
saranno ovviamente sempre poveri, e cresceranno come poveri, come un peso
permanente della società; ma se li si considera semplicemente come bambini
sotto la tutela dello Stato, assumono tutto un altro carattere” (pag. 25).
Ed ecco l’intuizione-clou della Pankhurst:
“Dovremmo avere delle
nuove leggi, e non possiamo sperare di
averle sinché le donne non avranno accesso al voto.” (pag. 25)
Il BRUTTO DESTINO SEGNATO PER LE RAGAZZE-MADRI come PHILOMENA LEE
Nel ricovero, alcune bambine
“erano costrette a lavori ripugnanti”, “c’erano donne incinte che strofinavano
i pavimenti e facevano i lavori più duri quasi sino al giorno di mettere al
mondo i loro figli” (pag. 25).
Sono ragazze-madri come Philomena e come le ragazze del film del 2002 “Magdalen” di Peter Mullan, solo che
quelle due storie vere sono ambientate nell’Irlanda cattolica, dove i
ricoveri per nascondere queste giovani donne erano gestiti dalla Chiesa
cattolica:
“A queste povere
madri era concesso di restare in ospedale dopo il parto solo per due settimane.
Poi dovevano scegliere se rimanere nel
ricovero e guadagnarsi da vivere facendo le pulizie e altri lavori- nel qual
caso venivano separate dai loro bambini- oppure andarsene. Potevano restare ed
essere povere, o potevano andarsene con un bambino di due settimane in braccio,
senza speranza, senza una casa, senza denaro, senza un posto dove vivere”
(pag. 25). I bimbi sono separati dalle loro madri ed affidati alle “madri dei
ricoveri”, “perlopiù giovani serve” (pag. 26).
La punizione vale solo per le ragazze, non per i
responsabili uomini che le hanno sedotte e abbandonate:
“Se un uomo che
rovina una ragazza effettua un unico pagamento di venti sterline, l’alloggio
diventa immune da ogni ispezione”: “E’ normale che i bambini muoiano con orrenda
puntualità, spesso prim’ancora che siano state spese le venti sterline, e a
quel punto gli allevatori di bambini sono liberi di richiedere un’altra
vittima” (Emmeline Pankhurst, “La Mia
Storia”, cit., pag. 26).
Già più di un secolo prima, Mary
Wollestoncraft aveva scritto che “Gli uomini dovrebbero mantenere le donne che
hanno sedotto” (“Sui Diritti delle Donne”,
Rizzoli, Milano 2010, pag. 94).
La TESTIMONIANZA: “LE DONNE FANNO LA DIFFERENZA E SONO PIU’ LABORIOSE
DEGLI UOMINI
SONO SOLO LE DONNE CHE SI PREOCCUPANO DELLE CONDIZIONI DELLE DONNE”
“Coloro che si preoccupano realmente della questione sono solo donne”,
sicché il voto alle donne non è solo un diritto ma una “necessità”, ragiona la
Pankhurst che dice di aver imparato molto da tutte le operatrici sue colleghe,
soprattutto le donne anziane che “erano le più industriose” rispetto agli
uomini anziani (pag. 26) che si attardavano a fumare.
Molte erano “domestiche-serve” single, come la Séraphine del film che
vi ho presentato (http://lelejandon.blogspot.it/2015/12/i-magici-mix-misteriosi-della-pittrice.html), che in Inghilterra erano pagate in media
solo qualche penny e dunque non
avevano potuto risparmiare.
Altre erano “vedove
di abili artigiani che avevano ricevuto la pensione dai sindacati ma le
pensioni si erano estinte con la morte dei mariti. Queste donne, che avevano rinunciato a lavorare per sé stesse e avevano
lavorato per i mariti e i figli, erano rimaste senza un penny” (pag. 27),
quindi rientravano nella categoria delle indigenti. “Anche se la donna aveva un
figlio in grembo veniva considerata, a rigor di legge, al pari di un uomo di
robusta costituzione. Le donne, ci
dicevano, devono stare in casa e badare ai propri figli. Io lasciavo senza
parole i miei colleghi uomini dicendo loro: “Quando le donne avranno il diritto
di voto capiranno che le madri possono stare
in casa e badare ai propri figli. Voi uomini finora lo avete reso
impossibile a queste madri” (pag. 28; corsivo dell’Autrice).
La Pankhurst testimonia che le donne
“si dimostravano molto più preparate e intraprendenti degli uomini” (pag. 28) e
sviluppa così la fede che
“La civilizzazione,
se mai progredirà in futuro, lo farà grazie alle donne, donne libere dalle
pastoie politiche, donne nella piena facoltà di svolgere il loro ruolo nella
società” (pag. 29)
Anche la femminista
del Settecento inglese Mary Wollstoncraft aveva scritto della laboriosità delle
donne:
“Per quanto riguarda
la virtù, nel senso più ampio del termine, gli esempi maggiori li ho
riscontrati fra i ceti più bassi. Molte donne povere mantengono i propri figli
con il sudore della fronte e tengono unite famiglie che si sarebbero disgregate
a causa dei vizi dei padri; (…) il buonsenso che ho riscontrato nelle donne
povere, che hanno potuto trarre ben pochi profitti dall’educazione e che
tuttavia hanno agito con eroismo, conferma la mia convinzione che sono le
occupazioni frivole a rendere una donna frivola” (“Sui Diritti delle Donne”, Rizzoli, Milano 2010, pagg. 88 – 89)
LE AMARE SCOPERTE della PANKHURST nel NUOVO INCARICO ALL’ANAGRAFE
I PEDOFILI IMPUNITI: LE LEGGI CONTRO LE DONNE FATTE DA SOLI MASCHI
Quando le muore improvvisamente
l’amato marito nel 1898, ritrovandosi con il figlio più giovane di 17 anni, la
Pankhurst rassegna le dimissioni dal Consiglio dei Tutori e viene assunta per
un impiego salariato al Registro delle Nascite e delle Morti della sua città
(in pratica, il nostro ufficio anagrafe). E qui scopre che
“c’erano ragazzine di tredici anni che venivano per registrare la nascita dei loro figli, ovviamente illegittimi. In molti di questi casi scoprivo che il padre della ragazza o qualche parente prossimo maschio era il responsabile. Nella maggior parte dei casi non c’era niente che si potesse fare. In Inghilterra l’età del consenso è sedici anni, ma un uomo può sempre affermare di aver pensato che la ragazza avesse più di sedici anni.
“c’erano ragazzine di tredici anni che venivano per registrare la nascita dei loro figli, ovviamente illegittimi. In molti di questi casi scoprivo che il padre della ragazza o qualche parente prossimo maschio era il responsabile. Nella maggior parte dei casi non c’era niente che si potesse fare. In Inghilterra l’età del consenso è sedici anni, ma un uomo può sempre affermare di aver pensato che la ragazza avesse più di sedici anni.
Il sistema che vigeva all’epoca
era un premierato assoluto: “Nel nostro Parlamento nessun progetto di legge ha
la possibilità di diventare legge a meno che non sia approvato da una misura
del governo. I deputati che non fanno parte del governo sono liberi di
presentare delle misure per proprio conto, ma queste raramente raggiungono la
seconda lettura, o la fase dibattimentale” (Emmeline Pankhurst, "La Mia Storia", op. cit., pag. 33).
Nel 1905 si poteva arrivare al
riconoscimento della legge, ma “una maggioranza pur schiacciante di
parlamentari non ha il potere di rendere esecutiva una legge di fronte
all’ostilità degli undici ministri di un governo” perché “i loro poteri sono
limitati al contributo alla promulgazione dei provvedimenti presentati dal governo”
(Emmeline Pankhurst, "La Mia Storia", op. cit., pagg. 45 – 46: “è vero che la Camera può ribellarsi, che può costringere il
governo alle dimissioni, votando la sfiducia. Ma non succede quasi mai. I
burattini non si ribellano”, chiosa la Pankhurst).
Quando le suffragette interrogano
i parlamentari in diretta, questi sono imbarazzati, e sono considerate delle
intruse insolenti.
Quando un membro del Partito Laburista
porta il ddl del marito della Pankhurst alla Camera dei Comuni, nessuno dei
parlamentari osa presentarlo per primo per tema di alienarsi i voti degli
elettori maschi, nonostante “l’enorme adunata di donne di tutte le classi”.
L’espediente usato fu questo: “tirando per le lunghe” il ddl precedente “con
stupide storielle e battute cretine. I parlamentari assistevano a
quest’offensiva performance con risa e applausi” (pag. 36): una forma ignobile di
ostruzionismo parlamentare.
ANNIE KENNEY
L’Operaia che fece Nuove Iscritte fra le Lavoratrici Operaie dell’East
End di Londra
La Pankhurst ricorda la figura di
Annie Kenney (1879 – 1953). Figlia del
proletariato, nata in una famiglia di undici figli, un giorno dovette subire
l’amputazione d’un dito in sèguito ad un incidente in fabbrica: una bobina in
movimento glielo strappò. (Nel film “Suffragette” Maud elenca i rischi d’incidenti
e le malattie professionali in cui incorrono le operaie lavandaie: “dolori,
tosse, ulcere, dita schiacciate, avvelenamenti…”).
Appassionatasi della lettura, fu
affascinata dall’attivista gay Edward Carpenter e s’iscrisse all’Independent
Labour Party (il partito laburista indipendente). Nel 1905 a Manchester fu colpita da un discorso pronunziato dalla Pankhurst ed
aderì al WSPU e quello stesso anno, insieme alla figlia Christabel
Pankhurst, interruppe una riunione di Churchill ed Edward Grey per domandare se
avessero in programma il diritto di voto ed esibendo uno striscione: “Sir
Edward Grey non diede alcuna risposta, mentre un addetto al servizio d’ordine
le premeva il suo cappello in faccia”, allora Christabel ripeté la domanda,
Grey la ignorò di nuovo, e il commissario va dalle donne per invitarle a
formulare la richiesta per iscritto, che fu consegnata a Grey che però non
diede alcuna risposta (pag. 38). Furono allontanate dalla polizia e “scagliate
in mezzo alla strada”, mentre “sul palco i leader liberali sedevano muti e
impassibili”, e dinanzi alla scelta fra multa e galera, scelsero entrambe la
prigione.
Christabel disse: “Mamma, se
paghi la multa, a casa non ci torno” (pag. 39). I media le condannarono, mentre
loro ebbero nuove iscritte e stabilirono che questo sarebbe stato il metodo: “i
cartelli “Voto alle Donne” sarebbero apparsi ogni qual volta un futuro membro
del governo liberale si fosse alzato per parlare e non ci sarebbe stata tregua
finché non si fosse data una risposta” (pag. 40). S’iniziò col discorso
d’esordio nel nuovo Premier liberale Sir Henry Campbell-Bannerman, a cui
scrissero, ma lui non rispose, né menzionò la questione nel discorso: così
Annie Kenney tirò fuori il suo cartello, mentre Theresa Billington esibiva un altro cartello simile: “furono
afferrate e buttare fuori”. Una volta è Emmeline Pakhurst ad interrompere il
Premier (1908 – 1916) Herbert Henry Asquith (1852 – 1928): “Le donne sono
genitori. Il signor Asquith non pensa forse che le donne debbano avere il
diritto di controllare l’educazione dei propri figli, come per gli uomini,
attraverso il voto?” (anche lei viene portata via all’uscita, pag. 52). (Quando Christabel fuggì a Parigi, la madre
andava a trovarla ogni settimana; nel 1913 Annie Kenney verrà condannata a 18
mesi di carcere, ove attuò lo sciopero della fame; quando, allo scoppio della Prima guerra mondiale s’interruppe la
militanza, lei si recò in Galles con Emmeline Pankhurst per incoraggiare i
sindacati a sostenere il lavoro di guerra).
Per ampliare il
movimento fra le donne operaie, si fondò
una sede nell’East End (il quartiere povero di Londra che rassomiglia ad una
periferia), e Annie Kenney abbandonò il lavoro di operaia per servire a tempo pieno l’organizzazione: “Grazie
al suo contributo iniziammo a portare la nostra propaganda a un pubblico
completamente nuovo” (pag. 36). Come dicevo, già un secolo prima un’altra
inglese Mary Wollstoncraft ci testimonia di quanto fossero in gamba queste
donne:
“Per quanto riguarda
la virtù, nel senso più ampio del termine, gli esempi maggiori li ho
riscontrati fra i ceti più bassi. Molte donne povere mantengono i propri figli
con il sudore della fronte e tengono unite famiglie che si sarebbero disgregate
a causa dei vizi dei padri; (…) il buonsenso che ho riscontrato nelle donne
povere, che hanno potuto trarre ben pochi profitti dall’educazione e che
tuttavia hanno agito con eroismo, conferma la mia convinzione che sono le
occupazioni frivole a rendere una donna frivola” (“Sui Diritti delle Donne”, Rizzoli, Milano 2010, pagg. 88 – 89)
Torniamo alla storia del
movimento. Le associate, scrive la Pankhurst, “concentrano tutte le proprie
forze su un unico obiettivo”: il suffragio. Secondo lei, “le donne della Gran
Bretagna si sarebbero emancipate anni fa se solo tutte le suffragiste avessero
adottato questo semplice principio” (pag. 45).
Le suffragette presero di mira l’allora
giovane parlamentare Winston Churchill (1874
– 1965): “Gli rovinammo tutti i passaggi migliori replicandogli a tono con
delle ovvietà tali che la gente scoppiava a ridere” (pag. 41), ma non
riuscirono a non farlo eleggere. Fu eletto con maggioranza assai ridotta.
Benché fossero “sempre insultate a buttate fuori”, tuttavia la “campagna di
disturbo” aveva questo senso: “contribuì a rendere il suffragio femminile una
notizia” (pag. 42).
“Invitammo tutti gli elettori a votare contro
i candidati liberali fino a quando il governo liberale non avrà reso giustizia
alle donne” (pag. 47): questa tattica (che funzionò alle elezioni straordinarie
a Cockermouth nel 1906, cf. pag. 54) fu copiata dagli Home Rulers di Charles
Stewart Parnell (1846 - 1891), che (purtroppo il solito ignorante traduttore
del libro non lo spiega) erano i sostenitori della devolution, dell’autogoverno
rispetto al governo centrale. Nel 1885 essi “avevano osteggiato tutti i
candidati liberali, compresi quelli che, come mio marito” (che però non fu
eletto, come abbiamo visto, ndr) “erano sostenitori dell’Home Rule”.
Così l’allora Premier Gladstone
fu costretto a presentare un ddl che però non divenne legge per la decadenza
del governo, causata da intrighi interni, e la morte di Parnell.
La Grande Lezione per le Nostre Battaglie Laiche Moderne Future:
“Non basta Simpatizzare, servono Azioni Positive Concrete per
Trasformare la Realtà”
Ed ecco la grande lezione per
l’oggi e il domani e tutte le nostre battaglie laiche:
“L’argomento sostenuto dai suffragisti vecchio stampo, e dagli stessi
politici, è sempre stato che un’opinione pubblica ben educata” (qui sarebbe
meglio tradurre “istruita”) “darà prima
o poi il voto alle donne senza bisogno di esercitare grandi pressioni in favore
della riforma. Noi siamo d’accordo sul fatto che l’opinione pubblica vada
educata (istruita, ndr), ma sosteniamo che un’opinione pubblica educata è del
tutto inutile se non viene utilizzata energicamente. L’arma più affilata è
impotente se non viene coraggiosamente brandita. Nel 1906 una vastissima
opinione pubblica era favorevole al suffragio femminile. Ma in che modo poteva
servire alla causa? Noi chiedevamo alla gente molto più di una generica
simpatia” (“La Mia Storia”, pag. 47).
Qui la Pankhurst ci sta dicendo
che non basta l’adesione intellettuale ad una causa, bensì bisogna tradurla in
azioni positive, in atti concreti: manifestazioni, pressioni, anche ricatti
politici. Serve la buona volontà politica dei parlamentari e dei governanti.
Inoltre, bisogna sempre ripudiare questo generico rinvio: “prima o poi”, che
era quella perversa concezione del tempo contro cui combatteva Martin Luther
King Jr. (http://lelejandon.blogspot.it/2014/11/the-help-lezione-sulla-compassione_14.html).
l filosofo greco Aristotele
definiva così la scelta: “la scelta è desiderio che ragiona”. Come dire che, se
si fermasse al lato intellettuale, resterebbe un mero ragionamento, invece deve
essere tradotta in atto dalla volontà (desiderio).
L’Ispirazione dall’Esercito della Salvezza: Predicare nelle Strade
Come dice Oggi il Filosofo de Botton: Noi Laici ispiriamoci al Meglio
delle Religioni
per fare Comunità e creare Emozioni di Fratellanza
Sarah Moore Grimké, suffragetta
americana di fede quacchera
|
Il filosofo laico contemporaneo Alain de Botton, nostro punto di riferimento che citiamo spesso ai nostri cineforum, nel suo saggio fondamentale “Del buon uso della religione” (http://lelejandon.blogspot.it/2014/10/ri-creare-un-senso-di-comunita-e-una.html) invita noi laici a trarre ispirazione creativa dalle varie religioni. Ebbene, anche il movimento della Pankhurst trasse spunti proprio da una denominazione cristiana coeva che si batteva anch’essa per la giustizia sociale: quella fondata dal predicatore William Booth (1829 – 1912) a Londra nel 1865 nata dal distacco dalla chiesa metodista per portare il messaggio del Vangelo ai bisognosi dei bassifondi: “Adottammo i metodi dell’Esercito della Salvezza e scendemmo nelle strade grandi e piccole a fare proseliti” (pag. 48). La fiducia nella vittoria finale della causa è data anche dal precedente dei primi abolizionisti della schiavitù razziale del Massachusetts, l’avvocato Wendell Phillips (1811 – 1884) ed il giornalista William Lloyd Garrison (1805 - 1879): “Anche loro dovettero lottare duramente, sottostare a insulti e arresti, perché insistevano a farsi ascoltare (la schiavitù fu abolita dal Presidente Abramo Lincoln nel 1865, ndr). E furono ascoltati; e, col tempo anche noi”.
Per le loro azioni, le militanti
suffragette sono incarcerate nella prigione femminile di Holloway e nonostante
la loro fosse una lotta di chiaramente politica, “venivano trattate come
criminali comuni” (pag. 57). Ad esempio quando si dirigono pacificamente in
tante a Westminster arrivano i poliziotti a cavallo e furono costrette a
ritirarsi “per non finire schiacciate” dai cavalli, e quelle arrestate portate
in prigione per “resistenza alla polizia”: in realtà “era la polizia a fare
resistenza” (pag. 64) impedendo alle donne di consegnare la petizione al
Premier per il suffragio.
“Il sistema detentivo inglese è
medievale”, spiega la Pankhurst, che ci è finita numerose volte, sempre
perfettamente consapevole del rischio di finirci: si soffre il freddo, le
letture consentite sono poche, nel primo mese di detenzione non si possono
ricevere lettere (pag. 73) e l’isolamento 23 ore su 24 porta alcune ad impazzire.
Quando diventa Premier
“l’arcinemico dei suffragisti” Asquith, le donne fecero perdere le elezioni a
Churchill, che all’epoca era nel partito liberale, e che per tema di non venire
eletto a causa di questo movimento in ascesa, con un giro di parole formulò
questa menzogna: “Non escludo che la possibilità del suffragio venga affrontata
già in questo Parlamento”, salvo subito precisare che non poteva parlare a nome
dei colleghi” (pag. 77).
Churchill vinse per “l’annuncio
che il nuovo governo intendeva istituire le pensioni di anzianità” (pag. 77), e
il Premier Asquith, “interrogato alla Camera dei Comuni da un parlamentare
anti-suffragista allarmato” risponde che il suffragio “riguarda un futuro
remoto e del tutto ipotetico” (pag. 79).
LA SFIDA del SEGRETARIO DI STATO GLADSTONE:
“DIMOSTRINO CHE SONO UN MOVIMENTO DI MASSA”
E LORO SI RADUNANO IN 500 MILA A HYDE PARK. LA SOLIDARIETA’ DA 38
CITTA’
Un giorno arriva la sfida del
Segretario di Stato Herbert Gladstone che dice che le suffragiste devono dare
prova di aver imparato la lezione dai suffragisti uomini: “riesaminando le
crisi politiche degli anni Trenta, Sessanta e Ottanta” dell’Ottocento, “si
constaterà che la gente non si radunava in piccoli gruppi, e non si faceva
bastare entusiastiche assemblee in grandi sale; si radunavano a diecine di
migliaia per tutto il Paese”. Ed aggiunse: “Ovviamente non ci si aspetta che le
donne possano radunarsi in masse tanto grandi” (pag. 80): ebbene, “la WSPU
decise di raccogliere la sfida. (…) Sapevamo di essere in grado di organizzare
una dimostrazione che potesse competere con le grandi manifestazioni per il
diritto di voto degli anni Trenta, Sessanta e Ottanta”, e così domenica 21
giugno del 1908 si radunarono ad Hyde
Park 500 mila persone: mega cartelloni con le mappe dei cortei, con i volti
delle oratrici, e annunci casa-per-casa: un successo. Un giornale scrisse che
mai, prima di allora, un così gran numero di persone si era riunito all’aperto.
Ma il Premier Asquith non si mostra impressionato, allora le suffragette
insistono e si radunano in centomila dinanzi al Parlamento, poi davanti alla
residenza di Downing Street rompono la loro prima finestra: le responsabili
furono portate in carcere ad Holloway. Intanto, la polizia politica segreta le segue e stenografa
tutti i discorsi dai palchi dei vari raduni.
La FIGLIA CHRISTABEL, AVVOCATA, DIFENDE LA MADRE IN TRIBUNALE
Quando Emmeline Pankhurst viene
arrestata per il volantino “accorrete in aiuto delle suffragette per dare
l’assalto alla Camera dei Comuni”, la figlia Christabel, avvocata, affronta il
suo primo processo come legale di sé stessa e della madre (“alle donne in
Inghilterra non è consentito praticare l’avvocatura”, pag. 87).
Per prima cosa, fa notare che
semmai fu Lloyd George ad incitare alla violenza (e non le suffragette) quando
disse che le donne che fanno domande devono essere sbattute fuori.
Christabel Pankhurst ed Annie Kenney |
Poi fa ammettere che la folla era
disciplinata e i discorsi delle suffragiste moderati. Ultimo, ma non meno
importante, fa notare che la sfida era stata lanciata proprio dal collega di
Lloyd George!
Il magistrato non le lascia però
chiedere a Gladstone se sia stato il governo a dare direttamente ordini alla
polizia di interrompere l’adunata delle donne.
Fa notare in aula che alle
suffragette fu negata la giuria popolare perché i giudici amici dei potenti e
misogini avevano paura delle simpatie del popolo per le suffragiste.
Il metodo delle suffragette,
spiega l’imputata Pankhurst, è sempre stato nonviolento: come lo sarà anche il
movimento di liberazione degli afroamericani guidato da Martin Luther King Jr:
“La nostra regola è
sempre stata di non usare la violenza, ma anzi di offrirci alla violenza degli
altri” (pag. 91)
“QUANDO AVREMO IL VOTO RIFORMEREMO QUESTE CARCERI MEDIEVALI”
Quando la Pankhurst, condannata
al carcere dopo questo processo, fa sapere che le è negato di parlare con sua
figlia (che si trova nella sua stessa prigione!), senza quindi sapere come
stia, le suffragette marciarono in migliaia verso la prigione cantando la
Marsigliese delle Donne: le due sono liberate un po’ prima, e fanno notare che
“una volta
conquistato quel diritto” (il voto) “avremmo potuto riformare le carceri e
anche tanti altri strumenti di prevaricazione” (pag. 94)
IL DIRITTO DI PETIZIONE VALE PER TUTTI/E, E’ NELLA “COSTITUZIONE”
Inizia quindi la battaglia per
riaffermare, anche per le donne, il diritto di petizione, “che esisteva in
Inghilterra sin dai primi tempi di cui si hanno testimonianze, era incluso nel
Bill of Rights, la dichiarazione dei diritti che divenne legge nel 1689 con l’avvento
di Re Guglielmo III e della regina Maria”, insomma era praticamente, per così,
dire, costituzionale, benché, com’è noto, il sistema inglese non abbia una
Costituzione: “E’ diritto dei sudditi di presentare petizioni al Re, e ogni
incriminazione o persecuzione per tali petizioni sono illegali” (pag. 96). Quando
all’ennesimo tentativo di consegnare la petizione, il Premier si rifiuta, le
donne ricompaiono costantemente da non si sa dove, dopo essere state disperse:
la Pankhurst rivela qui che la strategia consisteva nell’affittare uffici
vicini: “fu una lampante dimostrazione dell’ingegnosità delle donne contro la
forza fisica degli uomini” (pag. 99). Quando finalmente il Premier consegna
loro una lettera, è un No assoluto: sarebbe stato sufficiente, dice la
Pankhurst, che avesse risposto che in futuro le avrebbe ricevute. Il giudice le
condanna perché, se era legittimo che presentassero la petizione, non lo era la
pretesa di essere ricevute in delegazione: ma la Pankhurst ribatte dinanzi a
questa sentenza misogina “Quale valore ha una petizione che non può essere
presentata di persona?” (pag. 102).
4/L'ARTISTA MARION WALLACE DUNLOP:
LA BATTAGLIA DI PRINCIPIO: “NOI SIAMO IMPUTATE POLITICHE, NON CRIMINALI
COMUNI”
ed E’ LA PRIMA A FARE lo SCIOPERO DELLA FAME: IN TANTISSIME COMPAGNE LA
IMITANO
La signorina Marion Wallace
Dunlop (1864 – 1942, che di professione era una scultrice ed illustratrice),
“scrisse un estratto del Bill of Rights con inchiostro di stampa sul
marciapiede” della St Stephen’s Hall della Camera dei Comuni: arrestata, alla
multa preferì il carcere duro.
Fu lei la prima a fare, nel 1909,
lo sciopero della fame perché “pretendeva di essere trattata come un’imputata
politica” (pag. 103) e non come una criminale comune. Dopo una settimana,
quando il medico scrisse che la morte sarebbe sopraggiunta da un momento
all’altro, la donna fu rimandata a casa.
Le altre donne in carcere
sfasciarono delle finestre delle celle, in segno di protesta sinché non fossero
state trattate da detenute politiche: per questo ammutinamento furono
condannate ad ulteriori giorni di prigione in isolamento. Attraverso i vetri
rotti raccontarono la loro storia facendo lo sciopero della fame. “La vicenda
suscitò un’ondata di compassione in tutta l’Inghilterra” ma Gladston le fece nuovamente
condannare con false accuse (di aver preso a calci e morsi le secondine): ma
anche loro dovettero essere rilasciate per non essere lasciate morire.
“Chi non ha mai fatto
la tremenda esperienza dello sciopero della fame non può avere idea di quanto
grande sia quel supplizio. Gli spasmi della fame durano al massimo
ventiquattr’ore. Passato quel momento, non si sente più un bisogno disperato di
cibo. La debolezza e la depressione prendono il suo posto. Si ha spesso mal di
testa, accompagnato da vertigini o da un leggero delirio. La totale spossatezza
e un senso d’isolamento dalla terra segnano la fase culminante del calvario”
(pag. 106).
5/LUCY BURNS
L’AMERICANA COLTISSIMA FOLGORATA DALLE PANKHURST:
“COSI’ MI HANNO
ALIMENTATA A FORZA”
Sulle violenze del carcere, la
Pankhurst cita la testimonianza di Lucy Burns (New York 1879 – 1966),
un’americana che, quando conobbe la WSPU ne fu così ispirata che decise di
restare in Inghilterra come operatrice salariata del movimento, abbandonando i
vasti studi finanziategli dal padre che fece fra Yale, la Columbia ed Oxford:
l’attivista statunitense racconta del sadismo delle carceriere, ben dodici, che
l’afferrarono per i capelli, la trascinarono sul pavimento e le strapparono i
vestìti di dosso per farle indossare il camice da prigioniera (pag. 105).
Una volta delle suffragette
gettarono dei pezzi di ardesia da un tetto contro l’auto di Asquith, super
scortato dalla polizia a cavallo. Arrivarono i pompieri e fu dato loro l’ordine
di sparare l’acqua contro quelle manifestanti, loro si rifiutarono e allora fu
la polizia a lanciare l’acqua contro quelle donne mentre dei teppisti
lanciavano contro di esse dei mattoni, costringendole così a scendere.
L’ALIMENTAZIONE FORZATA ALLE SUFFRAGISTE SCIOPERANTI: PERICOLOSA,
ANCHE LETALE
(LEGALE SOLO PER I MALATI PSICHICI) L’APPELLO DEGLI SCIENZIATI CONTRO
IL GOVERNO
“UN TUBO di gomma di DUE METRI SPINTO DAL NASO ALLO STOMACO”
Ed ecco che arrivano
le alimentazioni forzate che si vedono nel film. Mary Leigh (1885 – 1978), fra
le prima a rompere le vetrine dei negozi, ne fu la prima vittima e la risposta
è da burocrati nazisti: “la signora Leigh disse che sapeva di non poter essere
legalmente alimentata a forza perché non si poteva eseguire un’operazione del
genere senza il consenso della paziente sana di mente. Il dottore ripeté che
aveva ricevuto degli ordini e che li avrebbe eseguiti”.
E qui tornano in gioco le carceriere, burocrati nemiche del loro stesso genere: “si scagliarono contro la signora Leigh, la immobilizzarono e inclinarono la sua sedia all’indietro.
Fu colta talmente di sorpresa che in quella circostanza non riuscì a opporre resistenza. Le fecero inghiottire un po’ di cibo da una tazza.
Più tardi due medici e le secondine entrarono nella sua cella, gettarono la signora Leigh sul letto e la tennero bloccata.
E qui tornano in gioco le carceriere, burocrati nemiche del loro stesso genere: “si scagliarono contro la signora Leigh, la immobilizzarono e inclinarono la sua sedia all’indietro.
Fu colta talmente di sorpresa che in quella circostanza non riuscì a opporre resistenza. Le fecero inghiottire un po’ di cibo da una tazza.
Più tardi due medici e le secondine entrarono nella sua cella, gettarono la signora Leigh sul letto e la tennero bloccata.
Davanti al suo sguardo terrorizzato, i dottori
tirarono fuori un tubo di gomma, lungo quasi due metri, e uno di loro cominciò
a ficcarglielo su per la narice. Il dolore era talmente atroce che iniziò a
strillare. Tre delle secondine scoppiarono in lacrime e i tirocinante pregò
l’altro dottore di desistere. Avendo avuto ordini precisi dal governo, il
medico andò avanti e il tubo fu spinto fin giù nello stomaco. (…) “I timpani”
raccontò lei in sèguito, “sembravano esplodermi. Sentivo il dolore fino alle
ossa del torace. Quando il tubo alla
fine venne estratto era come se mi avessero strappato via anche il naso e la
gola” (pag. 109)
“Fummo sconvolte nel
leggere sui giornali che queste detenute erano state nutrite con la forza
tramite un tubo di gomma cacciato nello stomaco. (…) “Terapia ospedaliera” era
l’espressione usata (…) Nessuna legge consentiva quelle pratiche se non per
soggetti certificati come malati di mente (…). Di fatto, i casi da manicomio solitamente
muoiono dopo poco tempo. “The Lancet”, forse la più autorevole
rivista medica in inglese, pubblicò un lungo elenco di opinioni di illustri
dottori e chirurghi che condannavano la pratica come un atto indegno per un
Paese civilizzato. (…) Una memoria firmata da centosedici famosi dottori fu
indirizzata al primo Ministro per protestare” (pag. 108)
Nonostante il loro manifesto che
denunziava questa pratica, il partito liberale fu riconfermato.
Poi Emmeline Pankhurst narra
della sua eccitazione allo sbarco negli States nel 1909 per il suo giro di
conferenze: qui sono le giovani le più desiderose del voto (pagg. 110 – 111).
Il Sindaco di Toronto, in alta
uniforme, le dà il benvenuto (in Canada il voto sarebbe stato dato nello stesso
anno che in Gran Bretagna e Russia sovietica, cioè nel 1918; in Québec nel
1940).
UN COMITATO composto da ALCUNI PARLAMENTARI DEI 4 PARTITI:
LE SUFFRAGETTE SPERANO IN UN’INTESA FRA I VARI LEADER
MA CHURCHILL, il FUTURO BOMBARDATORE di DRESDA, SI OPPONE
L'inutile Strage di Dresda voluta da Churchill |
Viene costituito un comitato
trasversale pro-suffragio (il Conciliation
Committee) all’interno della Camera dei Comuni di cui fan parte 25
liberali, 17 conservatori, 6 nazionalisti irlandesi e 6 laburisti: il testo (il
Conciliation Bill), che avrebbe dato
il diritto di voto ad un milione di donne, fu approvato da tutte le varie
associazioni femministe. “Benché sapessimo che non poteva passare a meno che il
governo non desse il suo pieno consenso, speravamo che i leader di tutti i
partiti e la maggioranza dei loro sostenitori stringessero un’intesa. Questo
tipo di comune accordo è raro nel Parlamento inglese, ma è così che sono stati
presi provvedimenti importanti e combattuti. L’estensione del diritto di voto
del 1867 rientra in questi casi” (pag. 116). A sostegno del ddl, le suffragette
fecero una manifestazione marcia che culminò nel gremitissimo Albert Hall (la
più grande sala concerti d’Inghilterra). E si radunarono ad Hyde Park le
associazioni maschili suffragiste: la Men’s Political Union for Women’s
Enfranchisement, la Men’s League for Women Suffrage ed il Conciliation
Committee, appunto. Anche i consigli comunali di 38 Città (fra cui appunto la
Manchester della Pankhurst, Liverpool e Dublino) mandarono risoluzioni in
sostegno del ddl. Anche la maggioranza dei ministri è favorevole, ma si schierarono contro due big del
partito liberale, Lloyd George e Winston Churchill: il futuro Premier
conservatore “pensava che la cosa migliore da fare era selezionare “alcune
delle migliori donne di tutte le classi” in base ai possedimenti,
all’educazione e al reddito” (pag. 118). Del resto, non dobbiamo mai
dimenticare che Churchill fu responsabile, da Primo ministro, del criminale
bombardamento notturno a sorpresa fra il 13 ed il 14 febbraio 1945 da parte
della RAF contro la città tedesca di Dresda, che uccise 250 mila persone e ne distrusse
14 mila case, 72 scuole, 22 ospedali, nonché le bellezze barocche rese celebri
dai dipinti del Canaletto. (Le temperature createsi raggiunsero i 1500 gradi e
le persone furono sospinte verso le fiamme: una “tempesta di fuoco”).
Ma il disegno di legge ottiene
più voti che la legge di bilancio! Allora l’ostinato Premier Asquith dice che
il ddl va portato ad una Commissione Bicamerale e dice che le donne devono
dimostrare “di essere la maggioranza nel desiderare il voto oltre ogni
ragionevole dubbio” (sic, pag. 120): quando è chiara la non volontà politica di
approvare finalmente la legge, riparte la guerra, e trecento donne partono
all’attacco con la petizione.
IL BLACK FRIDAY: 18
NOVEMBRE 1910
NUOVA STRATEGIA del TERRORE: IL GOVERNO ORDINA ALLA POLIZIA
di
STRATTONARE LE SUFFRAGETTE
119 ARRESTI fra cui LA SORELLA di EMMELINE PANKHURST,
MARY CLARKE, che MUORE
IN CARCERE
E allora il governo il giorno di
venerdì 18 novembre del 1910 (il Black
Friday, il Venerdì Nero) diede ordine alla polizia “di sballottare le donne da un agente all’altro, in divisa o no, di
trattarle in modo talmente rude da terrorizzarle e indurle a fare marcia
indietro”, “ma non dovevano essere arrestate”. “il governo sperava che la
violenza della polizia venisse imitata dalla folla, ma la folla si rivelò
straordinariamente amichevole” (pag. 122). I
loro cartelli furono strappati e fatti a pezzi, e “le donne – molte delle quali
erano eminenze nell’arte, nella medicina e nella scienza, donne di fama
europea- subirono trattamenti che non sarebbero stati riservati neppure ai
criminali incalliti, e tutto solo per l’oltraggio di aver voluto esercitare il
diritto di presentare una petizione pacifica” (pag. 123).
“La gente si chiedeva
perché le donne venissero picchiate; perché, se stavano infrangendo la legge,
non venissero arrestate; perché, se non stavano infrangendo la legge, non era
permesso loro di avanzare senza essere molestate. Per quasi cinque ore la
polizia continuò a spintonare e picchiare le donne, con la folla che diventava
sempre più turbolenta in loro difesa. Alla fine la polizia fu costretta a
operare degli arresti”: 119 persone fra uomini e donne, fra cui la sorella di
Emmeline, l’artista decorativa Mary Jane
Clarke (1862 – 1910), che si ammalò nel carcere di Holloway dopo essere
stata sottoposta all’alimentazione forzata e morì il giorno dopo Natale (pag.
126). Morirono anche Henria Williams e Cecelia Wolseley Haig.
Asquith promette che darà l’OK a
procedere con l’esame del ddl ma ormai era a fine legislatura. Intanto le
suffragette vengono rilasciate.
La Pankhurst compie il secondo
viaggio negli Stati Uniti e scopre che a New York “le assemblee di strada erano
diventate una pratica quotidiana” (pag. 126).
LADY CONSTANCE LYTTON
La Nobildonna che si Tagliò i Capelli e si Vestì da Povera e così fu
brutalmente alimentata a Forza
Suo Marito era un Suffragista, ed anche lei si rovinò la Salute nel
Malsano Carcere
Un’altra suffragetta storica del
WSPU era Lady Constance Lytton (1869 – 1923).
Figlia del viceré dell’India e di una contessa, aveva un fratello in Parlamento e un nonno romanziere. Sua Nonna, Rosina Wheeler (la figlia di una famosa femminista, Anna Wheeler), aveva dato scandalo divorziando dal marito (il romanziere Edward Bulwer-Lytton) che non solo le portò via i figli ma tentò di farla internare ond’evitare che lei, continuando a parlare male di lui come aveva già fatto in un suo romanzo e interrompendo un suo comizio, gli rovinasse la reputazione e la carriera politica. La sua bisnonna era Anna Wheeler (vedi paragrafo seguente): anche da lei aveva ereditato una grande determinazione e forza morale. Poiché le giovani nobildonne si dedicavano alla filantropia sino alle nozze, lei, che non si maritò mai (le fu negato di sposare l’uomo che amava) si occupò delle donne detenute: e fu proprio qui, in carcere, nel 1908, che un giorno conobbe alcune suffragette, fra cui Annie Kenney e la leader Christabel Pankhurst.
Figlia del viceré dell’India e di una contessa, aveva un fratello in Parlamento e un nonno romanziere. Sua Nonna, Rosina Wheeler (la figlia di una famosa femminista, Anna Wheeler), aveva dato scandalo divorziando dal marito (il romanziere Edward Bulwer-Lytton) che non solo le portò via i figli ma tentò di farla internare ond’evitare che lei, continuando a parlare male di lui come aveva già fatto in un suo romanzo e interrompendo un suo comizio, gli rovinasse la reputazione e la carriera politica. La sua bisnonna era Anna Wheeler (vedi paragrafo seguente): anche da lei aveva ereditato una grande determinazione e forza morale. Poiché le giovani nobildonne si dedicavano alla filantropia sino alle nozze, lei, che non si maritò mai (le fu negato di sposare l’uomo che amava) si occupò delle donne detenute: e fu proprio qui, in carcere, nel 1908, che un giorno conobbe alcune suffragette, fra cui Annie Kenney e la leader Christabel Pankhurst.
Non amava lo stile di vita della
sua classe aristocratica, e così si
dedicò anche lei a tempo pieno (come l’attivista proletaria Annie Kenney di
cui ho parlato sopra) alla battaglia suffragista. Le compagne le chiesero di fare
pressing sui politici, grazie ai suoi contatti altolocati, ma non funzionò. Tornò in carcere, ma non più da giovane assistente volontaria bensì, all’età
di quarant’anni, da detenuta condannata ad un mese di carcere per il solo
fatto di aver preso parte ad una protesta pacifica: qui, tentò di tatuarsi sul
corpo la scritta Voto alle Donne, mutilandosi, ma fu fermata della autorità,
per evitarle l’avvelenamento del sangue. Sofferente di cuore (disfunzione
valvolare) e di reumatismi cosiddetti costituzionali, Lady Constance su
consiglio della zia divenne vegana e ne ebbe beneficio nella sua salute, ma ciò
nonostante volle condividere gli scioperi della fame delle compagne, e le
autorità ond’evitare di produrre una martire famosa e altolocata la sottoposero
all’alimentazione forzata, simile al metodo usato contro le oche per produrre
il fois gras, per otto volte.
(L’autrice
animalista Aida Vittoria Eltanin, suggestivamente scrive che, così come Lady
Constance Lytton non dimenticò le urla delle suffragette detenute sofferenti in
carcere, analogamente le attiviste e gli attivisti per i diritti degli animali
oggi hanno bene in mente le grida degli esseri maltrattati negli allevamenti
intensivi).
Siccome anche la seconda volta (quando si fece apposta arrestare lanciando un sassolino contro un’auto di un deputato misogino) la trattarono coi guanti, la terza volta si finse una sarta e venne trattata di conseguenza. Lo racconta con ammirazione Emmeline Pankhurst:
Siccome anche la seconda volta (quando si fece apposta arrestare lanciando un sassolino contro un’auto di un deputato misogino) la trattarono coi guanti, la terza volta si finse una sarta e venne trattata di conseguenza. Lo racconta con ammirazione Emmeline Pankhurst:
“Fece uno dei gesti più eroici che si siano registrati nella storia del movimento suffragista: “si tagliò i bellissimi capelli” (biondi, ndr) “e si travestì indossando abiti scadenti e trasandati” facendosi chiamare Jane Warton: si fece arrestare per l’ennesima volta e “questa volta la trattarono come una detenuta comune”, non più facendola ricoverare in ospedale per via del rispetto per il suo casato nobile. Così en travesti non la riconobbero e “senza controllarle il cuore o farle un adeguato esame medico, la sottoposero all’orrore dell’alimentazione forzata. Per via della sua esile costituzione ebbe ogni volta spaventosi conati di vomito e quando in un’occasione i vestìti del medico si sporcarono, lui la colpì violentemente sul viso”, sinché si scoprì che era la nobildonna e fu rilasciata. “Ma non si riprese mai del tutto da quell’esperienza” (anche lei s’ammalò di cuore: ebbe un infarto e un ictus) “e oggi è un’invalida permanente” (Emmeline Pankhurst, “La Mia Storia”, op. cit., pag. 127).
Morì nel 1923, dopo aver visto riconosciuto il diritto di voto alle donne.
ANNA WHEELER
Amica dei Filosofi
Bentham e Thomson, insieme per la Contraccezione
Con coraggio lasciò il
marito violento
e si mise al lavoro
traducendo i filosofi francesi
William Thomson: il mio libro pro suffragio è opera anche sua
Anna Wheeler era la bisnonna della suffragetta Lady Constance Lytton. |
Bisnonna di Lady Constance
Lytton, figlia di un pastore della chiesa d’Irlanda, era la madre di Rosina
Wheeler. E’ stata fra le primissime donne inglesi attiviste in pubblici
meeting, parlò anche al circolo della South Place Chapel (attuale Conway Hall
Ethical Society), sotto la leadership
del reverendo unitariano (poi diventato politico liberale) William Johnson Fox
che ospitava un circolo d’intellettuali progressisti.
Ispirata anche dal libro di Mary
Wollestonecraft, fu amica del filosofo liberale inglese Jeremy Bentham (1748 –
1832) e del filosofo socialista irlandese William Thomson (1775 – 1833), tutti
e tre sostenitori della contraccezione come strumento di controllo demografico.
William Thomson dichiarò che il suo
appello per il suffragio “Appeal of One
Half of the Human Race, Women, Against the Pretensions of the Other Half, Men,
to Retain them in Political, and Hence in Civil and Domestic, Slavery”, del
1825, fu praticamente come scritto a quattro mani con lei.
Siccome il marito, un alcolista
violento da cui lei coraggiosamente andò via, quando morì la lasciò senza un penny,
lei si mantenne traducendo gli scritti dei filosofi francesi contemporanei e il
ricco filosofo William Thomson nel testamento le lasciò un’annualità
sufficiente al mantenimento della casa.
LA PROTESTA IN OCCASIONE del CENSIMENTO:
LE SUFFRAGETTE NON SI FAN TROVARE IN CASA: “TANTO NOI DONNE NON
CONTIAMO, VERO?”
TANTI GESTI di OSPITALITA’ dei FEMMINISTI, i PARTY IN BRUGHIERA
Quando il governo, che si
ostinava a non dimostrare sincera volontà di far approvare la legge, lancia il
censimento decennale, le suffragette scelgono la linea della resistenza. La
prima era rifiutarsi di riempire i moduli, che costava la multa o il carcere;
la seconda era “l’evasione: andarsene lontano da casa per tutto il periodo in
cui gli operatori raccoglievano dati”.
La stessa Pankhurst spiega il senso
della protesta: “Il censimento è un conteggio del popolo. Sinché le donne non
conteranno come popolo ai fini della rappresentazione nei consigli del Paese
così come ai fini della rappresentazione nei consigli del Paese così come ai
fini della tassazione, noi ci rifiuteremo di essere conteggiate” (pag. 130).
“Io restituii il mio modulo con le parole “Niente voto, niente censimento”
(pag. 131). “Donne ricche stiparono le loro abitazioni di donne che si
opponevano al censimento. Dormivano sul pavimento, sulle sedie e sui tavoli, e
perfino in bagno. Il capo di un grande istituto scolastico aprì la porta
dell’edificio a trecento donne. In altre città molte donne tennero delle feste
notturne per amiche che desideravano restare lontane da casa. In alcuni luoghi,
delle case vuote vennero affittate per la notte dalle dimostranti, che si
coricavano sulle assi nude. Alcuni gruppi di donne noleggiarono dei carrozzoni
da gitani e passavano la notte nella brughiera” (pag. 131). Questa festosità ci
ricorda ciò che vi dico sempre: che chi non è capace di fare festa è incapace
di autentica compassione umana.
“SOLO COL VOTO ALLE DONNE CI SARA’ EQUITA’ SOCIALE”
LE LEGGINE NEMICHE DELLE DONNE (non a caso) VENGONO DAI NEMICI DEL
SUFFRAGIO:
ANZICHE’ OFFRIRE PROTEZIONE, DEPRIVANO DI DIRITTI LE MADRI
Come nel caso della BRAVA MAMMA CHE LLOYD GEORGE MANDA IN CARCERE
PERCHE’ POVERA
Le donne non contano nemmeno
quando si tratta di fare le leggi: “Si prenda ad esempio il Children’s Charter
(detto anche Children Act) del 1906
che diede fama a Lloyd George” (il loro nemico Premier antisuffragista) che è
fra l’altro quella che consente alle scuole di dare dei pasti (ma la
maggioranza non lo fece): “Si potrebbe riempire un libro intero con gli errori
e l’efferatezza di quella legge”, come il “far ricadere gran parte della
responsabilità dell’incuria verso i bambini sulle spalle delle madri, le quali,
per la legge inglese, non godono di
diritti in quanto genitrici” (pag. 130). Cita il caso di Annie Woolmore:
condannata a sei settimane a Holloway per aver trascurato i figli, che erano
sporchi. Ma la difesa dimostrò che “sarebbe stato impossibile mantenere pulita”
la baracca “anche se avessero avuto l’acqua in casa”: “doveva trasportare
l’acqua che le serviva da una lunga distanza”. Ancorché sporchi, “i bambini
erano ben nutriti e trattati con riguardo” ed “il marito, un bracciante, fuori
per lavoro la maggior parte del tempo, testimoniò che la moglie “moriva di fame
pur di dar da mangiare ai figli”. “Solo grazie alle suffragiste fu assolta e
ottenne un’abitazione migliore” (pag. 130).
“Il voto parlamentare è l’unica
protezione contro i gravi torti professionali e sociali che le donne subiscono”
(pag. 221): “Poiché le donne non hanno il diritto di voto, in mezzo a noi ci
sono oggi lavoratrici sottopagate, schiave bianche, bambini oltraggiati e madri
innocenti affette, con i propri figli, da terribili malattie” (pag. 222).
L’OSTRUZIONISMO di LLOYD GEORGE:
PARADOSSALE DDL che ESTENDE IL VOTO A MOLTE PIU’ DONNE,
CASO INAUDITO
IN INGHILTERRA:
“SUFFRAGIO A TUTTE LE DONNE MARITATE CON UOMINI ELETTORI”
POI, L’ENNESIMO SCHIAFFO dal GOVERNO: “ESTENDIAMO IL VOTO AD ALTRI
gruppi di UOMINI”
Finalmente, quando il Premier
Asquith si decide a promettere l’impegno per l’approvazione della storica legge,
ecco che crea un ostacolo Lloyd George, “sin dall’inizio nemico dichiarato del
progetto di legge”: proponeva di “concedere il diritto di voto alle mogli di
tutti gli elettori, rendendo così le donne sposate elettrici in virtù della
qualifica dei mariti”: “L’inevitabile effetto di un tale emendamento sarebbe
stato quello di far naufragare il progetto di legge, poiché avrebbe emancipato
sei milioni di donne in aggiunta al milione e mezzo che già avrebbe beneficiato
dei termini originari del progetto. Un ampliamento tanto esteso non si era mai
visto in Inghilterra; il numero degli emancipati del Reform Bill del 1832
arrivava a malapena a mezzo milione. Il Reform Act del 1867 aprì la strada a un
milione di nuovi elettori, quello del 1884 massimo a due milioni.” (pag. 134).
Insomma, l’inverosimile proposta paradossale era una forma di ostruzionismo.
Altra strategia per sviare dal
ddl, un vero e proprio schiaffo alle suffragette, fu di mettere all’ordine del
giorno un progetto di legge per estendere ancora il suffragio maschile: mentre
non veniva avanzata nessuna richiesta da parte maschile e invece c’era una
fortissima richiesta da parte delle donne!
“Concedeva il voto parlamentare a
tutti gli uomini al di sopra dei 21 anni e lo negava a tutte le donne”! (pag.
172).
IL DISCORSO di EMMELINE PANKHURST AL PROCESSO: IL RIASSUNTO di 40
ANNI di LOTTE
“LA NOSTRA è SEMPRE STATA UNA MILITANZA PACIFICA,
AL CONTRARIO di UOMINI CON CUI VOIALTRI SIETE VENUTI A PATTI”
LA GIURIA CHIEDE CLEMENZA, IL GIUDICE LA CONDANNA A 9 MESI: “NON è
PENTITA”
La rivista diretta da Christabel Pankhurst |
Quando le suffragette spaccano
altre vetrine, arriva il mandato d’arresto per Christabel Pankhurst ed Emmeline
Pankhurst: la figlia grazie ad amici viene fatta fuggire a Parigi, mentre la
madre è portata in prigione. (La polizia perquisisce il giornale, e requisisce
anche ricordi personali, poi mai restituiti, della leader, come le foto delle
figlie; allora la rivista esce con delle colonne vuote, a simboleggiare
icasticamente la censura poliziesca del governo).
Al processo emerge “l’allarmante
verità che in Inghilterra esiste uno speciale gruppo di polizia segreta
interamente impegnata in operazioni politiche”, 78 uomini che “girano in
incognito e il loro unico scopo è pedinare le suffragette”: “di fatto il
sistema è esattamente quello della polizia segreta in Russia” (pag. 156).
La Pankhurst pronunzia uno
storico discorso, che trascrive integralmente: è un excursus che riassume tutto lo spirito del movimento da lei stessa
fondato, un riassunto necessario dal momento che “l’uomo medio è profondamente
ignorante della storia del movimento femminile perché la stampa non ha mai
registrato adeguatamente e onestamente le cronache del movimento”,
“quarant’anni di agitazioni pacifiche” (pag. 157). Spiega al giudice che “i
nostri discorsi in pubblico non venivano riportati giornalisticamente, le
nostre lettere agli editori non venivano pubblicate” (pag. 157). Sente la
responsabilità in quanto donna della borghesia colta di guidare il movimento:
“Le mie figlie e io prendemmo un ruolo di comando, perché pensavamo a tutto e
perché, fino a un certo punto, avevamo una posizione sociale migliore rispetto
alla gran parte delle nostra associate, e avvertivamo un forte senso di
responsabilità” (pag. 158).
Racconta dei “farseschi processi”
ove bastava come prova di colpevolezza la sola parola dei poliziotti, che
spesso accusavano le suffragette di averli aggrediti (mentre facevano in realtà
resistenza passiva, come la faranno gli attivisti del movimento di Martin
Luther King Jr). “Abbiamo tentato in ogni modo di far aprire un’inchiesta
giudiziaria pubblica sui fatti del Black Friday, per quanto riguarda le
istruzioni date alla polizia”, e due politici noti per la loro integrità
morale, “lord Robert Cecil e Ellis Griffith hanno condotto un’indagine privata”
e “si sono convinti che quello che le donne avevano detto era vero”.
Racconta dei “molti falsi amici”
fra i ministri, e spiega che il movimento ormai è vasto ed interclassista e
composto di donne auto consapevoli: è un’organizzazione “che vanta personalità
di grande spessore”, “donne di tutte le classi che hanno influenza nel loro
particolare campo lavorativo, donne persino di rango regale” (pag. 160).
Come dice anche nella Prefazione
(“La militanza delle donne non ha mai danneggiato alcuna vita umana”, pag. 5),
le suffragette inglesi sono sempre state donne di pace, mentre il governo usa
due pesi e due misure: “Il governo sta rendendo gli onori al partito
rivoluzionario dei Giovani Turchi (…) che avevano ucciso e ammazzato (…) mentre
noi donne non avevamo mai tirato una pietra” (contro persone, ndr). “Riflettemmo
a lungo per trovare una strada che non avrebbe implicato la perdita di vite
umane e la mutilazione di esseri umani, perché le donne hanno a cuore la vita
umana più degli uomini; penso che questo sia naturale, perché noi sappiamo
quanto vale una vita. Noi rischiamo la vita per far nascere gli uomini.” (pagg.
161 – 162). “Non abbiamo aggredito nessuno”, “abbiamo sempre condotto una
battaglia onorevole” (pag. 162). Ricorda la perdita dell’adorata sorella. Ma è
inutile: il giudice la condanna con le compagne a nove mesi di carcere. Ciò,
nonostante la giuria all’unanimità avesse chiesto “la massima clemenza e
tolleranza”, preghiera seguita da uno scroscio d’applausi (pag. 166).
Intanto, le prestigiose università
di Oxford e Cambridge, in Gran Bretagna, fanno manifestazioni di protesta e
sostegno alle suffragette e una
petizione per chiedere che siano trattate da prigioniere politiche viene da
grandi personalità, fra cui: Eduard Bernstein (Berlino 1850 – 1932),
parlamentare socialdemocratico del Reichestag; il filosofo ebreo danese Georg
Brandes (Copenaghen 1842 – 1927); e la vincitrice di due Premi Nobel (fisica
nel 1903 e chimica nel 1911) Marie Curie
(1867 – 1934), che era andata a studiare a Parigi perché nella sua natia
Polonia (all’epoca russa) le donne non potevano accedere agli studii superiori,
e fu la prima donna docente alla Sorbonne. (Sua figlia, Irène Juliot-Curie,
vinse anch’ella il Nobel).
IL DISCORSO del parlamentare laburista
LANSBURY contro il Premier ASQUITH:
“TORTURA DI STATO, VERGOGNA! ONORE ALLE
SUFFRAGETTE”
Il parlamentare laburista George
Lansbury (1859 – 1940), che fra l’altro era stato a sua volta attivista in
favore dei poveri dell’East End, rassegnò le dimissioni per meglio aiutare le
suffragette e pronunziò un discorso di condanna del governo: “Vi definite
galantuomini e alimentate a forza le donne, e in questa maniera le uccidete”
(una di esse si era gettata giù dalla balconata su cui s’affacciava la cella).
“Voi passerete alla storia come gli uomini che hanno torturato le donne
innocenti” (pag. 169). E quando venne dato l’ordine che fosse espulso
dall’aula, seguitò a gridare dinanzi al banco del Premier: “Voi uccidete,
torturate e fate impazzire le donne. Dovreste essere cacciati dalla vita
pubblica. Queste donne vi stanno dimostrando cosa sono i princìpii. Dovreste
solo onorarle”.
NUOVA LINEA: ATTACCHI ALLE PROPRIETA’ (MAI ALLE PERSONE)
“ANCHE GESU’ FECE A PEZZI LE TAVOLE DEI MERCANTI DEL TEMPIO. LE VITE
UMANE CONTANO”
Quando uscì dal carcere, va a
Parigi a trovare la figlia Christabel che, consultatasi con la madre, detta la
nuova linea dal giornale The Suffragette:
“La politica della WSPU non è mai stata e mai sarà tanto incosciente da mettere
in pericolo la vita umana. Quello lo lasciamo al nemico. Lo lasciamo agli
uomini che fanno la guerra. Non è il metodo delle donne. C’è una cosa che i
governi hanno a cuore molto più della vita umana, ed è la sicurezza della
proprietà, e quindi è proprio nella proprietà che noi colpiremo il nemico”: i
nuovi target sono teatri e musei, le
cassette postali, che prendevano fuoco appena aperte dai postini, o le lettere,
rendendo illeggibili gl’indirizzi o distrutte con sostanze corrosive, e una
casa di campagna in costruzione per Lloyd George fu in parte distrutta da una
bomba. Ciò per far capire che la vita umana aveva più valore degli oggetti
materiali.
“Lo spirito guida della militanza è il profondo e assoluto rispetto
della vita umana. (…) La vita e la salute e la felicità e anche la virtù delle
donne e dei bambini sono brutalmente sacrificati al dio della proprietà” (pag.
187). E ad un amico reverendo che ne criticava i metodi, la Pankhurst cita
argutamente l’episodio narrato nel Vangelo di Giovanni di Gesù che butta per
aria tutti i tavoli dei Mercanti del Tempio (pag. 187).
Già Mary Wollestoncraft aveva
individuato nel culto dei beni di proprietà una causa di vizi: “Dal rispetto tributato alla proprietà
derivano, come da una fonte avvelenata, la maggior parte dei mali e dei vizi
che rendono questo mondo una scena cupa per le menti contemplative” (“Sui
Diritti delle Donne”, Rizzoli, Milano 2010, pag. 97).
BOMBA ALLA NUOVA CASA IN COSTRUZIONE DI LLOYD GEORGE:
PROCESSATA PER ISTIGAZIONE LA PANKHURST
“IO A 14 ANNI DI CARCERE? E I PEDOFILI SOLO 2!” E ALLE COMPAGNE: “NON
VI DELUDERO’”
VIENE CONDANNATA A 3 ANNI DI LAVORI FORZATI
Quando le compagne mettono una
bomba nella casa disabitata (ancora in costruzione) di Lloyd George (come si
vede nel film), la Pankhurst viene sottoposta ad un nuovo processo, e fa notare
argutamente al giudice che “la situazione era davvero grave se un gran numero
di persone oneste e rispettose della legge, persone rette, arrivano a
disprezzare la legge, arrivano a convincersi di essere legittimare a infrangere
la legge.”. “Donne intelligenti, donne affermate, donne di moralità specchiata,
hanno per molti anni cessato di rispettare le leggi di questo Paese. E’ un
fatto assodato, e se guardate come le leggi di questo Paese trattano le donne
non c’è da meravigliarsene” (pag. 193). “Parlai diffusamente di queste leggi,
leggi che davano la possibilità al giudice di mandarmi in carcere, in caso di
colpevolezza, per quattordici anni, quando la pena massima per le offese più
rivoltanti contro le ragazzine era di soli due anni di detenzione. Le leggi
sulla successione, le leggi sul divorzio, le leggi sulla custodia dei figli”
(pagg. 193 – 194). “Sto per essere condannata da voi alla stessa pena che viene
accordata a persone le cui motivazioni sono egoistiche".
Poi cita i sacrifici che sono
state disposte a fare le compagne: “Vi chiedo se siete pronti a mandare in
prigione un incalcolabile numero di donne, se siete pronti ad andare avanti
all’infinito facendo quel genere di cose, perché è proprio quello che
succederà” (pag. 194). E a loro manda un incoraggiamento: “Alle donne che ho
rappresentato, alle donne che, rispondendo al mio incitamento, hanno affrontato
queste terribili conseguenze, hanno infranto la legge, a loro voglio dire che
non le deluderò, ma che l’affronterò come l’hanno affrontata loro, che andrò
sino in fondo, e io so che loro proseguiranno questa battaglia sia che io viva
sia che io muoia” (pag. 198).
Poi minaccia di fare di nuovo lo
sciopero della fame, dopodiché, dice: “Uscirò di prigione, viva o morta, il
prima possibile; e non appena avrò ripreso un po’ di forze, ricomincerò
immediatamente a lottare. La vita è molto cara a tutti noi. Non penso affatto,
come è stato detto dal Segretario di Stato, di volermi suicidare. Voglio vedere
le donne di questo Paese emancipate, e voglio vivere sinché non succederà”
(pag. 195).
Ma il giudice non vuol sentir
ragioni (del resto la stessa imputata gli aveva detto: “Voi non siete abituati
a trattare con gente come me, perché siete chiamati a trattare con persone che
infrangono la legge per motivi egoistici”, pag. 196) e ribadisce, nella sua
sentenza, che la distruzione di proprietà è un crimine molto grave, e la
condanna a tre anni di lavori forzati.
APPROVATA LA “LEGGE DEL GATTO E DEL TOPO”: SE IN PERICOLO DI MORIR
DI FAME
LA DETENUTA IN SCIOPERO VA AI DOMICILIARI SINCHE’ SI RIPRENDE:
TORNERA’
A SCONTARE LA PENA
Intanto, nel 1913, Reginald McKenna (1863 – 1943),
Segretario di Stato del governo Asquith, presenta e fa approvare (coi voti di
molti laburisti suffragisti) un ddl “che aveva come obiettivo dichiarato la
disintegrazione dello sciopero della fame”: il Cat and Mouse Act (legge del Gatto e del Topo) che “prevedeva che
quando una detenuta suffragista veniva dichiarata dai medici del carcere in
pericolo di morte, poteva essere rilasciata allo scopo di farle riprendere le
forze perché potesse scontare in sèguito il resto della pena (“il periodo
trascorso in libertà non veniva
decurtato dalla pena detentiva”, pag. 207).
Quando la Pankhurst si ostina a
fare lo sciopero della fame, “fu usato ogni mezzo”, come il servirle “il cibo
più buono ed invitante” (pag. 203).
Intanto, le suffragette fuori
perseverano nella lotta, e incendiano molte case di campagna disabitate, e i
vetri di tredici famosi quadri della Manchester Art Gallery furono presi a
martellate. “La sola reazione del governo fu la chiusura del British Museum,
della National Gallery e di altri siti turistici” (pag. 203).
Al decimo giorno, la nostra
eroina viene rilasciata in base alla nuova legge, dopo aver perso dieci chili e
“soffrendo in modo grave di scompensi cardiaci” (pag. 204).
EMILY DAVIDSON
Coltissima, si dedicò totalmente all’Attivismo
Si gettò dinanzi al Cavallo del Re, offrendo la Sua Vita come Petizione
al Re:
la vediamo nel Finale del Film
La Regina: “Deplorevole donna lunatica e terribile”. E il re
s’interessa solo al cavallo…
Come estremo sacrificio, lo vediamo
anche nel film, Emily Davidson (1872 – 1913) “diede la vita per la causa delle
donne gettandosi sulla strada della cosa che, dopo la proprietà privata, è più
cara agl’inglesi: lo sport. La signorina Davidson andò alle corse dei cavalli a
Epsom e, scavalcate le barriere che separavano la vasta folla dal percorso di
gara, fece irruzione sulla pista in mezzo ai cavalli al galoppo; riuscì ad afferrare le briglie del cavallo
del Re, che era in testa alla corsa. Il cavallo cadde, disarcionando il fantino
e schiacciando la signorina Davidson in maniera talmente spaventosa che fu
portata via dalla pista agonizzante.”. “le ferite che aveva riportato erano
talmente gravi che morì quattro giorni dopo senza aver mai ripreso conoscenza.
Le erano accanto alcune associate della WSPU quando esalò l’ultimo respiro e le
fu organizzato un grande funerale pubblico a Londra.”. Laureata alla London
University, era uscita da Oxford col massimo dei voti in Inglese. “Eppure la
causa delle donne aveva esercitato una tale attrattiva verso la sua ragione e
il suo sentimento che aveva messo da parte qualsiasi ambizione sociale e
intellettuale per votarsi instancabilmente e coraggiosamente al lavoro nella
nostra associazione. Aveva subìto molte carcerazioni, l’alimentazione forzata e
i trattamenti più brutali.” “E così si gettò davanti al cavallo del Re,
offrendo la sua vita come una petizione al Re” (pag. 208).
E il re (Giorgio V)? S’interessò
subito per la sorte del cavallo, e manifestò grande disappunto per la giornata
rovinata. La regina inviò un telegramma al fantino, augurandogli pronta
guarigione da “un triste incidente causato dal comportamento deplorevole di una
donna lunatica e terribile” (sic).
LO SCIOPERO DELLA SETE di EMMELINE PANKHURST:
IL CORPO SI AVVELENA, SI PERDE PESO VELOCEMENTE,
I LINEAMENTI si ALTERANO
ORRIBILMENTE
Quando la compagna rimane uccisa,
la Pankhurst è ai domiciliari: vuole andare ai funerali, ma appena esce di casa
è arrestata per l’ennesima volta. In carcere, stavolta fa lo sciopero della
sete: “Lo sciopero della fame è un’esperienza leggera” al confronto, spiega.
“Riduce il peso in maniera così allarmante e veloce” e poi “il corpo non può
resistere alla mancanza di umidità. Urla la sua protesta con ogni nervo, I
muscoli si sfibrano, la pelle rinsecchisce e diventa floscia, i lineamenti del
volto si alterano in modo orribile. Ogni funzione naturale è ovviamente sospesa
e i veleni che non riescono a essere espulsi dal corpo vengono trattenuti e
assorbiti. Il corpo diventa freddo e tremolante, si avvertono forti nausee e mal
di testa, e talvolta sopraggiunge la febbre. La bocca e la lingua diventano
dure e gonfie, la gola s’ispessisce e la voce si riduce a un flebile sussurro.”
(pag. 209) E così al terzo giorno, l’indomabile attivista è riportata ai
domiciliari.
LE SCENA-CLOU del FILM: LA
FUGA della LEADER
LA DAMA VELATA CATTURATA DALLA POLIZIA NON è LA PANKHURST
Nel film si vede un comizio della
Pankhurst, lei che parla dalla terrazza di un Hotel, poi sembra lei che fugge
scortata fuori, ma dietro il velo c’è una che si era apposta vestita come lei
quella sera: la Pankhurst è uscita dal retro sfuggendo così alla polizia. E’
una versione filmica di un fatto realmente accaduto:
Mentre è agli arresti
domiciliari, la Pankhurst esce di casa e va ad una riunione al London Pavilion.
Poi tenta la fuga. Ma la polizia irruppe, e lei fugge in tassì, che la porta a
casa di un’amica, la scienziata Hertha Ayrton, che viene cinta d’assedio per
giorni. E qui c’è il trucco geniale delle suffragette: un taxi si ferma dinanzi
alla casa, ne escono delle suffragette ben riconoscibili e si sparge la voce
che vadano a liberare la leader. “Poco dopo una donna velata comparve sulla
porta d’ingresso, circondata dalle suffragette che, quando la donna velata
tentò di salire sulla vettura, resistettero con tutta la loro forza al
tentativo della polizia di metterle le mani addosso. Si alzarono grida da tutte
le parti: “Stanno arrestando la signora Pankhurst!”. Gli uomini che
accerchiavano quel veicolo dondolante riuscirono a strappare la figura velata
dalle braccia delle altre donne e la lanciarono nel taxi ordinando all’autista
di correre a tutta velocità verso Bow Street” (sede della Polizia, ndr) “Prima
che fossero giunti a destinazione, tuttavia, la signora velata alzò il velo e,
sorpresa, non era la signora Pankhurst, che in quell’esatto momento stava
schizzando via su un altro taxi” (pag. 210)
Arrestata alla successiva
apparizione pubblica, è riportata a Holloway. Per forzare il proprio rilascio,
cerca di stare il peggio possibile, e si sfinisce nell’andare avanti e indietro
per la cella d’isolamento: “Questa volta ero davvero in condizioni di estrema
debolezza, e dovetti assumere delle soluzioni saline per salvarmi la vita”
(pag. 212). Ad un importante congresso medico del 1913, la nostra eroina tenne
una conferenza e i medici approvarono una risoluzione contro l’alimentazione
forzata. Poi, va a trovare la figlia Christabel a Parigi, ove si dedica a
scrivere il libro che stiamo riassumendo qui. Poi, compie il suo terzo viaggio
negli Stati Uniti, ma appena sbarca nella baia di Nuova York le autorità
dell’immigrazione la arrestano. Qui ha modo di constatare che il sistema
detentivo è assai civile rispetto al barbarico sistema medievale inglese (pag.
214). Il Presidente americano poi ordina il suo rilascio dopo due giorni, e
dopo il Tour di conferenze torna in Inghilterra con una generosa donazione
americana (4500 sterline). Ma appena la barca arriva a Plymouth è di nuovo in
arresto per la violazione del Cat and Mouse Act. Dopo l’ennesimo sciopero della
fame, torna a Parigi ma fu riarrestata sulla nave e fece lo sciopero anche del
sonno, camminando su e giù per la cella sino allo sfinimento.
Intanto, le suffragette
incendiano un deposito di legname, un grande edificio disabitato e delle
cassette postali. E quando irrompono nelle chiese con preghiere per le
detenute, i sagrestani le sbattono fuori. Ci sono stati rari casi di preti
coraggiosi che han chiuso con un Amen, in segno di solidarietà, ma “la Chiesa
come istituzione ha mancato i suoi obblighi etici di chiedere giustizia per le
donne e di protestare contro la tortura dell’alimentazione forzata” (pag. 219).
L’ipocrita e furbo vescovo di Canterbury va a fare una visitina alle
prigioniere “ma non assistette al momento dell’alimentazione forzata” per poi
andare a dire che “le vittime dell’alimentazione forzata soffrissero di più
perché durante la pratica si ribellavano” (pag. 219).
IL LAVORO DELLE DONNE DURANTE LA PRIMA GUERRA MONDIALE:
COME AGRICOLTRICI, NEGOZIANTI, COME GUIDATRICI DI CAMION E TRAM
ESCLUSIVA ITALIANA IN CASA DEI DIRITTI per la Giornata della
Memoria storica della Shoah: Domenica 29 Gennaio 2016
al mio Cinetalk "Il Cinema e i Diritti" il film "Aimée e Jaguar"
|
L’autobiografia si conclude qui
perché poi scoppia la Prima guerra mondiale: “Le nostre armi, per il momento,
sono state deposte, perché non appena la minaccia di una guerra straniera è
calata sul nostro Paese abbiamo dichiarato la totale cessazione delle ostilità”.
Come vedremo col film (in
Esclusiva italiana) “Aimée e Jaguar”
(domenica 29 gennaio), sempre in Casa dei Diritti, in occasione della Giornata
della Memoria storica della Shoah (il 27), con la guerra le donne incominciano
a svolgere lavori: come scriveva già nel Settecento Mary Wollestonecraft nel
suo “Sui Diritti delle Donne”
(Rizzoli, Milano 2010, pag. 104),
“Se la guerra di difesa – l’unica
guerra giustificabile alla luce dello stato attuale di avanzamento della
società, in cui la virtù può mostrare il suo volto e crescere tra le intemperie
che purificano l’aria sulla vetta del monte-, fosse la sola a essere adottata
come giusta e gloriosa, il vero egoismo dell’antichità potrebbe ancora animare
i petti femminili”.
Agenti di Polizia inglesi durante la Prima guerra mondiale. |
E così fu, infatti, nella Grande
guerra:
“Nei frutteti e nelle vigne, le donne procurano il cibo per gli uomini
che combattono, così come per i bambini rimasti senza un padre a causa
della guerra. Nelle città le donne mantengono
aperti i negozi, guidano camion e tram” (Emmeline Pankhurst, “La Mia Storia”, pag. 5, Prefazione).
Paradossalmente, fu proprio in
questa Grande guerra che le donne dimostreranno definitivamente che valgono
tanto quanto gli uomini: senza il loro lavoro, l’Inghilterra non avrebbe potuto
vincere il conflitto contro la Germania imperialista. Subito dopo, fu loro
riconosciuto il diritto di voto. Era il 1918. In Italia nel 1946: solo 70 anni
fa.
LE SUFFRAGETTE AMERICANE
ALICE PAUL
La
quacchera Leader delle Sentinelle Silenziose
importò
in America i Metodi appresi dalle Inglesi
Tutto nacque da un comizio di
Christabel Pankhurst…
La migliore amica di Lucy Burns era Alice
Paul (1885 – 1977).
Originaria del New Jersey, figlia di
un imprenditore e banchiere, fu una
delle prime donne laureate (in biologia), e aveva un’eccellente educazione anche grazie alla fede quacchera dei genitori, una congregazione religiose ove regna
sin dalle origini l’eguaglianza di genere.
Dopodiché partì per l’Inghilterra, al
fine di perfezionare la sua formazione culturale: per un viaggio-studio. Ma una
volta giunta lì, le si aprì un mondo e decise di rimanervi, facendo ben di più
che la studentessa!
Infatti, a Birmingham, ove una folla di uomini fischiava un discorso
di Christabel Pankhurst: lei invece si presentò, fecero amicizia, e lei la
convinse ad iscriversi all’WSPU: “Ero così estremamente felice di far parte di
tutto quel movimento. Poi ho cominciato ad andare a tutti i loro meeting, a Londra. Quegl’incontri erano
tutti pieni di entusiasmo”
(“Le figlie di Eva”, edizioni amazon,
pag. 71).
La sua prima grande marcia fu guidata da Mrs. Pethic-Lawrence, nel
1909: pur di restare in Inghilterra, s’iscrisse ad un secondo corso di laurea,
stavolta Economia. Primo còmpito: parlare agli angoli delle strade, nei
parchetti e in metrò (lo faceva anche la principessa indiana Sophia Dulep
Singh). Quando venne non solo arrestata (sette volte) ma anche imprigionata
(tre volte), allora anche lei ispirandosi ad Emmeline Pankhurst attuò la doppia
disobbedienza civile (gli scioperi della fame ed il rifiuto d’indossare le
uniforme da detenuta comune): in carcere s’ammalò, e così fece ritorno negli
Stati Uniti per curarsi: qui prosegue il suo impegno civile nel NAWSA (National American Woman Suffrage Association).
l guaio è che anche in patria subisce angherie e maltrattamenti nelle sporche
prigioni americane, anche qui fece lo sciopero della fame e subì
l’alimentazione forzata. Tornerà ancora una volta negli States
per un grande Evento: per organizzare e guidare la Woman Suffrage Procession, la storica marcia del 3 marzo 1913 di
ottomila persone a Washington DC alla vigilia dell’insediamento del
neopresidente Wilson, una grande parata che il NYT definì “uno degli show
più belli mai messi in scena in questa Nazione” (la Paul aveva convinto
l’avvocata del lavoro Inez Milholland a sfilare a cavallo!). Poiché i suoi metodi erano troppo
aggressivi, secondo le signore del NAWSA, per tutta risposta lei nel 1916 fondò
un nuovo movimento in cui finalmente poteva importare i metodi che aveva
appreso in Inghilterra: il NWP (National
Woman Party) che pubblicava la rivista “The
Suffragist” (La Suffragetta), e
aveva come massima donatrice la miliardaria Alva Belmont.
Nel film TV “Angeli d’Acciaio” (2004, Premio Golden Globe ad Anjelica Huston),
ove è interpretata dalla vincitrice di
due Premi Oscar Hilary Swank, la regista
tedesca Katja von Garnier racconta di quando per due anni (1917 – 1918) sfilò
con le sentinelle silenziose (Silent
Sentinels), attiviste che (a turno) marciavano sei giorni la settimana
(anche sotto la neve e la pioggia) dinanzi al Campidoglio cioè alla sede del Congresso
e venivano arrestate per intralcio al traffico. (Il titolo viene dall’acciaio
usato per tenere spalancate le mascelle delle scioperanti che non volevano mangiare;
il film è uscito in Spagna e Germania ma non in Italia, come tantissimi altri
bei film del resto.) Quest’insistente pressing indusse il presidente Wilson a far passare al Congresso
nel 1920 il Diciannovesimo Emendamento richiesto (“Il diritto di voto dei
cittadini degli USA non sarà negato dagli Stati Uniti d’America o da nessun Stato
membro sulla base del sesso del votante”).
L’Equal
Rights Amendment, scritto originariamente proprio da Alice e proposto nel
1923 per la prima volta, sarà approvato da entrambe le camere del Congresso
solo nel 1971.
Vinta la battaglia del voto, Alice
prese una seconda laurea, stavolta in Legge e scienze politiche.
Vegetariana (considerava il cibarsi di
carne un atto di cannibalismo), morì a 92 anni lucidissima e sanissima.
Nel 2012 è stata coniata una monetina da dieci centesimi di dollaro con la sua effige, e la sua casa oggi è monumento nazionale.
CRYSTAL EASTMAN, AVVOCATA
Grande
oratrice, col Fratello e col Marito per i Diritti dei Lavoratori
Mamma
e Papà Pastori Protestanti del Secondo Risveglio
Un’altra suffragetta americana (la più trascurata dagli storici), amica di Alice Paul,
era Crystal Eastman (1881 – 1928): del Massachusetts, anche lei era stata
influenzata dalla famiglia. Sia il padre
sia la madre erano pastori protestanti: la madre una
delle prime pastore (Annis Bertha Ford, nel 1889). Erano leader della chiesa congregazionalista, di origine riformata: la
loro chiesa, la Thomas K. Beecher (vicino Elmira, NY), si trova nel Burned-over
District, teatro del Secondo grande
risveglio (1790 – 1820), epoca di formazione di nuove entusiaste
confessioni cristiane protestanti (in
primis battisti e metodisti, con tante conversioni sia di donne sia di
giovanissimi) che traducevano la fede nell’impegno al perfezionamento della
società. Un impegno sociale che ebbe un ruolo decisivo nelle varie riforme
storiche. Furono questi protestanti i più attivi nella causa dell’abolizionismo
della schiavitù in America soprattutto grazie all’iniziativa dell’Underground Railroad, gl’itinerari
segreti usati dagli schiavi per fuggire in collaborazione con gli
antischiavisti.
Collaborò
sempre col fratello, Max Eastman, anche lui attivista e d’idee
socialiste, per il suffragio e per i diritti delle lavoratrici, e collaborerà anche col marito, immigrato
dall’Inghilterra e futuro collaboratore della BBC, per la pace nel mondo.
Dopo il diploma in sociologia alla Columbia e la laurea in legge alla NYU, le viene commissionata da Paul Kellogg una ricerca sulle condizioni dei lavoratori, promossa da una fondazione filantropica, che diventerà un classico; dopodiché, come avvocata lavorò ad una commissione sulle relazioni industriali per il presidente Wilson.
Fu anche attivista pacifista durante la Prima guerra mondiale, fondatrice nel 1915 della più antica organizzazione femminile per la pace esistente: la WILPF (Women International League for Peace and Freedom).
Il suo storico discorso, Now We Can Begin, del 1920, è all’83esima posizione della lista americana dei cento migliori discorsi del Novecento: come scrisse il direttore di The Nation, “Quando parlava alla gente, i cuori battevano più forti”. Harvard custodisce i suoi carteggi, la Biblioteca del Congresso alcune sue pubblicazioni.
Dopo il diploma in sociologia alla Columbia e la laurea in legge alla NYU, le viene commissionata da Paul Kellogg una ricerca sulle condizioni dei lavoratori, promossa da una fondazione filantropica, che diventerà un classico; dopodiché, come avvocata lavorò ad una commissione sulle relazioni industriali per il presidente Wilson.
Fu anche attivista pacifista durante la Prima guerra mondiale, fondatrice nel 1915 della più antica organizzazione femminile per la pace esistente: la WILPF (Women International League for Peace and Freedom).
Il suo storico discorso, Now We Can Begin, del 1920, è all’83esima posizione della lista americana dei cento migliori discorsi del Novecento: come scrisse il direttore di The Nation, “Quando parlava alla gente, i cuori battevano più forti”. Harvard custodisce i suoi carteggi, la Biblioteca del Congresso alcune sue pubblicazioni.
MAX EASTMAN
Filosofo
di formazione, mutò idea sull’URSS dopo un Viaggio lì
Suffragista
della Prima Ora, si batté con la Sorella Crystal
Fondatore di due Riviste, Poeta, sposò
sempre artiste
Crystal Eastman (prima a sinistra) con il fratello Max Eastman (terzo da sinistra), entrambi attivisti per il suffragio femminile. |
Il fratello di Crystal Eastman era Max
Eastman (1883 – 1969), letterato, traduttore, poeta, fondatore di riviste,
attivista.
Come lei viveva in un quartiere pieno
di artisti, il Greenwich Village di New York. Conobbe vari VIP, da Pablo Casals
a Charlie Chaplin, da Freud ad Einsten, da Hemingway a George Bernard Shaw, da
Mark Twain a Bertrand Russell.
Era un suffragista della prima ora: fondatore
nel 1910 della Men’s League for Women’s
Suffrage, fu invitato nel 1913 a tenere un discorso al college femminile Bryn Mawr (ove studierà anche Katherine Hepburn)
dal titolo “Woman Suffrage and Why I
Believe in It”.
Fu fondatore della più importante
rivista radicale americana, The Masses
(di cui fu collaboratrice anche la sorella) soppressa per via della posizione
pacifista durante la Prima guerra mondiale. Allora, di nuovo con la sorella
Crystal ha fondato la rivista “The
Liberator”: quando passò nelle mani del partito comunista sovietico, nel
1922, lasciò il giornale e volle andare a vedere di persona in Russia come
funzionava davvero il socialismo reale, e, specie dopo che Trotsky (che divenne
suo amico e che lui tradusse in inglese) venne raggiunto in Messico dai sicari
di Stalin, mutò completamente idea: anticomunista e liberal-conservatore,
ammiratore di Hayek e von Mises.
Scrisse perlopiù per la National Review, rimase sempre un
indipendente, un libero pensatore.
Inizialmente appoggiò la commissione
istituita dal senatore McCarthy, e venne strumentalizzato; ben presto però
comprese che questi anticomunisti erano reazionari.
Fu schierato contro l’intervento
americano in Vietnam sin dalla prima ora.
Le sue critiche al sistema stalinista,
per cui osò chiedere le dimissioni del segretario Stalin (che costrinse Trotsky
a smentire), sono oggi molto citate, ma all’epoca gli alienarono le simpatie
della sinistra americana: “Invece di liberare le menti degli uomini, la
rivoluzione bolscevica le ha bloccate in una prigione ancora più angusta di
quella precedente. Nessun viaggio dell’intelletto, nessuna apertura poetica
poteva far breccia nella prigione pre-darwiniana chiamata materialismo
dialettico. Nessun cittadino occidentale ha idea di quanto siano ottuse le
menti sovietiche nei confronti di qualsiasi idea. Per quanto riguarda il
progresso nella comprensione umana, l’Unione Sovietica appare come un
gigantesco blocco stradale, armato, fortificato e difeso da automi
indottrinati, fatti di carne, sangue e cervello all’interno delle fabbriche di
robot che chiamano scuole.”
Il bolscevismo, concludeva, ha istituito “la tirannia più perfetta di tutta la storia” (citazioni dal suo libro del 1955 “Reflections on the Failure of Socialism”).
La sua formazione, non a caso, è filosofica: si laureò alla Columbia con John Dewey e fu anche per un po’ assistente in facoltà ma poi decise di dedicarsi all’impegno civile e al giornalismo.
Così come non è un caso che, amando davvero lui l’arte e le donne libere, sposò sempre artiste: la poetessa e scultrice ebrea Ida Rauth, con cui condivise varie cause femministe e da cui divorziò; la pittrice moscovita Elena Krylenko, conosciuta in URSS nel suo viaggio della svolta (lei era sorella del ministro responsabile dei “processi-show” dimostrativi); alla morte di questa, la fotografa ungherese Yvette Szkely la quale morì a ben 101 anni (nel 2014).
Il bolscevismo, concludeva, ha istituito “la tirannia più perfetta di tutta la storia” (citazioni dal suo libro del 1955 “Reflections on the Failure of Socialism”).
La sua formazione, non a caso, è filosofica: si laureò alla Columbia con John Dewey e fu anche per un po’ assistente in facoltà ma poi decise di dedicarsi all’impegno civile e al giornalismo.
Così come non è un caso che, amando davvero lui l’arte e le donne libere, sposò sempre artiste: la poetessa e scultrice ebrea Ida Rauth, con cui condivise varie cause femministe e da cui divorziò; la pittrice moscovita Elena Krylenko, conosciuta in URSS nel suo viaggio della svolta (lei era sorella del ministro responsabile dei “processi-show” dimostrativi); alla morte di questa, la fotografa ungherese Yvette Szkely la quale morì a ben 101 anni (nel 2014).
INES MILHOLLAND
Star a Cavallo alla Storica Marcia del
1913. Il NYT: che Show!
“Col Voto guariremo i mali
sociali come la Povertà”
Avvocata, amica di Crystal, ebbe un
malore fatale durante un Comizio
Un’amica di Crystal e Max Eastman era
Inez Milholland (NY 1886 – LA 1916). Molto elegante, amava vestire alla
parigina: lei e Max Eastman erano i volti più belli del movimento, i più
fotografati e ammirati. Lei però si dispiaceva che si parlasse della sua
bellezza più che della sua intelligenza. Come detto, memorabile fu la sua
apparizione a cavallo alla Woman Suffrage
Procession del 1913: era la sua terza parata per il suffragio, stavolta era
protagonista assoluta.
Molto atletica, faceva anche parte di una squadra di hockey. Di Brooklyn, di famiglia benestante (padre reporter e uomo d’affari, sostenitore della pace e del suffragio femminile), studiò al Vassar College (Stato di NY, il primo istituto superiore per le donne in America, che diventerà coeducazionale solo nel 1969), poi in una scuola femminile di Berlino, ed infine Legge all’NYU: da giurista era interessata alla riforma delle carceri, le cui condizioni investigò e denunciò.
D’idee socialiste, credeva fortemente che attraverso il voto le donne elettrici potessero rimuovere i mali sociali, come la povertà, la mortalità infantile, la prostituzione. Rimase molto delusa quando, andata in missione in Italia come osservatrice per la Prima guerra mondiale, fu cacciata dal governo in quanto donna, e non in quanto militante pacifista. Per amore, fece l’errore di maritarsi senza consultare le famiglie: siccome il suo amato era olandese, e lei prese la cittadinanza di lui, perdendo quella americana, –ironia della sorte- non poté esercitare quel diritto di voto per cui s’era battuta con successo! Malata d’anemia, ebbe un malore durante un comizio a Los Angeles: nonostante le trasfusioni morì in ospedale. Le hanno dedicato una poesia due grandi poeti connazionali: sia la seconda moglie di suo marito che lui sposò dopo la morte di lei, il premio Pulitzer Edna St. Vincent Millay (“To Inez Milholland”) sia il vincitore di due premi Pulitzer Carl Sandberg (“Repetitions”), uno dei poeti nazionali americani.
Molto atletica, faceva anche parte di una squadra di hockey. Di Brooklyn, di famiglia benestante (padre reporter e uomo d’affari, sostenitore della pace e del suffragio femminile), studiò al Vassar College (Stato di NY, il primo istituto superiore per le donne in America, che diventerà coeducazionale solo nel 1969), poi in una scuola femminile di Berlino, ed infine Legge all’NYU: da giurista era interessata alla riforma delle carceri, le cui condizioni investigò e denunciò.
D’idee socialiste, credeva fortemente che attraverso il voto le donne elettrici potessero rimuovere i mali sociali, come la povertà, la mortalità infantile, la prostituzione. Rimase molto delusa quando, andata in missione in Italia come osservatrice per la Prima guerra mondiale, fu cacciata dal governo in quanto donna, e non in quanto militante pacifista. Per amore, fece l’errore di maritarsi senza consultare le famiglie: siccome il suo amato era olandese, e lei prese la cittadinanza di lui, perdendo quella americana, –ironia della sorte- non poté esercitare quel diritto di voto per cui s’era battuta con successo! Malata d’anemia, ebbe un malore durante un comizio a Los Angeles: nonostante le trasfusioni morì in ospedale. Le hanno dedicato una poesia due grandi poeti connazionali: sia la seconda moglie di suo marito che lui sposò dopo la morte di lei, il premio Pulitzer Edna St. Vincent Millay (“To Inez Milholland”) sia il vincitore di due premi Pulitzer Carl Sandberg (“Repetitions”), uno dei poeti nazionali americani.
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