di LELE JANDON
Come abbiamo detto sin dalla prima Serata della
rassegna “I
Nostri Angeli”, le tradizionali funzioni degli Angeli nelle religioni sono
quelle di: mediatori, messaggeri e custodi. Custodi cioè assistenti: come i
nostri assistenti familiari (come è bello e giusto chiamare i cosiddetti
“badanti”, parola che non rende giustizia a quest’impegnativa professione
nonché sofferta scelta di vita fatta spesso per non far mancare nulla ai figli
lontani). Sono i nostri “Caring Angels”, che cioè si prendono cura dei nostri cari agées.
E la volta scorsa abbiamo approfondito anche qual è
il carattere degli Angeli: il grande libro del mistico svedese luterano del
Sei-Settecento Emanuel Swedenborg, che ne è stato visitato in sogno, ci
testimonia che i caratteri degli Angeli
sono l’amore e la saggezza e che tutti
gli Angeli sono nati umani e che lo scopo finale di noi umani è diventare
Angeli.
Il teologo cattolico del Trecento Tommaso d’Aquino
ci ha dato anch’egli un contributo fondamentale ad immaginare queste figure
spirituali: egli dice che gli Angeli pensano
per intuizione. La loro forma d’intelligenza è l’intuizione: e che cos’è,
l’intuizione, se non l’unione di cuore e mente, appunto?
Oggi che viviamo in
una cultura intellettualistica in cui dobbiamo ancora riconoscere l’intelligenza emotiva nel giudizio e
selezione di studenti e personale, sarà bene sviluppare l’altro lato della
nostra mente, quello destro, quello della creatività compassionevole, anche
grazie a questi tesori delle nostre tradizioni spirituali, per diventare
pienamente umani.
Oggi esiste un filone della psicologia sperimentale,
l’intuizionismo, a cui io aderisco, che ha mostrato, attraverso gli esperimenti
sugl’infanti, che nasciamo già dotati di
intuizioni morali innate: un innato senso di giustizia (ecco spiegato
perché, persino in contesti che pretendono di snaturare l’umanità come il
nazionalsocialismo, ci sono i giusti, angeli umani come quelli che vedremo nel
film di giovedì 28 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria della
Shoah, “Storia
di una Ladra di Libri”).
Anche il poeta tedesco del Secolo scorso Rudolf Otto
Wiemer ci dà un suggerimento, scrivendo che non è mica detto che gli Angeli siano esseri alati (non li vedeva
così nemmeno Swedenborg): in effetti, già quaggiù sulla Terra ci càpita la meraviglia d’incontrare
persone dotate di straordinaria intuizione morale, proprio come Anne, la
badante estone protagonista del film di oggi, la quale intuisce, appunto,
che dietro la stronzaggine (apparentemente solo caratteriale) di Frida oltreché
un caratteraccio c’è una storia curiosa da tirar fuori ed ascoltare.
Io questa intuizione amo chiamarla, con la poetessa
ebrea Adrienne Rich, “immaginazione
morale”: in fondo, pensiamoci bene, che cos’è, se non la nostra immaginazione,
il carattere che più definisce la nostra umanità?
Ebbene, oggi faremo un’opera d’immaginazione e proveremo a metterci nei panni degli
assistenti familiari: le loro speranze, le loro fatiche, i loro dolori morali. E
vi fornirò, dopo aver letto vari manuali, un galateo della buona convivenza fra
noi, i cari assistiti, e loro.
Con l'aumento della durata della vita e
contestualmente all’ingresso nel mondo del lavoro delle donne, aumenta il
bisogno di assistenza per le persone anziane (specie le donne in quanto più
longeve). Così come nella nostra lunga
infanzia abbiamo bisogno di una
figura materna (che -come vedremo al Cineforum sul film "Piume di struzzo" che presenterò domenica 20 dicembre
2015 alla Casa dei Diritti del Comune di Milano sulle famiglie composte da due
mamme o da due papà- può essere
incarnata anche da una persona di sesso maschile tant’è vero che ci sono
non pochi assistenti familiari dal Perù), così da vecchi càpita di avere
bisogno di figure di accudimento altrettanto materne: dolci, pazienti ed amorevoli. “Sufficientemente buone”, per usare
il lessico del grande psicanalista Winnicott: tali da garantire la giusta
autonomia e creatività. "Posso essere le sue braccia e le sue gambe",
dichiara Anne, l'aspirante assistente, a Frida, troppo orgogliosa per ammettere
di aver bisogno d'aiuto nel film che vediamo stasera, "A Lady in Paris". In Italia sono quasi due milioni gli
assistenti (in maggioranza straniere e donne) che almeno nel 60% dei casi finiscono per diventare parte integrante
della famiglia di cui sono collaboratori, proprio come la governante Minny,
la tata di Celia Foote nel romanzo e film "The Help" (il film che ha inaugurato la prima
edizione della mia rassegna alla Casa dei Diritti): un vero fenomeno di costume
di cui i media non parlano. Spesso, insieme con gli animali
d'affezione, sono l'unica compagnia di vedovi e persone anziane senza figli
e nipoti: i loro “caring angels”, gli
angeli che se ne prendono cura.
Quando sono andato in visita per "Il Cinema e i
Diritti" al servizio "CuraMi", attivato nel Pio Albergo Trivulzio in collaborazione con il Comune di
Milano, la signora Carla Piersanti mi ha
spiegato che la descrizione del carattere dell'anziano è estremamente
importante nel dossier che serve per trovare le corrispondenze fra
domanda ed offerta di lavoro.
Ebbene, un grande psicanalista junghiano, scomparso
quattr'anni fa, James Hillman, proprio da vecchio ha dedicato un originale
libro al Carattere: alla domanda
"qual è il senso della nostra lunga vecchiaia?" - quesito
filosofico che presuppone che ci sia un'intelligenza studiabile nella Vita-,
egli risponde, osservando l'energia morale che aumenta negli anziani pur pieni
di acciacchi e dolori e guai: l'esplorazione
di ciò che dura e resta oltre la nostra dipartita, il nostro Carattere.
Seguendo la Via
indicata dalla sapienza greca nel motto del dio Apollo sul Tempio di Delfi,
"Conosci te stesso!",
il grande filosofo ed analista americano ci suggerisce che il significato
profondo della nostra vecchiaia è conoscere sé stessi, studiare il nostro Carattere
(o caratteraccio). Deplorando il limite
metodologico di quel tipo di psicologia e gerontologia riduzionistiche che
studiano solo come s'invecchia o peggio l'anti-aging (provocando
come risultato solo salutismo, ipocondria e depressione di chi è tutto
concentrato sui mutamenti del corpo fisico), da buon filosofo Hillman si
propone di rispondere alla domanda che si pongono le persone agées sul senso della propria longevità (unicum
nel regno animale).
I soliti Greci
(da Platone ad Aristotele un cui
allievo, Teofrasto, scrisse "I Caratteri") avevano intuito che esiste una componente di Destino nelle
nostre esistenze: tale limite e destino ci è assegnato dal nostro
Carattere. Infatti, Aristotele, aveva colto che dietro ogni organizzazione della Materia c'è una Forma, che in
greco si dice enérgheia (donde l'italiano "energia"). Per
Aristotele, l'anima è la forma del corpo. Nel caso della persona, c'è un
Carattere, che spiega come certi anziani pur deboli di fisico siano animati da
straordinarie forze morali, di contro alla "teoria psicopatica", come
la definisce Hillman, dei riduzionisti per cui la mente si riduce al cervello,
mente = cervello. Che ci sia la Forza del Carattere lo suggeriscono anche o
vari casi descritti dall'82enne neurologo ebreo Oliver Sacks nei suoi libri o dallo psichiatra umanista Premio Pulitzer
Robert Butler, autore di studi longitudinali su persone anziane in salute e ce
lo ha mostrato il documentario (di cui vi ho mostrato un estratto in esclusiva
italiana al mio Cineforum su “Still Alice”) "I Remember Better when I paint" sull'effetto benefico del dipingere sulle persone che convivono
con l’Alzheimer.
Invece la Psicologia moderna non ne parla, e lascia
che quest’interesse sia àmbito dell'astrologia: così come il reverendo Matthew Fox, nel suo saggio "Compassione",
aveva denunziato l'assenza, nei manuali di teologia cosiddetta cristiana, della
parola "compassione" collegata alla giustizia sociale (che non sia
paternalismo, buonismo, né sentimentalismo né commiserazione), analogamente James Hillman denunzia l'assenza
di un'altra parola e concetto-chiave per
la nostra salute spirituale: il Carattere.
Dobbiamo
recuperare il significato positivo dell'aggettivo "vecchio" (nel senso in cui diciamo "vecchio film"
e "vecchio amico") e di "Nonna" nel senso inglese di Grand Mother,
Grande Madre una figura materna presente
nell'immaginario religioso di varie Civiltà (come mostra la pittrice Sandra
Stanton di cui vi ho mostrato le opere al mio Cineforum su “Un giorno questo
dolore ti sarà utile”), e smettere di associare la morte alla vecchiaia,
ricordandoci che "old"
(donde il modo di chiedere l'età in inglese how-old-are-you?) significa in origine "nutrito
appieno" suggerendo che chi è anziano è "maturo al punto
giusto".
Torniamo ai Greci, i soliti Greci: oltreché inventori
del Teatro -arte che permette di far sviluppare l'immaginazione morale come anche
il grande Cinema e il romanzo- sono
stati inventori della parola "carattere" che in greco deriva da kharassein, "incidere, tratteggiare", che
rimanda all'idea di qualcosa d'inscritto
in noi (oggi diciamo “inscritto nel DNA”). In
inglese (character) vuol dire anche "Personaggio". Ebbene, Hillman usa proprio una
similitudine tratta dal Teatro: il
Carattere è come una compagnia di attori al completo (dai caratteristi alle
controfigure alle comparse, agli addestratori di animali) che a fine spettacolo fa l'inchino.
Poi adopera un'altra similitudine: il Carattere è come un Hotel al completo
piena di Ospiti. E l'ideale della psicanalisi secondo il suo Maestro Jung è
proprio integrare anche i nostri lati-ombra. Il Carattere non è né un tipo psicologico né
un temperamento, né un'astrazione
moralizzata per cui si dice di una persona che è "di buon carattere"
e se ne fa la noiosa elencazione dei vizi e delle virtù; addirittura, secondo
Hillman, quel tipo di astrazione, negando l'unicità di ognuno, è pericolosa ed ha portato ai Lager ed ai Gulag. Il
Carattere è lo stile personale di cui la
moralità è solo una componente, comprende le eccentricità, le bizzarrie, le caratteristiche,
appunto, che rendono unica e riconoscibile quella persona. (Teniamone conto
anche quando ci relazioniamo con gli assistenti: le persone non sono culture, e
l’incontro avviene fra persone, non fra “caratteri culturali”.)
Per poterlo valorizzare e descrivere adeguatamente,
abbiamo bisogno di sviluppare la nostra creatività e imparare ad usare un linguaggio immaginifico.
Ricordando come la sensualità ed il gusto per i
sapori sia spesso ancora presente nella vecchiaia (si pensi ai grandi sommelier e chef che raggiungono l'eccellenza da vecchi), ma anche al desiderio
erotico che si vive anche in questa età (come nel caso di Frida, la
protagonista del film che vediamo oggi), Hillman invita gli anziani a fare
tutte quelle attività che permettono di esplorare e valorizzare il proprio
carattere: dall'attivismo politico alla
creazione degli album e biografie di famiglia, sino alla trasmissione del
patrimonio di cultura ai nipoti e ai giovani. Le Nonne, in particolare, sono
come i "memi" culturali cioè le informazioni preziose che si
propagano per imitazione e rendono possibile la Civiltà. L’importante è essere attivi, come ammoniva Pascal nei suoi "Pensieri":
"Niente è così insopportabile per l'uomo che trovarsi in assoluto
riposo".
****
Dai palazzi
eleganti dei quartieri residenziali con i bei cortili interni (angoli segreti
di Milano) ai condominii imbrattati dai vandali-writers, convivono con i nostri
genitori o nonni gli assistenti
familiari (l'81% donne in Lombardia). In Italia sono quasi due milioni, a
Milano 32.000 (e gli anziani non più autosufficienti sono 40.000): un vero
fenomeno di costume cui però non si sente parlare dai cosiddetti mezzi
d’informazione.
Il 90% di loro sono stranieri, solo il 40% ha un
regolare contratto. In media sono 41enni con un titolo di studio medio alto.
E’ anche uscita,
gratuita, “La Rivista della Badante”.
Contestualmente
all'aumento della longevità (in Lombardia gli over 65 aumentano di 40 mila
unità l'anno) ma anche al rifiuto culturale degli uomini italiani di svolgere
còmpiti domestici, aumentano anche le
figure di accudimento. Come da bambini si viene accuditi delle necessarie
cure delle figure materne (che, ribadiamo ancora una volta, possono essere incarnate
anche da un uomo, come abbiamo mostrato al nostro Cineforum), così da anziani
càpita (se il nostro corpo non ci ubbidisce più) di avere bisogno di venire
assistiti da figure altrettanto pazienti ed amorevoli: se non sono i figli
(troppo occupati nel lavoro e abitanti distanti), che divengono genitori dei
propri genitori, sono i badanti e le badanti. Una situazione, quella della
persona anziana, ove il Calore umano è
non meno essenziale dell'aiuto pratico (pulire, riordinare, far da
mangiare, magari guidati proprio dal vecchio che ricorda fasi e ricette e le
insegna al suo collaboratore domestico) e dove spesso queste persone venute da
lontano sono l'unico contatto umano
vivente per migliaia di uomini e donne. Talvolta, hanno grandi
responsabilità: sono loro che debbono fornire agli orari giusti e al giusto
milligrammo le medicine come la
morfina agli ammalati terminali di cancro che scelgono di morire in casa, o
anche fargli fare la pulizia completa
della persona.
E, come vedremo,
fioriscono nuove amicizie proprio come nel film di stasera.
****
Uomini
pigri e viziati, Stato assente, Famiglie Mononucleari:
i
Fattori che generano il bisogno di Assistenti Familiari
La figura
dell’assistente si rende necessaria innanzitutto perché le donne di oggi
lavorano e non hanno il tempo per assistere i genitori, magari vedovi. A ciò,
si aggiungano altri due fattori: non solo l’assenza di cultura del Welfare State come invece è Tradizione
nei Paesi nordici di cultura protestante (in Italia si delega tutto alle
singole famiglie, lo Stato è un grande padre assente) ma altresì gli odiosi stereotipi
di genere: sulle donne pesa il doppio carico di lavoro a causa della pigrizia
maschile (Lorenzo Todesco, sociologo dell'Università di Torino scrive in "Quello
che gli uomini non fanno. Il lavoro familiare nelle società contemporanee",
Carocci, 2014, che il 58% dei maschi non si degna di cucinare, il 73% non apparecchia né sparecchia, il
98% non lava/stira, il 70% non si reca a far la spesa. Insomma, la
stragrande maggioranza dei maschietti italiani non dà manforte nei lavori
domestici le partner. Una barbarie
culturale, se si confronta con la realtà sociologica le coppie gay che si
distribuiscono con equità i còmpiti.
A volte, esiste la cosiddetta “solitudine a due”: una coppia
ove ciascuno è muto all’altro. La descrive così lo scrittore Michel Houellebecq
nel suo romanzo “La possibilità di
un’isola” (Bompiani, Milano 2005):
“La solitudine a
due è l’inferno consentito. Nella vita di coppia, il più delle volte, esistono
sin dall’inizio certi dettagli, certe discordanze, su cui si decide tacitamente
di tacere, nell’entusiastica certezza che l’amore finirà col risolvere tutti i
problemi. Questi problemi crescono a poco a poco, nel silenzio, prima di
esplodere alcuni anni dopo e distruggere ogni possibilità di vita in comune”
Talvolta,
quando non si è d’accordo con fratelli e sorelle sulla gestione della cura
dell’anziano, possiamo ricorrere alla figura dell’amministratore di sostegno per avere un investimento ufficiale
riconosciuto e monitorato dal giudice onde evitare controversie legali coi
parenti serpenti. Il ricorso (per presentare il quale non serve l’avvocato) può
essere proposto:
·
dallo stesso soggetto beneficiario,
anche se minore, interdetto o inabilitato;
·
dal coniuge o convivente more
uxorio;
·
dai parenti entro il quarto grado;
·
dagli affini entro il secondo grado;
·
dal tutore o curatore;
·
dal PM
Il caregiver, sia noi sia l’assistente,
devono avere anche cura di sé (tempo libero e svaghi e sufficiente riposo) per
garantire all’assistito buone cure. Dal 2009, contestualmente alla crisi
economica e a politiche di tagli dei servizi nonché di aumenti delle rette delle
RSA, c’è un calo nella domanda di assistenti familiari in regola. Ed è stata
segnalata una correlazione fra lo stress e i maltrattamenti contro gli anziani.
IL
GALATEO
LA
PAROLA CORRETTA: “ASSISTENTE FAMILIARE”
Innanzitutto,
sarà più corretto chiamare questi nostri collaboratori e riferirsi a loro con
il termine di “assistente” anziché badanti (parola riduttiva e sminuente che nel
passato contadino era riferita a chi sorvegliava gli animali) come
riconoscimento della loro professionalità.
Assistente
deriva dal verbo assistere, che significa stare vicino per recare aiuto, parola
che deriva dal latino “ad-sistere” che significa “stare
accanto”.
Il termine
compare nella legge 189 (Bossi-Fini) del 2002
che ha regolarizzato i lavoratori immigrati rilasciando il permesso di
soggiorno se uno ha un lavoro; quando perde il lavoro, ha tempo sei mesi
(anziché cinque) per trovarne un altro, altrimenti ricade nella condizione di
“clandestino”.
I parametri di
reddito quest’anno per ottenere il ricongiungimento familiare sono questi:
Ricongiungimento di 1
familiare: € 8.746,14
Ricongiungimento di 2 familiari: € 11.661,52
Ricongiungimento di 3 familiari: € 14.576,9
Ricongiungimento di 4 familiari: € 17.492,28
Ricongiungimento 2 o più figli che hanno meno di 14 anni: € 11.661,52
Ricongiungimento di 1 familiare e 2 o più figli che hanno meno di 14 anni: € 14.576,9
Ricongiungimento di 2 familiari e 2 o più figli che hanno meno di 14 anni: € 17.492,28
Ricongiungimento di 2 familiari: € 11.661,52
Ricongiungimento di 3 familiari: € 14.576,9
Ricongiungimento di 4 familiari: € 17.492,28
Ricongiungimento 2 o più figli che hanno meno di 14 anni: € 11.661,52
Ricongiungimento di 1 familiare e 2 o più figli che hanno meno di 14 anni: € 14.576,9
Ricongiungimento di 2 familiari e 2 o più figli che hanno meno di 14 anni: € 17.492,28
LA BRUTTA TENDENZA ITALIANA:
ESCLUDERE I FIGLI DALLA CURA dei NONNI ANZIANI
In Italia, con
genitori iperprotettivi, c’è la tendenza ad escludere i figli dalla cura dei
loro Nonni, e ciò è una grave lacuna culturale: le figure
dei Nonni, come abbiamo già visto al Cineforum sul film “Un giorno questo dolore ti sarà utile”, sono molto importanti. Dare
un contributo alla cura dell’anziano nonno aiuterà il giovane a diventare un
adulto a sua volta responsabile.
REALISMO: LA CASA NON SIA UN FETICCIO
A volte è meglio la CASA DI RIPOSO come nel
FILM “QUARTET”
CASA DI RIPOSO. Maggie Smith (a destra) in una scena del film "Quartet" del Premio Oscar Dustin Hoffman, ambientato in una casa di riposo per musicisti |
La “casa” dolce casa non deve diventare un feticcio: non
bisogna dare per scontato che, anche se è sempre stato il desiderio espresso
dal nostro caro restare a casa sino alla fine dei suoi giorni, sia la soluzione
migliore per il suo benessere: nel film
del Premio Oscar Dustin Hoffman “Quartet”
(dalla pièce del Premio Oscar Ronald Harwood), per esempio, vediamo come stanno bene gli ex musicisti e musiciste
nella loro casa di riposo ad hoc fra coetanei ed ex colleghi.
Si tenga conto che in Italia una casa di riposo costa da un
minimo di 40 euro al giorno ai 150 per le RSA (Residenze sanitarie
assistenziali) iperqualificate per esigenze particolari.
PRUDENZA:
PERIODO di PROVA
-
Verificare
le referenze e che il candidato abbia un regolare permesso di soggiorno, se
extracomunitario. Sarà prudente far fare un periodo di prova, prima di assumere
l’assistente. Verifichiamo il linguaggio del corpo dell’anziano quando gli si
avvicina l’assistente: mostra fiducia o si scosta? L’assistente è persona
paziente? Come diceva il filosofo Leopardi (1798 – 1837),
“la pazienza è la più eroica delle virtù,
giusto perché
non ha nessun’apparenza di eroico”
- Non dare subito del "Tu", che è spesso segno di razzismo (come càpita di sentire nelle casse dei supermarket alle persone dal volto esotico): la seconda persona singolare si usa per chi è nostro amico, ogni cosa a suo tempo. Si dia del "Lei" esattamente come facciamo con le persone che non sono nostri amici ma solo conoscenti.
PATTI
CHIARI, AMICIZIA LUNGA
COSA
RICHIEDIAMO ALL’ASSISTENTE e cosa OFFRIAMO:
TENERE
PRONTI I NUMERI di un SOSTITUTO
Meglio chiedere prima al candidato assistente se ami gli animali domestici. |
Patti chiari,
amicizia lunga: nel colloquio e nel contratto sarà bene specificare tutti i
divieti (no al fumo, no alla tv per non disturbare l’anziano etc), le regole (come si fa la raccolta differenziata, quanto detersivo usare, come evitare gli sprechi), i requisiti
(patente di guida), i còmpiti (ad es.
pulire occhiali, dentiera, essere attenta alla regolarità anche delle funzioni
fisiologiche dell’anziano e alla scadenza dei farmaci, invogliare a bere
dacché spesso gli anziani perdono lo stimolo della sete) e ciò che lo aspetta:
numero di metri quadri della casa, presenza di animali (potrebbe essere
allergico), ferie.
Ad esempio, se è
di fede ortodossa, vorrà celebrare la
Pasqua ortodossa che non cade nello stesso periodo di quella cattolica
(sarà il sinodo del 2016 del Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli a valutare
la proposta di Papa Paolo VI di unificare le due Pasque rilanciatagli da Papa
Francesco); se l’assistente è di fede islamica praticante, possiamo ottenere di
farlo lavorare di domenica e durante le
feste italiane in cambio del mese del Ramadan e del venerdì libero: il
contratto del lavoro domestico prevedere un massimo di 26 giorni di ferie
l’anno). Il Ramadan è il periodo dell’anno in cui si commemora la visita
dell’Arcangelo Gabriele, comune all’ebraismo e al cristianesimo, al Profeta
Maometto. Tenere pronti i numeri di telefono di “supplenti” nel caso di
emergenze: ad esempio in caso di aggravamento di malattie dei cari lasciati in
patria.
- Siamo puntuali nei pagamenti così come esigiamo puntualità negli orari di lavoro dei nostri collaboratori.
- Conservare i doni esotici che si ricevono (tovaglie ricamate dalla collaboratrice, souvenirs che magari consideriamo Kitsch) e a nostra volta mandare un pensiero non ci costa nulla: una cartolina, un piccolissimo presente simbolico.
- Siamo puntuali nei pagamenti così come esigiamo puntualità negli orari di lavoro dei nostri collaboratori.
- Conservare i doni esotici che si ricevono (tovaglie ricamate dalla collaboratrice, souvenirs che magari consideriamo Kitsch) e a nostra volta mandare un pensiero non ci costa nulla: una cartolina, un piccolissimo presente simbolico.
LO
SPAZIO PERSONALE dell’ASSISTENTE affinché si senta A CASA
-
Verifichiamo
lo stato dell’assistente: dorme a sufficienza? Sa rilassarsi? Alcuni assistenti
han come la sensazione che il loro lavoro abbia una durata ininterrotta, e
questo è ingiusto e malsano. Se vediamo un calo dell’efficienza, chiediamo
spiegazioni anziché partire subito in quarta coi rimproveri: ad esempio, se
l’assistito ha passato la notte in bianco, è comprensibile che l’assistente sia
troppo stanco.
-
Chiediamoci:
l’assistente si sente a suo agio, si sente come a casa o ha paura di rimproveri
se si crea i suoi spazi vitali? Se l’assistente è convivente col nostro caro,
garantiamogli/le uno spazio di vita personalizzato: un suo comodino con le sue
cose (le foto dei suoi cari), uno spazio in bagno con i suoi oggetti d’igiene
personale.
Religione:
se l’assistito è incontinente
l’Islam
tradizionale non consente alle donne di cambiarlo nudo
Possibile
soluzione: fargli il bagno con le mutande
Il
caso del film “Poetry”: le avances
dell’assistito durante il bagno
Scena dal film iraniano Premio Oscar "Una separazione": l'assistente si fa scrupoli di cambiare il vecchio perché sarebbe contro l'Islam. |
Nel film
iraniano Premio Oscar “Una separazione” vediamo
un’assistente in crisi perché si ritrova dinanzi un anziano che si è fatto la
pipì addosso: telefona al numero verde di consulenza sui comportamenti immorali
per chiedere se sia permesso dall’Islam, e la risposta è negativa. Se la persona da curare, quindi, è di sesso
maschile, e ha fra i bisogni quello di essere cambiata perché incontinente,
sarà bene informarsi sul grado di superstizione dell’aspirante assistente.
Una scena dal film coreano "Poetry": la protagonista subisce l'avance volgare del vecchio che ha sostituito le medicine con il Viagra. |
Una
possibile soluzione è fargli fare il bagno tenendo indosso le mutande e invitandolo
a lavarsi da sé i genitali. Se l’assistita è una donna, il problema non si
pone.
Talvolta, il
problema nasce dalla gelosia delle mogli se l’assistente è donna e tocca le
parti intime del marito durante il bagno.
Oppure, un altro
caso è quello delle avances
indesiderate: nel film coreano “Poetry” la protagonista è
un’assistente di un uomo antipatico che un giorno assume Viagra per avere
un’erezione durante il bagno che gli viene fatto regolarmente da lei. Quando
lei scopre il piano, dapprima lo lascia lì impiantato, poi lo ricatta per un
nobile fine.
COSTUMI:
LE ASSISTENTI SUDAMERICANE FANNO LA DOCCIA
prima
di tornare a casa
Nel caso delle
assistenti di origine sudamericana che non vivono con l’anziano, è bene sapere
che è abitudine nell’America Latina
farsi la doccia e poi indossare nuovi vestìti puliti prima di ritornare a casa
propria.
INCORAGGIARE L’AUTONOMIA dà DIGNITA’: la
LEZIONE di ALICE
AL PARCO (e alle FESTE di VICINATO) si possono
ritrovare
sia gli assistenti fra loro sia gli anziani fra
di loro
Vediamo ora come
favorire un accudimento “materno” che, direbbe il grande psicanalista e
pediatra Donald Winnicott (1896 -
1971), sia “sufficientemente buono”: una figura
materna (com’è il caregiver) “sufficientemente
buona” è quella che sa dosare le piccole frustrazioni a cui espone l’accudito
(per dargli la giusta autonomia con creatività e fiducia).
-
Sarà bene incoraggiare (e far incoraggiare
dall’assistente) il più possibile l’autonomia e l’indipendenza della persona assistita, lasciarle fare delle cose
che può fare da sé: dobbiamo riconoscere questo bisogno che dà autostima e
dignità. Il che significa non infantilizzare. Ricordate l’appello che fa Alice
nella sua conferenza, invitando alla collaborazione attiva? Per esempio, piegare la biancheria ma non
riporta e fare insieme la lista della spesa. Mettersi d’accordo con
l’assistente sul budget che può spendere al supermarket. Per la mobilità: installare corrimano in bagno, specchi all’altezza
della sedia a rotelle, seggiolini nella doccia o elevatori nella vasca e
accanto al letto, maniglioni alle porte.
-
Favorire le attività comuni: cucinare insieme (cosicché l’assistente
possa imparare i piatti locali, e viceversa, garantire che possa cucinare per
sé dei cibi etnici che gli piacciano), leggere insieme i giornali (utili per
apprendere la cultura del Paese e la lingua), guardare programmi insieme (ad esempio,
due donne possono scoprire un comune interesse per una telenovela).
-
Favorire le uscite, sia
dell’assistente (far loro notare che fare commissioni è utile all’umore e per
cambiare aria, praticare la lingua e fare esperienza) sia dell’anziano: si può
fare come queste assistenti in foto che portando l’anziano al parco possono sia
chiacchierare fra di loro, sia far fare conversazione all’anziano con suoi
coetanei.
INVESTIAMO sulla FORMAZIONE del nostro
COLLABORATORE
-
Se ce lo possiamo permettere, investiamo nella
formazione anche linguistica dei nostri assistenti e facciamogli fare dei corsi
che siano riconosciuti (ad esempio in una scuola che rilascia un certificato da
mettere nel curriculum): in Italia
1/3 di loro non può frequentare i corsi. Correggiamo gli errori per far elevare
di status i nostri collaboratori: non esitiamo a correggere anche i
congiuntivi. Anche un magazine come “La
rivista della badante” è di aiuto per migliorare l’italiano e al contempo
acquisire informazioni da esperti (psicogerontologi, dietologi etc):
-
Evitiamo l’errore di lasciare che l’assistente parli solo coi
connazionali nella lingua madre, veda la
tv solo nella lingua d’origine e si vergogni (se di una certa età) di “andare a
scuola”. L’assistente dev’essere formato anche su patologie particolari: un
anziano affetto da demenza non è un “posseduto dal demonio”, com’è capitato di
pensare as un assistente straniero che ignorava la malattia.
LA STORIA della PERSONA: l'appellativo corretto dà Dignità
-
Ricordarsi, come dice il gerontologo britannico Tom Kitwood, di cui vi ho illustrato la filosofia della medicina
centrata sulla persona (http://lelejandon.blogspot.it/2015_11_01_archive.html), della storia del
nostro caro: ad esempio, se uno è
stato tanti anni docente, meglio evitare che l’assistente lo chiami in modo
confidenziale e inaudito, bensì “Professore”. Dopo il pensionamento, è positivo
per l’autostima mantenere il proprio titolo che definisce il proprio status anche sociale, specie in un
periodo nuovo di confusione.
PRANZARE
INSIEME per CONOSCERSI
UN CONCETTO INCLUSIVO DI FAMIGLIA. Una scena del film "The Help", che ha inaugurato la prima edizione della rassegna "Il Cinema e i Diritti" alla Casa dei Diritti del Comune di Milano |
-
Se
l’anziano è in sedia a rotelle, parlargli in maniera tale da essere all’altezza
dei suoi occhi, “a portata di sguardo”.
- - Favorire
la conoscenza e l’integrazione invitando a pranzare e cenare insieme a tavola,
come fa Celia Foote nel film “The Help”
con la sua tata Minny (http://lelejandon.blogspot.it/2014/11/the-help-lezione-sulla-compassione_14.html).
Cous - cous al tonno e verdure. |
Se l’assistente osserva l’Islam non si può offrirgli carne di maiale (attenzione al ragù, ad esempio, se è fatto con carne suina): si potrà mangiare il prosciutto o il felino nei giorni in cui l'assistente non si ferma a mangiare, per esempio.
Ci può anche essere un mutuo scambio: se l'assistente viene dai Paesi ove si cucina il cous-cous, impareremo delle ricette di questo piatto così come noi italiani possiamo insegnare delle ricette delle nostre pastasciutte.
Secondo
una ricerca (IREF, 2007), il 60% degli
assistenti dichiara di essere trattata come una di famiglia, percentuale che
sale al 75% se coresidente. Per sentirsi parte della famiglia, l’assistente
imparerà ad usare quell’idioletto familiare che la scrittrice ebrea italiana
Natalia Ginzburg (1916 – 1991) ha chiamato nel suo famoso romanzo del 1963 il “Lessico
Familiare”.
IMMAGINARE
I DOLORI dell’ASSISTENTE: ESSERE MADRE A DISTANZA
COL
GIUSTO COMPENSO FAVORIAMO I RICONGIUNGIMENTI FAMILIARI
IL
FENOMENO degli ORFANI BIANCHI e della SINDROME ITALIANA
I
RECIPROCI PREGIUDIZII CULTURALI: “NON CURI TUA MADRE” “E TU LASCI IN PATRIA I
TUOI FIGLIOLETTI!”
- Interessarsi alle sue storie di famiglia: quanti figli ha? Come si chiamano? Come vanno a scuola?
Spesso gli assistenti fanno questa scelta sofferta per non far mancare nulla ai loro figli piccoli, che crescono con i nonni nei Paesi d’origine: un fenomeno detto degli “orfani bianchi”, soprattutto in Romania e Moldavia, 500 mila bambini nell’Unione Europea.
In
Moldavia, il numero di suicidi di preadolescenti è altissimo. http://www.linkiesta.it/it/article/2014/09/11/orfani-bianchi-il-costo-drammatico-delle-badanti/22810/
Il
dittatore comunista Ceaușescu (1918 –
1989) proibendo l’interruzione di gravidanza aveva provocato la nascita di un
numero abnorme di bambini non voluti e durante il suo orribile regime
tantissimi bambini orfani furono contagiati apposta con il virus dell’HIV per
essere usati come cavie sperimentali.
Oggi molte donne fuggono dalla
Romania anche per scampare alle violenze domestiche dei mariti alcolisti.
Una storia così è narrata nel libro dello scrittore ebreo israeliano Abraham
Yehoshua (poi film israeliano) “Il responsabile delle risorse umane”,
ove il protagonista (abituato a licenziare facilmente le persone senza
ricordarsi nomi e volti) viene incaricato da un panificio di andare di persona
in un Paese dell'Est (probabilmente il riferimento è alla Romania) a restituire gli oggetti personali di una lavoratrice di cui non
aveva nemmeno notato l’assenza. In apparenza, per rimediare ad un danno d’immagine: la donna era rimasta uccisa in un attacco kamikaze e non aveva indosso i documenti ed era rimasta all’obitorio per una settimana. Poiché nessuno dei datori di lavoro ne aveva reclamato il corpo, un reporter d’assalto accusa con degli articoli la piccola azienda di disumanità. In Romania, il responsabile delle risorse umane scopre appunto che il figlio della donna è abbandonato a sé stesso e vive sotto i ponti.
Il numero di suicidi preadolescenti in Moldavia dovuto al senso di abbandono delle madri è abnorme. |
Due psichiatri ucraini, Andriy Kiselyov e Anatoliy Faifrych,
di una città fortemente segnata dal flusso migratorio (Ivano-Frankivs’k),
hanno coniato il termine “sindrome
italiana” per definire quella particolare forma di depressione dilagante
tra tante donne tornate in patria dall’Italia e incapaci di riallacciare i
rapporti affettivi coi figli che nemmeno le riconoscevano più chiamando magari
mamma e papà i loro nonni. Sarà allora il giusto compenso e il nostro fare il
regolare contratto a fare in modo di favorire i ricongiungimenti familiari.
Pranzare insieme può essere l’occasione per chiarire
reciproci pregiudizii culturali e i contesti economici che hanno determinato
queste scelte: gl’italiani giudicano
male la scelta delle madri straniere di lasciare in patria i figli, e viceversa
gli assistenti stranieri pensano male delle figlie italiane che delegano a loro
la cura dei loro genitori. I primi non conoscono (non avendo vissuto la guerra)
che cosa sia la povertà, i secondi non immaginano quanto sia stato duro
conquistare le libertà delle donne.
-
Dobbiamo anche immaginare che, quando l’anziano muore, per
l’assistente al dolore del lutto si aggiunge anche la perdita della casa e
dunque ha bisogno che gli concediamo del tempo per riorganizzarsi e trovare un
nuovo impiego. Se si è comportato con professionalità ed è migliorato, merita non
solo che gli regaliamo qualcosa magari appartenuto alla persona defunta (un
rito che contribuisce ad un sano distacco che fa parte dell’elaborazione del
nostro lutto), ma anche, di nostra iniziativa, una nostra lettera di referenze
per il suo curriculum che sia
decisiva per fargli trovare un nuovo buon impiego. Eccone una bozza:
-
-
La Signora/Il
Signor _________ ha lavorato presso la nostra abitazione dal _________ al
_______ in qualità di assistente familiare.
-
Durante il
suddetto periodo si è occupata/o di ________ , svolgendo le sue mansioni con
precisione e affidabilità e distinguendosi per onestà e puntualità, pertanto ne
assicuro ottime referenze.
-
(Spiegare i
motivi della fine della collaborazione, ad esempio la scomparsa della persona
assistita) Purtroppo la situazione economica non felice non ci consente, al
momento, di mantenere un collaboratore domestico a tempo pieno, alla
prospettiva di vedere ridotto l’orario di lavoro la Signora/il Signor _______
ha preferito quella di cercare un nuovo posto, e così la perdiamo con grande
dispiacere.
-
Resto a
disposizione per ogni ulteriore informazione, a tal fine segnalo il mio
recapito telefonico
CHE COSA SONO I MALTRATTAMENTI:
VARIE FORME
-
I maltrattamenti non sono solo fisici ma anche psicologici:
toni di voce alti, silenzi, uscite dalla stanza, non risposte. E una ricerca (www.informazioni.it/docs/LL.pdf)
dice che non sono solo da parte degli assistenti (35% dei casi di violenze,
specie contro anziani affetti da più patologie) ma anche dei familiari contro
gli assistenti (29%) e degli anziani contro gli assistenti (23%). Esiste una
forma c.d. di “abuso passivo” da
parte di chi contribuisce all’isolamento dell’anziano: per esempio, non
facendogli proposte di uscite insieme.
****
IL FILM
"A Lady in Paris"
"A Lady in Paris"
Anne
e Frida, dallo Scontro all'Incontro
Le protagoniste del film che vediamo qui stasera al
Cinema Gregorianum "A Lady in Paris" (uscito
in Francia nel 2012) sono due donne:
un'anziana (che non vuol sapere di essere aiutata) e la sua badante (che fa
di tutto per dimostrare la sua utilità).
Jeanne Moreau in una scena del film "Jules et Jim" (1962) di Truffaut |
Siamo in
Estonia, e Anne è una signora single,
divorziata da dodici anni, che vive sola con l'anziana madre che ha l’Alzheimer
e che talvolta non la riconosce. Quando le muore la madre (mentre dormiva nella
stessa stanza che condivide con lei), riceve una telefonata dall’ufficio di
collocamento: c'è un posto di lavoro a Parigi, a casa di un'anziana e ricca signora di origini estoni. Anne è
perplessa, anche perché vede già poco i suoi figli, figuriamoci quando sarà
all'estero. Ma quando lo dice alla
figlia al telefono e questa esclama: "Parigi? Che figata! Hai dubbi?", si decide a partire.
La viene a
prendere all’aeroporto questo tale Stéphane (che, pensa Anne, sarà il figlio)
che le chiede le sue qualifiche: Anne è
qualificata, parlando fluentemente la lingua: la sua nonna paterna era
francese, e lei ha studiato letteratura francese all'Università. "Ma poi
mi sono sposata...", dice ellitticamente. Si è licenziata da due anni
dalla casa di riposo per cui lavorava per assistere l'anziana madre malata
sinché, appunto, questa è morta.
Giunta nel
lussuoso appartamento di Frida, Anne scopre che la donna ha tentato il suicidio
con le pillole, per cui l'armadietto dei medicinali è sotto chiave. "Fai
le valige e torna da dove sei venuta" sono le prime parole della vecchia.
"Non riconosce di aver bisogno d'aiuto perché ha la testa dura come
cemento armato", le spiega Stéphane, rivelandole di essere l’unico amico
nonché l’ex compagno storico (dopo il marito) di Frida. L'uomo rassicura ed
invita Anne a tener duro e restare. Stéphane gestisce il vicino bar-brasserie,
un tempo di proprietà del marito di Frida: quando lei rimase vedova del marito
morto d'infarto ("l'avevo sempre creduto immortale", le confesserà
Frida), s'innamorò di lui, sexy cameriere galante e sorridente, e furono
compagni per dieci anni. Poi lui la lasciò, e lei gl'intestò il locale.
"Stéphane è l'unico che viene a trovarmi regolarmente", le rivela
Frida, che non vede motivi di vivere: "La vita è una rottura di
coglioni", sbuffa.
Questa è la
situazione descritta dal filosofo Pascal (1623 - 1662):
"Niente è così insopportabile per l'uomo
come trovarsi in assoluto riposo, senza passioni, senz'affari, senza
divertimenti, senza problemi. Egli sente il proprio niente, il proprio
abbandono, la propria insufficienza, la propria dipendenza, la propria
impotenza, il proprio vuoto. E immediatamente verrà su dal fondo della sua
anima la noia, la tetraggine, la
tristezza, l'affanno, il dispetto, la disperazione" ("Pensieri", pensiero numero 131,
traduzione di V. E. Alfieri, Rizzoli, Milano 1952, titolo originale francese
"Pensées")
Anne: "Io posso essere le sue braccia e le sue
gambe"
Frida: "Con
quei due manici di scopa? Ma ti sei vista?".
La metafora che
usa Anne si chiama in psicologia “funzione
protesica” cioè il sostituire il comportamento dell’anziano col nostro che
funge da protesi: tale atteggiamento è consigliabile solo per quelle cose che
l’assistito non riesce oggettivamente più a svolgere da solo.
Stéphane va a
casa di Frida e tenta di farla ragionare: "Se va via lei, ne assumerò
un'altra", e così via all’infinito. (Ed è sottinteso che non è così facile
trovarne una che sia anch’essa estone ed abbia quindi almeno qualcosa in comune
con Frida). Frida accetta. Ma Anne non si sente accettata, e Stéphane riesce a
convincere anche lei: "Frida ha
solo noi due. Mi aiuterà?". E lei: "Va bene, rimango".
Anne prepara a Frida da mangiare, e se la prima
volta fa una gaffe (compra la brioche da supermarket), poi le va a
comprare ogni mattina il croissant parigino
in panetteria, le fa la manicure, l'accompagna fuori. Frida le fa notare
che veste male ("sembri una profuga!") e le insegna a vestirsi bene:
"Ora hai
sembianze umane. Sta molto meglio a te che a me, quindi è tuo!”
Una mattina,
Frida, che evidentemente ha riacquistato energie morali grazie alla compagnia e
aiuto di Anne, ha l'idea di andare a trovare Stéphane al bar. Ma quando lui le
dice che non può mollare tutta l'attività per stare a conversare con lei, Frida
ci rimane malissimo, e ricade in depressione, si chiude in camera e non mangia.
Anne torna da Stéphane: "Frida ha bisogno di Lei".
Dopo aver
curiosato fra i vecchi ricordi di Frida, mentre lei dorme, Anne prende
l'iniziativa di andare in segreto alla chiesa evangelica ove un tempo si riunivano
gl'immigrati estoni, ove trova una signora che le dice che ormai "Molti
sono morti, e i giovani se ne fregano". Frida cantava nel Coro ma aveva
uno stile di vita "libertino", così dice la donna. Pensando che a
Frida farà comunque piacere una vista degli "amici del Coro", dice a
Frida una “bugia terapeutica”:
"E' arrivata una telefonata dagli amici del Coro, gli farebbe piacere
rivederla". Frida è sorpresa e contenta e li fa invitare a casa. Ma dopo
che questi sono entrati, rivelano subito di essere stati chiamati da Anne. Frida
la guarda: "Quindi sei stata tu!". Frida è costernata. E la padrona
di casa chiede ai suoi ospiti: "Se Anne non vi avesse invitato, voi vi
sareste mai fatti vivi, eh?". Nessuna risposta. A loro volta delusi, le
rinfacciano una vecchia storia: "Hai rovinato un matrimonio. Credevamo tu
volessi rimediare". Lei si sente offesa ad essere accusata di nuovo in
casa propria, e loro se ne vanno: "Madame non si scusa mai di niente, come
abbiamo fatto ad illuderci che potesse cambiare!".
Una volta chiusa
la porta, Frida rimprovera Anne dell'iniziativa, e lei: "Lo so che hai sofferto, ma questo non ti dà
diritto di essere così stronza". E di propria iniziativa, senza dirle
nulla, fa le valige e va. Ma in metrò ha un ripensamento (non le pareva
corretto andarsene senz’avvisare Stéphane, così gli dirà) e torna indietro. Intanto,
Frida è molto triste nello scoprire che la stanza di Anne è vuota e che lei le
ha lasciato anche il cappotto che lei le aveva regalato come gesto di amicizia
ed affetto e riconoscenza per la sua disponibilità all’ascolto. Quando arriva
Stéphane per stare a dormire accanto a lei, Frida gli dice, a sorpresa,
dimostrando di aver così di non essere gelosa:
"Dovevi
andare a letto con lei. Sei un idiota. Perché l'hai lasciata partire?"
Il mattino dopo,
Anne torna indietro in cerca di Stéphane e lui l’accoglie così: "Sono
felice che sia tornata, Anne". Ma Anne: "No, ho solo pensato che non
vi ho detto addio...". Ma ecco che Frida mette tutti a tacere aprendo la
porta con un sorriso come se nulla fosse:
"Anne,
tesoro, questa è casa tua",
e chiarito ciò,
col suo solito fare brusco, sparisce nei suoi appartamenti in tranquillità.
Frida, che ormai ha capito il caratterino di Madame e il suo modo caratteriale di riconciliarsi, sorride,
contenta di essere finalmente stata accettata in quella casa.
****
L’ESTONIA
Il
Popolo Fiero che ama Cantare: dalla Rivoluzione Cantata ai “Karaoke Baar”
Ho visitato l’Estonia
d’estate, che è una stagione fresca come da noi in montagna. C’è molto cielo e molto
verde. Tallinn, la capitale, Patrimonio Mondiale dell’Umanità dal 1997, in certe viuzze mi ricorda Bratislava, la piccola capitale della Slovacchia. Piccina e romantica, ha
soli trecento mila abitanti ed è sita nella parte nord del Paese, che
s’affaccia sul Golfo di Finlandia, a 80
kilometri da Helsinki. La maggior parte degli abitanti sono immigrati e metà
degli estoni sono under 40enni: infatti, in giro per le strade vedi tantissimi
giovani.
Tallinn innevata. La neve è ciò che manca di più a Marta, l'assistente russa che ho intervistato (vedi intervista sotto). |
Come era solito fare
Montesquieu (il filosofo liberale francese del Settecento che era anche un gran viaggiatore), sono
salito anche qui sul posto più alto: per avere una veduta d’insieme. In questo
caso, è il Castello, ove trovi ragazzi vestìti in costumi tradizionali
medievali e una colorata chiesa ortodossa: da qui, puoi vedere lo skyline
particolare delle guglie delle case e delle chiese e scorgi persino le navi da crociera attraccate al porto.
Nel tempo libero, gli estoni amano fare la sauna, cantare e
navigare su Internet (hanno la
connessione più liberale del mondo). Le tradizionali saune di fumo senza camino sono fatte a forma di capanne, di casette: sono Patrimonio Mondiale Unesco. Composte in origine di un solo vano con stufa centrale, nell’Ottocento vi fu aggiunto il vestibolo ma spesso erano prive di camino per mantenere all’interno il calore. A Tallinn ne trovate anche in edifici grandi, suddivise in maschili e femminili: se vedete le persone autoflagellarsi con dei grandi rami di foglie, non prendete paura: è sia un automassaggio che raschia via le impurità dalla pelle, sia un modo per rinfrescare il corpo durante la sauna!
A proposito di casette, all’aeroporto di Tallinn, i posti a sedere sono a forma di casetta con tettuccio per poter avere più privacy nello schiacciare un pisolino in attesa dell’imbarco.
A proposito di casette, all’aeroporto di Tallinn, i posti a sedere sono a forma di casetta con tettuccio per poter avere più privacy nello schiacciare un pisolino in attesa dell’imbarco.
I “karaoke baar”
sono estremamente popolari e qui nessuno fa il timido e canta un pezzo, prima o
poi, durante la serata. Si va al bancone del barman, si sceglie dal libro una canzone (in estone o in inglese) e si lascia
scritto il proprio nome. Poi, il barista ti chiama al tuo turno e tu vai in
mezzo al locale e segui le parole sullo schermo.
Ad Expo Milano 2015, ove ho anche presentato, allo Speciale “Parole che Nutrono”, il mio format “Il Cinema e i Diritti”, c’era anche il Padiglione dell’Estonia.
Anche qui si ricorda la Storia che ha fatto il popolo estone: la Rivoluzione Cantata fu un’iniziativa di protesta creativa, popolare e nonviolenta in cui si formò un cordone umano lungo kilometri e che univa l'Estonia alle altre due Repubbliche Baltiche (Lettonia e Lituania) per esprimere la sete di libertà come indipendenza nazionale dagli occupanti sovietici.
Essendo il tema dell'Esposizione Universale il cibo, scopriamo che dalla segale si ottiene non solo il buon pane cotto sul forno a legna, bensì anche drink: birra, whiskey, vodka. E ancora: fiocchi di segale e mangimi per gli animali. E con gli steli costruiscono tetti in paglia, stuoie, alveari e cappelli e moderne abitazioni ecologiche.
Un
Concetto Inclusivo di Famiglia
Il concetto allargato ed inclusivo di famiglia si
vede anche nel film "The Help"
(con il Premio Oscar Octavia Spencer) di cui ho mostrato un sapiente montaggio al mio speciale Cineforum
all’Expo Milano 2015. Tratto dall'omonimo bestseller mondiale, è ambientato nel Mississippi degli anni
Cinquanta ove regnava il regime di segregazionismo. Benché le domestiche e tate
di colore fossero, di fatto, parte integrante della famiglia, anche perché
crescevano i figli dei bianchi, non erano ammesse a tavola con i padroni, e
dovevano usare posate e bicchieri diversi nonché bagni separati, perché vi era
come un disgusto irrazionale all'idea di un troppo stretto contatto con persone
nere.
Lo Sportello "CuraMi" a Milano:
Le Assistenti sono più Peruviane,
Romene ed Ucraine, tutte Referenziate
Il Dossier
tiene conto anche del Carattere
L'assessore al
Welfare e alle Politiche Sociali e Candidato Sindaco di Milano Pierfrancesco Majorino (su proposta del
quale, ricordiamo, è stata istituita la Casa dei Diritti) ha creato un Albo
delle Badanti in collaborazione col Pio Albergo Trivulzio. Sono andato in via
Trivulzio 15 (Gambara, linea rossa) a chiedere come funziona il servizio "CuraMi". Mi riceve Carla Piersanti
che mi illustra i dati: le iscritte
all'Albo Comunale delle Badanti (in maggioranza over 40enni) sono 2100 e nel 2014 sono stati firmati
550 contratti. Il 50% proviene dal Sud America (Perù 53%, che vanta molti più badanti uomini della media; Ecuador
29%); il 14% dagli stati dell'Est non nell'UE (Ucraina 61%, Moldavia 28%, Russia 9%); l'11 per cento viene
dall'Asia, il 10% dall'Italia (in aumento per via della disoccupazione); il 9%
dall'Europa (57% dalla Romania, 27%
dalla Bulgaria, 6% dalla Polonia e un altro 6% dall'Albania) e il 6%
dall'Africa (molto variegati i Paesi: in
primis Marocco, con il 17%, e l'Egitto, con il 12%). Il 32% dei candidati sono diplomati/e, il 12%
laureati/e. La maggior parte delle
richieste delle famiglie sono dovute a demenza ed Alzheimer (34%, cfr. il
mio articolo http://lelejandon.blogspot.it/2015/11/alzheimer-conviverci-al-meglio-comunita.html),
problemi di cuore/ictus e cecità (28%), il 9% per tumori. Vediamo come
funziona. Sono necessarie per
l'iscrizione referenze scritte da parte
delle famiglie per cui si è lavorato in passato coi relativi numeri di
telefono: le famiglie interessate possono telefonare e verificarne la
raccomandazione. C'è poi un primo colloquio conoscitivo (ne fanno 170 al mese)
sia del candidato sia della famiglia (che vuole informazioni sui tipi di
contratti, un/a badante costa almeno 1.340 euro al mese), durante il quale sono
compilate tutte le informazioni per il profilo. Grazie ai calcoli automatici del computer, le persone che lavorano qui
trovano le corrispondenze fra i profili delle persone anziane e quelli dei
candidati badanti. Il dossier contiene anche un profilo del
carattere dell'anziano (introverso, timido, loquace, etc.), segnala la
presenza di animali (per cui si può essere allergici), la descrizione della
casa ed il numero di metri quadri della
stanza degli ospiti disponibile per l'assistente familiare. Ma attenzione:
non c'è la foto dell'anziano. Una volta
fatti i calcoli, si convocano sia le famiglie sia i candidati, e vengono
presentati 3 possibili persone: entra uno/a alla volta e poi, come spesso accade,
la famiglia può scegliere quella che ritiene la persona giusta che faccia al
caso suo. Il servizio viene chiamato
popolarmente "Sportello Badanti" ma il nome esatto è
"CuraMi" (giuoco di parole con la vecchia targa di Milano).
Non sono
registrati solo i candidati assistenti delle famiglie, bensì anche educatori
per persone con disabilità, ad esempio ragazzini con dislessia, discalculia e
disgrafia. L'iniziativa include anche corsi
di formazione professionale, sia di base sia specialistica (specie nei casi
oncologici e di Alzheimer, che richiedono anche saper parlare con i
medici). L'ufficio (tel. 02 40 29 76 43)
è aperto dal lunedì dalle 8.30 alle 13, e dal martedì al venerdì dalle 8.30
alle 17.30, la mail è info@curami.net.
La
Proposta Creativa che Ciascuno di Noi
può
lanciare nel Proprio Condominio o Quartiere: la Festa dei Vicini
per
creare Amicizia e Conoscenza
Quello
di Frida è un caso comune: un anziano solo, senza famiglia, e rinchiuso in
casa.
Come
ho scritto nel mio articolo “Ri-creare un
Senso di Comunità e una Religione Civile” (http://lelejandon.blogspot.it/2014/10/ri-creare-un-senso-di-comunita-e-una.html),
a questo bisogno dobbiamo rispondere con la nostra creatività di liberi
cittadini nel contesto della società civile facendo Comunità: la parola
“Comunità” deriva dal latino cummunio che
significa “costruire insieme”.
Il
filosofo svizzero Alain de Botton ha formulato una serie di proposte per creare
un senso di comunità, che spesso manca nelle metropoli europee, notando che “parte
della nostra alienazione sociale è attribuibile alle numerose sfaccettature
della nostra personalità che non provano alcun interesse per i valori
comunitari” (pag. 49).
La Festa dei Vicini può essere organizzata anche nel cortile. |
Scrive
Daniel Goleman che sono passati i tempi in cui c’erano “rapporti di buon
vicinato: nella società moderna, una delle perdite più sentite è quella del
senso di comunità” (“Intelligenza
emotiva”, pag. 19) e ciò provoca “alienazione sociale” (ibidem).
Tantoché, aggiungiamo noi per riportare all’attualità italiana, a Torino l’Atc
(ente pubblico che gestisce le case popolari), in collaborazione col Nucleo
Prossimità della Polizia Municipale, ha introdotto corsi di formazione di
buon vicinato che insegnano non solo ad evitare i comportamenti scorretti
più diffusi (camminare senza pantofole, musica alta, pattume cestinato in
maniera errata), ma anche ad organizzare la “Festa dei vicini” (http://www.comune.torino.it/festadeivicini/)
che è stata organizzata anche in alcuni
quartieri di Milano. Presso i nostri cugini francesi esiste dal 1999 la Fête
des Voisins (detta
anche Immeubles
en fête) sino a diventare la Giornata Europea dei Vicini di Casa (http://www.european-neighbours-day.com/)
che è stata imitata anche in Giappone, Canada e Messico.
USCIRE INSIEME. Un'idea è ritrovarsi fra assistenti e fra assistite al Parco. |
In
Italia, troppo spesso all’interno persino dello stesso condominio non ci sono
autentici rapporti personali (ci si saluta in ascensore, sulle scale, ci si vede
alle assemblee di condominio) e addirittura i dati ci parlano di due milioni di
cause civili per liti di condominio (in
primis, il rumore e gli odori molesti). Io credo che questa festa sia
utile anche per favorire le amicizie e
conoscenze non solo fra anziani bensì anche fra gli assistenti familiari.
Ciascuno
di noi, in maniera creativa, di sua iniziativa, può organizzarne una nel
proprio condominio o via o quartiere:
per rompere il ghiaccio. Se non altro perché a tutti, prima o poi, un piccolo
favore torna utile (come la caldaia che si rompe quando fuori gela) e una
visita fa piacere, e sapere che si può fare affidamento reciproco fra vicini
aumenta la qualità della vita quotidiana. Basta un invito a mangiare un pasto
insieme: il nostro vicino ricambierà, prima o poi, senz’altro l’invito. Oppure,
su Facebook, puoi creare una Pagina per gli abitanti del quartiere: tornerà
utile per segnalare le feste dei vicini.
E
per organizzare è semplicissimo: basta un annuncio, magari con l’ausilio di una
bella locandina colorata realizzata al computer, da appendere sulla bacheca.
In
copisteria, si stampano per cifre irrisorie volantini in carta semplice del
colore che si preferisce: anziché metterli nelle cassette della posta, li si
possono consegnare di persona facendo così una bella sorpresa.
Si
specifichi che ogni condomino è benvenuto con un piatto della sua tradizione
culinaria (anche meticciata: si pensi a quelle signore marocchine che fanno il
cous-cous con un sustrato di tortellini). Il fatto di aver preparato da sé il
piatto che si porta sarà così anche oggetto delle prime battute della
conversazione.
Dice
un proverbio cinese:
“Avere
dei buoni vicini di casa è come avere una casa più grande”
E il genio di Benjamin Franklin:
“Sii sempre in guerra con i tuoi vizi, in pace con i tuoi
vicini, e lascia che ogni nuovo anno ti trovi un uomo migliore”
Rodel,
filippino che lavora da tanti anni qui a Milano, mi racconta che anche nel suo
Paese d’origine, la festa dei vicini è ormai una tradizione, e si fa spesso nei
cortili interni dei condominii e con tanto di karaoke.
***
L'INTERVISTA
Le
Tante Famiglie di Marta,
dalla
Russia per amore della figlia
Marta Ospite de "Il Cinema e i Diritti" racconta la sua storia |
Negli occhi di Marta,
dinamica 58enne di origine russa di mestiere colf ed assistente familiare, c'è
sia la generosità di chi è venuta sin
qui per finanziare gli studi della figlia, sia un velo di nostalgia di chi
ha tante famiglie lontane: e non solo in Russia. Anche in Ucraina e a Napoli. L'italiano
l'imparò grazie al primo vegliardo che accudì: un 90enne partenopeo. E' da 17
anni in Italia, e non si sente russa né italiana.
Sente spesso le
sue famiglie via Skype: "Non posso vivere senza questo strumento. Per me è
come Facebook pei giovani d'oggi. A me piace guardarsi in faccia, vedere i
bambini come crescono, e la bellezza dei giovani che matura con l'età".
Marta si è
occupata all'inizio di un anziano, poi (in parallelo, una al mattino ed una al
pomeriggio) di due famiglie una con bambini ed una con giovanotti, e da poco ha
ripreso ad occuparsi di persone agé.
Non a caso la Russia è un paese ove i
vecchi son tenuti in grande considerazione come scrive lo psicanalista James
Hillman nel suo libro "La forza del
carattere" (Adelphi, Milano 2000, pag. 51) che analizzeremo nella
seconda parte del Cineforum.
Orfana
a 13/14 anni, fu cresciuta dalla Zia:
"Come
una Mamma"
Marta viene da
Krasnodar, città di 750 mila abitanti fondata dai Cosacchi a fine Settecento in
Russia vicino al Mar Nero.
La madre, polacca, che le ha trasmesso la fede
cattolica nonostante il regime ateo del comunismo, le morì a 48 anni quando lei ne aveva tredici; suo padre, russo, le
morì quando lei aveva quattordici anni (e suo fratello 8). Tutt'e due di
tumore. Lei fu cresciuta da una zia,
Valentina, sorella di mamma, all'epoca 42enne con due figli, una di 12 ed
uno di 9, che è "come una seconda
Mamma", e che oggi ha 87 anni.
Il padre
lavorava nell'industria aerospaziale e così, dopo gli studi, Marta ottenne un
posto come impiegata amministrativa in quel settore sino ai tagli del governo
Gorbacev.
Conobbe suo
marito tramite amici: un classico. Infatti, una professoressa americana di
statistica ha dimostrato che la maggioranza delle persone trova il compagno e
la compagna della vita così, dal momento che gli amici sono quelli con cui
condividi gl’interessi, è altamente più probabile che una persona affine a te
sia nella cerchia delle tue amicizie.
La
figlia rimasta in Russia
ha
studiato grazie al lavoro della madre in Italia
Ora
manda aiuti finanziari al Nipote
A vent'anni Marta ha avuto la figlia Setlana (che è il
corrispettivo russo di Luciana) che
(anche lei come sua madre) ha cresciuto (segretamente) nella fede cristiana
cattolica durante il comunismo, quando le fedi erano illegali, a scuola non
s'insegnavano nemmeno i princìpi delle religioni del mondo e non si poteva
pronunziare nemmeno la parola Dio. L'ha potuta battezzare quando era già
17enne, nel 1993. Come ha fatto? Manteneva viva la tradizione religiosa con le
preghiere a tavola, alle feste comandate: segreto di famiglia.
Nel 1986 le muore anche il marito: di tumore come
i genitori. All'età di 48 anni come sua
madre, fatalità. Marta spese tutti i risparmi per pagare le costose cure, sia
ottenendo anche prestiti dagli amici sia vendendo la casa.
Licenziata per i
tagli, ha dapprima lavorato come commessa in un negozio di vestìti, poi ha
avuto l'idea di trovare lavoro in un Paese la cui moneta valesse di più per
poter mandare soldi a casa, ma ha come
lasciato al destino la scelta: quando all'agenzia russa per il lavoro le
chiesero: "Signora, dove vuole andare a lavorare?", lei rispose:
"Per me è uguale". I Paesi del mondo, allora, li aveva veduti solo
alla Tv: proprio come Anne, la co-protagonista del film "A Lady in Paris". E così il caso
volle che all'agenzia le assegnarono come destinazione Napoli.
Setlana, che oggi ha 39 anni, ha fatto carriera
anche grazie all'investimento che la madre ha fatto su di lei: dopo la laurea
in Medicina e pediatria, vista la misera
paga dei medici in Russia (corrispondente a 40 euro al mese), la mamma le ha finanziato gli studi della
seconda laurea: farmacia. Dimodoché potesse vivere bene. Per farlo, ha
dovuto venire in Italia. Nessuno meglio della madre sapeva che quella ragazza
era promettente, in gamba, e che ce l'avrebbe fatta col necessario sostegno
economico. E così è stato.
Oggi Setlana,
che ha anche una figlia di 9 anni, è andata a vivere con il marito in Ucraina, ove
lavora come manager in una ditta farmaceutica. (Anche il fratello di Marta si è
trasferito in Ucraina, ha un negozio e due figli).
Setlana è maritata
con un bel russo (Nikolaiev, pilota come lo era il padre di Setlana) che si
sente ucraino, complice la divisa indosso ed il senso di appartenenza al corpo
militare.
Il figlio di
Setlana, Evgeny (Eugenio), il nipote di Marta, sogna di volare anche lui come
il padre e il nonno mai conosciuto, e studia all'accademia militare per diventare
pilota di elicotteri. Ora Marta
contribuisce a finanziare anche gli studi del nipote, così come aveva reso
agevoli gli studi della figlia.
A proposito di
voli, Marta ama volare e fa tanti viaggi in aereo col compagno. I voli, nota,
hanno aperto la mente dei russi, prima chiusi nel loro continente, e promuovono
quello sguardo empatico che cerchiamo di sviluppare con l'iniziativa del Cineforum
sui diritti umani. Chiusa invece verso la dimensione politica è lei: di
politica preferisce non sentire, come la defunta madre. Non le piace per niente
Putin e non riesce a capire come mai abbia invaso l'Ucraina: "Son così
simpatici, gli Ucraini, io ho tanti amici ucraini, perché invaderli? E' come se
invadessimo l'Italia!", dice, facendo l'esempio di un Paese che le è stato
subito simpatico. "L'anima russa? L'America che vuole dominare il mondo?
Putin è paranoico". La stampa russa è troppo influenzata, secondo lei,
ragion per cui non si fida e legge solo il Corriere. Il
timore è che l'Ucraina entri in guerra e suo nipote e suo genero siano chiamati
alle armi. E' lei che va a trovare la figlia in Ucraina, d'estate: le
piacciono la capitale Kiev e le montagne cappate. "Ma non resisto più di
due mesi. Poi sento nostalgia dell'Italia".
36
ore sveglia in Pullman
a guardare Paesi mai Visti
Lo
Shock del Primo Caffé Italiano
Ripercorriamo il
suo viaggio. Marta giunse in Italia all'età di 45 anni dopo un viaggio di
trentasei ore seduta su un pullman a due piani, come quelli di Londra: “Dal
momento che non ero mai uscita dalla Russia, ho approfittato di questa
occasione straordinaria per godermi tutti panorami: mi sono seduta al piano di
sopra immaginando come sarebbe stata la mia vita in questo o quel Paese.
Passando attraverso l'Ungheria, son rimasta incantata da Budapest, e mi sono
ripromessa di andarci, un bel giorno. Non ci sono ancora mai andata, ma essendo
così viaggiatrice, so che ci andrò prima o poi.”
Il primo sapore italiano l'ha sentito nel primo
autogrill ove
ha fatto sosta: il primo caffé fu uno
shock, lei che in Russia aveva sempre bevuto una specie di Nescafé solubile
che scioglieva dentro un bicchiere non sapeva cosa fosse un vero caffé.
Partì senza prenotare un alloggio, senza sapere
dove sarebbe andata: all'avventura. Son cose che le madri fanno quando amano i
figli e sanno che i loro sacrifici saranno ricompensati delle loro gioie
future. E' scesa il primo dicembre 1998 alla Stazione di Piazzale Garibaldi del
capoluogo campano, e ha cercato cogli occhi le sue connazionali: riconoscendole
dai tratti somatici e dalla parlata. Ha
subito trovato un'ucraina che le ha dato alloggio in nero: dodici signore in
una stanza. "Polacche, russe ed ucraine: c'è solidarietà fra noi donne di
questi tre Paesi".
Il
primo mese ha mangiato alla Caritas
Il
Primo Lavoro: il 90enne che le insegnò l'Italiano
“Il
mezzo migliore è il passaparola”
Fu in quel primo
mese senza lavoro che ha scoperto ed apprezzato una qualità che ama
dell'Italia: "Il volontariato. Se io ho potuto mangiare quei primi trenta
giorni, è stato grazie alla Caritas". (In Italia abbiamo davvero molti
volontari per gli affamati e mi piacerebbe che ci fosse altrettanto
volontariato giovanile per il movimento per i diritti civili).
Ha preferito
evitare gli annunci in cui fornisci il tuo numero, sui giornali o appesi al
lavasecco: "Si sentivano certe brutte storie, meglio di no". Tramite
un giro di conoscenze, trova di nuovo un'ucraina che le fa: "Senti, io ti presento e ti raccomando ad un
signore perbene, tu in cambio mi dai una bella mancia, ci stai?".
Funziona così. Marta così fu condotta da questo vecchio signore la cui casa
vedeva sul Golfo di Napoli, il Vulcano Vesuvio e la Sorrento del film "All you need is Love" della regista
danese Premio Oscar Susanne Bier. Ogni mattina, s’alzava e per prima cosa guardava
il mare, e si riteneva fortunata di essere finita lì in quella bella casa da
quel signore gentile. Era un distinto signore napoletano 91enne che quando non
tentava d'imparare l'inglese (bizzarria degli anziani che non smettono di
esplorare), le insegnava pazientemente
la nostra bella lingua musicale indicandole gli oggetti:
"tazzina" eccetera. Marta era sia motivata sia recettiva. Il vecchio fece
una cosa che consiglio vivamente a tutti, se possono permetterselo: favorì la
sua formazione, iscrivendola ad una scuola privata d'italiano, ed in un anno
Marta apprese molto: quanto basta per fare la spesa e proseguire da sé la
conoscenza della lingua. Oggi l'italiano lo sa abbastanza bene da apprezzare le
parole dei testi delle canzoni di Celentano, Morandi e dei Ricchi e Poveri.
Studiò anche per
ottenere la patente: quella russa non è considerata equipollente in Italia. Un
pomeriggio il vecchio disse che avrebbe fatto il suo consueto sonnellino, e s'è
addormentato per sempre. Il caso ha voluto che Marta s'innamorasse
di un altro signore gentile, il figlio di questo suo primo prof d'italiano,
all'epoca 51 enne, ed oggi sono ancora insieme innamorati e convivono a Milano.
Il padre aveva dato la sua benedizione dicendo al figlio:
"Vedrai che
questa brava donna è giusta per te. Te lo dico io che ci convivo ogni
giorno"
Condividono i viaggi, la passione per girare
in bici, e l'affezione a Milano. Lui le ha fatto visitare tutto il Paese, le
manca solo la Sardegna da vedere.
Le
due Famiglie a Napoli:
"Le
mie Sorelle e i miei Nipoti, i Natali con loro"
Dopo la morte di
questa primissima persona da lei assistita, in pratica il "suocero",
Marta trovò un nuovo lavoro: dieci anni
contemporaneamente presso due famiglie benestanti che vivono anch’esse
nella zona alta, panoramica. Da queste
due famiglie Marta ha conosciuto l'arte del vivere ed il carattere estroverso
dell'Italia.
Al mattino,
dalle otto alla una, faceva la babysitter
presso una famiglia; al pomeriggio, dalle tre e mezza alle sette e mezza,
era la colf di un'altra famiglia
borghese.
La
Famiglia/1: la Mattina
"Una
signora mi ha insegnato la Cucina Italiana"
La prima
famiglia (marito e moglie architetti, lei caprese, lui berlinese) era numerosa,
e Marta è stata la balia che ha accudito
e visto crescere il bambino sin da quando lui aveva tre giorni di vita. (Oggi il bambino ha dodici anni e si vede
con lei su Skype. La considera come la sua giovane Nonna, e lei lo considera il
suo nipotino.) Avendo preso la patente italiana, Marta fra le altre cose
poteva anche portare i bambini in giro con l'automobile. La curiosità e la
conoscenza è stata reciproca: come lei ha imparato la cultura italiana, così
loro si facevano raccontare le fiabe russe tradizionali e qualche battuta in
russo: attraverso i canti e le filastrocche.
La padrona di casa ("che è
come mia sorella") le ha insegnato a cucinare, o meglio: dal momento
che la signora non aveva bisogno d'aiuto, Marta la osservava, e apprendeva come
una spugna l'arte della Cucina italiana. In
primis, le lasagne napoletane. Poi, la sera, Marta sperimentava le ricette
viste a casa con il compagno.
Quando, durante
l’intervista, le parlo della Festa dei Vicini in Francia, lei mi dice:
"Ah, sì? Ma l'avevo già inventata io a Napoli: ero io che proponevo le
festicciole pei bambini nei pomeriggi d'estate. Le chiamavo "le feste delle babysitter". La prima l'ho proposta io: facevo i paninetti
di nutella, le crostate, i pasticcini. Quando venivano "da me", cioè
a casa dei figli della mia famiglia ospite, offrivo io. Quando accompagnavo i
bambini, offrivano le mamme del bambino di turno. Anche in Russia, d'estate, organizzavo
i picnic del sabato!"
La
Famiglia/2: il Pomeriggio
"Il
ragazzo gay che mi considera una Sorella
Con
lui la mia Festa di Ballo più divertente"
L'altra famiglia
era composta da una giudice ("che considero come una sorella", anche
lei) ed un ingegnere ed i loro due figli, un ragazzo (uno statistico) ed una
ragazza (un'avvocata) già grandi che come i protagonisti del telefilm "Brothers and Sisters" vivono
felicemente a casa dei genitori. Si alternavano perfettamente in cucina, perciò
non avevano affatto bisogno di una tata che cucinasse. Anzi: le mettevano da
parte sempre una fetta di torta. Ed era sempre invitata ai compleanni.
Il ragazzo, che lei conosce da quando lui aveva 29
anni, è coetaneo della figlia Setlana, cioè 39enne oggi: "Non solo è bello
come il sole, ma anche solare, vitale e gentile. Quando sua sorella m'ha
chiesto se era un problema per me che fosse gay, le ho detto: "Se essere
gay è essere gentili, allora per me è OK. Non lo vedo come gay, lo vedo come
persona. E lui è la persona più gentile che conosco."
Prosegue Marta: "Lui mi considera e mi tratta come una
sorella. Mi ricorderò sempre che fu grazie a lui che mi divertii alla mia
più bella festa casalinga: fu quando per Carnevale trasformò per una sera il
soggiorno in una disco dance, con
tanto di luci e disc jockey! Mi sono
trattenuta per due ore, sinché ero stanca di ballare. Eppoi ho pensato che era
il momento di lasciare da soli quei giovani fra di loro. Ma lui insistette per accompagnarmi sino a casa con l'auto, protettivo
come un fratello: "Tu in giro per Napoli di notte non ci vai, a casa
ti ci porto io, sorella!".
I Natali Marta li festeggiava a pranzo con l'una e
la cena con l'altra famiglia.
Le
due donne malate assistite da Marta:
i
mariti spesso via per lavoro
La
70enne cieca che vuol imparare a fare da sé
Poi, un anno e
due mesi fa, il compagno per motivi di lavoro la convince ad andare a vivere
con sé a Milano. Per amore l’ha seguìto, sia pur con gran dispiacere. “Menomale
che è stato inventato Skype”, esclama. E’ così, infatti, che Marta mantiene i contatti con le sue famiglie
(sia a Napoli sia in Russia): "Non posso vivere senza Skype".
La coppia
convive in un appartamento, nella zona "Le Terrazze", così detta
perché piena di bei terrazzi, al capolinea della metrò verde, Abbiategrasso:
"Un quartiere tranquillo-tranquillo, pieno di verde, di piste ciclabili, ideale
per il mio compagno e me che siamo sportivi e al weekend facciamo i giretti in
bici." La sua cerchia di amicizie se l'è costruita grazie alla vita
all'aria aperta: "Qui in zona ho conosciuto altre donne russe, o polacche
o ucraine: proprio come quelle che incontrai il primo giorno in Italia, in quel
piazzale della Stazione di Napoli". "A Milano ho scoperto sapori
nuovi: risotto alla milanese e cotoletta alla milanese, che ho imparato a fare
anch'io, così come a Napoli avevo imparato a fare i piatti tipici partenopei".
Fra le persone
che assiste, c'è una 72enne la quale è non
vedente da quattr'anni a causa di un tumore che ha colpito anche gli occhi e
comunque abbastanza autosufficiente. L'anziana, già giornalista del "Corriere", vive col marito
avvocato 71enne (che è spesso in giro per il mondo) proprio dinanzi alla
storica sede del quotidiano. Non ha
figli né nipoti, ma la vanno a trovare quelli dell'istituto ciechi, Marta le
prepara da mangiare e sta presso di lei dodici ore a settimana, quattr'ore
al giorno. "La signora vede tutto bianco, più avanti vedrà tutto nero: è
l'evoluzione della sua malattia oculare. La
prima regola quando lavori con una persona cieca: mai spostare niente.
Rimettere sempre tutto al solito posto. E' una tipa orgogliosa, vuole
imparare a far da sé. Addirittura, va in giro sempre da sola, col bastone,
senza cane. Ma quando piove è difficile. E' di poche parole. Non dice mai nulla
di sé, né mi chiede mai niente di me" purtroppo.
In compenso, ama
invece chiacchierare ("come fra due vecchie amiche”) l'altra signora
ammalata da lei assistita, a Segrate. Si chiama Cinzia, e a soli 52 anni è
paralizzata a causa di una malattia cerebrale e anche lei ha un marito (58enne)
che a causa del lavoro la lascia spesso sola: fa il paramedico. Con lei Marta lavora dieci
ore, tre volte a settimana. Cinzia non ama compiangersi, si ritiene meno
sfortunata di molti altri. Commenta
Marta: "Io che ho allevato una figlia e ho lavorato con i bambini a
Napoli, posso fare il confronto fra vecchi e bambini: lavorare con queste
persone ammalate è più difficile che accudire i bimbi, ci vuole tanta
pazienza".
Marta non
assiste solo anziani, ma tiene anche in ordine le case di altre persone. Per
esempio tramite conoscenze ha trovato lavoro per riordinare presso una
professoressa studiosa che vive sola, la sua preferita perché con lei parla di
tutto (anche se la docente in alcuni periodi dell’anno è troppo occupata per
fare conversazione): "Mentre io metto a posto, la prof è sempre alla
scrivania, a fare ricerca, a corregger tesi di laurea e a studiare nuovi volumi.
Poi finalmente stacca per una sigaretta e io e lei conversiamo. Appena entrai in
quella casa piena di stile e di storia, notai l'assenza delle solite icone di
santi e crocifissi delle case italiane: "Lei non è cattolica, vero?".
"Indovinato, sono ebrea". Avevo già conosciuto delle persone ebree in
Russia: ho notato che studiano e leggono molto più degli altri." Da
quell'osservazione arguta si è guadagnata la stima della signora ed è nata
un'amicizia: "La prof è sempre di buonumore, e io con lei mi sento libera
di parlare anche dei miei affari familiari, cioè delle mie famiglie."
Bilanci:
"Della Russia mi manca la Neve"
"Il bello del mio lavoro è che, fra una
signora e l'altra, mi faccio i miei bei giretti: ho scoperto le bellezze
segrete di Milano: i cortili dei palazzi".
La questione
della cittadinanza? "Mi è giunta la letterina, ma non è una cosa che
ritengo urgente: esattamente come non m'interessa sposarmi. Se due stanno bene
insieme, a che serve?". E trova che sia giusto che sia conferita dopo
dieci anni di permanenza la cittadinanza italiana? "Secondo me sì, dieci
anni sono il periodo giusto per capire se sei italiano o no." E Lei,
Marta, l'ha capito, dopo dieci anni in Italia, se si sente italiana o russa o
tutt'e due? "No, non mi sento italiana, né russa. Mi sento un pò come la
mia amica ebrea."
Le chiedo dei
confronti fra città: "Non c'è paragone, preferisco di gran lunga Milano
per almeno due ragioni molto pratiche nella mia quotidianità. La prima è che i
mezzi pubblici a Napoli accumulano ritardi: quindici minuti diventano un'ora.
Invece, qui a Milano attendi al massimo
sette minuti, e se il metrò si blocca,
c'è subito la navetta. (Quanto al casino del traffico, poi, Napoli è peggio
di Roma.) Un'altra ragione è la sanità: qui, fa un esempio, mi arriva
puntualmente la letterina con l'invito a fare il test al seno, che io faccio
subito avendo avuto l'esperienza di restare orfana dei genitori e poi di mio
marito morti tutti e tre di tumore. A Napoli, non mi era mai arrivata, ora non
so. Invece oggi ci si può salvare dal cancro se uno lo prende in tempo".
Cosa Le manca di
Napoli, Marta? "Oltre alle mie famiglie? La pizza napoletana
originale!" (che è anche stata una delle immagini presenti nello spot Tv di
Expo Milano 2015 come parte integrante della nostra cultura culinaria). E della
Russia, Marta, cose Le manca?
"La neve!
L'ho ritrovata in Germania, quando sono andata a trovare i genitori del signore
tedesco per cui ho lavorato a Napoli, e qui a Milano gl'inverni passati,
peccato che lo scorso inverno non sia venuta". Torna in mente il paesaggio
innevato che Anne lascia (anche lei partita all’avventura, come Marta, per un Paese ignoto) in Estonia nel
film.
La caratteristica di questa donna solare, quindi, è la sua capacità di fare festa: le feste cattoliche che faceva di nascosto in famiglia per non perdere le tradizioni durante il regime comunista; le "feste delle babysitter" che ha inventato mentre curava i bambini della famiglia partenopea; ed infine, la festa che si ricorderà sempre, del ragazzo gay presso la cui famiglia lei ha servito dieci anni e che la tratta come una sorella. Solo chi è in grado di fare festa può essere una persona realmente compassionevole com'é Marta.
****
Il
De Senectute di Hillman:
Il
Senso di una Lunga Vecchiezza è Conoscere Sé Stessi: completare la Scoperta del
Carattere, Idea Terapeutica che dà il Valore Durevole di Ognuno
PSICANALISTA E FILOSOFO. James Hillman (1926 - 2011) ha scritto da vecchio il saggio filosofico "La Forza del Carattere" (1999). |
"I prossimi
decenni saranno dominati dalla popolazione anziana" e "le nazioni
sviluppate stanno invecchiando rapidissimamente", dice James Hillman nel
saggio "La Forza del Carattere"
(Adelphi, Milano 2000, pag. 20), ed infatti è stato un bestseller in Germania "L'arte
d'invecchiare" del consulente filosofico Wilhem Schmid, appena
tradotto da Fazi.
James Hillman (1926
- 2011) è stato un grande psicanalista junghiano: come il suo maestro Jung
(1875 - 1961), crede nell'esistenza di un inconscio collettivo, Idee che
preesistono alla nostra nascita e sono vive nel nostro immaginario: "Esistono stili di esistenza archetipici ai
quali non ci è dato fuggire" (pag. 58). Hillman formulò un suo pensiero
originale con cui si era proposto di
reimmaginare la psicologia e, da anziano, l'analista americano ha scritto
questo libro filosofico (di "psicologia filosofica", come Hillman chiama
il proprio pensiero nel libro "Un
terribile amore per la guerra"),
"La
forza del carattere" (titolo originale americano "The Force of Character and the Lasting Life",
1999) in cui vuole studiare "il
fenomeno "vecchiaia" come un fenomeno archetipico, con i suoi miti e
significati" (pag. 27) e con metodo fenomenologico, secondo tre
parole-chiave: Durare, Lasciare, Restare. (Lasciare è il letting go di Matthew Fox, il teologo che ha inaugurato la mia
rassegna quest’anno alla Casa dei Diritti: la Via Negativa, il saper lasciar andare).
Un appunto sulla
versione italiana: non solo mancano auspicabili note esplicative (come la
necessaria spiegazione che "character"
in inglese significa sia "carattere" sia "personaggio") ma
addirittura ci sono errori di distrazione (alla pag. 180 seguono le pagg. 179 e
180 con la ripetizione di un paragrafo già letto: di questa mancanza diffusa di
concentrazione ho trattato nel mio articolo “Allenare l’Attenzione, Muscolo della Mente”: http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/allenare-lattenzione-muscolo-della.html).
ìPer cominciare,
il grande psicologo analista denuncia un limite culturale diffuso: le scienze
si limitano a studiare come
s'invecchia, ma non qual è il senso di
questa lunga vecchiaia.
Noi mammiferi abbiamo sia l'infanzia più lunga sia la
vecchiezza più longeva, ancor più lunga nelle donne che vivono anche
"sessant'anni dopo la menopausa":
qual è il senso di ciò?
Sull'infanzia, la nostra lunga infanzia, abbiamo già
scritto (vedasi il mio articolo "Le Intuizioni Morali Innate come i Cinque Sensi: Studiare gli Occhi dei
Bimbi per capire la Natura Umana e i suoi Limiti": http://lelejandon.blogspot.it/2014/08/le-intuizioni-morali-innate-come-i.html,
recensione al libro di Paul Bloom "Buoni
si nasce"). Ma la vecchiaia?
Di certo non è
in grado di spiegarlo il geneticismo della "teoria del gene egoista"
di Richard Dawkins -una "idea psicopatica" la definisce Hillman (pag,
259, cfr. il mio articolo sulla maniera di ragionare dei sociopatici:
http://lelejandon.blogspot.it/2014/02/senza-rimorso-colpa-o-pieta-come.html,
http://lelejandon.blogspot.it/2015/04/linvidia-maligna-del-perverso.html)-
secondo cui i nostri geni dominano il nostro istinto a perpetuare la specie.
Hillman, rifacendosi
agli antichi sia per quanto riguarda i vari "De Senectute" (Cicerone, Seneca) sia per quel che concerne il
carattere, esplora il senso di questa longevità.
Innanzitutto, vorrei
citare l’attivista femminista ebrea americana Betty Fridan (1921 – 2006), autrice
del classico “La Mistica della
Femminilità” nel 1963 ove dava voce al malessere delle donne casalinghe per
lo stereotipo patriarcale della donna tutta casa-e-famiglia) che, in un saggio
che scrisse settantenne, nota come
“la vecchiaia è
definita come assenza di giovinezza. La vecchiaia non è dunque valutata per
quello che è, ma piuttosto per quello che non è” (“L’età da inventare”, Frassinelli, Milano 1994, pag. 56)
Dice Hillman che
dobbiamo recuperare il significato positivo di "vecchio" nello stesso
senso in cui noi diciamo "vecchio
amico" o "vecchi film": un aggettivo che si attribuisce alle "cose profondamente amate"
(pag. 88). Dobbiamo recuperare sia l'antico senso di "old" che deriva da
una radice indeuropea che significa
"nutrire" ("una cosa old è
nutrita appieno, cresciuta appieno, matura al punto giusto", pag. 84)
sia dalla varietà dei ben nove termini usati nella Bibbia ebraica (pagg. 92 -
93). Dobbiamo smettere di associare la
parola "vecchiaia" alla parola "morte" che magicamente
uccide la ricerca di senso (pag. 27) ed abbinarla piuttosto al carattere. Non
si può passare gli ultimi anni di vita pensando ad "una cosa che non posso
conoscere", cioè la morte.
"Per
comprendere la vecchiaia abbiamo bisogno dell'idea di carattere" (pag.
13): urge la svolta di uno "studio umanistico della vecchiaia" come
han fatto lo psichiatra Premio Pulitzer Robert
Butler (1927 - 2010), autore di studi longitudinali su persone anziane in
salute e che ha contribuito al documentario del 2009 (di cui ho mostrato
estratti in esclusiva italiana) "I
Remember Better when I paint" (sull'effetto benefico del dipingere
sugli ammalati d'Alzheimer, con la voce narrante del Premio Oscar Olivia de
Havilland), e donne come Simone de Beauvoir, Anne Wyatt-Brown e Kathleen
Woodward.
***
Compassione
e Carattere, i due Grandi Assenti
Ricordate quando
ho recensito il libro di Matthew Fox,
che ha notato l'assenza nei libri di
teologia cristiana della parola "compassione" legata alla giustizia, come
nello spirito ebraico? Ebbene, analogamente,
Hillman denuncia l'assenza nei libri di psicologia della parola
"carattere", come invece nei miti antichi.
E proprio seguendo il motto del dio Apollo a Delfi,
"prendi consapevolezza di te stesso" (Γνῶθι
σεαυτόν) Hillman c'invita a scoprire noi stessi.
E qui ci viene
in mente la distinzione del filosofo ebreo
tedesco Edmund Husserl (1859 – 1938) fra Körper (il corpo
fisico) ed il Leib (il corpo vivo,
vissuto) che vi ho spiegato alla Serata Cineforum sull’Alzheimer http://lelejandon.blogspot.it/2015/11/alzheimer-conviverci-al-meglio-comunita.html):
un approccio superficiale, incapace di valorizzare la vecchiaia, sa vedere solo
il corpo indebolito con i suoi acciacchi, mentre il carattere del vecchio è un'
"idea psicosomatica", psiche-e-soma insieme. Qui Hillman critica la
gerontologia ad orientamento fisiologico, incapace di rispondere alle domande
filosofiche dell'essere umano e dominata dall'archetipo della giovinezza come
paragone:
"Non
riusciamo a immaginare la bellezza della vecchiaia
perché
guardiamo soltanto con gli occhi della fisiologia" (pag. 52).
Il biologo Roger
Gosden dice che ci sono trecento teorie diverse sul mistero
dell'invecchiamento. E mentre dopo i 50 anni, il 50% dei neuroni viene perso
dalla regione frontale della corteccia (sede della capacità motoria) e diminuisce
la memoria a breve termine (oggi chiamato "disturbo neurocognitivo
lieve"), d'altra parte migliora la
memoria a lungo termine (pagg. 134 - 135). Inoltre, non solo negli anziani
in salute la sensibilità ai sapori non subisce mutamenti, ma è bene ricordare
che i migliori sommeliers e chefs
"raggiungono l'eccellenza invecchiando" (pag. 172).
"Se penso
che la mia fisiologia sia la mia intima "natura", starò all'erta per
cogliere ogni giorno il minimo segno di declino" e sarò dominato da ipocondria, ansia e depressione (pag. 99) e mi
focalizzerò sul mio corpo (dieta, bilancia, specchio). Meglio, piuttosto, dedicarsi
allo studio del carattere.
"Una donna
vecchia può essere utile semplicemente
in quanto figura
da apprezzare per il suo carattere" (pag. 52)
"Dobbiamo
psicologizzare la vecchiaia, scoprire l'anima che ha dentro" (pag. 13)
"Come il
carattere guida l'invecchiamento, l'invecchiamento disvela il carattere"
(pag. 17)
"La
patologia principale della vecchiaia è l'idea che ne abbiamo" (pag. 20) e
serve una "terapia delle idee" che "richiede coraggio", il
coraggio che il filosofo britannico Alfred North Whitehead (1861 - 1947) chiamava
"l'avventura delle idee".
"Invecchiare
è una forma d'arte" (pag. 14)
"L'idea di
pensionamento tende a incoraggiare un atteggiamento di rivendicazione anziché
di servizio" (pag. 53)
"Gli ultimi
anni sono così preziosi per ripassare la propria vita e fare ammenda, per
dedicarsi a speculazioni cosmologiche e per l'affabulazione dei ricordi in
storie" (come Nonna Nanette,
interpretata dal Premio Oscar Ellen Burstyn, nel film "Un giorno questo dolore ti sarà utile"),
“per il godimento sensoriale delle immagini del mondo e per il contatto con le
apparizioni e gli antenati: e tutti questi valori la nostra cultura li ha
lasciati avvizzire!" (pag. 53).
Oriana Fallaci ha dedicato la vecchiaia a ricostruire l'albero genealogico della sua famiglia e a scrivere il romanzo storico "Un Cappello pieno di ciliege" che è stato pubblicato postumo. |
Ecco perché si passa la vecchiaia "concentrati come se stessimo studiando per un esame finale" (pag. 73), passando in rassegna la vita, a sfogliare gli album di foto, a scrivere l'autobiografia o la storia della famiglia, come fa dichiaratamente Oriana Fallaci (1929 - 2006) nel suo romanzo (pubblicato postumo) "Un cappello pieno di ciliege. Una Saga" (Rizzoli, Milano 2008):
"Ora che il
futuro s'era fatto corto e mi sfuggiva di mano con l'inesorabilità della sabbia
che cola dentro una clessidra, mi capitava spesso di pensare al passato della
mia esistenza: cercare lì le risposte con le quali sarebbe giusto morire"
(incipit)
Un libro storico
che pare proprio come uno studio della caratterologia dei personaggi e di sé
stessa.
Continua
Hillman: "Io penso che il carattere voglia cercare di capirsi, di
accrescere la propria capacità d'introspettiva e la propria intelligenza"
(pag. 136). Per esempio, i poeti e monaci giapponesi compongono in punto di
morte un jisei, una breve poesia d'addio alla vita (pagg. 175 - 176).
"Il mondo
quotidiano è notoriamente carente di studi di questo tipo", come mostrano
le frasi di chi viene intervistato a proposito dello stragista di turno: era
così tranquillo. Siamo quello che appariamo soltanto se siamo immaginifici e
sappiamo fare "people watching" (pag. 75). "Invece di guardare,
somministriamo test" (pag. 76).
"Il
nostro assunto è che la vita sia essenzialmente intelligente, non soggetta
al cieco caso, e dunque intelligibile, non assurda" (pag. 105),
come invece
(dico io) pensano quei vecchi che si suicidano perché ammalati di ipocondria o
di depressione (ci sono vari casi famosi) o perché economicamente sul lastrico.
Il carattere è studiabile ed intelligibile, mediante l'immaginazione. Come
abbiamo visto dalla nostra intervista al Servizio "CuraMi", il
carattere viene tenuto conto anche nella selezione delle proposte di possibili
assistenti degli anziani.
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"Il
Carattere è la Forma del Corpo"
In
Aristotele si dice "Enérgheia"
(Energia)
Nella copertina della sua autobiografia, il neurologo ebreo Oliver Sacks mette una sua foto da giovane. |
Ma che cos'è il
carattere?
L'idea di carattere
richiama la scrittura: deriva dal greco kharassein, "incidere",
"tratteggiare", ed è appunto fatto da tratti, qualità distintive ed
in lingua inglese "character" indica anche il
personaggio:
"quel
marchio d'identità che distingue una persona dall'altra" (pag. 243).
Le moderne
scoperte scientifiche ci suggeriscono come avesse ragione Aristotele
nell'intuire che c'è sempre una forma a dare organizzazione alla materia. Ed il
carattere è secondo Hillman la nostra "forma", concetto che egli recupera
dai filosofi greci Platone ed Aristotele (enérgheia,
donde la parola "energia"):
"durante
la vecchiaia il nostro carattere mostra sempre maggiore energia" (pag. 46).
Secondo
Aristotele "l'anima è la forma del corpo" per cui se anche muta la
materia, come il mio corpo che
invecchia, non muta la forma: il mio carattere. Il carattere è "il
principio informatore dell'invecchiamento del corpo" (pag. 42). Hillman
definisce "pazzesco" il riduzionismo che va di moda nelle neuroscienze,
alla Steven Pinker (mind = brain) per
cui io non sarei nient'altro che il mio cervello visibile mediante le
neuroimmagini. Hillman è invece dell'opinione che esista una "forza
invisibile" (pag. 44) che dà forma a ciò che accade nel corpo, ai
comportamenti: le caratteristiche che rendono unico ognuno. "La forma ci aiuta a spiegare
l'incredibile energia dei vecchi" (pag. 46, a me viene in mente Oliver Sacks, il grande neurologo ebreo
britannico da poco scomparso, pieno di voglia di ricercare e ricco di
eccentricità che tanto piacciono a Hillman che nei suoi libri ha descritto i
progressi dei pazienti affetti da varie malattie particolari come la sua, la
prosopagnosia).
Avere carattere
allunga la vita, "durare" significa essere fedeli al proprio
carattere (pag. 47). Ma attenzione: Hillman non dà giudizi morali. Si può avere
anche un caratteraccio immorale e spigoloso e durare.
Il carattere si
fonda sul cuore, non nel senso della pompa di Harvey bensì dell'idea del
carattere più autentico come la sede
della compassione nonché dell'immaginazione creativa (secondo il mistico
sufi Ibn Al Arabi, che ho citato nel mio articolo sulla Creatività come essenza
della nostra umanità http://lelejandon.blogspot.it/2015/03/il-coraggio-creativo-e-la-risposta.html).
Gli Egizi raffiguravano i preparativi per l'aldilà con una bilancia ove su un piatto c'era una piuma e sull'altro un cuore: la
vecchiaia è il momento della vita in cui alleggerire il cuore dal peso delle
colpe e la contrizione l'alleggerisce. Il filosofo preferito di Hillman, il
neoplatonico Plotino, credeva che il
moto dell'anima sia circolare: il messaggio è che la nostra vita non deve
discostarsi troppo dalla nostra anima, partendo per la tangente ed
allontanandosi dal cerchio (pagg. 187 - 188).
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Il
Carattere Ospita tanti Caratteri:
come
una Compagnia di Attori
Precede
la Morale, ed è dato dalle Caratteristiche Individuali: lo Stile, i Segni
Particolari, i Nostri dèi del Cuore, le Immagini che generano infinite Storie
(e di cui le virtù e vizi sono solo una minima parte
Vediamo, anche
attraverso l'elencazione riassuntiva che ne fa Hillman a fine libro (pagg. 268
- 271), che cos'è e che cosa non è il carattere:
- Il carattere è
tutta quella serie di sfaccettature
osservabili (di cui le eccentricità sono parte integrante) che rendono distinta come unica una cosa od
una persona: “ha carattere” anche un'opera od una casa od un oggetto. Jung
definì l'individuazione (il processo che si raggiunge anche grazie alla
psicanalisi) come differenziazione del Sé dal collettivo. Non è
quindi la "personalità" o l'Io (tipo a.d. od un uomo politico che
cerca il compromesso fra due parti), né
il Sé, il Soggetto, la Volontà (come pensavano Nietzsche e il suo maestro
Schopenhauer), o l'identità, o l'Ego, od il temperamento, o tutta quella serie
di nomi inventati dalle varie scuole di psicologia (pag. 41). E' impersonale e
si compone di parecchie "personalità parziali": Hillman immagina la
psiche come una pensione piena di ospiti (mi viene in mente Hegel che dice che "l'anima
umana è piena di dèi") e "una
teoria del carattere deve dare spazio a tutti, ai caratteristi, alle
controfigure, agli addestratori di animali, alle comparse" come
"quando, alla fine dell'opera, l'intera compagnia si presenta in
scena" (pagg. 72 - 73) che gli junghiani chiamano "integrazione
dell'Ombra": in questo mi fa pensare alla "coscienza
drammaturgica" odierna di cui parla Jeremy Rifkin ne "L'età dell'empatia").
"L'ideale junghiano auspica un carattere più integrato, una pensione al
completo" (pag. 73);
- la decadenza
fisica dell'invecchiamento "libera
il carattere dalla personalità" che "imbriglia i tratti del carattere",
le “caratteristiche” (pag. 153);
- è stata
l'astrazione senza carattere come il carattere moralizzato (buoni vs cattivi) a
rendere possibili Lager e Gulag (pag. 249)
- Si noti bene:
il carattere non è la somma di una serie
di categorie collettive.
- Nonostante
tutti questi nomi, nei libri di psicologia manca la voce "carattere";
lo studio del carattere non è previsto nei curricula
delle facoltà di Psicologia;
- non è un "tipo" psicologico né un
temperamento:
uno stesso temperamento "introverso" (termine vago che non dice
nulla) può declinarsi in infiniti stili, come la pavidità o la timidezza o la
concentrazione, queste sì parole immaginifiche.
- comprende
psiche e soma, è un'idea psicosomatica;
- va liberato,
grazie anche al linguaggio e all'immaginazione, sia dalla scienza sia dalla
religione;
- richiede per essere descritto adeguatamente
un linguaggio creativo ed immaginifico (come gli antichi greci o gl'indiani
d'America) perché "il pensiero avviene in forma d'immagini" (pag.
237): la Poesia supera la Psicologia. Fare una descrizione del carattere non è
fare psicologia o psicanalisi, bensì immaginare.
- non è rigorosamente unitario, è fatto a
strati, non ha un nucleo unificante;
- non va ridotto a vizi e virtù, che ne costituiscono
solo una parte. E' il carattere che lo definisce: un carattere tenace può
condurre ad un atto criminale o di bontà, per esempio.
- i Greci
antichi studiarono la caratterologia, come Teofrasto (successore di Aristotele
alla direzione del Liceo) ne "I Caratteri";
la moralizzazione del carattere avvenne ad opera degli scrittori moralizzanti
cristiani e le agiografie (pagg. 240 - 241); tale visione moralizzata "non
ha nulla da dire sull'invecchiamento" (pag. 242);
- il carattere
reintroduce in psicologia l'idea di
Destino: come diceva il filosofo greco Eraclito (Efeso 535 - 475 a.C.) in
uno dei suoi cento aforismi del poema "Sulla
Natura", "il carattere di un uomo è il suo destino" (éthos anthròpo dàimon), idea presente
anche in Platone nella "Politéia",
proprio in un dialogo fra Socrate ed un anziano, Cefalo: la causa dei mali
degli anziani non è la vecchiaia bensì il loro carattere. (Faccio notare che
anche Schopenauer, 1788 – 1860, credeva che il carattere è destino e non è
modificabile);
- dal momento che
né le psicologie né le filosofie parlano del carattere, esso trova rifugio
nell'astrologia, la cui popolarità dipende dal nostro bisogno umano di una
"psicologia del carattere per orientarci nella vita" (pag. 243): il
tema natale non fa predizioni su chi diventerai, ma fa "vivere con
maggiore intelligenza il proprio carattere" (pag. 244);
- essendo ciò che dura e resta, il carattere
dà senso alla vecchiaia così come la vocazione dà senso alla giovinezza.
E' “persona di
carattere” quello di cui noi diciamo "l'ho trovato in ottima forma, ha uno
stile tutto suo, è piena di buone qualità".
Quando diciamo
"vecchia bisbetica" magari non cogliamo che una signora anziana ci
sta dando un insegnamento di rigore morale, una lezione di forza di carattere.
L'irritabilità è segno di vitalità. Albrecht von Haller (1708 - 1777), padre
della fisiologia, teorizzò che l'irritabilità
è segno elementare di vita. Irritabile è il dio biblico e irritabili erano gli
dèi greci antichi.
ATTIVISMO. L'attivista Rita de Santis e Lele Jandon al Cineforum "Il Cinema e i Diritti" alla Casa dei Diritti del Comune di Milano. |
Qui troviamo una concordanza fra Hillman e il teologo
americano Matthew Fox quando dice che sono sani e vitali l'indignazione morale e l'attivismo politico per difendere una
buona causa (il reverendo Fox ricorda spesso che mentre per Agostino la rabbia
sarebbe un peccato, per Tommaso d’Aquino invece nulla è mai stato compiuto
senza la rabbia). Penso per esempio ai genitori più anziani di AGedO
(Associazione Genitori di Persone Omosessuali) che si dan da fare per
promuovere una cultura dell'inclusione: io ho avuto l'onore di conoscere e collaborare
con la vulcanica Rita De Santis (già
Presidente di AGedO di cui oggi è Presidente onoraria), che all'età di 77 anni è animata da un grande spirito
d'iniziativa e di curiosità, ha avuto l'intuizione del nostro Workshop "Parole che Nutrono" per cui mi ha
chiesto d'interpretare il tema di Expo Milano 2015 a Cascina Triulza, il Padiglione della Società Civile. Quando lei era una 44enne professoressa di filosofia, uno dei figli, Francesco, le si dichiarò gay. Lei si sentì in colpa per non aver immaginato i dolori morali del figlio e ha deciso di spendere il tempo libero della sua terza età per combattere le discriminazioni: "In Italia i nostri figli hanno eguali doveri ma non eguali diritti", nota.
Al
compimento dell'ottantesimo compleanno -mi confida- ha in programma un viaggio
alla scoperta dell'Australia. A proposito di Cinema, mi spiega Rita:
"Un buon film va visto almeno quattro volte:
la prima volta uno si concentra solo sulla storia, ogni volta successiva si
scoprono nuovi dettagli, anche per questo la tua straordinaria iniziativa del
Cineforum è socialmente utile: ci aiuta a cogliere sempre nuovi particolari. Con mio figlio, che vive in Galles, da
tanti anni abbiamo un nostro rito
familiare: una volta al mese, quando vado io da lui o quando viene lui a
trovarmi, ci guardiamo un bel film. Sul
tema della vecchiaia mi sono piaciuti "L'ospite
inatteso", "Vodka Lemon",
"Quartet", "Departure" e "Il Concerto"."
Con la loro
memoria e insegnamenti, gli anziani creano Cultura.
"Gli
antenati più che personalità composite sono tratti caratteristici che ci fanno da guida durante determinate
crisi. Ecco perché esistono così tanti angeli e cherubini".
Mi viene in
mente che Oriana Fallaci, che col suo carattere incuteva rispetto anche quando
rimproverava aspramente i collaboratori, credeva nella componente di destino e
così confida da uno di loro: "Mi mancano i miei genitori. Sai che sento i
loro pensieri? Sentivo le loro opinioni quando dovevo prendere una decisione, a
volte mi sembra ancora di sentirli discutere" (Elena Attala Perazzini,
"I miei giorni con Oriana Fallaci",
Barney edizioni, 2014, pag. 69).
La
Creatività da Vecchi: gli Chef, i Poeti, gli Scrittori
Secondo Hillman, i vecchi rassomigliano al dio greco
Diòniso
(che è rappresentato come bambino che ha bisogno della balia ed insieme barbuto):
virili ma teneri come donne, commedia e
tragedia insieme (il Festival teatrale di Atene, che comprendeva tre
tragedie ed una commedia, era proprio in onore di Diòniso). Sono altresì sotto
l'influsso del dio Saturno, quindi saturnini, melanconici, e secondo la Scuola
di Aristotele, i più creativi ed eccellenti artisti erano dei melanconici:
Hillman cita il caso di Pablo Picasso (1881
- 1973) che a 87 anni eseguì 347 incisioni a soggetto erotico. Si può anche
essere impotenti da vecchi, ma resta il desiderio erotico.
AFRODITE. Secondo Pausania, a Sparta c'era il culto di Afrodite Ambologera ("Colei che Scaccia la Vecchiaia"). |
A Sparta c'era il culto di Afrodite Ambologéra, "Colei che tien lontana la Vecchiaia" dal greco ἀναβάλλω (anaballo, rimandare) e da γῆρας (ghéras, vecchiaia) come racconta Pausania (III, 18, 1). Anche i vecchi hanno una loro sessualità, collegata allo spirito. Persino il moderno farmaco Viagra produce l'erezione soltanto in presenza di eccitamento. Anche il poeta Walt Whitman (1819 - 1892) continuò a comporre poesie omoerotiche da vecchio. Fatalità, Hillman cita Jeanne Moreau che "a 64 anni interpretò la parte di uno spirito libero che, per salvare una ragazza da un matrimonio disastroso, seduce nel modo più volgare il promesso sposo. Con l'età, è aumentata anche la sua provocante carica erotica" (pag. 164). Il desiderio erotico lo rappresenta anche in "A Lady in Paris", nella scena in cui Stéphane dorme nel suo letto. Oggi ha 87 anni. Cita le love story della regista e scrittrice francese Marguerite Duras (1914 - 1996) che a 50 anni ebbe amanti ventenni. Esiste una saggezza nella loro follia, dice Hillman, e qui ci richiama alla memoria "L'elogio della follia" di Erasmo da Rotterdam (1466 – 1536).
Nyx, la Dea della Notte: le veglie notturne dei vecchi possono rivelarsi feconde di preziose intuizioni. |
Anche Socrate aveva un forte desiderio sessuale (anche se casto) e ne traeva ispirazione filosofica. Anche la biografia di Freud pare dire di più della vecchiaia che la sua teoria. Come ha ricordato Giorgio Pressburger sul "Corriere" ("La scrittura non dipende dall'anagrafe", 4 maggio scorso, pag. 33), ci sono esempi di scrittori che han scritto capolavori in tarda età: dal poeta greco Eschilo che a ottant'anni vinse le Grandi Dionisie (la gara di Teatro più famosa) con la trilogia dell' "Orestea"; ai tedeschi Goethe (1749 - 1832) che compose il "Faust" ad 83 anni, e Theodor Fontane (1819 - 1898) che scrisse il romanzo "Effi Briest" da over 80enne. Ecco, in tal senso, la parola-chiave che secondo me Matthew Fox sottolinea di più rispetto a Hillman è Creatività, essenza della nostra umanità.
I vecchi su
tante cose possono "dormirci su": dal momento che dormono poco (perché si svegliano spesso di notte) pensano
di più e più a lungo. Il fatto che non possiamo fare granché per regolare
da vecchi il nostro orologio biologico c'invita a trovare un senso a queste
veglie notturne che possono essere feconde di preziose intuizioni, come se
venissimo svegliati e visitati dagli spiriti della Notte, i figli di Nyx (pag.
121) dice Hillman.
Le
Nonne, Memi Culturali
Le
Dee Vegliarde dei Miti delle Civiltà
Da buon
junghiano, Hillman ricorda l'immaginario mitico della vecchiaia in cui troviamo
le seguenti autorevoli Nonne di cui qui vi mostro dei dipinti
nell'immaginazione della pittrice Sandra M Stanton: Cibele, "Madre di tutto ciò che esiste", detta anche
Grande Madre (e in inglese, aggiungo, Nonna si dice appunto grandmother)
e Madre degli Dèi; Gaia o Gea (che fu la prima Pizia cioè profetessa del tempio del
dio Apollo di Delfi, quello il cui motto era, appunto, "prendi
consapevolezza di te stesso", che Hillman ci consiglia di approfondire
proprio da vecchi), Rea (la Nonna
del dio Diòniso che rimise insieme le parti sembrate del dio e lo riportò in
vita), e la dea dell'Est Europa Samovila
(dea protettrice degli animali: in effetti le persone anziane spesso sono
in compagnia di animali domestici).
Come queste dee
del mito, le anziane e gli anziani spesso sono maestri di gravitas, cioè di serietà e dignità. Un'altra caratteristica delle
persone anziane è che tendono a ripetere molto volentieri le loro storie, e la ripetizione orale è stato lo strumento
delle culture orali/aurali per consegnare ai posteri il patrimonio d'idee. In
antropologia "gli equivalenti culturali dei geni" si chiamano
"memi" (pag. 257), dal greco "mimema" (imitazione, da cui la parola “mimetizzazione”) e sono
quelle informazioni trasmesse per imitazione che sono depositate in
"manufatti culturali come dipinti, libri e proverbi": le Nonne sono dunque,
dice Hillman, dei "memi culturali".
Io penso per esempio alle preziose ricette dei piatti: ho conosciuto una
signora che, pur ammalata e senza avere le forze per far da mangiare, non
rinunciava a sovrintendere agli esperimenti di cucina del figlio gay, seduta in cucina con lui oppure guidandolo
al telefono, nella preparazione di determinati cibi per insegnargli le proprie
ricette. Pur "vuote di ovuli", sono "piene di memi", nota
Hillman.
LELE JANDON
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