lunedì 9 gennaio 2023

«Siamo un Pianeta Nomade»: una Mostra a Berlino

di LELE JANDON
Come dice il premiato storico tedesco Karl Schlögel, da sempre la Terra è un “Planet der Nomaden” (“un pianeta di nomadi”) per le più svariate ragioni. Ora che gli xenofobi sono al governo in Italia sarà istruttivo divulgare la storia raccontata nella Mostra “Wir sind hier. Turks in Germany” del fotografo di Istanbul Ergun Çağatay (1937 – 2018) che è stata prolungata sino al 10 aprile al “Museo delle culture europee”. Dinanzi alla facciata del piccolo Museo (nel favoloso e verdissimo quartiere residenziale ed universitario di Dahlem Dorf che in origine, come suggerisce il nome stesso, era un villaggio, col tempo inglobato nella metropoli di Berlino), campeggia la bandiera ucraina, come davanti ad ogni Istituzione qui in Germania. Figlio di un avvocato e senatore, dopo aver mollato gli studî di legge impostigli dal padre Çağatay (si legge Ciaatai) seguì il proprio demone della fotografia e divenne artista autodidatta documentando importanti Eventi (fra cui il primo trapianto di fegato, del 1963) e la guerra Iraq-Iran (1980 – ‘83) ma, dopo tanti luoghi caldi, il caso volle che un giorno del 1983 il nostro giramondo fosse fra i feriti dell’attacco dei terroristi marxisti-armeni ASALA contro lo sportello delle Turkish Airlines all’aeroporto parigino di Orly (finì in clinica come grande ustionato e per cinque anni si sottopose alle cure).
La selezione è solo un assaggio di 1110 su 3477 fotografie da lui scattate in cinque città tedesche fra cui Berlino nel 1990 (l’anno in cui venne inaugurata la primissima moschea ben visibile cioè dotata di minareto): il fotoreporter ci mostra varî scorci della vita (familiare, religiosa, comunitaria, lavorativa e politica, con le “Demonstrationen” per le strade per reclamare il diritto di restare) delle persone di origine turca residenti qui in Germania. La galleria fotografica (che vedete sul mio Instagram) era stata riproposta l’anno scorso in occasione dei sessant’anni dallo storico accordo bilaterale fra la Germania federale (la cui capitale era Bonn) e la Turchia (1961 - 1973), firmato a causa dell’improvvisa erezione del Muro (ed il conseguente Stop all’incessante e crescente immigrazione di tedeschi dalla Seconda dittatura tedesca, la DDR). La Germania libera aveva quindi bisogno di manodopera e dava il benvenuto ai volenterosi che venivano qui come semplici “Gastarbeiter” (cosiddetti “lavoratori-ospiti”, impiegati nelle industrie e nelle miniere di carbone della Ruhr), senza le fatiche dei quali il miracolo tedesco del Dopoguerra non sarebbe stato possibile. I figli di quei primi immigrati sono poi diventati nei decenni anche proprietari di piccole attività a gestione famigliare (frutta e verdura o quelli che riuniscono assieme una mini-edicola di quotidiani e la mini-posta) o gestiti da giovani (barbieri), guidatori (tassisti ed autisti di Uber) ed artisti. Odiati dall’AfD (Alternative für Deutschland, il partito di estrema destra, omologo di “Fratelli d’Italia” e “Lega”, tenuto alla larga da una “conventio ad excludendum” da parte dei partiti normali), i tedeschi di origine turca sono stati target di un attacco terroristico di estrema destra ad Hanau nel 2020 (11 persone uccise). Il partito meglio rappresentativo, con più tedeschi di origine turca, che noi voteremo alle prossime elezioni cittadine del prossimo 12 febbraio, sono i Verdi: verde è il ministro dell’agricoltura Cem Özdemir (i cui genitori sono di etnia circassa), figlio di un Gastarbeiter.