lunedì 15 maggio 2023
Profugo nel 2015, ora Borgomastro in Germania!
di LELE JANDON
Mentre in Italia il governo di estrema destra fa propaganda neofascista seminando l’infondata paura della “Sostituzione etnica” (nota teoria cospirativa a cui si sono ispirati oramai troppi stragisti, come abbiamo dimostrato: http://lelejandon.blogspot.com/2023/04/i-discorsi-neonazisti-del-cognato-di.html), dalla Germania arriva una notizia sensazionale proprio sul fronte dell’armonia sociale.
Innanzitutto va detto che come si sono integrati i tedeschi di origine turca, così vogliamo bene ai residenti originari dalla Siria che hanno saputo farsi apprezzare.
E la “diversity” (la varietà della società in tutti i sensi, anche etnica) è un valore comune non solo qui a Berlino ove sono esposte nuovamente le coloratissime sculture degli orsi che si tengono per mano con le parole chiave Rispetto e Tolleranza (http://lelejandon.blogspot.com/2023/05/berlin-sculptures-celebrate-diversity.html ) ma anche in provincia.
Ad esempio ad Ostelsheim, villaggio agricolo di sole 2500 anime vicino a Stoccarda, che ha eletto sindaco Ryyan Alshebl, tedesco di soli 29 anni che si trova in Germania soltanto dal 2015: era l’anno dello storico Discorso “Ce la faremo!” della Merkel che disse OK al milione e mezzo di richiedenti asilo in fuga dall’ISIS.
Lui aveva 21 anni ed era fra i dieci milioni di siriani che a causa della guerra civile lasciarono il Paese. E’ fuggito su un gommone: un pericoloso “clandestino”, direbbero Meloni e Salvini che gridano spesso “Al lupo! Al lupo!”.
Come tanti europei originari della Siria, anche il signor Alshebl proviene dalla classe media istruita essendo figlio di un’insegnante e di un ingegnere agricolo e a sua volta si è laureato (in management bancario). La sua famiglia è mussulmana (appartenente al 3% della minoranza drusa), lui è laico e non praticante.
Quando arrivò qui in Germania non sapeva una sola parola di tedesco ma si è dato assai da fare: ha studiato in fretta, ha fatto domanda per uno stage, ha fatto la sua gavetta ed è diventato un coscienzioso impiegato dell’amministrazione municipale. Ha fatto tesoro dell’esperienza formativa e lavorativa: la sua priorità, ha promesso nella sua campagna elettorale condotta casa per casa, è l’accesso dei concittadini attraverso Internet ai propri documenti personali (la famosa “digitalizzazione” che peraltro aveva realizzato bene come riforma nazionale in Ucraina Zelensky prima che il Paese venisse attaccato da Putin anche per l’invidia nei confronti dei progressi del vicino). Il 55% degli elettori ha premiato la sua competenza ed ha preferito lui come borgomastro a due avversari indipendenti.
L’exploit di questo giovanotto è una notizia che ha fatto il giro del mondo (dal “Guardian” alla “CNN” ai Paesi arabi) con titoli di giornale però non corretti: lui è cittadino tedesco, quindi di fatto è tedesco, un tedesco originario della Siria, non più e non solo un “siriano”. Infatti ha avuto parole d’affetto per il suo Paese d’adozione: «Chiunque sia pronto a fare qualcosa qui può avere l’opportunità di farlo. Sento di appartenere a questa società».
Il giovane è il primo (ex) rifugiato a diventare sindaco ma (altra bella notizia) non è il primo sindaco originario della Siria: poco prima di lui, infatti, il 40enne Mike Josef, candidato della SPD, è diventato sindaco di Francoforte sul Meno battendo il candidato della CDU col 51,7% dei voti. Era emigrato in Germania con la famiglia già nel 1983 quando aveva quattr’anni (erano perseguitati in quanto cristiani dal regime di Assad).
Non è un caso che Ashebl sia stato eletto con i Verdi (il Partito più progressista e che vanta una stupenda diversità di persone solari al proprio interno: donne, gay, trans e di background migratorio come il ministro dell’Agricoltura Cem Özdemir, figlio di Gasarbeiter turchi di etnia circassa, anche loro emigrati nel Land del Baden-Württemberg, https://lelejandon.blogspot.com/2023/01/siamo-un-pianeta-nomade-una-mostra.html ).
Il ministro dell’integrazione di quello Stato tedesco (Manne Lucha, anch’egli del partito dei Grünen) ha commentato così: «Questa vittoria dimostra che la diversità è parte integrante del Baden-Württemberg».
Lele Jandon
domenica 14 maggio 2023
Berlin Sculptures Celebrate Diversity
by LELE JANDON
For the Italian far-right that governs Italy, immigration is a moral evil: Meloni’s brother-in-law (who is also a minister) recently repeated the “Great Replacement” conspiracy theory already used by Trump, Orbán, Meloni & Salvini (leader of “The Northern League”, the other extremist right-wing party at the government) offending Italians of foreigner background.
On the contrary here in Germany and especially here in Berlin we celebrate diversity (in German “Vielfalt” or “Diversität”) as a common value.
As you know, the buddy bear has been the symbol of Berlin for twenty years.
For example, I have already shown you some of the sculptures from the countries of the world installed at Tierpark Zoo: each one is a big buddy bear on which the imagery of that nation (animals, natural environment, fairy tales) is beautifully depicted.
In this contemporary work of art of Berliner street artist Damian Yves Rohde, entitled “Hand in Hand for Tolerance”, the spirit of our city is visualized.
I have already shown you this group of “Berliner Bären” when it was situated in the middle of the nice square Wittenbergplatz, now it is located on Ku’damm Blvd.
When I pass by there, I notice that all visitors can’t resist taking a memory picture!
Below the figures we read:
“The seven Buddy Bear sculptures are standing together hand in hand. They illustrate the life-affirming atmosphere of people living together peacefully in this city. Tolerance and mutual respect are prerequisites for living in peace. The designs of the sculptures show people whose roots are in all the different parts of the world. Berliners with diverse cultural backgrounds, different religions, of all skin colors, with diverse concepts of life and various orientations. They are all part of this open, cosmopolitan city. They all belong. They are Berlin. Ever since the Huguenots” (French protestants who came here and in Brandenburg in thousands as religious refugees in 1685) “people from all over the world have always come to Berlin. Berlin is open to citizens of all faith. Today people from more than 190 nations live in our city. Different cultures create diversity. Being open and cosmopolitan enriches the city. In Berlin people with highly diverse orientations can develop freely. Whether you are a Berliner is not a question of the color of your skin. It is a question of attitude”.
Lele Jandon
domenica 30 aprile 2023
I Discorsi (Neo)Nazisti (del Cognato) di Meloni
di LELE JANDON
Come insegna la filosofa ebrea ungherese Ágnes Heller (1929 – 2019, foto) nel suo libro “Il male radicale”, la propaganda è sempre un’accozzaglia di menzogne, è un male demoniaco ed è la premessa per il totalitarismo. In particolare quello a cui guardano Meloni & Salvini è di fatto un regime, quello di Orbán, scriveva la pensatrice ungherese nel suo saggio “Orbanismo. Dalla democrazia alla tirannia” (anch’esso pubblicato da Castelvecchi nel 2019).
E giorni fa c’è stata l’ennesima conferma che i Big del governo Meloni usano la propaganda più pericolosa al mondo.
Infatti il ministro della cosiddetta “Sovranità alimentare” ha parlato male dell’immigrazione ed ha dichiarato: «Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica» (in sèguito non ha in alcun modo ritrattato: «Le mie parole sulla sostituzione etnica? Non sono pentito, ho solo sbagliato le parole» mentre i suoi colleghi di partito hanno fatto tutti quadrato intorno a lui e il presidente del consiglio Meloni -che è anche sua cognata- ha anzi integrato il discorso dicendo che bisogna far lavorare le donne anziché accettare manodopera da fuori).
Il marito della sorella di Meloni fa riferimento alla più antica teoria del complotto di estrema destra, islamofobica ed antisemita, secondo cui l’identità degli occidentali di pelle bianca è minacciata dalle cosiddette ondate migratorie (“invasioni”) da Paesi non europei che sarebbero orchestrate da una élite malvagia come parte di un piano “per dominare il mondo” (sic). Quindi i suoi assertori si oppongono addirittura all’immigrazione che è invece, spiegano gli antropologi, un fenomeno naturale. Come Vi avevo raccontato qui da Berlino, secondo lo storico tedesco Karl Schlögel, citato nella Mostra sugl’immigrati turchi in Germania, da sempre la Terra è un «pianeta di nomadi» https://lelejandon.blogspot.com/2023/01/siamo-un-pianeta-nomade-una-mostra.html.
Innanzitutto i dati ci mostrano il contrario.
Dal suo Instagram Roberto Saviano l’ha confutata spiegando che «non c’è nessuna sostituzione etnica in corso. Il 95% della popolazione europea è autoctono. Gli italiani non fanno figli non a causa degli immigrati ma perché governati dalle peggiori classi dirigenti mai viste negli ultimi cinquant’anni, perché non c’è nessun’assistenza alle famiglie, nessuna politica fiscale di aiuto».
Anzi, come riferisce il quotidiano progressista “Repubblica”, questo governo di estrema destra, ostile ai poveri, ha operato due tagli contro le famiglie a basso reddito: sia al “Fondo di sostegno alle locazioni” sia al “Fondo per morosità incolpevole”.
Tutti i Paesi europei, eccetto l’Italia di Meloni e l’Ungheria del suo compare Orbán, hanno aumentato la spesa pubblica per le famiglie, dai nidi (come Francia & Germania) al lungo congedo di paternità (come in Ispagna, ben 16 settimane).
Secondo la Banca d’Italia (dati del 2021), per mantenere un figlio servono 640 € al mese.
Ma secondo una più recente indagine del centro studî “Moneyfarm” (società di consulenza finanziaria) ne occorrono 700 (8500 l’anno).
E secondo Eures (dati 2022) il 43% degli under 35 ne guadagna meno di 1000! Inoltre la destra al governo è ideologicamente contraria all’introduzione del salario minimo come invece propone il Partito democratico di Elly Schlein.
Né il governo intende combattere la disoccupazione: secondo l’Istat quest’anno i giovani senz’occupazione sono quasi il 23%, 7 punti peggio della media europea.
Per finire il quadretto, uno studio appena uscito della professoressa Elisabetta Camussi dell’Università Bicocca di Milano dimostra che per il 50% delle italiane la decisione di non fare figli è sofferta, dovuta all’inconciliabilità fra famiglia e carriera (molte lavoratrici firmano clausole capestro, le famigerate “dimissioni in bianco”: se restano incinte saranno licenziate).
Nella fotografia che ho scelto per corredare il mio articolo vediamo una delle mamme ritratte dalla pittrice espressionista tedesca Gabriele Münter e visibili alla Mostra in corso ad Amburgo di cui Vi ho parlato sui miei social.
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Questa teoria della cospirazione a cui fa riferimento il ministro è precisamente la teoria del “suprematismo bianco”, come ha detto la segretaria del Partito democratico Elly Schlein (di origini ebraiche e bersaglio di estremisti di destra per le sue tre cittadinanze), una teoria da dieci anni sdoganata fra le masse incolte per colpa di Donald J. Trump che ha sempre parlato di “genocidio dei bianchi” (un conduttore di “Fox News”, la TV di estrema destra di Rupert Murdoch che ha contribuito a diffondere la menzogna che le ultime elezioni fossero rubate nonostante sapesse che era una fake news, l’ha usata ben quattrocento volte): a lui Meloni & Salvini (capo dell’altro grande partito di massa di estrema destra al governo, la Lega Nord), hanno detto di ispirarsi e infatti hanno introdotto la menzogna in Italia: lui nel 2015, lei nel 2016, seguiti dai grillini (il movimento populista del capo comico Beppe Grillo). Nel 2018 lei disse: «Penso che ci sia un disegno di sostituzione etnica in Italia».
Come ammonì profeticamente Edith Bruck, illustre ebrea italiana di origine ungherese e supertestimone sopravvissuta ad Auschwitz, amica di Papa Francesco: «Meloni e Salvini non hanno una cultura democratica, non oso pensare cosa potrà fare la destra al governo».
L’amico ed alleato Viktor Orbán si scaglia spesso contro “il miscuglio di razze”. Ad esempio nel 2022 ha detto ai suoi sostenitori sfegatati come se fosse un uomo comune al bar sport: «C’è ‘sto mondo incasinato in cui i popoli europei si mescolano con quelli forestieri. Se non avremo una svolta demografica il nostro popolo verrà sostituito presto dagli stranieri. Entro il 2050 non esisteranno più Nazioni ma solo una popolazione mista ma gli ungheresi non vogliono mischiarsi! Noialtri qui combattiamo contro un simile destino».
Come spiega il saggio fondamentale “Populism. A Very Short Introduction” (Oxford University Press 2017, pagina 84, che trovate tradotto anche in italiano da Mimesis col titolo “Populismo. Una breve introduzione”), il populismo di destra può proporre una distopia “in cui lo Stato appartiene ad una singola comunità etnica, che mina i diritti delle minoranze etniche e religiose come mussulmani e Rom” e che viene chiamata “etnocrazia”. Come commentò lo storico ungherese Krisztian Ungvary, si tratta di un “discorso nazista”.
Torniamo al cognato di Meloni: si tratta di «un mito neonazista secondo il quale i bianchi vengono sostituiti dai non bianchi», contrario alle linee guida sottoscritte persino dal governo, ha spiegato il giornalista Enrico Mentana durante il suo telegiornale.
Concorda lo scrittore (anch’egli di origine ebraica) Roberto Saviano: «E’ un vecchio argomento delle destre xenofobe e deriva da una teoria complottista che fa riferimento ad un progetto di sostituzione della popolazione europea con quella africana ed asiatica che risale agli anni in cui in Europa si iniziavano a progettare le cliniche speciali dove far nascere da padri e madri di razza ariana figli di razza purissima. Il complotto della “Grande sostituzione” etnica ha ispirato da sempre tutti i movimenti neonazisti e suprematisti del mondo». L’eroe antimafia quindi si rivolge al capo del governo: «Presidente Meloni, non una parola da parte Sua sulle oscenità di suo cognato. Avete ancora la fiamma tricolore nel simbolo del Partito che conferma la continuità con la storia neofascista e a distanza di 85 anni dalla promulgazione delle leggi razziali parlate ancora di razze, etnie, religione, come discriminanti».
Secondo Emanuele Fiano (già deputato del Partito democratico), figlio di un sopravvissuto ad Auschwitz e sconfitto alle ultime elezioni politiche proprio da una fascista (dello stesso partito di Meloni & Lollobrigida e peraltro figlia di un terrorista di estrema destra) che ha sempre rifiutato ogni confronto con lui e quindi il riconoscimento pubblico del suo avversario, «sono parole che vengono dalla cultura complottista fascista. Il lupo perde il pelo ma non il vizio». La natura fascista del governo è confermata anche dall’affermazione recente di un altro ministro, quello dell’Economia, Giancarlo Giorgetti: «Non possiamo tassare ugualmente single e genitori» (fu proprio il fascismo a tassare il celibato nel 1927).
Secondo l’analisi di Karima Moual, di origine marocchina, su “La Stampa” questa teoria «è uno dei pilastri fondanti dell’ideologia di questa destra al governo. C’è chi non vuol riconoscere la nostra italianità, la nostra storia ma ci liquida come una cosa spaventosa, figli non desiderati».
«E’ un disegno politico che prevede l’utilizzo di un mito antisemita del fascismo e del nazismo comunemente usato da neofascisti, neonazisti e suprematisti», concorda Paolo Berizzi su un altro quotidiano progressista, la “Repubblica”, che ha titolato in prima pagina “Difesa della Razza” (con evidente riferimento all’omonima demenziale rivista stampata durante il regime fascista).
Come già disse Edith Bruck, «la condanna di Meloni del nazifascismo sono parole vuote, pronunciate solo per legittimarsi. Se è sincera, cancelli la fiamma dal simbolo del partito. Ma non lo farà: è il liquido amniotico da cui è nata».
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Nessun analista ha rilevato quanto la teoria della cospirazione impunemente rilanciata giorni fa dal cognato di Meloni sia islamofobica ed antisemita e quindi pericolosa per la nostra coesione sociale.
Tale teoria cospirativa è già diffusa come un cancro in Francia, non a caso il Paese dove due volte si è rischiato di avere come presidente della Repubblica la figlia del fascista Jean-Marie Le Pen (e forse, come paventa Macron, sin qui eroe vittorioso, la terza ci riuscirà), un Paese dove si cova tanto antisemitismo quanta islamofobia. Un Paese dove questi temi di estrema destra sono oramai mainstream, basti sfogliare le pagine culturali del quotidiano ‘conservatore’ “Le Figaro”.
Due in particolare sono i cattivi maestri francesi che l’hanno propagandata.
Poiché quello della destraccia è un mondo fantasy, la grande balla proviene da un romanzo di fantapolitica, “Il campo dei santi” (1973), del cattolico reazionario e monarchico Jean Raspail (1925 – 2020) edito in Italia dalla casa editrice del terrorista neofascista (che si definisce “nazi-maoista”) Franco Freda (ex collaboratore del quotidiano di estrema destra “Libero”).
L’altro francese suprematista è Renaud Camus (da non confondere con Albert Camus, il grande scrittore antifascista) che nel saggio del 2011 “Le grand Remplacement”, ispirato ad altri autori antisemiti francesi di fine Novecento, farnetica che gli africani delle ex colonie mirano a sostituire i bianchi: «La Grande sostituzione è molto semplice. Ora c’è un popolo e nello spazio di una generazione ce ne sarà un altro» (sic!).
Da undici anni i terroristi di estrema destra (da Utoya, Norvegia, nel 2011, a Buffalo, nel 2022) traggono sempre ispirazione da quest’agghiacciante teoria: per esempio «la strage in Nuova Zelanda nel 2019 (51 persone uccise in una moschea) fu compiuta da un suprematista il cui manifesto era titolato “la Grande sostituzione”» ricorda ancora l’attentissimo Roberto Saviano.
Nessuno in Italia (per carità di patria) osa ricordare i deliri narcisisti di Oriana Fallaci nella sua Trilogia islamofobica che parla di “Eurabia” ed “islamizzazione” (lo stesso termine usato dal ministro degli Affari esteri, il fedelissimo berlusconiano Tajani, presunto “moderato” e presunto unico “decente”, pochi giorni prima del suo collega dell’Agricoltura nella distrazione generale).
Oltre che islamofobica la teoria del ministro meloniano è anche antisemita perché coloro che la propagandano dicono che le “élites” che vorrebbero questa “Grande sostituzione” etnica sono “ebraiche”, come faceva il neonazista austriaco Gerd Honsik (1941 – 2018), negazionista dell’Olocausto e quindi odiatore degli ebrei.
I terroristi della Strage alla sinagoga di Pittsburgh del 2018 e della Sinagoga di San Diego del 2019 erano credenti nella teoria della Sostituzione.
Lo stesso presidente del consiglio Meloni l’ha diffusa in forma antisemita attaccando il finanziere ebreo Georg Soros che sostiene giustamente i progressisti dicendo: «Soros, che qualcuno spaccia come un filantropo, è uno che finanzia la Sostituzione dei popoli europei».
Molti della Banda di Meloni sono antisemiti, in primis il ministro della Difesa Guido Crosetto, ex berlusconiano ed ora uno dei più stretti consiglieri di Meloni (e co-fondatore di “Fratelli d’Italia”) che disse che «le banche fanno gola a molti, soprattutto alla grande massoneria ebraica che è già alle porte». L’allora presidente delle comunità ebraiche rispose: «Gli anni Trenta non hanno insegnato nulla?».
Lele Jandon
lunedì 3 aprile 2023
Una Scuola per Pastori grazie all’Europa
di LELE JANDON
Qui in Italia mancano (fra gli altri) artigiani orafi, panificatori ed infermieri. E manca un ricambio generazionale anche per gli anziani pastori nelle zone montane.
Ci è venuta in aiuto l’Unione europea, tanto diffamata dall’estrema destra al governo (che a suo tempo votò contro il PNRR!): il prossimo 22 aprile inizieranno i corsi della “Shepherd School”, la Scuola per pastori ed allevatori, grazie progetto “Life ShepForBio” co-finanziato dalla UE che vuole valorizzare professioni funzionali alla conservazione di alcuni Habitat.
Su 167 domande d’ammissione, sono state accettate solo 54 persone al colloquio di cui 41 si sono presentate e ne sono state ammesse otto di cui quattro ragazze. Arrivano dalla Toscana, dall’Emilia-Romagna, dalla Liguria, dalle Marche e dalla Lombardia.
Sette di loro sono under 30 mentre la milanese Chiara Allegri ha 31 anni che dopo il lockdown, come tanti altri italiani, ha cambiato lavoro: nel suo caso, ha lasciato un posto all’OCSE di Parigi per inseguire il suo sogno bucolico.
La location del corso è il Parco delle Foreste Casentinesi, di 36 mila ettari, situato a cavallo fra le province di Forlì-Cesena, Firenze ed Arezzo, sull’Appennino tosco-emiliano, antica via di transumanza.
Si tratta di una Scuola unica nel suo genere, gratuita persino nel vitto e nell’alloggio e comprendente stages presso le vicine aziende agricole, e finiti i corsi i ragazzi potranno dire: “Sono un pastore diplomato, sono una pastora diplomata!”.
Visto che anche quest’anno la Sardegna s’accinge a mandare al macello migliaia di agnelli per il pranzo di Pasqua, ricordiamo l’amore per le pecore espresso dalla Bibbia. Il Dio di Gesù benedice la pastorizia e il libro di Samuele racconta di un povero che “non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina che egli aveva comprata e allevata; essa gli era cresciuta in casa insieme con i figli, mangiando il suo pane, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno; era per lui come una figlia”.
Secondo un midrash, Dio scelse David come Re d’Israele proprio in virtù della grande compassione dimostrata verso il suo gregge. Sia nel Primo testamento sia nel Secondo il Creatore viene chiamato “il Buon Pastore” (qui sul mio post lo vediamo immaginato dal pittore preraffaelita inglese Edward Burne-Jones). Ed è ai pastori che, secondo il racconto del Vangelo di Luca, l’Angelo annuncia la nascita di Gesù per il quale, come racconta nella sua parabola, ogni singola pecora è importante.
Non so se questi giovani diventeranno coraggiosi come il pastorello David (disposto ad affrontare il leone pur di difendere il suo gregge, come vediamo nel dipinto dell’americana Elizabeth Jane Gardner Bouguereau) o fisionomisti come quel pastore italiano di centoquattr’anni, Ninotto Assaiante, capace di riconoscere e chiamare per nome ciascuna delle sue 100 capre. E chissà se diventeranno allevatori amorevoli come Maurizio Cortinovis che nel suo asineggio di Bergamo Alta cura i suoi dolcissimi asini ed accoglie quei ragazzi con autismo che vanno regolarmente a trovarli traendone grande gioia.
Certo è che, fra i momenti più commoventi, assisteranno una pecora mentre darà alla luce il suo agnellino!
Auguriamo tanta felicità a questi futuri pastori e pastore e a tutti una Pasqua senza ammazzamenti di agnelli.
Lele Jandon
martedì 14 marzo 2023
Sisma in Turchia, Catastrofe anche politica
di LELE JANDON
Dei 24 milioni di persone che hanno vissuto il sisma in Turchia, 41 mila sono rimaste uccise (fra cui l’ex calciatore ghanese Christian Atsu). Sono stati colpiti anche i luoghi teatro del genocidio degli armeni (fatto storico negato dal regime turco di Erdogan).
«Quel che è successo in Turchia non è una catastrofe naturale, è una catastrofe politica: la colpa è dell’autoritarismo e della corruzione. Gli effetti del terremoto sono dovuti a negligenza prima e dopo l’evento. Per molti anni gli avvertimenti degli scienziati sono stati ignorati dal governo; le licenze per la maggior parte degli edifici distrutti, 60 mila, sono state rilasciate negli ultimi dieci anni (cioè durante la dittatura di Erdogan, in carica dal 2003, ndr). E’ la prova che la Turchia sta diventando uno Stato fallito» scrive su “Euronews” Ahmet Erdi Öztürk, politologo del GIGA (German Institute for Global and Area Studies) il quale rileva anche che «il primo e più generoso sostegno è arrivato dagli Stati Uniti d’America, da Israele e da tanti Paesi occidentali con cui la Turchia di Erdogan è sempre stata in contrasto».
Come scrive la reporter Çiğdem Toker su “T24”, «migliaia di persone che potevano essere salvate sono morte a causa dell’incompetenza e dell’arroganza delle istituzioni. Nella regione colpita, diventata una scena del crimine, si è cercato di distruggere con le ruspe la sede dell’ufficio per il controllo edilizio e si sta facendo qualunque sforzo affinché il sistema formato da un’ampia rete criminale di appaltatori, funzionari pubblici, amministratori locali, politici e burocratici del governo centrale non debba rispondere di nulla». Per di più, come titolava il settimanale britannico “Economist” all’epoca dell’emergenza, «il governo turco non riesce a far fronte al terremoto», a gestire l’emergenza: uno Stato fallito.
Lo scrittore Roberto Saviano nota: «Questo è il risultato di un potere scellerato che esprime un modo di fare politica che non ha alcun rispetto per la vita. Erdogan ed Assad hanno una responsabilità enorme: in nessuno dei due regimi si sono costruite in sicurezza le città rispettando le più semplici norme antisismiche né si sono messi in sicurezza gli edifici esistenti».
Il geologo turco Hüsein Alan dice alla prestigiosa rivista tedesca “Spiegel” di aver dato l’allarme ma di essere rimasto inascoltato: «Questo terremoto era previsto». Concorda il suo collega Mario Tozzi sul quotidiano progressista “La Stampa” di Torino: «Non è il terremoto che uccide, ma la casa costruita male e, da questo punto di vista, la Turchia e la Siria rassomigliano moltissimo all’Italia» di Meloni. «In Giappone, Cile, Nuova Zelanda e California si supera la magnitudo 8 e le case e le infrastrutture reggono molto meglio anche perché i devastanti terremoti di San Francisco (1906), Tokyo (1923) e Valdivia (1960) furono presi come occasione per rifondare un Paese e costruire una cultura del rischio sismico. Da noi e in Turchia non è stato fatto».
Per protesta contro questa politica psicopatica e ricordare i bambini uccisi, molti tifosi turchi hanno gettato dei pupazzetti di peluche sul campo da calcio di due stadi gridando contro Erdogan: «Dimettiti!». E il dittatore ha chiuso gli stadi.
Ma come nota Martin Voss, capo del Centro di Ricerca sui Disastri della Freie Universität di Berlino, «una tale catastrofe non è solo un fallimento dei politici ma un fallimento sociale in quanto sono stati eletti». «In teoria quasi nessuno avrebbe dovuto farsi male», conferma il ricercatore che la pensa come Tozzi.
Bravi invece i volontari: 50 mila soccorritori sono stati impegnati nelle operazioni di ricerca e salvataggio. 19 Paesi dell’Unione europea (più l’Albania ed il Montenegro ed Israele) hanno mandato aiutanti ed aiuti e 79 cani da ricerca attivando il sistema di “Protezione civile europea”. Persino l’Ucraina di Zelensky ha inviato aiuti nonostante sia sott’attacco da parte di Putin.
La Germania, ove vivono 3 milioni di persone con background turco, piange ed aiuta i turchi terremotati.
Alla Porta di Brandeburgo, cuore della capitale tedesca ove l’8 per cento dei berlinesi ha origini turche, il presidente della Repubblica Steinmeier ha presenziato ad una cerimonia di lutto collettivo in memoria degli uccisi.
L’empatica ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock (i Verdi), in visita ai luoghi del terremoto ha definito «incredibile, indescrivibile e desolante» la portata della catastrofe: «Tutto il nostro Paese partecipa e simpatizza col popolo turco. Il nostro Governo darà in totale 108 milioni di euro ed ha agevolato le procedure per i visti per i cittadini turchi dimodoché possano rifugiarsi dai parenti in Germania».
Il popolare quotidiano “Bild”, nel lanciare una campagna d’aiuti, si è fatto interprete dell’ondata di compassione da tutta la Germania ove tante sono le persone di origine turca: noi tedeschi e turchi «siamo diventati amici da quando le vostre madri e i vostri padri ci hanno aiutato a ricostruire il nostro Paese» (vedi mio articolo sulla Mostra al Museo delle Culture europee: http://lelejandon.blogspot.com/2023/01/siamo-un-pianeta-nomade-una-mostra.html).
Dalla Germania sono partite con 7 cani specializzati le organizzazioni “ISAR Germany” (che si occupa di “Katastrophenschutz” cioè “protezione civile”) e “BRH” (cani di salvataggio) il cui motto è ebraico ed è tratto dal Talmud babilonese: «Chi salva anche soltanto una vita, salva il mondo intero!».
Questo cagnolone è stato fotografato al suo ritorno esausto in Germania dopo aver salvato vite umane con “ISAR Germany” il cui portavoce dichiara: «Nel periodo in cui la nostra squadra si trovava nella zona terremotata siamo riusciti a salvare 4 persone e a dare fiducia a centinaia di migliaia di altre» (grande è stata la gioia quand’è stata ritrovata viva, dopo ben dieci giorni, una ragazza di 17 anni il cui nome, Aleyna, in lingua turca significa “colei che non morirà”).
E un gatto bianco di nome Enkaz non vuol saperne di separarsi dal suo salvatore Ali Cakas (componente della squadra nazionale di ciclismo): «Ma che grazioso e beneducato!», commenta lui che pure si è affezionato al micio accoccolatogli garbato sulla spalla.
Lele Jandon
(trovate le Gallery fotografiche
nel mio Instagram)
venerdì 10 marzo 2023
Distruzione in Ucraina, una Mostra in Chiesa a Berlino
di LELE JANDON
Come già Vi ho raccontato a suo tempo, qui a Berlino la chiesa protestante ha fatto tantissimo per l’Ucraina, che si trova a due ore d’auto dalla capitale.
Il vescovo di Berlino Christian Stäblein ha benedetto la solidarietà attraverso l’invio di armi alla Resistenza.
Il primissimo luogo d’accoglienza dei profughi è stato una chiesa luterana (Sankt-Jacobi), adibita a dormitorio, e la Berliner Stadtmission ha dato il benvenuto agli ucraini in arrivo coi treni.
Per raccogliere fondi le parrocchie hanno organizzato concerti (ne ho ascoltato uno incantevole con la cantante e musicista Antje Rietz alla chiesa luterana di San Tommaso il cui pastore si è recato a Černivci per raccogliere le firme per la richiesta d’adesione da consegnare all’Unione europea).
Ed ecco un’ennesima iniziativa (nell’àmbito del Mese della Fotografia in cui ci sono tante mostre fotografiche in giro per la capitale tedesca): sino al prossimo 5 aprile potete visitare la mostra “The Faces of War” ospitata nella magica cornice della prestigiosa Gedächtniskirche (la Chiesa della memoria), situata fra Wilmersdorf e Schöneberg (alle mie spalle), ad un anno dall’invasione ingiustificata e ingiustificabile di Putin, il 24 febbraio 2022.
E’ una selezione degli scatti (mostrati da BBC, “New York Times” e “Washington Post”) del pluripremiato fotografo ucraino Mstyslav Chernov. L’artista ha lavorato anche per il “National Geographic”, come corrispondente di guerra dell’Associated Press ha seguito l’Iraq e la Siria ed è stato premiato al Sundance film festival per il documentario “20 giorni a Mariupol”.
L’allestimento parte proprio da questa città completamente distrutta (diventata simbolo al contempo dell’eroica Resistenza del popolo ucraino e della ferocia dell’esercito di Putin) dove il 9 marzo i russi colpirono un reparto di neonatologia nonostante sul piazzale dell’ospedale fosse scritto chiaro in russo: BAMBINI! E’ grazie al nostro eroico fotografo che le immagini di questo crimine hanno fatto il giro del mondo.
La carrellata prosegue con l’ex bellissima Kharkiv (oramai anch’essa ridotta in macerie) e Bucha (teatro di crimini contro l’umanità denunciati anche dalla ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock che ci è andata in visita). La location della Mostra non potrebbe essere più azzeccata perché la Chiesa della Memoria è stata lasciata così, con la cupola distrutta dalle bombe alleate, ad eterno ricordo dell’orrore delle guerre espansionistiche come quella di Hitler e Putin.
In questi documenti straordinari (ne vedete alcuni sul mio profilo Instagram) il fotoreporter ci mostra il duro lavoro dei vigili del fuoco ed il dolore composto delle varie persone che abbracciano un loro caro appena ammazzato da un missile russo. Dinanzi a questa distruzione chi, come Merkel, non ha saputo riconoscere con anni d’anticipo il male nel volto glaciale di questo serial killer che ha così tante volte incontrato dovrebbe solo vergognarsi della propria stupidità.
martedì 7 marzo 2023
Purim e lo Scampato Genocidio
di LELE JANDON
Buona Festa agli ebrei nel mondo che fra oggi e domani festeggiano Purim!
E’ una ricorrenza allegrissima in cui ci si lascia andare e s’indossa un mascheramento bizzarro infatti popolarmente è anche detto “il Carnevale ebraico” (come in questo dipinto qui illustrato da Joel Itman, pittore americano che vive in Italia). Anche qui a Berlino, dove gli ebrei sono ottantamila (e ne arrivano sempre di più dalla Russia dove i rabbini suggeriscono di andar via perché tira un’aria brutta), ci sono appositi party di Purim aperti a tutti nelle discoteche. Alla sinagoga liberale si sono sia letti (in cinque lingue) sia cantati (in ebraico) i passi dell’avventurosa storia di uno scampato genocidio narrato dal Libro di Ester che ciascuno di voi può andarsi a leggere stasera nella propria Bibbia.
2500 anni fa l’invidioso Amán s’indignò perché un ebreo della corte non gli si era genuflesso e riuscì a persuadere il satrapo persiano Artaserse (di cui era perfido consigliere) del proprio progetto genocidario contro gli ebrei (sottomessi appunto ai Persiani):
«Vi è un popolo segregato e disseminato fra i popoli di tutte le province del tuo Regno, le cui leggi sono diverse da quelle di ogni altro popolo e che non osserva le leggi del re; non conviene quindi che il Re lo tolleri. Se così piace al re, si ordini che esso sia distrutto».
Ester, ex schiava fatta regina dal tiranno che ignorava che lei era ebrea, salvò il suo popolo convincendolo a pregare digiunando e poi facendo coming out col re suo marito, a rischio della sua stessa vita: con l’aiuto di Dio, convinse il re a non sterminare gli ebrei e ad impiccare quel demonio di Amán.
A Purim si commemora così la gioia per lo scampato genocidio grazie alla coesione del popolo.
Questa storia meravigliosa c’insegna che gl’impulsi genocidari erano presenti già nell’antichità (si pensi agli antichi romani e alla distruzione del Tempio di Gerusalemme per mano del generale Tito) ed è una lezione di coesione che vale per tutti i popoli la cui compattezza è minacciata proprio dalle menzogne (le fake news su vaccini, guerra, ebrei, persone LGBT e mussulmani) che provengono perlopiù dalla Russia di Putin.
Ne abbiamo un esempio di scottante attualità: gli ucraini rimasti in Patria, sotto la salda leadership etica dell’eroico presidente Zelensky, di origine ebraica, stanno dimostrando al mondo cosa significhi essere un popolo coeso per difendersi dal genocidio e dalla cattività. Peraltro anche loro, come quegli antichi ebrei sotto i Persiani, si ritrovano a praticare di fatto il digiuno per tanto tempo dovendo vivere perlopiù nascosti nei Bunker sottoterra in attesa dei viveri del governo come accade quotidianamente nelle città attualmente sott’assedio. Come ha detto quel soldato ucciso ieri a bruciapelo da una banda di soldati russi: “Gloria all’Ucraina! Slava Ukraïni!”, lunga vita all’Ucraina!
giovedì 16 febbraio 2023
Per noi ha vinto Mr Rain
di LELE JANDON
Non solo effimere canzonette alla settantatreesima edizione del Festival di Sanremo. Il mio tormentone (in tedesco diciamo “Ohrwurm”, letteralmente “verme dell’orecchio”) è la canzone “Supereroi”, classificatasi solo terza alla gara ma seconda su Spotify, YouTube, iTunes Apple Music.
La canta Mr Rain, dolcissimo 31enne di Desenzano sul Garda, qui ritratto dall’artista Enzo Iorio che ha così reso omaggio a questo ragazzo, vero vincitore morale di questo Festival della canzone italiana.
Il curioso nome d’arte deriva dal fatto che trova ispirazione per comporre le sue canzoni solo quando fuori piove.
Snobbato da “giudici” incompetenti ad un sadico “reality show” musicale, ha superato la depressione, si è messo a studiare pianoforte e ha fatto il grande ritorno sulla scena con una delicata melodia che ha strabiliato tutti perché, dopo un esordio con un genere americano (come rapper), ha creato un originale brano che solo nell’incipit è vagamente rap ma che a sorpresa procede in un pop squisitamente italiano.
Con elegante distinzione ha presentato il suo commovente pezzo sanremese che racconta un pò di sé lanciando al contempo un potente messaggio universale nell’era dell’epidemia della solitudine e del narcisismo: come egli stesso spiega in un’intervista, dobbiamo superare la vergogna (che non crea nulla di buono), «toglierci le nostre maschere, e mostrarci per come siamo, chiedendo aiuto a chi ci vuol bene».
Nel poetico testo, composto in mezz’ora in stato di flusso e migliorato da Federica Abbate, il cantautore ci ricorda la nostra vera natura relazionale col prossimo ricorrendo ad una stupenda immagine metaforica dello scrittore partenopeo Luciano De Crescenzo (1928 – 2019) ripresa anche nel suo film del 1984 “Così parlò Bellavista” e da don Tonino Bello (1935 – 1993, dichiarato beato da Papa Francesco): «Siamo angeli con un’ala soltanto e riusciremo a volare solo restando l’uno accanto all’altro».
Ad un certo punto fa il suo ingresso sul palco del teatro Ariston un coro di voci bianche di otto «bambini che è un po' la mia firma stilistica quando voglio sottolineare un concetto». Con loro Mr Rain canta a cappella (lui che coi bimbi ha particolare feeling perché ha aiutato la madre a crescere la figlioletta, la sua sorellina). Fra i tanti anche le madri con figli con disabilità si sono identificate nella canzone che è stata tradotta dalla Fondazione Isah nella Comunicazione aumentativa alternativa (CAA) per chi ha bisogni comunicativi complessi. Noi de “Il Cinema e i Diritti” la citiamo ai ragazzi nelle nostre conferenze sul bullismo giacché accenna anche al trauma («ci sono ferite che non se vanno nemmeno col tempo») e, come dice Mr Rain, «la musica per me è terapeutica».
Secondo il cantante chiedere aiuto oggi è eroico e i nostri supereroi del momento sono i nostri connazionali europei ucraini i quali non hanno paura di continuare a richiedere il nostro sostegno per l’autodifesa, soprattutto per bocca del loro leader morale Zelensky del quale ha letto un bel messaggio proprio al Festival il conduttore Amadeus (che anche per questa sua libera scelta, sgradita ai populisti filorussi Salvini e Berlusconi, verrà senz’altro punito dal governo di estrema destra che eserciterà il suo potere anche sulla TV di Stato). Spero che anche il presidente ucraino abbia commosso i cuori degl’italiani perché, come dice Mr Rain, «non si può combattere una guerra da soli».
lunedì 9 gennaio 2023
«Siamo un Pianeta Nomade»: una Mostra a Berlino
di LELE JANDON
Come dice il premiato storico tedesco Karl Schlögel, da sempre la Terra è un “Planet der Nomaden” (“un pianeta di nomadi”) per le più svariate ragioni. Ora che gli xenofobi sono al governo in Italia sarà istruttivo divulgare la storia raccontata nella Mostra “Wir sind hier. Turks in Germany” del fotografo di Istanbul Ergun Çağatay (1937 – 2018) che è stata prolungata sino al 10 aprile al “Museo delle culture europee”.
Dinanzi alla facciata del piccolo Museo (nel favoloso e verdissimo quartiere residenziale ed universitario di Dahlem Dorf che in origine, come suggerisce il nome stesso, era un villaggio, col tempo inglobato nella metropoli di Berlino), campeggia la bandiera ucraina, come davanti ad ogni Istituzione qui in Germania.
Figlio di un avvocato e senatore, dopo aver mollato gli studî di legge impostigli dal padre Çağatay (si legge Ciaatai) seguì il proprio demone della fotografia e divenne artista autodidatta documentando importanti Eventi (fra cui il primo trapianto di fegato, del 1963) e la guerra Iraq-Iran (1980 – ‘83) ma, dopo tanti luoghi caldi, il caso volle che un giorno del 1983 il nostro giramondo fosse fra i feriti dell’attacco dei terroristi marxisti-armeni ASALA contro lo sportello delle Turkish Airlines all’aeroporto parigino di Orly (finì in clinica come grande ustionato e per cinque anni si sottopose alle cure).
La selezione è solo un assaggio di 1110 su 3477 fotografie da lui scattate in cinque città tedesche fra cui Berlino nel 1990 (l’anno in cui venne inaugurata la primissima moschea ben visibile cioè dotata di minareto): il fotoreporter ci mostra varî scorci della vita (familiare, religiosa, comunitaria, lavorativa e politica, con le “Demonstrationen” per le strade per reclamare il diritto di restare) delle persone di origine turca residenti qui in Germania.
La galleria fotografica (che vedete sul mio Instagram) era stata riproposta l’anno scorso in occasione dei sessant’anni dallo storico accordo bilaterale fra la Germania federale (la cui capitale era Bonn) e la Turchia (1961 - 1973), firmato a causa dell’improvvisa erezione del Muro (ed il conseguente Stop all’incessante e crescente immigrazione di tedeschi dalla Seconda dittatura tedesca, la DDR). La Germania libera aveva quindi bisogno di manodopera e dava il benvenuto ai volenterosi che venivano qui come semplici “Gastarbeiter” (cosiddetti “lavoratori-ospiti”, impiegati nelle industrie e nelle miniere di carbone della Ruhr), senza le fatiche dei quali il miracolo tedesco del Dopoguerra non sarebbe stato possibile.
I figli di quei primi immigrati sono poi diventati nei decenni anche proprietari di piccole attività a gestione famigliare (frutta e verdura o quelli che riuniscono assieme una mini-edicola di quotidiani e la mini-posta) o gestiti da giovani (barbieri), guidatori (tassisti ed autisti di Uber) ed artisti.
Odiati dall’AfD (Alternative für Deutschland, il partito di estrema destra, omologo di “Fratelli d’Italia” e “Lega”, tenuto alla larga da una “conventio ad excludendum” da parte dei partiti normali), i tedeschi di origine turca sono stati target di un attacco terroristico di estrema destra ad Hanau nel 2020 (11 persone uccise).
Il partito meglio rappresentativo, con più tedeschi di origine turca, che noi voteremo alle prossime elezioni cittadine del prossimo 12 febbraio, sono i Verdi: verde è il ministro dell’agricoltura Cem Özdemir (i cui genitori sono di etnia circassa), figlio di un Gastarbeiter.
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