di LELE JANDON
L'Evento ideato da Lele Jandon |
Ci sono in giro mine vaganti che sono dei perversi morali: compiono abitualmente, spesso impunemente, atti malvagi godendo del male: narcisi ammalati di quel narcisismo che, essendo al grado-zero di empatia, dice il grande psichiatra inglese Simon Baron-Cohen ne "La scienza del male", li accomuna ai sociopatici: i famosi psicopatici dei film di Hitchcock di cui già abbiamo tracciato il ritratto nel Blog. Sono "narcisi vuoti", "sanguisughe" che derubano della linfa vitale, "vampiri", "robot costruiti per imitare la vita" incapaci di amare bensì solo di distruggere e derubare: queste le immagini che la grande psichiatra francese Marie-France Hirigoyen usa nel suo libro "L'harcèlement moral" in cui ne traccia il profilo psicologico: questi individui estremamente pericolosi sono perversi sempre, ma con estrema furbizia diabolica non sempre mostrano il loro vero volto (ossia l'assenza di un'identità: privi di scrupoli morali, pietà, compassione e rimorsi come sono).
Anzi, possono addirittura risultare affascinanti (atteggiandosi persino a rigoristi morali o a liberali tolleranti). Mai, comunque, teneri. Anzi, detestano le manifestazioni d'affetto e hanno una sessualità perversa e compulsiva ove l'altro è un oggetto sessuale. Si divertono compiendo atti di guerra, un'invasione della mente del prossimo, trattato come la pedina di un giuoco perverso: il "mobbing" (studiato per la prima volta da due svedesi) sia in famiglia, sia al lavoro sia nelle Università. Questi criminali perseguitano le vittime e mirano a distruggerne la personalità, giorno per giorno, al fine di divertirsi a renderle malvage a loro volta, creando un clima psicologico tossico e insostenibile per una persona normale, mediante varie umiliazioni sistematiche e costanti: non solo verbali (sarcasmi, continui rimproveri pretestuosi) ma anche non verbali (toni di voce gelidi, sottintesi) ed atti (demansionamenti o incarichi inutili come nei Lager nazisti) o diffondendo calunnie, isolamento, emarginazione, esclusione ed ostracizzazione, sino alle estreme conseguenze psicofisiche, dalla depressione alla dissociazione ad una sindrome simile al disturbo post-traumatico da stress dei veterani di guerra e all'istigazione al suicidio. Spesso si vuole fare in modo di trovare ragioni per licenziarle: abbattendone il morale e così il rendimento, il perverso può così licenziare "per giusta causa", anche se in condizioni normali sono lavoratori produttivi. Le vittime predilette? Giovani iper qualificati che essi invidiano oppure donne con una piccola componente materna/masochista/insicura che sono servizievoli (a casa) e perfezioniste (sul lavoro) che magari credono di "guarirli" oppure lavoratrici incinte di cui l'avido boss vuol liberarsi per assumere una più giovane e sottopagata, grazie alle leggi che consentono questa forma di schiavitù legalizzata. Altresì, facili bersagli sono persone impulsive che, se esasperate, i perversi additano così: "Avete visto? Vi avevo detto che era pazza/o". I perversi si astengono da violenze palesi per cui possono essere facilmente accusati ma solo per tema di finire nei guai con la giustizia. Se si ammogliano, la perversione si trasmette perché il genitore perverso snatura anche i propri figli. Vogliamo approfondire questo fenomeno sommerso che -dice il massimo esperto italiano Harald Ege- è assai diffuso nel nostro Paese perché manca un'etica del lavoro come dimostrano la perdurante depressione economica, la disoccupazione dei giovani al 40% e la cattiva occupazione. Del resto, i vertici della Chiesa cattolica, sotto Ratzinger, hanno esercitato azioni di mobbing, umiliando teologi e teologhe coscienziosi e creativi che hanno argomentato importanti critiche costruttive verso l'etica sessuale malata tutt'ora vigente in Vaticano. E secondo il vaticanista Marco Politi sarebbe vittima di mobbing l'attuale Papa da parte del clero più reazionario. La radice del male del perverso è l'invidia maligna e distruttiva, cancro che distrugge la società (da cui già il libro di preghiere ebraiche del Siddur chiedeva protezione), contro le persone vitali e perbene, di cui i perversi non tollerano le qualità (a causa del loro complesso d'inferiorità, essendo stati a loro volta feriti ed umiliati come buoni a nulla dai loro genitori perversi disfunzionali). Secondo Hirigoyen ed il teologo Matthew Fox (che invita a riscoprire la compassione ebraica intesa come verbo di movimento, come spirito d'iniziativa concreta verso il nostro prossimo), è il sistema economico attuale, masochista, dualista e compulsivamente avido, che lo favorisce e dovremmo creare una società meno verticistica e più circolare ove i nostri colleghi siano collaboratori di cui essere grati (come già diceva Martin Luther King Jr in un sermone che già abbiamo analizzato al Cineforum su "The Help"), persone da ascoltare, e non pedine e mezzi per ottenere il massimo profitto in denaro. Il risultato della cultura dell'empatia al lavoro, come indica lo psicologo Daniel Goleman di cui abbiamo già parlato nel Blog, è un clima che crea più creatività e produttività, nell'interesse di tutti. Dalla fiaba di "Cenerentola" (attualmente nelle sale nella bella resa di Kenneth Branagh), mobbizzata da matrigna e sorellastre, al "Processo" di Kafka (ove il protagonista impiegato bancario vien messo sotto torchio da una misteriosa accusa che lo porta a dubitare persino di sé stesso) alle macchinazioni del perverso Iago che cova invidia vendicativa contro Cassio nell'"Otello" di Shakespeare (che la nostra Ospite Enrichetta Buchli insegna all'Università Cattolica proprio per mostrare le dinamiche possibili nei posti di lavoro), vedremo i riferimenti letterari della nostra cultura occidentale che descrivono questo fenomeno ignobile e cinematografici (da "Zia Angelina" di Étienne Chatiliez a "Dogville" di Lars von Trier con il Premio Oscar Nicole Kidman). Traendo spunti dal film "Mi piace lavorare" di Francesca Comencini con protagonista Nicoletta Braschi, ispirato a storie vere, indicheremo come riconoscere i perversi, come riconoscerne le tecniche, come evitarli e come combatterli portandoli dinanzi al giudice e farli condannare, ricordando i Diritti e Doveri della nostra Costituzione repubblicana che proteggono la Persona anche come lavoratore (con le parole-chiave "Salute, Dignità, Libertà, Integrità", come tenere duro e guarire da questa violenza inumana ricordando ai giuslavoristi che l'economista liberale Adam Smith esordì come filosofo morale con "La Teoria dei Sentimenti Morali". Mostreremo altresì come prevenire questa degenerazione attraverso l'educazione alla comunicazione e alla psicologia che si rende indispensabile in tutte le aziende. Un'educazione civica che ci prefiggiamo di fare attraverso la nostra opera di divulgazione. Dinanzi alla finta tolleranza dei perversi, giudici, politici e aziende hanno il dovere morale di opporre il rigore e il dovere della massima attenzione. Bastano uno o due individui perversi in un'azienda od un governo e quella compagnia o governo divengono interamente perverse (come quelle che sfruttano non solo la manodopera a bassissimo costo bensì danneggiano l'ecosistema e la salute dei consumatori come l'azienda fatta condannare da Erin Brockovich che inquinava le acque provocando tumori), avverte Hirigoyen col suo saggio che ha fatto tanto discutere la Francia. Sarebbe ora che si aprisse un dibattito anche da noi.
****
Il
Film della Comencini con la Braschi:
Impiegata
Modello Mobbizzata
sino
alla Depressione
Dopo
aver parlato del tema della Creatività, come essenza della nostra umanità, ora trattiamo
del tema della distruttività come essenza della disumanità. Già lo scorso mese
abbiamo analizzato un tipo di violenza morale (le terapie riparative
dell'omosessualità, cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2015/03/save-me-il-film-che-apre-il-dialogo.html),
ed anche questo mese esaminiamo un altro
tipo particolare di violenza psicologica (e relative "teorie"
riparative di alcune vittime che talvolta cascano nell'autoillusione di poter
cambiare i loro carnefici, inguaribili perversi): il mobbing ed il bossing. Lo
faremo prendendo spunti dal film di Francesca Comencini "Mi piace lavorare" che commentiamo
ed analizziamo assieme alla nostra Ospite Enrichetta Buchli, psicanalista
junghiana con trent'anni di esperienza clinica anche con molti pazienti vittime
di mobbing e docente all'Università
Cattolica di Milano. Il film è tratto da storie vere e il titolo prende spunto
dalla frase che la protagonista dice ai suoi datori di lavoro (ancora ignara di
essere sottoposta a mobbing): come
vedremo, le vittime preferite sono proprio i grandi lavoratori. Anna (Nicoletta Braschi, che abbiamo visto
nel film "La vita è bella"
del Premio Oscar Roberto Benigni) vive a Roma, è una donna single con figlia
a carico, Morgana, e un padre ammalato che va a trovare in casa di riposo.
Di mestiere fa la contabile prezzo un'azienda privata. La figlia, una preadolescente, resta spesso sola a casa il pomeriggio, ma s'arrangia tanto da andare a far la spesa da sola in una simile metropoli così pericolosa. Le colleghe descrivono Anna come "precisa e attenta", le rinfacciano che lei guadagna di più di loro ma lei non pare cogliere la malcelata invidia. Anna è davvero in gamba, lavora e quando torna a casa, mentre prepara da mangiare, ascolta attentamente sua figlia che legge e fa i còmpiti sulla tavola della cucina. La sera Anna non può uscire perché sua figlia resterebbe a casa da sola. La sua vita è così limitata che una sera sua figlia le dice: "Non voglio avere bambini da grande, perché non voglio essere come te", cioè, evidentemente, così indaffarata e workaholic da non avere, appunto, abbastanza tempo da dedicare a sua figlia. Un giorno la sua vita viene sconvolta da una novità apparentemente non significativa: la sua azienda, ove lavora al reparto contabilità, annuncia una fusione. Anna non immagina neanche il tipo d'ignobili strategie che questi nuovi capi adotteranno per licenziare e costringere alle dimissioni il numero che vogliono d'impiegate. Nel suo settore amministrativo, sono tutte donne le lavoratrici: l'improvvisa richiesta di "massima flessibilità" a senso unico è una strategia diabolica per costringere proprio le donne a licenziarsi da sé perché, imponendo quel ritmo a bell'apposta insostenibile, è umanamente impossibile lavorare e gestire una famiglia. Inizia così una lunga serie di dispetti in un crescendo:
Di mestiere fa la contabile prezzo un'azienda privata. La figlia, una preadolescente, resta spesso sola a casa il pomeriggio, ma s'arrangia tanto da andare a far la spesa da sola in una simile metropoli così pericolosa. Le colleghe descrivono Anna come "precisa e attenta", le rinfacciano che lei guadagna di più di loro ma lei non pare cogliere la malcelata invidia. Anna è davvero in gamba, lavora e quando torna a casa, mentre prepara da mangiare, ascolta attentamente sua figlia che legge e fa i còmpiti sulla tavola della cucina. La sera Anna non può uscire perché sua figlia resterebbe a casa da sola. La sua vita è così limitata che una sera sua figlia le dice: "Non voglio avere bambini da grande, perché non voglio essere come te", cioè, evidentemente, così indaffarata e workaholic da non avere, appunto, abbastanza tempo da dedicare a sua figlia. Un giorno la sua vita viene sconvolta da una novità apparentemente non significativa: la sua azienda, ove lavora al reparto contabilità, annuncia una fusione. Anna non immagina neanche il tipo d'ignobili strategie che questi nuovi capi adotteranno per licenziare e costringere alle dimissioni il numero che vogliono d'impiegate. Nel suo settore amministrativo, sono tutte donne le lavoratrici: l'improvvisa richiesta di "massima flessibilità" a senso unico è una strategia diabolica per costringere proprio le donne a licenziarsi da sé perché, imponendo quel ritmo a bell'apposta insostenibile, è umanamente impossibile lavorare e gestire una famiglia. Inizia così una lunga serie di dispetti in un crescendo:
-
sparisce il blocco delle bolle,
facendole così fare una figuraccia dinanzi ad un cliente ("non mi era
mai successo", dice desolata): scopre poi che è stato consegnato ad
un'altra impiegata;
- nessuno si siede accanto a lei in mensa:
viene isolata, tanto che le passa persino la voglia di finire il suo pasto;
-
una mattina, entra in ufficio e trova
seduta alla sua scrivania una collega che ha preso il suo posto: subisce così
l'umiliazione di non essere stata informata dell'improvviso cambio d'incarico;
-
prende le sue cose e le colleghe neanche
la salutano, né sono in grado di dirle una parola gentile;
-
nel nuovo ufficio, l'accoglienza è
gelida: tutti hanno un computer
piatto, tranne lei che ne ha uno da anni Ottanta: come dirle che lei è
"vecchia" per l'azienda. Né trova nessuno che sia disposto a
prestargliene uno;
-
Il capo le chiede di trovare una misteriosa fattura di quattr'anni prima. Gli
orari dell'archivio non le consentono di trovarla in giornata e lei quella sera
s'introduce nell'ufficio del capo e la trova;
-
Quando si rivolge al boss, lui la tratta con palese fastidio: "Qual è il
problema, stamattina?" (come dire che ne ha sempre una): un atteggiamento respingente che declina
ogni eventuale responsabilità ed invita la lavoratrice ad arrangiarsi. Uno
stratagemma diabolico in cui le parti sono rovesciate: la persona molesta viene
fatta apparire Anna, quando in realtà è esattamente l'opposto, ossia è lei che
sta subendo continue molestie morali.
-
Le viene affidato un nuovo "lavoro": insegnare il suo lavoro ad una stagista giovane (così evidentemente
assumeranno lei pagandola la metà); contestualmente all'arrivo della new entry, in mensa, Anna è sola mentre la stagista già siede accanto al boss
(anche questo un chiaro segnale ad Anna);
-
altro incarico impossibile: viene mandata (unica donna) nel reparto magazzino,
tutto fatto di operai maschi, ad "ottimizzare i tempi del lavoro".
Trova subito ostilità e persino intimidazioni, le viene subito rinfacciato di
non conoscere il loro lavoro, e quindi le è tolta subito pregiudizialmente autorevolezza.
Viene chiamata "spia". Quando riferisce nel suo rapporto scritto che
quei lavoratori non riescono a svolgere quei lavori nei tempi imposti dall'azienda,
il boss invia (a sua insaputa) una lettera a quegli operai in cui si dice che è
stato riferito che non lavorano abbastanza, "non sono produttivi" e
l'avviso che che dopo quattro contestazioni di quel tipo, scatterà il
licenziamento. La strategia é di mettere
le persone indesiderate una contro l'altra.
-
ennesima umiliazione, come un climax,
Anna viene relegata alla fotocopiatrice (che nessuno usa): deve umiliarsi a chiedere
a chi passa di lì a fare una fotocopia per quale ragione la fa, insomma un lavoro inutile (come nei campo di lavoro
forzati dei nazisti): anche qui viene vista come una "spia" dai
colleghi;
-
il boss posticipa una riunione, Anna scopre di non essere stata invitata;
-
viene pretestuosamente presa in giro per
il suo abbigliamento in realtà dignitoso, causando anche dispiacere in
famiglia perché quell'abitino gliel'aveva suggerito la figlia che lo ritrova
nella spazzatura;
Le
viene così creato il vuoto intorno,
e lei chiede ad una collega se per caso non abbia udito in giro una voce
infondata sul suo conto:
"Si
dice qualcosa di me in giro? Mi sembra che tutti ce l'abbiano con me, è una
netta impressione"
Così
facendo, i mobbizzatori sanno benissimo di complicare la sua già difficile
situazione di gestione della famiglia: la figlia richiede le sue attenzioni
provando a chiamarla al cellulare, ma la madre è sempre occupata. Anna una sera
confida con la figlia la propria confusione:
"C'è
qualcosa che non va, io ho qualcosa
che non va"
E
la figlia:
"Tu
sei senz'amici, sei sempre sola"
Come
dice una sindacalista (a cui infine Anna si rivolgerà per denunciare l'abuso
subìto) nel film:
"La violenza non è solo quella fisica. E'
lasciarvi senza fare nulla, così vi strappano la dignità"
In
bagno, dopo l'aggressione verbale degli operai che le mettono anche le mani
addosso in segno intimidatorio, Anna sviene. Il medico trova tutti i segni dello "stress", ma non le fa le
domande giuste. E le dà la terapia sbagliata: riposo. Risulta impreparata e priva della
necessaria empatia anche la donna che le fa visita come medico fiscale, che si
limita a chiedere "che cosa si sente?".
"Ho
una gran debolezza, non riesco a fare niente"
Chiaro
segno di depressione clinica, di cui però il medico non ritiene di dover
cercare la ragione mediante un'anamnesi. Tale scena è un esempio di medico
privo di empatia, che negli Stati Uniti viene insegnata ai praticanti medici
(cfr. il mio articolo "Allenare
l'Attenzione, Muscolo della Mente": http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/allenare-lattenzione-muscolo-della.html).).
Dopo
la settimana di riposo, Anna torna al lavoro in quello che una sua collega
chiama "un posto di merda" e ove tutti la guardano storto. E' la
stessa sera del saggio di danza della figlia, ma mentre sta per uscire un pò in
anticipo dal lavoro, ecco l'ennesimo dispetto: viene convocata fuoriorario dal
boss. Quando lei bussa, ovviamente il capo è "occupato" e le chiede
di attendere. La figlia l'aspetta sinché decide di non andare al saggio. La
madre la troverà dai vicini.
Ecco
cosa le dice il capo, rivelando finalmente il mobbing:
"Facciamo
un bilancio. Lei non ha ripagato la fiducia che abbiamo dato a Lei, ha fatto il
vuoto intorno a Lei, come gli operai che quasi mi facevano sciopero. Le ho preparato una lettera di dimissioni"
(in bianco, ndr) "Lei ora si trova
in una condizione in cui non può scegliere. Quello che le è accaduto adesso
non è niente, e se lei continua così
diventeremo cattivi"
Un
pò brusco (e deludente) il finale ove si vede già Anna che ha ripreso la sua
normalità ed ha vinto un assegno di risarcimento. Quello che c'interessa
stasera è anche vedere questo aspetto che non si vede nel film: come
documentare le violenze subite.
Il Libro della Psichiatra Hirigoyen
Un
Fenomeno Diffuso in un'Italia Individualista
Marie-France Hirigoyen è psichiatra, psicoterapeuta familiare e psicanalista, vittimologa: tiene corsi di formazione nelle aziende sul mobbing. |
La
psichiatra, psicoterapeuta e psicanalista francese Marie-France Hirigoyen,
esperta in vittimologia, ha scritto un libro sul mobbing sia in famiglia sia sul lavoro dal titolo "Molestie morali. La violenza perversa nella
famiglia e nel lavoro" (Einaudi, Torino 2000, mia ediz. del 2015, traduzione
italiana di Monica Guerra, titolo originale francese "Le harcèlement moral: la violence perverse au quotidien",
éditions La Découverte et Syros, Paris 1998). Un libro "estremamente utile
ed interessante, che ci mostra come la perversione e la malignità serpeggino
liberamente, ma soprattutto impunemente, dietro la facciata della nostra vita
quotidiana", come scrive lo psicologo Harald
Ege, massimo esperto in Italia di mobbing
che si dice contrario a parlare di mobbing
al di fuori dell'àmbito del lavoro ("Mobbing.
Che cos'è il terrore psicologico sul posto di lavoro", Pitagora,
Bologna 1996).
La vittima viene demansionata, umiliata, degradata, spiata,
additata, snobbata: si punta alla distruzione psicologica della Persona umana, privata
della sua dignità di Persona sociale, spesso nell'impunità, anche perché la
maggioranza delle persone ignoranti non vogliono credere a quanto avviene. O
fingono di non vedere. O pensano solo a sé stesse (individualismo, cioè
mancanza di senso di solidarietà, di sentirsi responsabili della vita del
nostro prossimo).
C'è un particolarismo italiano:
in quella che Ege chiama la
"condizione zero" ("situazione tipica dell'azienda italiana
media" ove regna "molta più
tensione di rapporti rispetto agli altri Paesi, soprattutto del Nord Europa"
(che hanno introiettato l'etica protestante del lavoro): "questa
conflittualità quasi "fisiologica" è generalmente accettata come dato
di fatto dai lavoratori italiani": è il terreno fertile del mobbing, e consta di un clima
psicologico generale in cui ognuno vuole elevarsi a spese degli altri.
"Fra
la condizione zero e la prima fase del mobbing
non c'è quasi mai soluzione di continuità"
Per
via di un altro fenomeno tipicamente italiano, il familismo (l'eccessivo
attaccamento alle figure familiari), si verifica un "doppio mobbing": il mobbizzato tende a
sfogarsi in famiglia, che ad un certo punto, sentendosi minacciata, per un
processo inconscio di autodifesa cesserà si sostenere psicologicamente la
vittima (pagg. 239 - 240). Non a caso il fenomeno è stato riconosciuto in un
Paese del Nord Europa, l'avanzatissima Svezia, di matrice protestante, con
l'etica del lavoro che ne consegue.
Il
Perverso Morale mira a Distruggere
per
Invidia Maligna: vuole pervertire
la
vittima designata
Il
mobbizzatore è un "perverso morale" cioè devia dalla norma (dal
latino "perversus", participio
passato di pervertĕre, "sconvolgere"),
ossia "chi è intimamente ed
ostinatamente incline a fare il male, provandone un perfido compiacimento"
("Enciclopedia Treccani").
La
dottoressa Hirigoyen critica gli psichiatri che rifiutano di dare giudizi di
valore per principio, e rivendica questa definizione clinica: la perversità
esiste.
Il
mobber mira a distruggere
psicologicamente una persona, può portare a renderla un perverso come lui, alla
malattia mentale e al suicidio. Vuole spegnere il suo élan vital, per usare l'espressione del filosofo Henri Bergson
(1859 - 1941). "Lo scopo finale
di un perverso è snaturare l'altro,
indurlo a diventare cattivo a sua volta" (pag. 182).
Come
i sociopatici, i perversi sono senza scrupoli morali, né sensi di colpa o
rimorsi, immuni dalla depressione ed inaffidabili (vedasi mio articolo "Senza
pietà. Come riconoscere i sociopatici" http://lelejandon.blogspot.it/2014/02/senza-rimorso-colpa-o-pieta-come.html,
ove parlo del libro "Confessioni di
una sociopatica. Viaggio nella mente di una manipolatrice", Marsilio
2014).
La
Hirigoyen preferisce parlare di perversione morale anziché di sociopatia. Sono
freddi calcolatori e dunque spesso evitano di commettere azioni criminali che
siano riconoscibili, anzi usano la propria mancanza di scrupoli per farsi
avanti senza empatia, compassione, pietà né rimorsi e sensi di colpa.
Un perverso lo è sempre ("in tutte
le circostanze della vita") ed ha bisogno di umiliare il prossimo per
acquisire autostima (umiliata a sua volta da genitori snaturati). Ancorché
a sua volta vittime di madri e/o padri che li hanno maltrattati e la loro è
un'autodifesa (contro la psicosi o la depressione) non sono scusabili (pag.
XV). Attenzione: "giustifica la propria durezza con un'infanzia
difficile", "presentandosi come vittima" per avere pietà da
parte della vittima.
I
perversi quando comunicano con la loro vittima hanno "una voce fredda,
incolore, piatta, monocorde" (pag. 105).
I
perversi
"li si ritrova in tutti i gruppi in cui ci siano individui che
possono entrare in rivalità, in particolare nelle scuole e nelle
università": "l'immaginazione umana non ha limiti quando si tratta di
uccidere, nel prossimo, la buona immagine che ha di sé" (pag. 218).
****
Uno
Solo può pervertire un Sistema
Un
Esempio di Azienda Perversa:
Quella
che inquinava le acque col Cromo
e
condannata grazie ad Erin Brockovich
E
attenzione, i perversi sono contagiosi:
"Bastano
uno o più individui perversi all'interno di un gruppo, di un'azienda o di un
governo perché tutto quanto il sistema
diventi perverso. La mafia e i regimi totalitari funzionano così"
(pag. 218; ed infatti i malavitosi son chiamati "mobsters"):
penso
a quelle corporations (compagnie
multinazionali e transnazionali) che sfruttano consapevolmente non già solo la
manodopera a bassissimo costo, bensì anche l'ecosistema
e la salute dei consumatori, avendo come unico valore questo mito della
crescita infinita del profitto ad ogni trimestre: chi non possiede una
coscienza personale, figuriamoci se avrà una coscienza sociale ed ecologica
(quelle che lo psicologo Daniel Goleman chiama "intelligenza sociale"
ed "intelligenza ecologica"). Si pensi, ad esempio all'uso in passato
dell'insetticida cancerogeno DDT, che ha fatto nascere il movimento
ambientalista in America, o, per fare un esempio italiano, al caso dell'Ilva:
l'arcivescovo Santoro ha detto, appunto, che "la contrapposizione di
questi valori" (salute e diritto al lavoro) "sono frutto di una
dinamica perversa, figlia di coloro che non hanno pensato al futuro di Taranto,
ma hanno seguito la strada del profitto immediato". Questa perversione di
un'azienda è stata portata al cinema col film "Erin Brockovich" del
Premio Oscar Steven Soderbergh, con protagonista il Premio Oscar Julia Roberts,
storia vera di una donna forte, la segretaria di un avvocato che, avendo
scoperto nel 1993 che per trent'anni una ditta, la Pacific Gas and Electric Company, aveva inquinato le falde
acquifere di una cittadina californiana col cromo esavalente provocando tumori
inguaribili, ha lottato sino a far ottenere agli abitanti il più grande risarcimento
della storia americana, ed è diventata un'attivista ambientalista.
Per
conoscere casi di aziende prive di scrupoli, si veda il documentario "The Corporation", che cita come
esempio l'uso, da parte delle aziende agricole, di un ormone iniettato per
aumentare la produzione di latte da parte delle mucche, che provoca mastite
(un'infezione alle mammelle) il cui tipico pus può finire nel latte in
commercio: se bevuto crudo, all'americana (quello che dura un giorno, non
pastorizzato) può provocare infezioni da stafilococco negli umani. Inoltre, la
mastite viene curata con antibiotici che hanno l'effetto collaterale la
reazione di batteri più resistenti. Nel film viene intervistato anche il
professor Robert Hare (da noi già citato nell'articolo "Senza Pietà. Come riconoscere i Sociopatici"
http://lelejandon.blogspot.it/2014/02/senza-rimorso-colpa-o-pieta-come.html) il
quale dice che nel caso in cui i comportamenti delle aziende corrispondono alla
lista dei sintomi indicati dal DSM (il Manuale
Diagnostico Statistico usato per fare le diagnosi sulle persone) per i
sociopatici, allora dobbiamo trarne le conseguenze: l'azienda stessa è malata.
****
La Fiaba/1
Cenerentola:
la Gentilezza e il Coraggio
vincono
sul Mobbing della Matrigna
Sopra (al centro) e sotto: il Premio Oscar Cate Blanchett nel film (attualmente nelle sale) "Cinderella" di Kenneth Branagh. |
Anche
la fiaba "Cenerentola" (di
cui c'è una bella, divertente e commovente versione cinematografica di Kenneth
Branagh attualmente nelle sale) rappresenta la perversione del mobbing familiare: le sorellastre
declassano Cenerentola allo stato di serva. Orfana anche dell'amato padre, il
cui amore le ha procurato l'invidia maligna della matrigna, la ragazza, cui la
mamma ha insegnato "la gentilezza e il coraggio", resta nella casa
con le sorellastre e la seconda moglie del padre (il Premio Oscar Cate Blanchett).
Che licenziano tutta la servitù e le delegano tutte le faccende domestiche:
preparare da mangiare e pulire. Viene derubata della sua stanza che viene data
da condividere alle sorelle, e lei viene mandata in soffitta. Mentre lei sa
cantare, è gentile e va d'accordo con tutti, ed è così empatica che parla con i
topolini, le sorelle non hanno alcuna qualità e litigano sempre fra loro e le
attribuiscono il nomignolo di "cenerentola" ("Cinderella", da "cinder", cenere) quando si presenta
loro a servire a tavola con il viso coperto dalla cenere del camino. Quando la
matrigna la rinchiude a chiave, Cenerentola le chiede la ragione di tale
sadismo, la matrigna le risponde che è l'invidia:
"Perché
sei così crudele? Sono sempre stata gentile con te"
"Perché
tu sei giovane...innocente...e io..." (e se ne va)
Grazie
all'insegnamento della madre, Cenerentola non si snatura, mantiene la sua
personalità, e quando il Principe azzurro (Richard Madden) la sceglie e la
porta via con sé, dice alla matrigna: "Io ti perdono".
In Famiglia
Il
Perverso è stato Pervertito dai Genitori:
partiamo
dunque dalla Famiglia
Umilia
Quotidianamente la Compagna
col
Sarcasmo (in greco "morso")
Partiamo
dunque dalla famiglia: i perversi sono quelli che sistematicamente umiliano la
moglie anche in pubblico. Le sue idee politiche, le sue creme di bellezza, il
suo denaro. Usa il sarcasmo (dal greco antico
σαρκασμός, "morso", derivato dal verbo σαρκάζω, "lacerare le
carni", da σάρξ σαρκός "carne"), la figura retorica che consiste
in un'ironia amara e pungente tesa ad
umiliare e che è sottolineata da particolari toni di voce.
Si
rifiutano di fare l'amore con la moglie.
Magari
càpita che lui si trovi un'altra, e con la manipolazione colpevolizza la moglie
anziché sé stesso. Lui non ha mai colpe perché non è capace di provare alcun
senso di colpa.
E
le vittime, non si ribellano? Qui sta il guaio. "Provano vergogna per non essere state amate, per aver
accettato umiliazioni del genere". Sopportano, tacciono. Magari portano
avanti la facciata del matrimonio. O magari dan la colpa all'amante, o a sé
stesse, anziché a lui. Oppure ancora credono che "il fatto di essere
innamoràti basti a rendere felici, generosi, "migliori".
Quando
lei lo lascia, finalmente, parte lo stalking
(che, comunque, è un altro fenomeno da distinguere: lo stalker non riesce ad accettare la separazione, mentre il perverso
gode nel continuare a maltrattare la compagna). Lui ha bisogno di lei non
perché la ama, ma per il suo perverso amor di sé narcisista. Spesso le vittime,
nel momento del divorzio, fanno le generose, sperando le cose migliorino. Ma
non si può essere buonisti coi malvagi. Sono miti da sfatare. C'è una sorta di
"teoria riparativa" e relativa "terapia riparativa" (per
citare il tema dello scorso mese: http://lelejandon.blogspot.it/2015/03/save-me-il-film-che-apre-il-dialogo.html)
in certe relazioni: se da piccola le viene insegnato un ruolo di salvatrice, sarà
difficile, per quella donna, liberarsi da questi schemi. Persino Einstein (1879 - 1955), come svelano
le lettere private, aveva un comportamento perverso con la madre dei suoi figli,
come mostra un'epistola ove lo scienziato le faceva una lunga elencazione di
condizioni affinché lui restasse a casa: doveva fargli da schiava, portargli i pasti,
tacere dinanzi ai figli (Hirigoyen, pagg. 121 - 122, da "Le Monde", 18 novembre 1996). La
moglie non doveva pretendere che lui si sedesse con lei a tavola, né gli avrebbe
rimproverato alcuna mancata manifestazione d'affetto.
Il tono dei perversi, se non è di
rimprovero, è gelido, incolore. Non alzano il tono della voce,
ma sanno esprimere ostilità, e quando le
vittime si ribellano e rispondono a tono, loro han giuoco facile a dire: "Visto
che scenata da pazza? Io ve l'avevo detto che questa è pazza." Il
perverso opera una psichiatrizzazione
del nemico, come fanno i regimi totalitari verso i dissidenti politici:
naturalmente, una persona ad un certo livello si ribella e fa una sceneggiata,
e allora il perverso gode del fatto che i figli sono testimoni che la madre
"grida come una matta" e lui si mostra calmo.
Le vittime non riescono a credere che
le "si possa odiare a tal punto senza una ragione coerente". Non c'è
una ragione perché il perverso scambia il bene col male, come dice l'etimologia
stessa della parola.
Purtroppo
non possono addurre come prove le registrazioni: la legge vieta di registrare
conversazioni private (ammenoché, previa denunzia per molestie che sia stata
accolta, dopo un ordine del giudice per stalking,
si metta sotto sorveglianza il telefono).
Lasciare
un perverso è difficile per quelle donne che hanno una dipendenza economica: se
non hanno un proprio lavoro.
Non
è amore: "dapprima, è non-amore camuffato da desiderio, non per la persona
in sè, ma per quello che ha in più e di cui il perverso vorrebbe appropriarsi,
poi odio nascosto, che nasce dalla frustrazione di non ottenere dall'altro
quanto si vorrebbe" (pag. 124). La dinamica rassomiglia "ad un
processo fobico reciproco": il perverso al vedere la vittima odiata prova
rabbia fredda, la vittima al vederlo prova paura (pag. 127).
Il
perverso, non avendo empatia come il sociopatico, può sia uccidere, perché il
giuoco gli è sfuggito di mano, sia istigare al suicidio (pagg. 126 e 129).
Con
i Figli: il Perverso è Invidioso
delle
Doti che loro hanno e lui non ha
E
li umilia ogni giorno
La
Perversione diviene così Transgenerazionale
"Manipolare
i bambini è facilissimo" perché "la loro tolleranza non ha limite,
sono pronti a perdonare tutto ai loro genitori, ad assumere su di sé la
colpa" (si pensi a Michael Hess che immagina di essere stato chissà che
cattivo quando gli raccontano la menzogna che la madre l'aveva abbandonato,
cfr. il mio saggio sul libro "The
Lost Child of Philomena Lee": http://www.lelejandon.blogspot.it/2015/01/la-sessuofobia-rende-spietata-e.html).
I perversi usano il ricatto morale e maltrattano anche i loro figli, facendogli
capire che non sono stati desideràti.
Ricorderete
quando avevo citato, fra le cause per cui viene inibita la creatività (creando
così la nevrosi detta dell'artiste manqué),
le "frasi-killer" di certi
cattivi maestri che dicono che non sei "portato" per un determinato
campo, che "sei-negato" mortificando così la tua creatività (cfr. il
mio articolo "Il Coraggio Creativo è
la Risposta Radicale alla Noia dei Giovani": http://lelejandon.blogspot.it/2015/03/il-coraggio-creativo-e-la-risposta.html):
ecco, queste frasi sprezzanti possono essere pronunziate da un perverso, ed il
perverso genitore snaturato dice cose così, trovando pretesti per mortificare
suo figlio:
"bistratta
il bambino perché è maldestro e non è come si deve; lui diventa sempre più
maldestro e sempre più lontano da come il genitore lo vorrebbe. Non lo si
svaluta perché è maldestro, è diventato maldestro perché lo si è svalutato. Il genitore che rifiuta cerca e trova
inevitabilmente una giustificazione (una pipì a letto, un cattivo voto a
scuola) alla violenza che sente dentro, ma a scatenare tale violenza è
l'esistenza del bambino, non il suo comportamento" (pag. 42).
Il
perverso è invidioso persino di suo figlio:
"Succede
anche che un bambino abbia qualcosa in più rispetto a suo padre o a sua madre:
è troppo dotato, troppo sensibile, troppo curioso. Si cancella quello che ha di
meglio per non vedere le proprie lacune". "Poiché non si può uccidere
davvero il bambino fisicamente, si fa in modo che non sia niente, lo si uccide
psichicamente. Si può conservare così una buona immagine di sé" (pag. 45).
"I
bambini vittime di aggressioni perverse hanno come unica via d'uscita
meccanismi di scissione protettiva e si ritrovano portatori di un nucleo
psichico morto. Tutto quanto non è stato metabolizzato durante l'infanzia viene
riprodotto in età adulta", "su sé stessi o sugli altri" (pag.
47).
Essendo
di conseguenza i perversi anche dei pervertiti sessuali, esistono persino forme
di "incesto latente" ove il genitore esibisce la sua
vita sessuale: il bambino o la bambina
"è quindi obbligata ad accettare per non impazzire principii che in un
primo momento ha sentito come malsani" (pag. 48). Ecco perché
"La violenza perversa nelle famiglie
tende a trasmettersi da una generazione all'altra" (pag.
34)
In Società
Si
finge Tollerante e Ironico
Ma
non ha Personalità: la Ruba agli Altri
E'
anaffettivo
In
società il perverso può essere seducente, affascinante, certo non tenero ma
sembrare "liberale", "tollerante". Mostra il suo vero volto
alle vittime prescelte e a casa. Disprezza
le public displays of affection,
cioè le manifestazioni pubbliche di affetto, come il tenersi per mano,
"ha
difficoltà ad esprimere qualcosa di personale, dà l'impressione di scherzare
ininterrottamente, di ironizzare su tutto, di buttare tutto sul ridere"
(pag. 16). "I perversi, proprio come i paranoici, mantengono una distanza
affettiva"
per
disimpegnarsi (pag. 137). Tiene il partner
a distanza di sicurezza, è anaffettivo. Non degna di saluto la moglie
quando lei rincasa.
"L'odio
proiettato su un bersaglio divenuto preda basta a calmare le tensioni
interiori, cosa che permette al perverso di essere, per il resto, di gradevole
compagnia" (pag. 144).
Scrive
Lella Menzio nell'appendice al libro di Hirigoyen:
"Sovente
il partner violento non è tale con altre donne, con amici e conoscenti. Può
essere anzi molto seduttivo e abile dal punto di vista relazionale. Mostra un
carattere non certamente tenero ma sicuramente tollerante" (pag. 229).
****
Personaggi Perversi al Cinema
-
Il premiato "I diabolici" ("Les Diaboliques") di Henri George
Clouzot, 1954
- "Zia
Angelina" di Étienne
Chatiliez (1990) ove la protagonista anziana vessa la domestica e i nipoti;
-
"Surviving with Sharks" di
George Huang (1995);
-
gli psico-thriller del Premio Oscar
Alfred Hitchcock (come "Psycho",
1960) ove "la vittima non s'accorge di essere manipolata" (ma attenzione:
i sociopatici non compiono necessariamente atti criminali);
-
"La formula" di David Mamet
(1998)
-
"Transfert pericoloso"
(1996, di Francis Girod): un perverso manipola il suo analista sino ad indurlo
ad ucciderlo;
- "Dogville"
(2003) di Lars von Trier con il Premio Oscar Nicole Kidman, storia di una
donna in fuga da alcuni gangster che
viene dapprima accolta e poi schiavizzata dagli abitanti del paesino ove si
rifugia;
- anche nel film "A
Lady in Paris" (che vedremo a maggio) all'inizio vediamo un
iniziale mobbing contro la nuova
domestica da parte del Premio César Jeanne Moreau. La Moreau, a cui viene imposta una colf contro la sua volontà, vuole
costringere la badante a licenziarsi, ma la nuova ospite riuscirà a
conquistare la sua fiducia e il suo affetto ed amicizia.
-
nella commedia "Il diavolo veste
Prada" assistiamo ad una parodia del mobbing ispirata ad Anne Wintour con i Premi Oscar Anne Hathaway e
Meryl Streep;
****
Il Mito Greco di Narciso:
"Il
Perverso è come un Robot, senza Vita,
è
una Sanguisuga, un Vampiro"
Il
perverso è un narcisista, ammalato di disturbo narcisistico: il narcisista ama
solo sé stesso come nel mito greco che ci ha tramandato il romano Ovidio (43
a.C. - 18 d.C.) ne "Le Metamorfosi".
Gli altri sono solo uno specchio. All'opposto dell'etica formulata dal filosofo
protestante Kant (1724 - 1804) il cui motto era "tratta sempre il prossimo
anche come fine, e mai solo come mezzo,
costoro trattano il prossimo come un oggetto da manipolare.
"Il
Narciso, poiché non ha sostanza, si "innesta" sull'altro e come una sanguisuga, cerca di aspirarne
la vita", è "incapace di una relazione vera" e
"incontestabilmente i perversi provano
un piacere estremo, vitale, di fronte alla sofferenza dell'altro, così come
prendono gusto ad asservirlo e a umiliarlo" (pag. 135). "Tutto
comincia e si spiega con il
"Narciso vuoto", costruzione di riflesso, al posto di sé stesso e
con niente dentro, così come un robot è
costruito per imitare la vita, averne tutte le apparenze e tutte le
prestazioni senza la vita. La sregolatezza sessuale o la cattiveria sono solo
le conseguenze ineluttabili di questa struttura vuota. Come i vampiri, il
Narciso vuoto ha bisogno di nutrirsi della sostanza altrui" (pag. 135).
"I perversi narcisisti sono megalomani" e "spesso si attribuisce
loro un'aria moralizzatrice, superiore, distante",
magari
(dico io) con la falsa etica dello stoicismo che pretende di reprimere le
passioni umane, mentre tutt'al contrario la nostra società ha bisogno vitale di
compassione. Quando
il perverso subisce una "ferita narcisistica" (cioè al suo
narcisismo) cerca la revanche (pag.
137).
"Tentano
di far proprio il narcisismo gratificante" (cioè sano) "dell'altro,
invadendo il suo territorio psichico". "Il perverso narcisista ha il
problema di ovviare al proprio vuoto. Per
non doverlo affrontare, il Narciso si proietta nel suo opposto. Diventa
perverso nel significato originario (latino) "del termine: si distoglie dal proprio vuoto
(mentre chi non è perverso lo affronta). Di qui il suo amore e il suo odio per
una personalità materna, l'immagine più esplicita della vita interiore. Il
Narciso ha bisogno della carne e della sostanza altrui per riempirsi. Ma è
incapace di nutrirsene, perché non ha neanche un briciolo di sostanza, che gli
permetterebbe di accogliere quella dell'altro. Tale sostanza diventa il suo
pericoloso nemico, perché gli rivela che è vuoto" (pag. 138).
"I
perversi scelgono le loro vittime tra persone piene di energia e che hanno
gioia di vivere, come se cercassero di accaparrarsi un poco della loro
forza" (pag. 140) "poi fanno ricadere su di loro tutta la loro
energie negativa" (pag. 141). "Aggrediscono l'altro per uscire dalla
condizione di vittima che hanno conosciuto da piccoli" (pag. 141).
Si
confrontino tali metafore con quelle usate dall'autrice del libro "Confessioni di una Sociopatica"
(Marsilio, 2014): lupo in mezzo alle pecore (pag. 205), "virus sempre alla ricerca di un
organismo ospite da sfruttare a piacere" (pag. 176), squalo (pag. 157), predatrice (pag. 126).
Un esempio di narcisismo è il sociopatico Adolf Hitler (1889 - 1945), secondo quanto riferisce lo psicanalista ebreo tedesco Erich
Fromm (1900 - 1980) in "Anatomia
della distruttività umana" (edizione speciale per il “Corriere
della Sera”, Rizzoli, Milano 2011, titolo originale “The Anatomy of Human
Destructiveness” 1973, prima edizione italiana Mondadori, Milano 1975, pag.
478 e 481):
“Hanfstaengl
riferisce un episodio che illustra esemplarmente il suo narcisismo: Goebbels
ordinò la registrazione di alcuni discorsi di Hitler. Ogni qual volta Hitler
gli faceva visita, Goebbels li ascoltava: Hitler “si gettava su una grossa
poltrona imbottita e ascoltava la propria voce in stato di trance, come quel giovanotto greco che era tragicamente innamorato
di sé stesso e trovò la morte nell'acqua mentre ammirava la propria immagine
sulla sua superficie immota.” Inoltre, a conferma del narcisismo di Hitler,
“non esiste alcuna prova che si sia mai innamorato” (delle sia pur numerose
donne di cui si circondò).
****
La
Radice del Male: l'Invidia Maligna
(Distruttiva,
per aver Potere) e
un Complesso d'Inferiorità
L'appropriazione
può essere sociale, tipica dell'arrampicatore
sociale privo di scrupoli morali e disposto ad andare ad una persona che
non ama pur di accedere al Potere. Insomma la radice, "il motore del nucleo perverso è l'invidia", mentre "lo
scopo è l'appropriazione" (pag. 139). L'invidia dei perversi è maligna
(i Greci antichi distinguevano fra invidia ammirativa/emulativa, sana, che
portava ad eccellere, ed invidia maligna, fra cui l' "invidia degli dèi"
dei miti). Il libro ebraico di preghiere quotidiane del Siddur contiene una
preghiera che invoca protezione proprio "dall'invidia e dal
malocchio". L'invidia
significa due cose: egocentrismo e
malevolenza. Alla base c'è un complesso d'inferiorità causato dalle ferite
narcisistiche subite da padri o madri perversi.
****
La Teoria di Baron-Cohen:
I
Narcisisti sono come Sociopatici e Bordeline:
"Zero
Empatia"
La
Psichiatria introduca il QE: Quoziente di Empatia
Lo
psichiatra Simon Baron-Cohen, docente di Psicopatologia dello Sviluppo a
Cambridge (Gran Bretagna) nel suo libro "La scienza del male. L'empatia e le origini della crudeltà" (Raffaello
Cortina editore, Milano 2012, pag. 38), pone il tipo narcisista (tipo N)
assieme al tipo borderline ed al tipo psicopatico (sociopatico, vedi mio
articolo "Senza pietà. Come riconoscere i sociopatici" http://lelejandon.blogspot.it/2014/02/senza-rimorso-colpa-o-pieta-come.html)
nel grado zero-negativo dell'empatia:
"Raggruppo
queste categorie di persone indicandole come "zero-negative" perché
non hanno nulla di positivo di cui vantarsi"
"Il grado zero dell'empatia può indurre a
commettere atti di crudeltà, a essere insensibili verso gli altri (...).
Per chi entri nell'orbita di una persona con un'empatia così impoverita esiste
il rischio concreto di essere oggetto d'insulti verbali" (come succede con
Vittorio Sgarbi in Tv) "attacchi fisici, o di vivere uno stato di mancanza
di attenzione e di considerazione. In breve, rischia di farsi male" (pag.
38)
Purtroppo,
dice Cohen criticando la psichiatria,
"a
differenza dei tipi P o B, la ricerca
sul tipo N è stata scarsa, una lacuna che dev'essere colmata" (pag.
76). "La psichiatria raggruppa questi tre modi di essere zero-negativi
sotto l'etichetta "disturbi della personalità", cosa che ovviamente
sono. Ma a mio parere la caratteristica evidente che hanno in comune è il grado
zero dell'empatia (pag. 77). "Indipendentemente che il difetto porti al
tipo B o al tipo P, sono interessati gli stessi circuiti neurali. Possiamo
predire che anomalie simili nel circuito dell'empatia verranno trovate anche
per il tipo N, anche se questi studi sono ancora tutti da fare." (pag.
78).
Perciò,
come commenta Baron-Cohen, invitando a ripensare la psichiatria,
“stupisce
che nel curriculum scolastico o
genitoriale l’empatia compaia a stento o non compaia affatto e che in politica
o negli affari, nei tribunali o in polizia venga considerata raramente, se non
addirittura mai” (pag. 132): “la conclusione più ovvia è che il sistema medico
e psichiatrico di classificazione richieda a gran voce una categoria
chiamata “Disturbi dell’empatia” (pag. 137).
Abbiamo
visto, in uno specifico articolo del nostro Blog, di come l'empatia faccia la
differenza sul posto di lavoro creando un clima psicologico sano e creativo
(cfr. "Allenare l'Attenzione,
Muscolo della Mente": http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/allenare-lattenzione-muscolo-della.html). Helen Ries, professoressa ad Harvard, ha
"rieducato", insegnando loro un'empatia comportamentale, i medici
della Massachusetts Medical School. E secondo Daniel Goleman basterebbero poche
frasi di comprensione per apparire meno freddi ("Focus: perché fare attenzione ci rende migliori e più felici",
Rizzoli, Milano 2013).
****
La Fiaba/2
Il
Re Invidioso del Giovane
Stalliere
Dotato di Oggetti Magici
Gioca
ad assegnargli le Missioni Impossibili
Come
abbiamo visto, la sapienza popolare già nella fiaba di Cenerentola aveva
descritto tale forma di malvagità, e metteva in guardia dall'invidia. In un
libro di fiabe austriache ho trovato proprio un racconto sul mobbing dal titolo "Il vecchio cavallo bianco" (tramandata
dalla regione della Stiria) e che vi narro con parole mie.
C'era
una volta un commerciante che aveva un figlio: quando questi fu diventato
grande, il padre gli diede dei denari sufficienti per cinque anni ed un buon
destriero affinché potesse scoprire il mondo e trovare la sua strada. Ma il
giovine si lasciò sedurre dai giuochi dell'osteria ove capitò e sperperò tutti
i denari. Gli restò solo il suo bel cavallo, che dovette barattare con uno
vecchiotto in cambio anche di qualche soldo col cavaliere che incontrò per la
strada. Mentre cavalcava, si fermò a raccogliere da terra uno strano oggetto
luccicante: era un ferro di cavallo d'oro! Il suo nuovo cavallo scosse la
testa, come dire: "Lascia stare!". Ma il giovine non vi badò, e
proseguì. Ma ecco che trovò un altro oggetto brillante: una penna dorata. Ed
anche stavolta, benché il cavallo gli facesse come segno di No, quello la prese
comunque con sé. Quando colse una ciocca di capelli d'oro, il cavallo prese la
parola: "Ti recherà solo scalogna!". Ma quello non badò
all'avvertimento del saggio animale. Arrivato alla Città del Re, si fece
assumere come stalliere di Corte. Le disposizioni draconiane del sovrano
imponevano di ultimare il lavoro entro sera, e chi accendeva la luce era
punito. Un giorno, anzi una sera, avendo egli trascurato i suoi doveri, fu
colto dall'oscurità, e ricordandosi del ferro d'oro lo appese alla stalla e
poté così lavorare al chiaro. Ma il Re se ne accorse: lo convocò e gli chiese
conto di ciò. Lui gli raccontò del mezzo magico e il monarca ordinò gli fosse
portato subito. Lo volle per sé e minacciò di morte il giovine se questi non gliel'avesse
ceduto. Tempo dopo, la storia si ripeté: non avendo finito il lavoro entro
l'imbrunire, ricorse stavolta alla penna d'oro. Ma al Re non sfugge nulla e
richiamò lo stalliere disubbidiente. Appena vide l'oggetto magico, costrinse il
ragazzo a dargliela. La terza volta, la storia si ripeté con il ricciolo d'oro.
Il Re incominciò a chiedere sempre di
più, di più e di più... "Portami il cavallo che ha perduto questo
ferro di cavallo d'oro, sennò ti condanno a morte!" Il giovane andò a
piangere dal suo cavallo che tornò a parlare: "Hai visto, te l'avevo
detto! Ma non rattristarti, io t'aiuterò." E gl'indicò la strada verso un
Castello, nella cui stalla avrebbe trovato un cavallo vecchio e storpio: giunto
là, lo riconobbe anche dal particolare che aveva solo tre ferri addosso. Ma
senza lasciarsi distrarre dagli altri bellissimi quadrupedi. Ed ecco che, Magia!,
appena montò in groppa al cavallo esso si tramutò nel cavallo più bello mai
visto prima. Ma il Re era incontentabile: "Ora voglio l'uccello a cui
appartiene questa penna d'oro, in caso contrario sei condannato a morte!" Ed
anche stavolta, il cavallo parlante l'aiutò: gl'indicò una grande voliera ove
avrebbe trovato un vecchio uccellino moribondo e ripugnante. Anche questa volta
il ragazzo fu bravo a non farsi incantare dagli altri bellissimi uccellini
canterini. L'uccello subì anch'esso una trasformazione: si trasformò in un
uccello dalle piume d'oro. A malincuore lo dovette cedere al Re. Il giovane non
aveva pace: era arrivata l'ennesima voglia del Re: "Trovami la
Principessina cui apparteneva questo ricciolo d'oro. Sennò sei morto". Il
Cavallo gl'indicò la strada: il ragazzo avrebbe dovuto attraversare tre stanze
del Castello, ove avrebbe veduto principesse una più bella dell'altra, ma lui avrebbe
dovuto andare dritto nella stanza seguente, ove c'era una ragazza col gozzo e
la gobba. E fu così che, presa con sé la ragazza, essa si trasformò in una
donna ancora più bella delle altre tre: il Re volle farne la sua sposa. Ingenuamente, lo stalliere sperava di
aver finalmente soddisfatto tutti i desidèri del Re, e invece no. Prim'ancòra
di fare la festa di nozze, il Re decise di condannarlo comunque a morte, per
gelosia e invidia verso le doti del giovane che egli non possedeva. Ma concesse
di scegliere la modalità dell'esecuzione, per fingersi magnanimo agli occhi dei
suoi sudditi. L'intelligente animale suggerì il piano geniale: "Dì al
Re che deve preparare una caldaia così grande da farci entrare dentro tutti e
due: tu sulla mia groppa. La caldaia sia riempita di latte sino all'orlo e
sotto sia acceso un fuoco che faccia bollire il latte. Poi tu, in groppa a me,
ci salterai dentro". Arrivò il giorno fatale, e il giovane saltò dentro
col cavallo, che con un balzo lo fece tornare fuori, illeso: erano ringiovaniti
e rinfrescati e lo stalliere aveva l'aspetto di un affascinante principe, ed il
cavallo vecchio era divenuto un bellissimo destriero ancora più bello di quello
del Re. A bollire fu il Re: d'invidia e gelosia. E si tuffò col suo cavallo per tornare giovane e bellissimo anche lui;
ma loro affondarono ed annegarono. Tutti acclamarono come nuovo Re il giovane,
senza nostalgia del vecchio Re, che era un oppressore (che oggi chiameremmo
"mobber" o
"perverso morale"). Il nuovo Principe divenne dunque già Re, sposò la
Principessa e fu sempre grato a vita al suo fedele destriero. La fiaba, evidentemente,
mostra come i giovani ingenui ancora ignorino l'invidia altrui.
****
Un
Incubo Angosciante
come
nel "Processo" di Kafka
Chi
è colpito da mobbing vive la stessa
situazione angosciante e "kafkiana" descritta dallo scrittore ebreo praghese
Franz Kafka (1883 - 1924) nel suo romanzo psicologico incompiuto "Il Processo" (1925), ove il
protagonista, l'impiegato bancario Joseph K., viene arrestato ed accusato di
aver commesso chissà quale crimine, di cui non gli vien fatto sapere quale sia.
Egli dubita dei suoi ricordi e finisce per convincersi di non essere sé stesso.
"Chi non è perverso non può immaginare subito tanta manipolazione e
malevolenza" (Hirigoyen, pag. 154), come quella in cui incorsero (fra i
cinque milioni di ebrei nei Lager
nazisti) anche le tre sorelle di Kafka. Anche Kafka era un impiegato (delle assicurazioni)
e nei suoi libri, romanzi e racconti brevi e brevissimi, descrive spesso quelli
che paiono veri e propri incubi: come nei sogni, infatti, non c'è una logica
apparente. Come vari personaggi di Kafka (come Gregorio Samsa che si ritrova
tramutato in enorme insetto ne "Le
Metamorfosi"), le vittime di mobbing
si sentono come prigioniere di un brutto sogno. Chi subisce il mobbing è vittima di una dimensione da
incubo, e gl'incubi sono fra l'altro una delle conseguenze psicofisiche di tale
violenza. E come i sognatori che non hanno ancora trovato il significato del
proprio sogno, le vittime non trovano una logica nelle motivazioni della
persecuzione. Come nel nome a metà del personaggio kafkiano, anche le vittime
sono spersonalizzate (e trattate come strumenti, pedine di un giuoco perverso).
La cosa interessante è che questo immaginario derivava a Kafka dal fatto di
sentirsi egli stesso prigioniero della sua professione d'impiegato che non gli
apparteneva ed imbrigliava la sua vocazione creativa.
****
Pionieri
Due
Psicologi dell'Avanzata Svezia ove è reato dal '93
Il
mobbing (dal verbo inglese "to mob", assalire) è una forma di
bullismo sul lavoro (workplace bullying) ed il pioniere teorico fu sin dal 1986 uno
psicologo del lavoro dell'avanzata Svezia, Heinz Levmann (1932 - 1999) dell'Umeå Universitet ed autore
dello studio "Psychoterror am
Arbeitsplatz" (Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1993) a cui la BBC ha
dedicato il documentario "Bullying at
work". Di origine tedesca, in sèguito diventato cittadini svedese, si
era laureato in psicologia pedagogica ed era anche psichiatra. Così definiva
questa violenza: "Una comunicazione ostile e non etica diretta in maniera
sistematica contro un singolo che è spinto in una posizione in cui è privo di appoggio". Fu preceduto,
nel 1972, da un altro svedese, Paul Heinemann. Per parlare degli atti di mobbing si parla anche di "abuse" ("abuso", specie
per l'àmbito familiare) ed "intimidation"
("intimidazione").
Il
fenomeno è stato studiato perlopiù nei Paesi anglosassoni e nordici, ove il
protestantesimo, a differenza del cattolicesimo, ha portato un'etica del lavoro
(cfr. il mio articolo "Amsterdam: la
Storia, gli Eroi, i Segreti" http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/amsterdam-la-storia-gli-eroi-i.html).
Grazie a Levmann, "in Svezia la molestia morale in azienda è un crimine
dal 1993" (pag. 194).
Una
vera e propria guerra psicologica ove "l'ambiente professionale, per
vigliaccheria, egoismo o paura, preferisce tenersene fuori" (pag. 54).
Magari ci si sente rispondere che si è abbastanza grandi per risolvere la
questione da soli (pag. 55). Il gruppo o finge di non vedere o "partecipa
attivamente al fenomeno" (pag. 64): "teme di diventare a sua volta
bersaglio o in certi casi, prova un sadico piacere di fronte allo spettacolo
offerto dalla distruzione" (pag 79). Il primo studio fu fatto sulle
infermiere, e via via è emerso fra i medici, gli avvocati, i docenti
universitari, i circoli sportivi, e le associazioni filantropiche. Com'è noto,
nelle forze armate si chiama "nonnismo".
La televisione-spazzatura ci offre esempi, senz'alcuna censura, di mobbing, in cosiddetti reality shows come "il
Grande Fratello". In Italia la prima vittima riconosciuta fu una
vigilessa.
Il
Bersaglio/1: le Casalinghe
Il
Ricatto Economico
Come
detto sopra, innanzitutto il primo luogo della perversione è la famiglia, la
famiglia tantosacralizzata dal Vaticano come unica famiglia possibile:
composta da padre, madre e figlio o figli. Le persone più deboli sono quelle
che hanno una forma di "dipendenza
economica" (pag. 225): donne che magari han rinunziato a lavorare per
stare più tempo possibile coi figli ed educarli, e si ritrovano in trappola. Una
ragione in più per favorire il lavoro delle donne: affinché i loro legami
sentimentali non siano mai ricatti economici di questo tipo (se mi lasci,
divorzio e farò in modo che tu sia nel torto). L'avvocato Daniela Missaglia nel
suo libro "La chimica della violenza"
(Milano 2014, pagg. 113 - 121) cita il caso di una sua cliente che era socia in
affari di suo marito e che, a causa della non accettazione della separazione da
parte di questi, viene da lui licenziata dopo essere stata sottoposta a mobbing (oltreché stalking).
Il
Bersaglio/2: Persone Laboriose
Chi
altri viene preso di mira? Nel lavoro, le persone
"scrupolose,
perfezionisti, impeccabili, workaholic".
E sono proprio i molestatori a rendere
inefficienti le vittime perché "una persona molestata non può essere al
massimo del suo potenziale" (pag. 57). "La vittima ideale è una
persona coscienziosa, naturalmente propensa a colpevolizzarsi. In psichiatria
fenomenologica questo tipo di comportamento è conosciuto e descritto, ad
esempio da Hubertus Tellenbach (1914 - 1994), psichiatra tedesco, come un carattere predepressivo, il typus melanconicus" (pag. 151)
nel suo libro "Melancholie. Zur
Problemgeschichte, Typologie, Pathogenese und Klinik. Mit einem Geleitwort von
V. E. von Gebsattel" (Berlin,
Göttingen, Heidelberg: Springer 1961). "Sono
persone che tengono all'ordine, che si dedicano a quanti stanno loro vicino e
accettano raramente piaceri dagli altri", insomma sono molto esigenti con sé stessi, il che li spinge "a
sobbarcarsi una molte di lavoro superiore alla media". Esse hanno una
"malinconia parziale" legata ad un traumatismo infantile o ad
un'educazione repressiva e dall'altro lato una "vitalità molto
grande": "i perversi non si attaccano alla parte malinconica, ma alla
parte viva, alla vitalità che percepiscono e di cui cercano di
appropriarsi" (pag. 153). "Le vittime ideali sono quelle che, non
avendo fiducia in sé, si sentono costrette a fare troppo, per dare a tutti i
costi una migliore immagine di sé" (pag. 154).
Addirittura,
queste vittime possono pensare ad una forma di possibile "terapia
riparativa" (per tornare al tema dello scorso mese): "Se è così, è
perché è infelice. Lo guarirò" (pag. 155).
Altra caratteristica bersaglio dei perversi
è l'impulsività: gl'impulsivi son "più sensibili allo stress, mentre i
perversi non lo sono affatto. Si sfogano facendo soffrire l'altro.
Ad esempio, sono gli unici che sfuggono alla nevrosi di guerra" (pag. 167;
la psichiatra si riferisce al disturbo da stress post-traumatico).
Il
Bersaglio/3: Donne Incinte
Il
Caso di un Marito che s'approfittò
della
Depressione Post Partum
della
Moglie per farla Peggiorare
ed
Ottenere la Custodia dei Figli
Una
vittima può essere l'impiegata rimasta incinta: "per il datore di lavoro
questo significa: congedo per maternità, uscita anticipata per andare a
prendere il bambino all'asilo, assenze dovute a malattia del bambino". E
che strategia di mobbing usa?
"Si attribuiscono alla sua personalità le conseguenze" del mobbing. "Messa alle strette, non è
raro che diventi quello che la si accusa di essere" (pag. 57). Nel suo
libro, "La chimica della violenza"
(Milano 2014), l'avvocato Daniela Missaglia racconta addirittura il caso orribile
di un uomo che approfittò perfidamente del
baby blue della moglie non
più desiderata e lo strumentalizzò per dichiararla pazza (pag. 171). In quel
caso anche la suocera giuocava un'azione
di mobbing, essendo stata introdotta
in casa per tenere sempre controllata la moglie (pag. 159): il marito intendeva così aggravare il disturbo
(curabile) della moglie al fine di farla ritenere inidonea ad educare i suoi
figli, ed ottenerne solo lui la custodia. Fra i maltrattamenti, anche
scherzi come questo: "Carlo le tolse la sedia mentre si stava accomodando
a tavola" (pag. 169). Complice anche un perito inetto che si è limitato a
credere alla versione del marito perverso, "così Emilia si ritrovò vittima
di una duplice violenza: quella perpetrata dal marito e quella del
Giudice" (pag. 160). "Si comportò da lucido carnefice, conducendo
passo dopo passo all'annullamento della sua personalità" (pag. 158):
"subdolamente, insisteva ad infliggere alla moglie ogni genere di sottile
cattiveria al solo scopo di farla peggiorare" (pag. 169).
Il
Bersaglio/4: il Giovane Iperqualificato
"A
volte, la molestia è suscitata da un sentimento d'invidia" (maligna)
"nei confronti di qualcuno che possiede
qualcosa che gli altri non hanno (bellezza, giovinezza, ricchezza, doti relazionali). E' anche il caso dei
giovani super qualificati che
occupano una posizione in cui hanno come superiore gerarchico una persona che
non ha lo stesso livello di studi"
od
intelligenza (pag. 59).
Altri
bersagli sono tutte quelle categorie di minoranza (pag. 58): neri, gay, donne
in un team di uomini. "I gruppi tendono a livellare gl'individui e mal
sopportano la differenza".
Il
Bersaglio/5: i Teologi Cattolici
Dissidenti
sull'Etica Sessuale del Vaticano
Matthew Fox, già frate domenicano, ora sacerdote episcopaliano, fu mobbizzato dall'allora Cardinale Ratzinger |
Vorrei
aggiungere un'altra categoria di persone che sono state vittime di mobbing: i teologi cattolici dissidenti.
I vertici della Chiesa stessa, sotto Ratzinger alla Congregazione della
Dottrina della Fede (il nuovo nome del Tribunale dell'Inquisizione), sono stati
campioni di mobbing, umiliando studiosi
di teologia creativi, preparatissimi e coscienziosi (come Padre John McNeill, Matthew
Fox e Suor Jeannine Gramick) che hanno argomentato importanti critiche
costruttive verso l'etica soprattutto sessuale malata tutt'ora vigente in
Vaticano (nonché la critica all'economia dei teologi della Liberazione).
Licenziati, silenziati, sospesi, allontanati, umiliati e trattàti come incapaci
di buone interpretazioni dello spirito biblico. La radice di ciò è la
sessuofobia (cfr. "La Sessuofobia rende Spietata e Immorale la
Religione" http://lelejandon.blogspot.it/2015/01/la-sessuofobia-rende-spietata-e.html).
****
Il
Limite Culturale:
spesso
i responsabili del Team
non
conoscono la Psicologia
Il
guaio è che
"all'interno
di un gruppo di lavoro si nomina responsabile il più preparato sul piano
professionale e non chi è in grado di dirigere meglio" ossia chi ha
autentica leadership anche morale
sicché "molti responsabili non hanno consapevolezza dei problemi umani che
i loro incarichi implicano" (pag 62).
****
Ecco
i Modi di Distruggere un Lavoratore:
Demansionamenti
e Lavori Inutili
Proprio
come facevano i Nazisti
coi
Prigionieri nei Lager
Le
strategie perverse sono "comportamenti che sono stati utilizzati nei campi
di concentramento e continuano a essere di prammatica nei regimi
totalitari" (pag. 64). Il famoso motto "Arbeit macht frei" messo all'ingresso di molti campi di
concentramento e sterminio, era uno scherno ai prigionieri sottoposti a lavori
inutili.
Il
mobbing è un atto di guerra
asimmetrica, anzi di terrorismo, e come diceva il cinese Sun Tzu (544 - 496
a.C.),
"l'arte
della guerra è l'arte d'ingannare" (pag. 108)
Vediamo
alcuni esempi:
-
"comunicazione non verbale: sospiri
esagerati, alzate di spalle, sguardi
di disprezzo" (pag. 65)
- non rivolgere più la parola alla
vittima né degnarla di risposta alle mail;
- sarcasmo (vedi sopra) e, come diceva lo
scrittore Carlo Levi (1902 - 1975), "le parole sono pietre";
-
si finge di psicanalizzare la vittima per confonderla;
-
fare il processo alle intenzioni (pag. 108);
- isolamento,
emarginazione, ostracizzazione:
isolare la vittima "recidendo le possibili alleanze"
-
"mangiare da soli, non venire invitati" (pag. 67) come nel film
"Mi piace lavorare";
-
venire deprivati delle informazioni;
-
mancata assegnazione degli strumenti di lavoro;
-
mancata assegnazione dei còmpiti, con inattività forzata;
-
non dare più lavoro mentre i colleghi sono sovraccarichi: "essere messi in
quarantena genera molto più stress del superlavoro" (pag. 68);
-
"affidare incarichi inutili o
degradanti" (pag. 68), dequalificanti, con eccessiva frammentazione
esecutiva rispetto al profilo professionale posseduto;
-
trasferimenti ingiustificati;
-
obbligare a restare sino a tardi;
-
"gli si dà un incarico difficile e si va alla ricerca dei suoi punti
deboli, per poterlo poi licenziare per colpa";
-
"lo si può molestare psicologicamente allo scopo di farlo crollare e
indurlo a dare le dimissioni" (pag. 86) come nel film "Mi piace lavorare";
- insinuazioni sessiste (contro gay e donne)
o razziste (come Iago vs Otello), e pettegolezzi falsi (maldicenze);
-
monitoraggio eccessivo del lavoro della vittima;
-
esclusione da iniziative formative;
****
Shakespeare
La
Macchinazione Perversa di Iago
può
avvenire anche in Azienda
Alla
Cattolica un Corso con Enrichetta Buchli
Kenneth Branagh nel film "Otello", dalla tragedia di Shakespeare. |
Il
drammaturgo William Shakespeare (1564 - 1616) ha messo in scena nel 1604 una
tragedia, "Otello" (stampata
nel 1622) probabilmente ispirata ad una novella ("Hecarommithi") del ferrarese Giambattista Giraldi detto
Cinzio (1504 - 1573), ove la vittima è Otello, il quale (dice Hirogoyen) "non è geloso
per natura" anzi è magnanimo e "poco incline a credere che negli
altri esista il male", "diventa geloso per le abili manovre di
Iago", il quale dichiara in un monologo di amare il male per amore del
male. Come dice egli stesso: "uno che non era facilmente portato alla
gelosia, ma che fu ingannato, sconvolto all'estremo" appunto da un
perverso (atto 5, scena 2, pag. 216 della mia edizione che citerò da qui in
avanti, apud "Amleto, Otello, Macbeth, Re Lear",
Garzanti, 1981, prima ediz. 1974). (Sul tema della gelosia che può far
impazzire un uomo normale, vedasi il film "L'enfer" (1994) di Claude Chabrol (1930 - 2010) con Emmanuelle
Béart). Di questa possibili dinamiche distruttive insegna nel suo corso interdisciplinare
"Dinamiche teatrali nelle relazioni d'impresa"
all'Università Cattolica di Milano Enrichetta
Buchli, psicanalista junghiana e filosofa: una materia insegnata anche alla
London School of Economics. Vediamo
le macchinazioni di Iago come tipiche dei perversi.
Le Tecniche di Comunicazione Manipolativa di Iago:
1/L'Invidia
Maligna, l'Odio contro Cassio
L'Altro
è solo uno Specchio di Sé
All'inizio,
Iago dichiara di covare un odio contro Cassio, luogotenente di Otello:
"Tre
grandi personaggi della città gli fecero personalmente richiesta perché mi
nominasse suo luogotenente, e io sono sicuro di non meritare un posto da meno.
Ma lui, per superbia o per fini suoi, respinse la richiesta dei miei
patrocinatori" (I, 1, pag. 119). "Odio il Moro. La mia causa è nel mio cuore. Facciamo lega per vendicarci di lui. Se potete farlo
cornuto, procurate un piacere a voi stesso e uno spasso a me" (I, 3, pag. 135) "Odio il Moro" (I,
3, pag. 136) "Questo pensiero mi rode le viscere come un filtro
velenoso" (2, 1, pag. 145) "Cassio,
se resta lui, ha nella sua vita una bellezza quotidiana che fa brutto me"
(5,1, pag. 201)
Come
diceva Hirigoyen, per il perverso l'altro è solo uno specchio di sé stessi: un
oggetto. Se io umilio l'altro, credo di farmi bello. Se l'altro mi supera, lo
distruggo e mi credo potente.
Non
solo, ma Iago odia anche a causa del razzismo (dichiara varie volte come
innaturale l'unione mista fra il nero Otello e la bianca Desdemona, come il
padre di lei) e odia le donne (come rivelano i suoi insulti alla moglie).
L'odio
è ben rappresentato anche nel Prologo di un'altra tragedia shakespeariana, il
"Riccardo III" (1591 -
1592) ove il protagonista Riccardo cospira affinché suo fratello, il Re Edoardo
IV, sia accusato di assassinio.
Le
invidie e gli odi fra fratelli sono descritti sin dalla Bibbia ma ciò non deve
farci venire strane idee pessimiste sulla natura umana: come ho già raccontato
(e vedremo nei prossimi articolo del Blog) sempre più studi suggeriscono che
gli esseri umani nascono con una predisposizione alla cooperazione, e non
all'aggressività come invece credeva Freud (cfr. "Le intuizioni Morali innate come ii Cinque Sensi". http://lelejandon.blogspot.it/2014/08/le-intuizioni-morali-innate-come-i.html
2/La
(dis)Simulazione Perfetta
Ecco
il suo piano:
"Resto
al suo servizio per servirmi di lui per
i miei fini (...) servendo lui, non servo che me stesso (...) Non lo faccio
per amore ed obbedienza, pur simulandosi, ma servo miei fini particolari (...)
Io non sono quel che sono" (I, 1, pag. 120) "Ingannerò l'orecchio di
Otello insinuando che costui abbia troppa familiarità con sua moglie" I,
3, pag. 136)
Ed
incomincia la serie di macchinazioni: con toni di voce, ripetizioni, sottintesi
(il dire e non dire), lascia credere ad Otello che la sua onestissima moglie
Desdemona gli sia in realtà infedele facendo l'amore con Cassio.
Sia
Otello sia Desdemona sono le vittime perfette perché di natura sono buoni
(anche se l'uxoricidio è un'incoerenza che smentisce la bontà di Otello giacché
non esistono ragioni morali di un assassinio se non per legittima difesa; del
resto, tale tipo d'incoerenze psicologiche si ritrovano in varie fiabe):
"Il
Moro è d'indole schietta e aperta, crede onesti gli uomini se ne hanno solo l'apparenza,
e si lascerà menar per il naso docilmente come un asino" (I, 3, pag. 136)
3/Iago
è Perverso con la Moglie Emilia
Iago
è rappresentato perfettamente come il perverso che è anche a casa: egli
maltratta sua moglie, innamorata di lui, Emilia, e la ricopre d'insulti
misogini (2, 1, pag. 140).
4/Mettere
Uno contro L'altro
Iago
approfitta, come fanno appunto i perversi, di una debolezza delle sue vittime:
il grande amore di Otello verso Desdemona e l'amore per il buon vino di Cassio,
il quale dice: "Ho bevuto solo un bicchiere questa sera, ho a disgrazia di
questa debolezza" (2,3, pag. 147). E Iago approfittando di ciò, dice fra
sé: "Se riesco a caricargli solo un bicchiere in più, con quello che ha
già bevuto questa sera, diventerà permaloso e litigioso" (ivi). Dopo
averlo ubriacato, dice a Montano di far presente ad Otello che Cassio è
inaffidabile in quanto "ubriacone". Montano chiede conto a Cassio
che, offeso, aggredisce il collega, e quando arriva Otello è così deluso da lui
che lo licenzia dall'incarico di suo ufficiale. Il piano prosegue suggerendo a
Cassio di chiedere udienza a Desdemona, visto che è così influente presso
Otello, chiedendole d'intercedere per lui. A questo punto, Iago farà in modo di
portare Otello in quello stesso momento in cui Cassio sembra "sgattaiolare
via con aria colpevole" (3,3, pag. 160), come colpevole per quel colloquio
privato. E da qui incomincia a mettere la pulce nell'orecchio di Otello.
5/Tono
di Voce e Silenzio Eloquenti
Ripete
le Frasi di Otello, poi la Diffamazione e le Insinuazioni
Un'altra
tecnica di comunicazione di Iago è ripetere le parole, come a voler esibire una
reticenza, ed Otello gli dice:
"C'è
qualcosa di più nelle tue parole" (3, 3, pag. 163), "Tu riecheggi le
mie parole come se ci fosse nel tuo pensiero un mostro troppo orrendo" (3,
3, pag. 162), "Pesi le parole prima di dar loro voce, le tue esitazioni mi
spaventano ancor più" (3,3, pag. 163).
Poi,
si aggrappa al fatto che Desdemona già ingannò suo padre, quando si maritò con
Otello: perché una che ha già ingannato non sarebbe capace d'ingannare ancora?,
insinua Iago (3, 3, pag. 165).
Addirittura,
Iago osa provocare dubbi sulle nozze interrazziali (e puntando sull'autonegatività
che un nero può aver interiorizzato dinanzi ai pregiudizi negativi altrui in
una società dominata dai bianchi), appellandosi al falso argomento della natura
(3,3, pag. 166). Poi dice ad Otello di aver udito Cassio rivelare nel sonno di
aver giaciuto con Desdemona (3,3, pag. 171).
Ultimo
dettaglio, decisivo ai fini della trama, Iago riesce ad ottenere il fazzoletto
magico che Otello aveva fatto come primo dono di corteggiamento a Desdemona, e
fa in modo che lo abbia Cassio, come prova della loro relazione adulterina.
Sarà questo a far impazzire di gelosia Otello che arriva ad uccidere la moglie
(e poi, scoperto l'inganno, a suicidarsi).
Dice
anche un'importante verità, Iago: "Non ho ancora trovato un uomo che
conoscesse il modo di amare sé stesso" (cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2015/03/il-coraggio-creativo-e-la-risposta.html).
****
Conseguenze
Psicofisiche del Mobbing:
Le Vittime come i reduci di Guerra
Ecco
i possibili scompensi psicofisici che sono causati dagli atti di mobbing:
- disturbi psicosomatici (mal di testa,
dolori dorsali, coliti, eczemi, pag. 72), gastriti, dermatiti;
- ansia con rischio di abuso di farmaci ansiolitici
(pag. 175);
-
attacchi di panico;
- depressione: il medico mette la vittima
in malattia per "depressione", ma quando lei torna al lavoro magari
viene accolta gelidamente dai colleghi che mettono in dubbio che sia stata
realmente malata (magari a causa del gossip
diffuso dallo stesso boss) e si
ritrova deprivata di computer e scrivania;
-
in ogni caso, modificazione dell'aspetto
esteriore, dovuto sia alle somatizzazioni, sia alla depressione, quando uno
si lascia andare e non si cura;
-
"esaurimento nervoso",
come si usava dire una volta, o "burnout", come si dice oggi,
ossia il momento in cui non si regge più lo stress;
- "dissociazione", ossia una
"disgregazione della personalità: "fenomeno difensivo contro la
paura, il dolore o l'impotenza di fronte ad un evento traumatico che è così
lontano da quanto si può concepire normalmente che lo psichismo non può far
altro che deformarlo o scacciarlo dalla coscienza" (pag. 174 - 175);
-
"sintomi che si avvicinano alla definizione di stress post-traumatico del DSM-IV" (il "Manuale Diagnostico Statistico", pag.
178), già chiamato "nevrosi traumatica" e (dopo la Prima guerra
mondiale) "nevrosi di guerra": "le aggressioni e le umiliazioni
sono rivissute attraverso pensieri, emozioni intense e ricorrenti" anche
nei sogni "causando insonnia ed
incubi" e "crisi di angoscia" (pag. 179);
-
"disturbi della memoria e di concentrazione";
- suicidio;
- violenza fisica e sete di vendetta (pag.
78): nel film francese "De bon Matin"
(2011) si vede un impiegato che una mattina si reca al lavoro e spara a morte
ai suoi capi;
-
per non parlare dei danni finanziari all'azienda e all'economia in generale;
- danno
esistenziale anche nella difficoltà di ricollocarsi nel mondo del lavoro e il curriculum compromesso;
****
Psicoterapia: la Critica di Ferenczi a Freud
"Gli
Analisti siano Simpatici,
sennò
il Paziente rivive il Gelo degli Aggressori"
La
Lezione di Metodo: il Coraggio Creativo
di Rimettere
sempre in Discussione i Dogmi
Come
curarsi e guarire da queste violenze del mobbing?
"Non
esitare a incontrare più terapeuti, per poi scegliere quello con il quale ci si
sentirà più in confidenza" (pag. 200). "Di fronte a questi pazienti
feriti nel loro narcisismo la neutralità benevola, che in certi psicanalisti
assume l'aspetto della freddezza, non è ammissibile. Lo psicanalista
Ferenczi" (1873 - 1933), psichiatra ungherese di origine ebraica, "un
tempo discepolo ed amico di Freud" (1856 - 1939), "ruppe con lui a
proposito del traumatismo e della tecnica di analisi" (pag. 200):
"La
situazione dell'analisi, quella fredda riservatezza, l'ipocrisia professionale
e l'antipatia per il paziente che si nascondono dietro di essa, e che il malato
avverte con tutto sé stesso, non è sostanzialmente diversa dallo stato di cose
che un tempo, ossia nell'infanzia, lo aveva fatto ammalare" (Sándor Ferenczi, "Confusione delle lingue tra adulti e bambini" apud "Fondamenti di psicanalisi", vol.
III, Guaraldi, Rimini 1974; ediz. originale tedesca 1932)
"Il
silenzio dello psicoterapeuta fa eco al rifiuto comunicativo dell'aggressore e
provoca una vittimizzazione secondaria". "Dobbiamo imparare a pensare con indipendenza rispetto a qualunque
riferimento, a qualunque certezza, con il coraggio di rimettere in discussione
i dogmi freudiani" (Hirigoyen, pag. 200)
Gli
analisti non cadano nella tentazione di attribuire sin da subito un significato
nevrotico alla situazione in cui è incorso il paziente:
"si
correrebbe il rischio di andare a cercare solo nella sua storia il traumatismo
passato in grado di spiegare la sofferenza attuale con linearità e causalità,
cosa che equivarrebbe a dire che è responsabile della propria cattiva
sorte" (pag. 204).
"Non
si deve cercare, prima di tutto, il motivo per cui ci si è messi in quella
situazione, ma come venirne immediatamente fuori. La psicoterapia, almeno in un
primo tempo, dev'essere confortante" (pag. 202). Bisogna far accettare la
propria impotenza (pag. 206, non esiste dialogo coi perversi, il ruolo di salvatrice
è perso in partenza) e liberarsi dal senso di colpa. "Solo più tardi si
potrò tornare alla propria storia personale" (pag. 204).
"L'evoluzione delle vittime che si liberano
dal condizionamento è la chiara dimostrazione che in questo caso non si tratta
di masochismo, perché molto spesso questa dolorosa esperienza serve da
lezione; le vittime imparano a difendere la propria autonomia, a respingere gli
oltraggi all'autostima" (pag. 207). "La persona non è
"globalmente" masochista, il perverso però l'ha attaccata nel suo
punto debole, che può essere masochista" (pag. 207).
Lo
psicanalista deve dunque essere "simpatico", cioè empatico, come già
diceva lo psichiatra di origine ebraica Eugène Minkowski (1885 - 1972):
"La simpatia è quel dono meraviglioso
che portiamo in noi di far nostre le gioie dei nostri simili, di farcene
penetrare interamente, di sentirci in perfetta comunione, di essere un tutt'uno
con essi (...) è quanto c'è in noi di
più naturale, di più "umano" (...) la base stessa della
vita sentimentale" ("Il Tempo vissuto. Fenomenologia e
Psicopatologia", Rizzoli, Milano 2011, pagg. 68 – 69).
Oltre
alla psicanalisi, che Hirigoyen suggerisce da abbinare ad altri metodi, ci sono
psicoterapie cognitivo-comportamentali che consistono in:
- tecniche di rilassamento;
- tecniche di affermazione di sé;
-
ipnosi (abbandonata da Freud e riscoperta dall'americano Milton H. Erickson)
****
Schema:
Le
Critiche Costruttive
Le
Proposte di Riforma nei vari àmbiti
La
Hirigoyen rivolge le seguenti critiche costruttive alle seguenti figure, tutte
importanti per combattere il fenomeno:
- i giudici: "sono molto diffidenti,
temono di essere manipolati anche loro" (pag. 185) e diventano
involontariamente complici (cfr. Daniela Missaglia, "La chimica della violenza", pag. 160) volendo ad ogni costo
mediare e conciliare dando una parte di ragione a chi non ce l'ha; invece
bisogna "evitare qualunque contatto fra le parti";
- molti colleghi:
ignavi (side mobbers);
- certi psicanalisti: freddi, antipatici,
distaccati, o dogmatici (legati all'analisi tradizionale che rischia di creare
nuove umiliazioni al paziente vittima di mobbing)
o insufficienti (manca la parte di affermazione) o riduttivi (interpretano la
vittima come complice masochista) e colpevolizzanti (qui Hirigoyen fa sua la
lezione di Ferenczi vs Freud);
- i colleghi psichiatri: che nemmeno
dinanzi ad una tale violenza vogliono dare un giudizio morale (perversione
morale); a tale critica si aggiunga quella di Baron-Cohen che invita ad
introdurre la categoria "disturbi dell'empatia" notando la base
comune dei narcisisti con sociopatici e bordeline;
- i cittadini lavoratori: per bocca del
massimo esperto di mobbing italiano,
Harald Ege, si critica l'individualismo
tipico degl'italiani che ha concorso a causare l'attuale profonda crisi
economica e morale.
- i manager:
facciano prevenzione, come quella che cerchiamo di fare noi oggi con questa
nostra opera d'informazione pubblica, anche all'interno dell'azienda "attraverso l'educazione dei
responsabili si potrebbe insegnare loro a "metacomunicare", ossia
a comunicare sulla
comunicazione" (pag. 197).
La Critica all'Economia
Secondo
la Hirigoyen, l'attuale sistema sociale ed economico favorisce questo genere di
persone socialmente pericolose. Oggi, a causa della crisi economica, "le
vittime si aggrappano disperatamente al posto di lavoro, a detrimento della
loro salute sia fisica che psichica" (pag. 5).
Anche
il teologo Matthew Fox nei suoi libri ha parlato del sadomasochismo nel suo
libro ("Compassione. Spiritualità e
giustizia sociale", Claudiana, Torino 2014, titolo originale americano
"A Spirituality Named Compassion.
Uniting Mystical Awareness with Social Justice", Inner Traditions
International, Rochester, Vermont 1979, pagg. 225 - 338). Fox ricorda ai liberali che Adam Smith, il fondatore
della filosofia economica, esordì come filosofo morale: con la Teoria dei
Sentimenti Morali (1759) la cui parola – chiave era appunto la
“simpatia” (la stessa parola usata da Scheler), cioè la compassione (vedi
mio precedente articolo: http://lelejandon.blogspot.it/2014/08/le-intuizioni-morali-innate-come-i.html). Eppure, l’economia di oggi è spesso immorale e le persone che
lavorano sono solo numeri. (Io penso alla testimonianza dell'esperienza di alienazione in fabbrica della filosofa francese
di origine ebraica Simone Weil, 1909 - 1943, per esempio). Il modello economico neoclassico funziona ancora sulla base dell’astrazione
dell’Homo Oeconomicus, razionale e senza considerare i suoi sentimenti
morali (appunto), e sulla base di leggi meccanicistiche, per cui, dice il
teologo cattolico canadese di origine ebraica Gregory Baum (“Religion and
Alienation”, Paulist Press, Paramus 1975) “il lavoratore perfetto è quello
che rassomiglia ad una macchina”, e le vittime di questo sistema sono il corpo,
le energie e la creatività del lavoratore. Fox vede nell'assenza
di compassione (che implica l'attivarsi nel dare aiuto concreto al nostro
prossimo) la causa di tanti mali delle nostre società (cfr. il mio articolo
"La Via della Compassione Creativa:
l'Energia che attiva la Giustizia Sociale" http://lelejandon.blogspot.it/2014/09/la-via-della-compassione-creativa.html).
****
Il Teologo Matthew
Fox
Gli Ostacoli alla
Coscienza Libera dall'Invidia:
Competizione
Nevrotica, Compulsività
(Sadismo e Masochismo)
(Sadismo e Masochismo)
e Dualismo Diabolico
(corpo/mente, maschi/femmine)
Come
attivare la compassione? Secondo il teologo Matthew Fox abbandonando i tre membri della trinità
demoniaca che la ostacolano soprattutto nell’attuale economia dominante:
- La
competizione sfrenata e nevrotica degli schiacciasassi (pagg. 244 - 248), avidi che vogliono
sempre di più (penso per esempio, nel caso italiano, a quegl’imprenditori che
non investono nel loro personale, e sfruttano la manodopera giovanile
sottopagata o non pagata per risparmiare): se una sana competitività e una sana
ambizione è una “cura per l’indolenza” e sa godere del successo, d’altra parte
può degenerare. Secondo la psicologa Karen Horney (“The Neurotic Personality
of Our Time”, New York 1937) diviene
malata se c’impedisce di godere dei successi, se non c'è gratitudine bensì
ostilità implicita e se mira ad emergere distruggendo l’altro anziché costruire
creativamente (pensiamo per esempio al linguaggio della nostra politica);
- La
compulsività (pagg. 248 -
254): la coazione a ripetere, il sadismo ed il masochismo, sono il
contrario della libertà spirituale, tipica dei perfettini inibiti che vogliono
essere irreprensibili, che non ridono di sé, che non son capaci di fare festa,
lasciarsi andare e partecipare al dolore degli altri. Il meccanismo
dominante nel cosiddetto mondo del lavoro, che tratta i lavoratori come
macchine, provoca alienazione, e l’uomo alienato di
oggi diventa dipendente dall’alcol o dalla droga o dal sesso. Le persone compulsive sono avide: l’avidità è quando non
sappiamo più distinguere fra bisogno e desiderio (pag. 251), e la ricerca compulsiva del denaro a breve termine è
intrinsecamente frustrante perché non può mai essere interamente soddisfatta, e
produce una vita senza autentico piacere (che implica un lasciarsi andare) e
condivisione del piacere (che è superamento della relazione soggetto/oggetto, è
unita, entrare e uscire: una dialettica). Vorrei ricordare, per parte mia, che
già il filosofo greco Platone ammoniva contro la pleonexia (avidità,
l’ansia da accumulazione infinita). Sempre secondo la Horney, "una delle
caratteristiche del sadico è che la sua vita emotiva è così piatta che egli ha
bisogno continuamente di cose che lo eccitino e gli diano una scossa"
(pag. 252); "molti uomini d'affari
con cui ho avuto a che fare sono degli adolescenti dal punto di vista
intellettuale, morale e psicologico. Per persone come queste, l'economia
giuoca lo stesso ruolo psicologico che ha avuto l'essere il capitàno della
squadra di calcio del liceo";
-
Il dualismo (pagg- 254 - 262) cioè la divisione (aut aut) che è
anche la divisione fra i nostri due emisferi cerebrali (di cui i più usano in
Occidente solo quello sinistro e secondo cui è organizzato il cosiddetto “mondo
del lavoro”) ed è “l’alienazione ultima, il peccato ultimo, il peccato dei
peccati”, come dicono la teologa Mary Daly e Meister Eckhart: questa gabbia
mentale c’impedisce di trovare le similarità e riconciliare le differenze. Ad
esempio la divisione fra conservatore e progressista, fra eterosessuale ed
omosessuale, fra maschio e femmina, fra Dio ed esseri umani, fra padre e madre.
Dall'America, segnalo tre vie da seguire per
riformare il clima psicologico in azienda:
- quella dello psicologo Daniel Goleman (nel
libro "Focus: perché fare attenzione
ci rende migliori e più felici"): l'empatia e l'attenzione (cfr.
http://lelejandon.blogspot.com/2014/01/allenare-lattenzione-muscolo-della.html);
come diceva la filosofa ebrea Simone Weil (1909 - 1943)
"L'attenzione è la forma più rara e più pura di generosità". E la
scrittrice e poetessa Cristina Campo (1923 - 1977, eccellente
traduttrice proprio di Simone Weil): "L'attenzione è la forma più pura di
responsabilità poiché ogni errore umano è, in essenza, disattenzione";
- quella dell'editrice dell'"Huffington Post" Arianna
Huffington (nel libro "Cambiare
passo. Oltre il denaro e il potere. La terza metrica per ridefinire il successo
e la felicità", Rizzoli, Milano 2014): e la riscoperta dell'importanza
del sonno e del giusto riposo anche nel posto di lavoro, considerato
anche che molti errori sono commessi a causa del debito di sonno da parte di
coloro che credono il dormire poco un simbolo di "virilità" (cfr.
anche http://lelejandon.blogspot.it/2013/05/la-natura-dei-sogni-dallimmaginario-dei.html);
- quella del teologo Matthew Fox: la
compassione creativa che significa attivarsi per creare giustizia sociale
dando man forte al nostro prossimo e collaborando con lui ("Compassione. Spiritualità e giustizia
sociale", Claudiana, Torino 2014) cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2014/09/la-via-della-compassione-creativa.html
****
Diritti e Doveri:
Gli
Articoli 2, 4, 13 e 41 della Costituzione
proteggono
la Persona del Lavoratore
"Salute,
Dignità, Libertà, Integrità"
Ecco
i consigli a chi sta subendo atti di mobbing:
- Farsi
accompagnare a colloquio dal capo da un consulente del lavoro esterno
all'azienda (pag. 73).
- Considerate
che i perversi han paura dei guai con la giustizia (unica ragione per cui non
commettono crimini violenti per cui possono essere smascherati) e dunque
"preferiscono negoziare" un licenziamento. Attenzione: si fingono
vittime.
-
"Prendere nota degl'insulti" e delle aggressioni;
-
trovate testimoni;
-
se necessario, prendere farmaci antidepressivi ed ansiolitici per essere in
grado di sostenere il processo;
- "fingere indifferenza",
"conservare il sorriso", "rispondere con humour" (che
non è il sarcasmo tipico dei perversi);
- chiudere a chiave i cassetti;
- recare sempre con sé l'agenda di lavoro coi
numeri anche nella pausa pranzo;
-
provare ad avere fiducia in sé e nella giustizia;
-
se il boss perverso si nega, pretendere
per raccomandata con ricevuta di ritorno un colloquio ("queste lettere
potranno servire a provare la mancanza di dialogo", pag. 192);
-
appellarsi all'articolo 2 della nostra
Costituzione repubblicana:
"La
Repubblica riconosce e garantisce i
diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità"
(quella che il perverso morale mira a distruggere)
- l'articolo 4 che riconosce il
"diritto
al lavoro" e "promuove le condizioni che rendano effettivo questo
diritto"
-
l'articolo 13 che sancisce che
"la libertà personale è inviolabile"
- l'articolo
32: "La Costituzione tutela la
salute come fondamentale diritto dell'individuo (...)"
-
l'articolo 35: "La Costituzione tutela il lavoro in tutte le sue forme ed
applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei
lavoratori";
-
l'articolo 36: "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro
ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza
libera e dignitosa. (...) Il lavoratore ha diritto
al riposo settimanale e non può rinunziarvi";
-
l'articolo 41: "L'iniziativa privata (...) non può svolgersi in modo da
arrecare anno alla (...) dignità umana"
Il Codice Civile
"Integrità
del Lavoratore"
ed "Assistenza Morale del Coniuge"
-
l'articolo 2043 del Codice Civile: "Qualunque fatto doloso o colposo, che
cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a
risarcire il danno", sicché bisogna dimostrare il dolo o la colpa e l'oggettivo
danno (che i giudici sono riluttanti ad applicare);
-
l'articolo 2087 del Codice Civile: "L'imprenditore è tenuto ad adottare le
misure che sono necessarie a tutelare
l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro" (anche
riducendo i lavori ripetitivi, per quanto possibile);
-
i reati di abuso d'ufficio (articolo 323 del Codice Penale),
- ingiuria
(articolo 594 del Codice Penale) e/o diffamazione (articolo 595 del Codice
Penale);
- minaccia
(articolo 612 del Codice Penale)
-
con aggravanti se commessi con abuso di autorità, relazioni d'ufficio o
prestazione d'opera (articolo 61 n. II del Codice Penale).
-
articolo 143 del Codice Civile: "dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco
alla fedeltà, all'assistenza morale e
materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla
coabitazione (...) I coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie
sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a
contribuire ai bisogni della famiglia".
-
le molestie morali provate possono essere elemento giustificante l'addebito
della separazione (il molestatore perde il diritto al mantenimento, alla
successione testamentaria e paga le spese processuali dell'ex). Ci sono stati
casi in cui la Corte di Cassazione ha ritenuto rilevanti anche l'autoritarismo
o l'imposizione di una determinata religione o stile educativo.
-
l'onere della prova di aver ottemperato all'obbligo di protezione
dell'integrità psicofisica del lavoratore spetta al datore di lavoro;
-
l'onere della prova del nesso di causa ed effetto del danno da mobbing spetta al lavoratore;
Durante
il secondo governo Berlusconi, un disegno di legge di Rifondazione Comunista (partito ora extraparlamentare) del 2002
aveva proposto di rendere le cause di mobbing
di competenza del giudice del lavoro e rendere le sentenze immediatamente
esecutive e prevedeva rapidità nei risarcimenti. Ma il ddl si arenò. In
compenso, ci sono stati decreti legislativi (n. 215 e 216) che definiscono atti
discriminatori quelli che
"hanno
lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima
intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo"
Nel
2004, un decreto del Ministero del Lavoro (n. 134) ha individuato
un'elencazione di azioni che possono provocare una malattia da denunziare
all'INAIL.
Per
quanto riguarda il perverso in famiglia, Hirogoyen invita a:
-
"cambiare numero";
- far
aprire la posta a qualcun altro (pag. 183);
-
se si prova l'infedeltà si può mettere in conto per eventuali danni
patrimoniali;
Nel
mio articolo "Il Coraggio Creativo è
la Risposta Radicale alla Noia dei Giovani" (http://lelejandon.blogspot.it/2015/03/il-coraggio-creativo-e-la-risposta.html)
avevo invitato gli artisti nostri contemporanei a raffigurare temi socialmente
sentiti, come i dolori del divorzio, dei genitori, degli adolescenti. Sarebbe il caso di aggiungere, appunto, la violenza subita da chi viene sottoposto ad
atti di mobbing. Anche l'Arte diviene
così utile per tematizzare questo problema sociale.
© LELE JANDON