domenica 30 ottobre 2016

La Perseveranza e l'Integrità Morale delle Suffragette Britanniche: Commozione e Partecipazione all'Apertura della Terza Edizione del Mio CineTalk in Casa dei Diritti. La Leadership e i Sacrifici di Emmeline Pankhurst: "Solo col Voto avremo Leggi Eque"


di LELE JANDON

Commozione e partecipazione per “Suffragette”, il film che domenica 16 ottobre ha inaugurato la terza edizione del mio formatIl Cinema e i Diritti” alla Casa dei Diritti (Via De Amicis, 10), l’istituzione del Comune di Milano ove, una domenica al mese, propongo come pomeriggio di approfondimento il mio cinetalk, che in questa prima tranche avrà tutti film caratterizzati dall’avventura e dalla suspence (“Festen” il 20 novembre, “Qualcosa di buono” il 18 dicembre, e “Aimée e Jaguar” il 29 gennaio per la Giornata della Memoria).

Il film è ambientato nell’Inghilterra del 1912 – 1913. Osteggiate e temute dal Premier, le pioniere femministe della Women’s Social and Political Union (1903 – 1917) erano impegnate con varie azioni in una battaglia nonviolenta venendo pedinate, bastonate dalla polizia, arrestate e più volte condannate (anche per mesi) come criminali comuni al carcere (in isolamento e sottoposte alla dolorosa alimentazione forzata se facevano lo sciopero della fame) per il solo fatto di reclamare che il diritto di voto alle donne fosse messo all’O.d.G. o di presentare, com’era loro diritto, una petizione, o di rivolgere una domanda ai politici.

Il film rende bene, con ritmo mozzafiato, la capacità di organizzazione e la creatività, i sacrifici personali e lo spirito di sorellanza di quelle compagne (fra le quali mogli e madri) di tutte le classi, dalle nobildonne alle professioniste alle artiste, nel film personaggi immaginari come la farmacista Edith (Helena Bonham Carter), sostenuta dal marito, e la lavandaia Maud (il Premio BAFTA Carey Mulligan), che invece viene abbandonata per questa militanza dal marito.

Fondatrice ed anima del movimento era Emmeline Pankhurst (Manchester 1858 – Londra 1928), interpretata dalla vincitrice di tre Premi Oscar Meryl Streep: integrerò il premiato film con l’autobiografia a cui è ispirato, “La Mia Storia” (edita da Castelvecchi), ove la leader della WSPU racconta, con grande semplicità, understatement ed ironia, la propria formazione a partire dall’immaginario delle storie che le raccontava la madre da bambina; la propria esperienza di attivista sociale in favore di donne e bimbi indigenti; ci restituisce il trascinante entusiasmo e descrive le manifestazioni di massa, i processi, le detenzioni, le violenze contro le donne da parte della polizia e dei carcerieri, ed i gesti eroici delle associate; illustra le ingegnose strategie di lotta vincenti, assai utili per le battaglie moderne, e ricorda le figure del marito Richard, avvocato autore di un pionieristico ddl suffragista, delle figlie -anch’esse attiviste- Sylvia e Christabel, quest’ultima anche editorialista della rivista “The Suffragette”.

(Spiace solo constatare che l’edizione italiana non solo mette in copertina la foto di un’altra suffragetta che non è la Pankhurst, non solo traduce in malo modo varie espressioni come window, che non sono le finestre bensì le vetrine dei negozi, come del resto si vede anche nel film!, ma non riporta note che aiutino il lettore che non sappia l’inglese e non abbia dei fondamenti di storia della Gran Bretagna e dell’Irlanda, sicché ci ho pensato io ad integrare questo mio riassunto con alcune precisazioni storiche).
Clelia Romano Pellicano (1873 - 1923)




CLELIA ROMANO PELLICANO
E’ stato eccitante, devo dire, avere nostra Ospite quel giorno Cristina Pellicano, una signora milanese di origine romana che ci ha raccontato delle sue ricerche intorno alla storia della bisnonna, Clelia Romano Pellicano (1873 – 1923): imprenditrice, giornalista e scrittrice femminista d’idee socialiste come la sua famiglia, pioniera, nell’Italia unita, nel diffondere la bontà dell’idea di estendere il diritto di voto alle italiane. Figlia  e moglie di un deputato, diffuse le sue idee nel salotto frequentato da artisti e uomini politici; rimasta vedova, seppe gestire bene il patrimonio della sua famiglia nobile e scrisse romanzi realistici e reportages.

Parlava il francese e l’inglese, ed era convinta europeista. Così disse nel suo discorso al Congresso internazionale femminile tenutosi a Londra nel 1909: “Ricordatevi, voi donne d’ogni razza, d’ogni Paese qui convenute nella comune aspirazione alla libertà, all’eguaglianza, strette da un nodo di cui il voto è il simbolo, ricordatevi che il nostro còmpito non avrà termine se non quando tutte le donne del mondo civilizzato saranno sempre monde dalla taccia di incapacità, d’inferiorità di cui leggi e costumi l’hanno bollate sinora!”. Firmò la prefazione al libro “La Legge e la Donna” (1910) di Carlo Gallini per sollecitare il Parlamento italiano a fare ciò che avrebbe fatto solo nel 1945/46.
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EMMELINE PANKHURST
LA FAMIGLIA D’IDEE LIBERALI PROGRESSISTE
LE STORIE, L’IMMAGINAZIONE MORALE e le INTUIZIONI

Emmeline Pakhurst nasce in una famiglia liberal, liberale progressista: “Molti di quelli che formavano il circolo di amici della nostra famiglia si opponevano alla schiavitù, e mio padre, Robert Goulden, fu sempre un abolizionista davvero ardente. (…) Il libro della signora Harriet Beecher Stowe, “La Capanna dello Zio Tom”, era il libro preferito da mia madre, che lo adorava al punto da usarlo di continuo come fonte di storie della buonanotte per le nostre orecchie rapite” (Emmeline Pankhurst, “La Mia Storia”, op. cit., pag. 9)

“Ricordo ancora distintamente l’eccitazione che sentivo ogni volta che mia madre raccontava la storia della fuga per la libertà di Eliza sui blocchi di ghiaccio del fiume Ohio, lo straziante inseguimento e il salvataggio finale per mano del risoluto vecchio quacchero” (Ivi, pag. 10; i quaccheri, denominazione cristiana sui generis, di cui ho già avuto modo di parlare nel mio Blog, è sempre stata d’idee egualitarie, pacifiste e progressiste, ndr)

Queste storie, insieme alle vendite di beneficienza e alle raccolte di fondi e sottoscrizioni di cui avevo sentito parlare così tanto, sono sicura che hanno lasciato un’impressione indelebile nella mia mente e nel mio carattere” (Ivi, pag. 10) “Per quanto indietro vada con la memoria, trovo l’amore per le storie, soprattutto quelle con un protagonista romantico e idealista” (Emmeline Pankhurst, "La Mia Storia", op. cit., pag. 10)


Come scrive lo scrittore ebreo americano Jonathan Safran Foer nel suo libro “Se Niente Importa” (Guanda, Milano 2010, pag. 16) che pure ho recensito (http://lelejandon.blogspot.it/2016_03_01_archive.html):

“Nella formazione delle nostre abitudini più della ragione contano le storie che raccontiamo a noi stessi e che ci raccontiamo a vicenda”

Del resto, un altro intellettuale ebreo statunitense, lo psicologo Jonathan Gottschall ha definito l’essere umano come uno “Storytelling Animal” (così il titolo di un suo libro tradotto in italiano col titolo "L'istinto di narrare"): un animale che ama raccontare ed ascoltare storie.
Nel film “Suffragette”, Maud, interrogata sul come mai non avesse lottato per il diritto di voto, ammette: “Non ho mai creduto di ottenerlo, non ci ho mai pensato”, cioè immaginato. Ecco perché è importante sviluppare l’immaginazione!
Un altro vivido ricordo della Pankhurst è quello di esser passata dinanzi ad una prigione ove eran stati rinchiusi, prima di venire impiccati, i rivoltosi geniani arrestati nella sua città: “C’erano le tracce di una forca rimossa da poco. Rimasi pietrificata dall’orrore, e fui attraversata dall’improvvisa certezza che quell’impiccagione era uno sbaglio, o peggio, un crimine. Fu la mia presa di coscienza di uno dei più terribili fatti della vita che la giustizia e il giudizio spesso vivono in mondi separati” (Emmeline Pankhurst, “La Mia Storia”, op. cit., pag. 11; similmente, vi avevo raccontato dello scrittore francese Victor Hugo, l’autore de “I Miserabili”, che da bambino assistette a delle esecuzioni capitali, e fu da lì che divenne un sostenitore dell’abolizione intorno a cui scrisse due libri; ricordo altresì che fu l’Italia il primo Paese europeo ad abolirla).

“Le impressioni della prima infanzia hanno a che vedere con il carattere e la condotta futura più di quanto non ne abbiano l’ereditarietà  o l’educazione” (Emmeline Pankhurst, “La Mia Storia”, op. cit., pag. 11)

Pur in una famiglia così liberale, tuttavia la piccola Pankhurst sente che qualcosa non va:

“La mia infanzia fu protetta dall’amore e da una casa confortevole. Eppure, quando ero ancora una bambina molto piccola, iniziai istintivamente a sentire che c’era qualcosa che non andava, persino nella mia stessa casa, una specie di falsa idea delle relazioni familiari, un ideale incompleto.” (Emmeline Pankhurst, "La Mia Storia", op. cit., pag. 12) “L’educazione di una ragazza a quel tempo sembrava avere come suo primo obiettivo l’arte di “far bella la casa”. Io mi scervellavo nel capire perché dovessi sottostare a un còmpito così specifico, far bella la casa per i miei fratelli. Tra di noi c’era un bellissimo rapporto di amicizia, ma a loro non fu mai indicato come còmpito quello di far bella la casa per me.” (pag. 12) “Mio padre e mia madre avevano l’abitudine di fare il giro dei nostri letti, prima di andare a dormire loro stessi. Quando entrarono nella mia stanza quella sera io ero ancora sveglia, ma per una qualche ragione feci finta di sonnecchiare. Mio padre si piegò su di me” e “lo sentii dire, piuttosto mestamente: “Che peccato che non sia un ragazzo” (Emmeline Pankhurst, "La Mia Storia", op. cit., pag. 12).
Nel 1866 (quando lei ha otto anni) passò il Reform Act che estende il diritto di voto dei parlamentari a chi pagava almeno dieci sterline l’anno: vedremo più avanti come è stato ottenuto questo riconoscimento. Ma poiché fu usata nella legge la parola “uomo” anziché “di sesso maschile”, a Manchester 3.924 donne, su 4.215 possibili elettrici, reclamò il diritto al voto, difese da avvocati dei diritti civili come il futuro marito, il dottor Richard Pankhurst.
JOHN STUART MILL ed HARRIET TAYLOR
L'Amore Fecondo fra il Filosofo e la Filosofa e i Loro Libri a 4 Mani sulle Donne
Il filosofo liberale progressista inglese John Stuart Mill (1806 – 1873), l’autore del bellissimo saggio “Sulla libertà”, un classico fondamentale, propose un emendamento a tale legge storica, per includere le donne anche loro proprietarie di beni immobili ma fu rigettato. Feconda fu la sua relazione con la compagna Harriet Taylor (1807 - 1858), una bella signora di religione unitariana, quindi d’idee assai progressiste, che lo sposò in seconde nozze, dopo la morte del primo marito da cui aveva avuto tre figli. Come ha riconosciuto Mill nella propria autobiografia, scrissero a quattro mani quasi tutte le opere fra cui, sulla questione femminile, un saggio del 1832 sul divorzio ed il saggio “The Subjection of Women” (“La Servitù delle Donne”, 1869) e “The Enfranchisement of Women” (“Sull’Eguaglianza e l’Emancipazione Femminile”, 1851). Inoltre, lei scrisse numerosi interventi sui giornali, ad esempio contro l’impunità delle violenze domestiche contro le donne.




MARY WOLLESTONECRAFT

“E’ CONTRO LA NATURA FEMMINILE OCCUPARSI DI POLITICA E SOCIETA’”

FALSO ARGOMENTO STORICAMENTE USATO CONTRO NERI e GAY

MA LA FILOSOFA: SEMMAI CONTRO NATURA è TENERE DONNE CHIUSE IN CASA!


All’inizio del film, fra i titoli di coda, si odono voci maschili che dicono frasi come: “Le donne non possiedono l’indole pacata o l’equilibrio mentale” per meritare il diritto di voto.

Questo falso argomento, quello del “contro natura”, fu usato storicamente anche contro l’eguaglianza dei neri americani, come si vede nel film “Lincoln” (col Premio Oscar Daniel Day Lewis).

In realtà, contro natura è il comportamento del marito di Maud (interpretato da Ben Whishaw, di “Ritorno a Brideshead” e corteggiatore di “The Danish Girl”: nella vita reale è sposato con un uomo): quando sua moglie torna a casa di prigione per la sua militanza, ha già dato in adozione il loro bel bambino. Questo sì che è un padre snaturato, questo sì che è “contro natura”: eppure legale all’epoca!
PADRE SNATURATO

Un secolo prima dell’epoca in cui è ambientato il film, la femminista Mary Wollestonecraft, nel suo saggio “Sui Diritti delle Donne” (cito dalla mia edizione Rizzoli, Milano 2010, prima ediz. 2008), contesta tutta una serie di falsi miti: non è naturale né il culto dell’abbigliamento (come invece dice Rousseau nella sua perversa immagine di donna-ideale inesistente in natura), o il galateo per sole donne che consiglia di “mascherare i propri sentimenti” (pag. 32), “l’affettazione” (pag. 33), o l’amore sessuale eterno fatto di “una delicatezza di sentimenti romantica e innaturale” come viene raccontato nei romanzetti-spazzatura per donnette (pagg. 34 – 35 e 39). Così come, nota con arguzia la filosofa britannica, è innaturale semmai il controllo sulle naturali inclinazioni vitali di bambine e ragazzine tenute lontane dai bimbi: “E ciò li rende dipendenti. Tale dipendenza viene definita naturale” (pag. 51). La sedentarietà va contro il nostro bisogno fisiologico di fare movimento, come ormai è arcinoto: “Per conservare la propria bellezza, vanto delle donne, le membra e le facoltà dell’intelletto sono costrette in fasciature peggiori di quelle cinesi” (ne parla Kwame Anthony Appiah nel suo libro “Il Codice d’Onore. Come cambia la Morale”, Raffaello Cortina editore, Milano 2011) “e la vita sedentaria alla quale sono condannate, mentre i ragazzi si divertono all’aria aperta, indebolisce i muscoli e fa rilasciare i nervi” (pag. 51): “Se una ragazza non viene oppressa da una vita priva di attività e non se ne danneggia l’innocenza macchiandola con falsi concetti di pudore, ella preferirà di gran lunga giuochi chiassosi e dinamici” e “i ragazzi e le ragazze giocherebbero insieme innocuamente, se non si inculcasse in loro la distinzione fra i sessi prima che la natura stabilisca le dovute differenze” (pag. 53). “Ovunque le donne vivono in questo stato deplorevole; per preservare la loro innocenza, così viene chiamata l’ignoranza in modo gentile, si nasconde loro la verità ed esse acquisiscono artificiosità di carattere” (pag. 54).

Asseconda invece, secondo la Wollestonecraft, la natura umana, che è comune a uomini e donne, il pieno sviluppo della razionalità per ambo i sessi, cosa che invece è negata alle donne.

MANCHESTER, LA CITTA’ DELLA PANKHURST: DA QUI PARTIRONO GLI SHAKERS

RELIGIONE NATA DA UNA DONNA CHE PREDICAVA L’EGUAGLIANZA FRA I SESSI


La Pankhurst è di Manchester, considerata una delle più brutte città inglesi per via dell’industrializzazione, e dove c’era molta povertà prodotta appunto dalle due rivoluzioni industriali, e dove altresì “il movimento era molto vivo nei primi anni Settanta da nessuna parte più che a Manchester” (pag. 14).

Vorrei ricordare per parte mia che proprio da Manchester, nel 1774, erano partiti gli Shakers, una denominazione religiosa nata dai Quaccheri (cfr.  http://lelejandon.blogspot.it/2014/07/il-viaggio-della-speranza-di-philomena.html) fondata proprio da una donna, la profetessa Anna Lee (1736 - 1784), operaia tessile, per andare a trovare rifugio dalle persecuzioni e libertà religiosa in America. Questo gruppo (oggi estinto a causa della regola del celibato) predicava la piena eguaglianza dei sessi e l’armonia nei rapporti umani. (Ricordo ancora una volta che una denominazione cristiana che si è sempre distinta per il suo progressismo anche sull’eguaglianza delle donne con gli uomini è quella dei Quaccheri: http://lelejandon.blogspot.it/2014/07/il-viaggio-della-speranza-di-philomena.html. Non a caso, vari femministi e femministe erano di fede quacchera. In quest’incisione, intitolata “Riunione di Quaccheri a Londra: Parla una Donna”, di Bernard Picard, del 1723, vediamo che era permesso alle donne parlare nelle funzioni religiose).
A 14 anni, Emmeline Pankhurst va alla sua prima assemblea pro diritto di voto (“mia madre si stava avviando per andare alla riunione e la pregai di portarmi con sé”, pag. 14), e i discorsi che la entusiasmarono furono quelli della sua concittadina Lydia Becker (1827 – 1890) e dell’americana Susan Anthony (1820 – 1906).


LYDIA BECKER

La Botanica, Concittadina della Pankhurst, che corrispondeva con Darwin sulle Piante Ermafrodite


Lydia Becker fu fondatrice del “Women’s Suffrage Journal” (1870 – 1890). Dopo aver ricevuto un’istruzione in casa da precettori privati (dal momento che le donne non potevano studiare all’università), divenne una scienziata dilettante appassionata di botanica che corrispose con Charles Darwin anche a proposito delle piante bisessuali ed ermafrodite, che suggerivano, lei diceva, la varietà degli ordini naturali possibili. Fu una sostenitrice dell’istruzione paritaria fra i sessi (non-gendered education) e scrisse vari interventi sulle questioni dei diritti delle donne. (Un’altra donna importante per la botanica che vorrei ricordare è la naturalista e pittrice tedesca Maria Sibylla Merian, 1647 – 1717, che visse in Olanda e disegnò tante e varie piante ed insetti allora poco conosciuti anche durante i suoi viaggi in Suriname: la sua figura è ricordata nel libro di Katia Ricci “Séraphine de Senlis. Artista senza rivali”,  Luciana Tufani editrice, Ferrara 2015,  pagg. 50 - 54.)



SUSAN ANTHONY
L’Attivista Americana Quacchera decisiva per la Pankhurst:

dopo una sua Conferenza fonda la WSPU a Manchester nel 1903

Studiò col Padre e si batté per i Salari Eguali per le Professoresse

Susan Anthony tenne cento discorsi l’anno per 45 anni fra Europa e Stati Uniti. Quacchera progressista americana, quando vide che a scuola le veniva insegnato meno che ai maschi, fu trasferita dal padre ove insegnava egli stesso. Decisiva fu anche un’insegnante, Mary Perkins, che le trasmise il senso dell’eguaglianza piena (come il personaggio della professoressa d’arte interpretato dal Premio Oscar Julia Roberts nel film del 2003 “Mona Lisa Smile” ambientato nel 1953): non a caso, la Anthony divenne a sua volta insegnante, e si batté per l’eguaglianza salariale coi colleghi maschi (che guadagnavano quattro volte tanto). Di quest’iniquità parla anche la Pankhurst nel suo libro (“La Mia Storia”, cit., pag.30): in qualità di membro del consiglio scolastico di Manchester aveva avuto modo di vedere che, benché le insegnanti donne lavorassero di più (insegnando come attività extracurriculari cucito e scienze domestiche), non solo non venivano pagate per le ore in più ma “spendevano le loro esili paghe per assicurare pasti regolari ai bambini bisognosi, e dedicavano il tempo libero a servirli in tavola e ad accertarsi che fossero nutriti a dovere” (pag. 30).

(La contea di Manchester non investiva soldi nell’istruzione femminile, e le donne erano escluse anche da corsi di pasticceria e panificazione cui potevano partecipare “perché le associazioni di categoria maschili si opponevano”, pag. 31). Susan Anthony fu altresì un’attivista sociale contro la schiavitù, a favore del diritto di voto dei neri ed anche in favore dei diritti degli animali (ed era vegetariana) e fu fondatrice della National Women’s Suffrage Association. La scrittrice ebrea Gertrude Stein (1874 - 1946), assieme al compositore americano Virgil Thomson (1896 - 1989) scrisse una biografia su di lei. Fu proprio lei, Susan Anthony, che spinse, nella sua visita a Manchester del 1902, la Pankhurst a fondare nel 1903 la Women’s Social and Political Union (WSPU), come racconta lei stessa nel suo libro (“La Mia Storia”, cit., pag. 32) ove la definisce “una così meravigliosa attivista a favore dell’umanità”).


I Valori Umani incarnati dalla Prof della Pankhurst: Onestà e Sincerità


Scrive la Pankhurst, ripensando alla propria formazione familiare e umana:

“Penso di essere sempre stata, inconsapevolmente, una suffragetta” (pag. 14).

Fra i femministi suffragisti inglesi c’era il quacchero Jacob Bright (1821 – 1899), per molti anni parlamentare liberale di Manchester, alleato della moglie, Alice Cliff Scatcherd ed Elizabeth Clarke Wolstenholme-Elmy (1833 – 1918), insegnante che aprì una boarding school e membro della National Secular Society (fondata dall’attivista liberale Charles Bradlaugh).

Emmeline studiò in un collegio femminile a Parigi, diretto dalla signorina Marchef-Girard, educata all’onestà e alla sincerità (pag. 15), e la sua compagna di stanza, Noémie Rochefort, era figlia del repubblicano comunista Henri Rochefort (all’epoca in esilio per aver preso parte alla Comune)

Poi conobbe il futuro marito, autore del ddl (Women’s Enfranchisement Bill) “che dava alle donne sposate un controllo assoluto sulle proprie proprietà e sui propri introiti”, diventato legge (la Married Women’s Property Act) nel 1882 (pag. 16 e 17): il loro matrimonio durò 19 anni felici (sino all’improvvisa morte di lui nel 1898), e un anno dopo le nozze nacque la figlia Christabel, e dopo 18 mesi Sylvia: entrambe divennero a loro volta attiviste.

La Pankhurst presta servizio come volontaria nel comitato della Women’s Suffrage Society.

“Le folle, l’entusiasmo, la generosa risposta agli appelli per un sostegno, tutto questo sembrava giustificare la convinzione che il suffragio femminile fosse vicino” (pag. 17).

L’INGUARIBILE MISOGINO GLADSTONE: 4 VOLTE PREMIER, SEMPRE “NO” ALLE DONNE

Quando il primo emendamento ad un ddl che estendeva il suffragio agli agricoltori fu mandato al Premier liberale William Ewart Gladstone (1809 – 1898), “implacabile nemico del suffragio femminile”, lui disse No e “non permise fosse discusso liberamente” (pag. 17): sarà il primo di una lunga serie di tentativi, come vedremo. Il furbo politico (quattro volte Primo Ministro: 1868 – 1874, 1880 – 1885, nel 1886  e dal 1892 al 1894), fece in modo di attrarre le donne in un gruppo del proprio partito, quello liberale, che sarebbe diventato una confederazione (la National Women’s Liberal Federation) che però non aveva il diritto di voto come obiettivo dichiarato. All’inaugurazione, infatti, non era presente lui, solo la moglie, con tante false scuse.

Gli agricoltori ottennero il voto come categoria bruciando covoni e minacciando una marcia di centomila verso la Camera dei Comuni, ma le pioniere femministe sono poco sveglie: non prendono appunti, e non imparano la lezione, commenta la Pankhurst.

Dopo la mancata elezione del marito come candidato liberale, la coppia si trasferisce a Londra, ove Emmeline partecipa allo storico sciopero delle lavoratrici delle fabbriche di fiammiferi Bryant and May con Annie Besant (1847 – 1933) che faceva parte della Fabian Society (temperatamente socialista, di cui aveva fatto parte anche la Pankhurst e di cui fece parte anche l’attivista gay Edward Carpenter).

LA LEZIONE di MLK JR: “E’ SEMPRE IL MOMENTO GIUSTO PER FARE CIO’ CHE E’ GIUSTO”

PERVERSA la CONCEZIONE del TEMPO che reca CON SE’ IL PROGRESSO:
USIAMOLO CON CREATIVITA’


Allorché nel 1891 nacque la Women’s Franchise League, Emmeline si unisce: qui Lord Haldane migliorò il ddl del dottor Pankhurst che “non solo emancipava tutte le donne, sposate e non sposate, delle classi dei proprietari immobiliari, ma le rendeva eleggibili per tutte le cariche” (pag. 21). Ma il guaio è che “Tutti i loro progetti di legge sul suffragio femminile erano concepiti per il futuro, un futuro talmente lontano da essere invisibile”, ironizza la Pankhurst (pag. 22): è contro questo procrastinare che il reverendo Martin Luther King Jr avrebbe scritto nella sua Lettera dal Carcere di Birmingham, “Time is always right to do what is right”, che ho scelto come motto del mio cinetalk: “E’ sempre il momento giusto per fare ciò che è giusto”. Vi cito il passo-clou di quel discorso del grande attivista americano (http://lelejandon.blogspot.it/2014/11/the-help-lezione-sulla-compassione_14.html)


“Devo confessare che negli ultimi anni i bianchi di opinioni moderate mi hanno dato una grave delusione. Nel cammino dei neri verso la libertà l’ostacolo maggiore non é l’aderente al “White Citizens Council” [Consiglio dei cittadini bianchi], o l’affiliato del Ku Klux Klan, bensì il bianco moderato, che ha a cuore l’"ordine" più della giustizia; che preferisce la pace negativa, ossia l’assenza di tensioni, a una pace positiva, ossia la presenza della giustizia; che dice sempre: "Sono d’accordo con voi per quanto riguarda gli obiettivi che vi prefiggete, ma non posso essere d’accordo con i vostri metodi di azione diretta"; che crede, nel suo paternalismo, di poter essere lui a determinare le scadenze della libertà di un altro; che vive secondo un concetto mitico del tempo e continua a consigliare ai neri di attendere "un momento più propizio". La scarsa comprensione da parte di persone bendisposte é ben più frustrante dell’assoluta incomprensione mostrata da chi é maldisposto. L’accettazione tiepida sconcerta assai più del rifiuto secco.” “Avevo sperato inoltre che i bianchi moderati respingessero la visione mitica del tempo per quanto riguarda la lotta per la libertà. Ho appena ricevuto una lettera da un fratello bianco che vive in Texas. Mi scrive: "Tutti i cristiani sanno che prima o poi ai popoli di colore sarà data la parità di diritti, ma può darsi che Lei esageri nella sua ansia religiosa di accelerare i tempi. Il cristianesimo ha impiegato quasi duemila anni per arrivare dov’é oggi. La dottrina di Cristo richiede tempo per scendere sulla terra". Quest’atteggiamento nasce da una concezione tragicamente errata del tempo, dall’idea curiosa e irrazionale che lo scorrere del tempo abbia in sé stesso l’immancabile dote di guarire ogni male. In realtà, il tempo é neutro: può essere usato in modo distruttivo oppure costruttivo. Io ho la sensazione sempre più forte che le persone malintenzionate abbiano saputo usare il tempo in modo assai più efficace, rispetto alle persone benintenzionate.” “Il progresso umano non viaggia sui binari dell’inevitabile: si produce grazie agli sforzi instancabili di uomini disposti a collaborare con Dio, e senza il loro duro lavoro il tempo stesso diventa un alleato delle forze della stagnazione sociale. Dobbiamo usare il tempo in modo creativo, sapendo che i tempi sono sempre maturi per fare quel che è giusto.”



Anche la Pankhurst è stata amaramente delusa dai tanti falsi amici:

“Ho conosciuto tanti giovani inglesi che hanno iniziato la loro carriera politica come oratori pro-suffragio e in sèguito sono divenuti anti-suffragisti” (“La Mia Storia”, cit., pag. 22).

Nel 1893 i coniugi Pankhurst tornano a Manchester e lei riprende servizio alla Suffrage Society:

“Su mio suggerimento, i membri iniziarono ad allestire i loro primi incontri all’aperto” (pag. 22)

IL TEMPO LIBERO dalla famiglia PER L’ATTIVISMO SOCIALE in difesa dei Poveri

I POLITICI SFIDANO LE ASPIRANTI VOTANTI:

DIMOSTRATE QUANTO VALETE FACENDO PRO BONO LE CIVIL SERVANTS


E a proposito del tempo, è proprio grazie al tempo libero dal lavoro e dalla famiglia che la Pankhurst può dedicarsi a tempo pieno appunto, al sociale:

“Ho già detto come i nostri leader del partito liberale avessero consigliato alle donne di dimostrare la loro idoneità alla rappresentanza in Parlamento lavorando negli uffici municipali, specialmente in cariche non retribuite. Un gran numero di donne aveva seguìto il consiglio impiegandosi nei comitati di pubblica assistenza, nei consigli scolastici e in altre strutture disponibili. I miei figli erano ormai abbastanza cresciuti perché li potessi lasciare nelle mani di competenti bambinaie, e così ero libera di partecipare alle attività di queste associazioni” (pag. 22).

Il movimento, dunque, fu fondato da donne della middle class le quali poi, retribuendo le attiviste, permisero a donne della working class di lavorare a tempo pieno per l’espansione in senso anche interclassista dell’associazione, come ad esempio l’ex operaia Annie Kenney.

La Pankhurst Tutrice della POOR LAW della Regina ELISABETTA

CON EMPATIA ed INGEGNO MIGLIORA SENSIBILMENTE le CONDIZIONI
di VITA di BAMBINI ed ANZIANI

QUEL SEMPLICE GESTO del PANE SPEZZATO, RIMEDIO allo SPRECO di CIBO dei BUROCRATI

E così la Pankhurst si candida e viene eletta nel Consiglio dei Tutori (guardians) della Poor Law, storica legge della regina Elisabetta I (1533 – 1603), “una delle più grandi riforme compiute da quella saggia e umana monarca” (pag. 23, che al cinema è stata interpretata da tre attrici Premi Oscar: Vanessa Redgrave, Cate Blanchett e Judi Dench):

“Quando Elisabetta salì al trono trovò l’Inghilterra in uno stato di spaventosa povertà. Orde di persone morivano letteralmente di fame nelle miserabili baracche, nelle strade e pure davanti ai cancelli del Palazzo. La causa di tutta questa miseria era stata la riforma religiosa sotto Enrico VIII” (1491 – 1547, suo padre, ndr) “e la scissione da Roma della Chiesa inglese. Re Enrico si appropriò di tutte le terre, le abbazie e i conventi della Chiesa, e li diede come ricompensa ai nobili che avevano appoggiato la sua politica. Ma i nobili protestanti non assunsero in alcun modo le antiche responsabilità ecclesiastiche di dare alloggio ai viaggiatori, di fare la carità, di curare gli ammalati, di educare i giovani e di assistere i bambini e gli anziani. Quando i monaci e le suore vennero buttati fuori dai loro conventi, questi còmpiti non furono assegnati a nessun altro.” (Emmeline Pankhurst, "La Mia Storia", op. cit., pag. 23)
Allora Elisabetta I fece una legge affinché gli enti locali pubblici, sulla base della tassa per i poveri (la Poor Rate), gestiscano il Ricovero per i Poveri (ospizi e ripari per i senzatetto in un unico edificio): nel caso della Pankhurst, si occupa della gestione di un ospedale, una scuola, una fattoria e laboratori.
“Quando assunsi l’incarico scoprii che nel nostro distretto la legge veniva applicata in maniera assai ingiusta” da contabili privi di senso pratico ma anche di umanità (pag. 23): “Ad esempio, benché i ricoverati fossero malnutriti, notai un assurdo quanto evidente spreco di cibo” (troppo pane), e il resto era dato in pasto ai maiali che però, non essendo il pane il loro cibo appropriato, poi fruttavano meno sul mercato. “Io suggerii che la pagnotta fosse tagliata a fette e cosparsa di margarina, di modo che ciascuno ne prendesse quanto pensava di mangiarne” e “naturalmente i poveri acconsentirono e con il pane che risparmiavamo facevamo dei dolci con latte e uva passa” (pag. 24).
C’è, in questa semplicità intuitiva, l’esemplificazione della differenza fra la vera compassione incarnata dalla Panhurst, e la finta filantropia dall’alto in basso dei burocrati privi di un minimo d’immaginazione che magari si credevano anche dei buoni cristiani.
Alle persone anziane, che sedevano “su seggiole senza schienale o su delle panche” (proprio come nei manicomi come vediamo anche nel film “La Fossa dei Serpenti”), la Pankhurst offre la novità delle sedie Windsor. E le bambine? “Erano vestite, d’estate e d’inverno, con indumenti di cotone leggero, scollati e a maniche corte. Di notte non indossavano nulla, visto che i pigiami erano considerati un lusso. Il fatto che la bronchite fosse epidemica non aveva suggerito ai tutori alcun cambiamento nella foggia dei loro vestìti” (pag. 24): bastavano piccole migliorie, ma a questi gelidi burocrati mancava l’immaginazione morale per queste piccole cose. Addirittura, le public schools (che il traduttore ignorante traduce con scuole pubbliche, in realtà sono le scuole private dei bambini ricchi, come del resto si deduce dal testo, ndr) “furono fondate sfruttando le eredità lasciate per l’istruzione dei poveri” (pag. 25). Nel giro di cinque anni, con la Pankhurst le condizioni cambiano: in campagna compra un sistema di casette per bambini con una scuola con bravi insegnanti, una palestra e una piscina (lei fece parte, unica donna, del comitato edilizio).

“Se li si tratta da poveri, saranno ovviamente sempre poveri, e cresceranno come poveri, come un peso permanente della società; ma se li si considera semplicemente come bambini sotto la tutela dello Stato, assumono tutto un altro carattere” (pag. 25).

Ed ecco l’intuizione-clou della Pankhurst:

“Dovremmo avere delle nuove leggi, e non possiamo sperare di averle sinché le donne non avranno accesso al voto.” (pag. 25)

Il BRUTTO DESTINO SEGNATO PER LE RAGAZZE-MADRI come PHILOMENA LEE
Nel ricovero, alcune bambine “erano costrette a lavori ripugnanti”, “c’erano donne incinte che strofinavano i pavimenti e facevano i lavori più duri quasi sino al giorno di mettere al mondo i loro figli” (pag. 25).
Sono ragazze-madri come Philomena e come le ragazze del film del 2002 “Magdalen” di Peter Mullan, solo che quelle due storie vere sono ambientate nell’Irlanda cattolica, dove i ricoveri per nascondere queste giovani donne erano gestiti dalla Chiesa cattolica:

“A queste povere madri era concesso di restare in ospedale dopo il parto solo per due settimane. Poi dovevano scegliere se rimanere nel ricovero e guadagnarsi da vivere facendo le pulizie e altri lavori- nel qual caso venivano separate dai loro bambini- oppure andarsene. Potevano restare ed essere povere, o potevano andarsene con un bambino di due settimane in braccio, senza speranza, senza una casa, senza denaro, senza un posto dove vivere” (pag. 25). I bimbi sono separati dalle loro madri ed affidati alle “madri dei ricoveri”, “perlopiù giovani serve” (pag. 26).

La punizione vale solo per le ragazze, non per i responsabili uomini che le hanno sedotte e abbandonate:

“Se un uomo che rovina una ragazza effettua un unico pagamento di venti sterline, l’alloggio diventa immune da ogni ispezione”: “E’ normale che i bambini muoiano con orrenda puntualità, spesso prim’ancora che siano state spese le venti sterline, e a quel punto gli allevatori di bambini sono liberi di richiedere un’altra vittima” (Emmeline Pankhurst, “La Mia Storia”, cit., pag. 26).

Già più di un secolo prima, Mary Wollestoncraft aveva scritto che “Gli uomini dovrebbero mantenere le donne che hanno sedotto” (“Sui Diritti delle Donne”, Rizzoli, Milano 2010, pag. 94).

La TESTIMONIANZA: “LE DONNE FANNO LA DIFFERENZA E SONO PIU’ LABORIOSE DEGLI UOMINI
SONO SOLO LE DONNE CHE SI PREOCCUPANO DELLE CONDIZIONI DELLE DONNE”

Coloro che si preoccupano realmente della questione sono solo donne”, sicché il voto alle donne non è solo un diritto ma una “necessità”, ragiona la Pankhurst che dice di aver imparato molto da tutte le operatrici sue colleghe, soprattutto le donne anziane che “erano le più industriose” rispetto agli uomini anziani (pag. 26) che si attardavano a fumare.
Molte erano “domestiche-serve” single, come la Séraphine del film che vi ho presentato (http://lelejandon.blogspot.it/2015/12/i-magici-mix-misteriosi-della-pittrice.html), che in Inghilterra erano pagate in media solo qualche penny e dunque non avevano potuto risparmiare.
Altre  erano “vedove di abili artigiani che avevano ricevuto la pensione dai sindacati ma le pensioni si erano estinte con la morte dei mariti. Queste donne, che avevano rinunciato a lavorare per sé stesse e avevano lavorato per i mariti e i figli, erano rimaste senza un penny” (pag. 27), quindi rientravano nella categoria delle indigenti. “Anche se la donna aveva un figlio in grembo veniva considerata, a rigor di legge, al pari di un uomo di robusta costituzione. Le donne, ci dicevano, devono stare in casa e badare ai propri figli. Io lasciavo senza parole i miei colleghi uomini dicendo loro: “Quando le donne avranno il diritto di voto capiranno che le madri possono stare in casa e badare ai propri figli. Voi uomini finora lo avete reso impossibile a queste madri” (pag. 28; corsivo dell’Autrice).

La Pankhurst testimonia che le donne “si dimostravano molto più preparate e intraprendenti degli uomini” (pag. 28) e sviluppa così la fede che

“La civilizzazione, se mai progredirà in futuro, lo farà grazie alle donne, donne libere dalle pastoie politiche, donne nella piena facoltà di svolgere il loro ruolo nella società” (pag. 29)

Anche la femminista del Settecento inglese Mary Wollstoncraft aveva scritto della laboriosità delle donne:

“Per quanto riguarda la virtù, nel senso più ampio del termine, gli esempi maggiori li ho riscontrati fra i ceti più bassi. Molte donne povere mantengono i propri figli con il sudore della fronte e tengono unite famiglie che si sarebbero disgregate a causa dei vizi dei padri; (…) il buonsenso che ho riscontrato nelle donne povere, che hanno potuto trarre ben pochi profitti dall’educazione e che tuttavia hanno agito con eroismo, conferma la mia convinzione che sono le occupazioni frivole a rendere una donna frivola” (“Sui Diritti delle Donne”, Rizzoli, Milano 2010, pagg. 88 – 89)

LE AMARE SCOPERTE della PANKHURST nel NUOVO INCARICO ALL’ANAGRAFE
I PEDOFILI IMPUNITI: LE LEGGI CONTRO LE DONNE FATTE DA SOLI MASCHI

Quando le muore improvvisamente l’amato marito nel 1898, ritrovandosi con il figlio più giovane di 17 anni, la Pankhurst rassegna le dimissioni dal Consiglio dei Tutori e viene assunta per un impiego salariato al Registro delle Nascite e delle Morti della sua città (in pratica, il nostro ufficio anagrafe). E qui scopre che
“c’erano ragazzine di tredici anni che venivano per registrare la nascita dei loro figli, ovviamente illegittimi.
In molti di questi casi scoprivo che il padre della ragazza o qualche parente prossimo maschio era il responsabile. Nella maggior parte dei casi non c’era niente che si potesse fare. In Inghilterra l’età del consenso è sedici anni, ma un uomo può sempre affermare di aver pensato che la ragazza avesse più di sedici anni.

Il sistema che vigeva all’epoca era un premierato assoluto: “Nel nostro Parlamento nessun progetto di legge ha la possibilità di diventare legge a meno che non sia approvato da una misura del governo. I deputati che non fanno parte del governo sono liberi di presentare delle misure per proprio conto, ma queste raramente raggiungono la seconda lettura, o la fase dibattimentale” (Emmeline Pankhurst, "La Mia Storia", op. cit., pag. 33).
Nel 1905 si poteva arrivare al riconoscimento della legge, ma “una maggioranza pur schiacciante di parlamentari non ha il potere di rendere esecutiva una legge di fronte all’ostilità degli undici ministri di un governo” perché “i loro poteri sono limitati al contributo alla promulgazione dei provvedimenti presentati dal governo” (Emmeline Pankhurst, "La Mia Storia", op. cit., pagg. 45 – 46: “è vero che la Camera può ribellarsi, che può costringere il governo alle dimissioni, votando la sfiducia. Ma non succede quasi mai. I burattini non si ribellano”, chiosa la Pankhurst).
Quando le suffragette interrogano i parlamentari in diretta, questi sono imbarazzati, e sono considerate delle intruse insolenti.
Quando un membro del Partito Laburista porta il ddl del marito della Pankhurst alla Camera dei Comuni, nessuno dei parlamentari osa presentarlo per primo per tema di alienarsi i voti degli elettori maschi, nonostante “l’enorme adunata di donne di tutte le classi”. L’espediente usato fu questo: “tirando per le lunghe” il ddl precedente “con stupide storielle e battute cretine. I parlamentari assistevano a quest’offensiva performance con risa e applausi” (pag. 36): una forma ignobile di ostruzionismo parlamentare.

ANNIE KENNEY
L’Operaia che fece Nuove Iscritte fra le Lavoratrici Operaie dell’East End di Londra
La Pankhurst ricorda la figura di Annie Kenney (1879 – 1953). Figlia del proletariato, nata in una famiglia di undici figli, un giorno dovette subire l’amputazione d’un dito in sèguito ad un incidente in fabbrica: una bobina in movimento glielo strappò. (Nel film “Suffragette” Maud elenca i rischi d’incidenti e le malattie professionali in cui incorrono le operaie lavandaie: “dolori, tosse, ulcere, dita schiacciate, avvelenamenti…”).
Appassionatasi della lettura, fu affascinata dall’attivista gay Edward Carpenter e s’iscrisse all’Independent Labour Party (il partito laburista indipendente). Nel 1905 a Manchester fu colpita da un discorso pronunziato dalla Pankhurst ed aderì al WSPU e quello stesso anno, insieme alla figlia Christabel Pankhurst, interruppe una riunione di Churchill ed Edward Grey per domandare se avessero in programma il diritto di voto ed esibendo uno striscione: “Sir Edward Grey non diede alcuna risposta, mentre un addetto al servizio d’ordine le premeva il suo cappello in faccia”, allora Christabel ripeté la domanda, Grey la ignorò di nuovo, e il commissario va dalle donne per invitarle a formulare la richiesta per iscritto, che fu consegnata a Grey che però non diede alcuna risposta (pag. 38). Furono allontanate dalla polizia e “scagliate in mezzo alla strada”, mentre “sul palco i leader liberali sedevano muti e impassibili”, e dinanzi alla scelta fra multa e galera, scelsero entrambe la prigione.


Christabel disse: “Mamma, se paghi la multa, a casa non ci torno” (pag. 39). I media le condannarono, mentre loro ebbero nuove iscritte e stabilirono che questo sarebbe stato il metodo: “i cartelli “Voto alle Donne” sarebbero apparsi ogni qual volta un futuro membro del governo liberale si fosse alzato per parlare e non ci sarebbe stata tregua finché non si fosse data una risposta” (pag. 40). S’iniziò col discorso d’esordio nel nuovo Premier liberale Sir Henry Campbell-Bannerman, a cui scrissero, ma lui non rispose, né menzionò la questione nel discorso: così Annie Kenney tirò fuori il suo cartello, mentre Theresa Billington  esibiva un altro cartello simile: “furono afferrate e buttare fuori”. Una volta è Emmeline Pakhurst ad interrompere il Premier (1908 – 1916) Herbert Henry Asquith (1852 – 1928): “Le donne sono genitori. Il signor Asquith non pensa forse che le donne debbano avere il diritto di controllare l’educazione dei propri figli, come per gli uomini, attraverso il voto?” (anche lei viene portata via all’uscita, pag. 52).  (Quando Christabel fuggì a Parigi, la madre andava a trovarla ogni settimana; nel 1913 Annie Kenney verrà condannata a 18 mesi di carcere, ove attuò lo sciopero della fame; quando, allo scoppio della Prima guerra mondiale s’interruppe la militanza, lei si recò in Galles con Emmeline Pankhurst per incoraggiare i sindacati a sostenere il lavoro di guerra).

Per ampliare il movimento fra le donne operaie, si fondò una sede nell’East End (il quartiere povero di Londra che rassomiglia ad una periferia), e Annie Kenney abbandonò il lavoro di operaia per servire  a tempo pieno l’organizzazione: “Grazie al suo contributo iniziammo a portare la nostra propaganda a un pubblico completamente nuovo” (pag. 36). Come dicevo, già un secolo prima un’altra inglese Mary Wollstoncraft ci testimonia di quanto fossero in gamba queste donne:

“Per quanto riguarda la virtù, nel senso più ampio del termine, gli esempi maggiori li ho riscontrati fra i ceti più bassi. Molte donne povere mantengono i propri figli con il sudore della fronte e tengono unite famiglie che si sarebbero disgregate a causa dei vizi dei padri; (…) il buonsenso che ho riscontrato nelle donne povere, che hanno potuto trarre ben pochi profitti dall’educazione e che tuttavia hanno agito con eroismo, conferma la mia convinzione che sono le occupazioni frivole a rendere una donna frivola” (“Sui Diritti delle Donne”, Rizzoli, Milano 2010, pagg. 88 – 89)

Torniamo alla storia del movimento. Le associate, scrive la Pankhurst, “concentrano tutte le proprie forze su un unico obiettivo”: il suffragio. Secondo lei, “le donne della Gran Bretagna si sarebbero emancipate anni fa se solo tutte le suffragiste avessero adottato questo semplice principio” (pag. 45).
Le suffragette presero di mira l’allora giovane parlamentare Winston Churchill (1874 – 1965): “Gli rovinammo tutti i passaggi migliori replicandogli a tono con delle ovvietà tali che la gente scoppiava a ridere” (pag. 41), ma non riuscirono a non farlo eleggere. Fu eletto con maggioranza assai ridotta. Benché fossero “sempre insultate a buttate fuori”, tuttavia la “campagna di disturbo” aveva questo senso: “contribuì a rendere il suffragio femminile una notizia” (pag. 42).
 “Invitammo tutti gli elettori a votare contro i candidati liberali fino a quando il governo liberale non avrà reso giustizia alle donne” (pag. 47): questa tattica (che funzionò alle elezioni straordinarie a Cockermouth nel 1906, cf. pag. 54) fu copiata dagli Home Rulers di Charles Stewart Parnell (1846 - 1891), che (purtroppo il solito ignorante traduttore del libro non lo spiega) erano i sostenitori della devolution, dell’autogoverno rispetto al governo centrale. Nel 1885 essi “avevano osteggiato tutti i candidati liberali, compresi quelli che, come mio marito” (che però non fu eletto, come abbiamo visto, ndr) “erano sostenitori dell’Home Rule”.
Così l’allora Premier Gladstone fu costretto a presentare un ddl che però non divenne legge per la decadenza del governo, causata da intrighi interni, e la morte di Parnell.

La Grande Lezione per le Nostre Battaglie Laiche Moderne Future:

“Non basta Simpatizzare, servono Azioni Positive Concrete per Trasformare la Realtà”
Ed ecco la grande lezione per l’oggi e il domani e tutte le nostre battaglie laiche:
L’argomento sostenuto dai suffragisti vecchio stampo, e dagli stessi politici, è sempre stato che un’opinione pubblica ben educata” (qui sarebbe meglio tradurre “istruita”) “darà prima o poi il voto alle donne senza bisogno di esercitare grandi pressioni in favore della riforma. Noi siamo d’accordo sul fatto che l’opinione pubblica vada educata (istruita, ndr), ma sosteniamo che un’opinione pubblica educata è del tutto inutile se non viene utilizzata energicamente. L’arma più affilata è impotente se non viene coraggiosamente brandita. Nel 1906 una vastissima opinione pubblica era favorevole al suffragio femminile. Ma in che modo poteva servire alla causa? Noi chiedevamo alla gente molto più di una generica simpatia” (“La Mia Storia”, pag. 47).

Qui la Pankhurst ci sta dicendo che non basta l’adesione intellettuale ad una causa, bensì bisogna tradurla in azioni positive, in atti concreti: manifestazioni, pressioni, anche ricatti politici. Serve la buona volontà politica dei parlamentari e dei governanti. Inoltre, bisogna sempre ripudiare questo generico rinvio: “prima o poi”, che era quella perversa concezione del tempo contro cui combatteva Martin Luther King Jr. (http://lelejandon.blogspot.it/2014/11/the-help-lezione-sulla-compassione_14.html).
l filosofo greco Aristotele definiva così la scelta: “la scelta è desiderio che ragiona”. Come dire che, se si fermasse al lato intellettuale, resterebbe un mero ragionamento, invece deve essere tradotta in atto dalla volontà (desiderio).

L’Ispirazione dall’Esercito della Salvezza: Predicare nelle Strade

Come dice Oggi il Filosofo de Botton: Noi Laici ispiriamoci al Meglio delle Religioni
per fare Comunità e creare Emozioni di Fratellanza
Sarah Moore Grimké, suffragetta
americana di fede quacchera

Il filosofo laico contemporaneo Alain de Botton, nostro punto di riferimento che citiamo spesso ai nostri cineforum, nel suo saggio fondamentale “Del buon uso della religione” (http://lelejandon.blogspot.it/2014/10/ri-creare-un-senso-di-comunita-e-una.html) invita noi laici a trarre ispirazione creativa dalle varie religioni. Ebbene, anche il movimento della Pankhurst trasse spunti proprio da una denominazione cristiana coeva che si batteva anch’essa per la giustizia sociale: quella fondata dal predicatore William Booth (1829 – 1912) a Londra nel 1865 nata dal distacco dalla chiesa metodista per portare il messaggio del Vangelo ai bisognosi dei bassifondi: “Adottammo i metodi dell’Esercito della Salvezza e scendemmo nelle strade grandi e piccole a fare proseliti” (pag. 48). La fiducia nella vittoria finale della causa è data anche dal precedente dei primi abolizionisti della schiavitù razziale del Massachusetts, l’avvocato Wendell Phillips (1811 – 1884) ed il giornalista William Lloyd Garrison (1805 - 1879): “Anche loro dovettero lottare duramente, sottostare a insulti e arresti, perché insistevano a farsi ascoltare (la schiavitù fu abolita dal Presidente Abramo Lincoln nel 1865, ndr). E furono ascoltati; e, col tempo anche noi”.

Per le loro azioni, le militanti suffragette sono incarcerate nella prigione femminile di Holloway e nonostante la loro fosse una lotta di chiaramente politica, “venivano trattate come criminali comuni” (pag. 57). Ad esempio quando si dirigono pacificamente in tante a Westminster arrivano i poliziotti a cavallo e furono costrette a ritirarsi “per non finire schiacciate” dai cavalli, e quelle arrestate portate in prigione per “resistenza alla polizia”: in realtà “era la polizia a fare resistenza” (pag. 64) impedendo alle donne di consegnare la petizione al Premier per il suffragio.


“Il sistema detentivo inglese è medievale”, spiega la Pankhurst, che ci è finita numerose volte, sempre perfettamente consapevole del rischio di finirci: si soffre il freddo, le letture consentite sono poche, nel primo mese di detenzione non si possono ricevere lettere (pag. 73) e l’isolamento 23 ore su 24 porta alcune ad impazzire.

Quando diventa Premier “l’arcinemico dei suffragisti” Asquith, le donne fecero perdere le elezioni a Churchill, che all’epoca era nel partito liberale, e che per tema di non venire eletto a causa di questo movimento in ascesa, con un giro di parole formulò questa menzogna: “Non escludo che la possibilità del suffragio venga affrontata già in questo Parlamento”, salvo subito precisare che non poteva parlare a nome dei colleghi” (pag. 77).

Churchill vinse per “l’annuncio che il nuovo governo intendeva istituire le pensioni di anzianità” (pag. 77), e il Premier Asquith, “interrogato alla Camera dei Comuni da un parlamentare anti-suffragista allarmato” risponde che il suffragio “riguarda un futuro remoto e del tutto ipotetico” (pag. 79).

LA SFIDA del SEGRETARIO DI STATO GLADSTONE:

“DIMOSTRINO CHE SONO UN MOVIMENTO DI MASSA”

E LORO SI RADUNANO IN 500 MILA A HYDE PARK. LA SOLIDARIETA’ DA 38 CITTA’

Un giorno arriva la sfida del Segretario di Stato Herbert Gladstone che dice che le suffragiste devono dare prova di aver imparato la lezione dai suffragisti uomini: “riesaminando le crisi politiche degli anni Trenta, Sessanta e Ottanta” dell’Ottocento, “si constaterà che la gente non si radunava in piccoli gruppi, e non si faceva bastare entusiastiche assemblee in grandi sale; si radunavano a diecine di migliaia per tutto il Paese”. Ed aggiunse: “Ovviamente non ci si aspetta che le donne possano radunarsi in masse tanto grandi” (pag. 80): ebbene, “la WSPU decise di raccogliere la sfida. (…) Sapevamo di essere in grado di organizzare una dimostrazione che potesse competere con le grandi manifestazioni per il diritto di voto degli anni Trenta, Sessanta e Ottanta”, e così domenica 21 giugno del 1908 si radunarono ad Hyde Park 500 mila persone: mega cartelloni con le mappe dei cortei, con i volti delle oratrici, e annunci casa-per-casa: un successo. Un giornale scrisse che mai, prima di allora, un così gran numero di persone si era riunito all’aperto. Ma il Premier Asquith non si mostra impressionato, allora le suffragette insistono e si radunano in centomila dinanzi al Parlamento, poi davanti alla residenza di Downing Street rompono la loro prima finestra: le responsabili furono portate in carcere ad Holloway. Intanto, la polizia politica segreta le segue e stenografa tutti i discorsi dai palchi dei vari raduni.

La FIGLIA CHRISTABEL, AVVOCATA, DIFENDE LA MADRE IN TRIBUNALE
Quando Emmeline Pankhurst viene arrestata per il volantino “accorrete in aiuto delle suffragette per dare l’assalto alla Camera dei Comuni”, la figlia Christabel, avvocata, affronta il suo primo processo come legale di sé stessa e della madre (“alle donne in Inghilterra non è consentito praticare l’avvocatura”, pag. 87).

Per prima cosa, fa notare che semmai fu Lloyd George ad incitare alla violenza (e non le suffragette) quando disse che le donne che fanno domande devono essere sbattute fuori.
Christabel Pankhurst ed Annie Kenney

Poi fa ammettere che la folla era disciplinata e i discorsi delle suffragiste moderati. Ultimo, ma non meno importante, fa notare che la sfida era stata lanciata proprio dal collega di Lloyd George!

Il magistrato non le lascia però chiedere a Gladstone se sia stato il governo a dare direttamente ordini alla polizia di interrompere l’adunata delle donne.

Fa notare in aula che alle suffragette fu negata la giuria popolare perché i giudici amici dei potenti e misogini avevano paura delle simpatie del popolo per le suffragiste.

Il metodo delle suffragette, spiega l’imputata Pankhurst, è sempre stato nonviolento: come lo sarà anche il movimento di liberazione degli afroamericani guidato da Martin Luther King Jr:

“La nostra regola è sempre stata di non usare la violenza, ma anzi di offrirci alla violenza degli altri” (pag. 91)

“QUANDO AVREMO IL VOTO RIFORMEREMO QUESTE CARCERI MEDIEVALI”

Quando la Pankhurst, condannata al carcere dopo questo processo, fa sapere che le è negato di parlare con sua figlia (che si trova nella sua stessa prigione!), senza quindi sapere come stia, le suffragette marciarono in migliaia verso la prigione cantando la Marsigliese delle Donne: le due sono liberate un po’ prima, e fanno notare che

“una volta conquistato quel diritto” (il voto) “avremmo potuto riformare le carceri e anche tanti altri strumenti di prevaricazione” (pag. 94)

IL DIRITTO DI PETIZIONE VALE PER TUTTI/E, E’ NELLA “COSTITUZIONE”


Inizia quindi la battaglia per riaffermare, anche per le donne, il diritto di petizione, “che esisteva in Inghilterra sin dai primi tempi di cui si hanno testimonianze, era incluso nel Bill of Rights, la dichiarazione dei diritti che divenne legge nel 1689 con l’avvento di Re Guglielmo III e della regina Maria”, insomma era praticamente, per così, dire, costituzionale, benché, com’è noto, il sistema inglese non abbia una Costituzione: “E’ diritto dei sudditi di presentare petizioni al Re, e ogni incriminazione o persecuzione per tali petizioni sono illegali” (pag. 96). Quando all’ennesimo tentativo di consegnare la petizione, il Premier si rifiuta, le donne ricompaiono costantemente da non si sa dove, dopo essere state disperse: la Pankhurst rivela qui che la strategia consisteva nell’affittare uffici vicini: “fu una lampante dimostrazione dell’ingegnosità delle donne contro la forza fisica degli uomini” (pag. 99). Quando finalmente il Premier consegna loro una lettera, è un No assoluto: sarebbe stato sufficiente, dice la Pankhurst, che avesse risposto che in futuro le avrebbe ricevute. Il giudice le condanna perché, se era legittimo che presentassero la petizione, non lo era la pretesa di essere ricevute in delegazione: ma la Pankhurst ribatte dinanzi a questa sentenza misogina “Quale valore ha una petizione che non può essere presentata di persona?” (pag. 102).

4/L'ARTISTA MARION WALLACE DUNLOP:

LA BATTAGLIA DI PRINCIPIO: “NOI SIAMO IMPUTATE POLITICHE, NON CRIMINALI COMUNI”

ed E’ LA PRIMA A FARE lo SCIOPERO DELLA FAME: IN TANTISSIME COMPAGNE LA IMITANO


La signorina Marion Wallace Dunlop (1864 – 1942, che di professione era una scultrice ed illustratrice), “scrisse un estratto del Bill of Rights con inchiostro di stampa sul marciapiede” della St Stephen’s Hall della Camera dei Comuni: arrestata, alla multa preferì il carcere duro.
Fu lei la prima a fare, nel 1909, lo sciopero della fame perché “pretendeva di essere trattata come un’imputata politica” (pag. 103) e non come una criminale comune. Dopo una settimana, quando il medico scrisse che la morte sarebbe sopraggiunta da un momento all’altro, la donna fu rimandata a casa.
Le altre donne in carcere sfasciarono delle finestre delle celle, in segno di protesta sinché non fossero state trattate da detenute politiche: per questo ammutinamento furono condannate ad ulteriori giorni di prigione in isolamento. Attraverso i vetri rotti raccontarono la loro storia facendo lo sciopero della fame. “La vicenda suscitò un’ondata di compassione in tutta l’Inghilterra” ma Gladston le fece nuovamente condannare con false accuse (di aver preso a calci e morsi le secondine): ma anche loro dovettero essere rilasciate per non essere lasciate morire.


“Chi non ha mai fatto la tremenda esperienza dello sciopero della fame non può avere idea di quanto grande sia quel supplizio. Gli spasmi della fame durano al massimo ventiquattr’ore. Passato quel momento, non si sente più un bisogno disperato di cibo. La debolezza e la depressione prendono il suo posto. Si ha spesso mal di testa, accompagnato da vertigini o da un leggero delirio. La totale spossatezza e un senso d’isolamento dalla terra segnano la fase culminante del calvario” (pag. 106).

5/LUCY BURNS

L’AMERICANA COLTISSIMA FOLGORATA DALLE PANKHURST:
“COSI’ MI HANNO ALIMENTATA A FORZA”


Sulle violenze del carcere, la Pankhurst cita la testimonianza di Lucy Burns (New York 1879 – 1966), un’americana che, quando conobbe la WSPU ne fu così ispirata che decise di restare in Inghilterra come operatrice salariata del movimento, abbandonando i vasti studi finanziategli dal padre che fece fra Yale, la Columbia ed Oxford: l’attivista statunitense racconta del sadismo delle carceriere, ben dodici, che l’afferrarono per i capelli, la trascinarono sul pavimento e le strapparono i vestìti di dosso per farle indossare il camice da prigioniera (pag. 105).

Una volta delle suffragette gettarono dei pezzi di ardesia da un tetto contro l’auto di Asquith, super scortato dalla polizia a cavallo. Arrivarono i pompieri e fu dato loro l’ordine di sparare l’acqua contro quelle manifestanti, loro si rifiutarono e allora fu la polizia a lanciare l’acqua contro quelle donne mentre dei teppisti lanciavano contro di esse dei mattoni, costringendole così a scendere.

L’ALIMENTAZIONE FORZATA ALLE SUFFRAGISTE SCIOPERANTI: PERICOLOSA, ANCHE LETALE

(LEGALE SOLO PER I MALATI PSICHICI) L’APPELLO DEGLI SCIENZIATI CONTRO IL GOVERNO

“UN TUBO di gomma di DUE METRI SPINTO DAL NASO ALLO STOMACO”


Ed ecco che arrivano le alimentazioni forzate che si vedono nel film. Mary Leigh (1885 – 1978), fra le prima a rompere le vetrine dei negozi, ne fu la prima vittima e la risposta è da burocrati nazisti: “la signora Leigh disse che sapeva di non poter essere legalmente alimentata a forza perché non si poteva eseguire un’operazione del genere senza il consenso della paziente sana di mente. Il dottore ripeté che aveva ricevuto degli ordini e che li avrebbe eseguiti”.

E qui tornano in gioco le carceriere, burocrati nemiche del loro stesso genere: “si scagliarono contro la signora Leigh, la immobilizzarono e inclinarono la sua sedia all’indietro.
Fu colta talmente di sorpresa che in quella circostanza non riuscì a opporre resistenza. Le fecero inghiottire un po’ di cibo da una tazza.
Più tardi due medici e le secondine entrarono nella sua cella, gettarono la signora Leigh sul letto e la tennero bloccata.
Davanti al suo sguardo terrorizzato, i dottori tirarono fuori un tubo di gomma, lungo quasi due metri, e uno di loro cominciò a ficcarglielo su per la narice. Il dolore era talmente atroce che iniziò a strillare. Tre delle secondine scoppiarono in lacrime e i tirocinante pregò l’altro dottore di desistere. Avendo avuto ordini precisi dal governo, il medico andò avanti e il tubo fu spinto fin giù nello stomaco. (…) “I timpani” raccontò lei in sèguito, “sembravano esplodermi. Sentivo il dolore fino alle ossa del torace. Quando il tubo alla fine venne estratto era come se mi avessero strappato via anche il naso e la gola” (pag. 109)

“Fummo sconvolte nel leggere sui giornali che queste detenute erano state nutrite con la forza tramite un tubo di gomma cacciato nello stomaco. (…) “Terapia ospedaliera” era l’espressione usata (…) Nessuna legge consentiva quelle pratiche se non per soggetti certificati come malati di mente (…). Di fatto, i casi da manicomio solitamente muoiono dopo poco tempo. “The Lancet”, forse la più autorevole rivista medica in inglese, pubblicò un lungo elenco di opinioni di illustri dottori e chirurghi che condannavano la pratica come un atto indegno per un Paese civilizzato. (…) Una memoria firmata da centosedici famosi dottori fu indirizzata al primo Ministro per protestare” (pag. 108)


Nonostante il loro manifesto che denunziava questa pratica, il partito liberale fu riconfermato.

Poi Emmeline Pankhurst narra della sua eccitazione allo sbarco negli States nel 1909 per il suo giro di conferenze: qui sono le giovani le più desiderose del voto (pagg. 110 – 111).

Il Sindaco di Toronto, in alta uniforme, le dà il benvenuto (in Canada il voto sarebbe stato dato nello stesso anno che in Gran Bretagna e Russia sovietica, cioè nel 1918; in Québec nel 1940).

UN COMITATO composto da ALCUNI PARLAMENTARI DEI 4 PARTITI:

LE SUFFRAGETTE SPERANO IN UN’INTESA FRA I VARI LEADER

MA CHURCHILL, il FUTURO BOMBARDATORE di DRESDA, SI OPPONE
L'inutile Strage di Dresda voluta da Churchill

Viene costituito un comitato trasversale pro-suffragio (il Conciliation Committee) all’interno della Camera dei Comuni di cui fan parte 25 liberali, 17 conservatori, 6 nazionalisti irlandesi e 6 laburisti: il testo (il Conciliation Bill), che avrebbe dato il diritto di voto ad un milione di donne, fu approvato da tutte le varie associazioni femministe. “Benché sapessimo che non poteva passare a meno che il governo non desse il suo pieno consenso, speravamo che i leader di tutti i partiti e la maggioranza dei loro sostenitori stringessero un’intesa. Questo tipo di comune accordo è raro nel Parlamento inglese, ma è così che sono stati presi provvedimenti importanti e combattuti. L’estensione del diritto di voto del 1867 rientra in questi casi” (pag. 116). A sostegno del ddl, le suffragette fecero una manifestazione marcia che culminò nel gremitissimo Albert Hall (la più grande sala concerti d’Inghilterra). E si radunarono ad Hyde Park le associazioni maschili suffragiste: la Men’s Political Union for Women’s Enfranchisement, la Men’s League for Women Suffrage ed il Conciliation Committee, appunto. Anche i consigli comunali di 38 Città (fra cui appunto la Manchester della Pankhurst, Liverpool e Dublino) mandarono risoluzioni in sostegno del ddl. Anche la maggioranza dei ministri è favorevole, ma si schierarono contro due big del partito liberale, Lloyd George e Winston Churchill: il futuro Premier conservatore “pensava che la cosa migliore da fare era selezionare “alcune delle migliori donne di tutte le classi” in base ai possedimenti, all’educazione e al reddito” (pag. 118). Del resto, non dobbiamo mai dimenticare che Churchill fu responsabile, da Primo ministro, del criminale bombardamento notturno a sorpresa fra il 13 ed il 14 febbraio 1945 da parte della RAF contro la città tedesca di Dresda, che uccise 250 mila persone e ne distrusse 14 mila case, 72 scuole, 22 ospedali, nonché le bellezze barocche rese celebri dai dipinti del Canaletto. (Le temperature createsi raggiunsero i 1500 gradi e le persone furono sospinte verso le fiamme: una “tempesta di fuoco”).

Ma il disegno di legge ottiene più voti che la legge di bilancio! Allora l’ostinato Premier Asquith dice che il ddl va portato ad una Commissione Bicamerale e dice che le donne devono dimostrare “di essere la maggioranza nel desiderare il voto oltre ogni ragionevole dubbio” (sic, pag. 120): quando è chiara la non volontà politica di approvare finalmente la legge, riparte la guerra, e trecento donne partono all’attacco con la petizione.

IL BLACK FRIDAY: 18 NOVEMBRE 1910

NUOVA STRATEGIA del TERRORE: IL GOVERNO ORDINA ALLA POLIZIA
di STRATTONARE LE SUFFRAGETTE
119 ARRESTI fra cui LA SORELLA di EMMELINE PANKHURST,
MARY CLARKE, che MUORE IN CARCERE

E allora il governo il giorno di venerdì 18 novembre del 1910 (il Black Friday, il Venerdì Nero) diede ordine alla polizia “di sballottare le donne da un agente all’altro, in divisa o no, di trattarle in modo talmente rude da terrorizzarle e indurle a fare marcia indietro”, “ma non dovevano essere arrestate”. “il governo sperava che la violenza della polizia venisse imitata dalla folla, ma la folla si rivelò straordinariamente amichevole” (pag. 122). I loro cartelli furono strappati e fatti a pezzi, e “le donne – molte delle quali erano eminenze nell’arte, nella medicina e nella scienza, donne di fama europea- subirono trattamenti che non sarebbero stati riservati neppure ai criminali incalliti, e tutto solo per l’oltraggio di aver voluto esercitare il diritto di presentare una petizione pacifica” (pag. 123).

“La gente si chiedeva perché le donne venissero picchiate; perché, se stavano infrangendo la legge, non venissero arrestate; perché, se non stavano infrangendo la legge, non era permesso loro di avanzare senza essere molestate. Per quasi cinque ore la polizia continuò a spintonare e picchiare le donne, con la folla che diventava sempre più turbolenta in loro difesa. Alla fine la polizia fu costretta a operare degli arresti”: 119 persone fra uomini e donne, fra cui la sorella di Emmeline, l’artista decorativa Mary Jane Clarke (1862 – 1910), che si ammalò nel carcere di Holloway dopo essere stata sottoposta all’alimentazione forzata e morì il giorno dopo Natale (pag. 126). Morirono anche Henria Williams e Cecelia Wolseley Haig.

Asquith promette che darà l’OK a procedere con l’esame del ddl ma ormai era a fine legislatura. Intanto le suffragette vengono rilasciate.

La Pankhurst compie il secondo viaggio negli Stati Uniti e scopre che a New York “le assemblee di strada erano diventate una pratica quotidiana” (pag. 126).

LADY CONSTANCE LYTTON

La Nobildonna che si Tagliò i Capelli e si Vestì da Povera e così fu brutalmente alimentata a Forza

Suo Marito era un Suffragista, ed anche lei si rovinò la Salute nel Malsano Carcere  



Un’altra suffragetta storica del WSPU era Lady Constance Lytton (1869 – 1923).
Figlia del viceré dell’India e di una contessa, aveva un fratello in Parlamento e un nonno romanziere. Sua Nonna, Rosina Wheeler (la figlia di una famosa femminista, Anna Wheeler), aveva dato scandalo divorziando dal marito (il romanziere Edward Bulwer-Lytton) che non solo le portò via i figli ma tentò di farla internare ond’evitare che lei, continuando a parlare male di lui come aveva già fatto in un suo romanzo e interrompendo un suo comizio, gli rovinasse la reputazione e la carriera politica. La sua bisnonna era Anna Wheeler (vedi paragrafo seguente): anche da lei aveva ereditato una grande determinazione e forza morale. Poiché le giovani nobildonne si dedicavano alla filantropia sino alle nozze, lei, che non si maritò mai (le fu negato di sposare l’uomo che amava) si occupò delle donne detenute: e fu proprio qui, in carcere, nel 1908, che un giorno conobbe alcune suffragette, fra cui Annie Kenney e la leader Christabel Pankhurst.
Lady Constance Lytton con indosso la medaglia al valore
per i suoi scioperi della fame in carcere.

Non amava lo stile di vita della sua classe aristocratica, e così si dedicò anche lei a tempo pieno (come l’attivista proletaria Annie Kenney di cui ho parlato sopra) alla battaglia suffragista. Le compagne le chiesero di fare pressing sui politici, grazie ai suoi contatti altolocati, ma non funzionò. Tornò in carcere, ma non più da giovane assistente volontaria bensì, all’età di quarant’anni, da detenuta condannata ad un mese di carcere per il solo fatto di aver preso parte ad una protesta pacifica: qui, tentò di tatuarsi sul corpo la scritta Voto alle Donne, mutilandosi, ma fu fermata della autorità, per evitarle l’avvelenamento del sangue. Sofferente di cuore (disfunzione valvolare) e di reumatismi cosiddetti costituzionali, Lady Constance su consiglio della zia divenne vegana e ne ebbe beneficio nella sua salute, ma ciò nonostante volle condividere gli scioperi della fame delle compagne, e le autorità ond’evitare di produrre una martire famosa e altolocata la sottoposero all’alimentazione forzata, simile al metodo usato contro le oche per produrre il fois gras, per otto volte.

(L’autrice animalista Aida Vittoria Eltanin, suggestivamente scrive che, così come Lady Constance Lytton non dimenticò le urla delle suffragette detenute sofferenti in carcere, analogamente le attiviste e gli attivisti per i diritti degli animali oggi hanno bene in mente le grida degli esseri maltrattati negli allevamenti intensivi).
Siccome anche la seconda volta (quando si fece apposta arrestare lanciando un sassolino contro un’auto di un deputato misogino) la trattarono coi guanti, la terza volta si finse una sarta e venne trattata di conseguenza. Lo racconta con ammirazione Emmeline Pankhurst:

“Fece uno dei gesti più eroici che si siano registrati nella storia del movimento suffragista: “si tagliò i bellissimi capelli” (biondi, ndr) “e si travestì indossando abiti scadenti e trasandati” facendosi chiamare Jane Warton: si fece arrestare per l’ennesima volta e “questa volta la trattarono come una detenuta comune”, non più facendola ricoverare in ospedale per via del rispetto per il suo casato nobile. Così en travesti non la riconobbero e “senza controllarle il cuore o farle un adeguato esame medico, la sottoposero all’orrore dell’alimentazione forzata. Per via della sua esile costituzione ebbe ogni volta spaventosi conati di vomito e quando in un’occasione i vestìti del medico si sporcarono, lui la colpì violentemente sul viso”, sinché si scoprì che era la nobildonna e fu rilasciata. “Ma non si riprese mai del tutto da quell’esperienza” (anche lei s’ammalò di cuore: ebbe un infarto e un ictus) “e oggi è un’invalida permanente” (Emmeline Pankhurst, “La Mia Storia”, op. cit., pag. 127).
Morì nel 1923, dopo aver visto riconosciuto il diritto di voto alle donne.




ANNA WHEELER


Amica dei Filosofi Bentham e Thomson, insieme per la Contraccezione
Con coraggio lasciò il marito violento

e si mise al lavoro traducendo i filosofi francesi

William Thomson: il mio libro pro suffragio è opera anche sua
Anna Wheeler era la bisnonna
della suffragetta Lady Constance Lytton.




Bisnonna di Lady Constance Lytton, figlia di un pastore della chiesa d’Irlanda, era la madre di Rosina Wheeler. E’ stata fra le primissime donne inglesi attiviste in pubblici meeting, parlò anche al circolo della South Place Chapel (attuale Conway Hall Ethical Society), sotto la leadership del reverendo unitariano (poi diventato politico liberale) William Johnson Fox che ospitava un circolo d’intellettuali progressisti.


Ispirata anche dal libro di Mary Wollestonecraft, fu amica del filosofo liberale inglese Jeremy Bentham (1748 – 1832) e del filosofo socialista irlandese William Thomson (1775 – 1833), tutti e tre sostenitori della contraccezione come strumento di controllo demografico.


William Thomson dichiarò che il suo appello per il suffragio “Appeal of One Half of the Human Race, Women, Against the Pretensions of the Other Half, Men, to Retain them in Political, and Hence in Civil and Domestic, Slavery”, del 1825, fu praticamente come scritto a quattro mani con lei.
Siccome il marito, un alcolista violento da cui lei coraggiosamente andò via, quando morì la lasciò senza un penny, lei si mantenne traducendo gli scritti dei filosofi francesi contemporanei e il ricco filosofo William Thomson nel testamento le lasciò un’annualità sufficiente al mantenimento della casa.
 
LA PROTESTA IN OCCASIONE del CENSIMENTO:


LE SUFFRAGETTE NON SI FAN TROVARE IN CASA: “TANTO NOI DONNE NON CONTIAMO, VERO?”

TANTI GESTI di OSPITALITA’ dei FEMMINISTI, i PARTY IN BRUGHIERA


Quando il governo, che si ostinava a non dimostrare sincera volontà di far approvare la legge, lancia il censimento decennale, le suffragette scelgono la linea della resistenza. La prima era rifiutarsi di riempire i moduli, che costava la multa o il carcere; la seconda era “l’evasione: andarsene lontano da casa per tutto il periodo in cui gli operatori raccoglievano dati”.
La stessa Pankhurst spiega il senso della protesta: “Il censimento è un conteggio del popolo. Sinché le donne non conteranno come popolo ai fini della rappresentazione nei consigli del Paese così come ai fini della rappresentazione nei consigli del Paese così come ai fini della tassazione, noi ci rifiuteremo di essere conteggiate” (pag. 130).

“Io restituii il mio modulo con le parole “Niente voto, niente censimento” (pag. 131). “Donne ricche stiparono le loro abitazioni di donne che si opponevano al censimento. Dormivano sul pavimento, sulle sedie e sui tavoli, e perfino in bagno. Il capo di un grande istituto scolastico aprì la porta dell’edificio a trecento donne. In altre città molte donne tennero delle feste notturne per amiche che desideravano restare lontane da casa. In alcuni luoghi, delle case vuote vennero affittate per la notte dalle dimostranti, che si coricavano sulle assi nude. Alcuni gruppi di donne noleggiarono dei carrozzoni da gitani e passavano la notte nella brughiera” (pag. 131). Questa festosità ci ricorda ciò che vi dico sempre: che chi non è capace di fare festa è incapace di autentica compassione umana.

“SOLO COL VOTO ALLE DONNE CI SARA’ EQUITA’ SOCIALE”

LE LEGGINE NEMICHE DELLE DONNE (non a caso) VENGONO DAI NEMICI DEL SUFFRAGIO:

ANZICHE’ OFFRIRE PROTEZIONE, DEPRIVANO DI DIRITTI LE MADRI

Come nel caso della BRAVA MAMMA CHE LLOYD GEORGE MANDA IN CARCERE PERCHE’ POVERA

Le donne non contano nemmeno quando si tratta di fare le leggi: “Si prenda ad esempio il Children’s Charter (detto anche Children Act) del 1906 che diede fama a Lloyd George” (il loro nemico Premier antisuffragista) che è fra l’altro quella che consente alle scuole di dare dei pasti (ma la maggioranza non lo fece): “Si potrebbe riempire un libro intero con gli errori e l’efferatezza di quella legge”, come il “far ricadere gran parte della responsabilità dell’incuria verso i bambini sulle spalle delle madri, le quali, per la legge inglese, non godono di diritti in quanto genitrici” (pag. 130). Cita il caso di Annie Woolmore: condannata a sei settimane a Holloway per aver trascurato i figli, che erano sporchi. Ma la difesa dimostrò che “sarebbe stato impossibile mantenere pulita” la baracca “anche se avessero avuto l’acqua in casa”: “doveva trasportare l’acqua che le serviva da una lunga distanza”. Ancorché sporchi, “i bambini erano ben nutriti e trattati con riguardo” ed “il marito, un bracciante, fuori per lavoro la maggior parte del tempo, testimoniò che la moglie “moriva di fame pur di dar da mangiare ai figli”. “Solo grazie alle suffragiste fu assolta e ottenne un’abitazione migliore” (pag. 130).

“Il voto parlamentare è l’unica protezione contro i gravi torti professionali e sociali che le donne subiscono” (pag. 221): “Poiché le donne non hanno il diritto di voto, in mezzo a noi ci sono oggi lavoratrici sottopagate, schiave bianche, bambini oltraggiati e madri innocenti affette, con i propri figli, da terribili malattie” (pag. 222).

L’OSTRUZIONISMO di LLOYD GEORGE:

PARADOSSALE DDL che ESTENDE IL VOTO A MOLTE PIU’ DONNE,
CASO INAUDITO IN INGHILTERRA:

“SUFFRAGIO A TUTTE LE DONNE MARITATE CON UOMINI ELETTORI”

POI, L’ENNESIMO SCHIAFFO dal GOVERNO: “ESTENDIAMO IL VOTO AD ALTRI gruppi di UOMINI”

Finalmente, quando il Premier Asquith si decide a promettere l’impegno per l’approvazione della storica legge, ecco che crea un ostacolo Lloyd George, “sin dall’inizio nemico dichiarato del progetto di legge”: proponeva di “concedere il diritto di voto alle mogli di tutti gli elettori, rendendo così le donne sposate elettrici in virtù della qualifica dei mariti”: “L’inevitabile effetto di un tale emendamento sarebbe stato quello di far naufragare il progetto di legge, poiché avrebbe emancipato sei milioni di donne in aggiunta al milione e mezzo che già avrebbe beneficiato dei termini originari del progetto. Un ampliamento tanto esteso non si era mai visto in Inghilterra; il numero degli emancipati del Reform Bill del 1832 arrivava a malapena a mezzo milione. Il Reform Act del 1867 aprì la strada a un milione di nuovi elettori, quello del 1884 massimo a due milioni.” (pag. 134). Insomma, l’inverosimile proposta paradossale era una forma di ostruzionismo.

Altra strategia per sviare dal ddl, un vero e proprio schiaffo alle suffragette, fu di mettere all’ordine del giorno un progetto di legge per estendere ancora il suffragio maschile: mentre non veniva avanzata nessuna richiesta da parte maschile e invece c’era una fortissima richiesta da parte delle donne!

“Concedeva il voto parlamentare a tutti gli uomini al di sopra dei 21 anni e lo negava a tutte le donne”! (pag. 172).

IL DISCORSO di EMMELINE PANKHURST AL PROCESSO: IL RIASSUNTO di 40 ANNI di LOTTE

“LA NOSTRA è SEMPRE STATA UNA MILITANZA PACIFICA,

AL CONTRARIO di UOMINI CON CUI VOIALTRI SIETE VENUTI A PATTI”

LA GIURIA CHIEDE CLEMENZA, IL GIUDICE LA CONDANNA A 9 MESI: “NON è PENTITA”
La rivista diretta da Christabel Pankhurst

Quando le suffragette spaccano altre vetrine, arriva il mandato d’arresto per Christabel Pankhurst ed Emmeline Pankhurst: la figlia grazie ad amici viene fatta fuggire a Parigi, mentre la madre è portata in prigione. (La polizia perquisisce il giornale, e requisisce anche ricordi personali, poi mai restituiti, della leader, come le foto delle figlie; allora la rivista esce con delle colonne vuote, a simboleggiare icasticamente la censura poliziesca del governo).

Al processo emerge “l’allarmante verità che in Inghilterra esiste uno speciale gruppo di polizia segreta interamente impegnata in operazioni politiche”, 78 uomini che “girano in incognito e il loro unico scopo è pedinare le suffragette”: “di fatto il sistema è esattamente quello della polizia segreta in Russia” (pag. 156).

La Pankhurst pronunzia uno storico discorso, che trascrive integralmente: è un excursus che riassume tutto lo spirito del movimento da lei stessa fondato, un riassunto necessario dal momento che “l’uomo medio è profondamente ignorante della storia del movimento femminile perché la stampa non ha mai registrato adeguatamente e onestamente le cronache del movimento”, “quarant’anni di agitazioni pacifiche” (pag. 157). Spiega al giudice che “i nostri discorsi in pubblico non venivano riportati giornalisticamente, le nostre lettere agli editori non venivano pubblicate” (pag. 157). Sente la responsabilità in quanto donna della borghesia colta di guidare il movimento: “Le mie figlie e io prendemmo un ruolo di comando, perché pensavamo a tutto e perché, fino a un certo punto, avevamo una posizione sociale migliore rispetto alla gran parte delle nostra associate, e avvertivamo un forte senso di responsabilità” (pag. 158).

Racconta dei “farseschi processi” ove bastava come prova di colpevolezza la sola parola dei poliziotti, che spesso accusavano le suffragette di averli aggrediti (mentre facevano in realtà resistenza passiva, come la faranno gli attivisti del movimento di Martin Luther King Jr). “Abbiamo tentato in ogni modo di far aprire un’inchiesta giudiziaria pubblica sui fatti del Black Friday, per quanto riguarda le istruzioni date alla polizia”, e due politici noti per la loro integrità morale, “lord Robert Cecil e Ellis Griffith hanno condotto un’indagine privata” e “si sono convinti che quello che le donne avevano detto era vero”.

Racconta dei “molti falsi amici” fra i ministri, e spiega che il movimento ormai è vasto ed interclassista e composto di donne auto consapevoli: è un’organizzazione “che vanta personalità di grande spessore”, “donne di tutte le classi che hanno influenza nel loro particolare campo lavorativo, donne persino di rango regale” (pag. 160).

Come dice anche nella Prefazione (“La militanza delle donne non ha mai danneggiato alcuna vita umana”, pag. 5), le suffragette inglesi sono sempre state donne di pace, mentre il governo usa due pesi e due misure: “Il governo sta rendendo gli onori al partito rivoluzionario dei Giovani Turchi (…) che avevano ucciso e ammazzato (…) mentre noi donne non avevamo mai tirato una pietra” (contro persone, ndr). “Riflettemmo a lungo per trovare una strada che non avrebbe implicato la perdita di vite umane e la mutilazione di esseri umani, perché le donne hanno a cuore la vita umana più degli uomini; penso che questo sia naturale, perché noi sappiamo quanto vale una vita. Noi rischiamo la vita per far nascere gli uomini.” (pagg. 161 – 162). “Non abbiamo aggredito nessuno”, “abbiamo sempre condotto una battaglia onorevole” (pag. 162). Ricorda la perdita dell’adorata sorella. Ma è inutile: il giudice la condanna con le compagne a nove mesi di carcere. Ciò, nonostante la giuria all’unanimità avesse chiesto “la massima clemenza e tolleranza”, preghiera seguita da uno scroscio d’applausi (pag. 166).


Intanto, le prestigiose università di Oxford e Cambridge, in Gran Bretagna, fanno manifestazioni di protesta e sostegno alle suffragette e  una petizione per chiedere che siano trattate da prigioniere politiche viene da grandi personalità, fra cui: Eduard Bernstein (Berlino 1850 – 1932), parlamentare socialdemocratico del Reichestag; il filosofo ebreo danese Georg Brandes (Copenaghen 1842 – 1927); e la vincitrice di due Premi Nobel (fisica nel 1903 e chimica nel 1911) Marie Curie (1867 – 1934), che era andata a studiare a Parigi perché nella sua natia Polonia (all’epoca russa) le donne non potevano accedere agli studii superiori, e fu la prima donna docente alla Sorbonne. (Sua figlia, Irène Juliot-Curie, vinse anch’ella il Nobel).

IL DISCORSO del parlamentare laburista LANSBURY contro il Premier ASQUITH:

“TORTURA DI STATO, VERGOGNA! ONORE ALLE SUFFRAGETTE”


Il parlamentare laburista George Lansbury (1859 – 1940), che fra l’altro era stato a sua volta attivista in favore dei poveri dell’East End, rassegnò le dimissioni per meglio aiutare le suffragette e pronunziò un discorso di condanna del governo: “Vi definite galantuomini e alimentate a forza le donne, e in questa maniera le uccidete” (una di esse si era gettata giù dalla balconata su cui s’affacciava la cella).
“Voi passerete alla storia come gli uomini che hanno torturato le donne innocenti” (pag. 169). E quando venne dato l’ordine che fosse espulso dall’aula, seguitò a gridare dinanzi al banco del Premier: “Voi uccidete, torturate e fate impazzire le donne. Dovreste essere cacciati dalla vita pubblica. Queste donne vi stanno dimostrando cosa sono i princìpii. Dovreste solo onorarle”.


 
NUOVA LINEA: ATTACCHI ALLE PROPRIETA’ (MAI ALLE PERSONE)

“ANCHE GESU’ FECE A PEZZI LE TAVOLE DEI MERCANTI DEL TEMPIO. LE VITE UMANE CONTANO”


Quando uscì dal carcere, va a Parigi a trovare la figlia Christabel che, consultatasi con la madre, detta la nuova linea dal giornale The Suffragette: “La politica della WSPU non è mai stata e mai sarà tanto incosciente da mettere in pericolo la vita umana. Quello lo lasciamo al nemico. Lo lasciamo agli uomini che fanno la guerra. Non è il metodo delle donne. C’è una cosa che i governi hanno a cuore molto più della vita umana, ed è la sicurezza della proprietà, e quindi è proprio nella proprietà che noi colpiremo il nemico”: i nuovi target sono teatri e musei, le cassette postali, che prendevano fuoco appena aperte dai postini, o le lettere, rendendo illeggibili gl’indirizzi o distrutte con sostanze corrosive, e una casa di campagna in costruzione per Lloyd George fu in parte distrutta da una bomba. Ciò per far capire che la vita umana aveva più valore degli oggetti materiali.

“Lo spirito guida della militanza è il profondo e assoluto rispetto della vita umana. (…) La vita e la salute e la felicità e anche la virtù delle donne e dei bambini sono brutalmente sacrificati al dio della proprietà” (pag. 187). E ad un amico reverendo che ne criticava i metodi, la Pankhurst cita argutamente l’episodio narrato nel Vangelo di Giovanni di Gesù che butta per aria tutti i tavoli dei Mercanti del Tempio (pag. 187).

Già Mary Wollestoncraft aveva individuato nel culto dei beni di proprietà una causa di vizi: “Dal rispetto tributato alla proprietà derivano, come da una fonte avvelenata, la maggior parte dei mali e dei vizi che rendono questo mondo una scena cupa per le menti contemplative” (“Sui Diritti delle Donne”, Rizzoli, Milano 2010, pag. 97).

BOMBA ALLA NUOVA CASA IN COSTRUZIONE DI LLOYD GEORGE:

PROCESSATA PER ISTIGAZIONE LA PANKHURST

“IO A 14 ANNI DI CARCERE? E I PEDOFILI SOLO 2!” E ALLE COMPAGNE: “NON VI DELUDERO’”

VIENE CONDANNATA A 3 ANNI DI LAVORI FORZATI

Quando le compagne mettono una bomba nella casa disabitata (ancora in costruzione) di Lloyd George (come si vede nel film), la Pankhurst viene sottoposta ad un nuovo processo, e fa notare argutamente al giudice che “la situazione era davvero grave se un gran numero di persone oneste e rispettose della legge, persone rette, arrivano a disprezzare la legge, arrivano a convincersi di essere legittimare a infrangere la legge.”. “Donne intelligenti, donne affermate, donne di moralità specchiata, hanno per molti anni cessato di rispettare le leggi di questo Paese. E’ un fatto assodato, e se guardate come le leggi di questo Paese trattano le donne non c’è da meravigliarsene” (pag. 193). “Parlai diffusamente di queste leggi, leggi che davano la possibilità al giudice di mandarmi in carcere, in caso di colpevolezza, per quattordici anni, quando la pena massima per le offese più rivoltanti contro le ragazzine era di soli due anni di detenzione. Le leggi sulla successione, le leggi sul divorzio, le leggi sulla custodia dei figli” (pagg. 193 – 194). “Sto per essere condannata da voi alla stessa pena che viene accordata a persone le cui motivazioni sono egoistiche".

Poi cita i sacrifici che sono state disposte a fare le compagne: “Vi chiedo se siete pronti a mandare in prigione un incalcolabile numero di donne, se siete pronti ad andare avanti all’infinito facendo quel genere di cose, perché è proprio quello che succederà” (pag. 194). E a loro manda un incoraggiamento: “Alle donne che ho rappresentato, alle donne che, rispondendo al mio incitamento, hanno affrontato queste terribili conseguenze, hanno infranto la legge, a loro voglio dire che non le deluderò, ma che l’affronterò come l’hanno affrontata loro, che andrò sino in fondo, e io so che loro proseguiranno questa battaglia sia che io viva sia che io muoia” (pag. 198).

Poi minaccia di fare di nuovo lo sciopero della fame, dopodiché, dice: “Uscirò di prigione, viva o morta, il prima possibile; e non appena avrò ripreso un po’ di forze, ricomincerò immediatamente a lottare. La vita è molto cara a tutti noi. Non penso affatto, come è stato detto dal Segretario di Stato, di volermi suicidare. Voglio vedere le donne di questo Paese emancipate, e voglio vivere sinché non succederà” (pag. 195).

Ma il giudice non vuol sentir ragioni (del resto la stessa imputata gli aveva detto: “Voi non siete abituati a trattare con gente come me, perché siete chiamati a trattare con persone che infrangono la legge per motivi egoistici”, pag. 196) e ribadisce, nella sua sentenza, che la distruzione di proprietà è un crimine molto grave, e la condanna a tre anni di lavori forzati.

APPROVATA LA “LEGGE DEL GATTO E DEL TOPO”: SE IN PERICOLO DI MORIR DI FAME

LA DETENUTA IN SCIOPERO VA AI DOMICILIARI SINCHE’ SI RIPRENDE:
TORNERA’ A SCONTARE LA PENA


Intanto, nel 1913, Reginald McKenna (1863 – 1943), Segretario di Stato del governo Asquith, presenta e fa approvare (coi voti di molti laburisti suffragisti) un ddl “che aveva come obiettivo dichiarato la disintegrazione dello sciopero della fame”: il Cat and Mouse Act (legge del Gatto e del Topo) che “prevedeva che quando una detenuta suffragista veniva dichiarata dai medici del carcere in pericolo di morte, poteva essere rilasciata allo scopo di farle riprendere le forze perché potesse scontare in sèguito il resto della pena (“il periodo trascorso  in libertà non veniva decurtato dalla pena detentiva”, pag. 207).

Quando la Pankhurst si ostina a fare lo sciopero della fame, “fu usato ogni mezzo”, come il servirle “il cibo più buono ed invitante” (pag. 203).

Intanto, le suffragette fuori perseverano nella lotta, e incendiano molte case di campagna disabitate, e i vetri di tredici famosi quadri della Manchester Art Gallery furono presi a martellate. “La sola reazione del governo fu la chiusura del British Museum, della National Gallery e di altri siti turistici” (pag. 203).

Al decimo giorno, la nostra eroina viene rilasciata in base alla nuova legge, dopo aver perso dieci chili e “soffrendo in modo grave di scompensi cardiaci” (pag. 204).

EMILY DAVIDSON

Coltissima, si dedicò totalmente all’Attivismo

Si gettò dinanzi al Cavallo del Re, offrendo la Sua Vita come Petizione al Re:
la vediamo nel Finale del Film

La Regina: “Deplorevole donna lunatica e terribile”. E il re s’interessa solo al cavallo…


Come estremo sacrificio, lo vediamo anche nel film, Emily Davidson (1872 – 1913) “diede la vita per la causa delle donne gettandosi sulla strada della cosa che, dopo la proprietà privata, è più cara agl’inglesi: lo sport. La signorina Davidson andò alle corse dei cavalli a Epsom e, scavalcate le barriere che separavano la vasta folla dal percorso di gara, fece irruzione sulla pista in mezzo ai cavalli al galoppo; riuscì ad afferrare le briglie del cavallo del Re, che era in testa alla corsa. Il cavallo cadde, disarcionando il fantino e schiacciando la signorina Davidson in maniera talmente spaventosa che fu portata via dalla pista agonizzante.”. “le ferite che aveva riportato erano talmente gravi che morì quattro giorni dopo senza aver mai ripreso conoscenza. Le erano accanto alcune associate della WSPU quando esalò l’ultimo respiro e le fu organizzato un grande funerale pubblico a Londra.”. Laureata alla London University, era uscita da Oxford col massimo dei voti in Inglese. “Eppure la causa delle donne aveva esercitato una tale attrattiva verso la sua ragione e il suo sentimento che aveva messo da parte qualsiasi ambizione sociale e intellettuale per votarsi instancabilmente e coraggiosamente al lavoro nella nostra associazione. Aveva subìto molte carcerazioni, l’alimentazione forzata e i trattamenti più brutali.” “E così si gettò davanti al cavallo del Re, offrendo la sua vita come una petizione al Re” (pag. 208).
E il re (Giorgio V)? S’interessò subito per la sorte del cavallo, e manifestò grande disappunto per la giornata rovinata. La regina inviò un telegramma al fantino, augurandogli pronta guarigione da “un triste incidente causato dal comportamento deplorevole di una donna lunatica e terribile” (sic).

LO SCIOPERO DELLA SETE di EMMELINE PANKHURST:

IL CORPO SI AVVELENA, SI PERDE PESO VELOCEMENTE,
I LINEAMENTI si ALTERANO ORRIBILMENTE

Quando la compagna rimane uccisa, la Pankhurst è ai domiciliari: vuole andare ai funerali, ma appena esce di casa è arrestata per l’ennesima volta. In carcere, stavolta fa lo sciopero della sete: “Lo sciopero della fame è un’esperienza leggera” al confronto, spiega. “Riduce il peso in maniera così allarmante e veloce” e poi “il corpo non può resistere alla mancanza di umidità. Urla la sua protesta con ogni nervo, I muscoli si sfibrano, la pelle rinsecchisce e diventa floscia, i lineamenti del volto si alterano in modo orribile. Ogni funzione naturale è ovviamente sospesa e i veleni che non riescono a essere espulsi dal corpo vengono trattenuti e assorbiti. Il corpo diventa freddo e tremolante, si avvertono forti nausee e mal di testa, e talvolta sopraggiunge la febbre. La bocca e la lingua diventano dure e gonfie, la gola s’ispessisce e la voce si riduce a un flebile sussurro.” (pag. 209) E così al terzo giorno, l’indomabile attivista è riportata ai domiciliari.

LE SCENA-CLOU del FILM: LA FUGA della LEADER

LA DAMA VELATA CATTURATA DALLA POLIZIA NON è LA PANKHURST


Nel film si vede un comizio della Pankhurst, lei che parla dalla terrazza di un Hotel, poi sembra lei che fugge scortata fuori, ma dietro il velo c’è una che si era apposta vestita come lei quella sera: la Pankhurst è uscita dal retro sfuggendo così alla polizia. E’ una versione filmica di un fatto realmente accaduto:

Mentre è agli arresti domiciliari, la Pankhurst esce di casa e va ad una riunione al London Pavilion. Poi tenta la fuga. Ma la polizia irruppe, e lei fugge in tassì, che la porta a casa di un’amica, la scienziata Hertha Ayrton, che viene cinta d’assedio per giorni. E qui c’è il trucco geniale delle suffragette: un taxi si ferma dinanzi alla casa, ne escono delle suffragette ben riconoscibili e si sparge la voce che vadano a liberare la leader. “Poco dopo una donna velata comparve sulla porta d’ingresso, circondata dalle suffragette che, quando la donna velata tentò di salire sulla vettura, resistettero con tutta la loro forza al tentativo della polizia di metterle le mani addosso. Si alzarono grida da tutte le parti: “Stanno arrestando la signora Pankhurst!”. Gli uomini che accerchiavano quel veicolo dondolante riuscirono a strappare la figura velata dalle braccia delle altre donne e la lanciarono nel taxi ordinando all’autista di correre a tutta velocità verso Bow Street” (sede della Polizia, ndr) “Prima che fossero giunti a destinazione, tuttavia, la signora velata alzò il velo e, sorpresa, non era la signora Pankhurst, che in quell’esatto momento stava schizzando via su un altro taxi” (pag. 210)
Arrestata alla successiva apparizione pubblica, è riportata a Holloway. Per forzare il proprio rilascio, cerca di stare il peggio possibile, e si sfinisce nell’andare avanti e indietro per la cella d’isolamento: “Questa volta ero davvero in condizioni di estrema debolezza, e dovetti assumere delle soluzioni saline per salvarmi la vita” (pag. 212). Ad un importante congresso medico del 1913, la nostra eroina tenne una conferenza e i medici approvarono una risoluzione contro l’alimentazione forzata. Poi, va a trovare la figlia Christabel a Parigi, ove si dedica a scrivere il libro che stiamo riassumendo qui. Poi, compie il suo terzo viaggio negli Stati Uniti, ma appena sbarca nella baia di Nuova York le autorità dell’immigrazione la arrestano. Qui ha modo di constatare che il sistema detentivo è assai civile rispetto al barbarico sistema medievale inglese (pag. 214). Il Presidente americano poi ordina il suo rilascio dopo due giorni, e dopo il Tour di conferenze torna in Inghilterra con una generosa donazione americana (4500 sterline). Ma appena la barca arriva a Plymouth è di nuovo in arresto per la violazione del Cat and Mouse Act. Dopo l’ennesimo sciopero della fame, torna a Parigi ma fu riarrestata sulla nave e fece lo sciopero anche del sonno, camminando su e giù per la cella sino allo sfinimento.
Intanto, le suffragette incendiano un deposito di legname, un grande edificio disabitato e delle cassette postali. E quando irrompono nelle chiese con preghiere per le detenute, i sagrestani le sbattono fuori. Ci sono stati rari casi di preti coraggiosi che han chiuso con un Amen, in segno di solidarietà, ma “la Chiesa come istituzione ha mancato i suoi obblighi etici di chiedere giustizia per le donne e di protestare contro la tortura dell’alimentazione forzata” (pag. 219). L’ipocrita e furbo vescovo di Canterbury va a fare una visitina alle prigioniere “ma non assistette al momento dell’alimentazione forzata” per poi andare a dire che “le vittime dell’alimentazione forzata soffrissero di più perché durante la pratica si ribellavano” (pag. 219).

IL LAVORO DELLE DONNE DURANTE LA PRIMA GUERRA MONDIALE:

COME AGRICOLTRICI, NEGOZIANTI, COME GUIDATRICI DI CAMION E TRAM
ESCLUSIVA ITALIANA IN CASA DEI DIRITTI per la Giornata della
Memoria storica della Shoah: Domenica 29 Gennaio 2016
al mio Cinetalk "Il Cinema e i Diritti" il film "Aimée e Jaguar"

L’autobiografia si conclude qui perché poi scoppia la Prima guerra mondiale: “Le nostre armi, per il momento, sono state deposte, perché non appena la minaccia di una guerra straniera è calata sul nostro Paese abbiamo dichiarato la totale cessazione delle ostilità”.

Come vedremo col film (in Esclusiva italiana) “Aimée e Jaguar” (domenica 29 gennaio), sempre in Casa dei Diritti, in occasione della Giornata della Memoria storica della Shoah (il 27), con la guerra le donne incominciano a svolgere lavori: come scriveva già nel Settecento Mary Wollestonecraft nel suo “Sui Diritti delle Donne” (Rizzoli, Milano 2010, pag. 104),
 
“Se la guerra di difesa – l’unica guerra giustificabile alla luce dello stato attuale di avanzamento della società, in cui la virtù può mostrare il suo volto e crescere tra le intemperie che purificano l’aria sulla vetta del monte-, fosse la sola a essere adottata come giusta e gloriosa, il vero egoismo dell’antichità potrebbe ancora animare i petti femminili”.

Agenti di Polizia inglesi durante la Prima guerra mondiale.

E così fu, infatti, nella Grande guerra:
Nei frutteti e nelle vigne, le donne procurano il cibo per gli uomini che combattono, così come per i bambini rimasti senza un padre a causa della guerra. Nelle città le donne mantengono aperti i negozi, guidano camion e tram” (Emmeline Pankhurst, “La Mia Storia”, pag. 5, Prefazione).
Paradossalmente, fu proprio in questa Grande guerra che le donne dimostreranno definitivamente che valgono tanto quanto gli uomini: senza il loro lavoro, l’Inghilterra non avrebbe potuto vincere il conflitto contro la Germania imperialista. Subito dopo, fu loro riconosciuto il diritto di voto. Era il 1918. In Italia nel 1946: solo 70 anni fa.

 


 

LE SUFFRAGETTE AMERICANE


ALICE PAUL


La quacchera Leader delle Sentinelle Silenziose


importò in America i Metodi appresi dalle Inglesi


Tutto nacque da un comizio di Christabel Pankhurst…



La migliore amica di Lucy Burns era Alice Paul (1885 – 1977).
 

Originaria del New Jersey, figlia di un imprenditore e banchiere, fu una delle prime donne laureate (in biologia), e aveva un’eccellente educazione anche grazie alla fede quacchera dei genitori, una congregazione religiose ove regna sin dalle origini l’eguaglianza di genere.
Dopodiché partì per l’Inghilterra, al fine di perfezionare la sua formazione culturale: per un viaggio-studio. Ma una volta giunta lì, le si aprì un mondo e decise di rimanervi, facendo ben di più che la studentessa!

Infatti, a Birmingham, ove una folla di uomini fischiava un discorso di Christabel Pankhurst: lei invece si presentò, fecero amicizia, e lei la convinse ad iscriversi all’WSPU: “Ero così estremamente felice di far parte di tutto quel movimento. Poi ho cominciato ad andare a tutti i loro meeting, a Londra. Quegl’incontri erano tutti pieni di entusiasmo” (“Le figlie di Eva”, edizioni amazon, pag. 71).





La sua prima grande marcia fu guidata da Mrs. Pethic-Lawrence, nel 1909: pur di restare in Inghilterra, s’iscrisse ad un secondo corso di laurea, stavolta Economia. Primo còmpito: parlare agli angoli delle strade, nei parchetti e in metrò (lo faceva anche la principessa indiana Sophia Dulep Singh). Quando venne non solo arrestata (sette volte) ma anche imprigionata (tre volte), allora anche lei ispirandosi ad Emmeline Pankhurst attuò la doppia disobbedienza civile (gli scioperi della fame ed il rifiuto d’indossare le uniforme da detenuta comune): in carcere s’ammalò, e così fece ritorno negli Stati Uniti per curarsi: qui prosegue il suo impegno civile nel NAWSA (National American Woman Suffrage Association).


l guaio è che anche in patria subisce angherie e maltrattamenti nelle sporche prigioni americane, anche qui fece lo sciopero della fame e subì l’alimentazione forzata. Tornerà ancora una volta negli States per un grande Evento: per organizzare e guidare la Woman Suffrage Procession, la storica marcia del 3 marzo 1913 di ottomila persone a Washington DC alla vigilia dell’insediamento del neopresidente Wilson, una grande parata che il NYT definì “uno degli show più belli mai messi in scena in questa Nazione” (la Paul aveva convinto l’avvocata del lavoro Inez Milholland a sfilare a cavallo!). Poiché i suoi metodi erano troppo aggressivi, secondo le signore del NAWSA, per tutta risposta lei nel 1916 fondò un nuovo movimento in cui finalmente poteva importare i metodi che aveva appreso in Inghilterra: il NWP (National Woman Party) che pubblicava la rivista “The Suffragist” (La Suffragetta), e aveva come massima donatrice la miliardaria Alva Belmont.


Nel film TV “Angeli d’Acciaio” (2004, Premio Golden Globe ad Anjelica Huston), ove è interpretata dalla vincitrice di due Premi Oscar Hilary Swank, la  regista tedesca Katja von Garnier racconta di quando per due anni (1917 – 1918) sfilò con le sentinelle silenziose (Silent Sentinels), attiviste che (a turno)  marciavano sei giorni la settimana (anche sotto la neve e la pioggia) dinanzi al Campidoglio cioè alla sede del Congresso e venivano arrestate per intralcio al traffico. (Il titolo viene dall’acciaio usato per tenere spalancate le mascelle delle scioperanti che non volevano mangiare; il film è uscito in Spagna e Germania ma non in Italia, come tantissimi altri bei film del resto.) Quest’insistente pressing indusse il presidente Wilson a far passare al Congresso nel 1920 il Diciannovesimo Emendamento richiesto (“Il diritto di voto dei cittadini degli USA non sarà negato dagli Stati Uniti d’America o da nessun Stato membro sulla base del sesso del votante”).
L’Equal Rights Amendment, scritto originariamente proprio da Alice e proposto nel 1923 per la prima volta, sarà approvato da entrambe le camere del Congresso solo nel 1971.
Vinta la battaglia del voto, Alice prese una seconda laurea, stavolta in Legge e scienze politiche.  
Vegetariana (considerava il cibarsi di carne un atto di cannibalismo), morì a 92 anni lucidissima e sanissima.

 


Nel 2012 è stata coniata una monetina da dieci centesimi di dollaro con la sua effige, e la sua casa oggi è monumento nazionale.


CRYSTAL EASTMAN, AVVOCATA

Grande oratrice, col Fratello e col Marito per i Diritti dei Lavoratori

Mamma e Papà Pastori Protestanti del Secondo Risveglio


Un’altra suffragetta americana (la più trascurata dagli storici), amica di Alice Paul, era Crystal Eastman (1881 – 1928): del Massachusetts, anche lei era stata influenzata dalla famiglia. Sia il padre sia la madre erano pastori protestanti: la madre una delle prime pastore (Annis Bertha Ford, nel 1889). Erano leader della chiesa congregazionalista, di origine riformata: la loro chiesa, la Thomas K. Beecher (vicino Elmira, NY), si trova nel Burned-over District, teatro del Secondo grande risveglio (1790 – 1820), epoca di formazione di nuove entusiaste confessioni cristiane protestanti (in primis battisti e metodisti, con tante conversioni sia di donne sia di giovanissimi) che traducevano la fede nell’impegno al perfezionamento della società. Un impegno sociale che ebbe un ruolo decisivo nelle varie riforme storiche. Furono questi protestanti i più attivi nella causa dell’abolizionismo della schiavitù in America soprattutto grazie all’iniziativa dell’Underground Railroad, gl’itinerari segreti usati dagli schiavi per fuggire in collaborazione con gli antischiavisti.

Collaborò sempre col fratello, Max Eastman, anche lui attivista e d’idee socialiste, per il suffragio e per i diritti delle lavoratrici, e collaborerà anche col marito, immigrato dall’Inghilterra e futuro collaboratore della BBC, per la pace nel mondo.
Dopo il diploma in sociologia alla Columbia e la laurea in legge alla NYU, le viene commissionata da Paul Kellogg una ricerca sulle condizioni dei lavoratori, promossa da una fondazione filantropica, che diventerà un classico; dopodiché, come avvocata lavorò ad una commissione sulle relazioni industriali per il presidente Wilson.
Fu anche attivista pacifista durante la Prima guerra mondiale, fondatrice nel 1915 della più antica organizzazione femminile per la pace esistente: la WILPF (Women International League for Peace and Freedom).
Il suo storico discorso, Now We Can Begin, del 1920, è all’83esima posizione della lista americana dei cento migliori discorsi del Novecento: come scrisse il direttore di The Nation, “Quando parlava alla gente, i cuori battevano più forti”. Harvard custodisce i suoi carteggi, la Biblioteca del Congresso alcune sue pubblicazioni.



MAX EASTMAN

Filosofo di formazione, mutò idea sull’URSS dopo un Viaggio lì

Suffragista della Prima Ora, si batté con la Sorella Crystal

Fondatore di due Riviste, Poeta, sposò sempre artiste
Crystal Eastman (prima a sinistra) con il fratello Max Eastman
(terzo da sinistra), entrambi attivisti per il suffragio femminile.

Il fratello di Crystal Eastman era Max Eastman (1883 – 1969), letterato, traduttore, poeta, fondatore di riviste, attivista.

Come lei viveva in un quartiere pieno di artisti, il Greenwich Village di New York. Conobbe vari VIP, da Pablo Casals a Charlie Chaplin, da Freud ad Einsten, da Hemingway a George Bernard Shaw, da Mark Twain a Bertrand Russell.

Era un suffragista della prima ora: fondatore nel 1910 della Men’s League for Women’s Suffrage, fu invitato nel 1913 a tenere un discorso al college femminile Bryn Mawr (ove studierà anche Katherine Hepburn) dal titolo “Woman Suffrage and Why I Believe in It”.
 
Fu fondatore della più importante rivista radicale americana, The Masses (di cui fu collaboratrice anche la sorella) soppressa per via della posizione pacifista durante la Prima guerra mondiale. Allora, di nuovo con la sorella Crystal ha fondato la rivista “The Liberator”: quando passò nelle mani del partito comunista sovietico, nel 1922, lasciò il giornale e volle andare a vedere di persona in Russia come funzionava davvero il socialismo reale, e, specie dopo che Trotsky (che divenne suo amico e che lui tradusse in inglese) venne raggiunto in Messico dai sicari di Stalin, mutò completamente idea: anticomunista e liberal-conservatore, ammiratore di Hayek e von Mises.

 

Scrisse perlopiù per la National Review, rimase sempre un indipendente, un libero pensatore.
Inizialmente appoggiò la commissione istituita dal senatore McCarthy, e venne strumentalizzato; ben presto però comprese che questi anticomunisti erano reazionari.

Fu schierato contro l’intervento americano in Vietnam sin dalla prima ora.

Le sue critiche al sistema stalinista, per cui osò chiedere le dimissioni del segretario Stalin (che costrinse Trotsky a smentire), sono oggi molto citate, ma all’epoca gli alienarono le simpatie della sinistra americana: “Invece di liberare le menti degli uomini, la rivoluzione bolscevica le ha bloccate in una prigione ancora più angusta di quella precedente. Nessun viaggio dell’intelletto, nessuna apertura poetica poteva far breccia nella prigione pre-darwiniana chiamata materialismo dialettico. Nessun cittadino occidentale ha idea di quanto siano ottuse le menti sovietiche nei confronti di qualsiasi idea. Per quanto riguarda il progresso nella comprensione umana, l’Unione Sovietica appare come un gigantesco blocco stradale, armato, fortificato e difeso da automi indottrinati, fatti di carne, sangue e cervello all’interno delle fabbriche di robot che chiamano scuole.” 
Il bolscevismo, concludeva, ha istituito “la tirannia più perfetta di tutta la storia” (citazioni dal suo libro del 1955 “Reflections on the Failure of Socialism”).
La sua formazione, non a caso, è filosofica: si laureò alla Columbia con John Dewey e fu anche per un po’ assistente in facoltà ma poi decise di dedicarsi all’impegno civile e al giornalismo.
Così come non è un caso che, amando davvero lui l’arte e le donne libere, sposò sempre artiste: la poetessa e scultrice ebrea Ida Rauth, con cui condivise varie cause femministe e da cui divorziò; la pittrice moscovita Elena Krylenko, conosciuta in URSS nel suo viaggio della svolta (lei era sorella del ministro responsabile dei “processi-show” dimostrativi); alla morte di questa, la fotografa ungherese Yvette Szkely la quale morì a ben 101 anni (nel 2014).


INES MILHOLLAND

Star a Cavallo alla Storica Marcia del 1913. Il NYT: che Show!

 “Col Voto guariremo i mali sociali come la Povertà”

Avvocata, amica di Crystal, ebbe un malore fatale durante un Comizio


Un’amica di Crystal e Max Eastman era Inez Milholland (NY 1886 – LA 1916).  Molto elegante, amava vestire alla parigina: lei e Max Eastman erano i volti più belli del movimento, i più fotografati e ammirati. Lei però si dispiaceva che si parlasse della sua bellezza più che della sua intelligenza. Come detto, memorabile fu la sua apparizione a cavallo alla Woman Suffrage Procession del 1913: era la sua terza parata per il suffragio, stavolta era protagonista assoluta.
Molto atletica, faceva anche parte di una squadra di hockey. Di Brooklyn, di famiglia benestante (padre reporter e uomo d’affari, sostenitore della pace e del suffragio femminile), studiò al Vassar College (Stato di NY, il primo istituto superiore per le donne in America, che diventerà coeducazionale solo nel 1969), poi in una scuola femminile di Berlino, ed infine Legge all’NYU: da giurista era interessata alla riforma delle carceri, le cui condizioni investigò e denunciò.

D’idee socialiste, credeva fortemente che attraverso il voto le donne elettrici potessero rimuovere i mali sociali, come la povertà, la mortalità infantile, la prostituzione. Rimase molto delusa quando, andata in missione in Italia come osservatrice per la Prima guerra mondiale, fu cacciata dal governo in quanto donna, e non in quanto militante pacifista. Per amore, fece l’errore di maritarsi senza consultare le famiglie: siccome il suo amato era olandese, e lei prese la cittadinanza di lui, perdendo quella americana, –ironia della sorte- non poté esercitare quel diritto di voto per cui s’era battuta con successo! Malata d’anemia, ebbe un malore durante un comizio a Los Angeles: nonostante le trasfusioni morì in ospedale.  Le hanno dedicato una poesia due grandi poeti connazionali: sia la seconda moglie di suo marito che lui sposò dopo la morte di lei, il premio Pulitzer Edna St. Vincent Millay (“To Inez Milholland”) sia il vincitore di due premi Pulitzer Carl Sandberg (“Repetitions”), uno dei poeti nazionali americani.