venerdì 14 novembre 2014

“The Help”, Lezione sulla Compassione Creativa. Nozze Miste e Matrimonio Gay: Ieri ed Oggi il Disgusto Irrazionale che nega piena Umanità è lo Stesso. Martin Luther King Jr: “I Tempi sono Sempre Maturi per Ciò che è Giusto”




di LELE JANDON



The Help” è un romanzo ed é un film sulla compassione e sulla creatività: di questi due temi interconnessi ho già parlato coi libri di Matthew Fox “Creatività” e “Compassione”, ed oggi ne parleremo coi sermoni di un altro grande teologo americano, Martin Luther King (peraltro da Fox molto citato e amato).
Martin Luther King Jr con la moglie Corette, anche lei attivista.
Dopo la morte del marito ucciso, si è battuta per l'estensione
del matrimonio alle coppie gay.

Che cosa sono la compassione e la creatività?

La compassione vera (che non è paternalismo come quello di chi “crede di poter essere lui a determinare le scadenze della libertà di un altro”, MLK) è il saper condividere fraternamente sia le gioie sia i dolori del nostro prossimo e ci é ispirata dal considerarlo come egualmente umano.

La creatività, orientata alla compassione fraterna, è l’essenza della nostra umanità.

La compassione creativa è quell’energia morale che attiva il nostro spirito d’iniziativa per fare qualcosa di giusto non già per questo qualcuno, ma insieme a lui o lei.

Questo film e questo romanzo sulla giustizia compassionevole ci sfidano a chiederci seriamente che cosa facciamo noi in prima persona per l’integrazione di quei nostri Concittadini trattati come cittadini di seconda classe, anziché starsene, come già biasimava Thoreau, a leggere i giornali (oggi direbbe: a guardare i Tg).

La storia che vi propongo (di fantasia, su sfondo storico reale) si svolge nei primi anni Sessanta in un bollente stato del Sud americano (quello del film Mississippi Burning) nell’epoca in cui vigeva la segregazione razziale: un regime di bagni, scuole ed ospedali separati (ove i bianchi non accettavano di curare bambini di colore anche se feriti in pericolo di vita), in un clima d’intimidazione e di attentati contro i neri.

 E’ la storia (tutta al femminile) di una serie d’ingiustizie quotidiane subite da simpatiche domestiche nere che, pur essendo bravissime (come la cuoca Minny o tata Aibileen), vengono licenziate se non rispondono sempre “sissignora”; che pur crescendo, di fatto, i figli dei bianchi, facendo le veci delle madri (impegnate nei party e le charity “per i bambini poveri dell’Africa”), non sono ammesse neanche a sedere a tavola con loro, né possono usare i bagni dei padroni di casa, né sposare i bianchi, e se restano incinte di un bianco devono abbandonare il loro figlio di razza mista.
Ci fu un periodo in cui, prima della Guerra, i neri americani non potevano
nemmeno sposarsi fra loro: gli Stati schiavisti del Sud
 volevano deprivarli della protezione della famiglia. 

E’ una storia d’impegno civile e di coraggio morale, e la storia di un’amicizia:

- l’amicizia fra Eugenia, giovanissima aspirante scrittrice d’idee integrazioniste che si ribella ad essere solo donna da marito, e queste domestiche che si fanno coraggio per testimoniarle nelle interviste top secret le loro storie personali e familiari, cosicché lei ne faccia un libro-vérité col nobile fine di “cambiare le cose” (e far sviluppare quella che la filosofa e giurista liberale Martha Nussbaum chiama “l’immaginazione narrativa”, la capacità di metterci nei panni degli altri che ci fa ampliare il nostro “cerchio morale”, cioè l’insieme di persone di cui c’importa, una qualità essenziale per i Cittadini di una sana ed attiva società civile di una democrazia liberale);
INNAMORATI. I due protagonisti della storica sentenza della Corte Suprema
del 1967 (Loving v. Virginia) che dichiara incostituzionale il divieto
alle nozze miste vigente dal 1924. 


- e l’amicizia fra Celia (Jessica Chastain), la sexy neosposina senza pregiudizi appena arrivata e già fuori dal cerchio delle casalinghe razziste, e Minny (Octavia Spencer), la tata sempre licenziata per la sua franchezza, che trova in lei la prima datrice di lavoro che la faccia accomodare e sedere a tavola a pranzo e che dia un lavoro per tutta la vita. (Queste due attrici han gareggiato assieme per l’Oscar come non-protagoniste, e la seconda ha vinto la statuetta.)
COPPIA MISTA. Vanessa Williams (che è anche cantante)
ed il neozelandese Charles Mesure interpretano
Renée e Ben nel serial Tv "Desperate Housewives". Per questo
ruolo l'attrice afroamericana è stata anche premiata dalla NAACP.


La compassione è proprio un’ “azione positiva” (MLK), creativa e costruttiva, come vuole la parola biblica ebraica che si trova spesso e volentieri nella forma di un verbo di movimento, è un aiuto personale (“help”, il titolo del romanzo, appunto), e qui vediamo proprio un gruppo di donne che lavorano insieme alla creazione di un libro che mira a far mutare lo stato d’ingiustizia: Aibileen, Minny e le altre domestiche ci mettono le storie, Eugenia le domande giuste e la forma.

Ed è la storia dello scontro fra la compassione e il suo opposto: il disgusto. Il disgusto strumentalizzato per uso politico ed incarnato bene dall’espressione del volto di Hilly (la figlia d’arte di Ron Howard), l’ape regina delle casalinghe di Jackson, un’arrampicatrice sociale che mostra e tenta di diffondere un tale schifo del contatto fisico coi neri che si fa orgogliosa promotrice di un ddl segregazionista a livello cittadino che obbliga tutte le famiglie a dotare il personale di servizio (di colore) di un wc autonomo perché recherebbe malattie diverse dai bianchi.  Quest’espediente narrativo della scrittrice ci fornisce lo spunto realistico per parlare della "malattia del disgusto" che deumanizza categorie di persone e fornisce la falsa base per negarne i diritti civili che è di triste attualità in un’Italia che non ha ancora imparato la lezione sull’eguaglianza di Europa e Stati Uniti: quella in cui sono ambientati il film ed il romanzo è un’era in cui dominava il disgusto alla sola idea delle nozze miste e noi raffronteremo questo disgusto irrazionale col disgusto omofobico esibito da alcuni (persino politici ai massimi vertici) alla proposta di estensione del matrimonio a persone gay (od anche solo dinanzi a due gay che si danno un casto bacio per strada o siano protagonisti di una pubblicità), ricordando che ci fu addirittura un periodo, prima della Guerra Civile, quando i neri non potevano nemmeno sposarsi fra loro. Così come esiste una sana paura creativa, dice il reverendo King, così esiste una "malattia della paura", come contro i neri alla sua epoca; e così come esiste un disgusto fisiologico 

(per proteggerci dai pericoli reali come ingerire un cibo con un odore sospetto, come dimostra l’espressione tipica: storcere il naso come ad impedire l’accesso alla bocca) così può esistere (per alcune persone) un disgusto malato e deviato su falsi pericoli (come i diritti delle persone gay), inutile e socialmente dannoso, e non è mai dunque un criterio né per la morale (che concerne i diritti e la giustizia e il benessere) né col diritto, che richiede invece argomenti razionali e fondati su sentimenti di umanità. Come si era detto nell’articolo sugli esperimenti sui bambini citati da Paul Bloom, noi umani non siamo né razzisti nati né omofobi nati ed è il contatto ed il confronto con la varietà delle persone (dalla scuola al lavoro) che fa la differenza. Vedremo inoltre come le reazioni scomposte di chi covava un pregiudizio razzista a quei tempi, definite un vero e proprio squilibrio mentale da Edward Franklin Frazier ne “La patologia del pregiudizio di razza” citata da Martin Luther King, sono riscontrabili oggi nell’ “ostilità ossessiva” di coloro i quali oggi dedicano molte energie per predicare e agire in senso contrario all’estensione dei diritti civili alle coppie gay, e tale omofobia è definita per esempio dai teologi John McNeill e da Matthew Fox come essa stessa un disturbo mentale.

Approfondiremo la storia di questo periodo con un excursus storico sulle tappe di liberazione dei neri, ricordando il ruolo di una grande First Lady, la moglie del “Presidente dei Diritti”, Lady Bird Johnson, che tenne i comizi nel Sud razzista al posto del marito a rischio attentati, ed un excursus teologico-filosofico coi sermoni di Martin Luther King, giovane pastore protestante, uomo di parola e d’azione. Egli, nonostante le minacce di morte, ha saputo affrontare tale paura, ben consapevole di rischiare ogni giorno di restare ucciso per le sue campagne in nome della fine del segregazionismo e poi per il diritto di voto senza intimidazioni: ciò grazie alle energie morali della sua fede cristiana che dona quella “pace della mente” che condivideva con la sua amica Rosa Parks.

Il reverendo King è un Eroe moderno che ancora ispira tutti noi come società civile attraverso la sua filosofia dell’azione di dignitosa resistenza nonviolenta di massa, di disobbedienza civile di chi è disposto ad accettare il carcere per creare una sana tensione come faceva Socrate per risvegliare le coscienze, per il rifiuto dell’odio, lo spirito di riconciliazione, il coraggio come “pace della mente ed affermazione di sé” che sa affrontare la paura, il concetto di “giusto amore di sé” e del prossimo, la fede come equilibrio interiore, la fede protestante nel primato della coscienza e la fede del Cristianesimo che il Bene finisca sempre per trionfare sul male (autodistruttivo: profetizzando così l'abbattimento del Muro di Berlino e l'implosione del comunismo), la speranza e l’autentica compassione come interessamento personale e l’appello alla responsabilità personale e allo spirito d’iniziativa. Di scottante attualità in Italia è la sua critica al silenzio della chiesa ove tanti se ne stanno a guardare da dietro le vetrate istoriate, atteggiamento di una religione ammalata di una diabolica separazione dal mondo. King è un uomo del quale vorrei sottolineare l’attualità del suo concetto del tempo: a quei cosiddetti moderati che gli dicevano di non accelerare i tempi, che il tempo gli avrebbe dato ragione, egli replicava che “I tempi sono sempre maturi per ciò che è giusto” ed invitava ad “usare il tempo in modo creativo”: stesso concetto del suo connazionale Thoreau che diceva che non basta il buon voto ed attendere che la maggioranza sia persuasa, né basta scrivere petizioni. Questo vale anche oggi per esigere il riconoscimento del matrimonio per le coppie di fidanzati gay, come peraltro vuole la maggioranza dei cittadini italiani. La moglie Coretta era anche un'attivista per i diritti dei gay e si è battuta per il matrimonio: "L'omofobia è come il razzismo e l'antisemitismo: tenta di negare l'umanità, la dignità e la personalità", disse. Ci chiederemo se, in un Occidente ove ben 19 Stati hanno il matrimonio esteso ai gay e 32 Stati degli USA pure, le cosiddette "unioni civili" non siano altro che una nuova e cinica forma di segregazionismo di chi ha perso il treno della Storia: un segregazionismo giuridico secondo il concetto del "separàti-ma-eguali", come predicava il personaggio razzista di Hilly in The Help citando la sentenza della Corte Suprema di fine Ottocento che fu in sèguito sconfermata da un coraggioso giudice negli anni Cinquanta come "una falsa dottrina, buona solo per gl'ingenui". 


Personaggi e Interpreti del film:
PREMIO OSCAR: Octavia Spencer 

Ogni capitolo del libro è narrato da una delle protagoniste: Eugenia detta “Skeeter”, tata Aibileen e la domestica Minny. Lo riassumerò citando i passi clou dalla mia edizione economica della collana Bestseller della Mondadori di quest’anno (prima edizione italiana 2009) raffrontandolo col film del 2011 di Tate Taylor e lo commenterò con degli approfondimenti per valorizzarne il messaggio per la nostra contemporaneità.

Eugenia Skeeter Phelan: Emma Stone (già candidata al Globe per Easy Girl)
Charlotte Phelan: Allison Janney (L’oggetto del mio desiderio, 4 Emmy per West Wing)
Constantine Bates: Cicely Tyson (già candidata all’Oscar per Sounder)
Minny Jackson: Octavia Spencer (Premio Oscar per questo ruolo di non protagonista e voce nell’audiolibro)
Aibileen: Viola Davis (già candidata all’Oscar per The Doubt)
Hilly Hoolbrok: Bryce Dallas Howard (è la figlia d’arte del regista Premio Oscar Ron Howard)
Missus Walter: Sissy Spacek (Premio Oscar per La lunga strada verso casa)
Celia Foote: Jessica Chastain (candidata all’Oscar per il ruolo in The Help e Zero Dark Thirty
Johnny Foote: Mike Vogel

Il Personaggio/1: Eugenia 
L’aspirante scrittrice d’idee integrazioniste
La Grande Idea: raccogliere in segreto le storie delle tate nere
La madre: “Fai pensieri innaturali? Esiste una tisana magica”


La storia è ambientata a Jackson (Mississippi), nel 1962-63 (ed il film è girato anche a Greenwood, Greenville e Clarksdale), nel Sud degli Stati Uniti.
Eugenia “Skeeter” Phelan è una 23enne fresca di laurea, aspirante scrittrice, che torna a Jackson, cittadina del Mississippi dai genitori, proprietari di una “piantagione” di cotone (l’attività principale di quello Stato). A differenza delle coetanee e amiche (tutte già maritate con figli allevati dalle tate di colore), è interessata alla sua realizzazione lavorativa anziché a trovare presto marito (un tema, questo, affrontato anche nel film del 2003 Mona Lisa Smile col Premio Oscar Julia Roberts, storia di una 36enne nubile docente di storia dell’arte che negli anni Cinquanta prova ad ampliare gli orizzonti delle sue allieve destinate a diventare casalinghe perfette).
Eugenia é rispettata ma (un po’ come il personaggio interpretato da Julianne Moore nel film del 2002Lontano dal paradiso” di Todd Haynes ambientato nel Connecticut degli Anni Cinquanta) “é una di quelle che salutano la donna di servizio” (pag. 12) e dunque si sospetta che abbia idee diverse sulla questione razziale.
Mentre sua madre e le sue amiche leggono riviste come “La Casalinga Perfetta”, Skeeter legge i libri “proibiti” (come Il buio oltre la siepe od Henry Miller), che compra al mercato nero in California (pag. 89) e progetta di scrivere un libro che raccolga le storie vere delle domestiche della sua città (una trama simile, un giornalista che raccoglie una storia vera per scriverci un libro vérité, è comune anche al film “Philomena”, col Premio Oscar Judi Dench, anch’esso tratto dall’omonimo libro).
Julianne Moore nel film "Far From Heaven", ambientato negli anni Cinquanta
E’ ancora provincialotta, per esempio quando chiama un editore a New York (interessato al progetto del libro) è la prima volta che conosce una persona ebrea (pag. 91): l’editrice le dice che anche lei, avendo vissuto ad Atlanta, conosce la situazione, tanto che è scappata a New York! Perciò, Eugenia vada avanti a scrivere e se le piacerà lo pubblicherà.
Intanto, l’unico lavoro che ottiene nella sua cittadina è di rispondere alla rubrica sulle domandine di economia domestica e pulizie delle casalinghe (argomento di cui non sa né le importa nulla), e così si fa aiutare da tata Aibileen (Viola Davis).

La mamma, ex reginetta di bellezza (che dice a sua figlia frasi del tipo “Hai pianto? Lo sai che ti rovina la pelle, cara”, pag. 422, e che “baciarsi con la lingua fa diventare ciechi”, pag. 179), maritatasi giovane, la vorrebbe maritata, o perlomeno che si desse un po’ da fare per trovare marito. Essendo Eugenia più alta della media (1.78 cm), la madre le cerca un uomo “alto almeno 1.80” con cui proporle un appuntamento galante.  Ma Eugenia, al momento, è interessata solo a scrivere, tanto che la madre s’insospettisce e rivela pregiudizi ed ignoranza tipici di quest’epoca sull’omosessualità:



“Devo chiederti…una cosa, Eugenia. L’altro giorno ho letto che certe ragazze diventano instabili e cominciano ad avere…insomma….pensieri non naturali. (…) Tu sei…tu provi…attrazione per gli uomini? Ti vengono mai pensieri innaturali…” stringe gli occhi “…su ragazze …o donne? (…) Perché in quell’articolo dicevano che c’è un rimedio, una speciale tisana di radici…” (pag. 95)
La casa dei genitori di Eugenia Skeeter.

La madre (interpretata da Allison Janney, vista nel film “L’oggetto del mio desiderio”, con Jennifer Aniston, da me presentato ad un passato Cineforum e vincitrice di quattro Emmy per il suo ruolo di portavoce del Presidente nel serial Tv West Wing) la preferirebbe impiegata in banca in un mondo ove le donne (con forti differenze salariali: siamo ancora lontani dalle riforme Obama, pag. 76) erano appunto segretarie o maestre o semplicemente madri e casalinghe (alla tua età, le dice, avevo già avuto tuo fratello); invece Eugenia vorrebbe poter scrivere le sue idee integrazioniste, cioè a favore dell’integrazione fra le due razze, quella bianca maggioritaria, e quella nera.


Il Personaggio/2: CONSTANTINE
La Tata che ha fatto diventare Eugenia una donna
Licenziata perché sua figlia (mulatta)
entra dalla porta principale

Eugenia è una donna indipendente e sicura di sé grazie anche a Costantine Bates (interpretata dalla premiata attrice Cicely Tyson), la tata nera che l’ha praticamente cresciuta. Alla prima crisi, quando i compagni le dicono che è brutta, la domestica le insegna: “Bisogna che chiedi a te stessa: ‘Oggi voglio credere a quello che mi dicono ‘sti stupidi?’” (pag. 80). E così, dice Eugenia, “mi resi conto che in realtà avevo la possibilità di decidere io in cosa credere” (pag. 81).

Anche la scrittrice, che è proprio nativa della città di Jackson (come il regista del film, suo amico d’infanzia), si è ispirata alla sua tata, come rivela in un’appendice alla fine del libro:

“Non credo di sapere che cosa significasse davvero essere una donna nera in Mississippi, specialmente negli anni Settanta. Ma cercare di farlo è essenziale per un essere umano” (pag. 525). Anche nella sua famiglia “i bianchi non sedevano mai allo stesso tavolo di un nero intento a mangiare. Regole del genere venivano considerate assolutamente normali. Ricordo che da bambina, quando vedevo le persone di colore nei quartieri neri della città, le compativo anche se apparivano ben vestite e in piena salute. Adesso, ammetterlo m’imbarazza molto” (pag. 522)

Constantine aveva fatto in tempo a rivelare ad Eugenia di essere figlia naturale di un’unione mista (pagg. 84 – 85) ma non sarà lei a rivelarle di avere avuto da un nero una figlia venuta alla luce troppo bianca da sembrarlo davvero, bensì le tate che intervisterà. Quando intervista Pascagoula, la nuova tata che le rivela di non avere esperienza pregressa, trova il fatto molto strano. Possibile che mia madre abbia assunto una novellina?, pensa. E la dipendente replica: “Nessuno voleva lavorare per lei” (sua madre) “dopo quello che è successo con Constantine” (pag. 292). E se lo fa raccontare.
La scrittrice è nativa di Jackson (Mississippi) come il regista, suo amico

Sua madre aveva licenziato Constatine, dicendo ad Eugenia (quando torna dal quadriennio al college) che la sua tata era andata a trascorrere gli ultimi anni dai suoi a Chicago (pag. 88). “Come ha potuto mia madre liberarsi di una persona che le ha fatto il più bel regalo del mondo, crescere i suoi figli? Di una persona che mi ha insegnato cosa siano la gentilezza e il rispetto di me stessa? (…) Constantine ha lavorato venticinque anni per la mia famiglia” (pag. 102).
E solo verso la fine Eugenia scopre un altro segreto: che Constantine, come molte donne nere, si è trovata come costretta ad abbandonare sua figlia, la figlia segreta che non ha mai raccontato a Eugenia di avere, Lulabelle: “Molte donne di colore devono abbandonare i loro bambini. Li danno via perché devono badare ad una famiglia di bianchi” (pag. 418).
Interno della casa di Eugenia

 Perché non l’ha data a sua sorella? “Sua sorella…non poteva proprio. Essere negri con la pelle bianca…in Mississippi è come non essere né carne né pesce. (…) Era difficile trovare qualcuno che le guardasse Lulabelle mentre era al lavoro. Alla fine Constantine non voleva più portare fuori Lula”. E così Constantine la porta all’orfanotrofio, scelta che rimpiangerà tutta la vita. La bimba grida disperata perché intuisce: “A quattro anni lo capisci che ti stanno abbandonando” (pag. 419).
Due anni fa, Constantine riceve una lettera della figlia a cui i genitori adottivi han dato l’indirizzo (il tema della ricerca delle origini e del proprio genitore biologico l’ho affrontato in altri due miei Cineforum: con “I ragazzi stanno bene” e “Philomena). E qui la versione cinematografica cambia un po’.
Nel libro, si dice che Lulabelle si presenta all’improvviso e in casa c’era lo stato maggiore delle “Figlie della rivoluzione americana”, si è messa a bere il caffè con le amiche della padrona di casa che, indignata, l’ha cacciata prima che venissero a scoprire di chi fosse figlia (visto che mantenuto il cognome materno) e soprattutto che era nera! (pag. 423). Racconta la madre di Eigenia: “Sembrava bianca come tutte le altre, e lo sapeva benissimo” (pag. 423). “Lulabelle, non puoi stare qui. Devi andartene.” Con fare sprezzante, ribatte: “Quindi lei non ammette nel suo soggiorno una negra se non per fare le pulizie?” (pag. 423). “Benissimo, me ne stavo comunque andando”, e si dirige verso la sala da pranzo. Ovviamente la blocco. “Oh, no. Tu esci dal retro, non dalla porta principale come le ospiti bianche.” (pag. 424). E la ragazza le sputa in faccia. “Una negra, in casa mia. Che cerca di comportarsi da bianca.” (pag. 424).
“Loro sono diversi, sai. Quella gente mette al mondo figli senza pensare alle conseguenze, e poi è troppo tardi” (pag. 422). Inoltre, dice che Constantine avrebbe detto una balla a Lulabelle sul suo abbandono. Riferisce che Lulabelle le ha detto: “Sì, mio padre è morto e mia madre era troppo malata per occuparsi di me quand’ero piccola” (pag. 425). Spiega alla figlia: “Loro non sono persone normali” (pag. 425). Poi dice di non aver pensato che Constantine se ne sarebbe andata a Chicago con la figlia. Ed è morta: quando lei le ha mandato un assegno per il suo compleanno, Lulabelle glielo ha rispedito con una copia del necrologio (pag. 426). Aveva sopravvissuto al gelo dell’Illinois solo tre settimane. E’ morta di dolore, pensa Eugenia.
Quando Eugenia guarda le news al Tg sulla questione razziale (la moral suasion del Presidente Kennedy al governatore razzista del Mississippi) con la nuova tata Pascagoula, la madre è contraria: “Eugenia, non voglio che mia figlia la incoraggi in questo modo (…) Non sta bene che voi due guardiate insieme la televisione” (pagg. 104 – 105).
Grazie ai recenti avvenimenti che creano un clima psicologico di volontà di riscatto, Eugenia riesce a persuadere le domestiche sue concittadine a farsi intervistare in segreto, con la promessa di cambiare i nomi e non dichiarare ove è ambientato il libro.
Minny (che suggerisce anche il titolo, The Help) le rivela quali sono le sue preoccupazioni, dopo tanti licenziamenti: “La verità è che non me ne importa granché del voto. Non m’importa di mangiare allo stesso bancone dei bianchi. Quello che m’importa è se tra dieci anni una bianca dirà a una delle mie figlie che è sporca e l’accuserà di rubare l’argenteria” (pag. 260) ossia questo stato di cose per cui una nera perbene non viene comunque mai creduta rispetto a una bianca che l’accusa.  
Eugenia frequenterà il figlio di un senatore bello ma d’idee diverse: quando lei gli rivela il libro segreto a cui sta lavorando, dirà di non capire le ragioni morali per cui lei s’interessi a tale questione (“Io proprio…non capisco perché fai queste cose. Perché…ti interessano tanto, Skeeter? (…) Che senso ha agitare le acque?” (pag. 445). Tralasciamo qui, ai fini del sunto del libro e del film, la loro storia e concentriamoci sulle storie delle protagoniste.


La Segregazione Razziale: Le Leggi Crow

Le Violenze Quotidiane contro i Neri
che Votano o usano i Wc dei Bianchi
Niente Salario Minimo e Niente Poliziotti Neri
Vietato Ammirare le Donne Bianche

Nel libro e nel film siamo nel 1962 – 1963: gli anni della Marcia su Washington del reverendo Martin Luther King (pag. 192) e del suo discorso I Have a Dream, “Io ho un Sogno” (pag. 347), nello Stato ove è ambientato il film del 1988 “Mississippi Burning” (ispirato all’assassinio degli attivisti politici a Neshoba nel giugno 1964), degli attacchi terroristici del Klu Klux Klan, e dell’assassinio del Presidente Kennedy nel novembre 1963 (pag. 400). La frequentazione del collettivo della chiesa per non sentirsi soli bensì Comunità (pag. 248).
Il film col Premio Oscar Gene Hackman
è ambientato un paio di anni dopo
"The Help" (che si svolge nel 1962 -3).

Gran parte del romanzo è ambientato nel caldo torrido di un’estate infuocata, che simboleggia proprio le tensioni sociali di una comunità che è come una pentola che bolle: se un nero osa andare nelle toilettes dei bianchi rischia come minimo di venire picchiato a sangue. Gli atti di violenza contro i neri sono all’ordine del giorno: “Ci sono degli uomini bianchi che non aspettano altro che sentire di un negro che ha fatto arrabbiare un bianco, e stanno pronti con le mazze di legno, i fiammiferi, qualsiasi cosa che può venire bene” (pag. 229). Per esempio una sera quelli del Ku Klux Klan sparano ad un nero attivista per i diritti civili (pag. 232), oppure ci sono atti d’intimidazione contro quei neri che votano (pag. 126). Dinanzi all’ennesimo atto di violenza razzista, Minny dice: “Le cose non cambieranno mai in questa città. Viviamo all’inferno, in trappola. I nostri figli sono in trappola…” (pag. 234). “Perché chi la protegge la nostra gente? Non ce ne sono di poliziotti di colore” (pag. 235).
In questo stato ci sono ospedali separati pei neri ed ospedali pei bianchi: i dottori bianchi ricusano di curare persino i bambini feriti neri e i medici di colore rifiutano di accettare al pronto soccorso bambini bianchi (pagg. 181 – 182) e i medici bianchi non vengono a casa a curare i neri (pag. 358). 
SEGREGAZIONE RAZZIALE. Bagni separati nel film "Mississippi Burning"


In città e nelle case ci sono appositi bagni per i neri (pag. 17); le signore mangiano in tavoli diversi dalle domestiche (pag. 257). Regna una totale divisione del lavoro su base razziale: “Se la tua pelle è troppo chiara non ti assumerà mai nessuno, mi dicono. Più nera sei, meglio è” (pag. 304).  Neri e bianchi hanno chiese diverse.  I neri sono senza paga minima né contributi (pag. 157) e la beffa è che i bambini che allevano divengono autoritari e contro l’eguaglianza proprio come i genitori: “Come vogliamo bene ai loro bambini, quando sono piccoli (…) e poi, da grandi diventano proprio uguali alle loro madri” (pag. 157). 
Un ritratto di Eudora Welty, nativa del Mississippi.

I bianchi non siedono mai allo stesso tavolo di un nero che non sia un loro dipendente, come nota Skeeter (pag. 173): Eugenia invece si siede per ascoltare e battere a macchina i racconti delle donne di colore in spirito di amicizia. Celia Foote per gustare i pranzi con la sua tata Minny. Né un bianco mette mai piede in casa di un nero (pag. 174), come nota Aibileen. Bisogna mantenere le distanze. In piscina, la tata Aibileen scrive:

“Io mi metto un po’ distante dalle signore bianche: è così che si fa” (pag. 222)

Sono in vigore le Leggi Crow (1876 – 1965): le leggi (di cui trovate l’elencazione a pag. 208 ed il cui nome deriva da una canzonetta caricaturale razzista dell’Ottocento) che impongono segregazione razziale negli Stati del Sud (in tutti gli àmbiti compreso l’esercito) e che furono emanate dai democratici durante la Ricostruzione dopo la guerra di Secessione americana.
Un altro personaggio famoso del Mississippi:
William Faulkner

Addirittura, ricorda la filosofa del diritto Martha Nussbaum ne “L’intelligenza delle emozioni” (il Mulino, Bologna 2004, titolo originale americano Upheavals of Thought. The Intelligence of Emotions, Cambridge University Press 2001, pagg. 781 - 782), “nel Sud si potevamo commettere reati con gli occhi. Gli uomini bianchi nel Sud di Jim Crow perseguivano penalmente i neri per aver guardato con desiderio una donna bianca. Tale crimine veniva definito in termini colloquiali “reckless eyeballing” (“strabuzzare gli occhi senza cautela”, e sfociò in alcuni processi. Nel 1951 nel North Carolina un nero fu processato per aggressione a fini di stupro per aver guardato una diciassettenne in “modo lascivo”. L’accusa dichiarò che egli “spogliava la graziosa ragazza con gli occhi”. “Nel 1953 in Alabama un nero fu condannato per il medesimo crimine, per aver camminato troppo vicino a una donna bianca”. “Tali usi della legge penale posero le basi per “un codice stigmatizzante” per gli uomini di colore, che rendeva obbligatorio tenere lo sguardo basso e nascondere vergognosamente il desiderio. Essi dovevano “indossare” i propri corpi con vergogna e non con orgoglio, divenendo in effetti una metafora ambulante del carattere vergognoso della sessualità”.
Craig Claiborne era nato nello Stato del Mississippi

A proposito di disgusto razzista, proprio pochi giorni fa Beverly Gage, storica di Yale, ha scoperto una lettera minatoria anonima (pubblicata dal New York Times) con cui l’allora capo dell’FBI Edgar J. Hoover tentò d’istigare al suicidio Martin Luther King chiamandolo “un animale sporco ed anormale”.
Tasse per votare e test di alfabetizzazione per il voto impedivano alla stragrande maggioranza dei neri il diritto di votare. Il Presidente (1913 – 1921) Woodrow Wilson (democratico e liberal, Premio Nobel per la Pace) introdusse la segregazione anche laddove c’era già l’integrazione: negli uffici governativi a Washington. Ciò per la prima volta da quando Lincoln aveva introdotto la desegregazione nel 1863.
Nella società c’è disgusto razzista da una parte e rabbia sociale dall’altra. Infatti, anche gli ebrei sono separati: “Neanche negri ed ebrei vogliono. Una volta lavoravo per i Goldman” (tipico cognome ebraico) “Gli ebrei di Jackson devono andare a nuotare al Colonial Country Club. I negri nel lago May” (pag. 240).
(Tale regime di segregazione è simile all’apartheid, la separazione razziale attuata dai boeri, i discendenti bianchi dei coloni olandesi, in Sudafrica a partire dal 1948, allorché prese il potere il Partito Nazionale, sostenuto proprio dagli afrikaner: anche lì erano proibiti i matrimoni misti e i rapporti sessuali interrazziali).
IL DOCUMENTO: "ANIMALE SPORCO ED ANORMALE".
La lettera anonima con cui l'allora capo dell'FBI Edgar J.
Hoover insulta e tenta d'istigare al suicidio Martin Luther King è
stata pubblicata pochi giorni fa dal New York Times

A parte ciò, le tate di colore che fanno le veci delle mamme (troppo occupate fra parrucchieri, charity per i bambini neri dell’Africa!, feste e bridge) ricevono l’affetto naturale dei bambini che accudiscono: sono loro, per esempio, a pulirgli il sederino sporco e ad insegnargli il toilet training (pag. 114 - 116). Peccato che, spesso, da grandi essi divengano prepotenti e padronali come i loro genitori nei confronti dei neri.
Non ci sono pari opportunità per bianchi e neri: se sei una domestica e ti trovi disoccupata perché magari hai risposto male ad una signora bianca, ti sfrattano perché tutti i proprietari di case sono bianchi e i bianchi sono vendicativi (pag. 226).

“Se hai una figlia, magari vai ad abitare da lei. Anche lei è a servizio da una famiglia di bianchi. Ma qualche giorno dopo torna a casa e ti dice: “Mamma, mi hanno licenziato”. Ha un’aria abbattuta. Spaventata: non capisce il motivo. Allora tu glielo devi dire che è per colpa tua. Meno male che suo marito lavora. Poi licenziano il marito. (…) Passano le settimane, e niente: niente lavoro, niente soldi, niente casa. Senti bussare in piena notte. Non c’è la signora bianca alla porta: lei non le fa di persona queste cose. (…) La signora bianca non dimentica mai. E non ha pace finché non ti vede morta” (pag. 226)

C’è qui il tema del mobbing nella forma del bossing (le angherie del boss), come lo chiamiamo oggi che l’abbiamo riconosciuto come un’ingiustizia da punire, e di cui parleremo in un prossimo Blog e Cineforum.
Eugenia non trova giusta questa situazione e osa chiedere, ad Aibileen, con gran sorpresa di costei, se non pensi mai a mutare lo stato di cose (pag. 20).
Sinché convince prima lei, poi Minny e poi 11 altre concittadine nere a farsi intervistare la sera, dopo che hanno finito i turni, raccogliendo (usando degli pseudonimi e senza specificare la città e lo stato) le loro storie, alcune di affetti, altre di ingiustizie quotidiane, per spedire il libro all’editore di New York.


Il Personaggio/3: AIBILEEN
La vera “Mamma” di Mae Bo
Le Favole Segrete sull’Eguaglianza
e le Preghiere per Iscritto per le Amiche


Aibileen (Viola Davis, vista nel filosofico film “The Doubt”, del 2008, accanto al Premio Oscar Meryl Streep) è una di queste domestiche, ed è anche la tata che cresce la piccola Mae Bo, una bimba dell’asilo cui sua madre non fa mai carezze. Figlia di una domestica la cui madre era una schiava, ha allevato 17 bambini. Lavora per Miss Leefolt, una madre coetanea di Eugenia, anaffettiva, autoritaria, sempre col muso, cui piace comandare e che lascia persino piangere la figlioletta, la tratta “come se fosse un gatto randagio” (pag. 13): tanto c’è Aibileen.

La dolce tata Aibileen ripete alla piccola un ritornello per infonderle autostima: “Ogni pomeriggio, le dico: “Tu sei gentile, intelligente, importante” (pag. 239).
La sua maestra, Miss Taylor, è una razzista che insegna il razzismo ai bambini:





Miss Taylor dice che i bambini neri non possono venire nella mia scuola perché non sono intelligenti come noi”
“Secondo te io sono scema?
“No” dice piano, ma decisa. Sembra sia dispiaciuta di averlo raccontato.
“E questo non ti dice qualcosa di Miss Taylor?”
“Significa che Miss Taylor non ha sempre ragione.”
Mi stringe forte il collo. “Tu hai più ragione di Miss Taylor” Allora mi salgono le lacrime agli occhi e comincia la cascata. Queste parole sono nuove per me.” (pagg. 455 – 456)
La Madre del Movimento per i diritti civili degli afroamericani, Rosa Parks
e l'autobus ove lei stette seduta senza alzarsi all'ordine del guidatore.

Aibileen è orfana del figlio 24enne morto in un incidente sul lavoro e la padrona di casa la tiene a lavorare sottopagata.
Un giorno Mae Mo le chiede quanti figli abbia e lei risponde: “17”! Sì, perché sono tutti quelli che ha cresciuto nelle varie famiglie ove è stata tata (pag. 334). E la piccola le dice: “Tu sei la mia mamma vera” (pag. 337).
E’ una donna molto intelligente che non ha potuto completare gli studi (a causa della mancanza di pari opportunità per i poveri), e la sua figura è parte integrante dell’educazione di Mae Bo, anche se sua madre non lo sa: le racconta delle favole che parlano dell’integrazione e dell’eguaglianza che devono restare il loro piccolo grande segreto. Ad esempio questa, che ci racconta lei stessa:

Una volta, tanto tempo fa, c’erano due bambine. Una aveva la pelle nera, l’altra bianca. La piccola nera dice alla piccola bianca: “Com’è che hai la pelle così chiara?. E la bianca: “Non lo so. E tu, com’è che ce l’hai così nera? Secondo te cosa vuol dire?” Ma nessuna delle due lo sapeva. Così la bianca dice: “Be’, vediamo un po’. Tu hai i capelli, e anch’io ho i capelli”. Do a Mae Mobley una carezzina sulla testa. La piccola nera dice: “Io ho il naso, e tu hai il nasino”. Le stringo un po’ il nasino, e lei fa lo stesso a me. “La piccola bianca dice: “Io ho le dita dei piedi, e tu anche ce l’hai”. Faccio lo stesso con le sue ditine, ma lei non arriva alle mie perché ho su le scarpe bianche da lavoro. “Dunque siamo uguali, però di due colori diversi”! dice la bambina nera. La bianca dice che ha ragione e così loro diventano amiche. Era una favola proprio penosa, se mai ce n’è stata una. Non c’era neppure una storia. Però Mae Mobley sorride e fa: “Di nuovo”. Così la ripeto” (pagg. 239 - 240)

Oppure come questa:

“Un giorno un bravo marziano è sceso sulla Terra per insegnarci un paio di cose.”
“Un marziano? Grande come?”
“Oh, almeno uno e novanta.”
“Come si chiama?”
Marziano Luther King.”
Fa un respiro profondo e mi appoggia la testa sulla spalla.
“Era un marziano davvero simpatico, Mister King. Aveva tutto uguale a noi, ma a volte la gente lo guardava strano e a volte…be’, certi erano proprio cattivi con lui.”
Potrei finire in guai grossi a raccontare queste piccole storie, specialmente con Mister Leefolt. Ma Mae Mobley lo sa che sono le nostre storie segrete.
“Perché, Aibee? Perché erano cattivi con lui?”
“Perché era verde.” (pag. 349)

Un giorno il padre sente la piccola, che crede di essere sola nella stanza, fare il giuoco di ruolo:

Dài, ora giochiamo a “in fondo all’autobus”, e tu ti chiami Rosa Parks


e le chiede chi glielo abbia insegnato (pag. 500). Lei, complice e intelligente come la sua tata, risponde con sicurezza: la maestra Miss Taylor. (Che, come si è detto, è al contrario una razzista). E Aibileen. E lui le fa cambiare classe (pag. 500). Con grande gioia di Aibileen perché in realtà quell’insegnante è una razzista che predica la diversità.
Apro qui una parentesi: chi era Rosa Parks?

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La Nobile Calma Interiore di ROSA PARKS
“Io me ne resto seduta al Mio Posto, è un mio Diritto”
La Corte Suprema le dà ragione: Segregazione incostituzionale

Rosa Parks (1913 – 2005), donna afroamericana di fede protestante metodista, era una sarta sposata con un attivista per i diritti civili, movimento a cui aderisce anche lei dal 1943: una sera del 1955, ella si siede nei posti comuni dell’autobus al ritorno dal lavoro nella sua cittadina, Montgomery (Alabama) ove vigeva la segregazione razziale come nel Mississippi di The Help. L’autista, alla salita di un bianco, le ordina di cedergli il posto: lei, mantenendo quella “calma interiore” di cui parla Martin Luther King nel suo sermone (vedi sotto l’approfondimento) si rifiuta e viene arrestata per violazione delle norme cittadine e per condotta impropria. Da allora diviene la “madre del movimento dei diritti civili”. Il giorno seguente 50 neri le danno solidarietà con una storica protesta creativa: boicottano gli autobus. L’anno seguente la Corte Suprema le dà ragione all’unanimità: quelle leggi locali sono incostituzionali. Rilasciata, torna a lavorare come sarta sinché il membro del Congresso John Conyers (un progressista del Partito Democratico) la chiama come segretaria. Alla sua storia è ispirato il film del 1990 La lunga strada verso casa, coi Premi Oscar Whoopi Goldberg e Sissy Spacek (che qui in The Help interpreta la Signora Walters). Ha vinto la Medaglia Presidenziale della Libertà.
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Chiusa la parentesi, torniamo al romanzo. Per tenere ben allenata la mente, Aibileen prende l’abitudine di scrivere le sue preghiere (pag. 181), come narra lei stessa in questo divertente passo:

“Tutti dicono che le tue preghiere sono più potenti e danno risultati migliori di quelle solite.”
“Cosa?”
“Eudore Green, quando si è rotta l’anca, è finita nella tua lista e dopo una settimana era già in piedi. Isaiah è caduto dal camion del cotone: la sera era nella tua lista e il giorno dopo è tornato a lavorare” (…)
“Snuff Washington, poi Lolly Jackson…diamine, Lolly finisce nella tua lista e due giorni dopo salta su dalla sedia a rotelle come se l’avesse toccata Gesù. Tutti quanti nella Hinds County la conoscono questa storia” (pag. 35)

Quando Aibileen insegna a Mae Bo a fare la pipì, la piccola prende e va a farla solo nel bagno della tata (pagg. 114 – 116), con disgusto della madre che vorrebbe proprio insegnarle il disgusto del contatto coi neri: “Non ti ho cresciuta perché usassi il bagno dei negri” (pag. 117). La bimba, confusa, piange, ed è sempre la tata a consolarla (col solito ritornello: “Tu sei intelligente, sei una brava bambina”). “Sento crescere dentro di me quel seme amaro, quello piantato dopo che è morto Treelore. Ho voglia di gridare così forte che la piccolina riesca a sentirmi che sporco non è un colore, che le malattie non sono la parte nera della città. Voglio che non venga il giorno – e viene sempre nella vita di un bianco- in cui comincerà a pensare che quelli di colore non sono bravi come i bianchi” (pag. 118).
Quando vede Heather che guarda sua mamma Hilly, ci confessa: “A me viene voglia di piangere quando vedo tanto amore, anche se è per Miss Hilly, perché mi fa venire in mente Treelore” (il figlio morto sul lavoro) “e quanto mi voleva bene. Mi piace vedere un bambino che adora la sua mamma” (pag. 222).
Aibileen pian piano si fa coraggio e racconta ad Eugenia la sua storia, lei la riscrive e gliela fa rileggere ed approvare. In cambio, le chiede il favore di prenderle in prestito dei libri. Le biblioteche dei neri sono meno fornite ed hanno lunghissimi tempi di attesa (pagg. 186 – 187).  E quando Skeeter va a casa di Hilly e vede Aibileen, fanno finta di non “conoscersi”:

“Aibileen si muove in modo naturale (…): impassibile, non lascia trapelare assolutamente nulla. Immagino sia diventata abilissima a nascondere i propri sentimenti” (pag. 189)

Nel cuore di Aibileen, dunque, ci sono sia la dolcezza materna (per Mae Bo, che cresce come una figlia) sia l’amarezza per le ingiustizie quotidianamente subite (“sento un gusto cattivo, amaro, come quando all’ultimo sorso di caffè ti arrivano in bocca i fondi”, pag. 224), quell’amarezza di cui, vedremo, parla Padre Luther King in un suo sermone, come vedremo.


Il Personaggio/4: MINNY la Chef
La migliore amica di Aibileen
La torta al cioccolato, il licenziamento
Celia Foote l'accoglie a braccia aperte


La sua migliore amica è Minny Jackson (interpretata nel film da Octavia Spencer, Premio Oscar come miglior attrice non protagonista per questo ruolo: per questa statuetta gareggiava con Jessica Chastain, collega nello stesso film), nota come la migliore cuoca della città e per il caratterino tutto pepe. Ha un marito che ognitanto, da ubriaco, la picchia e che si è pentita di aver sposato. E’ appena rimasta senza lavoro per aver un grave dispetto ad Hilly, la donna più potente della città, la quale ha sparso la voce che Minny ha rubato: nessuna sua conoscente l’assumerà. (Noi lettori non sappiamo ancora che genere di dispetto sia stato in verità: sarà una sorpresa.)

Ma la sua amica Aibileen escogiterà un espediente per farla assumere dalla nuova arrivata Celia Foote.
Il giorno dopo la cacciata, Minny si presenta all’ex padrona fingendo in un primo momento di essere venuta a chiederle scusa, recando in mano una torta-regalo “al cioccolato”. Hilly non resiste e se ne mangia due fette subito.
Quando arriva sua madre, Missus Walters (nel film interpretata dal Premio Oscar Sissy Spacek), un’anziana smemorata mal sopportata dalla figlia, e ne chiede una fetta, Minny la ferma: No, no, signora, è una torta speciale appositamente ed esclusivamente per la signora Hilly. 
La torta-regalo di Minny


E qui il colpo di scena: “Sta mangiando la mia m…., signora” (il racconto alle pagg. 396 – 397). Allora “Missus Walters scoppia a ridere: ride così forte che quasi cade dalla sedia. Dice: “Bene, Hilly, direi che hai avuto quello che ti meriti. E, se fossi in te, non andrei in giro a spettegolare su Minny, altrimenti in città sarai conosciuta come la signora che ha mangiato due fette di merda di Minny” (pag. 397). Allora la vendicativa Hilly spedisce la madre in casa di riposo (lei si vendicherà, vedremo come) e Minny non ha più chance di lavorare per lei né per i suoi conoscenti.
Quando Minny racconta ad Eugenia durante l’intervista segreta la storia della “Terribile Porcata” (così la chiama), decidono d’inserire l’episodio nel libro perché solo così Hilly farà tutto ciò che è in suo potere per far credere a tutti che quell’anonimo volume non parla di Jackson. “E se cominceranno a capire, allora lei li porterà su un’altra strada”: “Nessuno conosce la storia, a parte Hilly e sua mamma e Celia, ma lei non ha amiche a cui dirlo” (pag. 428)

Il Personaggio/5: HILLY la Razzista Vendicativa
La promotrice del ddl sui WC per soli Neri:
“Hanno Malattie diverse, loro”
È la Nevrotica Ape Regina delle Casalinghe di Jackson

Hilly (Bryce Dallas Howard) è l’ape regina del gruppo di casalinghe e la capa della Lega di beneficienza.
Ha un tale disgusto verso le persone di colore che si fa promotrice di “un’ordinanza che imponga ad ogni famiglia bianca di avere un bagno separato per il personale di colore” (pag. 18), un progetto che rientra perfettamente nello spirito delle leggi Crow (a pag. 208 l’elenco completo) e che ad Aibileen “sembra quasi scritto dal Ku Klux Klan” (pag. 219).
Miss Leefolt un giorno va dalla tata Aibileen, che racconta il bizzarro dialogo:

“Aibileen, ho una sorpresa per te (…) Mister Leefolt e io abbiamo deciso di costruire un bagno tutto per te. Proprio là fuori, nel garage. (…) Meglio, no?”
“Sissignora.”
“Perché non prendi un po’ di carta igienica e vai a provarlo?
“Miss Leefolt, non è che mi scappa proprio in questo momento”
(…) Dico quello che lei vuole sentire: “Da adesso in avanti uso il mio bagno per gente di colore. E poi vado a pulire molto bene col Clorox il bagno dei bianchi” (pagg. 41 – 42).

Quando la padrona le dice che è stato suo marito a crearle il bagnetto, lei deve risponderle “Grazie, signora” perché questo è ciò che lei vuol sentirsi dire (pag. 136).
Hilly è ossessionata da questa presunta questione sanitaria, come capta Aibileen da una sua conversazione con Miss Leefolt:

“Vedi, è questo che non capisco. A nessuno piace sedersi su un water dove si è seduto uno di loro
“E’ comprensibile” fa Miss Leefolt (…)
“Aibileen, sei contenta di avere un gabinetto tutto per te, vero?”
“Sissignora”. Continua a parlare del bagno anche se ormai è lì da sei mesi.
“Separati ma uguali” dice Miss Hilly a Miss Leefolt. “E’ questo che sostiene il governatore. (…) Aibileen, a te piacerebbe andare in una scuola di tutti bianchi?
“Nossignora”
Ma poi penso: perché? Perché devo stare a dire che ha ragione? Prendo fiato, col cuore che mi batte forte, e poi dico, più gentile che posso: “Non in una scuola piena solo di bianchi, ma in una dove stanno insieme i bianchi e i neri” (…)
“Ma Aibileen, i neri e i bianchi sono talmente…diversi.” Arriccia il naso. Certo che siamo diversi! Tutti sanno che neri e bianchi non sono uguali, ma siamo sempre persone! Cavoli, ho sentito che anche Gesù aveva la pelle scura, col fatto che viveva nel deserto (pagg. 222 – 223)

Quando questo circolo di amiche parla dei Kennedy, si riferiscono solo al nuovo abito di Jacqueline, non certo ai discorsi profetici del Presidente (pag. 15): come vedremo, Lady Bird Johnson sarà una First Lady molto diversa e non muta come Jackie. E quando parlano di “politica”, parlano del progetto locale dei bagni di Hilly.

Un giorno Hilly scopre la cartella segreta lasciata dimenticata da Eugenia e capendo che è d’idee integrazioniste, le fa il vuoto attorno: “Non posso avere nel mio giro amiche che sostengono i negri” (pag. 223). E arriva la resa dei conti:

“Tu non sei un politico. Skeeter Phelan.”
“Se è per questo neppure tu, Hilly”
“Io sto per diventare la moglie di un politico, a meno che tu non ti metta di mezzo. Come fa William a venire eletto a Washington un giorno se nascondiamo amici integrazionisti nell’armadio?” (on the closet, nell’originale americano, stessa espressione per indicare l’omosessualità tenuta nascosta, pag. 245)

E ribadisce ancora una volta il suo disgusto all’idea del contatto coi neri:

Vuoi che quelli là entrino nelle nostre piscine? Che tocchino tutto con le loro mani nei nostri negozi?” (pag. 246)

C’é un altro scontro fra le due quando Hilly organizza una serata di beneficienza pei bambini africani ma vuole espellere Eugenia per le sue idee integrazioniste, come racconta Eugenia:

“A proposito, Hilly. A chi vanno i soldi che si raccolgono con le torte?”
“Ai bambini poveri e affamati dell’Africa.”
Aspetto che colga il paradosso: lei vuole mandare soldi ai negri dall’altra parte dell’oceano, ma non a quelli dell’altra parte della città” (pag. 332)

Un’ex domestica scrive ad Eugenia la sua testimonianza dal penitenziario ove è rinchiusa a causa di Hilly. Lei e suo marito avevano risparmiato dieci anni per poter mandare all’università uno dei due figli, entrambi studiosi e meritevoli. “Ma noi avevamo soldi solo per uno di loro, e – le chiedo- come si fa a scegliere chi dei tuoi gemelli va all’università e chi ad asfaltare strade?” (pag. 295). Aveva chiesto un prestito d’onore a Hilly ma lei si è rifiutata: “Ha detto che un vero cristiano non fa la carità a chi sta bene e può lavorare, che è più giusto lasciare che se li risolvano da soli i problemi” (pag. 298). 
IL PRESTITO NEGATO. La domestica di Hilly le chiede un prestito d'onore
per far studiare uno dei suoi figli meritevoli: le viene negato. 


Ammette di avere derubato la sua padrona, Hilly, di “un brutto anello che non ha mai messo”, e di cui si sentiva in credito viste le angherie subite, per poter saldare la parte restante della retta. Ma è stata scoperta da Hilly e ora nessuno dei due figli andrà all’università. Non solo, ma il tribunale le ha imposto un risarcimento che ammonta al totale dei risparmi. Eugenia capisce di quale anellaccio parli: un finto anello che ha scoperto non essere un vero rubino, ma solo un granato di scarsissimo valore. Eugenia è arrabbiata. Chiede a Pascagoula se possa fare qualcosa: dice di poter chiedere al padre benestante di procurarle un avvocato bianco. Ma Pascagoula risponde che il difensore di questa donna era bianco! E’ stato un processo di 15 minuti finito prim’ancora di iniziare.
Il bagno di casa di Hilly

Un giorno, succede l’irreparabile: Eugenia dice di aver avuto una svista freudiana e nell’annuncio del giornalino della Lega femminile ove deve riferire dell’iniziativa di Hilly, anziché scrivere di portare i vestiti, scrive “water”. E Hilly, con propria grande vergogna, si ritrova il giardino pieno di water (pagg. 340 – 341)! In realtà, come Eugenia ci spiegherà dopo, è stata lei a pagare i fratelli di Pascagoula affinché recuperassero da una discarica dei wc e li mettessero di notte sul giardino dell’ex amica (pag. 404). La foto della villetta di Hilly rimbalza sui giornali di tutta l’America: Eugenia se la ride, Hilly giura vendetta.
Ma cosa impedisce ad Hilly la compassione ed il perdono (nel film, Aibileen le chiede -guardandola dritta in faccia- se non sia fisicamente stanca di continuare ad odiare)?
Probabilmente, il suo non lavorare e il suo sfruttare come schiave le sue domestiche: la sua noia.
Secondo, la sua smania di primeggiare, essere sempre l’ape regina delle casalinghe, e le sue velleità politiche (la proposta di legge sui wc per neri); a causa di questa ambizione sfrenata di essere sempre lei la prima, non prova sentimenti di gratitudine bensì ostilità ossessiva: contro Celia Foote (perché l’ex fidanzato ha scelto lei)  contro i neri (grazie al cui lavoro invece lei può dedicarsi alle sue attività di pubbliche relazioni).


Il Personaggio/6: CELIA FOOTE, Dolce e Sexy
Stringe Amicizia con la sua tata Minny
Che le dà Lezioni di Cucina (clandestine)
Minny la salva dall’ennesimo aborto spontaneo,
Celia la salverà da un maniaco sessuale


Celia Foote è interpretata nel film dalla rossa Jessica Chastain, qui tinta di biondo e quasi irriconoscibile. La Chastain (già vista nel filosofico film “Tree of Life” con Brad Pitt di Terrence Malick) è un’attrice impegnata nell’associazione non profitTo Write Love on Her Arms” che si occupa delle donne cadute in depressione (tema del film “Mi piace lavorare” con Nicoletta Braschi) e della prevenzione del suicidio, a cui aderisce anche per l’esperienza di una sorella suicida (cfr. la storia della psichiatra americana che ha dedicato il suo libro sul disturbo bipolare all’amico suicida: http://lelejandon.blogspot.it/2013/12/il-segreto-della-felicita-e-la.html).

In The Help é una neosposina molto carina e una bomba sexy appena arrivata in città ed è già antipatica all’intero gruppo di casalinghe per la semplice ragione che è odiata da Hilly, la leader di cui sono tutte succubi gregarie. Qual è l’origine di quest’odio? Johnny Foote, il bel marito di Celia (interpretato dal biondo Mike Vogel, ex modello, popolare attore di serial Tv), lasciò Hilly per lei e lei se l’è legata al dito.
Celia vive alla periferia di Jackson, è bionda ossigenata, maggiorata, molto truccata e veste tutta attillata tutti i giorni (persino per stare in casa), insomma ha un look da sexy pin up e rassomiglia al sex symbol Marilyn Monroe (1926 - 1962): le donne la giudicano “volgare”. In realtà, è l’unica nobile di sentimenti e la più pura. E’ buffa, priva di malizia ed è l’unica, assieme ad Eugenia, ad essere animata da un sentimento di equanimità con cui tratta la sua domestica Minny.

Aibileen riesce a fare assumere l’amica presso di lei inventando un’astuta balla: finge che la sua padrona Miss Leefolt le ha detto di riferire a Celia che le raccomanda tanto la buona Minny (delle dicerie sul cui conto Celia non sa nulla, dal momento che non frequenta nessuna in città) ma di non dire in giro che è stata lei a suggerirgliela “perché tutte le sue amiche la vogliono assumere e si arrabbiano come matte se sanno che lei l’ha passata a qualcun altro” (pag. 38). E Celia: “Mantengo il suo segreto se lei mantiene il mio. Non voglio che mio marito sappia che assumo una domestica” (pag. 38). Appena Minny entra in casa, lei la tratta da eguale: “Accòmodati, ti porto da bere” (pag. 44). “E’ la prima volta nella vita che incontro una bianca che mi dice “Accòmodati” (pag. 45). E’ scalza, tutta coperta in faccia di farina nel disperato tentativo di riprodurre una torta vista su una rivista. La sua casa è sita in periferia, grande e tenuta sporca perché Celia non è capace di fare le pulizie come si deve.
La cosa buffa è che nessuna delle due, Celia e Minny, crede di essere voluta dall’altra. Nel film, si vede lei che, agitando una bottiglietta di vetro della Coca Cola, la fa schizzare fuori tutta in un impeto di gioia dopo che Minny si dichiara pronta ad accettare il nuovo incarico. Se Hilly la pagava ad un dollaro l’ora, Celia gliene dà due. Celia è generosa ed assume Minny ad una condizione: dovrà andarsene un’ora prima che il marito torni, per prudenza. 


Minny vive sempre in allerta e in ansia pensando: “Cosa succede se Mister Johnny viene a casa trova una negra nella sua cucina? (…) Prende quella pistola e spara” (pag. 50), per via dei pregiudizi razziali, secondo cui i ladri sono neri. Celia si apre subito con naturalezza a Minny. Le racconta di essere nata e cresciuta in una città molto povera, in una casa senza elettricità (pag. 57). Minny pensa fra sé: “Non avevo mai conosciuto un bianco in una situazione peggiore della mia”. Celia non fa la padrona, è gentile, e vuole ogni giorno sedere a tavola a pranzare con lei (pag. 257).
E’ gioiosa del fatto Minny le insegni a cucinare, facendo poi credere al marito di essere lei la cuoca dalle mani d’oro:

“Secondo lei, non si accorgerà che all’improvviso mangia meglio?”
“Oh, non ci avevo pensato! Magari dovremmo bruciacchiare un po’ il pollo.”.

Ma dietro tutti i suoi sorrisi cordiali, questa neosposina nasconde qualcosa “e non sembra per niente felice” (pag. 59), intuisce bene Minny.

Anche Celia si preoccupa per Minny: “E tu? Tu sei felice, Minny?” (pag. 64). “E’ tipico dei bianchi stare sempre lì a chiedersi se sono abbastanza felici”, pensa la domestica. Chiaro che Minny pensa anzitutto se abbia il necessario: un lavoro sicuro, una casa. Perché è facile perderli.
Finalmente Celia le rivela il mistero del perché stia sempre a casa: “Ho spesso un incubo, sogno che devo tornare a vivere a Sugar Ditch. Per questo sto distesa tanto tempo, perché di notte non dormo bene” (pag. 65). Ma Minny pensa ci sia dell’altro, dato che non esce più neanche a ritirare la posta (pag. 257): o è ammalata nel corpo o nella mente, conclude.

Minny non vede l’ora che Celia dica a suo marito di aver assunto una domestica, perché ha paura. Quando Celia le chiede la torta al cioccolato, lei (ricordando la famosa chocolate pie) dice di non saperla fare!
La scena buffa è quando un pomeriggio Johnny Foote rincasa prima e trova solo la tata che è terrorizzata. Lui la rassicura:

“Minny, tranquilla. Va benissimo che tu sia qui. Licenziarti?” Si mette a ridere. “Tu sei la cuoca migliore che abbia mai conosciuto. Guarda cosa mi hai fatto!” Abbassa gli occhi sull’inizio di pancetta. “Per la miseria, non mangiavo così dai tempi di Cora Blue. Praticamente è stata lei a crescermi
Minny: “So chi è i suoi figli venivano alla mia chiesa”
“Mi manca tantissimo” (pag. 168)

Poi Johnny le chiede consulto sul perché sua moglie non sembri felice. Minny gli racconta che non vede nessuno fuori casa. E lui le chiede: “Non dire che ci siamo incontrati. Voglio che sia lei ad affrontare l’argomento, quando si sente pronta” (pag. 169). Bene, il problema è ciò che propone dopo: dice di voler far fare amicizia fra Celia e Hilly. Se Hilly entrasse in casa (cosa improbabile), scoprirebbe che è stata lei ad aver assunto la sua odiata ex domestica della famosa torta al cioccolato e si scoprirebbe anche la balla della raccomandazione.

La cosa interessante è il punto di vista di Minny rispetto a Celia: la chiama fra sé “quella svampita”, critica dentro di sé il suo abbigliamento da “battona” (così si esprime), insomma Minny stessa ha interiorizzato gli stereotipi e le aspettative sociali sulla maniera di vestire delle donne. Commenta così il suo modo di fare allegro: “Miss Celia dice il suo numero di telefono in un modo che pare la pubblicità di uno straccio per pavimenti” (pag. 255).

Minny disapprova questa mancanza di confini a cui lei stessa si è abituata: paradossalmente. Pensa:

“Mi chiedo come ha fatto ad arrivare tanto avanti nella vita senza rendersi conto che ci sono dei confini. Si siede a pranzare con me tutti i santi giorni da quando ho cominciato a lavorare qui. E non dico nella stessa stanza, ma allo stesso tavolo. Tutte le bianche per cui ho lavorato mangiavano in sala da pranzo il più lontano possibile dalla donna di servizio di colore. E a me stava benissimo. “Ma perché? Io non ho voglia di mangiare di là tutta sola quando posso mangiare qui con te” ha detto lei. Non ho neppure provato a spiegarglielo. Su tante cose Miss Celia è semplicemente ignorante.” (pag. 257)

“Sai, Minny, sono fortunata ad averti per amica.”
Sento un profondo disgusto salirmi nel petto. Abbasso il giornale e la guardo. “No, signora. Noi non siamo amiche.”
“Ma…certo che sì” Sorride. Forse è convinta di farmi un favore” (pag. 267)

Insomma, Minny ha interiorizzato le distanze talmente tanto che non può credere che una donna sia così genuina da provare senso di amicizia nei suoi confronti. Celia può essere così priva di pregiudizi perché non è cresciuta in un ambiente che ha creato queste distanze sociali, proviene invece da un mondo dove regna l’eguaglianza nella povertà, e questa sua origine non la nasconde a Minny. Le chiede perché non la consideri sua amica:

“E’… perché tu sei di colore, oppure perché…tu non vuoi essere mia amica?”
“Per un sacco di ragioni, e anche il fatto che lei è bianca e io di colore c’entra di sicuro.”
Adesso non sorride più. “Ma…perché?”
“Perché quando dico che mi è scaduta la bolletta della luce, non significa che le chiedo dei soldi”
“Oh, Minny…”
“Perché lei non mi fa neppure la gentilezza di dire a suo marito che io lavoro qui. Perché mi fa diventare pazza che stia in casa ventiquattr’ore al giorno”
“Ma tu non capisci. Io non posso. Non posso uscire” (pag. 267)

Un giorno, Minny trova Celia chiusa in bagno (pag. 274 sgg.) e qui dalla commedia si passa al dramma. Sono momenti di suspence sinché non riconosce un feto morto nel wc: é l’ennesimo aborto spontaneo, le rivela Celia. Quando questa le dice: “Speravo che rassomigliasse a Johnny”, Minny risponde tradendosi: “Mister Johnny è un gran bell’uomo, con dei bei capelli…”, e a questo punto Celia le chiede: “Come lo sai?” e Minny racconta il segreto fra lei e Mr Johnny. La cosa buffa è che Celia le chiede di continuare a fingere di non sapere che Celia sappia!
Un giorno finalmente Celia incontra Hilly (di cui ignora l’odio) e lei la umilia chiedendole di comprare otto biglietti per la serata di beneficienza (Celia non ha amici). E a Celia scappa il nome di Minny: ops, era un segreto! Ora Hilly ha un motivo in più per odiarla.
Un giorno Minny si presenta al lavoro con un livido, e Celia vorrebbe farla curare dal suo dottore, ma Minny la informa che i medici bianchi non curano i neri (pag. 358). Minny le rivela che è stato il marito che la picchia per il solo gusto di farlo: 

Un sacco di neri abbandonano la famiglia come spazzatura in una discarica, ma una donna non lo fa. Noi dobbiamo pensare ai figli” (pag. 366)

La cucina di casa di Celia 
Ma ecco (solo nel libro) un episodio cruciale (pagg. 360 – 362, assente nella trasposizione cinematografica) che unirà le due donne: quando vedono dalla finestra avvicinarsi a casa un erotomane nudo che si tocca, Minny esce con la scopa, lo colpisce ma l’arma le si spezza in mano. Sarebbe in balia dell’ubriacone se non fosse per il pronto intervento di Celia che gli dà due mazzate in testa e lo fa fuggire. “Davvero una bianca le ha suonate a un bianco per salvare me”, si chiede Minny stupefatta (pag. 363). Ed è qui che finalmente nasce la riconoscenza: “All’improvviso mi rendo conto che la devo ringraziare, ma proprio non trovo le parole. E una situazione completamente nuova” (pag. 364). Racconta alle amiche la bella sorpresa: “Ha questi modi superfemminili, tutta tacchi alti, eppure era lì lì per ucciderlo” (pag. 366).  
E’ a partire da questo episodio che Minny muta idea, in un dialogo con Aibileen:




“Sembra quasi che ti ci sei affezionata.”
E’ che non li vede proprio i confini. Tra me e lei, o tra lei e Hilly.”
Aibileen prende una lunga sorsata di tè. La guardo. “Come mai taci? Lo so che hai un’idea precisa.”
“Perché se no mi accusi di fare della filosofia.”
“Dài, non mi spaventa certo la filosofia.”
“Mica vero.”
“Cioè?”
“Tu parli di cose che non esistono.”
Scuoto la testa. “Non solo esistono i confini, ma tu sai bene quanto me dove bisogna tracciarli.”
Aibileen fa segno di no. “Io ci credevo prima, ma ora non più. Sono solo nella nostra testa. Quelli come Miss Hilly cercano di farci credere che ci sono, e invece no.”
“Io lo so che ci sono, e infatti ti puniscono se li superi. Almeno, a me succede così.”
“Un sacco di gente crede che se rispondi mali a tuo marito superi il confine, e quindi la punizione è giustificata. Ma tu ci credi a questo confine?”
Arrabbiata, abbasso gli occhi sul tavolo. “Sai benissimo che non ci credo.”
“Infatti il confine non c’è, tranne che nella testa di Leroy. Neanche i confini tra neri e bianchi esistono: certa gente se li è inventàti molto tempo fa. E questo vale anche per le poveracce bianche e le signore importanti” (pag. 367)
Sopra e sotto: interni della casa di Celia Foote

Celia, depressa, chiede a Minny perché tutte le concittadine la isolino: “Non si sono neppure degnate di invitarmi a entrare. Mi hanno tenuto sulla porta come un venditore di aspirapolvere. Perché, Minny?”. (Nel film la vediamo arrivare con una torta in mano a casa di Hilly e lei ha la diabolica trovata di ordinare a tutte le presenti di abbassarsi per non farsi vedere dal vetro della porta).
Minny le spiega il motivo: che quando rimase incinta la prima volta e Johnny si mise insieme a lei, aveva da poco lasciato Hilly con cui stava da un bel po’. Celia pensa: “Quindi…forse Hilly pensa che io facessi la stupida con Johnny mentre stavano ancora insieme” (pag. 372).
E si propone di dare le sue spiegazioni ad Hilly alla serata. Arriva la serata sociale della charity e Celia naturalmente indossa un abito sexy scollato rosa shocking: mariti eccitati e mogli gelose ed invidiose. Minny disapprova: “Alle feste di beneficienza non ha mai visto neppure un gomito nudo, figuriamoci petto e spalle” (pag. 374). In effetti, Celia dice al marito: “Johnny, pensi che mi sia agghindata un po’ troppo? L’invito diceva “abito da sera”, ma queste ragazze sembrano tutte vestite per andare in chiesa.” L’adorabile marito le lancia un sorriso solidale: “Sei favolosa. Se senti freddo, però, puoi mettere sulle spalle la mia giacca” (pag. 378).
Un amico di Johnny gli dice: “Passare da Hilly a Celia dev’essere stato un bel salto, Johnny. Come trasferirsi alle Hawaii dopo tutta una vita in Antartide” (pagg. 384 – 385).
Ecco che, dopo averla inutilmente rincorsa tutta la serata (Hilly fugge perché non vuole parlarle), finalmente Celia la sorprende alle spalle ma, maldestra e brilla, le stacca di netto il polsino dell’abito. E qui, fatalità quando tutti fanno silenzio, grida: “Ma io sono rimasta incinta dopo che vi siete lasciati…”. Poi, vomita sul tappeto. Ma c’è un altro colpo di scena: Hilly sente pronunziare il suo nome: ha vinto la torta al cioccolato di Minny...Ma come, lei non ha mai fatto un’offerta! Sorpresa, è la madre (il Premio Oscar Sissy Spacek nel film) ad essersi vendicata (molto divertente la scena nella versione cinematografica):

“Sei stata tu a mettere il mio nome?”
“Magari non ricordo come mi chiamo o in quale paese vivo, ma te e quella torta non vi dimentico di sicuro”
“Tu, vecchia, inutile…” (pag. 389)

"To Write Love on Her Arms", l'associazione
in cui è impegnata Jessica Chastain, si occupa
della prevenzione del suicidio e della depressione
delle donne. 
Il giorno seguente, Minny è una donna cambiata. Dà uno scapaccione alla figlia che prende in giro Celia (non si parla d’altro, in città): “Che non ti senta mai più parlare male della signora che ti dà da mangiare” (pag. 391). Poi corre a casa di Celia a consolarla: lei è a letto depressa, perché sa che dopo la scenata alla charity non riuscirà mai a farsi amici in città. Le è giunta la letterina al vetriolo di Hilly: “Anziché rimborsarmi per il vestito che mi hai strappato, noi della Lega saremmo liete di ricevere una donazione per non meno di duecento dollari.” E l’invita a starle lontana come persona non gradita (pag. 392). Celia si confida con Minny: “Il modo in cui mi ha guardato quella Hilly…come se non fossi niente, spazzatura abbandonata per strada.” E Minny la consola come Constantine aveva consolato Eugenia: “Non deve giudicarsi con gli occhi di quella donna.” (pag. 393). E qui rivela a Celia la storia della torta: “Lo so che non è stato cristiano (…) ma fare una cattiveria a quella donna mi è sembrata una cosa giusta” (pag. 395). Celia la sta a sentire, capisce, e poco dopo Minny trova un assegno di duecento dollari con suscritto il nuovo soprannome che le ha affibbiato: “Per Hilly Duefette” (pag. 399)! Insomma, anche Celia ha ottenuto la sua piccola vendetta. Celia racconta a Johnny dei bambini perduti e lui prende le mani di Minny: “Minny, l’avrei perduta se non fosse stato per te. Grazie a Dio c’eri tu (…) Tu avrai sempre un posto qui da noi, Minny. Per tutta la vita, se vuoi.” (pag. 470).

Il Finale: il Successo del Libro
(ed anche il Romanzo della Stockett
sarà un Bestseller Mondiale)

Il romanzo viene recapitato a New York giusto in tempo e viene pubblicato col titolo The Help. A Jackson non si parla d’altro. Un giorno, Eugenia (dopo che le è stato fatto il vuoto attorno per ordine di Hilly), è avvicinata da una signora: “Penso che dovresti sapere quello che Hilly dice in giro. Sostiene che sei stata tu a scrivere quel libro (…) Se l’hai scritto tu, voglio che tu sappia che non licenzierò mai Louvenia”, la sua tata che Hilly le ha ordinato di mandare via. E questo perché la tata le dà man forte nella cura della sua depressione per cui è in cura (pagg. 485 – 486). Aveva riconosciuto nel romanzo di Eugenia la propria storia per un episodio di solidarietà alla domestica. Eugenia pensa fra sé: “Non si sa mai abbastanza delle persone”, penso. Non era questo lo scopo del libro? Far capire alle donne: “Siamo semplicemente persone, e non sono molte le cose che ci separano. Molte meno di quanto si pensi” (pag. 486). E visto il successo del romanzo come promesso Eugenia divide i guadagni con le donne che hanno collaborato con lei e fa la libera scelta di trasferirsi nella città delle grandi opportunità, a New York, a lavorare ad un giornale come giornalista, come desiderava.
Lieta notizia anche per Aibileen: Eugenia ha convinto il suo editore del giornale a sostituirla nella rubrica di economia domestica, dopo avergli rivelato che è sempre stata lei a suggerirle le risposte (pag. 504).
Intanto, la stessa Aibileen viene licenziata in tronco con la falsa (e classica) accusa di avere rubato: Hilly ha dato preciso ordine a Miss Leefolt. Quando la piccola lo capisce, lei pensa:

Non posso dirle: “Mi hanno licenziato”, perché non voglio che dia la colpa a sua mamma e le cose tra loro peggiorino ancora di più. “E’ venuto il momento di andare in pensione. Tu sei la mia ultima bambina” La lascio piangere un minuto sul mio petto, e poi le stringo di nuovo la faccia tra le mani. “Piccolina, te lo ricordi quello che ti ho detto?” “Di pulirmi bene il culetto quando ho finito?” “no, tesoro, quell’altra cosa. Su chi sei tu.” (…) E poi dice quello che ho bisogno di sentire: “Tu sei gentile. Tu sei intelligente. Tu sei importante.” (pag. 513)


Il libro viene ristampato in tante copie: in città non si parla d’altro e ad Hilly spunta un eczema come espressione psicosomatica del suo nervosismo e paura che la storia della chocolate cake divenga di dominio pubblico. Hilly continua a ripetere, persino gridando, che quel “libro spazzatura” non è su Jackson. Una delle signore della città si riconosce nella storia e accusa la cameriera ma è impotente: “Se Hilly non continuasse a dire che Jackson non c’entra, ti licenzierei così in fretta da farti girare la testa. (…) Non posso licenziarti, altrimenti tutti capiscono che il capitolo dieci sono io” (pagg. 502 – 503).
Quanto a Minny, suo marito viene licenziato e il suo capo gli dice che è per ordine del marito di Hilly. Eugenia la convince a lasciarlo per essere una donna libera. Quando Hilly va a minacciarla di denunciarla e mandarla in carcere per le sue rivelazioni, lei risponde a tono:

“Miss Hilly”. Lo dico forte e chiaro, e lei si ferma. Scommetto che sono dieci anni che nessuno la interrompe.
“Io so qualcosa di lei, ed è meglio che non se lo dimentichi. Da quello che so, in prigione c’è un mucchio di tempo per scrivere lettere (…). Un sacco di tempo, e la carta è gratis.”
“Nessuno crederebbe mai a quello che puoi scrivere tu, negra.”
“Può darsi, ma mi hanno detto che sono piuttosto brava a scrivere” (pag. 511)


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APPROFONDIMENTI
Il Disgusto contro i Neri:
Bagni, Posate, Bicchieri e Tavoli Diversi

Il disgusto irrazionale contro i neri si vede per esempio nell’espressione tipicamente schifata di Hilly che “arriccia il naso” quando Aibileen le risponde che sogna una scuola ove bianchi e neri stanno insieme (pag. 223) e quando uno degli operai in giardino da Miss Leefolt chiede ad Aibileen un bicchier d’acqua e la tata, anche se la padrona non c’è, gli dà un bicchiere usa-e-getta: “Vado a prendere un bicchiere di carta. (…) So che Miss Leefolt non vuole che gli dia un bicchiere di vetro” (pag. 30).
Minny racconta che uno degl’insegnamenti di sua madre era questo: “Non farti mai trovare dalla Signora Bianca seduta sul suo water. Non m’interessa che scoppi che ti sembra che stia per uscirti dalle trecce. Vai nel bagno che lei non usa mai” (pag. 52). Altra regola per evitare licenziamenti: “Quando cucini per i bianchi, assaggia con un cucchiaio diverso. Ti porti il cucchiaio alla bocca quando pensi che nessuno ti veda e lo rimetti nella pentola, e poi ti ritrovi in mezzo alla strada.” Altra regola per non suscitare la reazione schifata dei bianchi: “Usa lo stesso bicchiere, la stessa forchetta, lo stesso piatto ogni giorno. Tienili in un armadietto a parte e dì alla bianca che d’ora in poi tu usi soltanto quelli” (pag. 53).


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Il Libro e lo Spunto per esaminare i Casi Estremi di Cronaca:
Ergastolo per la Coppia Omofoba
che torturò a morte bimbo di 8 anni:
"Giocava con le Bambole"
Magic Johnson con la sua famiglia: l'ex cestista ha dichiarato
il massimo sostegno e orgoglio da parte sua e della moglie per il figlio gay.

Nel libro, oltre al passo ove la mamma di Eugenia vorrebbe curare la figlia perché la crede disinteressata agli uomini, c’è un altro passo ove si parla di com’era trattata l’omosessualità all’epoca: lo racconta Aibileen a proposito del dolore di non poter intervenire (pena il licenziamento) ai maltrattamenti contro John Green Dudley da parte del padre e il rimpianto di non avergli insegnato che non c’era nulla di cattivo nella sua inclinazione.




Quando ha cominciato a mettersi le gonne a ruota di sua sorella e lo Chanel numero 5, allora ci siamo preoccupati tutti. Il papà portava il piccolo in garage e lo frustava con un tubo di gomma per cercare di fare uscire la femmina che c’era dentro di lui, finché io non ce l’ho più fatta. Appena tornata a casa, ho quasi soffocato Treelore da quanto l’ho abbracciato stretto stretto. Quando abbiamo cominciato a lavorare sulle storie, Miss Skeeter mi ha chiesto qual è stato il giorno più brutto che mi ricordo come domestica. E’ stato ogni giorno dal 1941 al 1947, quando davanti alla porta con la zanzariera aspettavo che finissero le botte. Come mi dispiace non aver detto a John Green Dudley che non ci va all’inferno, che non è un mostro perché gli piacciono i maschi. Come mi dispiace non avergli riempito le orecchie di cose buone come sto cercando di fare con Mae Mobley.” (pag. 337)
ABBANDONATI DALLA FAMIGLIA PERCHE' GAY.
Molti dei giovani senzatetto di New York sono afroamericani cacciati
di casa perché omosessuali. L'arcivescovo cattolico di New York
Timothy Dolan ha detto No ad un'organizzazione non profit
che chiedeva di dare una mano a questi ragazzi. Come non pensare
alla Parabola del Buon Samaritano citata da Martin Luther King e alla
sua critica al silenzio delle chiese dinanzi alle ingiustizie? 

Quest’episodio ci riporta ai casi estremi di cronaca del giorno d’oggi: una donna ed il suo compagno, latinos, sono stati condannati all’ergastolo per aver ucciso di torture il figlio di otto anni nel maggio 2013 a Palmdale (nella California ove le famiglie omogenitoriali sono tante). Giocava con le bambole e loro, disgustati dalla presunta omosessualità, l’hanno picchiato e torturato a morte: colpito con mazze da baseball, frustato con cinture, costretto a mangiare feci del gatto, oltre a spruzzargli addosso spray al peperoncino e a chiuderlo nell’armadio. Il personale del 911 ha trovato il bambino col cranio fracassato e le costole rotte. Il bambino viveva col nonno materno, e furono i servizi sociali a riportarlo dalla madre snaturata, nonostante avessero rinvenuto un biglietto in cui il bimbo manifestava il proposito di uccidersi. I due hanno confessato per evitare la pena di morte.
IL FENOMENO. Un gruppo di ragazzi afroamericani senzatetto:
sono stati cacciati di casa dai loro genitori perché gay. 

Nel 2011 un 27enne, santone poligamo di una setta fanatica (autoproclamatisi ebrea fondamentalista) del North Carolina, ha sparato a morte in testa al figlioletto di quattr’anni con l’aiuto della madre, anche in questo caso per la sua presunta omosessualità: il bimbo, Jaden Higganbothan, giocava troppo fisicamente coi coetanei maschi, toccando loro il sedere.
Altra violenza omofoba proviene da una coppia, ancora del North Carolina, che ha rinunziato all’educazione e all’amore incondizionato della figlia 16enne, April, data in adozione con l’appoggio della chiesa locale, perché gay.
Di contro a tali violenze snaturate ispirate dal disgusto omofobico, che sono comunque casi estremi (e per questo fanno notizia), ci sono padri di omosessuali come Magic Johnson: l’ex campione di basket afroamericano ha dichiarato che lui e la moglie sostengono in ogni modo il figlio gay EJ e sono fieri di lui.

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I Famosi del Mississippi:
Il Nobel Faulkner, e due Medaglie Presidenziali della Libertà:
il Pulitzer Eudora Welty e Tennessee Williams
Di qui anche Elvis Presley e B.B. King
ed i Premi Oscar Oprah Winfrey e James Earl Jones
James Earl Jones.

La scrittrice nell’appendice del romanzo The Help tiene a ricordare i suoi conterranei famosi (pag. 524) per mostrare che il Mississippi non ha avuto solo il razzismo, ma ha dato i natali anche a persone che hanno fatto la differenza.
Analogamente, Padre Martin Luther King in un suo sermone menzionerà tutti i Big neri connazionali, a dimostrazione che aveva ragione la tata Aibileen a proposito della menzogna dell’inferiorità razziale dei neri americani (pag. 455).
Del Mississippi sono originari i seguenti scrittori: il Premio Nobel per la Letteratura William Faulkner (1897 – 1962), di New Albany; il Premo Pulitzer Eudora Welty (1909 – 2001), Medaglia Presidenziale della Libertà, che era proprio di Jackson (come Faith Hill e la cui casa natale è oggi un museo); e Tennessee Williams (1911 – 1983), anch’egli Medaglia Presidenziale della Libertà (massima onoreficienza degli USA).
Altri americani famosi di questo Stato sono i seguenti cantanti: il mito rock and roll (che fuse il country bianco ed il nero rhythm and blues) Elvis Presley (1935 – 1937), di Tupelo, il cantautore e chitarrista blues B.B. King (Itta Bene 1925) e la cantante country Faith Hill (1967), di Jackson come Eudora Welty.
Sono infine del Mississippi i seguenti premi Oscar: il Premio Oscar umanitario Oprah Winfrey (Kosciusko 1954), che è stata per tanti anni conduttrice Tv di un programma estremamente popolare ed influente, ed l’attore Premio Oscar alla carriera James Earl Jones (Arkabutla 1931).
Altri famosi sono il regista e produttore Jim Henson (1936 - 1990), di Greenville, e Craig Claiborne (1920 – 2000), di Sunflower, che fu editorialista e critico culinario del “New York Times”.

Una Lettura Teologica del Romanzo
La “Via Creativa” di Eugenia
E quel Pranzare Assieme di Celia, 
Johnny e Minny che crea il Cerchio:

Il romanzo mostra bene due delle vie di Matthew Fox: la Via Creativa e la Via Transformativa sono due delle quattro “Vie” che il teologo contemporaneo (ex sacerdote domenicano, ora episcopaliano) indica come tappe di una spiritualità adulta (“Creatività. Dove l’umano e il divino s’incontrano”, Fazi editore, Roma 2013, cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2013/12/il-segreto-della-felicita-e-la.html):

1)    Via Positiva: lo stupore filosofico tipico del bambino che guarda il mondo con meraviglia, amare e studiare e scoprire. “Lo studio è componente essenziale per resistere al cinismo”, come il cinismo contro le persone di colore nel Mississippi del romanzo. Eugenia è proprio fresca di studi e vuole studiare approfonditamente la condizione interiore delle domestiche e perciò le intervista per conoscere le loro storie;

2)    Via Negativa: l’esperienza del dolore morale (il lutto per la scomparsa di Constantine e il dolore morale per il tradimento della madre che l’ha cacciata);

 3) Via Creativa (cfr. sermone 2 MLK): la creatività è “l’essenza della nostra umanità” (pagg. XII, 31, 35, 117). “Ovunque c’è creatività c’è speranza” (pag. XVI). Eugenia al momento non pensa di pro-creare: progetta e lavora al libro The Help; Meister Eckhart “insiste sul fatto che “per Dio è meglio diventare fecondo nella persona” (pag. 79). La creatività richiede coraggio morale, per superare paure come quella del non essere conformisti (cfr. sermone 14) ed evitare il vittimismo (cfr. il discorso di Bill Cosby sotto).

4)     Via Transformativa (cfr. sermone 2 di MLK): mette questa creatività al servizio del suo scopo più giovevole: la compassione verso il nostro prossimo per trasformare le cose. Nel caso di Eugenia, scrive il libro nella speranza di “cambiare le cose”.  (MLK nel sermone 4 dice che la comprensione è “l’unica forza capace di trasformare un nemico in un amico”, come fece Lincoln scegliendo l’ex avversario Stanton).

Celia crea un rapporto d’intimità ed amicizia con la sua cuoca e domestica Minny, partendo dall’abitudine di pranzare insieme allo stesso tavolo. Nel film si vede anche Johnny che, galantuomo, fa sedere a tavola Minny che per la prima volta viene invitata e servita come ospite. Questa tavola crea il cerchio, quella dimensione ove “gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi”, come diceva l’ebreo Gesù. Anch’egli, per far socializzare e far stringere amicizia alle persone di diverse condizioni sociali, usava questa strategia del pranzare insieme (cfr. Matthew Fox, “Creatività”, cit., pag. 106).

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Il Parallelo Storico che Vi Propongo:
il Disgusto per le Nozze Miste ed il Disgusto per le Nozze Gay
Il Paradosso del Contributo di Cura dato da Infermieri Gay e Tate Nere
e la Mancanza di Diritti di Coppia a chi è parte integrante della Società
Il Separazionismo Giuridico anche oggi per 
i gay senza vero Matrimonio: “Separati ma Eguali”
In blu gli Stati ove sono legali i matrimoni fra persone gay. 

Ci sono una serie di elementi che ho individuato per stabilire un parallelo storico di scottante attualità fra la battaglia della racial equality di ieri e della marriage equality di oggi:

-       Il disgusto irrazionale contro i neri e disgusto contro i gay;
-       Il conseguente disgusto contro le nozze miste e contro le nozze gay 
(con la differenza che i neri già potevano sposarsi all’interno della comunità: paragone ancora più azzeccato sono gli Stati del Sud prima della Guerra quando nel 1810 i neri non potevano sposarsi neanche fra loro, come i gay nel 2010: i razzisti volevano deprivare gli afroamericani della protezione e della forza della famiglia);


-       Il nascondimento dei veri sentimenti (pag. 189) cui sono costrette le domestiche nere e quello delle persone omosessuali in alcuni contesti ancora oggi (in entrambi i casi pena il licenziamento, a seconda del contesto);
La coppia d'innamorati, lei nera, lui bianco, che ha ottenuto il diritto a
sposarsi dalla sentenza della Corte Suprema del 1967 (Loving V. Virginia)

-       Il voler mantenere le distanze, i confini (pag. 222) anche (paradossalmente) da parte dei discriminati che sono “fuori dal cerchio” costruite dagli avversari intorno a noi, come quelle persone omosessuali che ancora oggi si auto-ghettizzano anche inconsciamente: Aibileen dice a Minny di avere mutato idea, che “i confini (…) sono solo nella nostra testa” (pag. 367);
-       Le reazioni scomposte di chi covava un pregiudizio razzista a quei tempi, definite un vero e proprio squilibrio mentale da Edward Franklin Frazier (1894 – 1962) ne “La patologia del pregiudizio di razza” citata da Martin Luther King,  sono riscontrabili oggi nell’ “ostilità ossessiva” di coloro i quali dedicano molte energie per predicare e agire in senso contrario all’estensione dei diritti civili alle coppie gay, e tale omofobia è definita per esempio da John McNeill e da Matthew Fox come essa stessa un disturbo mentale;
-       Il paradosso odioso fra il contributo decisivo nell’àmbito della cura dato dalle nere dell’epoca e la loro mancanza di diritti e tra la cura svolta dai gay ad esempio nel campo infermieristico e nell’assistenza agli ammalati ed il mancato riconoscimento dei loro diritti di coppie conviventi more uxorio: all’epoca tutte le domestiche erano nere ma non avevano neanche il diritto di sposare un bianco; oggi, in una città come Milano, molti infermieri sono gay ma non hanno nemmeno il diritto di sposare i compagni;
-       Il separazionismo giuridico, espresso con autocompiacimento e degnazione da Hilly (“separati ma uguali”, pag. 222) e anche da chi oggi si dice favorevole a stabilire un istituto separato per le coppie gay, diverso dal matrimonio, fingendo d’ignorare che lo spirito di eguaglianza è l’esatto contrario della separatezza. Dinanzi ai 19 stati dell’Europa unita (e 32 degli Stati Uniti) che hanno esteso il vero e proprio matrimonio alle persone gay, in Italia, nonostante la maggioranza della popolazione sia favorevole secondo recenti sondaggi, i politici che si dichiarano apertamente favorevoli al matrimonio sono rari e il governo è contrario.
All’epoca in cui è ambientato il romanzo era proibito che un bianco sposasse una nera e un nero una bianca, ossia la miscegenation:

“Per un bianco è contro la legge contrarre matrimonio con persone che non siano di razza bianca. I matrimoni che violano questa disposizione verranno annullati”
(Leggi Crow, da “The Help”, pag. 208)

Anche nel regime di apartheid del Sudafrica (dal 1948) erano proibiti i matrimoni misti (oltre che i rapporti sessuali interraziali). E’ rimasto celebre un editoriale del “Daily News” di Jackson, la cittadina di The Help, alla storica sentenza della Corte Suprema del 1954:

“Potrebbe ben essere che il sangue scorra in molti posti nel Sud a causa di questa decisione, ma saranno gli scalini di marmo bianco dell'edificio della Corte suprema che saranno sporcati da questo sangue. Mettere bambini neri e bianchi nelle stesse scuole porterà al meticciato, il meticciato porterà ai matrimoni misti, e i matrimoni misti porteranno all’imbastardimento della razza umana”.

E si pensi ad oggi quando certi Prefetti italiani annullano la registrazione (da parte dei sindaci) di regolari matrimoni gay di concittadini italiani celebrati all’estero.
Scrive la Nussbaum in Hiding from Humanity (Princeton University Press 2004) che tale “disgusto per le nozze miste (disgust at miscegenation) era sicuramente molto diffuso” e sicuramente veniva usato l’argomento del “contro natura”, come dice il giudice che si è occupato del caso “Richard and Mildred Loving” , una coppia interrazziale, nel difendere la legge anti nozze miste (antimiscegenation law) della Virginia, che si basava sull’assunto che

“Dio ha creato le razze bianca, nera, gialla, e rossa e le ha collocate su continenti separati” ed “il fatto che ha separato le razze dimostra che non intendeva che esse si mischiassero”
(citazione della Nussbaum, pag. 148, dalla sentenza Loving v. Virginia,
388 U.S. 1 (1967) 3, traduzione mia)

Contestualmente a tale disgusto razzista, era dominante anche il disgusto per l’omosessualità (cfr. il passo citato sopra, pag. 95 di The Help: la madre che chiede alla figlia se faccia mai “pensieri innaturali”) intorno a cui c’è un pensiero magico (la tisana magica che la cura scacciando i cattivi pensieri contro natura), una vera e propria forma di superstizione. Tutt’oggi, come ha dimostrato una trasmissione televisiva, si diffondono le teorie e le terapie riparative, nonostante il No dell’ordine degli psicologi anche a causa della mancanza di educazione sessuale nelle scuole e della mancanza di volontà politica di combattere tali dottrine smentite dall’esperienza. Urge una legge che le metta al bando come torture psicologiche, come in California.
L’opposto di quest’atteggiamento di disgusto, secondo me, é l’amicizia civica, che i Greci antichi chiamavano philìa politiké: come scrive Aristotele nell’Etica Eudemia (apud “Le Tre Etiche”, pag. 263 dell'edizione Bompiani, Milano 2008, a cura di A. Fermani),

“Pare che la funzione della Politica sia soprattutto quella di produrre amicizia

Come l’amicizia fra Eugenia e Minny ed Aibileen e l’amicizia fra Celia e Minny. (Certo, Aristotele considerava naturale la condizione di schiavitù, tuttavia possiamo rileggerlo in chiave moderna, col guadagno positivo della conquista della libertà di tutti gli esseri umani).

Il Liberale Bentham:
“L’Odio (per Gay ed Eretici) 
nasce dall’Antipatia e dal Disgusto Fisico
(Avversione Preventiva ed Incapacità d’immaginare il Gusto e Piacere degli altri)
che è un Principio Sbagliato ed Incivile”
Particolare dall'affresco della "Tomba del Tuffatore" a Paestum


Il còmpito della scienza politica è di creare amicizia fra concittadini, ossia legame sociale, anche fra persone eterosessuali ed omosessuali e fra persone di razze diverse. Invece chi manifesta il suo disgusto cade nell'errore che il filosofo liberale Jeremy Bentham (1748 – 1832) chiama l'ipsedixitismo o principio dell'Ipse dixit o




   “Principio di simpatia e antipatia”, “che approva o disapprova certe azioni non in base alla loro tendenza ad aumentare la felicità” ossia al “principio di felicità” (di cui c’è un'eco anche nella Dichiarazione d'Indipendenza Americana che stabilisce che fra i diritti umani c'è “la ricerca della felicità”), ma semplicemente perché uno si trova disposto ad approvarle o a disapprovarle”

(Introduzione ai princìpi della morale e della legislazione,
a cura di E. Lecaldano, UTET, Torino 1998, cap. XVII, pag. 443 nota
(ediz. orig. ingl. An Introduction to the Principles of Morals and Legislation, 1789,
edited by J. H. Burns, H. L. A. Hart, F. Rosen, Clarendon Press, Oxford 1996)
Il saggio del 1785 del filosofo liberale britannico
che fu maestro di John Stuart Mill.

A tale limite cognitivo possono essere ricondotte tutte le dottrine filosofiche: esiste un primato dell'esperienza personale che spiega perché esistono filosofie così opposte fra loro (cioè ogni filosofo parte dai suoi sentimenti, dalle sue simpatie ed antipatie). Bentham (nei i manoscritti apud L. Campos Boralevi, Bentham and the Oppressed, de Gruyter, Berlin 1984) fu il primo a comprendere che l'omofobia nasce dall'antipatia: Sergio Cremaschi scrive (ne L'etica moderna. Dalla Riforma a Nietzsche, Carocci, Roma 2009 (2007), pag. 190) che “Sull'omosessualità (…) argomentò che la discriminazione (…) nasceva da “antipatia” e non era giustificata in alcun modo a partire dal principio di utilità” (detto anche “felicismo” od “eudemonismo”, dal greco eudaimonia, ossia, quello che in sèguito il grande filosofo chiamerà il “principio della massima felicità” e felicemente sintetizzato nella formula: “the greatest happiness of the greatest number” (pag. 195). Tradotto politicamente, quest’atteggiamento antifilosofico si traduce nell'assolutismo (così come il rispetto si traduce in un sano relativismo o liberalismo). E' logico, infatti, che il misconoscimento delle qualità dell'altro e quindi della sua dignità sia il presupposto per il negazionismo del valore stesso della sua esistenza. Dimostrando di aver colto la lezione di un altro grande padre del liberalismo, David Hume (1711 – 1776), secondo cui “la ragione è al servizio delle nostre passioni” (Trattato sulla Natura Umana, 1740) come hanno dimostrato le neuroscienze moderne (http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/i-liberali-conservatori-han-piu.html), Bentham accosta l'odio omofobico all'odio contro i liberi pensatori eretici, mentre afferma che la civiltà deve ispirarsi al principio liberale de gustibus disputandum non est:“Ed è così in tutto il mondo: basta guardarsi intorno, per accorgersi che le differenze di gusto e di opinione sono spesso causa di acerba ostilità, tanto quanto le differenze d’interesse. Essere in disaccordo col nostro gusto, opporsi alle nostre opinioni, è qualcosa che ferisce i nostri sentimenti e offende il nostro orgoglio.” (Difesa dell’omosessualità, Melangolo, Genova 2009, pagg. 59 – 60, originale del 1785). Tale caso porta il filosofo a dimostrare la pericolosità intrinseca di un regime non liberale, che ben si adatta anche alla condanna di Socrate od alla condanna di un personaggio vissuto dopo l’epoca di Bentham, Oscar Wilde (1854 – 1900) nella sua stessa Inghilterra: “In base ai princìpii monarchici, il sovrano avrebbe diritto di punire ogni uomo che gli stesse antipatico; secondo i princìpii democratici, ogni singolo uomo, o almeno la maggioranza di ogni comunità, avrebbe il diritto di punire chiunque per ragioni non meno futili.” (Difesa dell’omosessualità, cit., pag. 66).Bentham diagnostica nell'invidia (che letteralmente indica in latino l’atto di guardare male, guardare storto, di sbieco) la causa dell'eterna opposizione dei filosofi reazionari al piacere sessuale ed erotico (non solo a livello di filosofia personale, ma addirittura a livello di imposizione legislativa) smascherando l'assenza di una vera ragione, di un consistente render ragione (lògon didónai direbbe Platone) al disprezzo dei piaceri:Il passaggio dall'antipatia fisica all'antipatia morale è più immediato se all'atto che suscita antipatia è connessa l'idea del piacere (...) sinora l'orgoglio filosofico (per non parlare della superstizione, almeno pel momento) s'è dato da fare, non senza risultati, per convincere le persone a criticare qualunque cosa fosse fonte di piacere anche a loro stesse, mentre l'invidia le renderà sempre ostili a tutto ciò che procura un piacere ad altri. Secondo una certa categoria di moralisti, noi dovremmo opporci a tutto quello che si presenta sotto forma di piacere, non per una qualsiasi ragione che essi siano disposti a fornirci, ma semplicemente perché così dobbiamo fare. E' ben vero che quegli oggetti la cui natura ci procura i maggiori piaceri che siamo in grado di provare, in alcuni casi possono causare sofferenze ancora più grandi. Ma non è questo il motivo della loro critica, poiché, se così fosse, la censura che si applica all'uso di tali oggetti sarebbe proporzionata alla probabilità, verificabile in ogni singolo caso [Bentham è un empirista], di produrre dolori ben maggiori. Ma la verità è un'altra: non è il dolore che li manda in collera, ma il piacere.”(pag. 61)


La filosofa del Diritto

Nussbaum: “La Malattia del Disgusto
si vede soprattutto nell'Omofobia”

Secondo la filosofa liberale Martha Nussbaum, la quale ha dedicato un intiero libro di psicologia morale all'emozione del disgusto dal punto di vista della filosofia del diritto (facendo riferimento alla più recente storia del suo Paese, gli Stati Uniti), il disgusto “è stato usato lungo tutta la Storia come un'arma potente” per escludere categorie di persone: ebrei, omosessuali, in primis (Hiding from Humanity. Disgust, Shame and the Law, capitolo 2: Disgust and Our Animal Bodies, pag. 107). “Tutte le società umane han creato gruppi di esclusi che son stigmatizzati come o vergognosi o disgustosi e di solito entrambi” (Not for profit. Why Democracy Needs the Humanities, pagg. 33-34, traduzione mia).
Per la Nussbaum, “il disgusto è un'emozione potente” e spesso “giuoca un ruolo potente nella legge. Primo, figura, come la principale od addirittura la sola giustificazione per rendere illegali alcuni atti” come “le leggi antisodomia” (che ancor oggi vigono nell’Africa nera) Hiding from Humanity. Disgust, Shame and the Law, op. cit., pag. 72, traduzione mia dall'originale americano).
Il libro della filosofa che abbiamo citato
ha ricevuto il Premio come miglior saggio
di diritto dall'associazione americana editori nel 2004.

Ad esempio in Nigeria ove il presidente ha inasprito le pene: 14 anni per chi celebra matrimoni gay e 10 anni per chi vi assiste. In Uganda è stata una donna, l’avvocato Rebecca Kadaga, speaker del Parlamento (ricevuta anche da Benedetto XVI), a far approvare una legge (nota giornalisticamente come “Kill the Gays Bill”) che in una prima bozza prevedeva la pena di morte e ora l’ergastolo.
Alla giurista interessa studiare un tipo particolare di appello al disgusto: quello che lo strumentalizza a scopi politici-legislativi per persuadère gli elettori e l'opinione pubblica. E cita, ad esempio, non solo il disgusto espresso da uno dei giudici che condannarono Oscar Wilde (1854 – 1900), ma anche la battaglia che fu necessaria per legalizzare la miscegenation ossia le nozze miste (fra bianchi e nere o fra neri e bianche, all'epoca), che suscitavano proprio tale ribrezzo così come oggi ad alcuni suscita disgusto l’estensione del matrimonio ai gay (pag. 78).
La filosofa nota che, apparentemente, si troverebbero concordi i conservatori e i progressisti che sostengono (come William Miller, Lord Patrick Devlin e Leon Kass) che sia giusto che la legge s'ispiri al disgusto (morale), secondo loro un’ottima guida che ci indica ciò che è da vietare. 
DISGUSTO. Attivisti contrari all'estensione dei diritti civili ai neri:
nei cartelli che recano in mano esibiscono il loro disgusto all'idea
della mescolanza delle razze ("race mixing"): "è comunismo", scrivono. 

Ma, a ben vedere, si scopre che è per ragioni assai diverse: infatti, si deve distinguere fra il sano sentimento razionale dell'indignazione o della rabbia lucida (L'intelligenza delle emozioni, il Mulino, Bologna 2004, originale americano Upheavals of Thought. The Intelligence of Emotions, Cambridge University Press, 2001, pag. 505) che si basa sulla razionalità (lógos), concerne un reale pericolo o danno  (pensiamo all' “euristica della paura”, Heuristic of Fear, del filosofo ebreo Hans Jonas in Ethics in an Age of pervasive Technology, edited by Mervin Malzberg, Boulder Colo., Westview Press 1980, pagg. 213 – 21) ed è costruttiva anche quando è critica sociale ed il disgusto (sovente basato sull'irrazionale magical thinking, il pensiero magico che è indifferente alle informazioni sul rischio reale (Hiding from Humanity. Disgust, Shame and the Law, op. cit., pag. 102).
Bianchi protestano contro l'estensione dei diritti ai neri. Analogamente, oggi ci
sono persone che protestano in piazza e per strada contro i diritti dei gay.

Lo psicologo Paul Rozin (“A Perspective on Disgust, apud “Psychological Review”, 94, 1987, pagg. 23 – 41, citato dalla Nussbaum ne L'intelligenza delle emozioni, op. cit., pag. 254)  ha studiato il disgusto di base (core disgust). La particolare espressione facciale (yuck face) corrisponde proprio al tentativo di non sentire l’odore e impedire l’accesso in bocca. Ci disgusta l’odore di un estraneo che non si lava perché ci suggerisce malattie contagiose.
Lo psicologo dell’Università della Pennsylvania ha formulato le leggi della “magia simpatetica”: la prima (“legge del contagio”) dice che l'uomo pensa che cose rimaste in contatto seguitano da allora ad agire l'una sull'altra; la seconda, la legge della “similarità”, dice che se due cose son simili, l'azione operata sull'una si suppone abbia coinvolto anche l'altra (ad esempio, “un pezzo di dolce al cioccolato a forma di feci di cane viene rifiutato”). Il problema è quando noi facciamo “proiezioni magiche delle qualità disgustose su persone o gruppi”, come donne, Ebrei, persone gay (L'intelligenza delle emozioni, op. cit., pag. 273) o, come nel romanzo e nel film The Help, i neri.

La differenza fra (Sana) Rabbia (Costruttiva)
E Disgusto Distruttivo (che nega Umanità e Riabilitazione)
Distinguere sempre la Persona dall’Atto

Bisogna distinguere l'avversione (distaste) motivata dai cinque sensi (ingannevoli), dalla sensazione di pericolo (reale) e dal disgusto (disgustingness) verso gli altri in quanto “disgusto proiettivo”, la “patologia del disgusto” (Not for Profit, Princeton University Press 2010, pagg. 33 e 35). I nostri sensi ci possono ingannare come quando “i soggetti annusano odore di marcio da due diverse fiale, che in realtà contengono la stessa sostanza; viene detto loro che una fiala contiene feci, e l'altra formaggio (e gli odori reali possono essere confusi). Quelli che pensano di annusare il formaggio di solito trovano l'odore piacevole” (L'intelligenza delle emozioni, pagg. 251 - 2).
Così come bisogna distinguere una sana rabbia empatica dal disgusto (Hiding from Humanity, pag. 99). Così risponde a chi, come Dan M. Kahan, propone di usare il disgusto per stimolare il bene (pag. 106).
La rabbia, l’ira (per quanto da dominare) e l’indignazione morale riguarda i torti, ciò che è sbagliato, riguardano i danni oggettivi (harm or damage) e quindi sono “sentimenti appropriati” che costituiscono una base per una regola legale universalmente accettata. Dunque l’ira è “compatibile col desiderio di riabilitare il colpevole e col rispetto per la dignità umana del colpevole” (pag. 106).
Invece il disgusto esprime un rigetto di una possibile contaminazione ed è indifferente ed insensibile alla realtà del presunto danno (pag. 102) e tale ferita “meramente costruita” era già individuata dal filosofo liberale John Stuart Mill nel quarto capitolo del Saggio sulla libertà (On Liberty) e vuole eliminare dalla vista la persona che ritiene rea di offendere.
Invece “dovremmo sempre distinguere attentamente fra le persone e i loro atti” (come peraltro insegna anche il magistero della chiesa cattolica e che è poi lo stesso discorso che farà, come vedremo, Martin Luther King a proposito del perdono nel sermone 4), “biasimare le persone per gli atti cattivi o dannosi che commettono, ma mantenere un rispetto per loro come persone, capaci di crescita e cambiamento”.
In altre parole, direi che mentre la rabbia può essere un movente costruttivo per costruire una società migliore, di contro il disgusto è distruttivo perché nega chance di miglioramento.
Il disgusto “viene insegnato”, “come il linguaggio” (L'intelligenza delle emozioni, cit., pag. 255) perciò la scuola e la famiglia dovrebbero educare al rispetto.
Dato che, come dimostrano recenti ricerche, il disgusto non è mica solo viscerale (innato) bensì “ha una forte componente cognitiva” (Not for Profit. Why Democracy Needs the Humanities, Princeton University Press 2010, pag. 32), come si risolve, dunque, il problema giuridico: seguire la Natura o la Cultura? Seguendo la lezione del filosofo liberale John Stuart Mill (1806 – 1873), poiché “nessun’emozione è affidabile di per sé come una base legislativa” (Hiding from Humanity, op. cit., pag. 122), la via è quindi quella di restringere le limitazioni delle leggi ai soli atti che causano un reale danno ben riconoscibile ed oggettivo, sulla base del “principio del danno” [harm principle]. Un lettore scrive a “Metro” (6.11.2014, pag.6): “Il Prefetto di Milano si accanisce contro le trascrizioni di nozze gay quindi toglie certezze a persone che di per sé non recano fastidio a nessuno. Perché non dedica cotante energie a far liberare le case popolari dagli abusivi violenti e dai pluripregiudicati? Loro sì che danno fastidio ai cittadini onesti, non due che si voglio bene!”Antropologicamente, tale emozione si spiegherebbe col “desiderio umano di non essere animali [to be nonanimal]” (Hiding from Humanity, pag. 74) ossia di “negare la propria animalità” nonché la propria mortalità e sessualità (pag. 96), ecco spiegato perché alcune qualità degli animali inece ci piacciono, come per esempio, la forza e l'agilità (pag. 253) e quindi la necessità che ci siano figure che fungano da limite fra noi e gli animali. E “il rigetto dell'animalità tipico del disgusto può approdare a forme distruttive di gerarchia sociale”, quindi di discriminazione e separazione (L'intelligenza delle emozioni, pag. 360). Il limite è la bocca (ragion per cui i più son disgustati all'idea di “bere da un bicchier d'acqua ove essi stessi han sputato”). Rozin mostra che si parte dal presupposto che siamo-quel-che-mangiamo, ed ha confermato sperimentalmente che “tutti gli oggetti di disgusto sono di origine animale” (pag. 252). L'unica eccezione sono le lacrime: noi beviamo le nostre lacrime senza disgusto “perché le consideriamo esclusivamente umane” (pag. 253).

Le pratiche sessuali che disapproviamo sono le stesse che consideriamo (alla sola idea) disgustose.
Per esempio, l’omosessualità è disgustosa per la maggioranza del mondo e sino alla sentenza del caso Lawrence v. Texas del 2003 in tredici stati degli USA vigevano leggi antisodomia. Un sondaggio del 2012 segnala che il 42% degli americani trova immorale l’omosessualità. Persino Jefferson (1743 – 1826, che abbiamo citato sopra assieme ad Adam Smith per la sua intuizione che abbiamo un senso morale come un sesto senso) aveva fatto un ddl in Virginia per castrare gli omosessuali e amputare la cartilagine del naso delle donne lesbiche, paragonando questo atto allo stupro. “Jefferson era misericordioso per gli standard dell’epoca. La sua proposta fu rifiutata perché non abbastanza dura” (pag. 128)! E passò la linea della pena di morte. 
Dal punto di vista evolutivo, l’omosessualità esclusiva non reca danno, a differenza del nostro naturale disgusto verso l’incesto (ci sono alte probabilità che il bambino erediti due copie di un allele che, innocuo se da solo, in coppia diventa deleterio). Ma siamo disgustati persino nella situazione immaginata da Jonathan Haidt (vedasi il mio articolo  http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/i-liberali-conservatori-han-piu.html).
Secondo Rozin, sebbene il disgusto si sia originato per difendere il corpo, si è poi evoluto come difesa dello spirito: ci disgusta ciò che ci pare minacciare la nostra immagine di noi stessi “da tutto ciò che ci ricorda la nostra natura animale”, come aveva già scritto Martha Nussbaum (Hiding from Humanity, 2004: su questo tema, la negazione della nostra natura animale,  torneremo con un articolo ad hoc sui diritti degli animali).
Lo psicologo evoluzionista Paul Bloom discorda: quelle di Rozin e Nussbaum sono teorie troppo cerebrali (non si è “disgustati” da un cadavere, per esempio, che pure dovrebbe ricordarci la nostra mortalità), anche se giustamente i due studiosi notano correttamente che c’entra il desiderio di purezza. I riti di purità sono parte di molte religioni. Il sesso è disgustoso perché coinvolge i corpi e i fluidi innescano la nostra reazione di disgusto di base. Associamo il concetto di pulizia e sporcizia persino alla lingua: un linguaggio è sporco, le intenzioni pure etc. Ad alcuni soggetti fu chiesto di recitare una scenetta in cui facevano circolare una voce malevola contro qualcuno usando o la segreteria telefonica o l’email: i primi (che avevano usato la bocca), dovendo scegliere un dono, preferivano il colluttorio; i secondi (che avevano usato le mani) i disinfettanti: l’idea di pulizia allevia il senso di colpa e vergogna (effetto Macbeth). Si pensi al concetto di pulizia etnica: si giustifica l’espulsione di un gruppo col pretesto che contamina la purezza della nazione.
Le società che condannano pratiche come l’omosessualità non sono più forti: questo disgusto non è un adattamento e queste intuizioni legate al disgusto sono inutili o dannose. Non solo perché, a differenza di altri atti (l’omicidio, lo stupro) non si riescono a fornire valide ragioni morali ma anche perché, se guardiamo alla storia di questo genere di disgusto, troviamo il disgusto antiebraico da parte dei nazisti (che essi animalizzavano chiamandoli ratti o insetti viscidi) e il disgusto contro i matrimoni interrazziali (miscegenation): é la “malattia del disgusto”, come la chiama Martha Nussbaum, che produce disumanizzazione ed ha permesso la Shoah, su cui torneremo in prossimi articoli ad hoc.
La Storia dell'umanità dimostra che “è particolarmente importante che una democrazia pluralista protegga sé stessa da tali reazioni-proiezioni, che sono state alla radice di grossi mali nel corso della Storia, inclusa la misoginia, l'antisemitismo, ed il ribrezzo verso gli omosessuali.” Quindi se “la legge può ammettere giustamente la rilevanza dell'indignazione”, di contro “il disgusto non è mai una buona ragione” (M. Nussbaum, Hiding from Humanity, pag. 75).

Esempi di Dichiarato Disgusto Antigay
(Trasversale) fra i Politici in Italia:

Ognitanto si legge sulle cronache dei giornali di casi di coppie amorose di bagnanti gay che son richiamàti dai bagnini perché si danno un dolce bacio a fior di labbra sulla battigia (quando nessuna legge italiana ha mai vietato a nessuno di baciarsi); di politici illiberali che vorrebbero proibire la libertà delle aziende di fare pubblicità al target delle famiglie formate da persone gay: nell'aprile 2011 un senatore italiano (PDL, oggi NCD) ha definito “di cattivo gustocioé appunto “disgustoso” (visto che, etimologicamente, questo significa “disgusto”) il manifesto dell' “Ikea” con lo sloganSiamo aperti a tutte le famiglie che ritraeva di spalle due ragazzi mano-nella-mano (“Ikea e la famiglia gay. La politica si divide”, articolo di Lorenzo Salvia apparso sul Corriere della Sera il 24 aprile 2011, pag. 18 delle Cronache).
IRRAZIONALISMO. Un recente post
apparso sulla pagina Facebook delle
"Sentinelle in piedi". 
 Non è un caso che si tratti dello stesso politico che, contro il senso comune, non ha avuto pietà dell’omicidio Cucchi. A proposito di Stefano Cucchi, torna utile un’osservazione di Rozin che “mette in rilievo le condizioni nelle prigioni e nei campi di concentramento che mostrano che le persone a cui è vietato pulirsi od usare la toilette sono spesso percepite come subumane, e dunque più facili ad essere torturate od uccise”. Esse sono diventate animali” (M. Nussbaum, Hiding from Humanity, cit., pag. 90). I genitori del 31enne romano avevano portato in carcere gl’indumenti di ricambio per il figlio, ma nessuno si è curato di far cambiare d’abito il ragazzo che è stato evidentemente discriminato in quanto tossicodipendente (come dimostrano anche le intercettazioni telefoniche ove un imputato si riferisce a lui come ad un “drogato di m….”: di nuovo, il rimando al disgusto). Stefano è stato lasciato sporco proprio perché la sporcizia aiuta a deumanizzare la persona e a toglierle dignità.
Un dirigente romano del Partito Democratico ha insultato così, in un’email privata, un giovane collega consigliere comunale avversario del sindaco di Roma: “Ti piace gettare m….. sugli altri? Almeno aspetta un po' prima di farlo e informati meglio, altrimenti la m…. ti torna addosso, forse ti piace mangiarla? Oltre ad essere gay sei anche di altri gusti schifosi? Vergògnati.” E’ stato deferito e il politico gay ha ricevuto solidarietà bipartisan.  
Come dimostrano dunque questi due casi trasversali, il disgusto omofobico o politico è attestato in tutti i partiti. 

In un istituto della provincia di Perugia un docente ha additato un suo allievo 14enne nel dire alla classe “è brutto essere gay, tu ne sai qualcosa”, e alla risposta del ragazzino “sicuramente, da quando conosco lei” ha ulteriormente manifestato la sua omofobia sferrandogli due calci alle gambe (provocandogli un ematoma alla coscia), pugni alla spalla e una stretta al collo” (http://www.corriere.it/cronache/14_novembre_16/prof-che-picchia-l-alunno-14enne-dice-essere-gay-brutto-9c873b12-6d8b-11e4-a925-1745c90ecb18.shtml).
Anche nei Paesi più avanzati a livello legislativo si sentono nelle cronache di commenti omofobi negli scontrini fiscali dei clienti gay nei ristoranti, per esempio. La filosofa americana nota anche che é proprio

“La questione dei diritti degli omosessuali” il “settore della vita pubblica in cui vergogna e disgusto vengono usati più strumentalmente
(intervista rilasciata a Roberto Festa,
Nascondere l'umanità. E' giusto che la vergogna
e il disgusto modellino le leggi umane?”,
su La Repubblica, 24 settembre 2005)
"DI CATTIVO GUSTO": Le parole di un senatore
italiano dinanzi allo spot del colosso svedese nel 2011.

Infatti, “immagina di provare a persuadère qualcuno che non trovasse disgustosi gli uomini gay che essi erano disgustosi. Cosa puoi fare? Come la campagna in favore del Secondo Emendamento in Colorado ha dimostrato, puoi fare due cose”, ossia: o puntare su un'emozione più ragionata, la paura, oppure, “se rimani sul terreno del disgusto, dovrai focalizzarti su presunte proprietà degli uomini gay che ispirino disgusto. Ed infatti, i propositori del referendum” (di fede mormona)hanno fatto circolare volantini nei quali si affermava che gli uomini gay mangiano feci e bevono sangue umano” (Hiding from Humanity, pag. 101) Contro l’omofobia politicizzata, Nussbaum c’invita a seguire il poeta gay Walt Whitman (1819 – 1892, all'epoca definito, appunto, “disgustoso” dai puritani): “Il corpo dell'uomo è sacro e il corpo della donna è sacro” (dalla poesia “I sing the Body Electric”, citata in Hiding from Humanity, pag. 117). Come scrive Bertrand Russell (1872 – 1970) in una pagina di Autorità e individuo che è un inno alla democrazia liberale, si eviterà che “qualunque gusto peculiare [come l'omosessualità], sia quasi una forma di empietà e la si debba considerare come una ribellione colpevole all'autorità legittima del gregge (…) soltanto se alla libertà si darà lo stesso pregio che ha la democrazia e si vorrà capire che una società in cui ciascuno è lo schiavo di tutti [cioé dei gusti, anche sessuali di tutti, ndr] è solo di poco migliore di quella in cui ciascuno è lo schiavo di un despota”. La Libertà, cioé, vale tanto quanto la democrazia: non esiste autentica democrazia che non sia, necessariamente, liberale. Peccato che lo stesso Russell non abbia accettato l’omosessualità del figlio, a dimostrazione che quest’irrazionalità può colpire anche chi si crede così razionale.
Come lo spieghiamo, allora, alla luce dell’Evoluzione, questo difettoso orientamento che ancora molti hanno? Per Bloom “la nostra reazione alle trasgressioni sessuali potrebbe essere un incidente biologico, ma non la sentiamo diversa da altre risposte morali che si sono evolute come forme di adattamento”, cioè le nostre intuizioni morali, anche perché il caso ha voluto che le religioni le abbiano santificate.
Di certo, non è qualcosa che ha a che fare con la morale: la morale, dice lo psicologo di Berkeley Elliott Turel, concerne la giustizia, i diritti e il benessere. Lo psicologo Jonathan Haidt la definisce (nel suo libro “Menti Morali) come “un insieme interdipendente di valori e istituzioni che agiscono per tenere a freno o regolare l’interesse personale e rendere possibili le società cooperative”. Invece respingere i gay come persone malate o disgustose è immorale ed irrazionale: dobbiamo allora abbandonare questi istinti antisociali usando la razionalità (pag. 141).

Libri, Sit-Com e il Contatto (a Scuola e al Lavoro) 
espandono il Cerchio Morale (es. verso Gay e Neri):
amiamo le Storie dove vincono i Personaggi Buoni
Ma anche la Ragione ha un ruolo nel Progresso
La buona Tv può espandere il "cerchio di simpatia" rendendoci familiari
le storie di personaggi gay e di colore. Sopra, Kevin e il marito Scotty
nel serial americano "Brothers and Sisters". 

Noi possiamo, come dice il filosofo Peter Singer, “espandere il nostro cerchio morale” o “cerchio di simpatia” (l’insieme degl’individui di cui c’importa) anche se non ci dà vantaggio materiale attraverso:

1)     Il contatto (la Teoria del Contatto citata sopra che riduce i pregiudizi razziali): ad esempio poliziotti bianchi affiancati a partner neri, scuole miste.

2)     L’immaginazione narrativa di cui parla la filosofa Martha Nussbaum, od “immaginazione morale”, come la chiama Mary Richards (citata da Matthew Fox in “Compassione”, Claudiana, Torino 2014, pag. 41) grazie ai libri. Per esempio Bloom dice di non aver mai pensato ai detenuti in isolamento e solo dopo averne letto in un articolo ha mutato punto di vista.  Oliver Twist di Dickens ha sensibilizzato sullo sfruttamento dei bambini nell’Ottocento; La capanna dello zio Tom ha offerto ai bianchi la prospettiva dei neri. La stessa Nussbaum in un suo libro aveva citato il caso del giurista Richard Posner il quale mutò idea intorno all’amore gay leggendo da adulto il Simposio di Platone. Ma lo stesso Posner fa notare che anche i dittatori erano grandi lettori; ma resta che le persone con più intelligenza sociale leggono più romanzi di chi legge saggi. Chi ha un lieve autismo, legge meno narrativa dei normali. Ma Nussbaum ribatte che i nazisti non leggevano i libri giusti (di qui la polemica di chi vede in questa prospettiva una forma di moderna censura contro certi classici).
Anche la buona televisione amplia il nostro cerchio morale: “La sit-com è la forza maggiore che soggiace al cambiamento morale avvenuto negli ultimi trent’anni negli Stati Uniti” (pag. 178), come ho spiegato nell'analisi del mio blog http://lelejandon.blogspot.it/2013/04/la-nobile-gara-fra-francia-inghilterra.html. La televisione ha offerto personaggi gay e neri simpatici, in serial come i Robinson.  
I protagonisti del serial "I Robinson"

Vorrei aggiornare quest'intuizione della Nussbaum con un nuovo dato apparso recentemente su Science: lo psicologo Emanuele Castano (della New School for Social Research di New York) ha dimostrato che chi legge dei buoni libri (con raffinate descrizioni psicologiche) affina la propria intelligenza emotiva: risulta più bravo ad intuire i pensieri dell'interlocutore anche solo guardandolo negli occhi.
Come scrive Matthew Fox, anche il buon cinema può mettere la creatività al servizio della compassione.
“Le teorie sul cambiamento morale devono poter spiegare perché le storie che narrano un’apertura agli altri abbiano più fortuna di quelle crudeli, e perché siamo più motivati a creare innanzitutto personaggi buoni” (pag. 178).


I TRISTI LIMITI
Wilson e Clinton, Presidenti Democratici
che hanno seguìto il Disgusto Diffuso contro Gay e Neri:
Fuori i Black dalla Casa Bianca e gli Omosessuali dall’Esercito

A proposito del sentire comune, nel romanzo si parla anche del credo popolare come metro della politica, di cui parla anche il reverendo Martin Luther King nelle sue prediche: il figlio del senatore dice: “Non ha importanza quello che crede lui, ma quello in cui crede il Mississippi” (pag. 323). E’ in base a questo falso principio che (come nota Graham Robb nel suo libro “Sconosciuti. La cultura omosessuale nell’Ottocento”, Carocci 2005) anche le chiese non si sono espresse in favore del rispetto per le persone gay, perché (così credevano, almeno) non volevano contraddire il sentire popolare.
FINALMENTE LIBERI. Primo matrimonio gay in una base militare americana.
Sotto la Presidenza Clinton, i soldati gay non avevano nemmeno il diritto
di dichiararsi omosessuali. 

Sia il Presidente Woodrow Wilson sia il Presidente Bill Clinton hanno operato politiche ispirate da un inseguimento del sentire di disgusto diffuso: Wilson, appena insediatosi alla Casa Bianca, ove lavoravano bene i neri accanto ai bianchi, ha reinstaurato il segregazionismo; Clinton ha seguito il disgusto dei vertici militari che avevano schifo all’idea di avere soldati gay dichiarati nell’Esercito attraverso la legge don’t ask don’t tell (non osare chiedere né dichiarare, cioè vietato sia domandare qual è l’orientamento sessuale sia dichiararlo) e il disgusto popolare del Sud della cintura della Bibbia attraverso il Defense of Marriage Act (poi dichiarato incostituzionale dalla Corte Suprema). Secondo Martha Nussbaum, si tratterebbe del disgusto all’idea di avere vicino un maschio che potenzialmente può provare desiderio sessuale sotto le docce comuni.
Nel libro The Help si accenna anche alla tendenza all’abbandono del tetto coniugale dei neri (pag. 366), di cui ha parlato anche il Presidente Barack Obama in un suo discorso pubblico.
Un altro tema del libro e del film è la ricerca del genitore biologico (Lulabelle che cerca sua madre Costantine): una tematica che ho già affrontato nel Cineforum suI ragazzi stanno bene (ispirato alle vere storie di figli di fecondazione eterologa) e suPhilomena (la vera storia di Philomena Lee e di suo figlio). Conoscere i propri genitori è un diritto naturale che non può essere vietato da nessuna legge positiva.

Nel nostro Paese: la Questione della Libertà Matrimoniale
“Per cortesia, chiamatelo ‘Grande Matrimonio’:
imparate la Lezione della Francia, sveglia!”

Personalmente, ritengo che le unioni civili siano una nuova forma di segregazionismo giuridico.
Il filosofo Roberto Casali (in un suo articolo sulla “Domenica” del “Sole 24 Ore”), ha invitato gli attivisti per i diritti dei gay a non chiamarlo “matrimonio gay”, bensì “grande matrimonio”, in opposizione all’espressione “piccolo matrimonio” adoperata da Ruini.
Argomenta che in Francia (dove lui insegna) lo slogan ufficiale “mariage pour tous” (matrimonio per tutti”) ha avuto successo: chi la proponeva (il candidato Hollande del Partito Socialista) è stato eletto Presidente ed ha mantenuto la promessa nonostante le proteste di piazza simili a quelle di Madrid. Ecco il passo dell’intervento del professore: “Secondo Steven Pinker” (psicologo di Harvard, ndr) “dare un nome nuovo a qualcosa non riesce a dargli una nuova dignità: il nostro atteggiamento è legato al concetto e non al nome (…) E se invece si cambia concetto?”, propone Casati, nel senso che lo si estende? E fa l’esempio della lingua francese, ove i PACS hanno creato il verbo pacsare, sicché alla domanda ad una coppia (gay od etero) se siano sposati, la risposta che sentiamo è: “Nous, on a pacsé, ci siam pacsati”. “Ma alla fine ha prevalso una logica diversa (…)” quella di “allargare il concetto stesso di matrimonio”.  Ed allora “non si dovrebbe parlare mai più di “matrimonio gay”, ma usare termini come Grande Matrimonio. Scelgo questa locuzione non a caso; fa da contraltare all’epiteto di “piccoli matrimoni” che l’ex presidente della Cei, Camillo Ruini, aveva affibbiato ai Dico, l’equivalente italiano dei Pacs. Aveva ragione, i Dico erano veramente dei piccoli matrimoni e come tali insoddisfacenti se si vuole rimuovere la discriminazione. Si devono invece spalancare le braccia del matrimonio, renderlo accogliente per tutti, farlo Grande. Quanto al lessico, all’orizzonte si scorge comunque l’esito inevitabile di questa evoluzione. Dato che di matrimonio ce ne sarà uno solo, modificatori come “per tutti” o “grande” diventeranno ridondanti, come dovrebbero essere già sin d’ora”.
Se posso aggiungere, c'è una cosetta non scontata che ci resterebbe da farci specificare (magari), di questi tempi: quando un maschio straniero occidentale ti dice “sono-sposato”, è proprio il caso di chiedergli “maritato o ammogliato?”. (Si vous plait).


Ipotesi: Psicologia Evoluzionistica
"Non siamo Razzisti Nati"
(Come gli Scimpanzé che aggrediscono le altre Tribù
La Teoria della Coalizione che spiega la prudenza:
A livello tribale, c’interessa la Razza così come la Divisa o la Lingua
per riconoscere i potenziali Estranei)

Per quanto concerne il razzismo, ho già trattato il tema nella mia recensione al libro di Paul Bloom, psicologo dell’età evolutiva di Yale “Buoni si nasce. Le origini del bene e del male”  (traduzione di Sara Prencipe, Codice edizioni, Torino 2014, titolo originale “Just Babies. The Origins of Good and Evil”, 2013) che mostra che non siamo razzisti nati ma che siamo dotati di un’attenzione a segni particolari come linguaggio e razza, e comunque non per chi ha frequentato scuole miste ed inoltre il linguaggio diverso (l’accento) è più importante della razza diversa.  La nostra empatia e compassione (un istinto probabilmente adattativo) si limita al cerchio dei familiari e membri del nostro gruppo. Gli estranei c’ispirano paura, disgusto ed astio, eppure anche le culture che non hanno il concetto di viaggio elaborano codici di ospitalità. Non siamo cioè al livello degli scimpanzé che, racconta la famosa primatologa Jane Goodall, quando s’imbattono in un gruppo più piccolo di un’altra tribù, uccidono il cucciolo e lo divorano, tentano di accoppiarsi con la femmina e aggrediscono il maschio. Sulla base del calcolo della durata dello sguardo (i bambini guardano di più ciò che gli piace), i bimbi mostrano una preferenza, adattativa, verso le persone familiari: ma è qui il seme del razzismo?
Noi adulti, quando vediamo un volto, registriamo tre cose: sesso, età, razza. Ma dal punto di vista evolutivo che utilità adattativa ha questo terzo elemento? Esso non è intrinsecamente interessante, ma conta solo nella misura in cui:
1) Si fonda sulla coalizione: nelle società dei nostri antenati, già dal colore della pelle si poteva subito capire chi erano i gruppi nemici, proprio come quando riconosciamo i membri della squadra avversaria nei giuochi dal colore delle divise. Abbiamo biologizzato la razza, scambiando le coalizioni per diverse specie, e il razzismo è un epifenomeno dell’”effetto familiarità” (mere exposure effect: la ripetuta esposizione ad uno stimolo neutro lo rende familiare e dotato di positività). Tale ipotesi è confermata dagli esperimenti di Kurzban che ha usato il memory confusion paradigm: si chiede di ricordare una lunga serie di volti e frasi attribuite a tali facce con tratti somatici di varie razze, e la gente finisce per far confusione. Così si verifica ciò che resta davvero impresso come significativo per noi. Ne risulta che ci si ricorda comunque della razza. In una variante, gli sperimentatori presentarono queste facce da ricordare suddivise in due gruppi con egual numero di bianchi e neri con delle divise dai colori molto diversi. Secondo Pratto e Sidanius, le società generano gerarchie su tre fattori: sesso, età e una terza variabile (razza o religione o etnia o clan). Infatti, i bambini sono attenti anche alla lingua, come mostra il passo dei Giudici (12: 5 – 6) della Bibbia ebraica, ove la tribù dei Galaaditi, per accertarsi che nessun abitante di Efraim, la città conquistata, attraversasse i loro posti di blocco, impose a chi chiedesse di passare di pronunziare la parola shibboleth (poiché il dialetto efraimita non aveva il suono sh, i fuggiaschi avrebbero pronunziato sibboleth e i Galaaditi li avrebbero smascherati e uccisi): nella Seconda guerra mondiale, nel Pacifico, i soldati americani ai posti di blocco intimavano ai soldati che s’avvicinavano di pronunziare la parola Lollapalooza: i giapponesi faticano a dire il suono “l”. Così i bambini ricevono i doni di chi parla la loro lingua, e preferiscono giocare con chi ha la sua stessa madrelingua, se non altro perché è più facile. E preferiscono chi parla senza inflessione. Le ragioni quindi sono pratiche.
2) Oppure, l’importanza della razza ha senso al fine di favorire ciò che ci rassomiglia perché è più probabile che abbia più geni come i nostri, sono più consanguinei.

In Età Prescolare non ci si cura della Razza
Nelle Scuole Miste meno Pregiudizi: Teoria del Contatto
     La Lingua più importante per discriminare del Colore della Pelle:
preferiamo un nero senz’accento ad un bianco con accento diverso

Negli anni Settanta si è scoperto che, dinanzi a due immagini di un bambino nero ed uno bianco, alla domanda su chi fosse quello buono, anche i neri rispondevano quello bianco: fu un esperimento citato anche nella sentenza del caso Brown v. Board of Education che pose fine alla segregazione razziale (vedi sotto). La psicologa Frances Aboud ha criticato l’assurdità (ed il bias, cioé l'errore di metodo) dell’esperimento: i bimbi sono posti dinanzi ad un aut aut e non possono rispondere che la razza non conta. Tuttavia, in successivi esperimenti, posti dinanzi ad immagini ambigue (un bimbo triste dinanzi ad un’altalena con un bimbo in piedi a fianco: a volte l’uno era bianco e l’altro nero, e viceversa), sono gli stessi bambini a tirare fuori l’elemento razza, ma solo quei bambini che frequentano scuole all white. Non quelli che frequentano scuole miste. E’ l’ipotesi di contatto: il contatto sociale riduce il pregiudizio.
La lingua è più importante della razza: quando ai bambini di 5 anni è chiesto di scegliere come amico un bianco o un nero, preferiscono il bianco, ma se devono scegliere fra un bianco con accento e un nero senz’accento, è quest’ultimo che preferiscono.
Martin Luther King Jr coi suoi figli 
I bambini di tre anni non scelgono più bianchi che neri: i pregiudizi s’insinuano in sèguito e solo in certi ambienti. “Potremmo avere un’inclinazione naturale a favorire alcuni gruppi rispetto ad altri, ma apparentemente non siamo razzisti nati”.
Due psicologi sociali, Muzafer Sherif (di origine turca) e Hanri Tajfel, entrambi arrestati per essersi opposti al nazionalsocialismo, hanno ricercato il fattore minimo necessario per dividere le persone: il primo invitò nel 1954 due gruppi di bambini del primo anno delle medie ad un campus estivo in America: dormivano in posti diversi senza sapere dell’esistenza dell’altra “coalizione”. 
Lo scienziato si fingeva custode del campo e organizzò un primo contatto: i due gruppi enfatizzavano le loro usanze, uno divenne sboccato (usando parole come “negri”, anche se erano tutti bianchi!) contro gli altri e l’altro ostentava con orgoglio un linguaggio educato.
Il primo gruppo vinse alcune gare e per ripicca gli avversari rubarono la bandiera e la bruciarono, gli altri si vendicarono distruggendo la capanna dei rivali mentre questi erano a cena e rubarono il premio. Fase due dell’esperimento: come far collaborare i due gruppi. L’introduzione di una tubatura rotta è una causa comune che li ricongiunge.
Ma possono nascere coalizioni anche senza tutto questo apparato (bandiere, linguaggio comune, etc)?
Tajfel chiese ad alcuni adulti di classificare dei dipinti astratti, poi diceva a metà del gruppo che aveva preferito Klee e all’altra metà che aveva preferito Kandinskij. Quando veniva loro chiesto di distribuire denaro ad altri amanti dell’uno o dell’altro pittore, davano di più al gruppo cui appartenevano. Il punto è che i bambini in età prescolare non si curano della razza, e in alcune scuole miste nemmeno i più grandi (pag. 105): sarà poi l’ambiente e l’esperienza o le leggi a dirci come fare distinzioni (come le leggi Jim Crow). 
Ad esempio, se a New York vedo una donna nera con un passeggino con dentro un neonato bianco indovino che è la babysitter, mentre non ne sono certo se vedo una signora bianca con nel passeggino un bébé bianco. L’esperienza quotidiana mi porta a fare quest’intuizione. E’ naturale ed inevitabile che noi umani usiamo categorie e categorizzazioni, dice Gordon Allport ne “La natura del pregiudizio”. Spetta poi all’intelligenza della ragione sapere discernere ed evitare di colpevolizzare subito qualcuno per il colore della sua pelle. Bloom scommette che fra cent’anni saremo ancora qui a parlare dei nostri pregiudizi di gruppo. Ciò perché:

1)    Noi siamo, secondo la Teoria della Coalizione sopra esposta, orientati a creare (in fretta) coalizioni: il semplice fatto di pensare qualcuno come membro di un out-group  (per esempio per una guerra) influenza i nostri sentimenti: nella Seconda guerra mondiale, agli americani sono diventati odiosi i giapponesi (prima considerati innovatori) e simpatici i cinesi (prima giudicati scaltri). Nella Guerra Fredda, i russi (giudicati coraggiosi per aver aiutato l’America contro Hitler) diventarono crudeli. Bloom critica come semplicistici test come quello che si vede nell’episodio 5 della prima stagione di Lie to me, mentre sono rivelatori di un reale disagio ad interagire con una razza diversa la misurazione del tempo di reazione, la conduttanza cutanea e l’attivazione dell’amigdala.

2)  Le differenze esistono (come verso gli studenti universitari asiatici che in America hanno più forza di volontà, disciplina e risultati migliori, come spiega Daniel Goleman in Intelligenza Emotiva).  “Si può rendere l’argomento un tabù, ma senza un lavaggio del cervello non è possibile riprogrammare il cervello delle persone per cancellare ciò che sanno” (pag. 113).

3)    Perché consideriamo familiari, e li favoriamo, persone che hanno condividono i nostri geni che li rendono inclini ad avere caratteristiche distintive: i gruppi umani sono come grandi famiglie. Famiglie che, naturalmente, condividono lingua, cibi e alcuni valori comuni. E i vincoli più saldi sono quelli familiari. I totalitarismi han tentato, invano, di sostituire la famiglia con lo Stato o la Chiesa. Il senso di appartenenza ci dà felicità, non vogliamo che la nostra cultura e la nostra lingua si estinguano. Insomma, “i vantaggi della nostra natura campanilistica superano il prezzo da pagare”.


La Forza della Fede di Padre Luther King: i Sermoni
Leader Morale della Protesta dei Bus
Affronta le minacce di morte
Ed è ucciso a 39 anni

Nel romanzo, sono (oltre che le ultime violenze razzista) anche le manifestazioni di Padre Martin Luther King Jr (Atlanta, Georgia 1929 – Memphis 1968) a dare coraggio alle domestiche di Jackson a testimoniare da Eugenia le loro storie.
Sono andato a rileggermi i sermoni pronunziati nei templi protestanti battisti da Padre Martin Luther King Junior, leader del movimento nero dei diritti civili negli anni Sessanta, Premio Nobel per la Pace 1964, ucciso da un razzista fanatico poco prima del Presidente Kennedy, che dopo un iniziale No, all’inizio della sua carriera, ai diritti ha deciso di appoggiarlo apertamente. Figlio di un pastore protestante battista, Martin Luther King Senior (1899 – 1984), leader del NAACP (National Association for the Advancement of Colored People), che lo chiamò così perché affascinato da Martin Lutero (1483 - 1546). Nella sua biografia racconta di quando, da ritorno da una gara di oratoria da lui vinta, fu costretto a cedere il posto a dei bianchi e restare in piedi per 140 KM. Dopo la laurea in sociologia, lavora per una compagnia ferroviaria e si licenzia dopo che il capo bianco lo chiama negro (nigger). Su suggerimento del padre, divenne pastore dopo il baccalaureato al seminario teologico che era frequentato soprattutto da bianchi. Si fidanza, si sposa, e consegue il PhD in Filosofia alla Boston University (ove oggi insegna un altro Premio Nobel per la Pace, Elie Wiesel). Riceve varie offerte e accetta, a 25 anni, di diventare il pastore di una chiesa battista di Montgomery, Alabama, nel Sud segregazionista ed entra nel NAACP come Rosa Parks, dopo il cui caso, si forma la Montgomery Improvement Association, di cui è eletto Presidente e che organizza il boicottaggio degli autobus: c’era chi andava a piedi, chi in taxi (i tassisti neri avevano abbassato le tariffe). Un segregazionista denunziò la violazione della legge che impone una tariffa minima che i taxisti sono obbligati a rispettare. Padre King ha una sua auto e offre anche lui passaggi prendendo parte attiva alla protesta simbolica. Col falso pretesto di eccesso di velocità, un poliziotto razzista lo ferma, lo arresta ed incarcera. King riceve continue minacce: lettere e telefonate. Eppure è proprio lui, con la sua oratoria, a placare gli animi: non si risponda alla violenza con la violenza. Anche dal Giappone e dalla Svizzera arrivano finanziamenti al movimento. La Corte Suprema stabilisce che la segregazione sui bus vìola il XIV emendamento della Costituzione: è incostituzionale. King stesso farà il gesto incoraggiante di salire sull’autobus accanto ad un reverendo bianco. King crea un riferimento per tutti i bianchi (che allora guardavano solo alla propria parrocchia) con la Southern Christian American Conference. Nel 1958 incontra il Presidente (1953 – 1961) Eisenhower (1890 – 1969), repubblicano liberale. Obiettivo: l’abolizione delle leggi Crow. Fu invitato alla cerimonia di nascita del Ghana che si affrancava dalla Gran Bretagna. Mentre firmava autografi di un suo libro fu pugnalato al petto da una squilibrata, una domestica di colore. Quando ad uno studente nero di un college della North Carolina fu rifiutato il servizio ad una tavola calda, esplode il movimento di protesta giovanile universitario. King l’incontra e l’invita a persuadère l’avversario, non annientarlo. Quando Kennedy lo incontra e lo rassicura di essere a favore del diritto di voto, King gli ricorda la sua incoerenza: nel 1957 votò contro. Comunque, gli dà il beneficio del dubbio e appoggia il candidato che ottiene il 70% dei voti dei neri.

La Lettera Aperta dal Carcere di Birmingham
“I TEMPI SONO SEMPRE MATURI PER CIO’ CHE è GIUSTO”
 “Come Socrate creiamo una Sana Tensione nella Mente
per risvegliare le Coscienze”
“Che delusione quei cosiddetti moderati”
I 2 Opposti Estremismi Neri:
La Violenza della Nation of Islam
e l’Adattamento di Poveri e Classe Media
Martin Luther King fu arrestato varie volte

Fra il 1960 ed il 1964 nasce un movimento di protesta a Birmingham, Alabama: fra i sit-in di protesta i neri si stendono nei pavimenti dei locali off limits per loro sinché arriva la polizia a sgomberare. Loro non reagiscono col contrattacco alle violenze verbali e fisiche. (Per fare un confronto: a Stonewall, lo storico locale gay di New York, ai tempi in cui i gay bar erano proibiti, la comunità fa la scelta opposta: lanci di bottiglie e sassi contro l’ennesimo raid del NYPD che deve intervenire a cavallo contro le barricate, sono i moti di Stonewall la notte del 28 giugno 1969.) 
Martin Luther King durante una protesta in Mississippi

Quando il tribunale impone di cessare le occupazioni dei locali, King è per la disobbedienza civile: disobbedire alle leggi ingiuste e pagarne le conseguenze. I neri che si lasciano arrestare opponendo una resistenza non violenta, come predicava King, sono così tanti che le prigioni sono sovraffollate. Arrestato per l’ennesima volta “per aver sfilato ad una manifestazione non autorizzata”, scrive il 16 aprile 1963 l’opera Lettera dal carcere di Birmingham (“la città degli Stati Uniti ove la segregazione è applicata nella maniera più totale” e “dove si sono avuti più attentati dinamitardi contro case e chiese di neri rimasti impuniti che in qualsiasi altra città americana”) che è la risposta aperta a quattro vescovi, un rabbino e tre reverendi i quali avevano lanciato un appello a combattere solo nei tribunali e non nelle strade per i diritti civili.
Ai provinciali che gli danno dell’intruso, dell’agitatore forestiero, King risponde di fare come i Profeti dell’VIII secolo a.C. e come i primi Cristiani che recavano il loro messaggio al di fuori del proprio villaggio e hanno messo fine all’infanticidio e agli show dei gladiatori: “Non posso starmene con le mani in mano ad Atlanta, senza curarmi di quel che succede a Birmingham. L’ingiustizia che si verifica in un luogo minaccia la giustizia ovunque.”
Illustra la sua filosofia su come si articoli una “campagna nonviolenta”:

1)    “La raccolta dei fatti per determinare se le ingiustizie ci sono”;

2)    “La trattativa” con le autorità locali;

3)    “La purificazione di sé stessi” dall’odio: “gruppi di lavoro per chiedere più volte a noi stessi: “Sei in grado di ricevere colpi senza restituirli?”, “Sei in grado di sopportare la prova del carcere?”

4)    L’azione diretta” di resistenza nonviolenta (sit-in, cortei, boicottaggi) e di “protesta creativa” (come la chiama in “I Have A Dream”) al fine di creare una sana “tensione”, proprio “come Socrate stimava necessario creare una tensione nella mente così che gli individui si liberassero dalla servitù dei miti e delle mezze verità, elevandosi fino al regno dell’analisi creativa e della disamina oggettiva”.

Nel caso di Birmingham, il movimento aveva chiesto di rimuovere i cartelli con scritto “solo bianchi” accettando in cambio una moratoria delle manifestazioni di protesta, ma l’impegno non è stato mantenuto e il sindaco è segregazionista. Inoltre, denuncia che “in tutto l’Alabama si adotta ogni sorta di espediente surrettizio per impedire ai neri di essere registrati nelle liste elettorali, e in certe contee, dove pure i neri costituiscono la maggioranza della popolazione, neppure uno solo di loro é presente nelle liste.”
Dinanzi ai colleghi che definiscono “intempestiva” l’azione, ironizza: non ho mai sentito un segregazionista che trovasse tempestive le nostre iniziative, e nota: “Noi non abbiamo ottenuto un solo progresso in materia di diritti civili senza una decisa pressione esercitata con mezzi legali e nonviolenti. Sappiamo per dolorosa esperienza che l’oppressore non concede mai la libertà per decisione spontanea: sono gli oppressi che devono esigere di ottenerla.” “Da anni sento dire la parola “Aspettate!”, che risuona all’orecchio di ogni nero con stridente familiarità. Questo “Aspettate” significa quasi sempre “Mai”. Noi dobbiamo arrivare a comprendere, insieme a uno dei nostri massimi giuristi, che "la giustizia ottenuta troppo tardi é giustizia negata". “Noi aspettiamo da oltre 340 anni di ottenere i nostri diritti sanciti dalla Costituzione e donati da Dio. Le nazioni asiatiche e africane si muovono con velocità supersonica verso l’indipendenza politica, mentre noi ancora ci trasciniamo, al passo di un calessino all’antica, per cercare di ottenere una tazza di caffé al banco delle tavole calde.”
A chi obiettasse che da una parte egli vuole l’applicazione della sentenza della Corte Suprema del 1954 ma dall’altra predica la disobbedienza civile ad altre leggi, egli replica che esistono leggi ingiuste che degradano la personalità umana e dunque è morale disobbedire in modo nonviolento “Non sono in nessun senso favorevole a chi elude o sfida la legge, come vorrebbe il segregazionista violento. Il risultato sarebbe l’anarchia. Chi infrange una legge ingiusta lo deve fare in modo aperto, con amore ed essendo quindi disposto ad accettare la pena corrispondente”. “L’individuo che infrange una legge perché la sua coscienza la ritiene ingiusta, ed é disposto ad accettare la pena del carcere per risvegliare la coscienza della comunità circa la sua ingiustizia, manifesta in realtà il massimo rispetto per la legge”. Nella Bibbia ebraica, “ne esiste un esempio sublime nel rifiuto di Sidrac, Mesac e Abdenago di obbedire al comando di Nabucodonosor in nome di una legge morale più alta”.

Qui MLK fa riferimento ad un passo del libro del profeta Daniele (3): Sidrac, Mesac e Abdenago erano i nuovi nomi babilonesi dati a questi prigionieri ebrei (Anania, Misaele ed Azaria) che erano stati scelti da Nabucodonosor, “il re più malvagio di tutta la terra” (3, 23) per essere educati a servirgli da paggi. Dinanzi al decreto del sovrano megalomane di adorare la nuova statua idolatrica prostrandosi dinanzi ad essa, pena l’essere gettati nella fornace ardente, i tre compagni oppongono un netto e coraggioso rifiuto: “Ecco, c’è il nostro Dio che noi serviamo, il quale può liberarci; ma anche se non lo facesse, ti sia noto, o re, che noi, i tuoi dèi, non li serviremo e la tua statua d’oro non l’adoreremo” (pag. 1629 della mia edizione della Bibbia Concordata, a cura della Società Biblica Italiana, volume II, Mondadori, Milano 1968).
DISOBBEDIENZA CIVILE: Gli ebrei Anania, Misaele ed Azaria
rifiutarono di prostrarsi dinanzi alla statua idolatrica
del re babilonese Nabucodonosor e furono condannati
seduta stante ad essere gettati in una fornace ardente
ma vennero salvati dall'angelo di Dio. Martin Luther
King indica il passo di Daniele (3) come esempio di
disobbedienza civile di chi è pronto a pagare le conseguenze
per fare ciò che è giusto violando la legge. Qui sopra, i tre
compagni sono rappresentanti dal pittore ebreo preraffaelita
Simeon Solomon (1840 - 1905). 

Ricorda il maestro di Platone che accettò di bere la cicuta benché potesse scegliere l’esilio da Atene: “La libertà d’insegnamento di oggi é diventata una realtà grazie a Socrate, che praticò la disobbedienza civile”. Altra disobbedienza quella della Rivolta del Thé di Boston nel 1773 quando un gruppo di coloni americani, travestiti da indiani, gettarono in mare l’intero carico di thé (bene di consumo diffusissimo su cui gravava un’odiosa tassa a favore della corona inglese) di una nave della Compagnia inglese delle Indie orientali ormeggiata nel porto di Boston. Distingue fra legalità e legittimità: “Non dovremmo mai dimenticare che tutto quel che ha fatto Adolf Hitler in Germania era "legale", e tutto quel che hanno fatto in Ungheria” i combattenti per la libertà era “illegale”” (riferimento alla rivolta dal 1956 contro Mosca). Altro esempio: “Nella Germania di Hitler aiutare e confortare un ebreo era “illegale”. Eppure sono sicuro che, se fossi vissuto nella Germania di allora, avrei aiutato e confortato i miei fratelli ebrei. Se oggi vivessi in un paese comunista, dove certi principi cari alla fede cristiana sono banditi, propugnerei apertamente la disobbedienza alle leggi antireligiose di quel Paese.” “Devo confessare che negli ultimi anni i bianchi di opinioni moderate mi hanno dato una grave delusione. 

Nel cammino dei neri verso la libertà l’ostacolo maggiore non é l’aderente al “White Citizens Council” [Consiglio dei cittadini bianchi], o l’affiliato del Ku Klux Klan, bensì il bianco moderato, che ha a cuore l’"ordine" più della giustizia; che preferisce la pace negativa, ossia l’assenza di tensioni, a una pace positiva, ossia la presenza della giustizia; che dice sempre: "Sono d’accordo con voi per quanto riguarda gli obiettivi che vi prefiggete, ma non posso essere d’accordo con i vostri metodi di azione diretta"; che crede, nel suo paternalismo, di poter essere lui a determinare le scadenze della libertà di un altro; che vive secondo un concetto mitico del tempo e continua a consigliare ai neri di attendere "un momento più propizio". La scarsa comprensione da parte di persone bendisposte é ben più frustrante dell’assoluta incomprensione mostrata da chi é maldisposto. L’accettazione tiepida sconcerta assai più del rifiuto secco.”
“Avevo sperato inoltre che i bianchi moderati respingessero la visione mitica del tempo per quanto riguarda la lotta per la libertà. Ho appena ricevuto una lettera da un fratello bianco che vive in Texas. Mi scrive: "Tutti i cristiani sanno che prima o poi ai popoli di colore sarà data la parità di diritti, ma può darsi che lei esageri nella sua ansia religiosa di accelerare i tempi.
Il cristianesimo ha impiegato quasi duemila anni per arrivare dov’é oggi. La dottrina di Cristo richiede tempo per scendere sulla terra". Quest’atteggiamento nasce da una concezione tragicamente errata del tempo, dall’idea curiosa e irrazionale che lo scorrere del tempo abbia in sé stesso l’immancabile dote di guarire ogni male. In realtà, il tempo é neutro: può essere usato in modo distruttivo oppure costruttivo. Io ho la sensazione sempre più forte che le persone malintenzionate abbiano saputo usare il tempo in modo assai più efficace, rispetto alle persone benintenzionate.” “Il progresso umano non viaggia sui binari dell’inevitabile: si produce grazie agli sforzi instancabili di uomini disposti a collaborare con Dio, e senza il loro duro lavoro il tempo stesso diventa un alleato delle forze della stagnazione sociale. Dobbiamo usare il tempo in modo creativo, sapendo che i tempi sono sempre maturi per fare quel che é giusto. E’ adesso il momento giusto per attuare nella realtà la promessa della democrazia, per trasformare la nostra elegia nazionale sospesa in un salmo creativo di fraternità.”
Mostra la sua difficoltà nel proporre la sua terza via: “All’interno della comunità nera mi trovo preso fra due forze opposte:

1)    “Una é la forza dell’acquiescenza costituita in parte da neri che dopo lunghi anni di oppressione hanno perduto a tal punto il rispetto di sé e il sentimento di essere persone da arrivare a adattarsi al regime segregazionista; e in parte, da un ristretto numero di neri appartenenti alla classe media i quali, poiché posseggono una certa misura di sicurezza accademica ed economica e in certo modo traggono vantaggio dal segregazionismo, sono diventati insensibili ai problemi delle masse.”
2)    “L’altra forza é costituita dal rancore e dall’odio, e si avvicina pericolosamente all’idea di propugnare la violenza: si esprime nei diversi gruppi dei nazionalisti neri che stanno nascendo in tutto il paese, fra i quali il più vasto e celebre é il movimento musulmano di Elijah Muhammad. Si tratta di una formazione alimentata dal senso di frustrazione che coglie i neri di fronte alla persistenza della discriminazione razziale, costituita da persone che hanno perduto la fede nell’America, hanno ripudiato del tutto il cristianesimo, e si sono persuase che l’uomo bianco é un "demonio" irrecuperabile.
”
La terza via, “il metodo” di MLK viene definito da alcuni come “estremista”. Ma, ribatte King, l’ebreo “Gesù non era forse un estremista dell’amore?” L’ebreo “Amos non era forse un estremista della giustizia?” quando disse “Il diritto abbia il suo corso come l’acqua, e la giustizia come un fiume perenne” [Am, 5, 24].
Nonostante la solidarietà di alcuni membri delle chiese e rabbini, King (assieme a molti giovani dell’epoca) si dichiara deluso dalle chiese: “Pensavo che i ministri del culto protestante, i sacerdoti cattolici, i rabbini del Sud sarebbero stati i nostri più forti alleati. Invece, alcuni si sono opposti a noi in modo diretto, rifiutando di comprendere il movimento per la libertà e descrivendo i suoi dirigenti sotto una luce inesatta; e fra gli altri, fin troppi si sono mostrati cauti piuttosto che coraggiosi, restando in silenzio dietro la sicurezza anestetizzante delle vetrate istoriate.
” “Ho udito numerosi capi religiosi del Sud esortare i loro fedeli a conformarsi a una sentenza che abolisce il segregazionismo perché questa é la legge, ma avrei tanto desiderato sentire i ministri del culto bianchi dichiarare: “Obbedite a questo decreto perché l’integrazione é moralmente giusta, e perché i neri sono vostri fratelli”.”

 “Ho sentito molti ministri dire: "Sono problemi sociali, che non riguardano davvero il vangelo". E ho visto molte chiese dedicarsi a una religione del tutto ultramondana, che traccia una strana distinzione, estranea alla Bibbia, tra corpo e anima, tra sacro e laico.”


C’è anche un altro spunto per noi oggi: laddove King lamenta la maniera di rivolgersi agli uomini e alle donne di colore. A Milano càpita di sentire (ad esempio nelle casse del supermercato) appellarsi ad un cliente di razza non bianca con la seconda persona singolare. Questo “tu” è, inconsciamente, razzista.

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Thoreau, teorico della Disobbedienza Civile:
come per King “Non basta il buon voto e attendere,
bisogna agire contro le leggi ingiuste”

Una delle fonti d’ispirazione del concetto di disobbedienza civile è l’americano del Massachusetts Henry David Thoureau (Concord 1817 – 1862). Non sarà stato un eroe, ma ha scritto il saggio “Resistance to Civil Government” (1849, da una sua conferenza del 1848), poi pubblicato postumo col titolo Civil Disobedience (“Disobbedienza Civile”, che cito dalla mia edizione Rizzoli – Corriere della Sera, Milano 2010, collana “I Classici del Pensiero Libero”) che Gandhi ha definito “un’opera magistrale”. Per il suo amico Emerson fu “una delle menti filosofiche più sottovalutate che l’America abbia prodotto”. Ecologista ed ambientalista, appartiene assieme a Walt Whitman e Nathaniel Hawthorne, alla filosofia del trascendentalismo che lega e riconcilia l’essere umano alla natura (vedasi la sua opera Walden ovvero Vita nei Boschi).
Il concetto fondamentale è che è la coscienza del cittadino che giudica il potere politico, e non viceversa. La sua protesta (nel 1846 non pagò le tasse e fu messo in carcere, ove resta una sola notte perché una zia paga il tributo) nasce contro lo schiavismo (come ricordo nello schema più sotto, nel 1641 fu il primo stato a legalizzare la schiavitù), contro le Fugitive Slave Law (1793 – 1850, che obbligavano a denunziare gli schiavi fuggitivi e costringevano gli Stati abolizionisti a restituire gli schiavi), e contro la Guerra contro il Messico. “Quando 1/6 della popolazione di uno Stato, che s’è impegnato ad essere il rifugio della libertà, è formato da schiavi, penso che una ribellione degli onesti non sarebbe affatto prematura” (pag. 21): il concetto di usare il tempo in maniera creativa, non essere attendisti, ma intraprendere un’azione positiva, è lo stesso di Martin Luther King.
Biasima i cittadini che stanno a guardare e non fanno nulla: “Esitano, si dispiacciono, talvolta scrivono delle petizioni, ma di serio e che abbia un qualche effetto…nulla. Aspetteranno con l’animo ben disposto, che altri pongano rimedio al male così da non doversene più dispiacere essi stessi” (pag. 24). Il buon voto non basta: “Persino votare per ciò che è giusto è come non fare nulla per esso: significa soltanto esprimere debolmente il desiderio che ciò che è giusto prevalga. Un uomo saggio non lascia il giusto alla mercé del caso” (pagg. 24 – 25). “Le leggi ingiuste esistono. (…) L’opinione corrente è che, per emendarle, si deve attendere il momento in cui avremo persuaso la maggioranza a farlo; e che opporsi a quelle leggi sarebbe un rimedio peggiore del male” (pag. 21). Invece, “coloro che si autodefiniscono Abolizionisti” (maiuscolo nel testo, ndr) “dovrebbero subito, effettivamente, rifiutare il loro appoggio al governo del Massachusetts invece di attendere il momento in cui avranno costituito una maggioranza di uno per far prevalere ciò che è giusto. Penso che dovrebbe bastargli la certezza d’avere Dio dalla loro parte e che non occorre aspettare nessun altro appoggio” (pag. 31).
Quando l’abolizionista John Brown (1800 – 1859), che aveva assaltato un arsenale di truppe federali in Virginia, viene condannato all’impiccagione per altro tradimento, Thoreau pronunzia un eulogio dell’amico (“A Plea for Captain John Brown”, contenuto nello stesso volumetto).


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L'OPERA: "The Problem We All Live With", olio su tela, del pittore americano
Norman Rockwell (1894 - 1978) è ispirata ad un episodio di cronaca del 1964,
quando gli sceriffi dello Stato della Lousiana accompagnano alla scuola
pubblica la prima bambina di colore per proteggerla dalle minacce dei bianchi
razzisti. E' una delle opere visibili alla Mostra "American Chronicles.
The Art of Normal Rockwell
" a Palazzo Sciarra in Roma sino all'8 febbraio 2015.
Si noti il passo nobile della bambina, la scritta "nigger" sul muro, i pezzi e schizzi
 di pomodoro  lanciati dai razzisti che manifestavano contro la desegregazione.
L'illustrazione, di grande valore etico-politico, fu pubblicata
sulla rivista "Look" nel gennaio 1964. 

Fra le varie proteste c’è anche la “Crociata dei bambini”, e la polizia usa le pompe antincendio contro di loro. L’azione funziona e le leggi Crow di Birmingham vengono annullate. Kennedy finalmente si decide e presenta un ddl sui diritti civili. Il 28 agosto 1963 viene organizzata molto bene la Grande Marcia su Washington per celebrare la Proclamazione di Emancipazione di Lincoln e chiedere il salario minimo di due dollari l’ora. Kennedy, inizialmente contrario per i possibili disordini, infine partecipa e stringe la mano a King che pronunzia lo storico discorso “I have a dream”. Detrattori della marcia erano gli oppositori citati sopra: Malcom X (1925 – 1965) e gl’islamici neri della Nation of Islam, setta fondata nel 1830 che predica di abbracciare la religione dominante dei Paesi d’origine africani, l’Islam (tutt’oggi esistente e diretta da Louis Farrakhan, un antisemita la cui marcia a Washington, la Million Man March del 1995, fu vietata alle donne. Malcom X non comprendeva la differenza fra il non opporre resistenza e l’opporre invece una resistenza nonviolenta ed inoltre considerava sua patria l’Africa e non gli Stati Uniti, a differenza di King che citava le parole di Thomas Jefferson nella Costituzione americana: “Noi riteniamo queste verità essere evidenti di per sé, che tutti gli uomini sono creati uguali...”. Giorni dopo una bomba in una chiesa nera di Birmingham costa la vita a quattro bimbe di colore. Sarà King a pronunziare l’omelia. Il 22 novembre a Dallas Kennedy è ucciso, gli subentra il vice Lyndon Johnson che fa approvare il Civil Rights Act del 1964/5. King gli propone di riformare il sistema di voto, viziato dal fatto che c’erano amministratori locali segregazionisti e che si doveva passare un test per dimostrare di saper leggere e scrivere. Una domenica del 1965 organizza una Marcia su Montgomery, capitale dell’Alabama, è la Bloody Sunday (domenica di sangue). Pochi giorni dopo, il Presidente Lyndon Johnson annunzia il Voting Rights Act.
King visitò varie città, come il ghetto nero delle violenze della polizia di Los Angeles e Chicago, ove si trasferì per provare a vivere con i poveri e fece proposte per la questione degli alti affitti. Divenne suo collaboratore il giovane studente di seminario Jesse Jackson (che negli anni Ottanta divenne politico del Partito Democratico). Il 3 aprile 1968, nell’affacciarsi dal balcone di un motel di Memphis fu colpito da un proiettile di un fucile di precisione: l’assassino, reo confesso, scampa la pena di morte ed è condannato a 99 anni di carcere. La moglie fa pronunziare al funerale un discorso di King ove dice il suo No alla guerra in Vietnam e ricorda le opere di misericordia ebraiche: dare da mangiare agli affamati e da bere agli assetati, che riassumono quello spirito di compassione come aiuto attivo al nostro prossimo (cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2014/09/la-via-della-compassione-creativa.html). Una curiosità: il Capo dell’FBI Edgar Hoover (intorno alla cui figura il Premio Oscar Clint Eastwood ha girato il film “J Hedgar”) fece intercettare King e tentò di persuadère Kennedy che fosse un comunista per via del fatto che un suo collaboratore lo era, nonostante (come vedremo) King condannasse la filosofia del comunismo (sermone 11). Kennedy gli consigliò d’interrompere quella collaborazione che poteva danneggiare la causa. Nel 1983 il Presidente (1981 – 1989) Ronald Reagan (1911 – 2004) istituì una giornata commemorativa, ogni terzo venerdì di gennaio, vicino alla sua data di nascita, il 15, che solo nel 1993 fu celebrata in tutti quanti gli Stati. Le canzoni “Pride(“In the Name of Love”) del gruppo irlandese U2 e “If I can Dream”, di Elvis Presley sono dedicate a lui.
Ora vediamo i suoi argomenti e la forza della sua retorica carica di passione e fede cristiana dal suo libro “La forza di amare”, collana “La scala di Giacobbe”, fondata da Aristide Vesco, edizione italiana a cura di Padre Ernesto Balducci, SEI, Torino 1968, prima ediz. it. 1967, titolo originale “Strength to Love”, Harper & Row 1963). Egli ci parla della compassione autentica come compartecipazione sia alle gioie sia ai dolori del nostro prossimo (la gioia per la sentenza della Corte Suprema e i dolori della segregazione, per esempio): una definizione che si accorda perfettamente con la proposta per una “spiritualità adulta e appassionata” di Padre Matthew Fox che “parte dalla constatazione che le tradizioni spirituali occidentali sono dei tesori inesplorati, colmi di verità sul lato trascurato del cervello” (“Compassione”, Claudiana, Torino 2014, pag. 117): “Alcuni elementi della compassione si ottengono soltanto a prezzo del dolore, mentre ci sono altri elementi che si ottengono soltanto se si è conosciuto il significato della parola “gioia”.
Sono prediche estremamente equilibrate (che espongono sempre una terza via fra due estremi opposti, come vedremo) e di valore storico culturale e letterario, ricche d’immagini icastiche: come la Chiesa “rimasta silenziosa dietro i vetri delle finestre” o la ripresa dell’immagine classica dello specchio di Narciso per descrivere il giovane stolto del Vangelo o la vita come “perpetuo inverno” di chi ha “acutezza di mente” ma “durezza di cuore”; o ancora quando per descrivere l’oscurantismo della Chiesa usa l’immagine dell’uomo che suona il campanello a “mezzanotte” della parabola evangelica; o quando riprende la storia biblica quando paragona i razzisti del Sud ai faraoni che tenevano prigionieri gli Ebrei. 

Il sermone/1:
“Siete indietro a causa della Segregazione
(E non viceversa come pensano i Razzisti)
No all’Odio né alla Passività:
Resistenza Nonviolenta e Comprensione
Siate come Dio: acuti di Mente e teneri di Cuore”

 “Il pregiudizio razziale è basato su timori privi di fondamento (…) Vi sono uomini di mente angusta che sostengono che la segregazione razziale dovrebbe essere perpetuata perché i negri sono indietro nei titoli accademici, nell’igiene e nel livello morale: non sono abbastanza acuti da rendersi conto che i livelli inferiori sono il risultato della segregazione e della discriminazione” (pag. 21). L’intelligenza di per sé non basta, dev’essere orientata al bene: “L’acutezza di mente senza tenerezza di cuore è fredda e distaccata e rende la vita un perpetuo inverno” (pag. 22). “Il ricco stolto” (della parabola, che citerà di nuovo in un altro sermone) “fu condannato non perché non avesse una mente acuta, ma piuttosto perché non aveva un cuore tenero: la vita, per lui, era uno specchio nel quale egli vedeva solo sé stesso, e non una finestra attraverso la quale vedeva gli altri esseri” (pag. 23). King riprende qui l’immagine classica del mito greco di Narciso il quale amava specchiarsi nell’acqua ove vedeva solo sé stesso (e morirà suicida per questa sua alienazione): come ben ricorda il filosofo hegeliano Mancuso (La vita autentica, Raffaello Cortina, Milano 2009, pag. 88) Hegel (in Fede e sapere, 1802, traduzione italiana di Remo Bodei, apud Primi scritti critici, Mursia, Milano 1971, pagg. 210 – 211) definisce l'inferno proprio come questa condizione tutta terrena.
Padre Luther King risponde No agli opposti estremismi di (da una parte) quei neri “di mente pusilla” che “si rassegnano” e si adattano all’oppressione da una parte e (dall’altra parte) quei neri che “vorrebbero combattere gli oppositori con la violenza fisica e con l’odio corrodente”.
Ai primi dice: “l’acquiescienza è codardia”, “non possiamo guadagnare il rispetto dei bianchi se preferiamo rinunziare al futuro dei nostri figli per la nostra personale sicurezza e comodità”, “accettare passivamente un sistema ingiusto significa cooperare e divenire così complici del male”. Quanto ai secondi, “la violenza porta solo vittorie temporanee” e su questo concetto egli ritornerà spesso, come vedremo. Egli propone dunque “una terza via”, un “metodo” (pag. 25): “la resistenza non violenta che unisce l’acutezza di mente e la tenerezza di cuore” cioè “austerità” (prudenza) e “mansuetudine”, ossia “una sintesi creativa di amore e giustizia”. “La Bibbia, sempre chiara nell’insistere su entrambi gli attributi di Dio, rappresenta la sua acutezza di mente nella giustizia e nell’ira e la sua tenerezza di cuore nell’amore e nella grazia” (pag. 25). “Da una parte, é un Dio di giustizia che punisce Israele per le sue azioni malvage, dall’altra egli è un padre indulgente, il cui cuore si ricolma di gioia quando il figliuol prodigo ritorna a casa” (pag. 26: una parabola, questa, che ritornerà nel sermone 10). Il reverendo insiste che Dio è, insieme, intelligenza attiva e compassione: non è solo uno di questi due lati. Se fosse solo il primo sarebbe contemplativo e senza compassione per noi, come lo immagina il filosofo greco Aristotele nella “Metafisica”. Non è il dio dei filosofi e degli scrittori e poeti: “Se Dio fosse soltanto prudente, egli sarebbe un freddo, spassionato despota che ‘contempla tutto’ da un lontano cielo, come lo immagina Tennyson” (poeta inglese, 1809 – 1892) “nel suo The Palace of Art: sarebbe il ‘motore immobile’ di Aristotele, che conosce sé stesso, ma non ama alcuno (cfr. il sermone 7). “Se Dio fosse soltanto tenero di cuore, sarebbe troppo semplice e sentimentale per poter agire quando le cose vanno male e incapace di controllare la sua Creazione. Sarebbe simile all’amabile Dio di H. G. Wells” (scrittore britannico, 1866 – 1946) “in “God, the Invisible King”, che desidera vivamente creare un mondo buono, ma si trova impotente di fronte alle insorgenti potenze del male” (pag. 26). “Il nostro Dio riunisce nella sua natura una sintesi creativa di amore e giustizia” (pag. 27) e noi siamo fatti ad immagine e rassomiglianza Sua.

Sermone/2: la Forza Creativa del Cristianesimo

“Molti Bianchi sono contro la Segregazione

Ma non osano dichiararlo in Pubblico”

“I Cristiani siano Non Conformisti Creativi

Trasformino l’Odio in Amore Attivo”



 “Noi, in quanto cristiani, abbiamo il mandato di essere anticonformisti” (pag. 31). “Molti bianchi, nel Sud, si oppongono sinceramente, in privato, alla segregazione e alla discriminazione, ma temono di condannarle pubblicamente” così come “milioni di cittadini deplorano profondamente che il complesso militare-industriale troppo spesso diriga la politica nazionale, ma non vogliono essere considerati antipatriottici” (pag. 35) così come chi critica il capitalismo tradizionale ha tema di venire chiamato antiamericano.  “In nessun luogo la tragica tendenza al conformismo è più evidente che nella Chiesa, un’istituzione che spesso è servita a cristalizzare, conservare e anche benedire i moduli dell’opinione della maggioranza. La sanzione data in passato alla schiavitù” (dei neri, appunto) “alla segregazione razziale, alla guerra e allo sfruttamento economico è la prova del fatto che la Chiesa ha prestato orecchio più all’autorità del mondo che all’autorità di Dio. Chiamata a essere custode morale della comunità, la Chiesa a volte ha protetto ciò che è immorale; chiamata a combattere le ingiustizie sociali, è rimasta silenziosa dietro i vetri delle finestre” (pag. 36).  “Il non-conformismo, in quanto tale, comunque, può non essere necessariamente buono” e può essere solo “esibizionismo”: “il non-conformismo è creativo quando è controllato e diretto da una vita trasformata” (pag. 38) “in spirito di umiltà e amore” secondo l’ammonimento di Paolo di Tarso: “Non siate conformati a questo mondo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente” (Lettera ai Romani, 12, 2, il termine greco è metanoia). C’è qui sia la Via Creativa sia la Via Transformativa di Matthew Fox, ammiratore di Martin Luther King: la creatività è buona solo se orientata al suo fine più giovevole, la compassione.

“Il non-conformista trasformato non indulge mai a quella passiva specie di pazienza che è una scusa per non far niente. E la sua reale trasformazione lo salva dal pronunziare parole irresponsabili, che allontanano senza riconciliare” (pag. 39).



Sermone/3: “La Vera Compassione 

è Eguaglianza e Rispetto per la Persona

“Non è Pietismo né Paternalismo”:

King è in linea con Matthew Fox

“Non far qualcosa per gli Africani, ma CON loro”

Il Samaritano non si chiese “Che mi succederà?” bensì “Cosa gli succederà?”




Ho già parlato dell’empatia e della compassione (http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/allenare-lattenzione-muscolo-della.html, http://lelejandon.blogspot.it/2014/09/la-via-della-compassione-creativa.html) ed anche citato la Parabola del Buon Samaritano in entrambe le occasioni: anche Padre Luther King menziona il passo evangelico come modello del non conformismo cristiano e come aiuto attivo e concreto al nostro prossimo, fedelmente allo spirito ebraico ove la parola “compassione” è spesso indicata nella forma di un verbo di movimento.
"The Good Samaritan" ("Il Buon Samaritano"), opera dell'americano
contemporaneo Jared Small (collezione privata di Dina e Brad Martin). 
Quella del ferito lasciato mezzo morto per strada è una storia di scottante attualità nel Sud segregazionista. Un uomo giace sanguinante lungo la pubblica via perché è stato evidentemente picchiato durante una rapina. Perché il sacerdote ed il levita non si fermarono? “Forse non potevano ritardare il loro arrivo ad un’importante riunione ecclesiale” oppure fu per via della paura (pag. 50), ipotizza King. Ma la domanda che i due si posero fu probabilmente: “Se mi fermo, che cosa mi succederà?”, il buon samaritano rovesciò la domanda: “Che cosa ne sarà di lui?”. “L’uomo buono”, cioè giusto e compassionevole, “rovescia sempre la domanda” (pag. 51).

 King ci ricorda che esistono obblighi coercitivi (le leggi positive) ed obblighi (morali) non coercitivi (le leggi divine non scritte di cui ho parlato nella mia recensione a “Philomena”: http://lelejandon.blogspot.it/2014/07/il-viaggio-della-speranza-di-philomena.html): il cristiano ispira la sua azione alla compassione come fa il samaritano buono.  Tale maniera di considerare l’autentica compassione è perfettamente in linea col pensiero del teologo contemporaneo americano Matthew Fox nel suo libro Compassione (Claudiana, Torino 2014, http://lelejandon.blogspot.it/2014/09/la-via-della-compassione-creativa.html). Spiega bene King: “La simpatia nasce dalla premura per un particolare essere umano bisognoso che giace all’angolo della strada della vita” (pagg. 52 – 53). “Il vero amor di prossimo esige interessamento personale” (pag. 53). “I nostri sforzi missionari falliscono quando sono fondati sulla pietà, piuttosto che sulla vera compassione.” Anziché un’elemosina calata dall’alto della commiserazione, Padre King invita a far partecipare chi ha bisogno: “Invece di cercare di fare qualcosa con le popolazioni africane e asiatiche, troppo spesso noi abbiamo cercato soltanto di fare qualcosa per loro” (come Hilly che è tanto orgogliosa delle charity da lei organizzate per “i bambini poveri africani”, salvo poi non avere scrupoli morali a maltrattare la propria domestica afroamericana, licenziarla per un nonnulla o negare un meritato prestito d’onore alla nuova domestica). “Una manifestazione di pietà priva di genuina simpatia porta ad una nuova forma di paternalismo, che nessuna persona che si rispetti può accettare”.
Come Fox, King dice che compassione vera è attivarsi per la giustizia sociale: “La filantropia è lodevole, ma non deve far trascurare al filantropo le circostanze d’ingiustizia” (pag. 53).  Ed indica la via della lotta per la giustizia è questa: “Per conquistare il regno di un mostro malvagio chiamato segregazione e del suo inseparabile gemello chiamato discriminazione, un mostro che è andato errando attraverso questo Paese per quasi un centinaio d’anni, spogliando milioni di negri del loro senso di dignità e derubandoli del loro diritto nativo alla libertà” (pag. 55).

E coglie proprio una contraddizione che nel romanzo “The Help” Eugenia rinfaccia ad Hilly: “Milioni di dollari missionari sono andati in Africa attraverso le mani di gente di chiesa, che morirebbero milioni di volte piuttosto di concedere ad un solo africano il privilegio di partecipare al culto nella loro congregazione” (pag. 53, con riferimento all’esistenza delle chiese per soli bianchi, cfr. sermone 5).



Sermone/4: Come e Perché non Odiare

Perdono significa evitare il blocco dell’Odio,

Provare a Comprendere con Buona Volontà



Nel film e nel romanzo The Help vediamo che Eugenia perdona la madre per aver cacciato in malo modo Constantine. Ma che cosa significa, concretamente, il perdono cristiano di Gesù che, addirittura, invita a “perdonare settanta volte sette” (come dire spesso e volentieri)?



-       Primo, che “l’azione malvagia non costituisce più un blocco mentale che impedisce una nuova relazione” (pag. 79)



-       Secondo, dice citando il dialogo Fedro di Platone, il “riconoscere che l’azione malvagia del vicino-nemico non esprime mai interamente tutto ciò che egli è. Ciascuno di noi è in qualche misura una persona schizofrenica, tragicamente divisa in sé stessa. (…) Qualcosa dentro di noi ci spinge a concordare con Platone che la personalità umana è simile ad un cocchiere che guida due cavalli, testardi, ciascuno dei quali vuole andare in una direzione diversa. (…) Vi è qualcosa di buono anche nel peggiore di noi, e qualcosa di malvagio anche nel migliore; quando ce ne rendiamo conto, siamo meno inclini a odiare i nostri nemici” (pag. 79, cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2014/02/senza-rimorso-colpa-o-pieta-come.html) benché ciò sia sconfermato nel caso eccezionale dei sociopatici i quali hanno un grado zero negativo di empatia, e non provano rimorso, senso di colpa né pietà.



-       Terzo, non dobbiamo cadere nella tentazione di sconfiggere sino in fondo ed umiliare il nemico: “Ogni parola ed ogni atto devono contribuire ad una comprensione col nemico e sprigionare quelle riserve di buona volontà che sono state bloccate dalle impenetrabili muraglie dell’odio”, e comprensione è proprio il significato della parola greca agape per indicare lo spirito di carità fraterna cristiana (pagg. 80 – 81).



“L’Odio produce Squilibri Mentali, come il Razzismo

L’esempio di Lincoln che scelse come Segretario

L’avversario che lo odiava ed insultava

L’Amore è la Forza Creativa più Duratura”



Dopo aver visto il come (in cosa consiste il perdono: evitare il muro, la chiusura e l’umiliazione dell’altro), King passa al perché: per quale ragione non vale la pena odiare?



- Primo, perché “l’odio moltiplica l’odio”;



- Secondo, perché fa egualmente male anche alla personalità di chi lo coltiva (pag. 83). E qui King affronta il pregiudizio razzista anche dal punto di vista antropologico e psichiatrico: cita il sociologo Edward Franklin Frazier (1894 – 1962) che in “La patologia del pregiudizio di razza” mostra come sia una reazione squilibrata quella di bianchi “normali amabili e simpatici nelle loro relazioni con altri bianchi ma che, invitati a pensare i negri come eguali o anche a discutere la questione dell’ingiustizia razziale, reagivano con incredibile irrazionalità e con uno squilibrio del tutto anormale. Ciò accade quando l’odio ristagna nella nostra mente” (pag. 83), reazioni scomposte che talora si vedono ancora oggi dinanzi alle proposte sui diritti civili delle coppie e famiglie gay da parte di chi coltiva ciò che in psichiatria si chiama “ostilità ossessiva”;



- Terzo, perché la comprensione è “l’unica forza capace di trasformare un nemico in un amico”, come fece Abramo Lincoln (1809 – 1865) il quale era costantemente attaccato con insulti da un suo avversario politico (Edwin McMasters Stanton, 1814 - 1869) eppure, quando fu eletto Presidente, scelse proprio lui come Segretario della Guerra (pagg. 83 – 84, oggi potremmo citare l’esempio del Presidente Premio Nobel per la Pace Obama che, dopo essere stato ingiustamente insultato dal team dell’ex avversaria alle primarie, ha scelto proprio l’ex sfidante come Segretario di Stato, anche per spirito di unità nel Partito democratico). Non è un caso che anche Lincoln, il Presidente che propone ed ottenne dal Congresso l’abolizione della schiavitù, venne ucciso da un fanatico razzista proprio come Martin Luther King e Kennedy (cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2013/05/la-natura-dei-sogni-dallimmaginario-dei.html).  L’amore attivo inteso come comprensione misericordiosa ed apertura all’altro è “il potere più duraturo che vi sia al mondo. Questa forza creativa, così splendidamente esemplificata nella vita del nostro Signore Gesù Cristo, è il più potente strumento disponibile nell’umana ricerca della pace e della sicurezza” (pag. 87). Ed é un esempio perfetto della Via Transformativa di cui parla Matthew Fox: trasformare la realtà mediante la compassione.



Sermone/5: “La Storia insegna: Mai Perdere la Fede”
Il Pessimismo e poi la Gioia per la Storica Sentenza
“La Corte Suprema: la Segregazione sui Bus a Montgomery è Incostituzionale”
La Parabola dell’Amico che suona a Mezzanotte
“Sempre le Minoranze Creative a rendere il Mondo Migliore”

“Dopo quarant’anni dei più vigorosi sforzi per sopprimere la religione”, “i visitatori della Russia sovietica, la cui politica ufficiale è atea, riferiscono che non solo le chiese sono affollate, ma l’affluenza continua ad aumentare”.
 E in America dal 1929 all’anno in cui scrive King i membri delle chiese sono aumentati del 100%. Tuttavia, ammonisce King, non significa necessariamente che costoro seguano Gesù e storicamente “quasi sempre è stata la minoranza creativa, impegnata, a rendere il mondo migliore”. “La chiesa è l’unica casa che rimane in piedi” che risponde ai seguenti bisogni: il pane della fede, il pane della speranza ed il pane dell’amore, come dice la parabola dei tre pani nel vangelo di Luca (11, 5 – 8).
(Dati recentissimi mostrano lo stesso fenomeno in Cina, ove ufficialmente il governo è ateo: la Cina è la più grande fabbrica di Bibbie della terra, riferisce il Financial Times, e il cristianesimo, in maggioranza protestante, si sta diffondendo sempre più in quel Paese neocapitalista, i cui cristiani potrebbero essere 100 milioni, più dei membri del Partito unico Comunista, sicché la Cina sarebbe il primo paese cristiano nel mondo.
Il regime, ove alligna molta corruzione e che sottostima solo 30 milioni di cristiani, teme la concorrenza delle chiese a livello di autorità morale, e col pretesto di “violazione delle norme urbanistiche”, sta demolendo diecine di chiese e costringendo i cristiani ad arruolarsi nelle associazioni patriottiche, come ai tempi del mussolinismo in Italia).
E qui King ritorna sulle colpe morali delle chiese cristiane: “Una delle più vergognose tragedie della storia è che proprio l’istituzione che dovrebbe sottrarre l’uomo alla mezzanotte della segregazione razziale partecipa nel creare e nel perpetuare la mezzanotte. (…) La Chiesa si è allineata con le classi privilegiate ed ha talmente difeso lo status quo da non essere disposta a rispondere al colpo bussato alla porta nella mezzanotte. La Chiesa ortodossa in Russia si alleò con lo status quo e si legò così indissolubilmente al dispotico regime zarista che divenne impossibile liberarsi del corrotto sistema politico e sociale senza liberarsi della Chiesa. (…) La Chiesa deve ricordarsi di non essere né la padrona né la serva dello Stato, ma piuttosto la coscienza dello Stato: dev’essere la guida e la critica dello Stato, e mai il suo strumento. Se la Chiesa non ritrova il suo zelo profetico, diverrà un irrilevante club sociale, senz’autorità morale o spirituale. (…) La cosiddetta Chiesa negra ha anch’essa deluso gli uomini della mezzanotte. Dico cosiddetta Chiesa negra perché idealmente non vi può essere Chiesa negra né Chiesa bianca: è a loro perenne vergogna che i cristiani bianchi hanno sviluppato all’interno della Chiesa un sistema di segregazione razziale.” (pagg. 97 – 98). E critica due tipi di chiese negre: il primo riduce il culto ad intrattenimento sicché i suoi membri “possono avere più religione nelle mani e nei piedi che nei cuori”; il secondo ha un culto “freddo e insignificante, la musica uggiosa e incapace d’ispirare” (pagg. 99 – 100).
Poi, una nota personale quando parla del retroscena della sua iniziativa creativa di boicottaggio degli autobus: “All’inizio del boicottaggio degli autobus a Montgomery, Alabama, noi organizzammo un servizio volontario di vetture per condurre le persone al lavoro e poi riprenderle. Per undici lunghi mesi il nostro servizio di trasporto funzionò. (…)”. Poi, l’ingiusta sentenza: “Ebbi la responsabilità di avvertire la gente che il servizio di autovetture sarebbe stato probabilmente proibito. (…)” Nonostante il suo incoraggiamento nel sermone, “potevo sentire la fredda brezza del pessimismo passare sull’uditorio: la luce della speranza era sul punto di svanire e la lampada della fede spegnersi. Poche ore dopo, dinanzi al giudice Carter, la città sostenne che noi stavamo gestendo una ‘impresa privata’ senza una licenza. I nostri avvocati sostennero brillantemente che il servizio di autovetture era un sistema volontario di ‘dare un passaggio’, fornito senza alcun profitto come un servizio delle Chiese negre. Era evidente che il giudice Carter avrebbe deciso in favore della città.” Poi, la sorpresa e la gioia: “La Suprema Corte degli Stati Uniti ha oggi deciso all’unanimità che la segregazione sugli autobus a Montgomery, Alabama, è incostituzionale”.
Trovo questa forma di protesta geniale: essa dimostrava perfettamente le relazioni reciproche esistenti fra le persone, di cui parla MLK (nel suo sermone 6 ove cita la parabola del giovane ricco che si vanta della sua ricchezza dimenticandosi di averla costruita grazie anche ai suoi collaboratori): dimostrava che, se non ci sono i passeggeri neri coi loro biglietti, non c’è lavoro per gli autisti bianchi.
Una curiosità: la parola “boicottaggio” (“boycott”) e “boicottare” (“to boycott”) deriva dal nome di Charles Cunningham Boycott (1832 – 1897), amministratore delle tenute irlandesi di Lord Erne (un pari e politico): i contadini alle sue dipendenze nel 1880 si rifiutarono di lavorare a causa del trattamento inumano al quale erano sottoposti.


Sermone/6: il Giovane che dimentica le Relazioni
Che dimenticava di essere grato ai Collaboratori
A colazione ricordiamoci dell’interdipendenza globale
Il Caffè dal Sud America e il Cacao dall’Africa

Perché quell’uomo che sarebbe considerato “di successo”, nella parabola evangelica del giovane ricco, fu chiamato invece “stolto” da Gesù?
Gesù non era pauperista: egli condannava il cattivo uso della ricchezza. Non vi è niente di intrinsecamente virtuoso nella povertà e nulla di in sé vizioso nel benessere materiale, precisa King (pensiamo a Zaccheo, che era ricco e virtuoso). Il giovane ricco confondeva fini e mezzi e “non si rendeva conto della sua dipendenza dagli altri”. Egli vantava la sua ricchezza dicendo sempre “io” e “mio”, ma “non si rendeva conto che la ricchezza è sempre un risultato del benessere generale; parlava come se potesse arare i campi e costruire i granai da solo” (pag. 110). Era malato di “follia antropocentrica” (sull’errore dell’antropocentrismo cfr. la teologia di Matthew Fox http://lelejandon.blogspot.it/2014/09/la-via-della-compassione-creativa.html e il collegamento con la fisica della relatività di Albert Einstein). Quel giovane, quindi, non coglie le relazioni umane. “In principio era la relazione (logos)”, traduce il teologo laico contemporaneo Vito Mancuso l’incipit del Vangelo di Giovanni (1,1). Noi stessi ci dimentichiamo della “interdipendenza di uomini e nazioni”, dell’ “inestricabile rete di reciprocità” in quella che oggi (non ancora ai tempi di King) chiamiamo “globalizzazione”. E per dimostrare questa relazionalità, MLK fa l’esempio di quando ci alziamo al mattino e usiamo una spugna fatta da un isolano del Pacifico, il sapone di un francese, l’asciugamano di un turco, gustiamo il caffè di un sudamericano, il thé di un cinese e il cacao di un africano. L’uomo ricco del racconto di Gesù rappresenta la civiltà occidentale che, nonostante l’abbondanza di beni materiali, non ha raggiunto la pace della mente: “Abbiamo imparato a volare nell’aria come uccelli e a nuotare nel mare come pesci, ma non abbiamo appreso la semplice arte di vivere insieme come fratelli” (pag. 116) cioè lo spirito di fratellanza cristiana.

Sermone/7: Il Regno di Dio è anche nell’Impegno Civile 
“Come per gli Ebrei d’Egitto
Così per noi la Fede ci sorreggerà
Nella Lotta contro la Schiavitù dei Faraoni
Verso la Terra Promessa”
I tormenti morali degli abolizionisti Jefferson e Lincoln

In questo discorso, Padre King passa in rassegna le tappe della storia dei neri (di cui vi ho fatto un breve schema riassuntivo in fondo), da quando “nel 1619 furono portati in America dalle terre dell’Africa” e trapiantati come “un ingranaggio spersonalizzato nell’immensa macchina della piantagione” (pag. 126) sino ai tormenti morali dei grandi abolizionisti come Thomas Jefferson (1743 – 1826) ed Abramo Lincoln (1809 – 1965, che scrisse la Proclamazione di Emancipazione il primo gennaio 1863). Essi avevano capito che “la schiavitù degradava il padrone bianco non meno dello schiavo negro” (pag. 127). Jefferson scrisse: “La grave questione (della schiavitù) come una campana che sonasse a fuoco nella notte, mi risvegliava e mi riempiva di terrore.” E dichiara il suo rimpianto per non aver dato piena felicità al Paese. E Lincoln: “Dando libertà allo schiavo, noi assicuriamo libertà al libero” (cfr. il sermone I Have a Dream). Ma quell’atto di Lincoln “non produsse, comunque, la piena libertà del negro, perché il negro scoprì subito che i faraoni del Sud erano decisi a mantenerlo in schiavitù. (…) La segregazione sancita da una decisione della Suprema Corte degli Stati Uniti nel 1896 fu una nuova forma di schiavitù” (pag. 128).
Dio, ribadisce, non è freddamente distaccato come il dio di Aristotele (cfr. il sermone 1), ma combatte con noi. Fa l’esempio della storia degli stati africani e dell’India che si sono resi indipendenti dall’impero britannico. Poi si chiede: se Dio è un padre amorevole che combatte con noi, perché permette il male come la strage degli Ebrei sotto Hitler? “Io non pretendo di comprendere tutte le vie di Dio” ma quel che è certo, assicura King, è che “noi siamo esseri umani responsabili, non già automi ciechi; persone, non fantocci. Dotandoci di libertà, Dio ha rinunziato ad una parte della propria sovranità ed ha imposto dei limiti a sé stesso. Se i suoi figli sono liberi, devono fare la sua volontà per una scelta volontaria”. Come per gli Ebrei la fede sorresse la lotta contro la schiavitù in Egitto, così la fede cristiana sorreggerà i neri, promette King, contro il moderno schiavismo legalizzato per raggiungere la Terra Promessa della fratellanza. “Sebbene il pellegrinaggio morale dell’uomo non possa mai raggiungere un punto d’arrivo sulla terra, i suoi sforzi incessanti possono portarlo sempre più vicino alla città della giustizia. E sebbene il Regno di Dio possa rimanere non ancora come realtà universale nella storia, nel presente esso può esistere in determinate forme isolate, come nelle sentenze, nell’impegno personale ed in certa vita di gruppo: “Il Regno di Dio è in mezzo a voi””(pag. 130).

Sermone/8: Ricordiamo i Grandi fra i Neri
La Lezione sulla “Pace nella Mente”
“Noi siamo esseri fatti per la Relazione
Siamo tutti interdipendenti
Il Problema Razziale deriva da quest’Oblio
I Comandamenti: Amare Sé Stessi, il Prossimo e Dio
(Lunghezza, Larghezza ed Altezza)”
Booker T. Washington 

In quest’orazione King ritorna sul concetto di “pace della mente” e cita il rabbino della sinagoga riformata di Boston, Joshua Liebman (1907 – 1948), che nel longsellerPeace of Mind” dice che “per poter amare adeguatamente gli altri, dobbiamo amare noi stessi nella maniera giusta” (pag. 140). In che senso dobbiamo amare noi stessi? Scoprendo e realizzando le nostre “facoltà creative potenziali”: Dio non lascia nessuno di noi senza un qualche talento. (Qui King fa riferimento alla parabola dei talenti, Vangelo di Matteo, 25, 14 -30).  E per dimostrarlo, cita al suo uditorio vari buoni esempi di neri che sono diventati dei grandi (pag. 142): da Booker T. Washington (1856 - 1915), nato schiavo e diventato educatore, oratore e leader della comunità nera, primo nero ad essere ospitato dal Presidente alla Casa Bianca (Roosevelt), al tenore lirico Roland Hayes (1887 – 1977); dalla contralto Marian Anderson (1897 – 1993) al ricercatore botanico ed agronomo Washington Carver (1864 - 1943) al diplomatico Ralph J. Bunche (1903 - 1971), primo Premio Nobel per la Pace nero.  Certo, “la maggior parte sono chiamati ad essere operai nelle fabbriche, nei campi o sulle strade”. 
Roland Hayes 

Ma ciascuno deve comunque svolgere al meglio il proprio lavoro non meno di coloro i quali sono chiamati a lavori specializzati o professionali perché ciascuno di noi dà il suo contributo al bene comune.
Per essere uomini completi dobbiamo sviluppare sia la lunghezza (amor di sé) che la larghezza “con cui l’individuo si preoccupa pel benessere degli altri”. Gesù indica il metro di giudizio nell’adempimento delle opere di misericordia corporale come il dare da mangiare agli affamati, concetto che egli volle fosse ricordato anche nel suo funerale (http://lelejandon.blogspot.it/2014/09/la-via-della-compassione-creativa.html).
La domanda della vita è: “Che cosa fate voi per gli altri?” Dio ha creato la struttura dell’universo tale che funzioni solo se gli esseri umani sviluppino entrambe le dimensioni.
“Tutti gli uomini sono interdipendenti” (cfr. il sermone 6) e la maggior parte dei problemi e delle discordie di oggi derivano dall’assenza di questa dimensione come nel caso delle relazioni razziali e nelle relazioni internazionali minacciate dalla guerra: “Nessuna nazione e nessun individuo può vivere nell’isolamento” (pagg. 145 – 146). 
Marian Anderson 

Come dice il poeta inglese John Donne (1572 – 1631): “Nessun uomo è un’isola”.
Ma c’è una terza dimensione, l’altezza, “la spinta verso l’alto”, verso Dio. Alcuni spinti da spirito umanitario dinanzi al problema del male (se esiste un dio buono perché permette il male immeritato?) oppure dinanzi  ai “dogmi assai poco scientifici della religione” sono agnostici.
Ci sono poi gli “atei pratici”: “non negano con le labbra l’esistenza di Dio, ma la negano continuamente con la loro vita”, anche inconsciamente. Ma noi “sentiamo continuamente di urtare contro qualcosa che ci fa meravigliare che il magnifico ordine dell’universo possa essere il resultato di un gioco fortuito di atomi ed elettroni. Di notte, noi guardiamo, in alto, le stelle che ornano i cieli come oscillanti lanterne di eternità”, dice in un passo che pare richiamare il filosofo protestante Kant (che descrive la sua meraviglia per “la legge morale in me ed il cielo stellato sopra di me”). “Platone aveva ragione quando diceva che il visibile non è che un’ombra gettata dall’invisibile”. “Senza Dio la vita è un dramma privo di significato”, “se non avete fede in Dio, sarete impotenti ad affrontare le delusioni che inevitabilmente si verificheranno”.
Washington Carver

E qui King narra l’aneddoto buffo di un vecchio predicatore che interrogò un giovane diplomato e gli chiese quali fosse il suo progetto di vita. E quegli gli rispose: laurearsi. “E poi?” Farsi una posizione. “E poi?” Metter su famiglia e fare molto denaro. “Giovanotto, i vostri piani sono davvero troppo ristretti. Essi possono estendersi solo per 75 o 100 anni, al più. Voi dovete fare i vostri piani grandi abbastanza da includere Dio e ampi abbastanza da includere l’eternità” (pag. 151).
In conclusione (pag. 152):
1)    Vi è stato comandato di amare voi stessi (lunghezza della vita).
2)    Vi è stato comandato di amare il vostro prossimo (larghezza della vita).
3)    Vi è stato comandato di amare Dio (altezza della vita).
NB: 1 e 2 corrispondono al comandamento “amerai il prossimo tuo come te stesso” e il 3 a “amerai il Signore tuo Dio” (contenuti tutti nella Bibbia ebraica nel libro dell’Esodo).

                          Sermone/9: La Libertà esiste
I Fatalisti bestemmiano
Affrontare i Sogni Infranti Costruttivamente
Grazie alla Fede in Dio
L’esempio di Helen Keller, cieca-sorda
Che imparò a parlare e difendere i Disabili
Helen Keller 

Dinanzi alla perdita di speranza che ci può colpire (come quando la comunità nera attendeva la sentenza sul boicottaggio dei bus), vi sono tre reazioni comuni:
1)    L’amarezza ed il risentimento di chi “non ama nessuno e non cerca amore da nessuno”, “trova da ridire su ogni cosa e su ognuno e si lamenta continuamente”, e la medicina psicosomatica mostra che ci sono mali come l’ulcera gastrica che “sono stati in certi casi provocati da amari risentimenti” (pag. 160)
2)    L’introversione di quelli che “abbandonano la lotta della vita e perdono il gusto del vivere” e divengono distaccati: “troppo insensibili per amare e troppo spassionati per odiare”, “non sono né vivi né morti”, insensibili alle bellezze della natura e della musica.
3)    Il fatalismo di quelli che non credono che l’uomo abbia libertà e dunque, abulici, “non cercano di ponderare né di prendere decisioni”. “Alcuni fatalisti sono persone molto religiose, che concepiscono Dio come colui che decide e controlla il destino”. Ma “una sana religione si solleva oltre l’idea che Dio voglia il male: sebbene permetta il male allo scopo di preservare la libertà dell’uomo, Dio non è causa del male. Il pensiero che Dio possa volere che un bimbo nasca cieco o che un uomo soffra la rovina della pazzia è una vera eresia, che dipinge Dio come un demonio, invece che come un Padre amoroso” (pag. 163).
La libertà è sempre all’interno di una struttura di destino” (noi oggi potremmo dire, grazie ai guadagni scientifici: entro i nostri orientamenti, sessuali e politici). “Ma vi è libertà. Noi siamo, al tempo stesso, liberi e predestinati. La libertà è l’atto di deliberare, decidere e corrispondere alla nostra natura predeterminata” (pag. 162).
“Voi dovete affrontare onestamente i vostri sogni infranti. Seguire il metodo di fuga consistente nel tentare di escludere dalla mente la delusione porterà solo ad una repressione psicologicamente dannosa (…) Molte delle più influenti personalità del mondo hanno trasformato i loro tormenti in corone. Charles Darwin, sofferente di una malattia fisica periodica; Robert Louis Stevenson, affetto da tubercolosi, e Helen Keller, affetta da cecità e sordità”.

Chi era Helen Keller (1880 - 1968)? Era una scrittrice sordo-cieca dall’età di 19 mesi. Sua madre fu colpita da una storia dello scrittore e giornalista britannico Charles Dickens (1812 – 1870) che narrava del successo di una bambina cieca e sorda mandata a scuola. Quando a dieci anni conosce una ragazzina norvegese anche lei che non parla e sente, impara a parlare. A ventiquattr’anni è la prima persona cieca e sorda a laurearsi. Diventa un’avvocatessa per i diritti delle persone disabili, una suffragetta e attivista del movimento per il controllo delle nascite e per i diritti dei lavoratori nonché fonda un’ong per la prevenzione della cause lavorative della cecità. E’ stata interpretata al cinema da Patty Duke, che ha vinto l’Oscar (assieme ad Anne Bancroft, 1931 - 2005) per questo ruolo nel film “Anna dei miracoli” (1962).


Qui King sta parlando di quella che oggi chiamiamo “resilienza”: la capacità di non farci corrodere e rovinare la personalità dagli eventi negativi stressanti (il minority stress del razzismo o dell’omofobia). “Dobbiamo accettare delusioni finite, ma non dobbiamo mai perdere la speranza infinita. Questo fu il segreto della sopravvivenza dei nostri progenitori schiavi”. E ricorda le atrocità della schiavitù: “Quando le donne erano costrette a soddisfare i bisogni biologici dei padroni bianchi, i mariti schiavi erano nell’impossibilità d’intervenire. Eppure, i nostri progenitori sopravvissero” (pag. 166).
King cita il “coraggio di essere” di Paolo (Tarso 5-10 - Roma 64-67), la cui vita “fu un continuo assalto di delusioni”: “Quando progettava di visitare la Spagna, fu rinchiuso in una prigione romana; quando sperava di andare in Bitinia, fu rovesciato con la nave sulle coste della Troade” (pag. 167). La sua storia di Paolo che, incarcerato a Filippi “cantava gioiosamente i canti di Sion”, ci mostra come raggiungere quella “pace” che è “una tranquillità dell’anima in mezzo ai terrori dell’angoscia” come promesso da Gesù (“vi lascio la pace, vi do la mia pace”). “La nostra capacità di affrontare in maniera costruttiva i sogni infranti è determinata dalla nostra fede in Dio” (pag. 169). “Non sarebbe questo un universo stranamente irrazionale, se Dio alla fine non congiungesse virtù e adempimento?”.

Il Confronto Oggi: l’Autorevole Appello alla Responsabilità
Personale e Paterna
di Bill Cosby (2004) e del Senatore Obama (2008):
“Troppe Famiglie Nere senza Padri”
 
Al centro, Bill Cosby col cast del serial "I Robinson": nel ricevere un premio
dalla NAACP (di cui fu presidente Martin Luther King) ha biasimato
la prevalenza di famiglie senza padri fra i neri americani.
Quest’appassionato appello alla responsabilità personale ci ricollega a due appelli contemporanei di due neri di successo che sono entrati nelle case di milioni di americani con le loro famiglie (uno seguìto per la sua attività politica da Tg e talk show, l’altro per il suo telefilm, I Robinson). Ricorderete che in The Help Minny aveva detto: “Un sacco di neri abbandona la famiglia come spazzatura in una discarica, ma una donna non lo fa. Noi dobbiamo pensare ai figli.” (pag. 366).
Proprio su questo problema irrisolto, nel 2008 l’allora senatore Barack Obama, durante la campagna elettorale nella corsa alle primarie del Partito Democratico, intervenendo in una chiesa nera della sua città, Chicago, ha lanciato un appello alla responsabilità verso i padri afroamericani: sono “troppi” quegli “assenteisti” (absentee) che abbandonano il tetto coniugale, “comportandosi come ragazzi anziché come uomini”. 

Obama citò il dato che “più di metà di tutti i bambini neri vive in famiglie monogenitoriali”, numero che -ha detto- è raddoppiato dai tempi della sua infanzia. 
“E’ il coraggio di tirare su un bambino a fare di te un padre”. 
Poi, il futuro Premio Nobel per la Pace ha invitato gli African American a proseguire gli studi e a curare l’alimentazione corretta dei bambini: troppo diffuso il malcostume di far mangiare junk food e bibite gassate (che sarebbe diventata in sèguito una campagna d’informazione-formazione della first lady Michelle). Molti si sono levati in piedi applaudendo. (Cfr. “Obama Sharply Assails Absent Black Fathers”, articolo del “New York Times”, http://www.nytimes.com/2008/06/16/us/politics/15cnd-obama.html?_r=0).
Afre Woodard, Premio Golden Globe, è famosa per il ruolo di Betty
Applewhite,  madre single con due figli, nella seconda stagione del serial Tv
"Desperate Housewives" ("Casalinghe Disperate"). E' stata  candidata
all'Oscar come non protagonista per il film "La Foresta Silenziosa". 

Il discorso del futuro Presidente richiamava quello pronunziato dall’attore dei Robinson Bill Cosby che, nel ricevere un premio dalla NAACP (l’organizzazione di cui fu presidente Martin Luther King), quattr’anni prima aveva biasimato la prevalenza di famiglie senza padri (fatherless) e di coppie divorziate e separate nella comunità nera e aveva detto basta al vittimismo e alla “cultura della povertà” che usa il razzismo come stampella per il mancato progresso socioeconomico. Inoltre, Cosby ricordò che i neri dei tempi di Martin Luther King  molti neri finivano in prigione per la loro libera scelta di disobbedienza civile, non per i furtarelli.

Sermone/10: il Realismo Cristiano
Per la Bibbia l’Essere Umano è sia corpo sia anima

         ed è libero: il Male è alienazione da Sé, dal Prossimo e da             Dio. La Parabola del Figliuol Prodigo: l’Uomo è fatto per la Casa del Padre

Dinanzi alla domanda del Salmo (8, 4 – 5) “Quid est Homo?”, che cos’è l’uomo?, ci sono tre risposte:
1)    Materialismo: il pensiero è semplicemente un effetto del cervello. Come nel materialismo dialettico del marxismo (cfr. il prossimo sermone, nr. 11). Ma possiamo, si chiede King, spiegare i geni letterari e musicali in termini materialistici?
2)    Umanesimo od umanismo: “L’uomo è la più alta forma di essere”.
3)    Realismo cristiano: concorda col filosofo scozzese Thomas Carlyle (1795 – 1981) che “vi sono nell’uomo abissi che vanno giù sino al più profondo inferno e altezze che raggiungono il cielo più alto, poiché non sono forse sia il cielo che l’inferno fatti di lui, che è sempiterno miracolo e mistero?”. (Ma noi potremmo anche citare Pascal). Questa terza concezione è completa ed è biblica: riconosce entrambi gli aspetti della natura umana. Il cristianesimo riconosce che l’essere umano è un animale e che Dio sia spirito. Non c’è nulla di sostanzialmente cattivo nella sua natura fisica perché, dice la Genesi, tutto ciò che Dio ha fatto è buono. In quanto animale, dobbiamo sempre preoccuparci dei suoi bisogni materiali (il pane: dare da mangiare agli affamati, le opere di misericordia corporale, ndr). Altresì, l’uomo è anche essere spirituale: “la coscienza gli parla ed egli si ricorda di cose divine”, ed “è capace di un’attività creativa”  (sulla creatività compassionevole come “essenza dell’umanità” cfr. Matthew Fox http://lelejandon.blogspot.it/2013/12/il-segreto-della-felicita-e-la.html) e “con la sua capacità di ragionamento, col suo potere di memoria e col suo dono d’immaginazione, l’uomo trascende il tempo e lo spazio”. Ultimo ma non men importante, King ribadisce l’esistenza della libertà come nel precedente sermone: “L’uomo è libero di operare entro la struttura del suo destino: è libero di deliberare, di prendere decisioni e di scegliere fra varie alternative” (pag. 178). Poiché siamo orgogliosi e non accettiamo di essere chiamati peccatori, abbiamo tentato con vari nomi di negare il male che è prodotto di una “triplice alienazione per cui l’uomo è separato da sé stesso, dal suo prossimo e dal suo Dio” (le tre dimensioni di cui parla nel sermone 8). “L’uomo è un peccatore bisognoso della grazia di Dio che lo perdoni. Questo non è pessimismo funesto, è realismo cristiano” (pag. 179).
Per mostrare i pericoli del conformismo in opposizione alla libertà di coscienza, King cita il libro “Uomo morale e società immorale” (Moral Man and Immoral Society, 1932, traduzione italiana Jaca Book Milano 1968) del teologo protestante americano Reinhold Niebuhr (1892 - 1971) che aveva citato anche nella Lettera dal Cercare di Birmingham: “L’uomo collettivizzato nel gruppo, nella razza e nella nazione spesso sprofonda a livelli di barbarie impensabili anche fra animali inferiori” (pag. 179) come nel caso della “dottrina della supremazia bianca”. E cita una storia evangelica: “Gesù parlò del giovane che, lasciata la casa paterna, viaggiò in un paese lontano, dove cercò la vita di avventura in avventura e di sensazione in sensazione. Ma non la trovò mai, trovò soltanto delusione e disorientamento”: “Questa parabola è un eterno ammonimento che l’uomo è fatto per la casa del Padre e che ogni avventura in terra lontana porta solo delusione e nostalgia” (cfr. il finale del libro di Vito Mancuso http://lelejandon.blogspot.it/2013/10/in-principio-era-la-passione-la.html). Il protagonista é l’uomo privo di un progetto di vita, che cerca chissà che cosa, e infine si ritrova alienato, smarrito e solo: “L’uomo si è smarrito nella terra lontana del secolarismo, del materialismo e dell’ingiustizia razziale. Il Padre Celeste parla oggi alla civiltà occidentale: “Rientrate in voi stessi e tornate alla vostra vera casa paterna di giustizia, libertà e fraternità” (pagg. 180 - 181).


Sermone/11: La Critica al Comunismo
Senza Princìpii, ogni Mezzo (Tortura, Menzogna) è Lecito
L’Uomo è fatto per lo Stato e non Viceversa
“La Chiesa è l’istituzione più segregata
Senza l’OK della Chiesa lo Schiavismo in Sud Africa e America
Ed il Colonialismo non sarebbero durati”
No ai Cristiani del Club della Domenica
Impegno per la Giustizia unica difesa contro il Comunismo

Il comunismo è l’unico vero rivale del cristianesimo. Ma “Noi, in quanto veri cristiani, non possiamo mai tollerare la filosofia del comunismo” (pag. 189, cfr. il sermone precedente).
Il comunismo è ateo e si fonda su un relativismo etico per cui anche i comandamenti di non dire falsa testimonianza o non uccidere sono relativi: “menzogna, omicidio e tortura sono considerati mezzi giustificabili per raggiungere il fine millenario” (pag. 187). Cita il rivoluzionario comunista russo Lenin (1870 – 1924): “Noi dobbiamo essere pronti ad impiegare inganno, frode, infrazione della legge, rifiuto e occultamento della verità”. Di contro il cristianesimo pone dei princìpi fissi e immutabili: la legge dell’amore (nomos tes agapes). Inoltre, il comunismo “attribuisce valore finale allo Stato. L’uomo è fatto per lo Stato e non lo Stato per l’uomo” (almeno sinché dura e non sorgerà l’utopia della società senza classi). Nel socialismo reale “limitate sono le libertà”. “La definitiva debolezza del comunismo sta nel fatto che esso priva l’uomo proprio di quella qualità che lo fa uomo. L’uomo, dice Paul Tillich” (1866 – 1965, filosofo esistenzialista e teologo luterano tedesco) “è uomo perché è libero” (pag. 188). Invece, “sotto il comunismo, l’anima individuale è inceppata dalle catene del conformismo” (sul concetto dei cristiani come non conformisti vedasi sermone 2 sopra).  Rispetto al Magnificat di Gesù del Vangelo di Luca, “nessun comunista dottrinario ha mai espresso una tale passione per il povero”. E ritorna sulle colpe storiche della Chiesa: “La Chiesa è spesso rimasta indietro nell’interesse per la giustizia sociale (…) spesso è stata così assorbita in un bene futuro ‘lassù’ da dimenticare i mali presenti ‘quaggiù’” (pag. 191). Per esempio, “la Chiesa è stata sconcertantemente silenziosa e disastrosamente indifferente nel campo delle relazioni razziali, ma anche più al fatto che essa ha preso spesso parte attiva nel formare e cristallizzare gli schemi del sistema di razza e di casta. Il colonialismo non si sarebbe potuto perpetuare, e la Chiesa cristiana avesse realmente preso posizione contro di esso. Uno dei principali sostenitori del perverso sistema dell’apartheid in Sud-Africa oggi è la Chiesa protestante riformata olandese. In America, la schiavitù non sarebbe potuta esistere per quasi duecentocinquant’anni, se la Chiesa non l’avesse sanzionata, né potrebbero oggi esistere la segregazione e la discriminazione se la Chiesa non vi si fosse associata, col suo silenzio e spesso con la parola. Noi dobbiamo riconoscere il fatto vergognoso che la Chiesa è la più segregata fra le maggiori istituzioni nella società americana” (pag. 192). King critica l’ateismo pratico dei cristiani del club della domenica mattina: “Per tanti cristiani il cristianesimo è un’attività domenicale senza rapporto col lunedì, e la Chiesa è poco più di un club sociale laico con una sottile patina di religiosità” (pagg. 194 – 195). “Dobbiamo ritrovare lo spirito della Chiesa primitiva”: “è questa la nostra migliore difesa contro il comunismo” (pag. 196): “prendere l’offensiva a favore della giustizia e dell’equità”, “con un’azione positiva”.
Riguardo alle ingiustizie economiche, come nella scelta del metodo di battaglia civile per i diritti, MLK indica una terza via: “La verità non si trova né nel capitalismo tradizionale né nel marxismo. Ciascuno dei due rappresenta una verità parziale”: “Il capitalismo ha mancato di vedere la verità che vi è nell’impresa collettiva, e il marxismo ha mancato di vedere la verità che vi è nell’impresa privata”: “il marxismo ha mancato di considerare che la vita è sociale, e il marxismo di vedere che la vita è individuale” (pag. 194). “Il Regno di Dio non è né la tesi – impresa privata – né l’antitesi – impresa collettiva -, ma la sintesi che concilia la verità di entrambe”, dice King sulla scia del filosofo luterano Hegel (1770 – 1831), per cui “il vero è l’intiero” e di Platone (filosofo amato e citato da King, cfr. sermone 4) nella Repubblica, per cui l’autentico filosofo dialettico è colui il quale sa avere una visione d’insieme delle cose.




Sermone/12: Il Male è autodistruttivo

“Anch’io ho avuto Paura” dinanzi alle Minacce di Morte

“Ma Dio mi ha dato la Forza della Pace Interiore”

Victor Hugo: Napoleone perse perché spiaceva a Dio

King: così fu per Hitler e Mussolini e così sarà per tutti i regimi

Il Cristianesimo crede che il Bene vince il Male



Dinanzi al problema del male morale, King dice di voler limitare la propria risposta alla considerazione che “molto del male che sperimentiamo è causato dalla follia e dall’ignoranza dell’uomo ed anche dall’abuso della sua libertà”. Il cristianesimo afferma sia che “il male ha una sua realtà oggettiva” sia che il messaggio di speranza che “il male contiene in sé il seme della propria distruzione” (pag. 204). E quanto al male del Potere illiberale, cita il romanzo “Les Misérables” (1862) dello scrittore ed attivista per i diritti Victor Hugo (1802 – 1885): “Era possibile che Napoleone vincesse quella battaglia? Noi rispondiamo no. Perché? A causa di Wellington? A causa di Buchler? No, A causa di Dio…Napoleone era stato accusato di alto delitto dinanzi all’Infinito e la sua caduta era decretata. Egli spiaceva a Dio. Waterloo non è una battaglia, è il cambiamento di fronte dell’universo”. Commenta Padre King: “Waterloo simboleggia il destino di ogni Napoleone”, e di ogni Hitler e Mussolini. Questi dittatori anticristiani “hanno il loro momento, e per un certo periodo possono anche disporre di grande potere, diffondendosi come il lauro verde, ma presto saranno falciati come l’erba e come l’erba verde avvizziranno” (pag. 205). “Dio è capace di vincere i mali della storia” (pag. 206) ed “è capace di darci risorse interiori” (pag. 207): “Egli non offre risorse materiali, né una formula magica che ci esenti dalla sofferenza e dalla persecuzione, ma ci porta un dono imperituro: “io vi lascio la Pace” (pag. 208).

“Nel mondo vi è tanta frustrazione perché abbiamo confidato negli dèi piuttosto che in Dio”: il dio della scienza che però scopre la Bomba, il dio del piacere che si rivela effimero, il dio del danaro che non può comprare l’amore.

E qui racconta un’esperienza personale per dimostrare che anche gli Eroi come lui hanno sì paura ma la sanno affrontare: a ventiquattr’anni “quando presi parte alla direzione della protesta degli autobus a Montgomery cominciammo a ricevere in casa telefonate e lettere minatorie” (pag. 209). “Cominciai a pensare a una maniera di uscire dalla scena senza sembrare un codardo. In quello stato di esaurimento, quando il mio coraggio era quasi svanito (…) pregai ad alta voce: “Ora ho paura. La gente guarda a me come a una guida, e, se io sto dinanzi a loro senza forza né coraggio, anch’essi vacilleranno. Sono al termine delle mie forze. Sono arrivato al punto che non posso affrontare questo da solo” (pag. 210). “In quel momento, sperimentai la potenza di Dio come non l’avevo mai sperimentata prima. Mi sembrava di poter sentire la tranquilla sicurezza di una voce interiore, che diceva: “Prendi posizione per la giustizia, per la verità. Dio sarà sempre al tuo fianco”. Quasi subito, le mie paure cominciarono ad allontanarsi da me. La mia incertezza scomparve. Fui pronto ad affrontare qualsiasi cosa. La situazione esterna mi pareva la stessa, ma Dio mi aveva dato la calma interiore. Tre notti dopo, la nostra casa fu colpita dalle bombe. Abbastanza stranamente, accettai la cosa con calma.”



Sermone 13: No agli Opposti Estremismi:

“Il Rinascimento e Rousseau troppo Ottimisti

e Lutero troppo Pessimista”, dice King da fiero Protestante



Anche qui King torna ad ammonire contro due opposti estremismi.

L’uomo del Rinascimento (umanista, cfr. sermone 10) ha dimenticato che può peccare e che da solo non può scacciare il male: quell’eccessivo ottimismo sulla natura umana (l’umanismo od umanesimo di cui parla anche in un altro sermone vedi sopra) è un’ “auto-illusione” che porta alla fede di Rousseau (1712 – 1778) che con la buona educazione si restituisca all’uomo la sua bontà originaria (o, secondo Nicolas de Condorcet, 1743 - 1794, con la razionalità).

Ma non è realista neanche l’eccessivo pessimismo di Lutero, dice King, benché la Riforma “servì come un necessario correttivo alla corrotta e stagnante Chiesa medioevale” (pag. 237). “Le dottrine della giustificazione attraverso la fede e del sacerdozio di tutti i credenti sono princìpi sublimi che noi, in quanto protestanti, dobbiamo sempre affermare, ma la dottrina della Riforma sulla natura umana sopravvalutava la corruzione dell’uomo. Il Rinascimento fu troppo ottimista, e la Riforma troppo pessimista” (pag. 237). Tali basi dottrinali hanno fatto sviluppare a Giovanni Calvino la dottrina della predestinazione (http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/amsterdam-la-storia-gli-eroi-i.html) e la “rinascita della terribile idea” (agostiniana) “della dannazione dei bambini: è tanto depravata la natura umana, diceva la dottrina calvinista, che se un bimbo muore senza battesimo arderà per sempre nell’inferno” e che finisce per creare, secondo King, una chiesa “pericolosamente distaccata” e “ignorando la necessità di riforme sociali”.
Il Premio Oscar Christian Bale nel nuovo film in uscita su Mosé


Tale idea secondo cui l’uomo non può niente “porta inevitabilmente ad un incallito abuso della preghiera” in cui “l’uomo chiede a lui” (Dio) “ogni cosa” sicché la preghiera diviene “un sostituto del lavoro e dell’intelligenza”. “Ma sarebbe un grave errore pensare che la battaglia” per l’integrazione razziale “sarà vinta solo con la preghiera”: “Dio, che ci ha dato la mente per pensare e il corpo per lavorare, renderebbe vano il suo stesso disegno, se ci permettesse di ottenere attraverso la preghiera ciò che si può ottenere col lavoro e con l’intelligenza”. E ricorda la Bibbia ebraica “quando Mosé si sforzava di condurre gl’israeliti alla Terra Promessa, Dio mise bene in chiaro che non avrebbe fatto per loro ciò che essi potevano fare da sé stessi. E il Signore disse a Mosé: “Perché invochi me? Parla ai figli d’Israele, che vadano avanti” (pag. 239). “Dobbiamo pregare ma dobbiamo anche usare la nostra mente per svolgere un programma, organizzarci in azione non violenta di massa, e impiegare ogni risorsa del corpo e dell’anima” (pagg. 239 – 240). Ecco, questa è un’ideale risposta al giovane ragazzo nero che compare nel romanzo “The Help”, ricordate, il quale si chiede se non sia il caso di mobilitarsi oltreché di fare gruppi di preghiera.



Sermone 14: la “Paura Normale” e la “Malattia della Paura”

Tillich: “Il Coraggio è Affermazione di Sé a dispetto degl’Impedimenti”

Fromm: “Il giusto Amor di Sé e il Giusto Amore del Prossimo

Sono interdipendenti”

King: “Amore e Non-Violenza la Risposta alla Paura Irrazionale
dei Bianchi verso i Neri e le Nozze Miste”

Nel seguente sermone, Padre King ritorna sul tema della paura: “La paura è l’elementare sistema d’allarme dell’organismo umano che avverte dell’avvicinarsi dei pericoli e senza il quale l’uomo non sarebbe potuto sopravvivere. La paura, inoltre, è una potente forza creativa. La paura dell’oscurità ha portato alla scoperta del segreto dell’elettricità; la paura del dolore ha portato ai meravigliosi progressi della scienza medica; la paura della guerra è stata una delle forze che hanno dato origine alle Nazioni Unite” (King dice No alle guerre che siano al di fuori della legalità internazionale, lezione rimasta inascoltata). “La paura normale ci protegge; la paura anormale ci paralizza. (…) Il nostro problema non è di liberarci dalla paura, ma piuttosto di imbrigliarla e dominarla”. Torna in mente l’Etica Nicomachea di Aristotele: il coraggio è la virtù che sta nel giusto mezzo fra i due vizi opposti, la viltà e la temerarietà.
Esiste dunque una “paura normale” ed una “malattia della paura”. Dobbiamo indagare le cause psicanalitiche delle nostre paure nevrotiche e “anormali” e “possono essere curate con la psichiatria” (pag. 225) come la “paura della superiorità degli altri, del fallimento, del disprezzo e della disapprovazione” (pag. 224). Cita di nuovo il teologo Paul Tillich che definisce il coraggio come affermazione di sé a dispetto di ciò che lo impedisce (come la paura della morte, a cui noi possiamo aggiungere la paura e il disgusto di tutto ciò che ci richiama alla mente la nostra mortalità): quest’autoaffermazione non è egoismo, bensì “un retto amor di sé” (cfr. sermone 8). Lo psicanalista tedesco Erich Fromm (1900 – 1980) ha dimostrato che la giusta specie di amore di sé e la giusta specie di amore degli altri sono interdipendenti” (pag. 220). Non a caso Fromm era di origine ebraica e la Bibbia ebraica invita proprio a questo comandamento: “Ama il prossimo tuo come te stesso” (Levitico 19: 18, ricordato nei Vangeli dall’ebreo Gesù come il più importante fra i dieci). “Il coraggio ci rende capaci di affrontare qualunque paura”. “Il coraggio è la decisione interiore di andare avanti a dispetto di ostacoli e situazioni spaventose”, mentre la viltà è il lasciarsi dominare dalla paura. E “la paura si domina con l’amore”: “Non vi è paura nell’amore. Colui che ha paura non è perfetto nell’amore” (1 Giovanni 4, 18). “L’odio è radicato nella paura”, come l’odio razziale (pag. 221). Esemplifica con le reciproche paure dei Paesi fra loro ed invita al disarmo basato sulla buona fede. Cita anche “timori irrazionali” come pei “matrimoni misti” e al rifiuto di pensare al problema delle relazioni razziali per “la morbosa paura dell’integrazione” (pag. 224) come una fuga dalla realtà delle cose. “Una volta fanciullo indifeso, il negro è ora cresciuto politicamente, culturalmente ed economicamente. Molti bianchi temono la rappresaglia”. “Solo con la nostra aderenza all’amore e alla non-violenza si mitigherà la paura nella comunità bianca” (pag. 223). “Una fede religiosa positiva non ci offre l’illusione che noi possiamo essere esenti dal dolore e dalla sofferenza, né c’infonde l’idea che la vita sia un dramma di puro conforto e tranquilla agiatezza: c’infonde, piuttosto, l’equilibrio interiore necessario per affrontare sforzi, pesi e paure che s’incontrano inevitabilmente, e ci assicura che l’universo è degno di fiducia e che Dio se ne prende cura” (pag. 226). “La fiducia che Dio si prende cura dell’individuo è di tremendo valore nel curare la malattia della paura, perché ci dà un senso di dignità, di appartenenza, e di essere a casa propria nell’universo” (pag. 229).


Sermone/15
Il Gemello dell’Ingiustizia Razziale è l’Ingiustizia Economica
Nel romanzo The Help il prestito negato da Hilly
alla domestica madre del figlio studioso
che fa rinchiudere in prigione per il furto di un anellaccio
La domestica di Hilly si sente negare un prestito d'onore per poter
pagare la retta del figlio studioso. 

In quest’ultimo sermone della serie antologica, King parla del suo percorso di studi sino al crescere del suo progressivo “interesse per l’etica sociale” nel guardare all’attualità: “Consideravo la segregazione al tempo stesso razionalmente inesplicabile e moralmente ingiustificabile: non potevo accettare di dover sedere nel retro di un autobus o nella sezione segregata di un treno; la prima volta che mi ero seduto dietro una tenda in una carrozza ristorante, avevo sentito come se la tenda fosse stata abbassata sul mio io. Appresi anche che il gemello inseparabile dell’ingiustizia razziale è l’ingiustizia economica; vidi che i sistemi di segregazione sfruttavano sia il negro che i bianchi poveri” (pag. 267): abbiamo letto in “The Help” che non esisteva il salario minimo, che le tate e domestiche erano sottopagate e che ad una fedele domestica che vorrebbe mandare il figlio studioso all’università viene negato il prestito (The Help, pag. 298).
Il giovane King, amato e sostenuto dalla famiglia, della classe media, studia teologia cristiana e prende esempio dalla protesta del politico indiano Gandhi (1869 – 1848): “Cristo forniva lo spirito e i motivi, Gandhi forniva il metodo” (pag. 269).  Detto il Mahatma, dopo l’esperienza in Sudafrica ed il carcere per le sue campagne (come quella di boicottaggio delle merci britanniche), Gandhi fu eletto presidente del partito – leader nella lotta per l’indipendenza dalla Gran Bretagna.
“Sono stato rinchiuso nelle prigioni dell’Alabama e della Georgia dodici volte; due volte la mia casa è stata colpita dalle bombe. Raramente passa un giorno che la mia famiglia ed io non riceviamo minacce di morte; io sono stato vittima di un’aggressione quasi fatale”: anche lui, come i cristiani dei primi secoli, è stato perseguitato. Si trova dinanzi a due maniere di rispondere alla sua situazione di “immeritata sofferenza”: “o reagire con risentimento, o cercare di trasformare la sofferenza in una forza costruttiva” (pag. 272). Estende la nonviolenza anche alle relazioni internazionali, e tiene a precisare che il suo è realismo (appunto, il “realismo cristiano” del sermone 10) e non ideologia: “Io non sono un pacifista dottrinario, ma ho cercato di abbracciare un pacifismo realistico, che considera la posizione pacifista come il male minore” (pag. 271). Nel 1964 riceverà il Premio Nobel per la Pace.

Il Sermone I Have a Dream: il Sogno Americano di King
In Memoria di Lincoln e della Costituzione
“Tutti gli Uomini sono Creati Uguali”
“Omaggio ai Neri che hanno affrontato il Carcere
Per la Disobbedienza Civile e ai Bianchi che sono venuti qui”
Cita tre volte il Mississippi
Martin Luther King pronunzia lo storico discorso che sarebbe stato ricordato
col titolo "I Have a Dream", "Io ho un Sogno". 

In questo storico discorso (che cito dal libro “I Have a Dream”, collana “I Classici del Pensiero Libero” allegata al “Corriere della Sera”, Rizzoli, Milano 2010), pronunziato al Lincoln Memorial il 28 agosto 1963 in occasione del centenario del Proclama di Emancipazione, King cita tre volte proprio lo stato del Mississippi.
King è consapevole del numero di persone: “Questa passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro Paese. Cent’anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. (…) Ma cent’anni dopo, il negro non è ancora libero” per via della “segregazione” ed è “esiliato nella sua stessa terra”. 

(Malcom X invece parla di “Farsa su Washington” e così interpreta, l’anno dopo, quell’evento storico: “Dopo il Proclama sull’emancipazione, invece di essere schiavi del bestiame diventammo schiavi salariati”, pag. 64 dello stesso volumetto). Si appella alla Costituzione del 1776 (come ha fatto la Corte Suprema con la sentenza del 1955 che dichiarò incostituzionale la segregazione sugli autobus): “Quando gli architetti della repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono un “pagherò” del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo “pagherò” prometteva che tutti gli uomini, sì, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei princìpii inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità” (pag. 25). “Questo è il tempo di rendere giustizia a tutti i figli di Dio”, e lancia per l’ennesima volta il suo appello alla nonviolenza dopo i tanti scontri con la polizia in varie città d’America: “Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica”. Dare il beneficio del dubbio: “Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato al nostro” (concetto che riprende le parole di Lincoln, citate nel sermone 7). “Ci sono quelli che domandano a coloro che rivendicano i diritti civili: “Quando vi riterrete soddisfatti?” Non saremo mai soddisfatti sinché il negro sarà vittima degl’indicibili orrori a cui viene sottoposto dalla polizia. (…) Non potremo mai essere soddisfatti sinché i nostri figli saranno derubati della loro dignità da cartelli che dicono: “Riservato ai bianchi”. Non potremo mai essere soddisfatti sinché i negri del Mississippi non potranno votare” (a causa delle intimidazioni, ndr) “e i negri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare” (pag. 27). “Non ho dimenticato che alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere” (con riferimento a coloro i quali hanno fatto disobbedienza civile, ndr). “Siete voi i veterani della sofferenza creativa”. “Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel South Carolina; ritornate in Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà”, promette, citando gli stati razzisti del Sud. “Ho sempre dinanzi a me un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano”, che un bel giorno “questa nazione vivrà sino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali” (cita l’incipit della Costituzione del 1776 scritto dal padre fondatore Thomas Jefferson). “Io ho dinanzi a me un sogno, che un giorno persino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia. Io ho dinanzi a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere” (pag. 28).


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Coretta King: “L’Omofobia è come il Razzismo 
e l’Antisemitismo: nega l'Umanità.
Matrimonio Gay Nuova Frontiera dei Diritti Civili”
"L'OMOFOBIA è COME IL RAZZISMO E L'ANTISEMITISMO", disse
la vedova King, schierandosi per l'estensione del matrimonio ai gay.

Sua moglie Coretta (1927 – 2006) era nata in Alabama (come Rosa Parks), sua nonna materna era un’ex schiava che faceva la levatrice. Studentessa eccellente, studiò musica, si diplomò in violino, e divenne famosa sia come cantante sia come attivista per i diritti civili. Tramite una loro comune amica, conobbe l'aspirante reverendo King a Boston, in conservatorio. Bastarono due settimane di frequentazione perché Martin Luther King decidesse che quella era la donna che desiderava. I loro appuntamenti consistevano in discussioni di politica. Coretta dichiarò che Martin gli rammentava molto suo padre. Il matrimonio fu celebrato da Martin Luther King Sr. I neosposini si trasferirono a Montgomery (Alabama) ove King scelse di fare il pastore a tempo pieno nella chiesa battista e Coretta ha fatto la scelta di sacrificare la sua carriera come cantante per dedicarsi all’impegno civile e alla famiglia: ebbero due figli. 
Quando King fu incarcerato, fu Kennedy in persona a chiamarla per darle il suo sostegno morale. Dopo l’assassinio del marito, Coretta (che aveva anche un caro amico gay) divenne attivista anche per i diritti dei gay sin dal 1983, in tempi in cui non andava di moda, e contro la guerra in Vietnam. “L’Omofobia è come il Razzismo e l’Antisemitismo ed ogni forma di bigottismo che tenta di deumanizzare un vasto numero di persone, negare la loro umanità, la loro dignità e personalità. Mi appello a tutti quelli che credono nel Sogno di Martin Luther King di fare posto (make room) al tavolo della fratellanza e della sorellanza alle lesbiche e ai gay”. Dal 2004 è a favore del matrimonio gay. Contro il Presidente Bush Jr ha detto: “I gay hanno famiglie, e le famiglie dovrebbero avere protezione legale. Un emendamento costituzionale che bandisca le nozze fra persone dello stesso sesso è una forma di omofobia (gay bashing)”. Questo suo sostegno alla causa è stato aspramente criticato da molti pastori neri e da sua figlia. Nel referendum in California, la maggioranza degli afromericani si è schierata coi mormoni per votare contro il matrimonio gay. A Martin Luther King si è ispirato anche un importante attivista gay per i diritti civili, Dick Leitsch, della Mattachine Society, grazie alle cui battaglie la polizia rinunziò alle tecniche di "entrapment", ossia di adescamento a scopo di arresto: ne parleremo in occasione del film "Stonewall". 
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LYNDON JOHNSON
Il Cowboy del Sud divenuto per Caso il “Presidente dei Diritti”


Lyndon Johnson (1908 - 1973), marginalizzato come vice da Kennedy divenne (dopo l’omicidio a Dallas da parte di un ex marine convertitosi al comunismo filocastrista) “il Presidente dei diritti civili”, della “guerra alla povertà” e della “Great Society, basata sull’”abbondanza di libertà per tutti”. Si dimostrò all’altezza di Lincoln e non solo per la statura fisica (un metro e novantacinque) bensì anche per la statura morale e politica: col Presidente ha in comune il contributo per la liberazione dei neri. 
Lyndon Johnson firma il Civil Rights Act del 1964. 

Texano (come la moglie) di Stonewall, imprenditore agricolo, già Senatore, ex collaboratore di Roosevelt, il Presidente del New Deal, alle primarie del Partito Democratico fu sconfitto da Kennedy che lo scelse come vice. Egli “conosceva il capitale politico investito nella reputazione del predecessore e lo sfruttò, persuadendo il Congresso a far passare una legislazione che faceva avanzare la causa dell’eguaglianza razziale come un tributo alla memoria di Kennedy” (Jon Roper, “The Illustrated Encyclopedia of the Presidents of America”, Hermes House, London 2008, pagg. 207 – 208): "Nessun’orazione commemorativa o più eloquente elogio potrebbe onorare la memoria del presidente Kennedy che il passaggio, prima possibile, della proposta di legge per i diritti civili per i quali ha combattuto così a lungo".
La First Lady.
Scaduto il mandato, nel 1964 si ricandidò vincendo col 61,1% dei voti, conquistando 44 stati su 50, una delle vittorie più schiaccianti della storia americana, e facendo approvare il Civil Rights Act: “il più radicale dalla Ricostruzione, il cui architetto era un presidente che proveniva da un ex Stato confederato” (“The Illustrated Encyclopedia of the Presidents of America”, cit., pag. 209). Nel 1965 fece approvare le prime leggi di copertura sanitaria per gli anziani ed indigenti (Medicare e Medicaid, come integrazione del Social Security Act di Roosevelt, del 1935), le prime ed uniche sino all’Obamacare (che dà diritto/dovere di stipulare, contrattandola sul libero mercato, una polizza d’assicurazione con prestazioni minime garantite nelle cure mediche al prezzo più vantaggioso).
Furono una serie di episodi, come l’arresto di massa di rabbini più grande della storia e dell’anziana madre 72enne del governatore del Massachusetts nonché vari omicidi e pestaggi e attentati dei terroristi del Ku Klux Klan, a mostrare all’opinione pubblica quanto fosse necessario il varo delle leggi sui diritti per ristabilire la pace sociale.
Lady Bird Johnson 

Leggenda vuole che, quando appoggiò la penna, Johnson disse ad un aiutante, riferendosi al Partito Democratico: “Abbiamo perso il Sud per una generazione”. Per dare un segnale verso la desegregazione, nominò il primo giudice della Corte Suprema afroamericano, l’avvocato Thurgood Marshall (1908 – 1983) che aveva già vinto in tribunale nello storico caso Brown v. Board of Education (Brown contro l’ufficio scolastico di Topeka, 1954, sentenza 347 U.S. 483) che dichiarò incostituzionale la segregazione nelle scuole pubbliche. Johnson inviò l'esercito per sedare le rivolte ma anche per proteggere la popolazione di colore dalle rappresaglie negli stati del Sud (come il Mississippi del film The Help).
Nel 1965 firma la legge sul voto, che proibisce agli Stati pratiche e procedure che rendano impraticabile o complicato esercitare tale diritto bandendo anche ii test di alfabetizzazione come requisito per le liste elettorali. Nel Civil Rights Act del 1968 (Fair Housing Act) si proibisce la discriminazione nell'acquisto, affitto o richiesta di finanziamento per l'acquisto di un alloggio sulla base di differenze di razza o paesi d'origine. 
Medaglia Presidenziale della Libertà 

Nel suo discorso del 6 agosto 1965 disse: “Non c’è spazio per le ingiustizie nella dimora degli americani. Ma c’è sempre spazio per la comprensione di chi guarda il crollo delle antiche usanze. E a loro, oggi dico semplicemente questo: deve succedere. E’ giusto che succeda. E quando accadrà, vi accorgerete che un peso è stato tolto anche dalle vostre spalle” (concetto che richiama proprio quello di un discorso di Lincoln ed un sermone di Martin Luther King). Scaduto il secondo mandato, Johnson si ritirò nel suo ranch e fece vita da tipico allevatore di bestiame nel suo paese natio.  Come Wilson, che si prodigò per la pace in politica estera, ebbe la colpa della segregazione in politica interna, così Johnson, che si prodigò per la desegregazione in politica interna, ebbe la responsabilità della cattiva scelta nella guerra in Vietnam: nonostante fosse per la pace ed il ritiro, come ammise egli stesso, cedette alle apparenze e per non apparire un codardo e un “appeaser” proseguì nel disastro che aveva ereditato dalle precedenti amministrazioni. Nel film “The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca” (2013), è stato interpretato da Liev Schreiber.

Il ruolo del Caso nella Storia:

Quando le Tragedie del Terrore

divengono Occasioni per il Bene

I casi di Kennedy e Zapatero a Confronto

Lyndon Johnson giura due ore e mezza dopo l'assassinio di Kennedy


La storia dell’inattesa sostituzione di Johnson a Kennedy ci offre anche lo spunto per riflettere sul ruolo delle fatalità nella Storia (Storia che incide poi nei destini delle singole persone). Il formulare ipotesi su come sarebbe andato il corso degli eventi in circostanze diverse si chiama “psycho-history” (“la Storia fatta con i Se”). Se Al Qaeda non avesse colpito nel marzo 2004 il metrò di Madrid, pochi giorni prima delle elezioni politiche (uccidendo 191 persone) e l’allora Premier uscente Aznar (leader del Partido Popular) non avesse annunciato la falsa notizia di essere certo che fosse opera dell’ETA, suscitando così, una volta scoperta ben presto la responsabilità di un marocchino islamico, la rabbia degli elettori spagnoli, spostando così i voti (di protesta, secondo i più fra gli analisti politici) verso il partito avversario, il PSOE (che aveva in programma l'estensione del matrimonio ai gay), chissà quando sarebbe stata fatta questa storica riforma.  Anche perché all’epoca i socialisti erano dati in svantaggio, e probabilmente avrebbero perso le elezioni. Un male assoluto come il terrorismo islamico ha portato vantaggio al partito, e sappiamo com’è poi andata: c'è stata una stagione di riforme radicali sotto la premiership di Zapatero (2004 – 2008), in sèguito ricandidato e riconfermato (2008 – 2011), proprio come nel caso di Lyndon Johnson.

Analogamente, quando il 22 novembre 1963 il Presidente John Fitzgerald Kennedy fu ucciso da un comunista squilibrato, prese il suo posto un personaggio nel momento più basso della sua carriera politica (e la cui ricandidatura alla vicepresidenza era messa in dubbio): Lyndon Johnson. Anche in questo caso, un attacco terroristico ha segnato l’emergere di un politico non carismatico, inaugurando così anche qui una stagione riformista che ha gettato le basi per l’attuale Presidente, Barack Obama.  In entrambi i casi, in Spagna e in America, al Terrore sono seguite buone politiche riformiste.  Allora è interessante e affascinante osservare quanti esempi ci sono nella Storia in cui il Caso (inteso come un evento imprevisto ed imprevedibile come appunto gl’improvvisi omicidi ad opera dei terroristi), appunto, ha giuocato un ruolo decisivo per il destino (delle minoranze) di un Paese.



Leadership Compassionevole

Lady Bird Johnson, da Second Lady a First Lady

Tenne i Comizi nel Sud Razzista al posto del marito

Trasformò l’America

disseminò Fiori, Compassione e Speranza

CON GLI AMATI FIORI: Lady Bird Johnson
davanti alla Casa Bianca. 


Dopo che il Presidente firmò nel 1964 il Civil Rights Act, fu Lady Bird Johnson (1912 – 2007), la First Lady (1963 – 1969), a recarsi (col suo treno) tenere i comizi come rappresentante del marito (a rischio attentati razzisti) in 47 città consecutive in cinque giorni. Anche lei texana, di fede episcopaliana, due lauree (arte e giornalismo), aveva già svolto un importante ruolo nella prima campagna elettorale presidenziale del marito e di Kennedy perché Jacqueline K. era incinta: fu dapprima, quindi “Second Lady”, dopo Jackie. A differenza della moglie del presidente ucciso, non fu muta e non pensava soli ai vestiti, bensì molto attiva. La coppia era coi Kennedy a Dallas quando JFK fu ucciso: due ore e mezza dopo, Johnson prestò giuramento. Lady Bird Johnson era un’ambientalista che migliorò l’estetica della capitale, facendo piantare milioni di fiori: “Ove germogliano i fiori, germoglia la speranza”. Col Premio Oscar Helen Hayes creò un’organizzazione non profit per la reintroduzione di piante autoctone. Fu lei a creare l’attuale Ufficio della First Lady pensando che anche la moglie del Presidente meritasse un ruolo. Dopo la morte per infarto del marito, rimase attiva in vari campi (incluso il consiglio di Università del Texas e del National Park Service) e fu la prima donna alla National Geographical Society.  Fu protetta dai Servizi Segreti per quarantaquattr’anni, più a lungo di chiunque altro nella Storia. Ricevette la Medaglia Presidenziale della Libertà dal Presidente (1974 – 1979) Gerald Ford (1913 – 2006), un repubblicano, anch’egli di fede episcopale, che di lei disse: “Ha reso il governo umano con la sua compassione unica e la sua grazia, il suo calore e la sua saggezza. La sua leadership ha trasformato il paesaggio americano e preservato la sua bellezza naturale come un tesoro nazionale”.  Amaro il raffronto con un’Italia che non ha mai avuto un’autentica first lady. Molta della mancanza di compassione della nostra politica su troppi temi deriva anche da questa mancanza di figure portatrici di un’autentica cultura femminile.



COPPIE FORTI UNITE DALLA POLITICA
Rosa Parks, Lady Bird e Coretta King:
attiviste per i Diritti come i loro Mariti
 
UNITI. Lyndon Johnson e sua moglie Lady Bird 
Così come Rosa Parks e suo marito Raymond erano entrambi membri attivisti del NAACP, così come Lyndon Johnson e sua moglie Lady Bird si battevano per i diritti civili e lei andò a tenere i comizi al posto del marito Presidente, così anche Martin Luther King e sua moglie Coretta furono attivisti della stessa organizzazione, il cui acronimo significa “National Association for the Advancement of Coloured People”, sin da prima di conoscersi tramite una comune amica. Queste coppie forti ricordano un’altra coppia di attivisti, il filosofo liberale britannico John Stuart Mill (1806 – 1873, autore del grande classico del liberalismo On Liberty, che abbiamo citato sopra) e la sua compagna di vita (che dopo ventun’anni di relazione sposò), Harriet Taylor (1807 – 1858), con cui elaborò il suo pensiero politico per l’estensione del diritto di voto alle donne, la parità dei sessi nel diritto di famiglia e la liberazione dei neri nel saggio On the Subjection of Women (La servitù delle donne, 1869).  Sia Corette sia Lady Bird, poi, vedove dei marito, continuarono la loro attività, una in favore dei diritti delle persone gay, l’altra come ambientalista.


LE TAPPE DELLA LIBERAZIONE degli AFROAMERICANI



Dal 1500: Istituita la “servitù debitoria” (contratto fra il nero e il bianco per pagare il debito del viaggio verso l’America) a partire dai Caraibi, poi estesa anche ai bianchi europei.

1619: i neri africani sono portati come schiavi in America a lavorare nelle piantagioni (“Tratta degli Schiavi”). Nel 1641 il Massachusetts è il primo stato a legalizzare la schiavitù.

1676: dopo una Rivolta, a Bacon, la Virginia sostituisce la servitù debitoria con la Tratta degli Schiavi.
1691: vietate le nozze miste in Virginia. 1692: vietate nozze miste in Maryland.

1775: nasce la prima associazione abolizionista, di cui è presidente Benjamin Franklin (1706 – 1790), padre fondatore degli Stati Uniti, scrittore, giornalista, politico, scienziato, inventore.

1777: il Vermont è il primo Stato ad abolire lo schiavismo.

1787: vietata la schiavitù negli stati nel Nordovest

1807: il Congresso abolisce la Tratta degli Schiavi



Gl’intellettuali


1829: l’abolizionista di colore David Walker pubblica "David Walker's Appeal To the Coloured Citizens of the World".
1831 nasce “The Liberator”, settimanale abolizionista del bianco William Lloyd Garrison, fondatore dell’American Antislavery Society di NY (1833 – 1870)

1847 nasce “North Star” dell’ex schiavo Frederick Douglas, primo candidato afroamericano alla vicepresidenza (accanto alla prima donna candidata presidente, Victoria Woodhull) e ammiratore di Garrison dalle cui posizioni poi si stacca: D. interpreta la Costituzione come antischiavista
1848: Henry David Thoreau, teorico della disobbedienza civile, tiene la conferenza “Resistance to Civil Government” per protestare contro lo schiavismo del Massachusetts. Sarà pubblicata postuma col titolo "Civil Disobedience" e ispirerà Martin Luther King. 
1852: la scrittrice del Connecticut Harriet Beecher Stowe pubblica il bestseller La capanna dello zio Tom contro la legge del Congresso Fugitive Slave Law (1850) che obbligava a denunziare gli schiavi fuggitivi e costringeva gli Stati abolizionisti a restituirli (stessa battaglia di Thoreau). 


Anni Sessanta



1861 – 1865: La Guerra di Secessione Americana (Guerra Civile Americana) scoppia in sèguito alla rivolta di 11 Stati del Sud (“Stati Confederati d’America”, incluso il Mississippi, ove i neri non possono nemmeno sposarsi fra loro) contro l’elezione del repubblicano antischiavista Abramo Lincoln, dopo quattr’anni s’arrendono

1 gennaio 1863: Lincoln Proclamazione di Emancipazione

1865: XIII Emendamento alla Costituzione proibisce la schiavitù (i lavori forzati restano come sanzione penale)

1866: Civil Rights Act riconosce cittadinanza a tutti i neri nati negli USA. Nasce il Ku Klux Klan, formato da razzisti bianchi protestanti ex veterani della Guerra di Secessione.

1868: XIV Emendamento concede “equal protection” (godere di eguale protezione della Legge): su questa clausola si appoggerà la sentenza Brown v. Board of Education.



Anni Settanta



1870: XV Emendamento accorda il diritto di voto agli afroamericani

1875: Civil Rights Act proibisce la segregazione in vari àmbiti ma non sulla scuola.

1876 – 1965: Leggi Jim Crow nei vari Stati del Sud instaurano la segregazione razziale (cfr. The Help)

Anni Ottanta

1880: Corte Suprema sancisce che i neri non siano esclusi dalle giurie popolari
1883: Corte Suprema dichiara incostituzionale il Civil Rights Act 1875

1896: Sentenza Plessy v. Ferguson. Con un’interpretazione restrittiva del XIV Emendamento, la Corte Suprema conferma legge della Louisiana che impone la segregazione nelle ferrovie col principio “separate but equal” (separàti ma eguali). Sinché le sue razze si vedono offrire pari condizioni di trattamento, il Congresso non può proibire la segregazione agli Stati. Contrario solo il giudice John Marshall Harlan (1899 – 1971). “E’ una nuova forma di schiavitù”, dirà Martin Luther King.
1898: William v. Mississippi. Per la Corte Suprema i test di alfabetizzazione per il voto non sono discriminatori.

1913: s’insedia il Presidente Wilson (democratico) che introduce la segregazione negli uffici governativi di Washington tradendo così le promesse agli afroamericani. 
1924: il Racial Integrity Act dello Stato della Virginia bandisce le nozze miste (bianchi e neri non possono sposarsi fra loro)
1938: la Corte Suprema impone l’ammissione di uno studente nero in un’università bianca in Missouri.
1948: abolita la segregazione razziale nelle forze armate.
1951: class action (azione legale collettiva) di un gruppo di genitori di studenti neri vs lo stato del Kansas. Il giudice nero Marshall, avvocato della NAACP (National Association for the advancement of coloured people).  Harlan si ribella al “separati ma uguali” (“falsa dottrina, buona per gl’ingenui”)

UN UOMO CORAGGIOSO.
La nomina di Warren segna una svolta: storica la
sentenza in cui usava argomenti di scienza psicologica
per dichiarare incostituzionale la segregazione nelle scuole.
1954: muore un giudice segregazionista e il Presidente repubblicano (1953 – 1961) Eisenhower (1890 – 1969), conservatore liberale, nomina un giudice di sua fiducia, l’ex governatore repubblicano della California Earl Warren (1891 – 1974, Medaglia Presidenziale della Libertà) come Chief Justice (Presidente Corte Suprema), contro la segregazione, che riuscirà ad allineare gli altri nella sentenza Brown v. Board of Education (Brown contro l’ufficio scolastico di Topeka, 1954, sentenza 347 U.S. 483) che dichiarò incostituzionale la segregazione nelle scuole pubbliche.
La sentenza del 1896 (separàti ma uguali) non vale per l’istruzione (quasi inesistente all’epoca di fine Ottocento in cui fu scritta), bisogna applicare l’equal protection. Scrive Warren: “La politica di separazione delle razze è generalmente come denotante l'inferiorità dei Neri. Questa sensazione d'inferiorità colpisce la motivazione dei bambini ad apprendere. [La segregazione] priva [i Neri] di certi vantaggi che otterrebbero da un sistema scolare razzialmente integrato”. La decisione è una novità culturale perché cita poco la Costituzione e cita invece la scienza psicologica. E’ bella corta e la stampa può ampiamente riprenderla al fine di farla ben comprendere all’opinione pubblica. E’ rimasto celebre un editoriale del “Daily News” di Jackson, la cittadina di The Help: “Potrebbe ben essere che il sangue scorra in molti posti nel Sud a causa di questa decisione, ma saranno gli scalini di marmo bianco dell'edificio della Corte suprema che saranno sporcati da questo sangue. Mettere bambini neri e bianchi nelle stesse scuole porterà al meticciato, il meticciato porterà ai matrimoni misti, e i matrimoni misti porteranno all’imbastardimento della razza umana”.

1955: Rosa Parks (1913 – 2005) dice No a un autista bianco: non cederà il posto in autobus: arrestata per violazione delle leggi cittadine a Montgomery. Il giorno dopo scatta il boicottaggio degli Autobus da parte dei neri. Storica sentenza della Corte Suprema che dichiara incostituzionale (illegale) la segregazione razziale ma ci sono stati (nel Sud) che permangono nell’illegalità.
1957: rivolta di Little Rock (Arkansas), il Presidente Eisenhower dà un soldato come bodyguard a ciascuno dei 9 bimbi neri che vogliono iscriversi ad un liceo bianco. Il governatore fa chiudere la scuola, il giudice ordina di riaprirla.
1958: un giudice condanna i coniugi Mildred e Richard Loving (lei nera, lui bianco) a lasciare lo Stato della Virginia, e decreta nulle le loro nozze. In caso contrario, 5 anni di carcere. 
1960: campagna elettorale di Kennedy che reca come testimonial la moglie di Martin Luther King (che si trova in prigione).
20 gennaio 1961: eletto il primo Presidente cattolico, Kennedy col voto del 70% dei neri. Non finirà il mandato: assassinato.
28 agosto 1963: Marcia su Washington, la capitale, con in prima fila Martin Luther King che pronunzia lo storico discorso “I have a dream”. 80% dei partecipanti che sfilano sono afroamericani.
22 novembre 1963: il Presidente Kennedy viene ucciso a Dallas dagli spari di un uomo. Gli subentra il vice Lyndon Johnson.
1964: Civil Rights Act del Presidente Lyndon Johnson, su un ddl di JFK, abroga le leggi Crow cioè la segregazione razziale.
1965: Marcia su Montgomery e Voting Rights Act del Presidente Lyndon Johnson
1967: Loving v. Virginia, la Corte Suprema dichiara incostituzionale il Racial Integrity Act del 1924 sulla base del XIV Emendamento, cade il divierto di nozze interrazziali in tutti gli Stati USA. Vincono così i coniugi Loving. 
1968: Fair Housing Act di Johnson
1978: Ricorso degli studenti bianchi scartati in favore di neri: la Corte Suprema sentenzia che la varietà razziale è obiettivo legittimo, quindi OK l’affirmative action (quote per le minoranze razziali). Nelle application forms (domande d’ammissione) negli atenei USA viene richiesta la razza.
1984: prima serie Tv ambientata in una famiglia borghese afroamericana, I Robinson.

Duemila

2008: Barack Obama, Senatore che votò No alla guerra in Iraq, vince le primarie del Partito democratico e nel 2009 è eletto Presidente degli Stati Uniti: è il primo presidente afroamericano.
Il Presidente Barack Obama riceve due genitori gay col loro figlioletto

Maggio 2012: Obama in un’intervista Tv dichiara di aver mutato idea sulle nozze gay grazie all’esperienza delle figlie Maya e Sasha che frequentano una scuola quacchera con compagni di classe figli di coppie gay.
2012: rieletto Barack Obama anche grazie al sostegno dei gay americani.
2014: storica sentenza della Corte Suprema americana paragonabile a quella del 1955: incostituzionale vietare le nozze gay.

Numerose furono le rivolte tutte represse nel sangue.


Il ruolo dei Giudici, dei Politici e della Società Civile
Candy e Darlene spose a Washington

Questa storia della liberazione c’insegna il coraggio morale (Lincoln, Luther King e Kennedy uccisi) e che questi risultati sono stato raggiunti tramite il contributo di tutte le varie parti in cui si compone una Nazione:
-       La partecipazione attiva della Società Civile sia dei bianchi (come Franklin e Lloyd Garrison) sia dei neri (la disobbedienza civile di Rosa Parks, le iniziative di boicottaggio, le prediche di Martin Luther King, la Marcia su Washington, il dialogo con la politica, le cause in tribunale per Rosa Parks); fare ricorso, da parte di uno studente nero, per il diritto d’iscriversi ad una scuola bianca era un atto di grande coraggio; il contributo del Cristianesimo nella predicazione di Martin Luther King;

-       La Politica: il ddl Civil Right Act del Presidente Kennedy, portato a compimento da Lyndon Johnson, il Voting Rights Act di Johnson;
- La Magistratura: la storica sentenza della Corte Suprema sul caso Parks e le seguenti.

Quindi anche noi membri della società civile siamo chiamati in causa per dare il nostro contributo con compassione e creatività che realizzi la nostra ed altrui umanità.

Così come decisiva fu la nomina da parte di Eisenhower del giudice Warren per quella storica sentenza del 1954, così decisivo è stato il ruolo del Presidente anche nel caso di Obama, quando ha nominato la cattolica Sotomayor e l’ebrea Kagan come supremi giudici: il loro Sì è stato determinante per la storica sentenza che ha giudicato incostituzionale la legge di Bill Clinton che proibiva i matrimoni gay (http://lelejandon.blogspot.it/2013/06/la-gioia-la-speranza-le-campane-festa.html): le due donne  hanno votato Sì assieme al cattolico Anthony Kennedy (che nel 1998 bandì le leggi antisodomia nella sentenza Lawrence v. Texas) ed all’ebrea Ginsburg, ispirandoosi al V Emendamento che protegge le “eguali libertà delle persone”, contro i quattro colleghi (tutti uomini, di cui un afroamericano) che hanno votato No.
Una curiosità: la grande chiesa ove Martin Luther King (1929 – 1968) tenne la sua ultima predica dal pulpito, prima di essere assassinato, la Cattedrale Nazionale di Washington (episcopaliana, la congregazione di Matthew Fox) che già aveva nominato due vescovi apertamente gay ed aveva già un rito liturgico per le coppie dello stesso sesso, ha accolto la notizia col suono delle campane a festa per condividere la gioia con i fratelli e sorelle gay.  
LELE JANDON
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