lunedì 30 ottobre 2023

Erdogan rivince ed attacca Rifugiati Siriani, Ebrei e Gay

di LELE JANDON
Sono passati esattamente cent’anni dalla fondazione della Repubblica turca. Attenzione: “Repubblica”, non democrazia liberale. Anche l’Iran si autodefinisce “Repubblica”. E non c’è nulla da festeggiare. Infatti, dopo la catastrofe naturale del febbraio scorso (il terremoto) una nuova catastrofe si è abbattuta sulla Turchia con ripercussioni sul mondo intero: l’immensa ondata di odio portata da Erdoğan. Dopo che il sistema di corruzione da lui creato ha causato quasi 40 mila morti nel catastrofico sisma di otto mesi fa, la successiva catastrofe (sociale e politica) è stata l’ennesima rielezione del tiranno: dopo quasi un ventennio al Potere (come Mussolini), il partito di estrema destra del Sultano (sostenuto da un partito ancor più estremista) è stato riconfermato per la terza volta consecutiva e lui governerà come “presidente” almeno sino al 2028. In pratica stiamo lasciando accadere ciò che già è accaduto nella Federazione russa con il “presidente” Putin che non a caso è stato il primissimo “Ospite d’onore” ad inaugurare il suo terzo mandato. Secondo il politologo israeliano Dan Schueftan, ricercatore dell’Università di Haifa, Erdoğan è un «cavallo di Troia nella NATO», sta «radicalizzando i turchi in Germania» (il 67% dei quali ha votato per lui nonostante i disastri) e con lui al Potere la Penisola turca è oramai destinata a diventare un pericolo per il mondo, una dittatura islamista come l’Iran. Le sue prime parole e le sue prime azioni da presidente la dicono lunga sul suo Programma politico. Il primissimo messaggio del dittatore, un bifolco che ha cantato vittoria senza neanche attendere l’esito dello spoglio ufficiale, è stato irridere l’avversario politico (dicendogli “Bye, bye!”). Lo squallido rivale non solo ha commesso l’identico stupido errore strategico dell’opposizione ungherese alle ultime elezioni politiche (creare una coalizione improbabile, un’accozzaglia pretestuosa non credibile) ma soprattutto ha avuto la colpa di rincorrere Erdoğan nella xenofobia (contro i profughi siriani, che durante l’incivile campagna elettorale sono dovuti restare chiusi in casa temendo violenze). In seconda battuta il tiranno turco ha lanciato l’ennesimo attacco (come in campagna elettorale) contro le persone gay e lesbiche oppresse da lui sin dalla prima ora: al Potere dal 2014, già dal 2015 vieta ogni anno ad Istanbul la manifestazione di anche solo un piccolo Pride. Poco dopo la rielezione a presidente lo zoticone ha fatto una tragicomica gaffe all’ONU degna della sua ignoranza di ex calciatore fallito: si è detto «infastidito dai colori LGBT» sullo sfondo dell’Aula. Né gli interessava sapere che si trattava dei colori dei 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile: ai satrapi non interessa la verità. Poco dopo la rielezione ha annunciato l’introduzione di una nuova materia scolastica: “la famiglia nella società turca” dopo che 200 associazioni omofobe, anche attraverso un Family Day “contro la perversione”, gli hanno fatto pressing per far approvare una legge in stile Orbán & Putin: divieto anche solo di toccare il Tema Tabù dell’omosessualità. E dopo l’odio contro gli armeni (il cui genocidio viene ancora negato per legge) ora in Turchia si fomenta l’odio contro una vasta gamma di gruppi umani: le persone omosessuali, i curdi, i rifugiati siriani e gli ebrei. Aizzando le piazze contro Israele Erdoğan ha dichiarato che «i miliziani di Hamas non sono terroristi, sono liberatori delle loro terre» (un tempo sotto l’Impero ottomano cioè la Turchia dei sultani). Nulla di nuovo sotto il sole turco: il razzismo è sempre stato il suo ingrediente vincente sin dagli esordi (nel 1998 fu condannato per odio religioso contro i non mussulmani) e l’odio contro la religione o le altre religioni è sempre stato un ingrediente “made in Turkey” (anzi “made in Türkiye”, per usare il nuovo nome datole proprio da Erdoğan, preoccupato delle battute con la parola inglese “tacchino”). E rieccoci punto e a capo: dopo la laicizzazione forzata del tanto “mitico” Ataturk, che strappò violentemente il velo alle donne e viene tanto osannato nei sussidiari di “storia” per bambini, ecco servita l’islamizzazione forzata dell’adorato “Sultano”: la Storia turca prosegue così all’insegna della violenza istituzionale. In attesa della prossima catastrofe globale.

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