lunedì 22 aprile 2024

La Schiavitù è un Disvalore: il Senso di Pesach e della Resistenza Ucraina

di LELE JANDON
Pesach è l’occasione per imparare a conoscere la stupenda storia, avventurosa ed avvincente, di Mosé, l’eroe fondatore dell’idea di giustizia sociale, che i cosiddetti docenti di religione cattolica non insegnano ai nostri ragazzi. Attualmente potete vedere su Netflix l’approfondito docudrama in tre puntate “Testament: The Story of Moses” (un mix fra fiction di alto livello con effetti speciali con intermezzi di approfondimenti di studiosi come la rabbina Rachel Adelman) dove spicca il bellissimo personaggio della madre adottiva, interpretata dall’attrice turca Tülay Günal (in una delle foto la vediamo ritratta in un affresco -in salvo al Museo di Damasco- originario della sinagoga di Dura Europos in Siria, scoperta nel 1932 e distrutta dall’ISIS).
In questa Festa gli ebrei ricordano di essere stati per ben 400 anni schiavizzati dai tanto ammirati antichi egizî che a suon di frusta gli facevano costruire le città sinché, sotto la leadership di Mosé, furono condotti in libertà. Lanciatisi in quella rocambolesca e precipitosa Fuga, con la soldataglia del Faraone alle calcagna, quei coraggiosi profughi ebrei non poterono panificare e così mangiarono pane non lievitato: in occasione della Festa di Pesach, mangiano pani azzimi per ricreare l’atmosfera dei loro avi e ricordare in maniera vivida. La professoressa Susannah Heschel (in foto), memore del clima d’inclusione gay friendly nella sua famiglia (suo padre era Rabbi Heschel, il rabbino ebreo americano che marciava al fianco del pastore MLK Jr.) aggiunge simbolicamente alla sua tavola di Pesach un’arancia, un abbraccio ideale al movimento di liberazione LGBT.
Agli ebrei, dunque, viene giustamente insegnato che l’essere schiavi è un disvalore, un insegnamento non scontato dato che si sentono tanti nostalgici del comunismo i quali (maledicendo l’Ucraina e la sua Resistenza) dicono di “ricordare” che durante l’Unione sovietica e la DDR le cose non stessero poi così male (“il lavoro e il pane non mancavano”). E il 25 aprile, Festa nazionale, noi de “Il Cinema e i Diritti” non mancheremo di marciare a fianco della Brigata ebraica assieme all’Associazione Milanese Pro Israele e a tutti i piccoli partiti liberali per ricordare il contributo degli ebrei alla Resistenza.
Nello stesso libro biblico dell’Esodo (potete acquistare una Bibbia per due euro negli ipermercati Coop) come mi ha ricordato un’amica rabbina, si indica di trattare con carità lo straniero dal momento che bisogna ricordarsi di essere stati stranieri. Infatti Israele è una società con una bella diversity di etnie e religioni (la vittima del raid iraniano dell’altro giorno è stata una bimba beduina) e lo stesso vale per le Università (una rettrice è araba-mussulmana), a sconferma delle menzogne di quei 4 mila professori e dei tanti studenti che, pena assalto alle forze dell’ordine, esigono lo Stop delle ricerche congiunte e delle collaborazioni con gli accademici israeliani. Con il duro lavoro, con l’acquisto delle proprie case, con la legittimità internazionale dello storico voto alle Nazioni Unite del 14 maggio 1948 (che Antonello Ghezzi ha mostrato nel suo approfonditissimo docufilm su Kafka che abbiamo proiettato, fra le varie sedi, anche al Goethe-Institut di Milano) e, loro malgrado, con le guerre di autodifesa combattute contro quei vicini nemici che subito li hanno attaccati, gli ebrei hanno ricreato lo Stato d’Israele in base al principio di autodeterminazione dei popoli ed hanno tutto il diritto di continuare a difenderlo, nonostante i finti auguri di “pace” dei populisti papalini come Marco Tarquinio, ex direttore del quotidiano dei vescovi ora candidato dal Pd della signorina Schlein. Perciò auguriamo: lunga vita ad Israele e Chag Pesach sameach! Pessach sameach! Ein fröhliches Sameach!