martedì 28 gennaio 2014

Amsterdam: la Storia, gli Eroi, i Segreti...La Guida: Prima Parte

di LELE JANDON


Il Popolo che s'ostina a sfidare il Mare: senza dighe sarebbe sommerso,  la Forza della Natura ha colpito anche nel 1953
Dall'ingegneria idraulica alla scommessa persa dell'ingegneria sociale: l'esperimento fallimentare del multiculturalismo 


In cima alla Top Ten delle città da visitare nel 2013 secondo il New York Times”, c'è Amsterdam: "La Bella Olandesina", le cui strette stradine della parte più antica son protette dall'UNESCO. Apparentemente tranquilla, la città patrimonio dell'ONU nasconde segreti inconfessati; sulle sue strade serpeggiano tensioni nascoste, come se su certi problemi valesse quella scritta che qui campeggia sui treni: "si-prega-di-fare-silenzio". E' un Paese ben strano, l'Olanda: un Paese dalle bizzarre libertà, ove esporsi come merce da parte delle prostitute è normale nelle vetrine dinanzi alle chiese e drogarsi di droghe "leggere" è legale nei coffee shops, che non sono caffé, eppure dove i gay han tema di darsi la mano per la pubblica via; un Paese le cui chiese protestanti sono vuote e la cui comunità ebraica ha paura e ha voglia di andarsene; un Paese, infine, una cui importante e storica città, la Rotterdam di Erasmo, fra due anni l'Islam sarà maggioranza. Un Paese ove sono più importanti le apparenze, ove è prudente non apparire gay od ebreo, ove si preferisce non apparire "intollerante" (anziché essere rigorosi con tutti) anche se nella pratica la gente vive nella paura per strada per via dei pestaggi, ed ha tema di dire certe verità perché in questa città al centro della scena politica olandese pur non essendo la Capitale formale ci sono già stati (nel 2002 e nel 2003) due ben clamorosi omicidi "politici": quello di Pim Fortuyn e quello di Theo Van Gogh.  Entrambi barbaramente ammazzati per le loro civilissime tesi (una da destra e l'altra da sinistra) sulla moda ideologica del multiculturalismo di tanti che si credono progressisti. (E, se non fossero stati uccisi i primi due, forse avremo il terzo morto ammazzato: Ayaan Hirsi Ali, l'allora deputata liberale protetta con la scorta sinché non è stata cacciata per mezzo di un cavillo legalistico).
Un Popolo che dalla scommessa (vinta) dell’ingegneria idraulica che ha costruito il Paese -sottraendo i Paesi Bassi al Mare- è passato alla scommessa (persa) dell’ingegneria sociale che il Paese sta distruggendo ma per fortuna sta mutando rotta. E' un Paese che s'é spinto troppo oltre e pensando di “proteggere” le ragazze che si liberamente-scelgono-di-prostitursi (sic) con le pattuglie che ne proteggon l’incolumità fisica, ma non quella morale, psicosessuale: umana. E' un Paese ove uomini adulti gay (che uno s’immagina chissà quanto emancipati e per nulla nascosti) si rivelano inibiti da gruppetti di giovinastri islamici immigrati sicché non si senton più padroni a casa propria!

Eppure, è stato anche un Paese che (nel passato) ha dato al mondo personaggi eretici, contestatori di dogmi e di mode, dai suoi filosofi Spinoza ed Erasmo ai suoi sociologi, da Pim Fortuyn ad Ayaan Hirsi Ali: personalità forti che han contestato il dogma del multiculturalismo e persino un Papa che contestò il dogma dell’infallibilità del Papa stesso!
Un Paese che ha sfornato eroine come la coraggiosa donna cristiana che ha sfamato la famiglia clandestina dell'ebrea Anna Frank o come la donna giudea che, pur potendo salvarsi la vita, ha liberamente scelto di condividere la fine del suo Popolo durante l’invasione nazionalsocialista: Etty Hillesum.
E allora, per tentare di capirlo, questo strano Paese, partiamo dalle origini: partiamo dalla geografia e dalle radici cristiane e giudaiche di questa città famosa per le sue prostitute, gli assassini politici e la presunta libertà.

LA GEOGRAFIA. Divisa in due dal fiume Amstel (donde il suo nome, da “dam”, diga, come Rotterdam), da Amstel-Dam divenne Amsterdam, da villaggio di mille abitanti (nel Trecento) le cui prime case eran in legno ed argilla coperte da tetti di paglia (sinché dopo un incendio che rase al suolo il centro nel Quattrocento si mise al bando il legno) è diventata città da ottocentoventimila anime (nel Duemila): neanche un milione eppure così famosa. Questa pittoresca "Venezia del Nord”, donde lo scrittore gay Klaus Mann (Monaco 1906 - Cannes 1949) si disse “orrendamente affascinato”, è attraversata da una ragnatela di quattrocento canali (gracht) che formano un centinaio d'isole collegate fra loro da quattrocento ponticelli, che ricordano il capoluogo del Veneto e sono Patrimonio UNESCO dell'Umanità. Ha solo settecentoquarantamila abitanti ma è nota al mondo come altre piccole città come Verona. E' sita a due metri sul livello del mare in Olanda: un Paese che confina a Sud col Belgio, ad Est con la Germania, e conta solo 13 milioni di abitanti.
Infatti, i "Paesi Bassi" (per metonimia: l'Olanda, che ne è una regione) sono il regno delle terre basse: sulle carte geografiche ove si segnalan i livelli sul mare essi appaiono come una macchia verde, che significa depressione. Pressoché completamente pianeggiante e caratterizzato dal tipico paesaggio rurale coi mulini a vento (e, a maggio, dai tulipani), il polder (la striscia di terre olandesi strappate al Mare e ai laghi costieri) è pieno di casette sull'acqua, e ciascuna di queste belle casette ha il suo bel giardinetto che la separa dalle altre, il tutto costruito in maniera molto ordinata. Posso vedere questo panorama dal treno che mi reca in due gite fuori Amsterdam: ad Utrecht e all'Aja. Dice un proverbio locale: “Dio ha creato tutto il mondo, ma non l'Olanda. Questo Paese è stato creato direttamente dagli Olandesi” che lo han reso a loro immagine e rassomiglianza: utopistico, dal greco antico "utopia", ossia luogo-che-non-c'é. Ed infatti, l'Olanda non c'era, non esisteva: senza la protezione di mille kilometri di dighe artificiali a difenderlo, questo Stato nato dal Nulla, il cui nome, Holland, significa “Terra del Mare”, sarebbe per metà inondato per due volte ogni 24 ore, il 20% sarebbe immediatamente sommerso, e gran parte si troverebbe costantemente sott'acqua: nel 1421 (nella Notte di Santa Elisabetta) il Mare si mangiò venti villaggi sull'estuario della Mosa e diecimila persone affogarono; nel 1574 la Marea di Ognissanti si divorò centinaia di persone; il primo febbraio 1953, quand'erano ultimati i lavori di ricostruzione di ciò che avevan distrutto gl'invasori tedeschi nazisti (che avevan aperto le chiuse e così inondato il territorio occupato), durante una tempesta perfetta le dighe si ruppero, sommersero l'8% del territorio, affogarono 1800 persone e distrussero 30mila case.

I NUMERI MAGICI della Venezia del Nord: 400 canali, 400 anni, 881mila bici per 820mila abitanti, 500 kdi piste ciclabili
I ganci e le finestre, ciascuna incorniciata come un quadro a sé, prive di tende, dove si vede dentro: "Sennò sei sospetto"

Gli uncini tipici delle case di Amsterdam.
Amsterdam s'attraversa con una sola passeggiata e, a differenza di Berlino (che fu molto bombardata in guerra e che quindi conserva poco del suo passato), è tediosa e più che pei giovani direi è adatta agli anziani, agli obesi che voglion dimagrire camminando e ai pensionati; ma in compenso, esteticamente, ha un suo tessuto urbano: una sua coerenza interna, come vedete da queste fotografie. Le tradizionali case son strette ed alte, dai frontoni spesso a timpano o ad arco ribassato, o dalle ampie cornici chiare. Nota nella sua Guida la scrittrice (una specialista dell'olandese Vincent Van Gogh) Viviane Forrester (Parigi 1925 - aprile 2013): “Ciò che distingue Amsterdam non sono tanto i canali, quanto le finestre dai contorni sottolineati, disegnati, le finestre incorniciate come altrettanti quadri e il cui insieme forma su ogni facciata un altro quadro ancora, ogni volta diverso” e che sono rese necessarie per la captazione della luce: nei Paesi nordici, la vita si svolgeva perlopiù dentro casa, le ore di luce erano poche. Vero, e soggiungo: un altro particolare architettonico tipico degli edifici di Amsterdam sono i ganci, gli uncini che dal 1400 – 1500 sporgono dal tetto e sfruttano l'inclinazione delle facciate per permettere il sollevamento di mobili preziosi oppure i famosi tuberi d'Olanda da piantare nei giardini (fiori anche da esportazione che erano status symbol, come quadri o dorature) o con cui i ricchi borghesi decoravano la propria casa e per evitare che si rovinassero essi e le facciate, appunto, oppure per trasportare le granaglie agli ultimi piani, dato il rischio costante d'inondazioni imprevedibili.
Altra caratteristica curiosa di Amsterdam sono le finestre spalancate, senza tende, di primavera ed estate: se passeggi la sera quand'é buio, vedi tutto ciò che succede dentro: "le tende sarebbero sospette", mi spiega uno di qui. Ben strani, questi olandesi. Nel Paese delle "libertà" non regna certo la privacy, a quanto pare.
Il più interessante di tutti gli “hofie” (i complessi di case attorno ad un cortile) c'è il Begijnhof, la corte delle beghine formata da casette di mattoni marrone scuro, del Trecento (l'ultima beghina è morta nel 1971): ci vivono donne single, perché qui c'è spazio per tutti gli stili di vista estremi, dalle donne pubbliche-per-scelta (che ricercano clienti battendo i pugni sulle vetrine) sino alle zittelle-per-scelta (che non voglion stare con nessuno ma voglion solo starsene in pace qui).  Sempre a proposito di architettura, il Teatro Tuschinski (del 1921) è il cinema più ben conservato dell'epoca dei film in bianco e nero: non è art décoliberty, è “stile Tuschinski” (foto accanto).


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Il sociologo Pim Fortuyn: "Così la Bici ci rese Liberi di Scoprire l'Olanda, un Paese di ciclisti"


Un importante fattore di mobilità, che permise di viaggiare anche a chi non era viaggiatore per professione, fu la bicicletta. Sin dalla sua introduzione, questo mezzo di trasporto godette di grande popolarità. Nel periodo fra le due guerre l’Olanda divenne rapidamente un paese di ciclisti. Ciò poté avvenire così rapidamente perché la bicicletta è un mezzo il cui acquisto e manutenzione sono relativamente poco costosi. Richiede solo forza muscolare e non consuma carburante. Per questo in breve tempi la bicicletta divenne il mezzo di trasporto della gente comune e contribuì notevolmente all’emancipazione e all’individualizzazione delle masse popolari: in bicicletta si raggiungeva con relativa facilità il villaggio vicino o la città. Lì si incontravano altre persone, di confessioni e convinzioni politiche e sociali diverse. Fu soprattutto la gioventù a guidare questo fenomeno, pedalando, il sabato sera, sino alla festa da ballo più vicina

PIM FORTUYN, “La società orfana. Trattato religioso-sociologico”, edizione italiana a cura dell’Associazione “Carlo Cattaneo”, Pordenone 2007, pag. 27 (edizione olandese Bruna, Utrecht 1995)



Amsterdam è trafficatissima: di biciclette. E perciò è pericolosa: c'è sempre il rischio di essere investìti. Dalle bici, appunto! Sì perché mentre il turista è incantato a guardar la bella olandesina che par Venezia (senza il casino di Venezia le cui troppe barche ormai investono persino i turisti), c'è il costante pericolo che venga preso sotto da una delle ottocentottantunmila city bikes in circolazione che qui sfrecciano a velocità di automobile: velocissime, considerato che la piccola città si percorre, come dicevo, in una sola passeggiata.
Sotto quest'aspetto, Amsterdam è la città del futuro: una città a misura d'Ambiente (nel 2040 sarà la più ecosostenibile del pianeta), di bambini, di giovani, di famiglie, di anziani. Ecco i suoi numeri magici: 31 parchi pubblici, 220mila alberi, tram e metrò che dal 2009 cioé da quattr'anni vanno ad elettricità, eco-taxi (scooter elettrici a 2,50 euro a corsa, indipendentemente dalla distanza)... Sicché, se non vuoi finire sotto, devi abituarti quando attraversi la strada (ove è il Ciclista a farla da padrone di casa), perché, a differenza delle automobili, le silenziose bici non le senti mica, e il paradosso è che i ciclisti godono di maggiori diritti "civili" dei pedoni: hanno...una marcia in più. In questa piccola città di ottocentomila abitanti, la macchina non è necessaria, anzi è inutile e costosa: i parcheggi costano cinque euro l'ora. Il principale crimine è il furto di bicicletta. Che gli olandesi prendono con filosofia, cioé come me quando studiavo appunto filosofia all'Università della piccola Padova: "Toh, m'han fregato di nuovo la bici! Vabbé, vorrà dire che stamattina me la farò a pié, pazienza! Tutta salute! E ne comprerò un'altra". Le uniche auto che vedi in giro sono quelle della polizia (rare perché regna l'ordine), le autoambulanze (rare perché qui la gente è sana, ed è in salute perché passeggia ed è magra), e le camionette della nettezza urbana (veloci perché tutto è pulito). Gli olandesi son così bike-friendly che il console generale dei Paesi Bassi a Milano (Johan Kramer) quando s'é congedato dalla nostra città per andare in pensione al Paese suo, beh indovina come se n'é tornato a casa? Ma in bicicletta, naturale! (Un chiaro segnale politico "diplomatico" all'amministrazione della nostra Milano, disastrata dal punto di vista delle strade).
Questo da Amsterdam è il primo reportage di Lele Jandon.
Amsterdam ha più canali di Venezia e più ponti di Parigi.
UN POPOLO di BICICLETTARI.
881 MILA BICICLETTE PER 800 MILA ABITANTI.
Il 75% di loro ne ha una. In questo senso, Amsterdam è la Città del futuro. 
In quelle poche strade ove posson passare le auto i semafori hanno il tic/tac del countdown: trenta secondi di tempo per attraversare, e altrettanti di attesa, così nessuno sbaglia. Qui ovunque regna il silenzio civico: dai tram alle piazze ai treni (coi quali son andato all'Aja e ad Utrecht e in alcuni vagoni dei quali c'è la scritta “si-prega-di-fare-silenzio”). Le uniche grida che si odono nella quiete generale sono quelle di una famiglia del Meridione italiano, con cuginetti che giocano a palla in mezzo alla sporchissima piazza Dam e le urla delle loro madri col boccone in bocca. Si vedono scene così: una ragazza non vedente sale in treno molto tranquilla col suo cagnone Labrador che la guida e s'appisola beneducato; la signora distinta accanto a lei chiede severa ad un ragazzo nero con le cuffiette di abbassare la musica, lui acconsente, ubbidiente. Che meraviglia non dover usare l'invenzione più orrenda ed alienante delle metropoli odierne: il metrò! Qui, è inutile: la città è piccola, e s'attraversa a pié. Il fitness, per via delle lunghe camminate, é la regola. E il tram ti consente di godere la vista: proprio come se tu ci passassi a pié. Il biglietto (costoso per sostenere un'ingente spesa pubblica) si può fare direttamente quando si sale, come in Francia. I tram sfrecciano belli veloci, e i piccioni per strada fanno appena in tempo a volare via prima del passaggio dei mezzi. Non esistono i grassi: tutti si tengono in forma qui, per forza di cose. Non esistono ragazze pingui, né giovani con la panza, la Salute è già inscritta nel piano regolatore della città!
Fondata nel Duecento su "un desolato pantano ove aleggiavano nebbie ed esalanti morbi, una palude dalla quale a fatica e ad arte venivano tenuti lontano l'Oceano ed il Reno", come villaggio di pescatori e avventurieri che ben presto divennero costruttori di navi, ricevuto il titolo di Città dal vescovo di Utrecht nel Trecento, poi refugium peccatorum di eretici sin dal Seicento dacché la chiesa era subordinata allo Stato che era assai più tollerante, di lei scriveva Spinoza (Amsterdam 1632 - L'Aja 1677) nel capitolo ventesimo del "Trattato Teologico Politico":

“In questa fiorentissima repubblica e illustre città, vivono in piena concordia uomini di ogni nazionalità e ogni confessione religiosa, i quali, se devono collocare il proprio denaro presso qualcuno, si preoccupano soltanto di sapere se costui abbia o no risorse, se sia solito condursi negli affari con correttezza oppure in modo fraudolento (…) la religione e la confessione professati li lasciano indifferenti”: 

c'erano calvinisti, cattolici, luterani, ebrei e mennoniti. Il pittore Rembrandt avrà clienti (ricchi) di tutte questa varietà di fedi.

Ritratto di Cornelis Claeszoon Anslo e di sua moglie Aaltje Schouten”, 
Rembrandt, Berlino, Staatliche Museen, mercante e predicatore mennonita 
mentre spiega un passo della Bibbia alla consorte. 
I mennoniti sono la più grande setta anabattista 
(che lascia la libera scelta ai figli di farsi battezzare secondo coscienza da adulti): 
rifiutano tutti gli scritti dei padri della chiesa. Sono pacifisti e, come gli ebrei, 
non hanno interesse al proselitismo e seguono l’etica sociale calvinista.  
Il loro nome deriva da Menno Simons, sacerdote olandese.  
IL SAGGIO SULL'ARCOBALENO di SPINOZA.
La curiosità: Spinoza scrisse un trattato sul
fenomeno dell'arcobaleno. I colori dell'arcobaleno
sono oggi nella bandiera simbolo del movimento
gay internazionale. 
Una città politicamente corretta, dunque, nella testimonianza del laico filosofo secentesco di origine ebraica. Eppure, oggi è proprio questo multiculturalismo che, a partire dall'insediamento disordinato e massiccio dell'Islam, ha creato gravi problemi irrisolti (se non con una riduzione dell'immigrazione, come ha fatto la destra alleata del governo in carica), come vedremo più avanti nel nostro resoconto. Proprio nel Seicento, il Secolo d'Oro, ci fu un boom dell'economia e quindi dell'arte e l'Olanda divenne una Potenza. Come fu possibile? Una spiegazione sono le sue radici cristiane. Il sociologo tedesco Max Weber (1864 - 1920) ne "L'Etica protestante e lo spirito del capitalismo" (1904 - 5) teorizzò che lo spirito del buon capitalista, che col suo "spirito d'iniziativa" sa reinvestire i suoi guadagni per creare nuove iniziative (e non solo tenerseli per il proprio piacere), ha le sue ragioni psicologiche nella confessione del calvinismo, e ciò spiega come mai il capitalismo (nel Settecento) sia sbocciato prima in Olanda ed Inghilterra (rispetto ai Paesi cattolici). Venendo meno la sacralità della mediazione del sacerdote, con la Riforma protestante, il credente resta solo con sé stesso: Lutero teorizza la salvezza per Fede. Calvino (1509 - 1564), invece, risolve le domande dei credenti dicendo che il successo nel lavoro ed il benessere dei benestanti sono segni del benvolere di Dio. L'uomo di successo è predestinato, il benestante è benedetto (secondo l'interpretazione popolare dei fedeli). Chi è povero è fuori dalla grazia di Dio. Nel suo libro “Darwin’s Cathedral”, David Sloan Wilson, biologo presso la Binghamton University e teorico della selezione di gruppo che mostra come si possano integrare la teoria dell'Evoluzione del naturalista Charles Darwin (1809 - 1882) con le tesi filosofiche del sociologo Durkheim (1858 - 1917, di cui parleremo nel prossimo articolo su questo Blog) spiega “come Calvino sviluppò una forma di cristianesimo rigido ed esigente, che teneva a bada il problema del profittatore e favoriva la fiducia e gli scambi commerciali”, riassume lo psicologo americano teorico dell’intuizionismo Johnathan Haidt nel suo “Menti tribali” (Codice Edizioni, Torino 2013, pag. 330, titolo originale americano “The Righteous Mind", 2012, recensito qui http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/i-liberali-conservatori-han-piu.html): le fedi religiose producono società più coese e cooperative, e per fare dell'Olanda una potenza c'è stato bisogno di collaborazione.
I BENEFICI DELLA FEDE SULL'ECONOMIA.
Il libro di David Sloan Wilson mostra i benefìci
della fede sugli scambi economici, portando
come esempio anche la dottrina di Calvino.
La storia di Amsterdam (che potete ripercorrere, almeno a livello di mutamenti sulla carta geografica nel Museo storico cittadino) c'insegna che è la Libertà di mercato a creare mobilità sociale, producendo ricchezza, consumi e favorendo il sorgere di un nuovo ceto borghese di committenti per gli artigiani ed artisti: ogni facoltosa famiglia di mercanti vuole almeno un bel ritratto di famiglia come status symbol. Nasce così il (tedioso) genere della ritrattistica. Certo, in questa galleria di volti non troverete le meraviglie italiane. Purtroppo, a livello artistico la calvinista Olanda rifiuta il coevo stile italiano: il barocco, simbolo del lusso e dello strapotere cattolico. E così punta sulle marine, sui fiori e, appunto, sui ritratti di famiglia. In particolare, ci soffermeremo su qualche quadro di Rembrandt per vedere la storia di un povero diventato ricco (benché poi tornato povero) e dell'influenza del cristianesimo e dell'arte italiana nella sua Pittura.

Molti palazzi residenziali furono eretti dai commercianti del Secolo d’Oro: furono i privati a creare l’elegante estetica della città. Amsterda, oggi
 ha saputo riqualificare zone industriali in zone residenziali: come le 135 case galleggianti (con l barche parcheggiate fuori) nel quartiere Jiburg ad Est: ogni proprietario sceglie i materiali di costruzione. Gli appartamenti da 70 mq, i più economici, partono da 220mila euro.

         
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Il Segreto del Successo: il Federalismo
Amsterdam Centro del Commercio mondiale
I Padri Pellegrini partirono da Leida, in Olanda
La compagnia delle Indie: la prima multinazionale al mondo
La Libertà di Mercato è il segreto del fiorire dell'Arte
La libertà religiosa il segreto dell'immigrazione degli Ebrei qui

Alla fine del Cinquecento, i protestanti delle Province del Nord dei Paesi Bassi, sotto l’Impero del sovrano spagnolo Filippo II, si resero indipendenti e crearono un proprio Stato: le “Province Unite”, cioè l’attuale Olanda più il Belgio. Stato che si organizzò sotto forma di stato federale: il governo decideva per la politica estera, per la guerra, l’esercito e la marina, la riscossione delle imposte, per il resto ciascuna delle sette province era autonoma.
Filippo II mandò un esercito comandato dal Duca d’Alba, che fu sconfitto da una rivolta guidata da Guglielmo d’Orange e finanziata dall’Inghilterra. La costosa guerra, che durò per quarant’anni, divampò fra le province del Nord (ove sono site le rotte importanti di Amsterdam e Rotterdam), protestanti, e gli eserciti spagnoli, stanziati nelle province del Sud, rimaste cattoliche. L’Olanda finalmente libera e autonoma poté sviluppare il commercio e le manifatture tessili e di ceramica. I loro cantieri navali usavano macchinari azionati dal vento, carrucole e gru per spostare il legname; i loro battelli da pesca erano attrezzati per pulire e salare il pesce a bordo per la lunga conservazione.
Nel Seicento l’Olanda veniva chiamata “il Magazzino del Mondo” e gli Olandesi “i carrettieri del Mare”: i loro commerci e trasporti toccavano tutta l’ecumene allora nota, dal Mare del Nord al Mediterraneo, all’Atlantico all’Oceano Indiano. Strapparono ai portoghesi tutte le colonie in Oriente e stabilirono basi commerciali persino in Giappone.
Amsterdam divenne il centro del commercio mondiale. Il suo Impero coloniale nelle Isole della Sonda, nelle Molucche e nel Borneo durò sino alla Seconda guerra mondiale.
Poiché l’Inghilterra stabilì che tutto il commercio dei prodotti che entravano ed uscivano dal Paese dovesse avvenire su navi inglesi, scoppiò una guerra con l’Olanda, che fu sconfitta e a cui gl’Inglesi strapparono porti importanti come New Amsterdam (New York).

Ad Amsterdam nel 1600 vi abitavano 60.000 persone, nel 1630 115.000: quasi il doppio.
Nel 1602 venne fondata la Compagnia delle Indie Orientali, la prima multinazionale del mondo, che crea una vasta rete di stazioni di commercio (di cereali, zucchero, thé, oppio, porcellana), fra cui Nieuw Amsterdam: e sapete chi era la Nuova Amsterdam? New York! Contemporaneamente, viene creata l'antenata di Wall Street: la Borsa di Amsterdam. I padri pellegrini nel 1620 erano approdati nel Massachusetts dopo essere partiti dalla città olandese di Leida.

Le società per azioni erano state inventate e realizzate su piccola scala nell’Italia del Nord, e quelle privilegiate erano autorizzate dalla corona a commerciare e colonizzare, conquistare, amministrare e difendere: in Oriente la più potente “Spa” europea nel Seicento fu la Compagnia Olandese delle Indie Orientali che nel 1619 stabilì la sua direzione operativa orientale a Batavia (sul territorio della cittadina di Giakarta), facendo rifornimento nel nuovo stabilimento olandese del Capo di Buona Speranza e poi entrando nell’arcipelago malese attraverso lo Stretto della Sonda. Assicurandosi basi in posizioni strategiche, facendo pressioni sui prìncipi locali, e costringendo altri Europei ad andarsene, riuscì a garantirsi il monopolio dei commerci dell’arcipelago.
Gli Olandesi strapparono ai Portoghesi (che, come, come gli Spagnoli, non conoscevano le Spa) Pernambuco nel 1630, e poi le basi angolane per la Tratta degli Schiavi, indispensabili alle piantagioni brasiliane, ma furono cacciati dai Portoghesi dal Brasile nel 1654.
L'attuale quartiere di New York, Harlem, prende il suo nome da una città olandese. 
Fra il 1620 ed il 1630 una vigorosa offensiva della Compagnia Olandese delle indie Occidentali contro il naviglio spagnolo nei Caribi interruppe il flusso d’argento verso la Spagna e offrì un valido schermo protettivo agli stabilimenti inglesi e francesi che andavano sorgendo nelle isola ancora non occupate delle Piccole Antille. Questi stabilimenti in pochi decenni divennero prospere piantagioni di canna da zucchero, organizzate sul modello brasiliano: impiegavano schiavi africani e vendevano il loro prodotti agi mercanti olandesi.


Gli Olandesi in quel secolo in cui erano la potenza capitalista più forte del mondo, fondarono colonie in India, Indonesia, Africa ed Americhe. Oggi, ironia della Storia, il movimento è contrario: è dalle ex colonie che proviene l'immigrazione non preparata. Tassisti ed autisti di tram (come avrete modo di scoprire) non parlano neanche l'inglese, né l'olandese (lingua dai suoni difficili, “schreiven”, che corrisponde al tedesco “schreiben”, scrivere, si pronunzia con un suono particolare, non facile da dire).
IMPERO COLONIALE OLANDESE.

Nel 1795 le truppe francesi riuscirono ad entrare ad Amsterdam e fu proclamata una Costituzione: Liberté, Fraternité, Égalité. E' l'inizio della democrazia nei Paesi Bassi. In compenso, fu limitato il libero mercato: fu proibito il commercio coi nemici della Francia. E fu così che, non potendo più le navi britanniche attraccare nel porto di Amsterdam, vi fu il collasso economico della città marinara.
Nel 1813, col ritiro dei Francesi dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo, la città impoverita dalla perdita di libertà economica divenne la capitale del nuovo Regno dei Paesi Bassi, comunemente detto Olanda. Nel 1815, col Congresso di Vienna, fu restaurato lo stato olandese.
Il Museo Marittimo è sito vicino alla Stazione Centrale
di Amsterdam.

Seguì la Seconda Rivoluzione Industriale, con la creazione di nuove rotte commerciali. (Oggi l'industria  concorre al 30% del Prodotto Interno Lordo).
Nel 1916 fu inaugurato l'aeroporto di Schiphol, uno dei più grandi al mondo. La Prima guerra mondiale non fece danni perché l'Olanda rimase neutrale. Con la Seconda guerra mondiale, invece, dove fu invasa dai nazisti, fu distrutto il commercio dei diamanti, che oggi è detenuto da Anversa, in Belgio.
Oggi il principale settore su cui si regge l'economia (più di metà del PIL) è il terziario: i servizi.
L'economia olandese si basa anche sull'agricoltura, moderna, perfettamente integrata nel generale contesto economico e con un bilancio in attivo, sulla floricoltura (i famosi tulipani sono un simbolo nazionale), sull'industria (ricordiamo, fra le multinazionali, la Rioyal Dutch Shell e la Unilever, entrambe a capitale anglo-olandese), e la pesca.

LE RADICI CRISTIANE
Weber, il liberale che spiegò come lo spirito religioso calvinista 
creò lo spirito del capitalista olandese di successo
"Fu il bisogno di conferme di esser benedetti da Dio
a dare l'impulso etico alle energie dei businessmen olandesi
Era uno stile di vita indotto dalla predestinazione di Calvino
che tolse l'inibizione medievale alla ricerca del guadagno.
Rompendo la pigrizia medievale, creò l'economia moderna"

"Perché pochi sono chiamati,
ma pochi eletti"
MATTEO 22, 14

"Il disegno divino fondato sull'elezione, non in base alle opere, 
ma alla volontà di colui che chiama."
PAOLO, Lettera ai Romani 9, 11


“Chiunque vorrà considerarsi uomo timorato di Dio, non oserà negare la predestinazione, per mezzo della quale Dio ha assegnato gli uni a salvezza e gli altri a condanna eterna (…)”

Giovanni CALVINO, “Dottrina della servitù e liberazione dell’arbitrio umano

Il sociologo liberale Max Weber (1864 - 1920) ne "L'etica protestante e lo spirito del capitalismo" ("Die Protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus") formulò la sua teoria (ispirata alle osservazioni di scrittori inglesi) sulle cause psicologiche di questa potenza economica olandese: il suo è un grande classico di sociologia della religione (di cui citerò i passi dall'edizione del volume allegato al "Corriere della Sera", nella collana "I classici del pensiero libero" del 2010, traduzione di Anna Maria Marietti).
LO SPIRITO DEL CAPITALISMO.
"Il tempo è denaro": parola di Benjamin Franklin, padre
nobile dell'America, ha descritto bene lo spirito
del capitalismo che ci aiuta a capire per quali ragioni storiche
l'Olanda fu una Potenza nel Seicento. 
Innanzitutto, lo scienziato politico dichiara di voler spiegare questo dato: come mai ci sono più capitalisti e businessmen protestanti che cattolici (pag. 11). Egli vuole "analizzare e spiegare storicamente" (pag. 23) questo fenomeno, parlando del "tipo ideale del capitalista", di come da homo religiosus diventi homo oeconomicus, quindi facendo una teoria di carattere generale, in un'epoca in cui i religiosi esercitavano "un'influenza che noi moderni non possiamo neanche più immaginare" (pag. 127): una "bibliocrazia".
In Olanda, spiega, ci fu un controllo che oggi ci parrebbe insopportabile, da parte della religione (la confessione calvinista, pag. 13). Innanzitutto, nei Paesi cattolici ci son tanti letterati che fanno il liceo classico, mentre l'istruzione tecnica è più diffusa nei Paesi protestanti (anche oggi giorno: è una delle riforme urgenti da fare per restituire lavoro ai nostri giovani, in Italia, ove la disoccupazione giovanile è al 40%!). E mentre gli artigiani cattolici al massimo diventan capibottega, restando artigiani, i garzoni protestanti diventano operai tecnici specializzati ed impiegati. Quest'orientamento professionale dipende dal rigore dell'"educazione religiosa" (pag. 38).

LA PARABOLA EVANGELICA.
Il figliuol prodigo dilapida la sua eredità”, 
Rembrandt, Dresda, Staatliche Kunstsammlungen 
Dresden. Questo tema, tratto dalla parabola 
evangelica, era caro agli artisti di fede protestante 
per il suo valore didascalico: caduta e redenzione. 
Mostra il figliuol prodigo che dissipa il proprio 
patrimonio in una taverna, in compagnia di donne 
di malaffare.

Il cattolico, secondo Weber, s'accontenta di un'esistenza tranquilla (dormire bene); il protestante, invece, vuol "mangiare bene". Il cattolico "vive alla giornata" (pag. 89), il protestante pensa a diventare sempre più ricco. L'imprenditore e politico britannico anglicano Cecil Rhodes (1853 - 1902, che dà il nome alla Rhodesia) nota che i figli dei pastori protestanti diventano spesso imprenditori capitalisti (pag. 19).
Le considerazioni che faremo in sede di questo articolo su Amsterdam valgono tanto per gli Olandesi quanto per gl'Inglesi, "ampiamente superiori a tutti gli altri popoli del mondo in tre cose importanti: nella pietà, nel commercio e nella libertà" secondo il filosofo liberale francese Montesquieu (1689 - 1755, ne "Lo spirito delle Leggi", libro XX, capitolo 7). Il capitalismo presuppone un'etica personale (pag. 26): il buon capitalista coscienzioso sa che "il tempo è denaro" come diceva il liberale Benjamin Franklin (1706 - 1790, che, benché deista aconfessionale, è molto citato da Weber in quanto aveva ricevuto un'educazione calvinista, quindi "all'olandese") e che "chi è noto perché paga puntualmente alla data promessa può sempre prendere in prestito tutto il denaro di cui i suoi amici non abbiano bisogno" (pag. 24). Secondo il giudizio di Weber, "il summum bonum di questa "etica" - guadagnare denaro, sempre più denaro, alla condizione di evitare rigorosamente ogni piacere spontaneo - è così spoglio di ogni considerazione eudemonistica" (cioé relativa alla felicità, dal greco antico eudaimonia) "o addirittura edonistica" (cioé relativa al piacere) "è pensato così fine a sé stesso con tanta purezza, da apparire come alcunché di totalmente trascendente" (cioé ascetico) "e senz'altro irrazionale, di fronte alla "felicità" od "utilità" dell'individuo". "L'attività lucrativa non è più un semplice mezzo ma, al contrario, è lo scopo della vita dell'uomo, ed egli è in sua funzione" (pag. 28, tradotto in maniera popolare: "si vive per lavorare, anziché lavorare per vivere). Per Weber, una simile morale cristiana nel Medioevo sarebbe stata vista come viziosa: frutto malato del vizio capitale dell'avarizia (pag. 31), e Tommaso nel Trecento parlava di "turpitudo" a proposito dell'avidità di lucro (e i teologi moralisti nominalisti a favore del protocapitalismo erano in minoranza rispetto alla teologia ufficiale). Lo stesso Tommaso (1225 - 1274) scriveva che il lavoro "è solo necessario naturali ratione, per conservare la vita del singolo e della collettività" (pag. 130). E' una morale spirituale perché va oltre la natura, è un superamento dell'uomo naturale: "l'uomo per natura non vuole guadagnare denaro, e sempre più denaro, ma vivere semplicemente" (pag. 35).

Rembrandt, “Ritratto di Nicolaes Ruts”: 
era un ricco borghese di Amsterdam che 
aveva rapporti commerciali con la Russia.
New York, The Frick Collection. 
Invece, "l'ascesi protestante intramondana" (cioé dell'aldiquà) "agì violentemente contro il godimento spensierato del possesso, restrinse il consumo di lusso ed ebbe l'effetto psicologico di liberare l'attività lucrativa dalle inibizioni dell'etica tradizionalistica, spezzò le catene che avvincevano la ricerca del guadagno" (pag. 142) e così rese prosperi l'Olanda e l'Inghilterra.
Sono le virtù etiche (molto monacali) della "concentrazione", del "dominio di sé", della "temperanza e moderazione che accresce insolitamente l'efficienza" (pag. 38), della "sobrietà" per cui questi calvinisti "non volevano consumare" (pag. 43) che danno al capitalista "la tensione necessaria per superare le innumerevoli difficoltà" e a "creare questa metamorfosi esteriormente inappariscente eppure decisiva per la realizzazione di questo nuovo spirito della vita economica" (pag. 44): il capitalismo moderno.
E' uno stile di vita, un metodo: la parola "metodismo" (la confessione derivata dal calvinismo e fondata da John Wesley) deriva proprio da questo perché il metodista era un "uomo che viveva metodicamente" (pag. 94). Si pensi, dice Weber, alla "contabilità" che Franklin teneva "sui propri progressi nelle single virtù" (pag. 97).
Nial Ferguson è il compagno di Ayaan
Hirsi Ali,
la cui storia racconteremo più sotto. 
Il teologo tedesco Lutero (1483 - 1546, ne "La libertà del cristiano"), nell'àmbito della sua eliminazione della dimensione magica (il prete come mediatore che ti confessa e ti assolve e ti dà l'aiutino a salvarti, nonché la svalutazione dei sacramenti come la confessione per accedere all'eucaristia), teorizzò che la salvezza dell'anima arrivasse "sola fide" (per mezzo della sola Fede); il francese Calvino (1509 - 1564) invece teorizzò in sèguito la "predestinazione degli eletti" per cui solo Cristo è morto (e che nel puritanesimo inglese è descritta nella "Confessione di Westminster" del 1647, cfr. capp. 3 e 9, cfr. Weber pag. 75). Questa dottrina di Jean Calvin creò "il sentimento di un inaudito isolamento interiore del singolo" (pag. 77) e di "angoscia" (pag. 81): "sono io un eletto?" (pag. 83). E anche se Calvino credeva che gli eletti non fossero riconoscibili nell'aldiquà, tuttavia la sua dottrina, di fatto creò nel credente gl'"impulsi psicologici" che lo motivavano (per avere la conferma o comprova) a far sempre meglio il proprio lavoro: un "individualismo senza illusioni" (pag. 79) e "l'esortazione ad astenersi da ogni fiducia nell'aiuto degli uomini" (pag. 79), quello che in sèguito sarebbe stato chiamato il self made man, l'uomo che si fa (ricco) da sé per avere successo e quindi per "liberarsi dall'angoscia" (pag. 88).

"Il pensiero della comprova (...)" è "il punto di partenza psicologico dell'eticità metodica" (pag. 99), e "il luteranesimo mancava appunto di quell'impulso psicologico" (pag. 101): ecco perché divennero grandi Potenze Olanda ed Inghilterra ma non Paesi come la Germania luterana. Il luteranesimo sopravvisse grazie al calvinismo che gli diede un'etica del lavoro ed un' "ascesi laica" (pag. 122). Per il pastore luterano August Hermanne Francke, "il lavoro professionale era il mezzo ascetico per eccellenza; che sia Dio stesso a benedire i suoi col successo nel lavoro, era sua ferma convinzione proprio come lo era per i puritani" (pag. 106). E per Wesley (1703 - 1791), fondatore del metodismo, le opere sono la causa cognoscendi del proprio stato di grazia (elezione/salvezza).
A ciò si aggiunga il fatto che nel calvinismo è forte l'influenza del meglio dell'ebraismo (i Proverbi di Salomone e certi Salmi) tantoché si parlava (per i puritani inglesi) di "English Hebraism" (pag. 136) perché (contrariamente al Cattolicesimo, per esempio) attribuiva pari dignità all'Antico ed al Nuovo Testamento. (Tuttavia, la differenza era che "l'ebraismo stava sulla sponda del capitalismo degli avventurieri, orientato verso la politica o la speculazione", ma anche il commercio dei diamanti, come vedremo. "Insomma, il suo éthos era quello del capitalismo dei paria, mentre il puritanesimo rappresentava l'éthos dell'impresa borghese razionale", pag. 137).
La dottrina s'ispirava anche alla parabola evangelica del servo scacciato perché non aveva saputo far fruttare il talento affidatogli.
"Voler essere povero equivarrebbe a essere malato - si argomentava spesso" e "chi chiede l'elemosina" (deprecata come indegna dell'uomo anche dal filosofo luterano tedesco Hegel, 1770 - 1831) "mentre è in grado di lavorare non solo commette peccato della pigrizia, ma si comporta anche contro l'amore del prossimo, secondo le parole dell'apostolo" (pagg. 134 - 135).
Non staremo qui a soffermarci anche sul pietismo e metodismo, e ci concentreremo sulla confessione del calvinismo (da cui sorsero gli altri due movimenti cristiani protestanti), diffusa in Olanda, che qui c'interessa.
L'ECONOMIA COME RELIGIONE. 
Possiamo dunque schematizzare così il processo, adoperando la terminologia di Weber: dottrina teologica di Calvino (salvezza per predestinazione) - angoscia di non essere eletto (salvato) - impulso etico che scatena l'energia economica privata pel bisogno di conferma o comprova del proprio Beruf (professione come vocazione, calling nell'inglese dei puritani), cioé per avere coscienza di essere visibilmente benedetto da Dio - pianificazione razionale dello stile di vita e del lavoro -coazione al risparmio e "senso del commercio e senso degli affari" - éthos professionale - benessere diffuso: formazione di una borghesia benestante di uomini d'affari - creazione di una Potenza economica: Olanda ed Inghilterra. Calvino tolse anche il bando sull'usura e dichiarò lecito il percepire un interesse sul mutuo, favorendo così anche direttamente il fiorire del capitalismo moderno.
In Olanda, ove "il calvinismo rigoroso dominò realmente per soli sette anni" (pag. 145), pochi ma intensi, "la maggiore semplicità della vita di persone ricchissime che caratterizzava i circoli religiosi più seri portò a un'esagerata smania di accumulare capitale" (pag. 145). "Scrittori mercantilisti inglesi del secolo XVII" cioé del Seicento, "attribuivano la superiorità del potere del capitale olandese rispetto all'Inghilterra al fatto che lì i nuovi proprietari di patrimoni non cercassero regolarmente di annobilirsi con investimenti terrieri, e acquistando abitudini di vita feudali" cioé medievali (impigrendosi senza lavorare e godendosi i soldi), "e quindi tali patrimoni non fossero sottratti alla valorizzazione capitalistica." (pag. 144). L'economista e filosofo liberale inglese Sir William Petty (1623 - 1687, che studiò in Olanda) "affermò che il potere economico olandese nel secolo XVII si spiegava col fatto che i dissenters (calvinisti e battisti) colà particolarmente numerosi fossero persone che consideravano come "proprio dovere verso Dio il lavoro e l'impegno diligente".

Il pittore nel suo studio”, Rembrandt: una celebrazione 
dell’autodisciplina calvinista dell’artista. 
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E qui veniamo al prossimo argomento: l'Arte.
"Che in Olanda restasse abbastanza spazio per lo sviluppo di un'arte grande e spesso aspramente realistica, è un fenomeno che prova semplicemente come la regolamentazione dei costumi in questa direzione, che vi era praticata d'autorità, non potesse affatto avere un influssso esclusivo e totale, di contro all'influenza della corte e della categoria dei reggenti (uno strato di redditieri) ma anche al gusto della vita di piccolo-borghesi arricchitisi, una volta che il breve dominio della teocrazia calvinistica si fu dissolto in una fredda Chiesa di Stato, e quindi il calvinismo ebbe perduto in misura notevole il suo fascino ascetico" (pag. 140)."Certo non si vede dimenticare che un genio singolarissimo come Rembrandt fu condizionato anche e sostanzialmente, quanto all'orientamento della sua attività creativa, dal proprio ambiente settario, sebbene la "condotta della sua vita" avrebbe trovato difficilmente grazia agli occhi del dio puritano" (pag. 141). In realtà, secondo me lo spirito religioso non fu l’unico fattore: per esempio, la divisione della Penisola d’Italia in vari Stati in sana competizione fra loro determinò lo sviluppo della gara fra gl’imprenditori di Venezia, Milano e Firenze.



Welfare fallito, nuovo modello “società partecipativa”
grazie al lungimirante Premier liberale Rutte
Basta elemosina di Stato, invito alla "responsabilità"
La Rivoluzione Liberale parte dalla GB di David Cameron
Già vent'anni fa il sociologo Pim Fortuyn azzeccò l'analisi:
"Lo Stato anonimo-impersonale aliena l'Uomo e lo depriva
del suo senso di Responsabilità e di Comunità Sociale"


Lo Stato sociale versa in una crisi totale e assoluta. L’angelo della carità ha partorito un mostro. Il mostro della solidarietà anonima, burocraticamente diretta e gestita. Ha spinto i finanziatori dello Stato sociale nell’anonimato, privandoli così della responsabilità di apparire come custodi dei loro fratelli, così come ha privato i beneficiari di quei buoni doni della responsabilità, in primo luogo, di provvedere a sé stessi e di lottare per sé stessi. Ha portato a forme di approfittamento su vasta scala ad abusi e frodi, a perpetrare il malcostume di mangiare e spartirsi la torta." 

PIM FORTUYN, “Contro l’islamizzazione della nostra cultura”, 
edizione italiana a cura dell’Associazione Culturale “Carlo Cattaneo”, 
traduzione di Elisabetta Svaluto Moreolo,  Pordenone 2009, pag. 9


In Olanda due milioni di persone sono state messe da parte. Persone in grado di provvedere a sé stesse. Li abbiamo ricoverati nell’ospizio dello Stato sociale, a vita. Mancanza di senso e noia imperano, nelle famiglie e nelle convivenze della carità statalizzata. Sul piano giuridico, abbiamo illuso questa gente parlando del loro diritto all’assistenza. Del loro diritto all’autodeterminazione, nota bene uno dei diritti umani, il circuito politico invece non parla più.

PIM FORTUYN, “La società orfana. Trattato religioso-sociologico” 
(prima ediz. Utrecht 1995), ediz. Italiana a cura dell’Associazione 
Culturale “Carlo Cattaneo” di Pordenone, 2007, pag. 15


Molti regimi assistenziali conducono a un’eccessiva dipendenza e intaccano il sentimento di autostima delle persone coinvolte. A sua volta ciò induce il cittadino che dipende dall’assistenza a far mostra di un comportamento infantile e dipendente piuttosto che un atteggiamento orgoglioso da adulto” 
PIM FORTUYN, “La società orfana”, pag. 225


Come avete letto sopra, già il sociologo Pim Fortuyn (la cui storia racconteremo nella Seconda Puntata del nostro Reportage) aveva svolto quest'analisi negli anni Novanta! Fortuyn spiega le ragioni storiche di conservazione del potere che hanno creato il Welfare State e dunque perché, così concepito, ormai appartiene al passato: “In un paese di poveri, e la Repubblica nel XVIII secolo può essere tranquillamente essere definita così, occorre soffocare sul nascere i potenziali focolai di rivolta” (“La società orfana”, cit., pag. 78). A differenza dell’antica Atene, ove i cittadini benestanti contribuivano orgogliosamente (attraverso le “litourghiai”) alla costruzione di edifici pubblici e al finanziamento delle feste religiose, oggigiorno, i grandi contribuenti sono ridotti all’anonimato: viviamo in società anonime, spersonalizzate.

Nel suo saggio, il sociologo olandese mostra come lo Stato anonimo ed impersonale crei alienazione nell’uomo, deprivandolo del suo senso di responsabilità verso il prossimo e del senso di Comunità:

“Il senso comunitario fa parte dell’esperienza di una collettività, non del vissuto di un professionista o peggio di un’organizzazione burocratica. Lo Stato, anonimo e impersonale ha in qualche modo assunto in proprio il còmpito di preoccuparsi della comunità. I membri della comunità, le imprese e le organizzazioni vengono esonerate dal còmpito dietro il pagamento di un ingente contributo, in imposte e oneri sociali. Questo esonero è a sua volta all’origine di un vasto processo di alienazione. Un processo per cui nessuno sente più alcuna responsabilità per il buon funzionamento dei regimi assistenziali, appaltati come sono ad agenzie esecutive anonime e professionalizzate. Queste agenzie si pongono per natura tra i contribuenti e gli aventi diritto alle prestazioni, rompendo in questo modo qualsiasi collegamento tra i due gruppi. Il contribuente non percepisce l’agenzia esecutiva come un prolungamento del suo senso comunitario. (…) Il senso della comunità è stato sostituito da un atteggiamento tecnocratico.”
 ("La società orfana", cit., pagg. 81 – 83) 


I VERI LEADER SANNO RAGIONARE SUL LUNGO PERIODO.
Il Premier britannico David Cameron è teorico della "Big Society":
stesso trend sotto il governo del liberale Mark Rutte in Olanda che
sta proponendo ai connazionali la "società partecipativa". 
Oggi al governo in Olanda (a capo di un governo di coalizione coi laburisti) c’è un Premier liberale, Mark Rutte (che il 14 febbraio compie 47 anni), il quale ha annunziato, per bocca del Re Willem-Alexander, che “lo stato assistenziale del XX secolo è destinato a sparire”, invitando i cittadini a “prendersi la responsabilità della propria vita e di quella delle persone che li circondano”: non più Welfare State, ma “società partecipativa”, verso una Terza Via fra pubblico e privato.
Il rapporto commissionato dal governo s’intitola Responsabilizzare i cittadini sotto la guida del governo: saranno più selettivi nelle borse di studio, e all’Università già si paga un po’ di più, giustamente.
Fatti i conti, con senso di responsabilità e lungimiranza si è capìto che  con l’invecchiamento della popolazione ed i troppi approfittatori (soprattutto extracomunitari,  che facevano gli schizzinosi, da disoccupati, dinanzi ad offerte di lavoro mediocri, com'era già successo in Gran Bretagna e nei Paesi scandinavi) quel modello che ahinoi in Italia è ancora un sacro Tabù per le sinistre assistenzialiste, è destinato a fallire, e con esso lo Stato.  Per una cultura dell’orgoglio, per cui i genitori vogliono essere autonomi dai figli adulti, soluzioni come le badanti per gli anziani con problemi, sono impensabili, qui. E lo Stato diviene una babysitter gratuita.
Ed allora ci voleva proprio un primo ministro liberale a trovare il coraggio di fare politiche che invitino ogni cittadino, con "gentilezza olandese", a riscoprire il valore del senso di responsabilità nei confronti di sé e del suo prossimo. 


I numeri magici del Rijks, il (provinciale) “Louvre d'Olanda”
800 anni, 8000 opere, aperto 365/365 giorni
Lo scandalo: nessun'apertura serale (a differenza di Londra)
Rembrandt non andò mai in Italia 


BENVENUTI AD AMSTERDAM. Il Rijksmuseum si trova dinanzi ad un parco molto popolare fra i turisti. 


ROTTO IL TABU’ del VATICANO . 
In questo quadro, 
Deposizione dalla Croce” 
(Monaco, Alte Pinakothek), 
vediamo una scena mai vista 
nei dipinti cattolici perché rifiutato 
dalla Controriforma: lo svenimento di Maria. 
Dopo dieci anni di restauro, ha riaperto il Louvre d'Olanda, il Rijksmuseum, ove si può fotografare tutto. Ottanta sale, ottocento anni di storia (dal 1100 al 1850 circa), ottomila opere, un Tour de force che per fortuna si può spezzare: si può uscire a pranzo e poi tornare con lo stesso biglietto. Il Museo ha anche altri record: nella laica Olanda è aperto 365 giorni l'anno. Purtroppo, nessun'apertura serale, neanche un giorno la settimana, a differenza dei musei londinesi e dello stesso Louvre: gli olandesi hanno molta poca voglia di lavorare oggi, dimentichi dello spirito calvinista che rese grande la loro Nazione un tempo. Il quadro che mi ha colpito di più è “La Scuola di Notte” di Gerrit Dou, pittore secentesco che riprende il concetto caravaggesco della luce: il dipinto è illuminato da tre fonti luminose che rendono umbratile il luogo dove il vecchio maestro sta insegnando. Tutto appare come un palco teatrale sottolineato dalla presenza innaturale di un sipario che si apre ai nostri occhi. In questo articolo  tralasciamo le varie pitture di cucina, le carcasse di animali, le nature morte, e i quadri misteriosi (come quello, conservato a Lisbona, così ambiguo che non si sa se sia il Alessandro Magno o la dea Atena!) e concentriamoci su soggetti interessanti di Rembrandt per corredarlo: quelli che di solito erano statici e che invece il pittore olandese rende dinamici nei suoi ritratti originali.

Se i pittori olandesi dipingevano Veritas & Vanitas obbedendo ai ricchi committenti, Rembrandt aggiunge la sua originalità artistica: introduce dinamicità e la sua sapienza nell’uso della tecnica del chiaroscuro. Figlio di una famiglia piccolo borghese che mandò solo lui a studiare (mentre avviò gli altri otto figli a mestieri artigianali), non volle intraprendere la carriera di avvocato e così andò apprendista a bottega di vari maestri pittori, dopodiché si mise in proprio e s’associò con un altro artista di due anni più giovane, Jan Lievens, col quale si dilettava a fare a gara con medesimi soggetti e al cui caravaggismo s’ispirò. Benché Huygens suggerì loro di fare il tradizionale viaggio in Italia, Rembrandt rispose: “non ce n’è bisogno, ci sono così tanti quadri italiani qui in Olanda!”.  E quando l’amico andò a Londra, lui si trasferì per sempre ad Amsterdam., ove creò un’Accademia con cinquanta allievi,  che si alternavano nel ruolo di attori e osservatori, fra i quali Gerrit Dou, Ferdinand Bol, Govaert Flinck, Carel Fabritius, Nicolaes Maes e Samuel van Hoogstraten. Il corso di formazione durava cinque anni.

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Rembrandt, misterioso come quelle ciliege
sul suo “Ratto di Ganimede”...
Così la Pittura Olandese s’è ispirata all’Italia
Un Papa Olandese porta a Roma i suoi Pittori preferiti
E il cattolico Bloemaert manda a Roma gli allievi:
i “Caravaggisti” di Utrecht

E’ un personaggio misterioso, questo Rembrandt: misterioso come quelle ciliege che reca in mano il putto del dipinto “Il ratto di Ganimede” (che secondo lui sarebbe l’amato di Zeus e che in relatà nel mito greco è un giovine); misterioso come il suo cuore (ne aveva uno?) datoché fece rinchiudere in una casa di correzione la babysitter del proprio figlioletto nonché ex amante; misterioso come la sua relazione con la povera Hendrickje, madre di suo figlio che non sposerà mai o perché avrebbe perso l’eredità della moglie, e/o perché era troppo low-class; misterioso, a proposito di matrimonii, come il suo dipinto intitolato nell’Ottocento “La sposa ebrea”; misterioso, infine, come la sua fede religiosa (era cristiano credente? E se sì, di quale confessione, datoché ritraeva persone delle più varie fedi, ebrei, anabattisti, mennoniti, rimostranti?).
L'UNICO PAPA OLANDESE (CHE PORTO'
A ROMA I PITTORI CONNAZIONALI)

Figlio di un mugnaio di Leida, nacque nel mulino paterno e fu mandato a nove anni alla Scuola Latina, che preparava per la nuova Università appena fondata da Guglielmo d’Orange (come regalo alla Città in ricordo della resistenza contro gli Spagnoli): così, dopo aver studiato matematica-e-fisica, greco-e-latino, e filosofia, poté iscriversi all’Università a quattordici anni.
Ma prim’ancora s’era iscritto come apprendista presso la bottega dell’allora famoso pittore Jacob Isaacszoon van Swanenburg (ove rimase per tre anni), e all’Università ci restava iscritto solo per usufruire dei privilegi di cui godevan gli studenti (esclusi dalla naja e esenti dalle tasse di birra e vino!). Ma mentre quest’apprendistato non lasciò tracce, furono invece ricchi d’apporti i sei mesi presso la bottega del pittore di storia Pieter Lastman ad Amsterdam: dopo il Grand Tour in Italia, fu pittore alla Corte Danese, e i suoi soggetti favoriti eran tratti dalla Bibbia.  Dopodiché, Rembrandt torna a casa del padre, apre bottega (ove si faceva pagare dagli allievi apprendisti) vicino protetto da umanisti come Petrus Scriverius e Caspar Barlaeus: di questo periodo sono la sua “Lapidazione di Santo Stefano”, allegoria della condanna dell’olandese Johan van Oldenbarneveldt, trattata anche dal più grande poeta olandese secentesco, Joost van den Vondel nel suo dramma teatrale “Palamede” (1625, personaggio dell’”Iliade”), e “Tobia, Anna e il capretto” del Rijks, tratto dal Libro di Tobia (uno degli Apocrifi della Bibbia), e dove la luce proviene da due fonti. La conquista luministica proviene a Rembrandt dai Caravaggisti di Utrecht, la città con più stretti rapporti con Roma e nel cui circolo fu introdotto dal pittore Joannes Wtenbogaert: negli anni Venti del Cinquecento, un vescovo di Utrecht era stato eletto Papa col nome di Adriano VI ed aveva recato con sé vari artisti Olandesi a Roma, fra cui Jan van Scorel. Dopo la Riforma, molti artisti andavano a bottega dal cattolico Abraham Bloemaert che spingeva gli allievi a fare un viaggio in Italia a studiare le rovine e le opere moderne, in primis il pittore gay Caravaggio.

Huygens il suo Talent Scout
La Bottega di Rembrandt da Leida ad Amsterdam

A ventiquattr’anni si fa notare dal segretario del Principe d’Orange, Huygens (vedasi approfondimento più avanti) che lo esortava al Viaggio in Italia: Rembrandt “avrebbe potuto fare meglio e dare agl’Italiani un motivo per venire in Olanda”, diceva.  Rembrandt si specializza nella ritrattistica, diceva Huygens, restituisce l’anima del soggetto: “Il pittore, facendo un ritratto di noi, sa immortalare quello che dipinge e così possiamo ancora vedere la fisionomia dei nostri antenati. La faccia è una specie di riassunto dell’uomo intero, sia del suo corpo e, se fatta bene, anche del suo spirito”. Per Cicerone (106 – 43 a.C.), solo l'Uomo e` dotato di occhi espressivi che rivelano il sentimento dell'animo, il volto (vultus implica, oltrecheÅL l'apparenza fisica, anche il carattere; i Greci non avevano, secondo lo scrittore romano, un termine adeguato per esprimerlo in una sola parola: prosōpon (da ὤψ, ṓps, “viso”) come il latino facies indicava solo l'aspetto esteriore. Rembrandt si farà ottanta autoritratti (pitture, incisioni, disegni, dinanzi allo specchio o en travesti): come un’autobiografia. Pei costumi, Rembrandt s’ispirava ai tanti orientali di passaggio ad Amsterdam pei commerci.  Huygens lo presenta a Federico Enrico, principe d’Orange e “stadhouder” delle Province Unite che si circondava dei migliori artisti per decorare le sue ville e palazzi che andava costruendo all’Aja e che fa eseguire a Rembrandt un ciclo sulla Passione di Cristo. A venticinque anni si trasferisce con la sua Bottega ad Amsterdam ove trova come committenti i ricchi borghesi dei commerci e del patriziato. Come capobottega, poteva rubare agli allievi sia i soldi sia l’anima: non solo riscuoteva una retta costosa (pagava le tasse, segnalava alla corporazione l’arrivo di ogni allievo, adempiva agli obblighi statutari) ma insegnava il suo proprio stile agli allievi (tantoché gli studiosi del “Rembrandt Research Project” han tolto, dal 1968 ad oggi, quasi 700 opere dal catalogo dell’Artista, né si riesce a stabilire quanto interveniva Rembrandt e quanto eseguivan gli allievi). Un articolo dello statuto dei pittori stilato ad Utrecht nel 1651 proibiva ai maestri “di tenere presso di sé o dar lavoro a persone, sia forestiere, sia della Città, in qualità di discepoli o assistenti, che non lavorino nel loro stile o non firmino con il loro nome”.  Gli allievi erano anche usati come attori, assieme a familiari, assistenti e gente della strada. Con gli allievi, Rembrandt era severo sino a farli piangere, richiedendo la perfezione; e coi committenti era ritardatario, richiedendo tempi lunghissimi di posa. A differenza di Rubens, Rembrandt dipingeva personalmente i grandi dipinti (come “La Lezione del dr Tulp”), senza l’ausilio di allievi.  Si fidanza con Saskia (che gli farà da modella pei quadri mitologici), figlia di un mercante di origine polacca e fede mennonita Uylenburgh, fondatore di una bottega-accademia ove vengon venduti i quadri di Rembrandt: fu così, con questo matrimonio “misto”, che divenne cittadino di Amsterdam ed entrò nella gilda di San Luca. Dopo un litigio famigliare, si mette in proprio. Poi Saskia muore di malattia e lui ha una relazione con una babysitter del suo figlioletto, che poi fa rinchiudere in una casa di correzione, dopo averne iniziata un’altra, di relazione, con Hendrickje, più giovane di vent’anni, che gli darà una figlia ma che non sposerà mai: forse perché così il pittore avrebbe perso l’eredità di Saskia o perché la nuova compagna non aveva il suo stesso livello sociale.

(Traggo tutte queste informazioni sulla vita e la pittura di Rembrandt dal libro “Rembrandt”, di Denny Daniel van Dongen e Maurizia Tazartes, collana “Artedossier”, volume 65, edizioni Giunti, Prato 1992).
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La scoperta del corpo umano, la storia dell'anatomia: approfondimento coi quadri dei Musei d'Olanda
Rotto il Tabù religioso, via libera alla Ricerca: importante l'olandese Leeuwenhoek e Rembrandt: “La Lezione del dr. Tulp”

Per gli Egiziani il corpo è sacro, si seziona per l’aldilà. I Greci (nel Museo di Alessandria) ne fan tesoro e moltiplicano le sezioni

Mondino de' Liuzzi (Bologna 1275 - 1326),
anatomista e medico, ha scritto
l' "Anothomia" (1316), testo che sarà
utilizzato da generazioni di studenti.
"Inaugurazione della Sala da disegno del professor Andreas Bonn",
dipinto del 1789 di Adrian de Lelie, Museo di Storia di Amsterdam.
Il ritratto di gruppo è un genere tipico olandese.



Il Seicento vide (fra le altre cose, anche) la nascita dell'Anatomia, una disciplina fondamentale che fece compiere alla medicina la svolta tanto attesa.
Nel 1215 l'Imperatore Federico II (1194 - 1250) la consente, Papa Bonifacio VIII nel 1299 con la bolla "De Sepolturis" la vieta come empia. La legge stabiliva che la dissezione poteva essere svolta solo sui cadaveri dei carcerati. Per ovviare alla poca disponibilità di cadaveri i medici animati da spirito di ricerca pagavano qualcuno che glieli procurasse, favorendo così un nuovo tipo di mercato dei furti di cadaveri o di omicidi su commissione! C'era anche chi come Leonardo da Vinci (1452 - 1519), si poteva recare direttamente all’obitorio con carta, penna e strumenti da taglio, lavorando così direttamente “sul campo”. Egli s'interessa all'anatomia attraverso l'Anatomia Artistica (nata in Grecia nell'Ellenismo) praticata da alcuni pittori del Quattrocento (incluso il Verrocchio a Firenze presso la cui bottega egli faceva il suo stage), e se ne appassiona così tanto che passa dall'Anatomia Artistica di superficie (dei muscoli e delle ossa, come nei dipinti di Pollaiolo e Signorelli) allo studio degli organi interni. Leonardo criticherà anche gli uomini troppo muscolosi di Michelangelo proprio per ragioni di fisiologia: sono troppo ideali e poco naturali. E fu così che Leonardo, dando impulso all'Anatomo-Fisiologia (che proprio in quegli anni si sviluppa nelle Università italiane), approda all'Anatomia Patologica, persino indagando le cause di morte: come un anatomopatologo. Egli studia come muta il corpo dalla giovinezza alla senilità, e forse ha descritto per primo l'arteriosclerosi. Per trent’anni, da autodidatta, il Maestro operò dissezioni negli ospedali di Milano, Roma, Firenze ed in Francia, producendo un’imponente quantità di manoscritti e disegni, che mostrò anche al cardinale Luigi d’Aragona, come testimonia il segretario di questi, Antonio de Beatis e come attesta anche il vescovo e storico Paolo Giovio (1483 – 1552) nella sua biografia del 1527.

Se la sua opera anatomica fosse stata stampata con lui vivente, avrebbe anticipato di oltre trent’anni il trattato di anatomia del fiammingo Vesalio (Venezia 1543).
"La Lezione di Anatomia del dottor Nicolas Tulp" rivoluziona il ritratto di gruppo.


Tulp era soprannonimato “il Vesalio di Amsterdam”: Rembrandt 
non rispettò la prassi delle lezioni d’anatomia, 
che incominciavano con la dissezione dell’addome 
e della testa, come si vede invece nel più tardo ritratto del Dottor Deyman. 
Uno degli allievi reca in mano un libro di testo su cui fa il raffronto: 
proprio la discrepanza fra la letteratura classica e l’esperienza diretta 
aveva indotto Vesalio a scrivere la sua opera rivoluzionaria.
L.J. è stato allievo del professor Giorgio Cosmacini,
storico della medicina autore de "L'arte lunga",
all'Università Vita-Salute del San Raffaele di Milano. 
I primi anatomisti furono i greci antichi.

“Per gli Egiziani l’apertura dei cadaveri non era una pratica settoria con fini di conoscenza anatomica; era invece una chirurgia religiosa, consistente nella eviscerazione, descrittarci dallo storico greco antico Erodoto (“Storie”, libro I, 86 – 88), dei corpi destinati all’imbalsamazione, alla mummificazione, all’ingresso nel regno dei morti e nell’eternità. Per questo veniva lasciato in situ solo il cuore, sede dell’anima, senza il quale il defunto “non poteva star bene”. Se il cadavere dunque era sacro, non poteva essere dissacrato da pratiche settorie e da studi anatomici.” (Cosmacini, “L’arte lunga. Storia della medicina dall’antichità a oggi”, Laterza, Roma-Bari 1997, pagg. 25 – 26).
Quella degli Egiziani era un’ “anatomia viva” che nasceva dalla chirurgia anatomica del vivente, come nel caso degl’infortunati sul lavoro e dei feriti di guerra (Cosmacini, pagg. 26 – 27).
Alcmeone di Crotone (VI secolo), filosofo d’ispirazione pitagorica che, racconta Erodoto, guarì la lussazione del piede del re Dario laddove avevano fallito i medici egiziani di questi (“Storie”, libro III, 125), "fu il primo a praticare la dissezione degli animali, intuendo la connessione anatomica fra organi di senso e cervello. Ciò gli permise di operare la distinzione filosofica tra sensazione e conoscenza, teorizzando la localizzazione cerebrale di quest’ultima. Secondo tale teoria encefalocentrica il cervello è il luogo dove l’interno, cioè il soggetto, recepisce l’esterno, cioè l’oggetto: nella sede cerebrale, la conoscenza diventa cosmica in quanto l’uomo si appropria conoscitivamente del cosmo, diventandone, di fatto, il signore.” (G. Cosmacini, “L’arte lunga. Storia della medicina dall’antichità a oggi”, Laterza, Roma-Bari 1997, pagg. 67 – 68).

Alla Scuola di Alessandria “si moltiplicavano le “sezioni”: dissezioni animali, dissezioni umane, vivisezioni. Il fatto che il museo di trovasse in terra egiziana può aiutarci a capire come gli antichi riti dell’imbalsamazione e della mummificazione, comportanti la rimozione dei visceri dall’interno del corpo, possano aver influito sulla rifioritura in forma nuova, come tecnica “settoria” per fini scientifici, delle tradizionali pratiche intorno ai cadaveri” (G. Cosmacini, “L’arte lunga. Storia della medicina dall’antichità a oggi”, Laterza, Roma-Bari 1997, pag. 74).
POSIZIONE ORIGINALE. 
"La lezione di anatomia del dottor Deyman", 
Rijksmuseum, Amsterdam.
Destinato alla sala anatomica di Amsterdam, 
ove già era sita “La Lezione di Anatomia del dottor Tulp”, 
in questo quadro (cm. 100 x 134) del praelector 
si vedono solo il busto e le mani (dal greco antico “cheir
 deriva la parola “chirurgo”). Originale è la posizione 
ove si trova il cavadere: dinanzi al riguardante. 
E’ un’evidente citazione dal “Cristo morto” 
del pittore italiano Andrea Mantegna. 
Fondatori della Grande Scuola Medica di Alessandria d'Egitto (III secolo a.C) erano Erofilo ed Erasistrato, che sezionavano "mentre il respiro rimaneva ancora nei loro corpi" i corpi dei condannati a morte, come testimonia l'enciclopedista latino Celso ("Proemio" al "Sulla Medicina", 23). Le loro opere sono andate perdute ma della loro ricerca parlano vari autori: Varrone, Galeno, Polibio, Rufo di Efeso, Ezio, Oribasio e Marcello Empirico.
Il primo ha studiato le variazioni della frequenza del polso, usando una clessidra ad acqua e interpretando il rapporto fra sistole e diastole; il secondo (che sposò la figlia del filosofo e protoscienziato Aristotele) studiò l'anatomia del cuore e dei vasi, lo stomaco, e il diaframma nonché il sistema nervoso (cfr. Valentina Gazzaniga in "Il contesto religioso, politico e sociale della medicina ellenistica", saggio contenuto in  "La Grande Storia. Volume 8", collana a cura di Umberto Eco allegata al "Corriere della Sera", pagg. 348 - 351). La parola "autopsia" deriva proprio dal greco antico e significa "visionare coi propri occhi". Il medico Galeno (che divenne una vera auctoritas, sino al Medioevo, sinché, come vedremo, nel Cinquecento Vesalio lo contestò punto su punto) riportò le scoperte sugli animali direttamente al campo umano senz'alcuna correzione: pazzesco.

Nella sua enciclopedia delle scienze, Aristotele (384 – 322 a.C.), allievo di Platone, riserva all’anatomia (e alla fisiologia) un posto eminente. “La sua operazione in questo campo fu mettere d’accordo i fatti positivi emergenti dalle dissezioni e dalle ricerche embriologiche con le teorie naturalistiche da lui condivise; teoria dei quattro umori ed emocardiocentrismo”: il cuore, primum vivens e ultimum morens, è principio e fonte delle vene e del sangue e di tutte le funzioni vitali, somatiche e psichiche (G. Cosmacini, “L’arte lunga. Storia della medicina dall’antichità a oggi”, Laterza, Roma-Bari 1997, pag. 72).
Andrea Vesalio (Bruxelles 1514 - Zacinto 1564), figlio d'arte formatosi a Lovanio e poi a Parigi, dopo essersi esercitato su topi, cani e gatti incomincia a dissezionare corpi umani al "Cimitero degl'Innocenti" di Parigi, e, dopo essersi laureato Medico a Padova, pubblica a Basilea nel 1453 (fatalità, lo stesso anno di un altro libro rivoluzionario, il "De rivolutionibus Orbium Coelestium" di Copernico!) il "De Humani corporis fabrica" che per la prima volta contesta punto su punto l'auctoritas di Galeno (le cui conoscenze eran basate sulla dissezione di animali e non di uomini!): questo anatomista fiammingo è il fondatore dell'anatomia moderna. La sua posizione in fisiologia del cervello è agnostica:

« Non nego che i ventricoli elaborino lo spirito animale, ma sostengo che questo non spiega nulla sulla sede cerebrale delle facoltà più elevate dello spirito [...] Non sono in grado di comprendere come il cervello possa esercitare le sue funzioni. »

Nel quadro di questo rinnovato amore per l'anatomia vanno altresi ricordate le osservazioni di Fabrizio Aquapendente, di B. Eustachio, del Casserio, di Spigello, Johann Georg Wirsung, Warton, Stenone. I contributi più validi nel XVII secolo vennero ad opera di Marcello Malpighi (1628 - 1694, che a Bologna frequentò il "Coro Anatomico", accademia che dissezionava animali e uomini, e che completò il processo di scoperta della circolazione sanguigna, facendo cadere il falso mito della centralità del fegato di Galeno) e di Giovan Battista Morgagni (1682 - 1771, il fondatore, col suo "De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis") dell'anatomia patologica) ed anche qualche olandese. E nei musei d'Olanda potrete trovare varî quadri su questa parte della storia della medicina, sia all' "Amsterdams Historisch Museum" (del 1975) sia all'Aja.  In Olanda la religione cessò di vietare la dissezione dei cadaveri. Si riesce così a fare ciò che neanche i Greci potevano fare sicché usavano i cadaveri di animali. 

“Le Università olandesi avevano un pregio: erano istituti nuovi, non gravati dal peso di un passato medioevale. Ciò non significa che il sistema dell’insegnamento superiore tramandato dalla scolastica non venisse adottato e non opprimesse anche qui: Aristotele vi trionfava come altrove. Ma le università olandesi erano più libere di tante altre più antiche e avevano maggiore possibilità di contribuire allo sviluppo di nuovi rami della scienza (…) L’anatomia, l’astronomia e la botanica, la fisica e la nascente chimica furono le discipline che dettero fama duratura alle nostre università”, scrive lo storico olandese Johan Huizinga ne “La civiltà olandese del Seicento” (traduzione italiana di Piero Bernardini Marzollo, Antonio Rotondò e Anna Omodeo, Einaudi, Torino 1967, pag. 58).

All’Università di Leida era professore  Hermann Boerhaave (1668 – 1738), medico di Guglielmo III d’Orange  (1650 - 1702) e di Pietro il Grande (1672 – 1725), autore delle Institutiones Medicae (Leida 1708) e degli Aphorismi e congnoscendis et curandis morbis (Leida 1709), un “sistema di fisiopatologia teorico-sperimentale, armonizzante iatrofisica e iatrochimica e registrante la nascita di due nuove categoria esplicative, il neoumoralismo e il neosolidismo.  Per la prima di tali categorie, alcune malattie sono dovute a ridondanza o “pletora”, e a cattiva mescolanza o “acrimonia” delle parti fluide, per la seconda, altre malattie sono dovute a variazione in eccesso o in difetto della grandezza, numero, peso, posizione delle parti solide” (G. Cosmacini, “L’arte lunga. Storia della medicina dall’antichità a oggi”, Laterza, Roma-Bari 1997, pag. 287). Scriveva il professor celeberrimus: “non basta al Medico saper tutto, ma deve anche possedere un suo vivo genio per esercitare con essa una medicina affabile (medicinam jucundam)” (“Methodus discendi medicinam”, apud Pasinellum, Venetiis 1727, pag. 9, traduzione di Giorgio Cosmacini).

"I gemellini siamesi". 
Al Museo di Storia della città, trovate “L'inaugurazione della Sala da Disegno Felix Meritis del Professore di Anatomia Andreas Bonn”, dipinto di Adrian de Lelle, e all'Aja (in prestito momentaneo dalla Maurithuis, chiusa per restauro) “La Lezione di Anatomia del dr. Nicolaas Tulp” (1632) di Rembrandt commissionata dalla gilda dei chirurghi: il protagonista é praelector anatomiae cioé il conferenziere (1593-1674) cui, occasionalmente, era consentito dissezionare il cadavere di un condannato (in inverno, quando i corpi si decomponevano meno velocemente): questo è il primo quadro in cui un praelector opera una dissezione. La più antica documentazione diretta del ritratto è nella guida di Amsterdam del 1693 nella quale si legge che il quadro, insieme al ritratto di gruppo della confraternita dei chirurghi, eseguito più tardi da Rembrandt, erano esposti al pubblico nella sala anatomica della confraternita dei chirurghi di Amsterdam ove rimase sino al 1828, allorché l'acquistò il re d’Olanda Guglielmo I. Il dipinto, lontano dalla staticità che aveva connotato fino ad allora i ritratti di gruppo, mostra sette personaggi intenti ad assistere alle spiegazioni del dottor Tulp, il quale sta svolgendo la sua dimostrazione sui tendini che permettono la flessione delle dita, mentre piega le dita della propria mano in un gesto che illustra lo stesso effetto. A quei tempi era molto diffuso nei Paesi Bassi il ritratto di gruppo, un genere pittorico tipicamente olandese, inaugurato nel XVI secolo e destinato a soddisfare le esigenze di funzionari di istituti militari, corporativi o caritatevoli che, con tali dipinti, volevano decorare le loro sedi ed esporsi alla memoria dei posteri; ma erano spesso in una disposizione convenzionale dei personaggi, con gli effigiati disposti a semicerchio o in file parallele, con un effetto statico. 
"Anatomia di un bambino" di Jan Van Neck, 1683.


GIALLO STORICO. 
Rembrandt, con un’originale soluzione, che piacque a tal punto da sancire definitivamente la sua affermazione come ritrattista, riuscì ad evitare il rischio disponendo i personaggi, i medici, intorno al tavolo anatomico colti in pose naturali e spontanee. L'artista esaltò gli spunti drammatici della scena, creando così anche una suggestiva atmosfera, concentrando la luce sul cadavere (dall’artista spesso fu utilizzata l’illuminazione frontale per dar risalto all’elemento principale della composizione), sottolineando il rosso dei tendini scoperti e sollevati dal bisturi del dottor Tulp, lasciando in ombra la parte superiore del volto ed i piedi, riverberando la luce anche sui volti degli altri chirurghi e degli assistenti colti nell’espressione di partecipazione attenta e corale del momento che stanno condividendo della loro esistenza.
Una curiosità: questo dipinto ha anche ispirato il conspiracy thriller della scrittrice britannica (appasionata di storia dell'arte) Alex Connor.

Enrique Simonet (Valencia 1866 - Madrid 1927),
"L'anatomia del cuore", opera premiata e nota
anche come "Aveva un cuore!" o "L'autopsia" (1890). 
Nel museo cittadino trovate anche la “Anatomia di un bambino” di Jan Van Neck (1683): all'epoca la mortalità infantile era alta. E troverete nella stessa sala i “Gemellini Siamesi” e “La bendatura degl'infanti”. All'Aja troviamo anche (di Jan Steen) la visita medica alla ragazza che soffre di “furor uterinus”, causato dall'astinenza sessuale (causata da una cultura sessuofobica), ma l'artista si prende giuoco del “medico” che usa una pentola per l'esame delle urine. In cima alle scale ecco il rimedio suggerito dall'artista per mezzo di due cagnolini amanti: Amor omnia vicit.

C’era ancora un certo distacco fra l’attività di medico e la scienza fisiologica, come mostra l’idea secondo cui la malattia è rottura dell’equilibrio vitale fra acidi ed alcali (non dimostrata a causa delle condizioni dei cadaveri) ed esposta da “Praxeos medicae idea nova” dell’olandese Silvio (Franz de le Boe, 1614 - 1672) che, come ne “La Lezione di anatomia del dottor Tulpius” (in foto qui) dipinta dal suo connazionale Rembrandt, eseguiva autopsie integrando così l’attività clinica all’ospedale St. Caeciliagasthuis di Leida.  A lui sono legati l’onomimo “acquedotto”, sottile canale che mette tra loro in comunicazione il III ed il IV ventricolo cerebrale, e l’omonima “scissura”, che sulla superficie esterna del cervello delimita il lobo temporale dai lobi parietale e frontale.
Suo allievi furono i medici microscopisti Jan Swammerdam (1637 – 1680) e Reinier de Graaf (1641 – 1673), “i due “ovisti che si contendevano nel 1627 la priorità della scoperta dell’ovulo all’interno dei “testicoli femminili”, come il medico danese Niels Stensen (Stenone), aveva chiamato le ovaie.” (G. Cosmacini, “L’arte lunga. Storia della medicina dall’antichità a oggi”, Laterza, Roma-Bari 1997, pag. 286).
Nel 2008 ad Oegstgeest, 25 km a sud di Amsterdam ha aperto Corpus, il primo museo interattivo di anatomia e fisiologia umana (http://www.corpusexperience.nl/nl/).

IL PERSONAGGIO
E un impiegato olandese (appassionato di ottica, come Spinoza)
scoprì i batteri (ed è eletto alla Royal Society)

IL PADRE DELLA MICROBIOLOGIA è OLANDESE.

Nel Settecento, l’olandese Antonie van Leeuwenhoek (1632 – 1723) scoprì i batteri e il loro ruolo della diffusione di alcune malattie.
E' così considerato il padre della moderna microbiologia. Nato a Delft, autodidatta, scoprì i protozoi eppoi gli spermatozoi. Poi, grazie all'invenzione del microscopio, scoperse i batteri (nel 1674). Ottico per diletto (nella vita era un impiegato senza formale istruzione scientifica), creò delle lenti da sé (270 x): cinquecento mini microscopi. Poiché non sapeva disegnare bene, assunse un disegnatore affinché ritraesse i suoi esperimenti. Fu eletto alla Royal Society.
Molto credente, manifestò nei suoi scritti lo stupore filosofico per la Creazione divina.



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GITE FUORI AMSTERDAM
 
Nella “Città della Pace” solo il 50% è Olandese
Ad una ONG dell'Aja il Nobel per la Pace
250 km di piste ciclabili per 500mila abitanti 
Qui nacque l'eclettico Huygens, che studiò i Numeri e le Stelle e lanciò Rembrandt

L'Aja (Den Haag), é sorta nel Duecento, quando un Conte fece costruire una residenza (poi ampliata da un re) attorno al laghetto che vedete. E' la sede del Governo, del Parlamento, della Corte (sapete che significa “corte”? Vuol dire “recinto del Conte”), e dell'Alta Corte Internazionale di Giustizia e del Tribunale Penale Internazionale, che è l'unico corpo giudiziario delle Nazioni Unite al di fuori di Nuova York, la Corte per i crimini nella ex Jugoslavia, il Tribunale per il Libano., l'Accademia di Diritto Internazionale, il quartier generale dell'Europol, la Corte Permanente di Arbitrato (il più antico organismo giuridico internazionale per le controversie economiche, fondato nel 1899), nonché altre 150 organizzazioni internazionali che si occupano di diritto. Il tessuto urbano di questa città è meno compatto rispetto a quello di Amsterdam per due principali motivi: la minore incidenza dei canali e le distruzioni belliche. 500 mila abitanti, attraversata da 250 km di piste ciclabili, dal 1831 è la sede della Casa Reale, che vanta il sovrano più giovane d'Europa, ed é (dal 1899) la “Città della Pace”, di cui c'è anche la fiamma esposta fuori. Quest’anno il Premio Nobel per la Pace è stato assegnato all’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche, creata nel 1997 e con sede all’Aja. La Maurithuis, Palazzo secentesco di un Conte poi venduto al politico (nonché musicista e poeta) Christiaan Huygens (L'Aja 1629 - 1695), nonché uno dei più importanti Musei al mondo, è chiusa (in restauro), ma tutta la collezione la vediamo al “Gemeentem Museum”: Vermeer (quello de "La ragazza con l'orecchino di perla"), Rembrandt (“La Lezione di Anatomia del dr Tulp”, che ho descritto sopra nel mio excursus di storia dell'Anatomia), Rubens. Fra i quadri più curiosi, “La giovane madre di Gerrit Dan”, allievo di Rembrandt. Oggi gli Olandesi sono solo il 53, 4%, gl'immigrati occidentali sono il 14%, il resto sono turchi (6,8%) e marocchini (5,8%) e provenienti del Suriname (9,2%): è il multiculturalismo qui molto di moda. Solo 2,2% quelli provenienti dalle Antille Olandesi e da Aruba. E' sede di varie multinazionali, fra cui la “Royal Dutch Shell” (la seconda società più grande nel campo energetico internazionale), la “Schlumberger” (la più grande azienda al mondo di servizi petroliferi) e la “Siemens AG” (la società di ingegneria più grande d'Europa). Qui morì Spinoza (Amsterdam 1632 – L'Aja 1677). Huygens nel 1655, adoperando un telescopio costruito da sé, scoprì la luna di Saturno, Titano, e teorizzò che Saturno fosse circondato da un anello sottile e piatto, non collegato al pianeta, inclinato rispetto all'eclittica ed osservò la Nebulosa di Orione che, col suo telescopio, fu in grado di suddividere la nebulosa in singole stelle: in suo onore la regione interna più chiara della Nebulosa di Orione è chiamata “Regione di Huygens”. Gli è stato dedicato un asteroide, 2801 Huygens, un cratere su Marte e un monte sulla Luna, che è la cima più alta della catena dei Montes Apenninus. Inoltre, ha preso il suo nome anche il lander atterrato su Titano durante la Missione spaziale Cassini-Huygens nel 2005. Questo versatile scienziato s'occupò anche di ottica, costruendo un oculare per cannocchiali formato da due lenti pianoconvesse, adatto a ridurre l’aberrazione cromatica, che oggi da lui prende il nome. Questo scienziato olandese propose inoltre nuove tecniche di lavorazione delle lenti. Su insistenza del suo amico matematico Pascal (1623 - 1662), Huygens scrisse il primo libro sulla teoria delle probabilità, “De ludo aleae” (1657), grazie al quale è considerato uno dei fondatori della disciplina del calcolo delle probabilità. Huygens preparò le fondamenta del calcolo infinitesimale (poi sviluppato da Leibniz e Newton) nei suoi lavori sui coni, ma soprattutto è famoso per la sua ipotesi circa la natura ondulatoria della luce. Prendendo in esame la forza centrifuga e la gravità, poi, fu il primo a notare la variazione della forza centrifuga tra poli ed equatore, riuscendo ad esprimere tale forza anche da un punto di vista matematico: constatò che il pendolo che batteva il secondo a Parigi, a Cayenne (cioè a differente latitudine) perdeva 2 minuti ogni 24 ore. A lui si deve anche la prima ipotesi in merito alla conservazione dell’energia, introducendo il concetto di forza viva, che successivamente sarà chiamata “energia cinetica”, applicata concettualmente anche alla possibilità di spiegare i fenomeni naturali in termini di cambiamenti di velocità e posizione di atomi microscopici. Tramite deduzioni matematiche, calcolò assieme a Newton (1624 - 1727) lo schiacciamento terrestre. Come se non bastasse, s'interessò anche alla teoria dei vortici di Cartesio (1596 - 1650), cercando di perfezionarla. Infine ideò il pendolo cicloidale. 

Ad Utrecht, capitale cattolica, la Torre più grande d'Europa (112m) ove fu firmata la (relativa) libertà religiosa degli Ebrei
Qui nacque il Papa che contestò i predecessori: eretici!

Ho poi visitato l'elegante centro storico di Utrecht, trecentomila abitanti sita a 35 km da Amsterdam, capitale religiosa dei cattolici olandesi, città universitaria (il suo ateneo, di 30mila studenti, è il più grande d'Olanda) ed anch'essa, come Amsterdam, circondata da canali, fra i più pittoreschi l'Oudegracht ed il Nieuwegracht: girabile a pié, bicicletta, canoa, barca o pedalò!

Fu qui che fu firmato, nel 1579, lo storico riconoscimento della libertà religiosa di tutti, inclusi gli Ebrei. La Piazza del Duomo (Domplatz), ridisegnata dopo il parziale crollo (1674) della Cattedrale di San Martino (XV -XVI sec), per un cedimento strutturale a causa del terreno, e della quale son rimaste la Torre (isolata), il transetto ed il coro (che formano la cattedrale odierna, cioé la Domkerke, tra i primi esempi di gotico in Olanda) e il chiostro. La città risale agli antichi romani e oggi si distingue pei suoi negozi, i suoi caffé e i suoi ristoranti, pieni nelle giornate di sole. Nel 1713 ad Utrecht venne firmato il Trattato di Utrecht (cui è dedicata la Mostr"Peace was made here") che fu preliminare alla fine della Guerra di successione spagnola e durante le cui celebrazioni il compositore Händel scrisse la musica che proprio quest'estate è stata eseguita a Milano. Un personaggio  nato ad Utrecht fu Papa Adriano VI  (Utrecht 1459 - Roma 1523) spiritualmente vicino alla devotio moderna, un movimento di rinnovamento spirituale del Tre-Quattrocento, che auspicava una religiosità intima e soggettiva nato grazie all'esperienza religiosa del predicatore Geert Groote (Deventer 1340 - 1384) figlio di un ricco mercante (come il fondatore della chiesa valdese) e fondatore dei Fratelli della Vita Comune che dava importanza all'individualità, al raccoglimento, alla meditazione, alla lettura personale della Bibbia. 
La casa natale dell'unico Papa olandese.
Tali idee influenzarono la Riforma Protestante e i percorsi spirituali di cattolici come l'olandese Erasmo  (anch’egli anticipatore di alcune idee della Riforma, e di cui Adriano fu professore) e Ignazio di Loyola (il fondatore dell’ordine dei Gesuiti). Gl’italiani videro in Adriano un pedante professore straniero, un pò come Ratzinger, e che non parlava l'italiano: l'ex professore (dell'ateneo di Lovanio, la più antica Università cattolica d'Europa) ed ex tutore del futuro imperatore Carlo V, nonché ex inquisitore generale, era fermamente opposto a cambiamenti nella dottrina, e non solo richiese che Martin Lutero venisse punito per eresia ma addirittura dichiarò, in una delle sue opere, che il papa sia fallibile, anche in materia di fede e che diversi papi abbracciarono e insegnarono dottrine eretiche (in contraddizione con il dogma dell’infallibilità papale!): infatti, gran parte delle sue opere sparirono dopo il suo pontificato. fu l'ultimo papa non italiano fino all'elezione di Wojtyla nel 1978 e l'unico papa olandese. Ex inquisitore, anche per questo come Ratzinger fu poco amato. 






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L'Odissea degli Ebrei Olandesi (1600 - 1900): 
Dalla fuga dall'Inquisizione Spagnola alla distruzione della Comunità di Amsterdam da parte degli occupanti nazionalsocialisti (- 10% degli abitanti)
Pim Fortuyn: non abbiamo fatto autoanalisi sul nostro collaborazionismo 
La magia della Sinagoga Secentesca: l'illuminano solo le candele!


Nel nostro Paese lo sterminio pressoché totale della comunità ebraica – dei 140.000 ebrei prima della guerra circa 100.000 non sono sopravvissuti alle atrocità- non è stato seguìto da una vera e propria autoanalisi sul nostro ruolo, passivo e attivo, nella preparazione e nell’esecuzione di questo genocidio (…). Fatti che vengono riportati con poca enfasi, né tantomeno vengono commemorati come parte della colpa collettiva che portiamo anche noi, come popolo e come società, per ciò che, sotto la regia dei nazionalsocialisti, è costato la vita in totale a sei milioni di concittadini ebrei nelle circostanze più orrende.”
PIM FORTUYN, "La società orfana. Trattato religioso-sociologico", edizione italiana a cura dell’Associazione culturale Carlo Cattaneo, Pordenone 2007, pag. 200 

Ad Amsterdam han sempre avuto casa gli Ebrei. Ho visitato la bellissima secentesca Sinagoga Portoghese (1675, che non aveva eguali al mondo per dimensioni, all'epoca, e le cui cerimonie, ancora oggi, sono illuminate solo da candele dei candelabri a sette braccia del Seicento), il Museo ebraico (nel cui complesso di quattro sinagoghe vi é anche la Grote Synagoge del XVII secolo, la sinagoga pubblica più antica dell’Europa occidentale), e la "Anne Frank Huis" (che è sede anche della Fondazione a lei dedicata).
Ogni ebreo può indossare la kippah del colore che preferisce.
Nel 1579, nella città olandese di Utrecht (che ho visitato) fu firmato un documento che riconosceva la libertà religiosa di tutti, inclusi gli Ebrei: questo atto fu la condizione di possibilità dell'esistenza degli ebrei in Olanda.
L'olandese UGO GROZIO
formulò il principio innovativo
secondo cui il Mare è territorio internazionale,
e quindi tutte le Nazioni sono libere di commerciare
senza monopoli. Come tutti i grandi olandesi (vedi sotto),
fu trattato molto male dai suoi compatrioti: fu arrestato
e condannato a morte, trovò la salvezza con la fuga a Parigi
Nel 1549 l’imperatore Carlo V (quello sul cui impero non tramontava mai il sole) ordinò l’espulsione di tutti i portoghesi giunti ad Aversa dopo il 1543 (benché essa fu ostacolata dalle autorità cittadine, che traevano benefici commerciali dalla loro presenza). A causa della guerra del 1595 vi fu un crollo del commercio della città di Aversa e molti portoghesi si trasferirono ad Amsterdam. Gli stati delle Province Unite cercarono l’appoggio degli ebrei favorendo l’insediamento di gruppi di askenaziti. Nel Seicento, gli ebrei della Penisola Iberica (Sefarditi) fuggivano dall'Inquisizione spagnola: quelli che, in Spagna e Portogallo, non volevano rassegnarsi al fatto di essere stati costretti a convertirsi al cristianesimo cattolico, nella cittadina di Emden chiesero ad un rabbino di fondare assieme una comunità. Infatti, per fondare una comunità ebraica, serviva un rabbino: un maestro. Il rabbino che avevano contattato mostrò loro una mappa di Amsterdam e promise che altri ebrei li avrebbero raggiunti. Nacque così un villaggio di trecentocinquanta anime nella città di Amsterdam. Li raggiunsero, dall'est Europa e dalla Germania, gli ebrei askenaziti (estremamente poveri) nel 1635. Nel 1614 gli Stati generali decisero di affrontare il problema della presenza ebraica in Olanda e si rivolsero ad uno dei più grandi studiosi di diritto internazionale, il cristiano Ugo Grozio (1583 - 1645), un liberale che consentì lo stanziamento ma vietò il “matrimonio misto” e i rapporti sessuali tra cristiani ed ebrei, prescrisse l’esclusione dagli uffici pubblici e proibì la conversione dal cristianesimo all’ebraismo.
Portare la kippah per strada può essere molto pericoloso
nella "liberale" Amsterdam oggigiorno. 
Nel 1615 gli ebrei furono autorizzati dagli Stati generali a praticare l’ebraismo pubblicamente, rimase però proibito il matrimonio misto. Dal punto di vista giuridico, gli ebrei della capitale olandese restarono "stranieri" fino al 1657, data in cui venne concessa ai mercanti più importanti la cittadinanza. Nel 1639 le tre congregazioni portoghesi si fusero in un’unica comunità, la Talmud Torah, che fu dotata d’ampi poteri garantiti dall’autorità cittadina. Nel 1671 fu inaugurata la prima sinagoga ashkenazita, nel 1675 quella portoghese, l’Esnoga.
Nel 1750, 20mila ebrei costituivano il dieci per cento dell'intera popolazione di Amsterdam. Anche Rembrandt e Spinoza vivevano in questo primo quartiere ebraico. Certo, ad Amsterdam avevano più libertà che altrove in Europa: non c'era l'Inquisizione. Eppure, la discriminazione c'era anche qui. Per esempio, era loro precluso di costruirsi la sinagoga: sicché, dovevano pregare a casa loro.
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La Ets Heim – Livraria Montesinos è la più antica 
Biblioteca Ebraica del mondo. 
Solo nel 1639 poterono inaugurare la Sinagoga Portoghese (qui in foto) e in sèguito le altre tre. A costruirle, non furono ebrei: loro non potevano entrare nelle gilde (cioé le corporazioni da Medioevo che ci ritroviamo ancora in Italia sotto il nome di "Ordini"). Le gilde accettavano solo cristiani. E se non eri dentro le gilde, non lavoravi. Sicché, gli ebrei potevan crearselo da sé, il lavoro: rabbini, maestri, macellai kosher, commercianti di diamanti, tabacco, legno e zucchero. Quelli che commerciavan diamanti s'arricchirono, tutti gli altri (i più) restavan poveri. Non avendo scelta, facevano i venditori ambulanti e gli straccivendoli. Molti di essi dipendevano dalla carità dei ricchi ebrei “portoghesi”. Gli ebrei avevano le loro scuole, i loro ospedali, i loro orfanotrofi, i loro cimiteri, le loro regole: e così scomunicarono Spinoza, il filosofo dalle idee radicali che mise in discussione l'autorità dei rabbini. Ed erano isolati dal resto della società: dai cristiani. Era una sorta di eutanasia istituzionalizzata, indiretta: forse così si sperava che questo popolo si estinguesse così.
SENSO DI COLPA. Gli Olandesi hanno il triste
primato di essere il popolo europeo che ha
consegnato il maggior numero di ebrei
ai nazisti. La vergogna per questa colpa
storica è percepibile ancora oggi.

Così lamentava l'attivista pei diritti civili Mozes Asser (Amsterdam 1705 - 1759): “ci è stato permesso di cantare i salmi in pubblico e di morire di fame.” Fu solo con l'occupazione dei Francesi (1795 – 1813), con le loro idee di Liberté, Fraternité, Égalité, insomma i Diritti dell'Uomo e del Cittadino, che gli ebrei divennero “citoyens con pari diritti civili: come quello di votare e farsi votare. Le illiberali gilde, tanto ritratte dai quadri di Rembrandt, furono sciolte nel 1809: ora ognuno poteva fare il lavoro che voleva. Il nuovo governo francese fece politiche d'integrazione: ora si deve parlare bene l'olandese anziché l'Yiddish (degli Ashkenaziti) o il portoghese o il Ladino (dei Sefarditi). In compenso, accanto alle liberalizzazioni delle professioni, la chiusura del commercio con l'Inghilterra creò una crisi economica, come abbiamo visto. E i più fra gli ebrei, come s'é detto, erano già poveri. E quindi non liberi. Si crea quindi un gap fra il governo e le masse, che si lasciano sedurre dalla nuova ideologia (diffusa dopo la pubblicazione del “Manifesto” di Marx nel 1848) del socialismo. Fu da un quartiere ebraico di Amsterdam Est creato ad inizio Novecento che proveniva il primo socialista mandato in Parlamento. Per fortuna, nel 1870 vennero scoperti giacimenti di diamanti in Sud Africa che creò un'industria della lucidatura dei diamanti (due grosse fabbriche, Boas e Coster, eran site proprio nel quartiere ebraico): grazie a questo nuovo ramo del commercio, si creò, finalmente, una classe media di ebrei, che guadagnava e stava meglio e che contribuì alla fondazione della Compagnia delle Indie Orientali Olandese. “I mercanti di diamanti ebrei” erano “un gruppo etnico così saldamente compatto da essere in grado di creare il più efficiente dei mercati poiché è riuscito a mantenere molto bassi i costi legati alla sorveglianza e alle transazioni economiche, riducendo così le spese di ogni singola vendita” (Jonathan Haidt nel già citato “Menti tribali”, Codice edizioni, Torino 2013, pag. 371): in altre parole, essendoci (la buona) Fede e dunque fiducia, la religione ebraica ha favorito gli affari perché gli ebrei erano persone di cui potersi fidare.

Cala la mortalità infantile, sale la natalità: ad inizio Novecento gli ebrei erano sessantamila. Crebbero talmente tanto, troppo, che il quartiere divenne sovraffollato, con una densità sette volte maggiore rispetto alle altre zone della città e lasciarono questo vecchio e povero quartiere ebraico alla working class per andare ad abitare nuove zone della città. Il sovraffollamento crea problemi igienici e sanitari: la tbc si diffonde qui tredici volte più frequentemente. L'upper class e la middle class si trasferisce vicino al Concertgebouw (che è vicino al Rijksmuseum) e il Plantage diviene un quartiere residenziale dei ricchi. Nonostante questo esodo, le istituzioni ebraiche e il mercato (che attirava anche i non ebrei) restarono lì. Furono creati due nuovi mercati in nuove zone, eccetto il Sabato: frutta e verdura, verdure, stoviglie, vestìti. La domenica, gli ambulanti vendevano medicamenti magici e robe di seconda mano. Altri ebrei, anziché al mercato, andavano in giro spingendo il carretto a mano a vendere fiori, frutta e verdura. Al Plantage un importante edificio ebraico era il Sindacato dei Lavoratori Olandesi del Diamante: l'ANDB, il primo sindacato dei commercianti indipendente. Molti politici di sinistra fecero gavetta qui, e i più fra i suoi membri furono sterminati nei Lager. Fu fondato il Partito dei Lavoratori Socialdemocratici (SDAP) da Henri Polak. Il fatto che molte parole ebraiche siano entrate a tutti gli effetti nel vocabolario di Amsterdam dimostra quanto l’attuale capitale fosse importante per questo popolo che ha lasciato la propria impronta ben visibile sulla lingua olandese: i cittadini della capitale usano ancora la parola mazzel (buona sorte) quando sentono che la fortuna è dalla loro, e l’aggettivo ebraico mesjogge (pazzo) viene usato correntemente dagli abitanti di Amsterdam. Il 10 maggio 1940, i nazisti invadono l'Olanda. A differenza di quanto era accaduto in Danimarca e in Belgio, i cui sovrani rimasero a guida dei loro paesi occupati dai nazisti, la regina olandese Guglielmina andò in esilio a Londra, insieme al governo. L’Olanda fu dunque amministrata dalla burocrazia ministeriale, che collaborò (inclusi, per paura, i leader delle comunità ebraiche) attivamente con le autorità naziste. Nel 1941, vivevano in Olanda circa 140 000 ebrei, 10.000 dei quali erano tedeschi, che avevano cercato rifugio nel paese tra il 1933 e il 1939. Quasi tutti gli ebrei residenti nei Paesi Bassi abitavano in grandi città: 80.000 ad Amsterdam, 29 000 a L’Aja e Rotterdam. Da quando i nazisti hanno invaso il Paese (l'occupazione durò dal 1940 al 1945), dal 1942 gli ebrei non poterono più telefonare, frequentare case non ebree, venne imposto il coprifuoco dalle 20 alle 6 del mattino e furono concesse soltanto due ore - dalle 15 alle 17 - per fare acquisti, e fu loro proibito anche di viaggiare coi mezzi pubblici. La linea 8, il “tram degli ebrei”, fu cancellata ed usata esclusivamente per le deportazioni nei campi di concentramento e sterminio. A partire dalla guerra, ove sessantamila ebrei di Amsterdam morirono (tre quarti: una percentuale senza precedenti), non ci fu mai più una linea 8 ad Amsterdam. Nel 1943, tremila ebrei ad Amsterdam e 70-80mila ebrei in Olanda furono arrestati per le strade, e spediti nei Lager come merci, dopo essere stati provvisoriamente rinchiusi al Teatro Schouwburg, che oggi è un memoriale per i 104mila ebrei olandesi uccisi dai nazionalsocialisti. I principali campi di “lavoro” olandesi erano Westerbork e Vught. La Resistenza fu scarsa e divenne organizzata solo nel 1943, quando ormai la maggior parte degli ebrei erano stati deportati. Solo diecimila ebrei su settantamila sopravvissero. Fra questi, Otto Frank (1889 - 1980), il padre di Anna. Quando, nella Amsterdam liberata (8 maggio 1945) gli ebrei tornarono, trovarono le proprie case saccheggiate. E il quartiere ebraico non esisteva più. Amsterdam perse il 10% dei suoi abitanti.Solo uno su 16 dei 90.000 ebrei di Amsterdam sopravvisse alla guerra di sterminio (uno su sette nei Paesi Bassi), la percentuale più bassa di tutta l’Europa occidentale.

Gli Olandesi consegnarono ai tedeschi la percentuale più alta di ebrei di tutta l’Europa.
Un comportamento molto diverso da quello dei Danesi. Nell'agosto 1943, nella Danimarca occupata da Hitler si scatenò la Caccia all'Ebreo finalizzata alla pulizia etnica. 3000 Ebrei locali discendevano da famiglie insediate lì sin dal Seicento, altrettanti eran giunti ad inizio Novecento dalla Russia per sfuggire al comunismo, mille eran giunti dalla Germania e dall'Austria per scampare proprio ai Lager nazionalsocialisti: la stragrande maggioranza di questi 7mila Ebrei Danesi (uomini donne vecchi e bambini) fu messa in salvo dai propri compatrioti. Il fiero Popolo Danese, seguendo l'invito del Vescovo di Copenaghen, non rimase affatto passivo spettatore o collaborazionista (come tanti olandesi): la gente comune li nascose, li nutri', li scaldo' e li imbarco' verso la vicina e neutrale Svezia cioè verso la sicura salvezza. Il libro Il popolo che disse no” di Bo Lidegaard appena uscito racconta l'avventurosa storia di un intero Popolo che, coraggiosamente saldo sui propri principii patriottici e cristiani, salvò un altro Popolo intero. 


Eroi Olandesi/1: La Famiglia che protesse i Frank
Visita al Rifugio Segreto
La Fede della ragazzina che voleva diventare Scrittrice:
Guardo il Cielo e penso: l'Uomo in realtà é buono”
Chi rischia la vita per salvarci è la dimostrazione vivente dell'esistenza di Dio”

EROINA del BENE. Miep Giels (1909 - 2010) era una signora viennese
che si trasferì ad Amsterdam ove fu assunta da Otto Frank nella sua azienda.
 Qui nascose la famiglia Frank (rischiando deportazione e condanna a morte)
e custodì il Diario di Anne.
Uno dei milioni di vittime del nazionalsocialismo fu Anne Frank, nata nel 1929 a Francoforte e morta chissà quale giorno del 1945 a Bergen Belsen. Avevo già visitato il “Museo di Anne Frank”, a Berlino, e mi ero commosso come quando, ragazzino, avevo letto il suo Diario, poi riletto da adulto, con ben maggiore consapevolezza. E mi son commosso anche qui, nella “Casa di Anne Frank” (ove non è consentito fotografare), con le semplici parole e pensieri della ragazza che riempiono il vuoto di queste pareti nude di queste stanze svuotate dai nazisti e rimaste così per volontà del padre. Alla casa si può anche visionare un video di un treno di prigionieri diretto ad Auschwitz, il video (girato dall'esercito inglese) di Bergen Belsen appena liberato: gente mostruosamente magra distesa per terra esausta (su cui presto uscirà un film-documentario tenuto sinora top secret del regista Premio Oscar Alfred Hitchcock), e le video testimonianze dei sopravvissuti che descrivono Anne come effettivamente ce la figuriamo dal diario: vivace, curiosa di tutto, amabile. Nel Museo berlinese si vedono gli album di famiglia (le foto al mare, a scuola, in classe, in casa). Ecco la storia. La famiglia Frank vive in Germania, a Francoforte. Il capofamiglia è bancario, la madre casalinga. Con l'insediamento al Potere di Hitler, la famiglia s'insedia nella vicina Olanda, come tanti altri ebrei: nella zona Sud della città, ove si era creato un nuovo quartiere ebraico. Anna va alle scuole Montessori. 20 mila scuola nel mondo, il metodo Montessori (1870 – 1952) si basava su un armonico sviluppo di facoltà psichiche e motorie: invece, nella clausura della casa segreta, Anna potrà al massimo prendere qualche boccata d'aria in soffitta. La grande pedagogista italiana spiegò bene anche il passaggio dalla libertà alla disciplina: qualcosa che tornò utile alla ragazzina perché nella casa Anne dovette essere molto disciplinata per ragioni di sopravvivenza: non fare rumore, non uscire, non scostare le tende.
Maria Montessori fu la prima donna italiana a
laurearsi in Medicina dopo l'Unità.
Nel 1934, sia Mussolini sia Hitler chiudono tutte
le scuole Montessori. 
Con l'occupazione tedesca dell'Olanda, che sarebbe durata cinque anni, e con l'istituzione delle stesse leggi razziali (nel maggio 1942, la stella di David appiccicata al petto degli ebrei anche in Olanda), Otto Frank sapeva che un giorno avrebbero chiamato sua figlia Margot. Ed infatti fu così. Il 5 luglio 1942 arriva un avviso di chiamata per lei: per andare a “lavorare in Germania”. Se non si fosse presentata, sarebbe stata prelevata a forza. Ciò significa che é ora di fuggire. Tutti quanti. Tutto è pronto: dalla primavera i Frank stavano allestendo un rifugio segreto nella soffitta segreta di un palazzo in Prinsengracht, aiutati da amici non ebrei (collaboratori della sua ditta che, a loro rischio e pericolo, avrebbero recato loro cibo e notizie). In pieno giorno, inizia l'avventura: indossando più vestìti uno sopra l'altro (nonostante il caldo dell'estate), si dirigono (camminando come se nulla fosse), verso il rifugio: come se dovessero andare a fare una passeggiata. Dopo tre quarti d'ora, arrivano nella “casa” ove trascorreranno due anni: 761 interminabili giorni. Successivamente, si unisce a loro la famiglia di Peter, la prima cotta di Anne. In totale, otto clandestini.
Conosciamo la sua storia perché Anne aveva ricevuto in dono dai genitori pel tredicesimo compleanno non una stupida bambola od un giocattolo, bensì un diario: Anne finge che sia un'amichetta, una pen friend, se ne affeziona, e lo reca con sé nel rifugio, e lo scrive a mano in bella grafia. “Come nascondiglio è ideale”, scrive l'11 luglio 1942: una libreria girevole viene costruita a bell'apposta e messa sopra la porta segreta per renderlo ancora più sicuro. Le proibizioni sono tante: per molte ore i clandestini devono evitare di far scorrere l'acqua, ché sotto potrebbero sentirli (23 agosto 1943) e “di giorno non possiamo scostare le tende di un solo centimetro” (28 novembre 1042).
FEDE NELL'UMANITA'. "Nonostante tutto", scrive
in una pagina del suo Diario Anne Frank, 
"continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo". 
Anne passa le giornate leggendo e studiando in silenzio, solo nelle ore di break degli operai che lavorano al piano di sotto (e che non sanno nulla) può conversare: “Di giorno dobbiamo camminare in punta di piedi e parlare sottovoce perché nel magazzino non devono sentirci” (11 luglio 1942). Ma anche prega, sogna e pensa. E scrive: i propri sentimenti e pensieri. Per la gioia di scrivere, per hobby, ma anche perché, ben presto, comprende che il suo potrebbe diventare un libro storico, e lei una scrittrice.

“Scrivendo mi libero di qualsiasi cosa, mi passa il malumore, mi si solleva il morale!” (5 aprile 1944). 

PIETA'. Anne Frank teneva appeso un poster
del capolavoro (1498 - 99) di Michelangelo  (1475 - 1564)
nella sua stanzetta del Rifugio Segreto ad Amsterdam.
Può prendersi una boccata d'aria nella soffitta, con Peter, il ragazzo cui dà il primo bacio e con cui studia francese. Nel diario racconta le difficoltà, come i pranzi a base di spinaci e insalata per settimane o di crauti vecchi di due anni (14 marzo 1944), il terrore di notte al rumore degli aerei alleati presi di mira dalla contraerea e l'insonnia per la paura che bombardino anche casa sua:

“di notte non abbiamo pace, ho le occhiaie per la mancanza di sonno”.

 Il 9 ottobre 1942, la notizia choc: “La radio inglese” (la BBC) “parla di camere a gas. Sono totalmente sconvolta”. Anne si fa coraggio quando la radio dà la notizia che gli Alleati stanno facendo la guerra ai nazisti. Oggi la stanza è nuda, ma come tanti teenagers, per ravvivare la sua stanzetta/prigione, anche Anne aveva la stanza tappezzata di posters: prima di attrici di cinema, poi anche di arte, compresa la Pietà di Michelangelo (quella pietà umana che i nazisti non ebbero per le persone come lei). Come molti di noi quando eravamo ragazzini, ha mutato varie volte sogni: infine sogna di diventare una scrittrice famosa. Decisivo, in questo orientamento, é lo storico discorso che il ministro in esilio Bolkestein pronunzia alla radio Orange (il 28 marzo 1944):

“finalmente, dopo tanti ripensamenti, ho iniziato a scrivere il mio “Alloggio Segreto”, nella mia testa è già finito (…) chissà se riuscirò mai a completarlo davvero” (20 maggio 1944)

Dice al padre: “Sapevi da tanto che il mio grande desiderio era diventare giornalista e, dopo, una famosa scrittrice. Comunque, dopo la guerra vorrei pubblicare un libro intitolato “L'alloggio segreto” (11 maggio 1944). Scrive il 12 febbraio 1944:

“il sole splende, il cielo è azzurro intenso. Soffia un venticello meraviglioso e vorrei tanto...vorrei...tutto...Parlare, essere libera, avere amici, essere sola.”
JEWISH FRIENDLY. “La sposa ebrea” ,
Amsterdam, Rijksmuseum,  raffigura Isacco e Rebecca,
la cui storia è narrata nella Bibbia ebraica.
Il pittore olandese Rembrandt era amico
di persone di tutte le fedi. 

Il 15 luglio 1944 scriveva invece:

la gioventù, in fondo, è più solitaria della vecchiaia. Questa massima che ho letto in qualche libro mi è rimasta in mente e l'ho trovata vera; é vero che qui gli adulti trovano maggiori difficoltà che i giovani? No, non è affatto vero. Gli anziani hanno un'opinione su tutto, e nella vita non esitano più prima di agire. A noi giovani costa doppia fatica mantenere le nostre opinioni in un tempo in cui ogni idealismo è annientato e distrutto, in cui gli uomini si mostrano dal loro lato peggiore, in cui si dubita della verità, della giustizia, e di Dio.” 

Ella trova proprio nel gesto delle persone buone che li ospitano la prova vivente dell'esistenza di Dio: il Bene esiste, e lo mostrano persone come il fruttivendolo che venne arrestato perché, anche lui, nascondeva degli ebrei. Ci sono anche pagine che fanno ridere, come il 12 marzo 1943, quando taglia i capelli del padre con risultati buffi! Anne tiene anche un quaderno con le frasi che più la colpiscono degli autori che legge. Scrive l'11 aprile 1944:

“Un giorno questa terribile guerra sarà finita. Quel momento arriverà quando noi saremo “people” (persone, popolo) e non solo ebrei”. 

Otto  (1889 - 1980) fu l'unico sopravvissuto degli otto clandestini. Non sapremo mai chi tradì le due famiglie e fece la spia.

Il Diario è un documento unico  perché mai ritoccato 
¾ degli Ebrei di Amsterdam (60mila) uccisi in guerra,
grazie alla collaborazione degli olandesi, scarsa la resistenza


Le culture cristiane che hanno istigato l’antisemitismo e l’assassinio degli ebrei se ne lavano le mani con l’innocenza di Pilato

PIM FORTUYN, “La società orfana. Trattato religioso-sociologico”, edizione italiana a cura 
dell’Associazione culturale Carlo Cattaneo, Pordenone 2007, pag. 203

Dei 22 mila clandestini ebrei 9 mila sono stati scoperti ed arrestati, spesso a causa di una delazione.
Il regime nazista dava soldi a chi faceva la spia (sino a 40 fiorini, una settimana di stipendio medio).
REGISTA tre volte PREMIO OSCAR.
L'opera di quest'adolescente è un documento umano straordinario, che ci fa riflettere a trecentosessanta gradi, anche sul rapporto genitori-figli. Così commenta, in un'intervista Tv, Otto Frank, che scopre e legge il diario della figlia solo dopo la sua morte per tifo in un Lager:

“Da quelle pagine scritte mi appariva una Anne completamente diversa dalla bambina che avevo perduto. Non avevo idea che custodisse pensieri e sentimenti tanto profondi (…) Che avesse tratto tanto coraggio dalla fede in Dio fu una vera sorpresa per me. Non aveva mai prestato particolare attenzione quando celebravamo le feste ebraiche o quando il signor Pfeffer pronunziava la preghiera del venerdì. Era sì presente, ma restava in silenzio. Credo che i riti dell'ebraismo avessero scarso significato per lei, ma che considerasse importante l'etica della dottrina”.

Nel 1960 il nascondiglio diviene Museo, ove trovate anche l'Oscar di Shelley Winter (1920 - 2006), l'attrice di Hollywood la quale, consapevole delle proprie radici ebraiche, disse: “Signor Frank, se vinco un Oscar per “Il diario di Anne Frank” (USA 1959), Le prometto che lo porterò al Museo di Anne Frank ad Amsterdam”. E così fece. Nel 1966 avrebbe vinto il suo secondo Oscar, sempre come miglior attrice non protagonista. Il film, girato a quattordici anni dalla morte di Anne Frank, del regista Stevens (già vincitore di tre premio Oscar) s'aggiudicò altre due statuette dell'Academy: miglior fotografia in bianco e nero e miglior scenografia, sempre in b/n.
PREMIO OSCAR DEDICATO AD ANNE FRANK,
La statuetta donata dall'attrice Shelley Winters
al Museo Anne Frank di Amsterdam. Era il 1959.
Inizialmente Stevens aveva girato un finale che mostrava la deportazione degli otto rifugiati e la morte di Anna in una Auschwitz e in una Bergen-Belsen ricostruite in studio, ma diverse critiche convinsero Stevens a eliminare e distruggere tale finale, accorciando così il film a 172 minuti. In Europa il film circolò in una versione ancora più ridotta a 156 minuti e con un finale ancora diverso, e solo nel 2004 in Italia, con l'uscita della edizione DVD (che trovate a 7 euro e 90 in Mondadori Duomo oppure gratuitamente alla Biblioteca Sormani di Milano, i 20 minuti circa dell'edizione americana sono stati per la prima volta doppiati e fatti conoscere al pubblico europeo.
Il film, che dura ben due ore e trenta, inizia con la visita di Otto Frank nel nascondiglio, nel 1945, a guerra finita. Quindi, si torna indietro con la storia, per risparmiarci il momento dell'arresto (il film si ferma con l'arrivo della polizia verde che sfonda la porta di sotto).
L'opera hollywoodiana, con varie licenze poetiche ma fedele allo spirito e alla verità umana del Diario, rende bene la claustrofobia, il senso di soffocamento, e anche le meschinità (dovute al patimento della fame) e l'umanità (il perdono, i piccolo gesti carini, come i doni del padre alla figlia o i regali creati da Anne con miseri mezzi per i suoi compagni di prigionia). Il regista fa dire direttamente ad Anne in forma di dialogo i suoi pensieri (ad esempio il suo pensiero su Dio lo fa dire a Peter guardando insieme il Cielo in soffitta), ed ha una componente thriller: usando il bottom up, fra piano di sotto e subito dopo piano di sopra con una carrellata, rende l'idea della tensione per ciò che si sente giù (e sposa l'ipotesi, che è solo una fra le tante, che sia stato il ladro a fare la spia con la Gestapo), e gli sguardi allarmati ogni qual volta i clandestini sentono una sirena per strada, nel terrore siano i nazisti venuti ad arrestarli, come effettivamente succederà. Il film rende anche il rapporto madre/figlia, tipicamente difficile nell'adolescenza, ed Anne paragona proprio questo periodo passeggero al periodo di odio che sta vivendo il mondo: passerà, l'umanità evolverà anch'essa. Il signor Frank dedicherà tutto il resto della sua vita a rispondere alle migliaia di lettere di persone che hanno letto il diario della figlia.
Questa è la fede di Anne:

Ecco la difficoltà di questi tempi: gl'ideali, i sogni, le splendide speranze non sono ancòra sorti in noi che già sono colpiti e completamente distrutti dalla crudele realtà. È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo.” (15 luglio 1944). “Mi é impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte il rombo, l'avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche queste spietata durezza cesserà, che ritorneranno l'ordine, la pace e la serenità. Intanto debbo conservare intatti i miei ideali; verrà un tempo in cui forse saranno ancora attuabili.”

La scrittrice Mirjam Pressler è anche traduttrice dall'ebraico.
Anne Frank fu vittima non solo del nazionalsocialismo, ma anche dello spionaggio, tipico di tutte le dittature. Fu lasciata morire di fame e sete e malattia perché ebrea dopo una campagna di animalizzazione e disumanizzazione di persone che da secoli vivevano in pace.
Dopo tre giorni di viaggio su un treno-merci senz'acqua né cibo, la ragazza arriva ad Auschwitz, in Polonia (il primo Paese invaso dai nazisti): come l'italiano Primo Levi (1919 – 1987). La mamma è la prima a morire: di fame. Il dipendente di Otto morì in una camera a gas: soffocato. Poi fu la volta della moglie del dipendente di Otto, che si passò quattro campi di concentramento. Peter subì una Marcia della Morte e morì ad Auschwitz. Che cos'erano le Marce della Morte? Quando i nazisti erano accerchiati (dagli Alleati ad Ovest e dai Russi ad Est), decisero di trasferire gl'internati dai campi, facendo così sparire le prove degli eccidi, e quelli che (già moribondi dopo mesi di prigionia) non reggevano a quest'ennesima tortura, venivan finiti con un colpo. Un ebreo famoso sopravvissuto, il Premio Nobel per la Pace Elie Wiesel, fu uno di quelli che dovettero subire queste marce (lo racconta ne “La notte”, del 1958), come Primo Levi (che ne parla in “Se questo è un uomo”, del 1947). Margot ed Anne passarono un mese ad Auschwitz-Birkenau e vennero poi spedite a Bergen-Belsen, ove morirono di tifo esantematico nel marzo 1945, solo tre settimane prima della liberazione del campo. La scrittrice ebrea tedesca Mirjam Pressler commenta che il Diario di Anne Frank è il documento più onesto dell'età della pubertà perché non ci sono correzioni di correttori di bozze. Ad Anne Frank ha dedicato una statuetta la scultrice Mari Andriessen (1897 – 1979), conservata al Museo storico di Amsterdam.

Eroi Olandesi/2: il Diario dell'ebrea Etty Hillesum
Poteva salvarsi ma condivise il destino del suo Popolo:
"La vita è bella e credo in Dio, 
anche se loro ci distruggeranno tutti. Avremo la Pace quando ognuno l'avrà in sé stesso liberandosi dall'odio razziale" 
Nel Testamento dei 12 Patriarchi la condanna di ogni odio

Esther Hillesum detta Etty (1914 - 1943) era una ragazza ebrea borghese. Figlia di un professore di greco e latino, nato ad Amsterdam, e di una russa, giunse ad Amsterdam in sèguito ad un pogrom: una sommossa popolare antisemita. Si laureò in giurisprudenza all'Università di Amsterdam ed in sèguito studiò la psicologia analitica di Jung (1842 - 1896), un autore del quale abbiamo già trattato in questo Blog.
Nel 1942, lavorando come dattilografa in una sezione del Consiglio Ebraico (quell'organo che fornì ai nazionalsocialisti invasori tutti i nomi degli ebrei presenti nella comunità di Amsterdam) ebbe modo di salvarsi. 
Ma decise di condividere (proprio come l'eroe Bonhoeffer in Germania) la sorte del suo Popolo, e partì come assistente sociale per un campo di transito (transito verso i campi di concentramento e sterminio: i Lager nazisti) di Westerbork (nel nordest dell'Olanda), ove eran stati internati anche genitori e fratelli. 
Nel 1943 l'intera famiglia (eccetto la sorella) fu portata nel Konzentrationlager di Auschwitz, in Polonia.
Profondamente credente, questa donna ebrea così definisce Dio: "la parte più profonda e ricca di me, in cui mi riposo". 
Scrive nel suo Diario (1941 - 1943):

«Bene, accetto questa nuova certezza: vogliono il nostro totale annientamento. Ora lo so. Non darò fastidio con le mie paure, non sarò amareggiata se gli altri non capiranno cos'è in gioco per noi ebrei. [...] Continuo a lavorare e a vivere con la stessa convinzione e trovo la vita ugualmente ricca di significato» (3 luglio 1942)


Il curatore del diario, Jan Geurt Garlaandt, definisce il suo eroismo "altruismo radicale".
Sylvie Germain, francese, biografa di Etty Hillesum.
E' stata allieva del filosofo ebreo Emmanuel Lévinas
(1906 - 1995).

Scrive nel Diario quando il suo Paese è occupato dagli sterminatori nazisti: 

«Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile, ma non è grave. Dobbiamo prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sé: e "lavorare sé stessi" non è proprio una forma di individualismo malaticcio.
Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in sé stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest'odio e l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. È l'unica soluzione possibile. E così potrei continuare per pagine e pagine. Quel pezzetto d'eternità che ci portiamo dentro può esser espresso in una parola come in dieci volumi. Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo proprio, nell'anno del Signore 1942, l'ennesimo anno di guerra. » (20 giugno 1942)

Similmente, aveva scritto un altro ebreo di Amsterdam nel Seicento, Spinoza (1632 - 1677): 

"l'odio è accresciuto dalla reciprocità, e può invece essere distrutto dall'amore". 

Questa donna, come ha scritto la sua biografa Sylvie Germain, "ha saputo attraversare molte forme d'amore: l'eros, come passione erotica divorante e impaziente; la philia, l'amicizia paziente e rispettosa; l'agape, in un abbraccio nei confronti dell'umanità tutta, in particolare quella dolente". A lei Amsterdam ha dedicato la Fondazione che porta il suo nome ma non viene abbastanza ricordata in Olanda. Per chi non lo sapesse, la condanna di ogni forma di odio fu espressa per la prima volta da un fariseo (nonostante la vulgata e i modi di dire), quindi da un ebreo (un cattivo ebreo, secondo il cristianesimo): nel Testamento dei Dodici Patriarchi, ove si legge

"L'odio è un male, perché è costantemente legato alla bugia"


Oggi ritorna l'antisemitismo in Olanda, gli ebrei ortodossi han paura di girare per la strada in kippah (e così i gay evitano la visibilità): molti marocchini odiano entrambi i gruppi
Nel 2015 l'Islam sarà la religione predominante a Rotterdam

"IN OLANDA NON C'E' FUTURO PER NOI EBREI",
ha detto Manfred Gerstenfeld. Nella foto qui sotto,
lo scrittore Leon de Winter, che ha difeso la libertà di
espressione del politico suo connazionale Geert Wilders
e ha dichiarato la sua ammirazione per Ayaan Hirsi Ali (cfr.
"Infedele", pag. 324).
Oggi parrebbe tutto tranquillo, in questa piccola città: tutto a posto, tutto ordinato nell'armonia di questo tessuto urbano. Dietro queste belle apparenze, si celano tensioni sociali sottaciute, inconfessate. 
Nell'estate di tre anni fa, ad Amsterdam è crollato un tronco monumentale. Ne resta un ceppo alto poco più di un metro, macero. Si tratta del vecchio ippocastano che Anne Frank vedeva dal nascondiglio dove era confinata con la famiglia. “L’antisemitismo in Olanda è tornato a essere salonfähig” (socialmente accettabile), denunzia il giornalista olandese Paul Andersson Toussaint. I bambini ebrei sono sconsigliati di indossare nelle scuole pubbliche simboli religiosi perché verrebbero presi di mira dai bambini islamici. Il leader della "Dutch Jewish Federation", Herman Loonstein, annuncia che “molti ebrei stanno emigrando in Israele e Gran Bretagna. L'aveva previsto l’ex eurocommissario sotto Romano Prodi ed ex leader del Vvd, il partito liberale attualmente al potere in Olanda, Frits Bolkestein che quando una ventina d’anni fa, prima dell'Undici Settembre, sul giornale Volkskrant scrisse un intervento sull'Islām, subì lo stesso trattamento di Pim Fortuyn, Van Gogh e Ayaan Hirsi Ali. Tre anni fa, l'invito nel libro “Het Herval” (“Il declino”) di Manfred Gerstenfeld, ebreo nato a Vienna, cresciuto ad Amsterdam ed in seguito emigrato in Israele e vincitore del "Lifetime Achievement Award of the Journal for the Study of Antisemitism": “Gli ebrei non hanno futuro qui e dovrebbero emigrare negli Stati Uniti o in Israele”.
I risultati elettorali del Partito di Geert Wilders.

Benzion Evers, figlio del rabbino di Amsterdam, parlando con il quotidiano “Het Parool”, ha detto: “Emigrare è per noi una soluzione. E lo farà il sessanta per cento della comunità. Anche mio padre mi seguirà”. Cinque dei suoi fratelli e sorelle hanno d’altronde già fatto lo stesso passo. E quando andrà in pensione, seguirà anche il rabbino.

Mentre una parlamentare di sinistra (un'ambientalista proprio come l'assassino di Fortuyn) gli ha risposto con l'insulto (“rimbambito”), Geert Wilders, leader del Partito della Libertà, che è anche l’ex delfino di Bolkestein ha detto: “Non sono gli ebrei che devono emigrare, ma quei marocchini che si rendono colpevoli di antisemitismo”. Al talk-show Pauw & Witteman”, Bolkestein ha ricordato le vittime dell'indifferenza olandese: “Il passato ci dimostra che gli olandesi guardano troppo spesso dall’altra parte”. Anche il rabbino capo olandese, Benjamin Jacobs concorda sull'emigrazione come unica possibile soluzione: “Dobbiamo andarcene in Israele”. Ci spiega Gerstenfeld: “Gran parte degli ebrei olandesi sono assimilati e per la maggior parte è impossibile riconoscerli.
Il problema si concentra sugli ebrei ortodossi, che sono visibili, con l’abito nero, con la kippah, oppure perché hanno un volto tipicamente ebraico con la barba. Queste persone non possono più girare per le strade olandesi.” Infatti, il 25enne Lester M. Wolff van Ravenswade ha scritto al giornale liberale “NRC Handelsblad” (lo stesso che ha ospitato gl'interventi di Ayaan Hirsi Ali e del professor Paul Scheffer): “Non posso andare ad eventi pubblici vestito da ebreo, e tanto meno uscire il sabato sera. Quale partito bisogna votare per poter vivere in sicurezza con la kippah in testa?”. Conferma al quotidiano progressista israeliano Ha’aretz” il capo del CIDI, Ronny Naftaniel: “Ormai molti membri della comunità ebraica considerano normale dover nascondere il loro copricapo (yarmulke in yiddish, kippah in ebraico ndr) quando escono in strada”.La Tv ebraica “Joodse Omroep” ha dunque deciso di fare un esperimento: ha spedito tre cameramen vestìti da ebrei ortodossi per le strade di Amsterdam. Il servizio (un frammento è disponibile anche su Youtube), mostra giovani musulmani che incitano a Hitler e cercano di aggredirli. Lo scrittore olandese Leon de Winter, autore di bestsellers, che ha difeso dalle colonne del "Wall Street Journal" il connazionale Geert Wilders (che aveva paragonato il Corano al "Mein Kampf" di Hitler) dalle accuse di razzismo (http://online.wsj.com/article/SB10001424052748703906204575026532718536518.html) in visita a Westerbork – la località nella provincia nordorientale di Drenthe, dove si trovava il campo di smistamento dal quale gli ebrei olandesi partivano per i campi di concentramento in Germania o in Polonia, ha detto: “Quanti ebrei ad Amsterdam sono ancora ‘riconoscibili’ come ebrei? Qualche centinaio? Gli ebrei che io conosco, che sono cittadini non appariscenti, disciplinati, più olandesi che ebrei, tengono da anni di nascosto la valigia pronta”.  Addirittura, nel 2010 il sindaco (che già aveva fatto una simile operazione con poliziotti fintisi coppie gay mano-nella-mano per le strade) ha considerato l'idea di mandare poliziotti “undercover” travestìti da ebrei ortodossi per isolare subito gli antisemiti (ecco il link: http://www.dutchnews.nl/news/archives/2010/06/amsterdam_mayor_considers_usin.php). Manfred Gerstenfeld, esperto di antisemitismo e capo della “Board of Fellows of the Jerusalem Center for Public Affairs” ha commentato: “Questa nuova iniziativa dimostra solo il livello di disperazione raggiunto ormai dai politici olandesi, che non sanno più come fermare l’ondata di antisemitismo lasciata in eredità dall’ex sindaco di Amsterdam Job Cohen” (peraltro ebreo). Lo stesso sindaco che, riferisce Bruce Bawer, aveva detto che ci vuole una certa tolleranza (accomodation) per quegl'islamici immigrati che hanno opinioni ed abitudini diverse sulle donne (B. Bawer, “Surrender”, Doubleday, New York 2009, pagg. 117 - 118).
PSICOLOGA. La professoressa Bloeme Evers-Emden dice: "consiglio
fortemente ai miei figli di andarsene dall'Olanda" a causa del
clima di antisemitismo diffuso dagl'immigrati marocchini. 
Il quotidiano liberale “NRC Handelsblad” (lo stesso che ha ospitato gl'interventi del professor Paul Scheffer e di Ayaan Hirsi Ali) ha scritto che “ad Amsterdam l’antisemitismo è diventato la norma anziché l’eccezione”. L’ultima commemorazione della deportazione di tremila bambini ebrei durante la guerra è stata violentemente interrotta da canti che inneggiavano a Hitler. Nell'autunno 2010, la secolare sinagoga di Weesp è diventata la prima sinagoga che in Europa, dalla fine della Seconda guerra mondiale, ha cancellato i servizi di Shabbath a causa delle minacce alla sicurezza dei fedeli. Il 20% degl'insegnanti di storia ha smesso d'impartire lezioni sull’Olocausto a causa della presenza sempre più forte di pupilli musulmani nelle scuole pubbliche. Queste vicende dimostrano che oggi contano, numericamente, gl'islamici marocchini, mentre gli ebrei non contano nulla agli occhi dei politici. Concorda anche un'altra ebrea eccellente, la psicologa infantile Bloeme Evers-Emdem. Classe 1926, ebrea sopravvissuta ad Auschwitz, professore onorario di Psicologia dell’università di Amsterdam, fu amica di Anna Frank e di sua sorella Margot prima che si nascondessero e poi ad Auschwitz, ha studiato i bambini ebrei nascosti durante la Seconda guerra mondiale e suo figlio è il rabbino di Rotterdam (la città ove 2/3 degli alunni di elementari e medie sono extracomunitari e dove si calcola che nel 2015 cioé fra due anni l'Islam diverrà la religione numero uno). Nessuno meglio di lei (psicologa) può intuire il clima psicologico del Paese: “I problemi non toccheranno me fintanto che sarò viva, ma consiglio fortemente ai miei figli di andarsene dall’Olanda”.

RADICI GIUDAICHE. 
"Mosé con le Tavole della Legge", 
Berlino, Staatliche Museen.
 Il pittore olandese Rembrandt 
raffigura Mosé  recante in mano 
la Torah nell’atteggiamento tipico 
dei rabbini quando, durante le funzioni, 
ne mostrano la pergamena. 
E' lunga l'elencazione delle manifestazione di odio antisemita in Olanda: le aggressioni per strada, le spaventose misure di sicurezza attorno alle istituzioni ebraiche, i tentati incendi delle sinagoghe di Amsterdam sud e Arnhem o le manifestazioni anti israeliane, L’ex presidente del Parlamento olandese, il socialista Jan Marijnissen, ha paragonato il terrorismo palestinese contro Israele alla resistenza contro i nazisti. Gretta Duisenberg, vedova dell’ex presidente della Banca centrale europea e gran dama dell’élite progressista olandese, parla con disinvoltura della “nostra intifada” e critica apertamente “la ricca lobby ebraica americana”. Durante un’intervista alla radio, alla domanda su quante firme sperava di raccogliere per la sua campagna contro Israele, ha risposto, ridendo, “sei milioni”. Tanti quanti furono gli ebrei sterminati dai nazionalsocialisti. Nell'ottobre 2010 l'FBI ha sventato attentati di Al Qaeda alle sinagoghe di Chicago, la città di Obama, compresa Or Chadash, piccola comunità cui aderiscono un centinaio di gay accomunati dalla fede ebraica (http://www.olokaustos.org/geo/olanda/joodseraad.html).









LELE JANDON
                                                                                                                                  Fine Prima Parte  (Continua)