di LELE
JANDON
“The
Help” è un romanzo ed é un film sulla
compassione e sulla creatività: di questi due temi
interconnessi ho già parlato coi libri di Matthew Fox “Creatività” e “Compassione”, ed oggi ne parleremo
coi sermoni di un altro grande teologo americano, Martin Luther King (peraltro da Fox molto citato e amato).
Martin Luther King Jr con la moglie Corette, anche lei attivista. Dopo la morte del marito ucciso, si è battuta per l'estensione del matrimonio alle coppie gay. |
Che cosa sono la compassione e la
creatività?
La
compassione vera (che
non è paternalismo come quello di
chi “crede di poter essere lui a determinare le scadenze della libertà di un
altro”, MLK) è il saper condividere fraternamente sia le gioie sia i dolori del nostro
prossimo e ci é ispirata dal considerarlo come egualmente umano.
La
creatività, orientata
alla compassione fraterna, è l’essenza della nostra umanità.
La compassione
creativa è quell’energia morale che attiva il nostro spirito d’iniziativa
per fare qualcosa di giusto non già per
questo qualcuno, ma insieme a lui o
lei.
Questo film e questo romanzo sulla
giustizia compassionevole ci sfidano a chiederci seriamente che cosa facciamo noi
in prima persona per l’integrazione di quei nostri Concittadini trattati come cittadini
di seconda classe, anziché starsene, come già biasimava Thoreau, a leggere i
giornali (oggi direbbe: a guardare i Tg).
La storia che vi propongo (di fantasia,
su sfondo storico reale) si svolge nei primi anni Sessanta in un bollente stato
del Sud americano (quello del film Mississippi
Burning) nell’epoca in cui vigeva la segregazione
razziale: un regime di bagni, scuole ed ospedali separati (ove i bianchi
non accettavano di curare bambini di colore anche se feriti in pericolo di vita), in
un clima d’intimidazione e di attentati contro i neri.
E’ la storia (tutta al femminile) di una serie d’ingiustizie quotidiane subite da simpatiche domestiche nere che, pur essendo bravissime (come la cuoca Minny o tata Aibileen), vengono licenziate se non rispondono sempre “sissignora”; che pur crescendo, di fatto, i figli dei bianchi, facendo le veci delle madri (impegnate nei party e le charity “per i bambini poveri dell’Africa”), non sono ammesse neanche a sedere a tavola con loro, né possono usare i bagni dei padroni di casa, né sposare i bianchi, e se restano incinte di un bianco devono abbandonare il loro figlio di razza mista.
E’ la storia (tutta al femminile) di una serie d’ingiustizie quotidiane subite da simpatiche domestiche nere che, pur essendo bravissime (come la cuoca Minny o tata Aibileen), vengono licenziate se non rispondono sempre “sissignora”; che pur crescendo, di fatto, i figli dei bianchi, facendo le veci delle madri (impegnate nei party e le charity “per i bambini poveri dell’Africa”), non sono ammesse neanche a sedere a tavola con loro, né possono usare i bagni dei padroni di casa, né sposare i bianchi, e se restano incinte di un bianco devono abbandonare il loro figlio di razza mista.
Ci fu un periodo in cui, prima della Guerra, i neri americani non potevano nemmeno sposarsi fra loro: gli Stati schiavisti del Sud volevano deprivarli della protezione della famiglia. |
E’ una storia d’impegno civile e di
coraggio morale, e la storia di un’amicizia:
-
l’amicizia fra Eugenia,
giovanissima aspirante scrittrice d’idee integrazioniste che si ribella ad
essere solo donna da marito, e queste domestiche che si fanno coraggio per
testimoniarle nelle interviste top secret
le loro storie personali e familiari, cosicché lei ne faccia un libro-vérité col nobile fine di “cambiare le
cose” (e far sviluppare quella che la filosofa e giurista liberale Martha
Nussbaum chiama “l’immaginazione
narrativa”, la capacità di metterci nei panni degli altri che ci fa
ampliare il nostro “cerchio morale”,
cioè l’insieme di persone di cui c’importa, una qualità essenziale per i
Cittadini di una sana ed attiva società civile di una democrazia liberale);
INNAMORATI. I due protagonisti della storica sentenza della Corte Suprema del 1967 (Loving v. Virginia) che dichiara incostituzionale il divieto alle nozze miste vigente dal 1924. |
-
e l’amicizia fra Celia (Jessica Chastain), la sexy neosposina senza pregiudizi appena arrivata e già
fuori dal cerchio delle casalinghe razziste, e Minny (Octavia Spencer), la tata sempre licenziata per la sua
franchezza, che trova in lei la prima datrice di lavoro che la faccia
accomodare e sedere a tavola a pranzo e che dia un lavoro per tutta la vita. (Queste
due attrici han gareggiato assieme per l’Oscar come non-protagoniste, e la
seconda ha vinto la statuetta.)
La
compassione è proprio
un’ “azione positiva” (MLK), creativa e costruttiva, come vuole la parola biblica ebraica che si trova
spesso e volentieri nella forma di un verbo di movimento, è un aiuto personale (“help”,
il titolo del romanzo, appunto), e qui vediamo proprio un gruppo di donne che
lavorano insieme alla creazione di un libro che mira a far mutare lo stato
d’ingiustizia: Aibileen, Minny e le altre domestiche ci mettono le storie,
Eugenia le domande giuste e la forma.
Ed
è la storia dello scontro fra la compassione e il suo opposto: il disgusto. Il
disgusto strumentalizzato per uso politico ed incarnato bene dall’espressione
del volto di Hilly (la
figlia d’arte di Ron Howard), l’ape regina delle casalinghe di Jackson, un’arrampicatrice
sociale che mostra e tenta di diffondere un tale schifo del contatto fisico coi
neri che si fa orgogliosa promotrice di un ddl segregazionista a livello
cittadino che obbliga tutte le famiglie a dotare il personale di servizio (di
colore) di un wc autonomo perché recherebbe malattie diverse dai bianchi. Quest’espediente
narrativo della scrittrice ci fornisce lo spunto realistico per parlare della "malattia del disgusto" che deumanizza categorie di persone e fornisce la falsa base per negarne i
diritti civili che è di triste
attualità in un’Italia che non ha ancora imparato la lezione sull’eguaglianza di
Europa e Stati Uniti: quella in cui sono ambientati il film ed il romanzo è
un’era in cui dominava il disgusto alla
sola idea delle nozze miste e noi raffronteremo questo disgusto irrazionale col disgusto omofobico esibito
da alcuni (persino politici ai massimi vertici) alla proposta di estensione del
matrimonio a persone gay (od anche solo dinanzi a due gay che si danno un casto
bacio per strada o siano protagonisti di una pubblicità), ricordando che ci fu addirittura un periodo, prima della Guerra Civile, quando i neri non potevano nemmeno sposarsi fra loro. Così come esiste una sana paura creativa, dice il reverendo King, così esiste una "malattia della paura", come contro i neri alla sua epoca; e così come esiste un disgusto fisiologico
(per proteggerci dai pericoli reali come ingerire un cibo con un odore sospetto,
come dimostra l’espressione tipica: storcere il naso come ad impedire l’accesso
alla bocca) così può esistere (per alcune
persone) un disgusto malato e deviato su falsi pericoli (come i diritti delle persone gay), inutile e
socialmente dannoso, e non è mai dunque un criterio né per la morale (che
concerne i diritti e la giustizia e il benessere) né col diritto, che
richiede invece argomenti razionali e fondati su sentimenti di umanità. Come si
era detto nell’articolo sugli esperimenti sui bambini citati da Paul Bloom, noi
umani non siamo né razzisti nati né
omofobi nati ed è il contatto ed il confronto con la varietà delle persone
(dalla scuola al lavoro) che fa la differenza. Vedremo inoltre come le
reazioni scomposte di chi covava un pregiudizio razzista a quei tempi, definite
un vero e proprio squilibrio mentale da Edward Franklin Frazier ne “La patologia del pregiudizio di razza”
citata da Martin Luther King, sono riscontrabili oggi nell’ “ostilità
ossessiva” di coloro i quali oggi dedicano molte energie per predicare e agire
in senso contrario all’estensione dei diritti civili alle coppie gay, e tale
omofobia è definita per esempio dai teologi John McNeill e da Matthew Fox come essa
stessa un disturbo mentale.
Approfondiremo la storia di questo
periodo con un excursus storico sulle
tappe di liberazione dei neri, ricordando il ruolo di una grande First Lady, la moglie del “Presidente
dei Diritti”, Lady Bird Johnson, che
tenne i comizi nel Sud razzista al posto del marito a rischio attentati, ed un excursus teologico-filosofico coi
sermoni di Martin Luther King,
giovane pastore protestante, uomo di parola e d’azione. Egli, nonostante le
minacce di morte, ha saputo affrontare tale paura, ben consapevole di rischiare
ogni giorno di restare ucciso per le sue campagne in nome della fine del
segregazionismo e poi per il diritto di voto senza intimidazioni: ciò grazie
alle energie morali della sua fede cristiana che dona quella “pace della mente”
che condivideva con la sua amica Rosa Parks.
Il reverendo King è un Eroe moderno che
ancora ispira tutti noi come società civile attraverso la sua filosofia dell’azione di dignitosa
resistenza nonviolenta di massa, di disobbedienza civile di chi è disposto ad
accettare il carcere per creare una sana tensione come faceva Socrate per
risvegliare le coscienze, per il rifiuto dell’odio, lo spirito di
riconciliazione, il coraggio come “pace
della mente ed affermazione di sé” che sa affrontare la paura, il concetto
di “giusto amore di sé” e del prossimo,
la fede come equilibrio interiore, la fede protestante nel primato della coscienza e la fede del Cristianesimo che il Bene finisca sempre per trionfare sul male (autodistruttivo: profetizzando così l'abbattimento del Muro di Berlino e l'implosione del comunismo), la speranza e l’autentica compassione come
interessamento personale e l’appello alla responsabilità personale e allo spirito d’iniziativa. Di scottante
attualità in Italia è la sua critica al silenzio della chiesa ove tanti se ne
stanno a guardare da dietro le vetrate istoriate, atteggiamento di una
religione ammalata di una diabolica separazione dal mondo. King è un uomo del
quale vorrei sottolineare l’attualità del suo concetto del tempo: a quei
cosiddetti moderati che gli dicevano di non accelerare i tempi, che il tempo
gli avrebbe dato ragione, egli replicava che “I tempi sono sempre maturi per ciò che è giusto” ed invitava ad
“usare il tempo in modo creativo”: stesso concetto del suo connazionale Thoreau che diceva che non basta il buon voto ed attendere che la maggioranza sia persuasa, né basta scrivere petizioni. Questo vale anche oggi per esigere il
riconoscimento del matrimonio per le coppie di fidanzati gay, come peraltro vuole la
maggioranza dei cittadini italiani. La moglie Coretta era anche un'attivista per i diritti dei gay e si è battuta per il matrimonio: "L'omofobia è come il razzismo e l'antisemitismo: tenta di negare l'umanità, la dignità e la personalità", disse. Ci chiederemo se, in un Occidente ove ben 19 Stati hanno il matrimonio esteso ai gay e 32 Stati degli USA pure, le cosiddette "unioni civili" non siano altro che una nuova e cinica forma di segregazionismo di chi ha perso il treno della Storia: un segregazionismo giuridico secondo il concetto del "separàti-ma-eguali", come predicava il personaggio razzista di Hilly in The Help citando la sentenza della Corte Suprema di fine Ottocento che fu in sèguito sconfermata da un coraggioso giudice negli anni Cinquanta come "una falsa dottrina, buona solo per gl'ingenui".
Personaggi e Interpreti del film:
Ogni capitolo del libro è narrato da una
delle protagoniste: Eugenia detta “Skeeter”, tata Aibileen e la domestica Minny.
Lo riassumerò citando i passi clou dalla
mia edizione economica della collana Bestseller
della Mondadori di quest’anno (prima edizione italiana 2009) raffrontandolo
col film del 2011 di Tate Taylor e lo commenterò con degli approfondimenti per
valorizzarne il messaggio per la nostra contemporaneità.
Eugenia
Skeeter Phelan: Emma Stone (già candidata al Globe per Easy Girl)
Charlotte Phelan: Allison Janney (L’oggetto del
mio desiderio, 4 Emmy per West Wing)
Constantine Bates: Cicely Tyson (già candidata all’Oscar per Sounder)
Minny Jackson: Octavia Spencer (Premio Oscar per questo ruolo di non protagonista
e voce nell’audiolibro)
Aibileen: Viola
Davis (già candidata all’Oscar per The
Doubt)
Hilly Hoolbrok: Bryce Dallas Howard (è la figlia d’arte del regista Premio Oscar
Ron Howard)
Missus
Walter: Sissy Spacek (Premio Oscar per La lunga strada verso casa)
Celia Foote: Jessica
Chastain (candidata all’Oscar per il ruolo in The Help e Zero Dark Thirty
Johnny Foote: Mike Vogel
Il Personaggio/1: Eugenia
L’aspirante
scrittrice d’idee integrazioniste
La Grande Idea: raccogliere
in segreto le storie delle tate nere
La madre: “Fai pensieri
innaturali? Esiste una tisana magica”
La storia è ambientata a Jackson
(Mississippi), nel 1962-63 (ed il film è girato anche a Greenwood, Greenville e
Clarksdale), nel Sud degli Stati Uniti.
Eugenia “Skeeter” Phelan è una 23enne
fresca di laurea, aspirante scrittrice, che torna a Jackson, cittadina del
Mississippi dai genitori, proprietari di una “piantagione” di cotone (l’attività
principale di quello Stato). A differenza delle coetanee e amiche (tutte già maritate
con figli allevati dalle tate di colore), è interessata alla sua realizzazione
lavorativa anziché a trovare presto marito (un tema, questo, affrontato anche
nel film del 2003 Mona Lisa Smile col
Premio Oscar Julia Roberts, storia di una 36enne nubile docente di storia
dell’arte che negli anni Cinquanta prova ad ampliare gli orizzonti delle sue
allieve destinate a diventare casalinghe perfette).
Eugenia é rispettata ma (un
po’ come il personaggio interpretato
da Julianne Moore nel film del 2002 “Lontano
dal paradiso” di Todd Haynes
ambientato nel Connecticut degli Anni Cinquanta) “é una di quelle che
salutano la donna di servizio” (pag. 12) e dunque si sospetta che abbia idee
diverse sulla questione razziale.
Mentre sua madre e le sue amiche leggono
riviste come “La Casalinga Perfetta”,
Skeeter legge i libri “proibiti” (come Il buio oltre la siepe od Henry
Miller), che compra al mercato nero in California (pag. 89) e progetta di
scrivere un libro che raccolga le storie vere delle domestiche della sua città
(una trama simile, un giornalista che raccoglie una storia vera per scriverci
un libro vérité, è comune anche al film
“Philomena”, col Premio Oscar Judi
Dench, anch’esso tratto dall’omonimo libro).
Julianne Moore nel film "Far From Heaven", ambientato negli anni Cinquanta |
E’ ancora provincialotta, per esempio
quando chiama un editore a New York (interessato al progetto del libro) è la
prima volta che conosce una persona ebrea (pag. 91): l’editrice le dice che
anche lei, avendo vissuto ad Atlanta, conosce la situazione, tanto che è
scappata a New York! Perciò, Eugenia vada avanti a scrivere e se le piacerà lo
pubblicherà.
Intanto, l’unico lavoro che ottiene nella
sua cittadina è di rispondere alla rubrica sulle domandine di economia
domestica e pulizie delle casalinghe (argomento di cui non sa né le importa nulla),
e così si fa aiutare da tata Aibileen (Viola Davis).
La mamma, ex reginetta di bellezza (che
dice a sua figlia frasi del tipo “Hai pianto? Lo sai che ti rovina la pelle,
cara”, pag. 422, e che “baciarsi con la lingua fa diventare ciechi”, pag. 179),
maritatasi giovane, la vorrebbe maritata, o perlomeno che si desse un po’ da
fare per trovare marito. Essendo Eugenia più alta della media (1.78 cm), la
madre le cerca un uomo “alto almeno 1.80” con cui proporle un appuntamento
galante. Ma Eugenia, al momento, è
interessata solo a scrivere, tanto che la madre s’insospettisce e rivela
pregiudizi ed ignoranza tipici di quest’epoca sull’omosessualità:
“Devo chiederti…una cosa, Eugenia. L’altro giorno ho letto che certe ragazze diventano instabili e cominciano ad avere…insomma….pensieri non naturali. (…) Tu sei…tu provi…attrazione per gli uomini? Ti vengono mai pensieri innaturali…” stringe gli occhi “…su ragazze …o donne? (…) Perché in quell’articolo dicevano che c’è un rimedio, una speciale tisana di radici…” (pag. 95)
La madre (interpretata da Allison Janney,
vista nel film “L’oggetto del mio
desiderio”, con Jennifer Aniston, da me presentato ad un passato Cineforum
e vincitrice di quattro Emmy per il suo ruolo di portavoce del Presidente nel serial Tv West Wing) la preferirebbe impiegata in banca in un mondo ove le
donne (con forti differenze salariali: siamo ancora lontani dalle riforme
Obama, pag. 76) erano appunto segretarie o maestre o semplicemente madri e
casalinghe (alla tua età, le dice, avevo già avuto tuo fratello); invece
Eugenia vorrebbe poter scrivere le sue idee integrazioniste, cioè a favore
dell’integrazione fra le due razze, quella bianca maggioritaria, e quella nera.
Il Personaggio/2:
CONSTANTINE
La Tata che ha fatto
diventare Eugenia una donna
Licenziata perché sua
figlia (mulatta)
entra dalla porta
principale
Eugenia è una donna indipendente e sicura
di sé grazie anche a Costantine Bates (interpretata dalla premiata attrice
Cicely Tyson), la tata nera che l’ha praticamente cresciuta. Alla prima crisi,
quando i compagni le dicono che è brutta, la domestica le insegna: “Bisogna che
chiedi a te stessa: ‘Oggi voglio credere a quello che mi dicono ‘sti stupidi?’”
(pag. 80). E così, dice Eugenia, “mi resi conto che in realtà avevo la
possibilità di decidere io in cosa credere” (pag. 81).
Anche la scrittrice, che è proprio nativa della città di Jackson (come il
regista del film, suo amico d’infanzia), si è ispirata alla sua tata, come
rivela in un’appendice alla fine del libro:
“Non credo di sapere che cosa
significasse davvero essere una donna nera in Mississippi, specialmente negli
anni Settanta. Ma cercare di farlo è essenziale
per un essere umano” (pag. 525). Anche
nella sua famiglia “i bianchi non sedevano mai allo stesso tavolo di un nero
intento a mangiare. Regole del genere venivano considerate assolutamente
normali. Ricordo che da bambina, quando vedevo le persone di colore nei
quartieri neri della città, le compativo anche se apparivano ben vestite e in
piena salute. Adesso, ammetterlo m’imbarazza molto” (pag. 522)
Constantine aveva fatto in tempo a
rivelare ad Eugenia di essere figlia naturale di un’unione mista (pagg. 84 –
85) ma non sarà lei a rivelarle di avere avuto da un nero una figlia venuta
alla luce troppo bianca da sembrarlo davvero, bensì le tate che intervisterà. Quando
intervista Pascagoula, la nuova tata che le rivela di non avere esperienza
pregressa, trova il fatto molto strano. Possibile che mia madre abbia assunto
una novellina?, pensa. E la dipendente replica: “Nessuno voleva lavorare per
lei” (sua madre) “dopo quello che è successo con Constantine” (pag. 292). E se
lo fa raccontare.
La scrittrice è nativa di Jackson (Mississippi) come il regista, suo amico |
Sua madre aveva licenziato Constatine,
dicendo ad Eugenia (quando torna dal quadriennio al college) che la sua tata era andata a trascorrere gli ultimi anni
dai suoi a Chicago (pag. 88). “Come ha potuto mia madre liberarsi di una
persona che le ha fatto il più bel regalo del mondo, crescere i suoi figli? Di
una persona che mi ha insegnato cosa siano la gentilezza e il rispetto di me
stessa? (…) Constantine ha lavorato venticinque anni per la mia famiglia” (pag.
102).
E solo verso la fine Eugenia scopre un
altro segreto: che Constantine, come molte donne nere, si è trovata come
costretta ad abbandonare sua figlia, la figlia segreta che non ha mai raccontato
a Eugenia di avere, Lulabelle: “Molte donne di colore devono abbandonare i loro
bambini. Li danno via perché devono badare ad una famiglia di bianchi” (pag.
418).
Interno della casa di Eugenia |
Perché non l’ha data a sua sorella? “Sua sorella…non poteva proprio. Essere negri con la pelle bianca…in
Mississippi è come non essere né carne né pesce. (…) Era difficile trovare
qualcuno che le guardasse Lulabelle mentre era al lavoro. Alla fine Constantine
non voleva più portare fuori Lula”. E così Constantine la porta
all’orfanotrofio, scelta che rimpiangerà tutta la vita. La bimba grida
disperata perché intuisce: “A quattro anni lo capisci che ti stanno
abbandonando” (pag. 419).
Due anni fa, Constantine riceve una
lettera della figlia a cui i genitori adottivi han dato l’indirizzo (il tema della ricerca delle origini e del
proprio genitore biologico l’ho affrontato in altri due miei Cineforum: con “I ragazzi stanno bene” e “Philomena”). E qui la versione
cinematografica cambia un po’.
Nel libro, si dice che Lulabelle si
presenta all’improvviso e in casa c’era lo stato maggiore delle “Figlie della
rivoluzione americana”, si è messa a bere il caffè con le amiche della padrona
di casa che, indignata, l’ha cacciata prima che venissero a scoprire di chi
fosse figlia (visto che mantenuto il cognome materno) e soprattutto che era
nera! (pag. 423). Racconta la madre di Eigenia: “Sembrava bianca come tutte le
altre, e lo sapeva benissimo” (pag. 423). “Lulabelle, non puoi stare qui. Devi
andartene.” Con fare sprezzante, ribatte: “Quindi lei non ammette nel suo
soggiorno una negra se non per fare le pulizie?” (pag. 423). “Benissimo, me ne
stavo comunque andando”, e si dirige verso la sala da pranzo. Ovviamente la
blocco. “Oh, no. Tu esci dal retro, non dalla porta principale come le ospiti
bianche.” (pag. 424). E la ragazza le sputa in faccia. “Una negra, in casa mia.
Che cerca di comportarsi da bianca.” (pag. 424).
“Loro sono diversi, sai. Quella gente
mette al mondo figli senza pensare alle conseguenze, e poi è troppo tardi” (pag.
422). Inoltre, dice che Constantine avrebbe detto una balla a Lulabelle sul suo
abbandono. Riferisce che Lulabelle le ha detto: “Sì, mio padre è morto e mia
madre era troppo malata per occuparsi di me quand’ero piccola” (pag. 425). Spiega
alla figlia: “Loro non sono persone normali” (pag. 425). Poi
dice di non aver pensato che Constantine se ne sarebbe andata a Chicago con la
figlia. Ed è morta: quando lei le ha mandato un assegno per il suo compleanno,
Lulabelle glielo ha rispedito con una copia del necrologio (pag. 426). Aveva
sopravvissuto al gelo dell’Illinois solo tre settimane. E’ morta di dolore,
pensa Eugenia.
Quando Eugenia guarda le news al Tg sulla questione razziale (la moral suasion del Presidente Kennedy al
governatore razzista del Mississippi) con la nuova tata Pascagoula, la madre è
contraria: “Eugenia, non voglio che mia figlia la incoraggi in questo modo (…)
Non sta bene che voi due guardiate insieme la televisione” (pagg. 104 – 105).
Grazie ai recenti avvenimenti che creano
un clima psicologico di volontà di riscatto, Eugenia riesce a persuadere le
domestiche sue concittadine a farsi intervistare in segreto, con la promessa di
cambiare i nomi e non dichiarare ove è ambientato il libro.
Minny (che suggerisce anche il titolo, The Help) le rivela quali sono le sue
preoccupazioni, dopo tanti licenziamenti: “La verità è che non me ne importa
granché del voto. Non m’importa di mangiare allo stesso bancone dei bianchi. Quello che m’importa è se tra dieci anni
una bianca dirà a una delle mie figlie che è sporca e l’accuserà di rubare
l’argenteria” (pag. 260) ossia questo stato di cose per cui una nera
perbene non viene comunque mai creduta rispetto a una bianca che l’accusa.
Eugenia frequenterà il figlio di un
senatore bello ma d’idee diverse: quando lei gli rivela il libro segreto a cui
sta lavorando, dirà di non capire le ragioni morali per cui lei s’interessi a
tale questione (“Io proprio…non capisco perché fai queste cose. Perché…ti
interessano tanto, Skeeter? (…) Che senso ha agitare le acque?” (pag. 445).
Tralasciamo qui, ai fini del sunto del libro e del film, la loro storia e
concentriamoci sulle storie delle protagoniste.
La Segregazione Razziale: Le Leggi Crow
Le Violenze Quotidiane
contro i Neri
che Votano o usano i Wc dei
Bianchi
Niente Salario Minimo e
Niente Poliziotti Neri
Vietato Ammirare le Donne Bianche
Nel libro e nel film siamo nel 1962 –
1963: gli anni della Marcia su Washington del reverendo Martin Luther King
(pag. 192) e del suo discorso I Have a
Dream, “Io ho un Sogno” (pag.
347), nello Stato ove è ambientato il film del 1988 “Mississippi Burning” (ispirato all’assassinio degli attivisti
politici a Neshoba nel giugno 1964),
degli attacchi terroristici del Klu Klux Klan, e dell’assassinio del Presidente
Kennedy nel novembre 1963 (pag. 400). La frequentazione del collettivo della
chiesa per non sentirsi soli bensì Comunità (pag. 248).
Il film col Premio Oscar Gene Hackman è ambientato un paio di anni dopo "The Help" (che si svolge nel 1962 -3). |
Gran parte del romanzo è ambientato nel caldo torrido di un’estate infuocata, che
simboleggia proprio le tensioni sociali di una comunità che è come una pentola
che bolle: se un nero osa andare nelle toilettes
dei bianchi rischia come minimo di venire picchiato a sangue. Gli atti di
violenza contro i neri sono all’ordine del giorno: “Ci sono degli uomini
bianchi che non aspettano altro che sentire di un negro che ha fatto arrabbiare
un bianco, e stanno pronti con le mazze di legno, i fiammiferi, qualsiasi cosa
che può venire bene” (pag. 229). Per esempio una sera quelli del Ku Klux Klan
sparano ad un nero attivista per i diritti civili (pag. 232), oppure ci sono
atti d’intimidazione contro quei neri che votano (pag. 126). Dinanzi
all’ennesimo atto di violenza razzista, Minny dice: “Le cose non cambieranno
mai in questa città. Viviamo all’inferno, in trappola. I nostri figli sono in
trappola…” (pag. 234). “Perché chi la
protegge la nostra gente? Non ce ne sono di poliziotti di colore” (pag.
235).
In questo stato ci sono ospedali separati pei neri ed ospedali pei bianchi: i dottori
bianchi ricusano di curare persino i bambini feriti neri e i medici di
colore rifiutano di accettare al pronto soccorso bambini bianchi (pagg. 181 –
182) e i medici bianchi non vengono a casa a curare i neri (pag. 358).
SEGREGAZIONE RAZZIALE. Bagni separati nel film "Mississippi Burning" |
In città
e nelle case ci sono appositi bagni per i neri (pag. 17); le signore mangiano
in tavoli diversi dalle domestiche (pag. 257). Regna una totale divisione del
lavoro su base razziale: “Se la tua pelle è troppo chiara non ti assumerà mai
nessuno, mi dicono. Più nera sei, meglio è” (pag. 304). Neri e bianchi hanno chiese diverse. I neri sono senza paga minima né contributi
(pag. 157) e la beffa è che i bambini che allevano divengono autoritari e
contro l’eguaglianza proprio come i genitori: “Come vogliamo bene ai loro bambini, quando sono piccoli (…) e poi, da
grandi diventano proprio uguali alle loro madri” (pag. 157).
Un ritratto di Eudora Welty, nativa del Mississippi. |
I bianchi non siedono mai allo stesso tavolo
di un nero che non sia un loro dipendente, come nota Skeeter (pag. 173):
Eugenia invece si siede per ascoltare e battere a macchina i racconti delle
donne di colore in spirito di amicizia. Celia Foote per gustare i pranzi con la
sua tata Minny. Né un bianco mette mai piede in casa di un nero (pag. 174),
come nota Aibileen. Bisogna mantenere le distanze. In piscina, la tata Aibileen
scrive:
“Io mi metto un po’ distante dalle signore bianche: è così che si fa” (pag. 222)
Sono in vigore le Leggi Crow (1876 – 1965): le leggi (di cui trovate l’elencazione a
pag. 208 ed il cui nome deriva da una canzonetta caricaturale razzista
dell’Ottocento) che impongono segregazione razziale negli Stati del Sud (in
tutti gli àmbiti compreso l’esercito) e che furono emanate dai democratici
durante la Ricostruzione dopo la guerra di Secessione americana.
Un altro personaggio famoso del Mississippi: William Faulkner |
Addirittura, ricorda la filosofa del
diritto Martha Nussbaum ne “L’intelligenza
delle emozioni” (il Mulino, Bologna 2004, titolo originale americano Upheavals of Thought. The Intelligence of
Emotions, Cambridge University Press 2001, pagg. 781 - 782), “nel Sud si
potevamo commettere reati con gli occhi. Gli uomini bianchi nel Sud di Jim Crow
perseguivano penalmente i neri per aver guardato con desiderio una donna
bianca. Tale crimine veniva definito in termini colloquiali “reckless
eyeballing” (“strabuzzare gli occhi senza cautela”, e sfociò in alcuni
processi. Nel 1951 nel North Carolina un nero fu processato per aggressione a
fini di stupro per aver guardato una diciassettenne in “modo lascivo”. L’accusa
dichiarò che egli “spogliava la graziosa ragazza con gli occhi”. “Nel 1953 in
Alabama un nero fu condannato per il medesimo crimine, per aver camminato
troppo vicino a una donna bianca”. “Tali
usi della legge penale posero le basi per “un codice stigmatizzante” per gli
uomini di colore, che rendeva obbligatorio tenere lo sguardo basso e nascondere
vergognosamente il desiderio. Essi dovevano “indossare” i propri corpi con
vergogna e non con orgoglio, divenendo in effetti una metafora ambulante
del carattere vergognoso della sessualità”.
Craig Claiborne era nato nello Stato del Mississippi |
A proposito di disgusto razzista,
proprio pochi giorni fa Beverly Gage, storica di Yale, ha scoperto una lettera
minatoria anonima (pubblicata dal New
York Times) con cui l’allora capo dell’FBI Edgar J. Hoover tentò d’istigare
al suicidio Martin Luther King chiamandolo “un animale sporco ed anormale”.
Tasse per votare e test di alfabetizzazione per il voto impedivano alla stragrande
maggioranza dei neri il diritto di votare. Il Presidente (1913 – 1921) Woodrow
Wilson (democratico e liberal, Premio
Nobel per la Pace) introdusse la segregazione anche laddove c’era già l’integrazione:
negli uffici governativi a Washington. Ciò per la prima volta da quando Lincoln
aveva introdotto la desegregazione nel 1863.
Nella società c’è disgusto razzista da
una parte e rabbia sociale dall’altra. Infatti, anche gli ebrei sono separati: “Neanche negri ed ebrei vogliono.
Una volta lavoravo per i Goldman” (tipico cognome ebraico) “Gli ebrei di
Jackson devono andare a nuotare al Colonial Country Club. I negri nel lago May”
(pag. 240).
(Tale regime di segregazione è simile
all’apartheid, la separazione
razziale attuata dai boeri, i discendenti bianchi dei coloni olandesi, in
Sudafrica a partire dal 1948, allorché prese il potere il Partito Nazionale,
sostenuto proprio dagli afrikaner:
anche lì erano proibiti i matrimoni misti e i rapporti sessuali interrazziali).
A parte ciò, le tate di colore che fanno le veci delle mamme (troppo occupate
fra parrucchieri, charity per i
bambini neri dell’Africa!, feste e bridge) ricevono l’affetto naturale dei bambini
che accudiscono: sono loro, per esempio, a pulirgli il sederino sporco e ad
insegnargli il toilet training (pag.
114 - 116). Peccato che, spesso, da
grandi essi divengano prepotenti e padronali come i loro genitori nei
confronti dei neri.
Non ci sono pari opportunità per bianchi
e neri: se sei una domestica e ti trovi
disoccupata perché magari hai risposto male ad una signora bianca, ti sfrattano
perché tutti i proprietari di case sono bianchi e i bianchi sono
vendicativi (pag. 226).
“Se hai una figlia, magari vai ad abitare
da lei. Anche lei è a servizio da una famiglia di bianchi. Ma qualche giorno
dopo torna a casa e ti dice: “Mamma, mi hanno licenziato”. Ha un’aria
abbattuta. Spaventata: non capisce il motivo. Allora tu glielo devi dire che è
per colpa tua. Meno male che suo marito lavora. Poi licenziano il marito. (…)
Passano le settimane, e niente: niente lavoro, niente soldi, niente casa. Senti
bussare in piena notte. Non c’è la signora bianca alla porta: lei non le fa di
persona queste cose. (…) La signora bianca non dimentica mai. E non ha pace
finché non ti vede morta” (pag. 226)
C’è qui il tema del mobbing nella forma del bossing
(le angherie del boss), come lo chiamiamo oggi che l’abbiamo riconosciuto come
un’ingiustizia da punire, e di cui parleremo in un prossimo Blog e Cineforum.
Eugenia non trova giusta questa situazione
e osa chiedere, ad Aibileen, con gran sorpresa di costei, se non pensi mai a
mutare lo stato di cose (pag. 20).
Sinché convince prima lei, poi Minny e
poi 11 altre concittadine nere a farsi intervistare la sera, dopo che hanno
finito i turni, raccogliendo (usando degli pseudonimi e senza specificare la
città e lo stato) le loro storie, alcune di affetti, altre di ingiustizie
quotidiane, per spedire il libro all’editore di New York.
Il Personaggio/3:
AIBILEEN
La vera “Mamma” di Mae Bo
Le Favole Segrete
sull’Eguaglianza
e le Preghiere per Iscritto
per le Amiche
Aibileen
(Viola Davis, vista nel filosofico
film “The Doubt”, del 2008, accanto
al Premio Oscar Meryl Streep) è una di queste domestiche, ed è anche la tata
che cresce la piccola Mae Bo, una bimba dell’asilo cui sua madre non fa mai
carezze. Figlia di una domestica la cui madre era una schiava, ha allevato 17
bambini. Lavora per Miss Leefolt,
una madre coetanea di Eugenia, anaffettiva, autoritaria, sempre col muso, cui
piace comandare e che lascia persino piangere la figlioletta, la tratta “come
se fosse un gatto randagio” (pag. 13): tanto c’è Aibileen.
La dolce tata Aibileen ripete alla
piccola un ritornello per infonderle autostima: “Ogni pomeriggio, le dico: “Tu
sei gentile, intelligente, importante” (pag. 239).
La sua maestra, Miss Taylor, è una
razzista che insegna il razzismo ai bambini:
“Miss
Taylor dice che i bambini neri non possono venire nella mia scuola perché non
sono intelligenti come noi”
“Secondo te io sono scema?”
“No” dice piano, ma decisa. Sembra sia
dispiaciuta di averlo raccontato.
“E questo non ti dice qualcosa di Miss
Taylor?”
“Significa che Miss Taylor non ha sempre
ragione.”
Mi stringe forte il collo. “Tu hai più
ragione di Miss Taylor” Allora mi salgono le lacrime agli occhi e comincia la
cascata. Queste parole sono nuove per me.” (pagg. 455 – 456)
La Madre del Movimento per i diritti civili degli afroamericani, Rosa Parks e l'autobus ove lei stette seduta senza alzarsi all'ordine del guidatore. |
Aibileen è orfana del figlio 24enne morto
in un incidente sul lavoro e la padrona di casa la tiene a lavorare
sottopagata.
Un giorno Mae Mo le chiede quanti figli
abbia e lei risponde: “17”! Sì, perché sono tutti quelli che ha cresciuto nelle
varie famiglie ove è stata tata (pag. 334). E la piccola le dice: “Tu sei la
mia mamma vera” (pag. 337).
E’ una donna molto intelligente che non
ha potuto completare gli studi (a causa della mancanza di pari opportunità per
i poveri), e la sua figura è parte integrante dell’educazione di Mae Bo, anche
se sua madre non lo sa: le racconta delle favole che parlano dell’integrazione
e dell’eguaglianza che devono restare il loro piccolo grande segreto. Ad
esempio questa, che ci racconta lei stessa:
“Una
volta, tanto tempo fa, c’erano due bambine. Una aveva la pelle nera, l’altra
bianca. La piccola nera dice alla piccola bianca: “Com’è che hai la pelle
così chiara?. E la bianca: “Non lo so. E tu, com’è che ce l’hai così nera?
Secondo te cosa vuol dire?” Ma nessuna delle due lo sapeva. Così la bianca
dice: “Be’, vediamo un po’. Tu hai i capelli, e anch’io ho i capelli”. Do a Mae
Mobley una carezzina sulla testa. La piccola nera dice: “Io ho il naso, e tu
hai il nasino”. Le stringo un po’ il nasino, e lei fa lo stesso a me. “La
piccola bianca dice: “Io ho le dita dei piedi, e tu anche ce l’hai”. Faccio lo
stesso con le sue ditine, ma lei non arriva alle mie perché ho su le scarpe
bianche da lavoro. “Dunque siamo uguali, però di due colori diversi”! dice la
bambina nera. La bianca dice che ha ragione e così loro diventano amiche. Era
una favola proprio penosa, se mai ce n’è stata una. Non c’era neppure una
storia. Però Mae Mobley sorride e fa: “Di nuovo”. Così la ripeto” (pagg. 239 -
240)
Oppure come questa:
“Un giorno un bravo marziano è sceso
sulla Terra per insegnarci un paio di cose.”
“Un marziano? Grande come?”
“Oh, almeno uno e novanta.”
“Come si chiama?”
“Marziano
Luther King.”
Fa un respiro profondo e mi appoggia la
testa sulla spalla.
“Era un marziano davvero simpatico,
Mister King. Aveva tutto uguale a noi, ma a volte la gente lo guardava strano e
a volte…be’, certi erano proprio cattivi con lui.”
Potrei finire in guai grossi a raccontare
queste piccole storie, specialmente con Mister Leefolt. Ma Mae Mobley lo sa che
sono le nostre storie segrete.
“Perché, Aibee? Perché erano cattivi con
lui?”
“Perché era verde.” (pag. 349)
Un giorno il padre sente la piccola, che
crede di essere sola nella stanza, fare il giuoco di ruolo:
“Dài,
ora giochiamo a “in fondo all’autobus”, e tu ti chiami Rosa Parks”
e le chiede chi glielo abbia insegnato
(pag. 500). Lei, complice e intelligente come la sua tata, risponde con
sicurezza: la maestra Miss Taylor. (Che, come si è detto, è al contrario una
razzista). E Aibileen. E lui le fa cambiare classe (pag. 500). Con grande gioia
di Aibileen perché in realtà quell’insegnante è una razzista che predica la
diversità.
Apro qui una parentesi: chi era Rosa
Parks?
****
La Nobile Calma
Interiore di ROSA PARKS
“Io me ne resto seduta al
Mio Posto, è un mio Diritto”
La Corte Suprema le dà
ragione: Segregazione incostituzionale
Rosa Parks (1913 –
2005), donna afroamericana di fede protestante metodista, era una sarta sposata
con un attivista per i diritti civili, movimento a cui aderisce anche lei dal
1943: una sera del 1955, ella si siede nei posti comuni dell’autobus al ritorno
dal lavoro nella sua cittadina, Montgomery
(Alabama) ove vigeva la segregazione razziale come nel Mississippi di The Help. L’autista, alla salita di un bianco, le ordina di cedergli il posto:
lei, mantenendo quella “calma interiore” di cui parla Martin Luther King nel
suo sermone (vedi sotto l’approfondimento) si
rifiuta e viene arrestata per violazione delle norme cittadine e per
condotta impropria. Da allora diviene la “madre del movimento dei diritti
civili”. Il giorno seguente 50 neri le
danno solidarietà con una storica protesta creativa: boicottano gli autobus.
L’anno seguente la Corte Suprema le dà ragione all’unanimità: quelle leggi
locali sono incostituzionali. Rilasciata, torna a lavorare come sarta
sinché il membro del Congresso John Conyers (un progressista del Partito
Democratico) la chiama come segretaria. Alla
sua storia è ispirato il film del 1990 La
lunga strada verso casa, coi Premi Oscar Whoopi Goldberg e Sissy Spacek (che
qui in The Help interpreta la Signora
Walters). Ha vinto la Medaglia Presidenziale della Libertà.
****
Chiusa la parentesi, torniamo al romanzo.
Per tenere ben allenata la mente, Aibileen prende l’abitudine di scrivere le sue preghiere (pag. 181), come narra lei
stessa in questo divertente passo:
“Tutti dicono che le tue preghiere sono
più potenti e danno risultati migliori di quelle solite.”
“Cosa?”
“Eudore Green, quando si è rotta l’anca,
è finita nella tua lista e dopo una settimana era già in piedi. Isaiah è caduto
dal camion del cotone: la sera era nella tua lista e il giorno dopo è tornato a
lavorare” (…)
“Snuff Washington, poi Lolly
Jackson…diamine, Lolly finisce nella tua lista e due giorni dopo salta su dalla
sedia a rotelle come se l’avesse toccata Gesù. Tutti quanti nella Hinds County
la conoscono questa storia” (pag. 35)
Quando Aibileen insegna a Mae Bo a fare
la pipì, la piccola prende e va a farla solo nel bagno della tata (pagg. 114 –
116), con disgusto della madre che vorrebbe proprio insegnarle il disgusto del
contatto coi neri: “Non ti ho cresciuta perché usassi il bagno dei negri” (pag.
117). La bimba, confusa, piange, ed è sempre la tata a consolarla (col solito
ritornello: “Tu sei intelligente, sei una brava bambina”). “Sento crescere
dentro di me quel seme amaro, quello piantato dopo che è morto Treelore. Ho
voglia di gridare così forte che la piccolina riesca a sentirmi che sporco non
è un colore, che le malattie non sono la parte nera della città. Voglio che non venga il giorno – e viene
sempre nella vita di un bianco- in cui comincerà a pensare che quelli di colore
non sono bravi come i bianchi” (pag. 118).
Quando vede Heather che guarda sua mamma
Hilly, ci confessa: “A me viene voglia di piangere quando vedo tanto amore,
anche se è per Miss Hilly, perché mi fa venire in mente Treelore” (il figlio
morto sul lavoro) “e quanto mi voleva bene. Mi piace vedere un bambino che
adora la sua mamma” (pag. 222).
Aibileen pian piano si fa coraggio e
racconta ad Eugenia la sua storia, lei la riscrive e gliela fa rileggere ed
approvare. In cambio, le chiede il favore di prenderle in prestito dei libri.
Le biblioteche dei neri sono meno fornite ed hanno lunghissimi tempi di attesa
(pagg. 186 – 187). E quando Skeeter va a
casa di Hilly e vede Aibileen, fanno finta di non “conoscersi”:
“Aibileen si muove in modo naturale (…):
impassibile, non lascia trapelare assolutamente nulla. Immagino sia diventata abilissima a nascondere i propri sentimenti”
(pag. 189)
Nel cuore di Aibileen, dunque, ci sono sia
la dolcezza materna (per Mae Bo, che cresce come una figlia) sia l’amarezza per
le ingiustizie quotidianamente subite (“sento un gusto cattivo, amaro, come
quando all’ultimo sorso di caffè ti arrivano in bocca i fondi”, pag. 224),
quell’amarezza di cui, vedremo, parla Padre Luther King in un suo sermone, come
vedremo.
Il Personaggio/4: MINNY
la Chef
La migliore amica di
Aibileen
La torta al cioccolato, il
licenziamento
Celia Foote l'accoglie a braccia aperte
La sua migliore amica è Minny Jackson (interpretata nel film da Octavia Spencer, Premio Oscar come
miglior attrice non protagonista per
questo ruolo: per questa statuetta gareggiava con Jessica
Chastain, collega nello stesso film), nota come la migliore cuoca della città e per il caratterino tutto
pepe. Ha un marito che ognitanto, da ubriaco, la picchia e che si è pentita di
aver sposato. E’ appena rimasta senza lavoro per aver un grave dispetto ad
Hilly, la donna più potente della città, la quale ha sparso la voce che Minny
ha rubato: nessuna sua conoscente l’assumerà. (Noi lettori non sappiamo ancora
che genere di dispetto sia stato in verità: sarà una sorpresa.)
Ma la sua amica Aibileen escogiterà un
espediente per farla assumere dalla nuova arrivata Celia Foote.
Il giorno dopo la cacciata, Minny si
presenta all’ex padrona fingendo in un primo momento di essere venuta a
chiederle scusa, recando in mano una torta-regalo “al cioccolato”. Hilly non resiste
e se ne mangia due fette subito.
Quando arriva sua madre, Missus Walters
(nel film interpretata dal Premio Oscar Sissy Spacek), un’anziana smemorata mal
sopportata dalla figlia, e ne chiede una fetta, Minny la ferma: No, no, signora,
è una torta speciale appositamente ed esclusivamente per la signora Hilly.
La torta-regalo di Minny |
E qui il
colpo di scena: “Sta mangiando la mia m…., signora” (il racconto alle pagg. 396 –
397). Allora “Missus Walters scoppia a ridere: ride così forte che quasi cade
dalla sedia. Dice: “Bene, Hilly, direi
che hai avuto quello che ti meriti. E, se fossi in te, non andrei in giro a
spettegolare su Minny, altrimenti in città sarai conosciuta come la signora che
ha mangiato due fette di merda di Minny” (pag. 397). Allora la vendicativa
Hilly spedisce la madre in casa di riposo (lei si vendicherà, vedremo come) e
Minny non ha più chance di lavorare per lei né per i suoi conoscenti.
Quando Minny racconta ad Eugenia durante
l’intervista segreta la storia della “Terribile Porcata” (così la chiama),
decidono d’inserire l’episodio nel libro perché solo così Hilly farà tutto ciò
che è in suo potere per far credere a tutti che quell’anonimo volume non parla
di Jackson. “E se cominceranno a capire, allora lei li porterà su un’altra
strada”: “Nessuno conosce la storia, a parte Hilly e sua mamma e Celia, ma lei
non ha amiche a cui dirlo” (pag. 428)
Il Personaggio/5: HILLY
la Razzista Vendicativa
La promotrice del ddl sui WC
per soli Neri:
“Hanno Malattie diverse,
loro”
È la Nevrotica Ape Regina delle
Casalinghe di Jackson
Hilly (Bryce Dallas Howard) è l’ape regina del gruppo di
casalinghe e la capa della Lega di beneficienza.
Ha un tale disgusto verso le persone di
colore che si fa promotrice di
“un’ordinanza che imponga ad ogni famiglia bianca di avere un bagno separato
per il personale di colore” (pag. 18), un progetto che rientra perfettamente nello spirito delle leggi Crow (a pag. 208
l’elenco completo) e che ad Aibileen “sembra quasi scritto dal Ku Klux Klan”
(pag. 219).
Miss Leefolt un giorno va dalla tata
Aibileen, che racconta il bizzarro dialogo:
“Aibileen, ho una sorpresa per te (…)
Mister Leefolt e io abbiamo deciso di costruire un bagno tutto per te. Proprio
là fuori, nel garage. (…) Meglio, no?”
“Sissignora.”
“Perché non prendi un po’ di carta
igienica e vai a provarlo?
“Miss Leefolt, non è che mi scappa
proprio in questo momento”
(…) Dico quello che lei vuole sentire:
“Da adesso in avanti uso il mio bagno per gente di colore. E poi vado a pulire
molto bene col Clorox il bagno dei bianchi” (pagg. 41 – 42).
Quando la padrona le dice che è stato suo
marito a crearle il bagnetto, lei deve risponderle “Grazie, signora” perché
questo è ciò che lei vuol sentirsi dire (pag. 136).
Hilly è ossessionata da questa presunta
questione sanitaria, come capta Aibileen da una sua conversazione con Miss
Leefolt:
“Vedi, è questo che non capisco. A nessuno piace sedersi su un water dove si
è seduto uno di loro”
“E’ comprensibile” fa Miss Leefolt (…)
“Aibileen, sei contenta di avere un
gabinetto tutto per te, vero?”
“Sissignora”. Continua a parlare del
bagno anche se ormai è lì da sei mesi.
“Separati ma uguali” dice
Miss Hilly a Miss Leefolt.
“E’ questo che sostiene il governatore. (…) Aibileen, a te piacerebbe andare in una scuola di tutti bianchi?
“Nossignora”
Ma poi penso: perché? Perché devo stare a
dire che ha ragione? Prendo fiato, col cuore che mi batte forte, e poi dico,
più gentile che posso: “Non in una
scuola piena solo di bianchi, ma in una dove stanno insieme i bianchi e i neri”
(…)
“Ma Aibileen, i neri e i bianchi sono
talmente…diversi.” Arriccia il naso. Certo che siamo diversi! Tutti sanno che neri e bianchi non sono uguali,
ma siamo sempre persone! Cavoli, ho sentito che anche Gesù aveva la pelle
scura, col fatto che viveva nel deserto (pagg. 222 – 223)
Quando
questo circolo di amiche parla dei Kennedy, si riferiscono solo al nuovo abito
di Jacqueline, non certo ai discorsi profetici del Presidente (pag. 15): come vedremo, Lady Bird Johnson sarà una First Lady molto diversa e non muta come Jackie. E quando parlano di
“politica”, parlano del progetto locale dei bagni di Hilly.
Un giorno Hilly scopre la cartella
segreta lasciata dimenticata da Eugenia e capendo che è d’idee integrazioniste,
le fa il vuoto attorno: “Non posso avere nel mio giro amiche che sostengono i
negri” (pag. 223). E arriva la resa dei conti:
“Tu non sei un politico. Skeeter Phelan.”
“Se è per questo neppure tu, Hilly”
“Io sto per diventare la moglie di un
politico, a meno che tu non ti metta di mezzo. Come fa William a venire eletto
a Washington un giorno se nascondiamo amici integrazionisti nell’armadio?” (on
the closet, nell’originale americano, stessa espressione per indicare
l’omosessualità tenuta nascosta, pag. 245)
E ribadisce
ancora una volta il suo disgusto all’idea del contatto coi neri:
“Vuoi
che quelli là entrino nelle nostre piscine? Che tocchino tutto con le loro mani
nei nostri negozi?” (pag. 246)
C’é un altro scontro fra le due quando Hilly
organizza una serata di beneficienza pei bambini africani ma vuole espellere
Eugenia per le sue idee integrazioniste, come racconta Eugenia:
“A proposito, Hilly. A chi vanno i soldi che si raccolgono con le torte?”
“Ai bambini poveri e affamati dell’Africa.”
Aspetto che colga il
paradosso: lei vuole mandare soldi ai negri dall’altra parte dell’oceano, ma
non a quelli dell’altra parte della città” (pag. 332)
Un’ex domestica scrive ad Eugenia la sua
testimonianza dal penitenziario ove è rinchiusa a causa di Hilly. Lei e suo
marito avevano risparmiato dieci anni per poter mandare all’università uno dei
due figli, entrambi studiosi e meritevoli. “Ma
noi avevamo soldi solo per uno di loro, e – le chiedo- come si fa a scegliere
chi dei tuoi gemelli va all’università e chi ad asfaltare strade?” (pag.
295). Aveva chiesto un prestito d’onore a
Hilly ma lei si è rifiutata: “Ha detto
che un vero cristiano non fa la carità a chi sta bene e può lavorare, che è
più giusto lasciare che se li risolvano da soli i problemi” (pag. 298).
IL PRESTITO NEGATO. La domestica di Hilly le chiede un prestito d'onore per far studiare uno dei suoi figli meritevoli: le viene negato. |
Ammette
di avere derubato la sua padrona, Hilly, di “un brutto anello che non ha mai
messo”, e di cui si sentiva in credito viste le angherie subite, per poter
saldare la parte restante della retta. Ma è stata scoperta da Hilly e ora nessuno
dei due figli andrà all’università. Non solo, ma il tribunale le ha imposto un
risarcimento che ammonta al totale dei risparmi. Eugenia capisce di quale
anellaccio parli: un finto anello che ha scoperto non essere un vero rubino, ma
solo un granato di scarsissimo valore. Eugenia è arrabbiata. Chiede a
Pascagoula se possa fare qualcosa: dice di poter chiedere al padre benestante di
procurarle un avvocato bianco. Ma Pascagoula risponde che il difensore di
questa donna era bianco! E’ stato un processo di 15 minuti finito prim’ancora
di iniziare.
Il bagno di casa di Hilly |
Un giorno, succede l’irreparabile:
Eugenia dice di aver avuto una svista freudiana e nell’annuncio del giornalino
della Lega femminile ove deve riferire dell’iniziativa di Hilly, anziché
scrivere di portare i vestiti, scrive “water”. E Hilly, con propria grande
vergogna, si ritrova il giardino pieno di water (pagg. 340 – 341)! In realtà,
come Eugenia ci spiegherà dopo, è stata lei a pagare i fratelli di Pascagoula
affinché recuperassero da una discarica dei wc e li mettessero di notte sul
giardino dell’ex amica (pag. 404). La foto della villetta di Hilly rimbalza sui
giornali di tutta l’America: Eugenia se la ride, Hilly giura vendetta.
Ma cosa impedisce ad Hilly la compassione
ed il perdono (nel film, Aibileen le chiede -guardandola dritta in faccia- se
non sia fisicamente stanca di continuare ad odiare)?
Probabilmente, il suo non lavorare e il
suo sfruttare come schiave le sue domestiche: la sua noia.
Secondo, la sua smania di primeggiare,
essere sempre l’ape regina delle casalinghe, e le sue velleità politiche (la
proposta di legge sui wc per neri); a causa di questa ambizione sfrenata di
essere sempre lei la prima, non prova sentimenti di gratitudine bensì ostilità
ossessiva: contro Celia Foote (perché l’ex fidanzato ha scelto lei) contro i neri (grazie al cui lavoro invece lei
può dedicarsi alle sue attività di pubbliche relazioni).
Il Personaggio/6: CELIA
FOOTE, Dolce e Sexy
Stringe Amicizia con la sua
tata Minny
Che le dà Lezioni di Cucina
(clandestine)
Minny la salva dall’ennesimo
aborto spontaneo,
Celia la salverà da un
maniaco sessuale
Celia Foote è interpretata nel film dalla
rossa Jessica Chastain, qui tinta di biondo e quasi irriconoscibile. La
Chastain (già vista nel filosofico film “Tree
of Life” con Brad Pitt di Terrence Malick) è un’attrice impegnata
nell’associazione non profit “To Write Love on Her Arms” che si occupa
delle donne cadute in depressione (tema del film “Mi piace lavorare” con Nicoletta Braschi) e della prevenzione del
suicidio, a cui aderisce anche per l’esperienza di una sorella suicida (cfr. la
storia della psichiatra americana che ha dedicato
il suo libro sul disturbo bipolare all’amico suicida: http://lelejandon.blogspot.it/2013/12/il-segreto-della-felicita-e-la.html).
In The
Help é una neosposina molto carina e una bomba sexy appena arrivata in
città ed è già antipatica all’intero gruppo di casalinghe per la semplice
ragione che è odiata da Hilly, la leader di cui sono tutte succubi gregarie. Qual
è l’origine di quest’odio? Johnny Foote,
il bel marito di Celia (interpretato dal biondo Mike Vogel, ex modello, popolare attore di serial Tv), lasciò Hilly per lei e lei se l’è legata al dito.
Celia vive alla periferia di Jackson, è
bionda ossigenata, maggiorata, molto truccata e veste tutta attillata tutti i
giorni (persino per stare in casa), insomma ha un look da sexy pin up e
rassomiglia al sex symbol Marilyn Monroe (1926 - 1962): le donne la giudicano “volgare”. In realtà, è
l’unica nobile di sentimenti e la più pura. E’ buffa, priva di malizia ed è l’unica, assieme ad Eugenia, ad essere
animata da un sentimento di equanimità con cui tratta la sua domestica
Minny.
Aibileen riesce a fare assumere l’amica presso
di lei inventando un’astuta balla: finge che la sua padrona Miss Leefolt le ha
detto di riferire a Celia che le raccomanda tanto la buona Minny (delle dicerie
sul cui conto Celia non sa nulla, dal momento che non frequenta nessuna in
città) ma di non dire in giro che è stata lei a suggerirgliela “perché tutte le
sue amiche la vogliono assumere e si arrabbiano come matte se sanno che lei
l’ha passata a qualcun altro” (pag. 38). E Celia: “Mantengo il suo segreto se lei mantiene il mio. Non voglio che mio marito sappia che assumo una domestica” (pag. 38). Appena Minny entra in casa, lei la tratta da eguale: “Accòmodati, ti porto da bere” (pag. 44). “E’ la prima volta nella vita che incontro una bianca che mi dice “Accòmodati” (pag. 45). E’ scalza, tutta coperta in faccia di
farina nel disperato tentativo di riprodurre una torta vista su una rivista. La
sua casa è sita in periferia, grande e tenuta sporca perché Celia non è capace
di fare le pulizie come si deve.
La
cosa buffa è che nessuna delle due, Celia e Minny, crede di essere voluta
dall’altra. Nel film, si
vede lei che, agitando una bottiglietta di vetro della Coca Cola, la fa
schizzare fuori tutta in un impeto di gioia dopo che Minny si dichiara pronta
ad accettare il nuovo incarico. Se Hilly la pagava ad un dollaro l’ora, Celia
gliene dà due. Celia è generosa ed assume Minny ad una condizione: dovrà
andarsene un’ora prima che il marito torni, per prudenza.
Minny vive sempre in
allerta e in ansia pensando: “Cosa succede se Mister Johnny viene a casa trova
una negra nella sua cucina? (…) Prende quella pistola e spara” (pag. 50), per
via dei pregiudizi razziali, secondo cui i ladri sono neri. Celia si apre subito con naturalezza a
Minny. Le racconta di essere nata e cresciuta in una città molto povera, in una casa senza elettricità (pag. 57). Minny pensa fra sé: “Non avevo mai conosciuto un
bianco in una situazione peggiore della mia”. Celia non fa la padrona, è
gentile, e vuole ogni giorno sedere a tavola a pranzare con lei (pag. 257).
E’ gioiosa del fatto Minny le insegni a
cucinare, facendo poi credere al marito di essere lei la cuoca dalle mani
d’oro:
“Secondo lei, non si accorgerà che
all’improvviso mangia meglio?”
“Oh, non ci avevo pensato! Magari
dovremmo bruciacchiare un po’ il pollo.”.
Ma dietro tutti
i suoi sorrisi cordiali, questa neosposina nasconde qualcosa “e non sembra per
niente felice” (pag. 59), intuisce bene Minny.
Anche Celia si preoccupa per Minny: “E tu? Tu sei felice, Minny?” (pag. 64).
“E’ tipico dei bianchi stare sempre lì a chiedersi se sono abbastanza felici”, pensa la domestica. Chiaro che Minny pensa
anzitutto se abbia il necessario: un lavoro sicuro, una casa. Perché è facile
perderli.
Finalmente Celia le rivela il mistero del
perché stia sempre a casa: “Ho spesso un incubo, sogno che devo tornare a
vivere a Sugar Ditch. Per questo sto distesa tanto tempo, perché di notte non
dormo bene” (pag. 65). Ma Minny pensa ci sia dell’altro, dato che non esce più
neanche a ritirare la posta (pag. 257): o è ammalata nel corpo o nella mente,
conclude.
Minny non vede l’ora che Celia dica a suo
marito di aver assunto una domestica, perché ha paura. Quando Celia le chiede
la torta al cioccolato, lei (ricordando la famosa chocolate pie) dice di non saperla fare!
La scena buffa è quando un pomeriggio
Johnny Foote rincasa prima e trova solo la tata che è terrorizzata. Lui la
rassicura:
“Minny, tranquilla. Va benissimo che tu
sia qui. Licenziarti?” Si mette a ridere. “Tu sei la cuoca migliore che abbia
mai conosciuto. Guarda cosa mi hai fatto!” Abbassa gli occhi sull’inizio di
pancetta. “Per la miseria, non mangiavo così dai tempi di Cora Blue. Praticamente è stata lei a crescermi”
Minny: “So chi è i suoi figli venivano
alla mia chiesa”
“Mi manca tantissimo” (pag. 168)
Poi Johnny le chiede consulto sul perché
sua moglie non sembri felice. Minny gli racconta che non vede nessuno fuori
casa. E lui le chiede: “Non dire che ci siamo incontrati. Voglio che sia lei ad
affrontare l’argomento, quando si sente pronta” (pag. 169). Bene, il problema è
ciò che propone dopo: dice di voler far fare amicizia fra Celia e Hilly. Se
Hilly entrasse in casa (cosa improbabile), scoprirebbe che è stata lei ad aver
assunto la sua odiata ex domestica della famosa torta al cioccolato e si
scoprirebbe anche la balla della raccomandazione.
La
cosa interessante è il punto di vista di Minny rispetto a Celia: la chiama fra sé “quella svampita”,
critica dentro di sé il suo abbigliamento da “battona” (così si esprime), insomma Minny stessa ha
interiorizzato gli stereotipi e le aspettative sociali sulla maniera di vestire
delle donne. Commenta così il suo modo di fare allegro: “Miss Celia dice il suo
numero di telefono in un modo che pare la pubblicità di uno straccio per
pavimenti” (pag. 255).
Minny disapprova questa mancanza di
confini a cui lei stessa si è abituata: paradossalmente. Pensa:
“Mi chiedo come ha fatto ad arrivare
tanto avanti nella vita senza rendersi conto che ci sono dei confini. Si siede a pranzare con me tutti i santi giorni
da quando ho cominciato a lavorare qui. E non dico nella stessa stanza, ma allo stesso tavolo. Tutte le bianche per
cui ho lavorato mangiavano in sala da pranzo il più lontano possibile dalla
donna di servizio di colore. E a me stava benissimo. “Ma perché? Io non ho
voglia di mangiare di là tutta sola quando posso mangiare qui con te” ha detto
lei. Non ho neppure provato a spiegarglielo. Su tante cose Miss Celia è
semplicemente ignorante.” (pag. 257)
“Sai, Minny, sono fortunata
ad averti per amica.”
Sento un profondo disgusto
salirmi nel petto. Abbasso il giornale e la guardo. “No, signora. Noi non siamo
amiche.”
“Ma…certo che sì” Sorride. Forse è
convinta di farmi un favore” (pag. 267)
Insomma, Minny ha interiorizzato le
distanze talmente tanto che non può credere che una donna sia così genuina da
provare senso di amicizia nei suoi confronti. Celia può essere così priva di
pregiudizi perché non è cresciuta in un ambiente che ha creato queste distanze
sociali, proviene invece da un mondo dove regna l’eguaglianza nella povertà, e
questa sua origine non la nasconde a Minny. Le chiede perché non la consideri
sua amica:
“E’… perché tu sei di colore, oppure
perché…tu non vuoi essere mia amica?”
“Per un sacco di ragioni, e anche il
fatto che lei è bianca e io di colore c’entra di sicuro.”
Adesso non sorride più. “Ma…perché?”
“Perché quando dico che mi è scaduta la
bolletta della luce, non significa che le chiedo dei soldi”
“Oh, Minny…”
“Perché lei non mi fa neppure la
gentilezza di dire a suo marito che io lavoro qui. Perché mi fa diventare pazza
che stia in casa ventiquattr’ore al giorno”
“Ma tu non capisci. Io non posso. Non
posso uscire” (pag. 267)
Un giorno, Minny trova Celia chiusa in
bagno (pag. 274 sgg.) e qui dalla commedia si passa al dramma. Sono momenti di suspence sinché non riconosce un feto
morto nel wc: é l’ennesimo aborto spontaneo, le rivela Celia. Quando questa le
dice: “Speravo che rassomigliasse a Johnny”, Minny risponde tradendosi: “Mister
Johnny è un gran bell’uomo, con dei bei capelli…”, e a questo punto Celia le
chiede: “Come lo sai?” e Minny racconta il segreto fra lei e Mr Johnny. La cosa
buffa è che Celia le chiede di continuare a fingere di non sapere che Celia
sappia!
Un giorno Minny si presenta al lavoro con
un livido, e Celia vorrebbe farla curare
dal suo dottore, ma Minny la informa che i medici bianchi non curano i neri
(pag. 358). Minny le rivela che è stato il marito che la picchia per il solo
gusto di farlo:
“Un sacco di neri abbandonano la famiglia come spazzatura in una discarica, ma una donna non lo fa. Noi dobbiamo pensare ai figli” (pag. 366)
“Un sacco di neri abbandonano la famiglia come spazzatura in una discarica, ma una donna non lo fa. Noi dobbiamo pensare ai figli” (pag. 366)
La cucina di casa di Celia |
“Sembra quasi che ti ci sei affezionata.”
“E’
che non li vede proprio i confini. Tra me e lei, o tra lei e Hilly.”
Aibileen prende una lunga sorsata di tè.
La guardo. “Come mai taci? Lo so che hai un’idea precisa.”
“Perché se no mi accusi di fare della
filosofia.”
“Dài, non mi spaventa certo la
filosofia.”
“Mica vero.”
“Cioè?”
“Tu parli di cose che non esistono.”
Scuoto la testa. “Non solo esistono i confini, ma tu sai bene quanto me dove bisogna
tracciarli.”
Aibileen fa segno di no. “Io ci credevo prima, ma ora non più. Sono
solo nella nostra testa. Quelli come Miss Hilly cercano di farci credere
che ci sono, e invece no.”
“Io lo so che ci sono, e infatti ti
puniscono se li superi. Almeno, a me succede così.”
“Un sacco di gente crede che se rispondi
mali a tuo marito superi il confine, e quindi la punizione è giustificata. Ma
tu ci credi a questo confine?”
Arrabbiata, abbasso gli occhi sul tavolo.
“Sai benissimo che non ci credo.”
“Infatti il confine non c’è, tranne che
nella testa di Leroy. Neanche i confini tra neri e bianchi esistono: certa
gente se li è inventàti molto tempo fa. E questo vale anche per le poveracce
bianche e le signore importanti” (pag. 367)
Celia, depressa, chiede a Minny perché tutte
le concittadine la isolino: “Non si sono neppure degnate di invitarmi a
entrare. Mi hanno tenuto sulla porta come un venditore di aspirapolvere.
Perché, Minny?”. (Nel film la vediamo arrivare con una torta in mano a casa di
Hilly e lei ha la diabolica trovata di ordinare a tutte le presenti di
abbassarsi per non farsi vedere dal vetro della porta).
Minny le spiega il motivo: che quando
rimase incinta la prima volta e Johnny si mise insieme a lei, aveva da poco
lasciato Hilly con cui stava da un bel po’. Celia pensa: “Quindi…forse Hilly
pensa che io facessi la stupida con Johnny mentre stavano ancora insieme” (pag.
372).
E si propone di dare le sue spiegazioni ad Hilly alla serata. Arriva la serata sociale della charity e Celia naturalmente indossa un abito sexy scollato rosa shocking: mariti eccitati e mogli gelose ed invidiose. Minny disapprova: “Alle feste di beneficienza non ha mai visto neppure un gomito nudo, figuriamoci petto e spalle” (pag. 374). In effetti, Celia dice al marito: “Johnny, pensi che mi sia agghindata un po’ troppo? L’invito diceva “abito da sera”, ma queste ragazze sembrano tutte vestite per andare in chiesa.” L’adorabile marito le lancia un sorriso solidale: “Sei favolosa. Se senti freddo, però, puoi mettere sulle spalle la mia giacca” (pag. 378).
E si propone di dare le sue spiegazioni ad Hilly alla serata. Arriva la serata sociale della charity e Celia naturalmente indossa un abito sexy scollato rosa shocking: mariti eccitati e mogli gelose ed invidiose. Minny disapprova: “Alle feste di beneficienza non ha mai visto neppure un gomito nudo, figuriamoci petto e spalle” (pag. 374). In effetti, Celia dice al marito: “Johnny, pensi che mi sia agghindata un po’ troppo? L’invito diceva “abito da sera”, ma queste ragazze sembrano tutte vestite per andare in chiesa.” L’adorabile marito le lancia un sorriso solidale: “Sei favolosa. Se senti freddo, però, puoi mettere sulle spalle la mia giacca” (pag. 378).
Un amico di Johnny gli dice: “Passare da
Hilly a Celia dev’essere stato un bel salto, Johnny. Come trasferirsi alle
Hawaii dopo tutta una vita in Antartide” (pagg. 384 – 385).
Ecco che, dopo averla inutilmente
rincorsa tutta la serata (Hilly fugge perché non vuole parlarle), finalmente
Celia la sorprende alle spalle ma, maldestra e brilla, le stacca di netto il
polsino dell’abito. E qui, fatalità quando tutti fanno silenzio, grida: “Ma io sono
rimasta incinta dopo che vi siete
lasciati…”. Poi, vomita sul tappeto. Ma c’è un altro colpo di scena: Hilly
sente pronunziare il suo nome: ha vinto la torta al cioccolato di Minny...Ma
come, lei non ha mai fatto un’offerta! Sorpresa, è la madre (il Premio Oscar
Sissy Spacek nel film) ad essersi vendicata (molto divertente la scena nella
versione cinematografica):
“Sei stata tu a mettere il mio nome?”
“Magari non ricordo come mi chiamo o in
quale paese vivo, ma te e quella torta non vi dimentico di sicuro”
“Tu, vecchia, inutile…” (pag. 389)
"To Write Love on Her Arms", l'associazione in cui è impegnata Jessica Chastain, si occupa della prevenzione del suicidio e della depressione delle donne. |
Il giorno seguente, Minny è una donna
cambiata. Dà uno scapaccione alla figlia che prende in giro Celia (non si parla
d’altro, in città): “Che non ti senta mai più parlare male della signora che ti
dà da mangiare” (pag. 391). Poi corre a casa di Celia a consolarla: lei è a
letto depressa, perché sa che dopo la scenata alla charity non riuscirà mai a farsi amici in città. Le è giunta la
letterina al vetriolo di Hilly: “Anziché rimborsarmi per il vestito che mi hai
strappato, noi della Lega saremmo liete di ricevere una donazione per non meno
di duecento dollari.” E l’invita a starle lontana come persona non gradita
(pag. 392). Celia si confida con Minny: “Il modo in cui mi ha guardato quella
Hilly…come se non fossi niente,
spazzatura abbandonata per strada.” E Minny la consola come Constantine
aveva consolato Eugenia: “Non deve giudicarsi con gli occhi di quella donna.”
(pag. 393). E qui rivela a Celia la storia della torta: “Lo so che non è stato cristiano
(…) ma fare una cattiveria a quella donna mi è sembrata una cosa giusta” (pag.
395). Celia la sta a sentire, capisce, e poco dopo Minny trova un assegno di
duecento dollari con suscritto il nuovo soprannome che le ha affibbiato: “Per
Hilly Duefette” (pag. 399)! Insomma, anche Celia ha ottenuto la sua piccola
vendetta. Celia racconta a Johnny dei bambini perduti e lui prende le mani di
Minny: “Minny, l’avrei perduta se non fosse stato per te. Grazie a Dio c’eri tu
(…) Tu avrai sempre un posto qui da noi, Minny. Per tutta la vita, se vuoi.”
(pag. 470).
Il Finale: il Successo
del Libro
(ed anche il Romanzo della
Stockett
sarà un Bestseller Mondiale)
Il romanzo viene recapitato a New York
giusto in tempo e viene pubblicato col titolo The Help. A Jackson non si parla d’altro. Un giorno, Eugenia (dopo
che le è stato fatto il vuoto attorno per ordine di Hilly), è avvicinata da una
signora: “Penso che dovresti sapere quello che Hilly dice in giro. Sostiene che
sei stata tu a scrivere quel libro (…) Se l’hai scritto tu, voglio che tu
sappia che non licenzierò mai Louvenia”, la sua tata che Hilly le ha ordinato
di mandare via. E questo perché la tata le dà man forte nella cura della sua
depressione per cui è in cura (pagg. 485 – 486). Aveva riconosciuto nel romanzo
di Eugenia la propria storia per un episodio di solidarietà alla domestica.
Eugenia pensa fra sé: “Non si sa mai abbastanza
delle persone”, penso. Non era questo lo scopo del libro? Far capire alle
donne: “Siamo semplicemente persone, e non sono molte le cose che ci separano.
Molte meno di quanto si pensi” (pag. 486). E visto il successo del romanzo come
promesso Eugenia divide i guadagni con le donne che hanno collaborato con lei e
fa la libera scelta di trasferirsi nella città delle grandi opportunità, a New
York, a lavorare ad un giornale come giornalista, come desiderava.
Lieta notizia anche per Aibileen: Eugenia
ha convinto il suo editore del giornale a sostituirla nella rubrica di economia
domestica, dopo avergli rivelato che è sempre stata lei a suggerirle le
risposte (pag. 504).
Intanto, la stessa Aibileen viene
licenziata in tronco con la falsa (e classica) accusa di avere rubato: Hilly ha
dato preciso ordine a Miss Leefolt. Quando la piccola lo capisce, lei pensa:
“Non
posso dirle: “Mi hanno licenziato”, perché non voglio che dia la colpa a sua
mamma e le cose tra loro peggiorino ancora di più. “E’ venuto il momento di
andare in pensione. Tu sei la mia ultima bambina” La lascio piangere un
minuto sul mio petto, e poi le stringo di nuovo la faccia tra le mani.
“Piccolina, te lo ricordi quello che ti ho detto?” “Di pulirmi bene il culetto
quando ho finito?” “no, tesoro, quell’altra cosa. Su chi sei tu.” (…) E poi
dice quello che ho bisogno di sentire: “Tu sei gentile. Tu sei intelligente. Tu
sei importante.” (pag. 513)
Il libro viene ristampato in tante copie:
in città non si parla d’altro e ad Hilly spunta un eczema come espressione
psicosomatica del suo nervosismo e paura che la storia della chocolate cake divenga di dominio
pubblico. Hilly continua a ripetere, persino gridando, che quel “libro
spazzatura” non è su Jackson. Una delle signore della città si riconosce nella
storia e accusa la cameriera ma è impotente: “Se Hilly non continuasse a dire
che Jackson non c’entra, ti licenzierei così in fretta da farti girare la
testa. (…) Non posso licenziarti, altrimenti tutti capiscono che il capitolo
dieci sono io” (pagg. 502 – 503).
Quanto a Minny, suo marito viene
licenziato e il suo capo gli dice che è per ordine del marito di Hilly. Eugenia
la convince a lasciarlo per essere una donna libera. Quando Hilly va a
minacciarla di denunciarla e mandarla in carcere per le sue rivelazioni, lei
risponde a tono:
“Miss Hilly”. Lo dico forte e chiaro, e
lei si ferma. Scommetto che sono dieci anni che nessuno la interrompe.
“Io so qualcosa di lei, ed è meglio che
non se lo dimentichi. Da quello che so, in prigione c’è un mucchio di tempo per
scrivere lettere (…). Un sacco di tempo, e la carta è gratis.”
“Nessuno crederebbe mai a quello che puoi
scrivere tu, negra.”
“Può darsi, ma mi hanno detto che sono
piuttosto brava a scrivere” (pag. 511)
****
APPROFONDIMENTI
Il Disgusto contro i
Neri:
Bagni, Posate, Bicchieri e
Tavoli Diversi
Il disgusto irrazionale contro i neri si
vede per esempio nell’espressione tipicamente schifata di Hilly che “arriccia il naso” quando Aibileen le risponde che sogna una
scuola ove bianchi e neri stanno insieme (pag. 223) e quando uno degli
operai in giardino da Miss Leefolt chiede ad Aibileen un bicchier d’acqua e la
tata, anche se la padrona non c’è, gli dà un bicchiere usa-e-getta: “Vado a
prendere un bicchiere di carta. (…) So
che Miss Leefolt non vuole che gli dia un bicchiere di vetro” (pag. 30).
Minny racconta che uno degl’insegnamenti
di sua madre era questo: “Non farti mai trovare dalla Signora Bianca seduta sul
suo water. Non m’interessa che scoppi che ti sembra che stia per uscirti dalle
trecce. Vai nel bagno che lei non usa
mai” (pag. 52). Altra regola per
evitare licenziamenti: “Quando cucini per i bianchi, assaggia con un cucchiaio
diverso. Ti porti il cucchiaio alla bocca quando pensi che nessuno ti veda
e lo rimetti nella pentola, e poi ti ritrovi in mezzo alla strada.” Altra
regola per non suscitare la reazione schifata dei bianchi: “Usa lo stesso
bicchiere, la stessa forchetta, lo stesso piatto ogni giorno. Tienili in un
armadietto a parte e dì alla bianca che d’ora in poi tu usi soltanto quelli”
(pag. 53).
****
Il Libro e lo Spunto per
esaminare i Casi Estremi di Cronaca:
Ergastolo per la Coppia Omofoba
che torturò a morte bimbo
di 8 anni:
"Giocava con le Bambole"
Magic Johnson con la sua famiglia: l'ex cestista ha dichiarato il massimo sostegno e orgoglio da parte sua e della moglie per il figlio gay. |
Nel libro, oltre al passo ove la mamma di
Eugenia vorrebbe curare la figlia perché la crede disinteressata agli uomini, c’è un altro passo ove si parla di com’era
trattata l’omosessualità all’epoca: lo racconta Aibileen a proposito del
dolore di non poter intervenire (pena il licenziamento) ai maltrattamenti
contro John Green Dudley da parte del padre e il rimpianto di non avergli
insegnato che non c’era nulla di cattivo nella sua inclinazione.
“Quando
ha cominciato a mettersi le gonne a ruota di sua sorella e lo Chanel numero
5, allora ci siamo preoccupati tutti. Il
papà portava il piccolo in garage e lo
frustava con un tubo di gomma per cercare di fare uscire la femmina che c’era
dentro di lui, finché io non ce l’ho più fatta. Appena tornata a casa, ho
quasi soffocato Treelore da quanto l’ho abbracciato stretto stretto. Quando
abbiamo cominciato a lavorare sulle storie, Miss Skeeter mi ha chiesto qual è
stato il giorno più brutto che mi ricordo come domestica. E’ stato ogni giorno
dal 1941 al 1947, quando davanti alla porta con la zanzariera aspettavo che
finissero le botte. Come mi dispiace non
aver detto a John Green Dudley che non ci va all’inferno, che non è un mostro
perché gli piacciono i maschi. Come mi dispiace non avergli riempito le
orecchie di cose buone come sto cercando di fare con Mae Mobley.” (pag. 337)
Quest’episodio ci riporta ai casi estremi
di cronaca del giorno d’oggi: una donna
ed il suo compagno, latinos, sono
stati condannati all’ergastolo per aver
ucciso di torture il figlio di otto anni nel maggio 2013 a Palmdale (nella
California ove le famiglie omogenitoriali sono tante). Giocava con le bambole e loro, disgustati dalla presunta omosessualità,
l’hanno picchiato e torturato a
morte: colpito con mazze da baseball, frustato con cinture, costretto a
mangiare feci del gatto, oltre a spruzzargli addosso spray al peperoncino e a chiuderlo
nell’armadio. Il personale del 911 ha trovato il bambino col cranio fracassato
e le costole rotte. Il bambino viveva col nonno materno, e furono i servizi
sociali a riportarlo dalla madre snaturata, nonostante avessero rinvenuto un
biglietto in cui il bimbo manifestava il proposito di uccidersi. I due hanno
confessato per evitare la pena di morte.
IL FENOMENO. Un gruppo di ragazzi afroamericani senzatetto: sono stati cacciati di casa dai loro genitori perché gay. |
Nel 2011 un 27enne, santone poligamo di
una setta fanatica (autoproclamatisi ebrea fondamentalista) del North Carolina,
ha sparato a morte in testa al figlioletto di quattr’anni con l’aiuto della
madre, anche in questo caso per la sua presunta omosessualità: il bimbo, Jaden
Higganbothan, giocava troppo fisicamente coi coetanei maschi, toccando loro il
sedere.
Altra violenza omofoba proviene da una
coppia, ancora del North Carolina, che ha rinunziato all’educazione e all’amore
incondizionato della figlia 16enne, April, data in adozione con l’appoggio
della chiesa locale, perché gay.
Di contro a tali violenze snaturate
ispirate dal disgusto omofobico, che sono comunque casi estremi (e per questo
fanno notizia), ci sono padri di omosessuali come Magic Johnson: l’ex campione di basket afroamericano ha dichiarato
che lui e la moglie sostengono in ogni modo il figlio gay EJ e sono fieri di
lui.
****
I Famosi del
Mississippi:
Il Nobel Faulkner, e due
Medaglie Presidenziali della Libertà:
il Pulitzer Eudora Welty e
Tennessee Williams
Di qui anche Elvis Presley
e B.B. King
ed i Premi Oscar Oprah
Winfrey e James Earl Jones
La scrittrice nell’appendice del romanzo The Help tiene a ricordare i suoi
conterranei famosi (pag. 524) per mostrare che il Mississippi non ha avuto solo
il razzismo, ma ha dato i natali anche a persone che hanno fatto la differenza.
Analogamente, Padre Martin Luther King in
un suo sermone menzionerà tutti i Big
neri connazionali, a dimostrazione che aveva ragione la tata Aibileen a proposito
della menzogna dell’inferiorità razziale dei neri americani (pag. 455).
Del Mississippi sono originari i seguenti
scrittori: il Premio Nobel per la Letteratura William Faulkner (1897 – 1962), di New Albany; il Premo Pulitzer Eudora Welty (1909 – 2001), Medaglia
Presidenziale della Libertà, che era proprio di Jackson (come Faith Hill e la
cui casa natale è oggi un museo); e Tennessee
Williams (1911 – 1983), anch’egli Medaglia Presidenziale della Libertà
(massima onoreficienza degli USA).
Altri americani famosi di questo Stato
sono i seguenti cantanti: il mito rock
and roll (che fuse il country
bianco ed il nero rhythm and blues) Elvis Presley (1935 – 1937), di Tupelo,
il cantautore e chitarrista blues B.B. King (Itta Bene 1925) e la
cantante country Faith Hill (1967), di Jackson come Eudora Welty.
Sono infine del Mississippi i seguenti
premi Oscar: il Premio Oscar umanitario Oprah
Winfrey (Kosciusko 1954), che è stata per tanti anni conduttrice Tv di un
programma estremamente popolare ed influente, ed l’attore Premio Oscar alla
carriera James Earl Jones (Arkabutla
1931).
Altri famosi sono il regista e produttore
Jim Henson (1936 - 1990), di Greenville,
e Craig Claiborne (1920 – 2000),
di Sunflower, che fu editorialista e critico culinario del “New York Times”.
Una Lettura Teologica
del Romanzo
La “Via Creativa” di Eugenia
E quel Pranzare Assieme di
Celia,
Johnny e Minny che crea il Cerchio:
Johnny e Minny che crea il Cerchio:
Il romanzo mostra bene due
delle vie di Matthew Fox: la Via Creativa
e la Via Transformativa sono due
delle quattro “Vie” che il teologo contemporaneo (ex sacerdote domenicano, ora
episcopaliano) indica come tappe di una spiritualità adulta (“Creatività. Dove l’umano e il divino
s’incontrano”, Fazi editore, Roma 2013, cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2013/12/il-segreto-della-felicita-e-la.html):
1)
Via Positiva: lo stupore filosofico tipico del bambino che guarda il mondo
con meraviglia, amare e studiare e scoprire. “Lo studio è componente essenziale
per resistere al cinismo”, come il cinismo contro le persone di colore nel
Mississippi del romanzo. Eugenia è proprio fresca di studi e vuole studiare
approfonditamente la condizione interiore delle domestiche e perciò le
intervista per conoscere le loro storie;
2) Via Negativa: l’esperienza del dolore
morale (il lutto per la scomparsa di Constantine e il dolore morale per il
tradimento della madre che l’ha cacciata);
3) Via
Creativa (cfr. sermone 2 MLK): la creatività è “l’essenza della nostra umanità” (pagg. XII, 31, 35, 117). “Ovunque
c’è creatività c’è speranza” (pag. XVI). Eugenia al momento non pensa di pro-creare: progetta e lavora al
libro The Help; Meister Eckhart “insiste
sul fatto che “per Dio è meglio diventare fecondo nella persona” (pag. 79). La
creatività richiede coraggio morale, per superare paure come quella del non
essere conformisti (cfr. sermone 14) ed evitare il vittimismo (cfr. il discorso
di Bill Cosby sotto).
4)
Via Transformativa (cfr. sermone 2 di MLK): mette
questa creatività al servizio del suo scopo più giovevole: la compassione verso
il nostro prossimo per trasformare le cose. Nel caso di Eugenia, scrive il
libro nella speranza di “cambiare le cose”. (MLK
nel sermone 4 dice che la
comprensione è “l’unica forza capace di trasformare un nemico in un amico”, come fece Lincoln scegliendo l’ex
avversario Stanton).
Celia crea un rapporto d’intimità
ed amicizia con la sua cuoca e domestica Minny, partendo dall’abitudine di
pranzare insieme allo stesso tavolo. Nel
film si vede anche Johnny che, galantuomo, fa sedere a tavola Minny che per la
prima volta viene invitata e servita come ospite. Questa tavola crea il
cerchio, quella dimensione ove “gli ultimi saranno i primi e i primi gli
ultimi”, come diceva l’ebreo Gesù. Anch’egli, per far socializzare e far stringere
amicizia alle persone di diverse condizioni sociali, usava questa strategia del
pranzare insieme (cfr. Matthew Fox, “Creatività”,
cit., pag. 106).
****
Il Parallelo Storico che
Vi Propongo:
il Disgusto per le Nozze
Miste ed il Disgusto per le Nozze Gay
Il Paradosso del Contributo
di Cura dato da Infermieri Gay e Tate Nere
e la Mancanza di Diritti di
Coppia a chi è parte integrante della Società
Il Separazionismo Giuridico
anche oggi per
i gay senza vero Matrimonio: “Separati ma Eguali”
i gay senza vero Matrimonio: “Separati ma Eguali”
Ci sono una serie di elementi che ho
individuato per stabilire un parallelo storico di scottante attualità fra la
battaglia della racial equality di
ieri e della marriage equality di
oggi:
-
Il
disgusto irrazionale contro i neri e disgusto contro i gay;
-
Il
conseguente disgusto contro le nozze miste e contro le nozze gay
(con la differenza che i neri già
potevano sposarsi all’interno della comunità: paragone ancora più azzeccato
sono gli Stati del Sud prima della Guerra quando nel 1810 i neri non potevano
sposarsi neanche fra loro, come i gay nel 2010: i razzisti volevano deprivare
gli afroamericani della protezione e della forza della famiglia);
-
Il nascondimento dei veri sentimenti (pag. 189) cui sono costrette le
domestiche nere e quello delle persone omosessuali in alcuni contesti ancora
oggi (in entrambi i casi pena il licenziamento, a seconda del contesto);
La coppia d'innamorati, lei nera, lui bianco, che ha ottenuto il diritto a sposarsi dalla sentenza della Corte Suprema del 1967 (Loving V. Virginia) |
-
Il voler mantenere le distanze, i confini (pag. 222) anche (paradossalmente) da parte dei
discriminati che sono “fuori dal cerchio” costruite dagli avversari intorno
a noi, come quelle persone omosessuali che ancora oggi si auto-ghettizzano
anche inconsciamente: Aibileen dice a Minny di avere mutato idea, che “i confini
(…) sono solo nella nostra testa” (pag. 367);
-
Le
reazioni scomposte di chi covava un pregiudizio razzista a quei tempi, definite
un vero e proprio squilibrio mentale da Edward Franklin Frazier (1894 – 1962)
ne “La patologia del pregiudizio di razza”
citata da Martin Luther King, sono
riscontrabili oggi nell’ “ostilità ossessiva” di coloro i quali dedicano molte
energie per predicare e agire in senso contrario all’estensione dei diritti
civili alle coppie gay, e tale omofobia è definita per esempio da John McNeill
e da Matthew Fox come essa stessa un disturbo mentale;
-
Il paradosso
odioso fra il contributo decisivo
nell’àmbito della cura dato dalle nere dell’epoca e la loro mancanza di diritti
e tra la cura svolta dai gay ad esempio nel campo infermieristico e nell’assistenza
agli ammalati ed il mancato riconoscimento dei loro diritti di coppie
conviventi more uxorio: all’epoca
tutte le domestiche erano nere ma non avevano neanche il diritto di sposare un
bianco; oggi, in una città come Milano, molti infermieri sono gay ma non hanno
nemmeno il diritto di sposare i compagni;
-
Il separazionismo giuridico, espresso con
autocompiacimento e degnazione da Hilly (“separati
ma uguali”, pag. 222) e anche da chi oggi si dice favorevole a stabilire un
istituto separato per le coppie gay, diverso dal matrimonio, fingendo
d’ignorare che lo spirito di eguaglianza è l’esatto contrario della
separatezza. Dinanzi ai 19 stati dell’Europa unita (e 32 degli Stati Uniti) che
hanno esteso il vero e proprio matrimonio alle persone gay, in Italia,
nonostante la maggioranza della popolazione sia favorevole secondo recenti
sondaggi, i politici che si dichiarano apertamente favorevoli al matrimonio
sono rari e il governo è contrario.
All’epoca in cui è ambientato il romanzo
era proibito che un bianco sposasse una nera e un nero una bianca, ossia la miscegenation:
“Per un bianco è contro la
legge contrarre matrimonio con persone che non siano di razza bianca. I matrimoni che
violano questa disposizione verranno
annullati”
(Leggi Crow, da “The
Help”, pag. 208)
Anche
nel regime di apartheid del Sudafrica
(dal 1948) erano proibiti i matrimoni misti (oltre che i rapporti sessuali
interraziali). E’ rimasto celebre un editoriale del “Daily News” di Jackson, la cittadina di The Help, alla storica sentenza della
Corte Suprema del 1954:
“Potrebbe ben essere che il
sangue scorra in molti posti nel Sud a causa di questa decisione, ma saranno
gli scalini di marmo bianco dell'edificio della Corte suprema che saranno
sporcati da questo sangue. Mettere
bambini neri e bianchi nelle stesse scuole porterà al meticciato, il
meticciato porterà ai matrimoni misti, e
i matrimoni misti porteranno
all’imbastardimento della razza umana”.
E si pensi ad oggi quando certi Prefetti italiani
annullano la registrazione (da parte dei sindaci) di regolari matrimoni gay di
concittadini italiani celebrati all’estero.
Scrive la Nussbaum in Hiding from Humanity (Princeton
University Press 2004) che tale
“disgusto per le nozze miste (disgust
at miscegenation) era sicuramente
molto diffuso” e sicuramente veniva usato l’argomento del “contro natura”,
come dice il giudice che si è occupato del caso “Richard and Mildred Loving” , una coppia interrazziale, nel
difendere la legge anti nozze miste (antimiscegenation
law) della Virginia, che si basava sull’assunto che
“Dio ha creato le razze bianca, nera,
gialla, e rossa e le ha collocate su continenti separati” ed “il fatto che ha
separato le razze dimostra che non intendeva che esse si mischiassero”
(citazione della Nussbaum, pag. 148, dalla sentenza Loving v. Virginia,
388 U.S. 1 (1967) 3, traduzione mia)
Contestualmente
a tale disgusto razzista, era dominante anche il disgusto per l’omosessualità (cfr. il passo citato sopra, pag. 95 di The Help: la madre che chiede alla figlia se faccia mai “pensieri innaturali”)
intorno a cui c’è un pensiero magico
(la tisana magica che la cura scacciando i cattivi pensieri contro natura), una
vera e propria forma di superstizione. Tutt’oggi, come ha dimostrato una
trasmissione televisiva, si diffondono le teorie e le terapie riparative,
nonostante il No dell’ordine degli psicologi anche a causa della mancanza di
educazione sessuale nelle scuole e della mancanza di volontà politica di
combattere tali dottrine smentite dall’esperienza. Urge una legge che le metta
al bando come torture psicologiche, come in California.
L’opposto di quest’atteggiamento di disgusto, secondo
me, é l’amicizia civica, che i Greci antichi chiamavano philìa politiké:
come scrive Aristotele nell’Etica Eudemia (apud “Le Tre Etiche”, pag. 263 dell'edizione Bompiani,
Milano 2008, a cura di A. Fermani),
“Pare che la
funzione della Politica sia soprattutto quella di produrre amicizia”
Come l’amicizia fra Eugenia e Minny ed Aibileen e
l’amicizia fra Celia e Minny. (Certo, Aristotele considerava naturale la condizione
di schiavitù, tuttavia possiamo rileggerlo in chiave moderna, col guadagno
positivo della conquista della libertà di tutti gli esseri umani).
Il
Liberale Bentham:
“L’Odio (per
Gay ed Eretici)
nasce dall’Antipatia e dal Disgusto Fisico
nasce dall’Antipatia e dal Disgusto Fisico
(Avversione
Preventiva ed Incapacità d’immaginare il Gusto e Piacere degli altri)
che è un
Principio Sbagliato ed Incivile”
Il còmpito della scienza politica è di creare amicizia
fra concittadini, ossia legame sociale, anche fra persone eterosessuali ed
omosessuali e fra persone di razze diverse. Invece chi manifesta il suo
disgusto cade nell'errore che il filosofo
liberale Jeremy Bentham (1748 – 1832) chiama l'ipsedixitismo o principio
dell'Ipse dixit o
“Principio di simpatia e antipatia”, “che approva o disapprova certe azioni non
in base alla loro tendenza ad aumentare la felicità” ossia al “principio di
felicità” (di cui c’è un'eco anche nella Dichiarazione d'Indipendenza Americana
che stabilisce che fra i diritti umani c'è “la ricerca della felicità”), ma semplicemente perché uno si trova
disposto ad approvarle o a disapprovarle”
(Introduzione ai princìpi della morale e della
legislazione,
a cura di E. Lecaldano, UTET, Torino 1998, cap. XVII,
pag. 443 nota
(ediz. orig. ingl. An Introduction to the
Principles of Morals and Legislation, 1789,
edited by J. H. Burns, H. L. A. Hart, F. Rosen,
Clarendon Press, Oxford 1996)
A tale limite cognitivo possono essere ricondotte tutte
le dottrine filosofiche: esiste un primato dell'esperienza personale che spiega
perché esistono filosofie così opposte fra loro (cioè ogni filosofo parte dai
suoi sentimenti, dalle sue simpatie ed antipatie). Bentham (nei i manoscritti apud L. Campos Boralevi, Bentham
and the Oppressed, de Gruyter, Berlin 1984) fu il primo a comprendere che l'omofobia nasce dall'antipatia: Sergio
Cremaschi scrive (ne L'etica moderna. Dalla Riforma a Nietzsche,
Carocci, Roma 2009 (2007), pag. 190) che “Sull'omosessualità (…) argomentò che
la discriminazione (…) nasceva da “antipatia” e non era giustificata in alcun
modo a partire dal principio di utilità” (detto anche “felicismo” od
“eudemonismo”, dal greco eudaimonia, ossia,
quello che in sèguito il grande filosofo chiamerà il “principio della massima
felicità” e felicemente sintetizzato nella formula: “the greatest happiness of the greatest number” (pag. 195). Tradotto
politicamente, quest’atteggiamento antifilosofico si traduce nell'assolutismo
(così come il rispetto si traduce in un sano relativismo o liberalismo). E'
logico, infatti, che il misconoscimento delle qualità dell'altro e quindi della
sua dignità sia il presupposto per il negazionismo del valore stesso della sua
esistenza. Dimostrando di aver colto la lezione di un altro grande padre del
liberalismo, David Hume (1711 –
1776), secondo cui “la ragione è al servizio delle nostre passioni” (Trattato sulla Natura Umana, 1740) come hanno dimostrato le neuroscienze
moderne (http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/i-liberali-conservatori-han-piu.html),
Bentham accosta l'odio omofobico all'odio contro i liberi pensatori eretici,
mentre afferma che la civiltà deve ispirarsi al principio liberale de
gustibus disputandum non est:“Ed è così in tutto il
mondo: basta guardarsi intorno, per accorgersi che le differenze di gusto e
di opinione sono spesso causa di acerba ostilità, tanto quanto le differenze
d’interesse. Essere in disaccordo col nostro gusto, opporsi alle nostre
opinioni, è qualcosa che ferisce i nostri sentimenti e offende il nostro
orgoglio.” (Difesa dell’omosessualità,
Melangolo, Genova 2009, pagg. 59 – 60, originale del 1785). Tale caso porta il filosofo
a dimostrare la pericolosità intrinseca di un regime non liberale, che ben si
adatta anche alla condanna di Socrate od alla condanna di un personaggio
vissuto dopo l’epoca di Bentham, Oscar Wilde (1854 – 1900) nella sua stessa
Inghilterra: “In base ai princìpii monarchici, il sovrano avrebbe diritto di
punire ogni uomo che gli stesse antipatico; secondo i princìpii
democratici, ogni singolo uomo, o almeno la maggioranza di ogni comunità,
avrebbe il diritto di punire chiunque per ragioni non meno futili.” (Difesa dell’omosessualità, cit., pag.
66).Bentham diagnostica nell'invidia (che letteralmente
indica in latino l’atto di guardare male, guardare storto, di sbieco) la causa
dell'eterna opposizione dei filosofi reazionari al piacere sessuale ed erotico (non
solo a livello di filosofia personale, ma addirittura a livello di imposizione
legislativa) smascherando l'assenza di una vera ragione, di un consistente
render ragione (lògon didónai direbbe
Platone) al disprezzo dei piaceri:“Il
passaggio dall'antipatia fisica all'antipatia morale è più immediato se all'atto che
suscita antipatia è connessa l'idea del piacere (...)
sinora l'orgoglio filosofico (per non parlare della superstizione, almeno pel
momento) s'è dato da fare, non senza risultati, per convincere le persone a
criticare qualunque cosa fosse fonte di piacere anche a loro stesse, mentre l'invidia
le renderà sempre ostili a tutto ciò che procura un piacere ad altri.
Secondo una certa categoria di moralisti, noi dovremmo opporci a tutto quello
che si presenta sotto forma di piacere, non per una qualsiasi ragione che essi
siano disposti a fornirci, ma semplicemente perché così dobbiamo fare.
E' ben vero che quegli oggetti la cui natura ci procura i maggiori piaceri che
siamo in grado di provare, in alcuni casi possono causare sofferenze ancora più
grandi. Ma non è questo il motivo della loro critica, poiché, se così fosse, la
censura che si applica all'uso di tali oggetti sarebbe proporzionata alla
probabilità, verificabile in ogni singolo caso [Bentham è un empirista],
di produrre dolori ben maggiori. Ma la verità è un'altra: non è il dolore
che li manda in collera, ma il piacere.”(pag. 61)
La filosofa del Diritto
Nussbaum: “La Malattia del
Disgusto
si vede soprattutto nell'Omofobia”
Secondo la
filosofa liberale Martha Nussbaum, la
quale ha dedicato un intiero libro di psicologia morale all'emozione del
disgusto dal punto di vista della filosofia del diritto (facendo riferimento alla
più recente storia del suo Paese, gli Stati Uniti), il disgusto “è stato usato lungo tutta la Storia come un'arma potente”
per escludere categorie di persone: ebrei, omosessuali, in primis (Hiding
from Humanity. Disgust, Shame and the Law, capitolo 2: Disgust and Our
Animal Bodies, pag. 107). “Tutte le società umane han creato gruppi
di esclusi che son stigmatizzati come o vergognosi o disgustosi e di solito
entrambi” (Not for profit. Why Democracy Needs the Humanities, pagg.
33-34, traduzione mia).
Per la Nussbaum, “il disgusto è un'emozione potente” e
spesso “giuoca un ruolo potente nella legge. Primo, figura, come la principale
od addirittura la sola giustificazione
per rendere illegali alcuni atti” come
“le leggi antisodomia” (che ancor oggi vigono nell’Africa nera) Hiding
from Humanity. Disgust, Shame and the Law, op. cit., pag. 72, traduzione
mia dall'originale americano).
Il libro della filosofa che abbiamo citato ha ricevuto il Premio come miglior saggio di diritto dall'associazione americana editori nel 2004. |
Ad esempio in Nigeria ove il presidente ha inasprito
le pene: 14 anni per chi celebra matrimoni gay e 10 anni per chi vi assiste. In
Uganda è stata una donna, l’avvocato Rebecca Kadaga, speaker del Parlamento (ricevuta anche da Benedetto XVI), a far
approvare una legge (nota giornalisticamente come “Kill the Gays Bill”) che in una prima bozza prevedeva la pena di
morte e ora l’ergastolo.
Alla giurista interessa studiare un tipo particolare
di appello al disgusto: quello che lo strumentalizza a scopi
politici-legislativi per persuadère gli elettori e l'opinione pubblica. E cita,
ad esempio, non solo il disgusto espresso da uno dei giudici che condannarono
Oscar Wilde (1854 – 1900), ma anche la battaglia che fu necessaria per
legalizzare la miscegenation ossia le nozze miste (fra bianchi e nere o
fra neri e bianche, all'epoca), che suscitavano proprio tale ribrezzo così come
oggi ad alcuni suscita disgusto l’estensione del matrimonio ai gay (pag. 78).
La filosofa nota che, apparentemente, si troverebbero
concordi i conservatori e i progressisti che sostengono (come William Miller, Lord
Patrick Devlin e Leon Kass) che sia giusto che la legge s'ispiri al disgusto
(morale), secondo loro un’ottima guida che ci indica ciò che è da vietare.
Ma, a ben vedere, si scopre che è per ragioni assai diverse: infatti, si deve distinguere fra il sano sentimento razionale dell'indignazione o della rabbia lucida (L'intelligenza delle emozioni, il Mulino, Bologna 2004, originale americano Upheavals of Thought. The Intelligence of Emotions, Cambridge University Press, 2001, pag. 505) che si basa sulla razionalità (lógos), concerne un reale pericolo o danno (pensiamo all' “euristica della paura”, Heuristic of Fear, del filosofo ebreo Hans Jonas in Ethics in an Age of pervasive Technology, edited by Mervin Malzberg, Boulder Colo., Westview Press 1980, pagg. 213 – 21) ed è costruttiva anche quando è critica sociale ed il disgusto (sovente basato sull'irrazionale magical thinking, il pensiero magico che è indifferente alle informazioni sul rischio reale (Hiding from Humanity. Disgust, Shame and the Law, op. cit., pag. 102).
Lo psicologo Paul Rozin (“A Perspective on Disgust, apud “Psychological Review”, 94, 1987, pagg. 23 – 41, citato dalla Nussbaum ne L'intelligenza delle emozioni, op. cit., pag. 254) ha studiato il disgusto di base (core disgust). La particolare espressione facciale (yuck face) corrisponde proprio al tentativo di non sentire l’odore e impedire l’accesso in bocca. Ci disgusta l’odore di un estraneo che non si lava perché ci suggerisce malattie contagiose.
Ma, a ben vedere, si scopre che è per ragioni assai diverse: infatti, si deve distinguere fra il sano sentimento razionale dell'indignazione o della rabbia lucida (L'intelligenza delle emozioni, il Mulino, Bologna 2004, originale americano Upheavals of Thought. The Intelligence of Emotions, Cambridge University Press, 2001, pag. 505) che si basa sulla razionalità (lógos), concerne un reale pericolo o danno (pensiamo all' “euristica della paura”, Heuristic of Fear, del filosofo ebreo Hans Jonas in Ethics in an Age of pervasive Technology, edited by Mervin Malzberg, Boulder Colo., Westview Press 1980, pagg. 213 – 21) ed è costruttiva anche quando è critica sociale ed il disgusto (sovente basato sull'irrazionale magical thinking, il pensiero magico che è indifferente alle informazioni sul rischio reale (Hiding from Humanity. Disgust, Shame and the Law, op. cit., pag. 102).
Bianchi protestano contro l'estensione dei diritti ai neri. Analogamente, oggi ci sono persone che protestano in piazza e per strada contro i diritti dei gay. |
Lo psicologo Paul Rozin (“A Perspective on Disgust, apud “Psychological Review”, 94, 1987, pagg. 23 – 41, citato dalla Nussbaum ne L'intelligenza delle emozioni, op. cit., pag. 254) ha studiato il disgusto di base (core disgust). La particolare espressione facciale (yuck face) corrisponde proprio al tentativo di non sentire l’odore e impedire l’accesso in bocca. Ci disgusta l’odore di un estraneo che non si lava perché ci suggerisce malattie contagiose.
Lo psicologo dell’Università della Pennsylvania ha
formulato le leggi della “magia simpatetica”: la prima (“legge del contagio”)
dice che l'uomo pensa che cose rimaste in contatto seguitano da allora ad agire
l'una sull'altra; la seconda, la legge della “similarità”, dice che se due cose
son simili, l'azione operata sull'una si suppone abbia coinvolto anche l'altra
(ad esempio, “un pezzo di dolce al cioccolato a forma di feci di cane viene rifiutato”).
Il problema è quando noi facciamo “proiezioni
magiche delle qualità disgustose su persone o gruppi”, come donne, Ebrei,
persone gay (L'intelligenza delle emozioni, op. cit., pag. 273) o,
come nel romanzo e nel film The Help,
i neri.
La
differenza fra (Sana) Rabbia (Costruttiva)
E Disgusto
Distruttivo (che nega Umanità e Riabilitazione)
Distinguere
sempre la Persona dall’Atto
Bisogna
distinguere l'avversione (distaste) motivata dai cinque sensi (ingannevoli), dalla sensazione di pericolo (reale) e
dal disgusto (disgustingness) verso gli altri in quanto “disgusto proiettivo”, la
“patologia del disgusto” (Not for Profit, Princeton University Press
2010, pagg. 33 e 35). I nostri sensi ci possono ingannare come quando “i
soggetti annusano odore di marcio da due diverse fiale, che in realtà
contengono la stessa sostanza; viene detto loro che una fiala contiene feci, e
l'altra formaggio (e gli odori reali possono essere confusi). Quelli che
pensano di annusare il formaggio di solito trovano l'odore piacevole” (L'intelligenza
delle emozioni, pagg. 251 - 2).
Così come bisogna distinguere una sana rabbia empatica
dal disgusto (Hiding from Humanity,
pag. 99). Così risponde a chi, come Dan M. Kahan, propone di usare il disgusto
per stimolare il bene (pag. 106).
La rabbia,
l’ira (per quanto da dominare) e l’indignazione morale riguarda i torti, ciò
che è sbagliato, riguardano i danni oggettivi (harm or damage)
e quindi sono “sentimenti appropriati” che costituiscono una base per una
regola legale universalmente accettata. Dunque l’ira è “compatibile col
desiderio di riabilitare il colpevole e col rispetto per la dignità umana del
colpevole” (pag. 106).
Invece il
disgusto esprime un rigetto di una possibile contaminazione ed è indifferente
ed insensibile alla realtà del presunto danno (pag. 102) e tale ferita “meramente costruita” era già individuata dal
filosofo liberale John Stuart Mill nel quarto capitolo del Saggio sulla libertà (On
Liberty) e vuole eliminare dalla vista la persona che ritiene rea di
offendere.
Invece “dovremmo sempre distinguere attentamente fra
le persone e i loro atti” (come peraltro insegna anche il magistero della
chiesa cattolica e che è poi lo stesso discorso che farà, come vedremo, Martin
Luther King a proposito del perdono nel sermone 4), “biasimare le persone per
gli atti cattivi o dannosi che commettono, ma mantenere un rispetto per loro
come persone, capaci di crescita e cambiamento”.
In altre parole, direi che mentre la rabbia può essere
un movente costruttivo per costruire una società migliore, di contro il
disgusto è distruttivo perché nega chance di miglioramento.
Il disgusto “viene insegnato”, “come il linguaggio” (L'intelligenza
delle emozioni, cit., pag. 255) perciò la scuola e la famiglia dovrebbero educare
al rispetto.
Dato che, come dimostrano recenti ricerche, il
disgusto non è mica solo viscerale (innato) bensì “ha una forte componente
cognitiva” (Not for Profit. Why Democracy Needs the Humanities, Princeton
University Press 2010, pag. 32), come si risolve, dunque, il problema
giuridico: seguire la Natura o la Cultura? Seguendo la lezione del filosofo liberale John Stuart Mill
(1806 – 1873), poiché “nessun’emozione è affidabile di per sé come una base
legislativa” (Hiding from Humanity, op. cit., pag. 122), la via è quindi
quella di restringere le limitazioni delle leggi ai soli atti che causano un
reale danno ben riconoscibile ed oggettivo, sulla base del “principio
del danno” [harm principle]. Un lettore scrive a “Metro” (6.11.2014, pag.6): “Il Prefetto di Milano si accanisce
contro le trascrizioni di nozze gay quindi toglie certezze a persone che di per
sé non recano fastidio a nessuno. Perché non dedica cotante energie a far
liberare le case popolari dagli abusivi violenti e dai pluripregiudicati? Loro
sì che danno fastidio ai cittadini onesti, non due che si voglio bene!”Antropologicamente, tale emozione si spiegherebbe col
“desiderio umano di non essere animali [to be nonanimal]” (Hiding
from Humanity, pag. 74) ossia di “negare
la propria animalità” nonché la propria mortalità e sessualità (pag. 96),
ecco spiegato perché alcune qualità degli animali inece ci piacciono, come per
esempio, la forza e l'agilità (pag. 253) e quindi la necessità che ci siano
figure che fungano da limite fra noi e gli animali. E “il rigetto
dell'animalità tipico del disgusto può approdare a forme distruttive di
gerarchia sociale”, quindi di discriminazione e separazione (L'intelligenza
delle emozioni, pag. 360). Il limite è la bocca (ragion per cui i più son
disgustati all'idea di “bere da un bicchier d'acqua ove essi stessi han
sputato”). Rozin mostra che si parte dal presupposto che
siamo-quel-che-mangiamo, ed ha confermato sperimentalmente che “tutti gli oggetti di disgusto sono di origine
animale” (pag. 252). L'unica eccezione sono le lacrime: noi beviamo le
nostre lacrime senza disgusto “perché le consideriamo esclusivamente umane”
(pag. 253).
Le pratiche sessuali che disapproviamo sono le stesse che
consideriamo (alla sola idea) disgustose.
Per esempio, l’omosessualità è disgustosa per la
maggioranza del mondo e sino alla
sentenza del caso Lawrence v. Texas
del 2003 in tredici stati degli USA vigevano
leggi antisodomia. Un sondaggio del 2012 segnala che il 42% degli americani
trova immorale l’omosessualità. Persino Jefferson (1743 – 1826, che abbiamo
citato sopra assieme ad Adam Smith per la sua intuizione che abbiamo un senso
morale come un sesto senso) aveva fatto un ddl in Virginia per castrare gli
omosessuali e amputare la cartilagine del naso delle donne lesbiche,
paragonando questo atto allo stupro. “Jefferson era misericordioso per gli standard dell’epoca. La sua proposta fu
rifiutata perché non abbastanza dura” (pag. 128)! E passò la linea della pena
di morte.
Dal punto di vista evolutivo, l’omosessualità esclusiva non reca
danno, a differenza del nostro naturale disgusto verso l’incesto (ci sono alte probabilità
che il bambino erediti due copie di un allele che, innocuo se da solo, in
coppia diventa deleterio). Ma siamo disgustati persino nella situazione
immaginata da Jonathan Haidt (vedasi il mio articolo http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/i-liberali-conservatori-han-piu.html).
Secondo Rozin, sebbene il disgusto si sia originato per
difendere il corpo, si è poi evoluto come difesa dello spirito: ci disgusta ciò
che ci pare minacciare la nostra immagine di noi stessi “da tutto ciò che ci
ricorda la nostra natura animale”, come aveva già scritto Martha Nussbaum (Hiding from
Humanity, 2004: su questo tema, la negazione della nostra natura
animale, torneremo con un articolo ad hoc sui diritti degli
animali).
Lo psicologo evoluzionista
Paul Bloom discorda: quelle di Rozin
e Nussbaum sono teorie troppo cerebrali (non si è “disgustati” da un cadavere,
per esempio, che pure dovrebbe ricordarci la nostra mortalità), anche se giustamente i due studiosi notano
correttamente che c’entra il desiderio
di purezza. I riti di purità sono parte di molte religioni. Il sesso è
disgustoso perché coinvolge i corpi e i fluidi innescano la nostra reazione di
disgusto di base. Associamo il concetto di pulizia e sporcizia persino alla
lingua: un linguaggio è sporco, le intenzioni pure etc. Ad alcuni soggetti fu
chiesto di recitare una scenetta in cui facevano circolare una voce malevola
contro qualcuno usando o la segreteria telefonica o l’email: i primi
(che avevano usato la bocca), dovendo scegliere un dono, preferivano il
colluttorio; i secondi (che avevano usato le mani) i disinfettanti: l’idea di
pulizia allevia il senso di colpa e vergogna (effetto Macbeth). Si pensi al
concetto di pulizia etnica: si giustifica l’espulsione di un gruppo col
pretesto che contamina la purezza della nazione.
Le società che condannano
pratiche come l’omosessualità non sono più forti: questo disgusto non è un adattamento e queste intuizioni legate al
disgusto sono inutili o dannose.
Non solo perché, a differenza di altri atti (l’omicidio, lo stupro) non si
riescono a fornire valide ragioni morali ma anche perché, se guardiamo alla
storia di questo genere di disgusto, troviamo il disgusto antiebraico da parte
dei nazisti (che essi animalizzavano chiamandoli ratti o insetti viscidi) e il
disgusto contro i matrimoni interrazziali (miscegenation): é la
“malattia del disgusto”, come la chiama Martha Nussbaum, che produce
disumanizzazione ed ha permesso la Shoah, su cui torneremo in prossimi articoli
ad hoc.
La Storia dell'umanità dimostra che “è particolarmente
importante che una democrazia pluralista protegga sé stessa da tali
reazioni-proiezioni, che sono state alla radice di grossi mali nel corso della
Storia, inclusa la misoginia, l'antisemitismo, ed il ribrezzo verso gli
omosessuali.” Quindi se “la legge può
ammettere giustamente la rilevanza dell'indignazione”, di contro “il disgusto
non è mai una buona ragione” (M. Nussbaum, Hiding from Humanity,
pag. 75).
Esempi di
Dichiarato Disgusto Antigay
(Trasversale) fra
i Politici in Italia:
Ognitanto si legge sulle cronache dei giornali di casi
di coppie amorose di bagnanti gay che son richiamàti dai bagnini perché si
danno un dolce bacio a fior di labbra sulla battigia (quando nessuna legge
italiana ha mai vietato a nessuno di baciarsi); di politici illiberali che
vorrebbero proibire la libertà delle aziende di fare pubblicità al target
delle famiglie formate da persone gay: nell'aprile 2011 un
senatore italiano (PDL, oggi NCD) ha definito “di cattivo gusto” cioé appunto
“disgustoso” (visto che, etimologicamente, questo significa “disgusto”) il manifesto dell' “Ikea” con lo slogan “Siamo aperti a tutte le famiglie”
che ritraeva di spalle due ragazzi mano-nella-mano (“Ikea e la famiglia gay.
La politica si divide”, articolo di Lorenzo Salvia apparso sul Corriere
della Sera il 24 aprile 2011, pag. 18 delle Cronache).
IRRAZIONALISMO. Un recente post apparso sulla pagina Facebook delle "Sentinelle in piedi". |
Non è un caso che si
tratti dello stesso politico che, contro il senso comune, non ha avuto pietà
dell’omicidio Cucchi. A proposito di Stefano Cucchi, torna utile
un’osservazione di Rozin che “mette in rilievo le condizioni nelle prigioni e
nei campi di concentramento che mostrano che le persone a cui è vietato pulirsi
od usare la toilette sono spesso
percepite come subumane, e dunque più facili ad essere torturate od uccise”.
Esse sono diventate animali” (M. Nussbaum, Hiding
from Humanity, cit., pag. 90). I genitori del 31enne romano avevano portato
in carcere gl’indumenti di ricambio per il figlio, ma nessuno si è curato di
far cambiare d’abito il ragazzo che è stato evidentemente discriminato in
quanto tossicodipendente (come dimostrano anche le intercettazioni telefoniche
ove un imputato si riferisce a lui come ad un “drogato di m….”: di nuovo, il
rimando al disgusto). Stefano è stato lasciato sporco proprio perché la
sporcizia aiuta a deumanizzare la persona e a toglierle dignità.
Un dirigente romano del Partito Democratico ha
insultato così, in un’email privata,
un giovane collega consigliere comunale avversario del sindaco di Roma: “Ti piace gettare m….. sugli
altri? Almeno aspetta un po' prima di farlo e informati meglio, altrimenti la
m…. ti torna addosso, forse ti piace mangiarla? Oltre ad essere gay sei anche di altri gusti schifosi? Vergògnati.”
E’ stato deferito e il politico gay ha ricevuto solidarietà bipartisan.
Come
dimostrano dunque questi due casi trasversali, il disgusto omofobico o politico
è attestato in tutti i partiti.
In un istituto della
provincia di Perugia un docente ha additato un suo allievo 14enne nel dire alla
classe “è brutto essere gay, tu ne sai qualcosa”, e alla risposta del ragazzino
“sicuramente, da quando conosco lei” ha ulteriormente manifestato la sua
omofobia sferrandogli due calci alle gambe (provocandogli un ematoma alla
coscia), pugni alla spalla e una stretta al collo” (http://www.corriere.it/cronache/14_novembre_16/prof-che-picchia-l-alunno-14enne-dice-essere-gay-brutto-9c873b12-6d8b-11e4-a925-1745c90ecb18.shtml).
Anche nei
Paesi più avanzati a livello legislativo si sentono nelle cronache di commenti
omofobi negli scontrini fiscali dei clienti gay nei ristoranti, per esempio. La filosofa americana nota anche che é proprio
“La
questione dei diritti degli omosessuali” il “settore della vita pubblica in cui
vergogna e disgusto vengono usati più strumentalmente”
(intervista rilasciata a Roberto Festa,
“Nascondere
l'umanità. E' giusto che la vergogna
e il disgusto
modellino le leggi umane?”,
su La Repubblica, 24 settembre 2005)
"DI CATTIVO GUSTO": Le parole di un senatore italiano dinanzi allo spot del colosso svedese nel 2011. |
Infatti, “immagina di provare a persuadère qualcuno
che non trovasse disgustosi gli uomini gay che essi erano disgustosi. Cosa puoi
fare? Come la campagna in favore del Secondo Emendamento in Colorado ha
dimostrato, puoi fare due cose”, ossia: o puntare su un'emozione più ragionata,
la paura, oppure, “se rimani sul terreno del disgusto, dovrai focalizzarti su
presunte proprietà degli uomini gay che ispirino disgusto. Ed infatti, i
propositori del referendum” (di fede
mormona) “hanno fatto circolare
volantini nei quali si affermava che gli uomini gay mangiano feci e bevono sangue
umano” (Hiding from Humanity, pag. 101) Contro l’omofobia politicizzata,
Nussbaum c’invita a seguire il poeta gay
Walt Whitman (1819 – 1892, all'epoca
definito, appunto, “disgustoso” dai puritani): “Il corpo dell'uomo è sacro
e il corpo della donna è sacro” (dalla poesia “I sing the Body Electric”, citata in Hiding from Humanity, pag. 117). Come scrive Bertrand Russell (1872
– 1970) in una pagina di Autorità e individuo che è un inno alla democrazia
liberale, si eviterà che “qualunque gusto peculiare [come
l'omosessualità], sia quasi una forma di empietà e la si debba considerare come
una ribellione colpevole all'autorità legittima del gregge (…) soltanto se alla
libertà si darà lo stesso pregio che ha la democrazia e si vorrà capire che una
società in cui ciascuno è lo schiavo di tutti [cioé dei gusti, anche
sessuali di tutti, ndr] è solo di poco migliore di quella in cui ciascuno è lo
schiavo di un despota”. La Libertà, cioé, vale tanto quanto la democrazia: non
esiste autentica democrazia che non sia, necessariamente, liberale. Peccato che
lo stesso Russell non abbia accettato l’omosessualità del figlio, a
dimostrazione che quest’irrazionalità può colpire anche chi si crede così
razionale.
Come lo spieghiamo, allora,
alla luce dell’Evoluzione, questo difettoso orientamento che ancora molti
hanno? Per Bloom “la nostra reazione alle trasgressioni sessuali potrebbe
essere un incidente biologico, ma non la sentiamo diversa da altre risposte
morali che si sono evolute come forme di adattamento”, cioè le nostre
intuizioni morali, anche perché il caso ha voluto che le religioni le abbiano
santificate.
Di certo, non è qualcosa
che ha a che fare con la morale: la morale, dice lo psicologo di Berkeley
Elliott Turel, concerne la giustizia, i diritti e il benessere. Lo psicologo Jonathan
Haidt la definisce (nel suo libro “Menti
Morali” ) come “un insieme interdipendente di
valori e istituzioni che agiscono per tenere a freno o regolare l’interesse
personale e rendere possibili le società cooperative”. Invece respingere i gay come persone malate o disgustose è
immorale ed irrazionale: dobbiamo allora abbandonare questi istinti antisociali
usando la razionalità (pag. 141).
Libri, Sit-Com e il Contatto (a Scuola
e al Lavoro)
espandono il Cerchio Morale (es. verso Gay e Neri):
amiamo le Storie dove vincono i Personaggi
Buoni
Ma anche la Ragione ha un ruolo nel Progresso
La buona Tv può espandere il "cerchio di simpatia" rendendoci familiari le storie di personaggi gay e di colore. Sopra, Kevin e il marito Scotty nel serial americano "Brothers and Sisters". |
Noi possiamo, come dice il
filosofo Peter Singer, “espandere il
nostro cerchio morale” o “cerchio di simpatia” (l’insieme degl’individui di cui
c’importa) anche se non ci dà vantaggio materiale attraverso:
1) Il
contatto (la Teoria del Contatto citata sopra che riduce i pregiudizi
razziali): ad esempio poliziotti bianchi affiancati a partner neri, scuole
miste.
2) L’immaginazione
narrativa di cui parla la filosofa Martha Nussbaum, od “immaginazione
morale”, come la chiama Mary Richards (citata da Matthew Fox in “Compassione”,
Claudiana, Torino 2014, pag. 41) grazie ai libri. Per esempio Bloom dice di non
aver mai pensato ai detenuti in isolamento e solo dopo averne letto in un
articolo ha mutato punto di vista. Oliver Twist di Dickens ha
sensibilizzato sullo sfruttamento dei bambini nell’Ottocento; La capanna
dello zio Tom ha offerto ai bianchi la prospettiva dei neri. La stessa
Nussbaum in un suo libro aveva citato il caso del giurista Richard Posner il
quale mutò idea intorno all’amore gay leggendo da adulto il Simposio di
Platone. Ma lo stesso Posner fa notare che anche i dittatori erano grandi
lettori; ma resta che le persone con più intelligenza sociale leggono più
romanzi di chi legge saggi. Chi ha un lieve autismo, legge meno narrativa dei
normali. Ma Nussbaum ribatte che i nazisti non leggevano i libri giusti (di qui
la polemica di chi vede in questa prospettiva una forma di moderna censura
contro certi classici).
Anche la buona televisione
amplia il nostro cerchio morale: “La sit-com è la forza maggiore
che soggiace al cambiamento morale avvenuto negli ultimi trent’anni negli Stati
Uniti” (pag. 178), come ho spiegato nell'analisi del mio blog http://lelejandon.blogspot.it/2013/04/la-nobile-gara-fra-francia-inghilterra.html. La televisione ha offerto
personaggi gay e neri simpatici, in serial come i Robinson.
I protagonisti del serial "I Robinson" |
Vorrei aggiornare quest'intuizione della Nussbaum con un nuovo dato apparso recentemente su Science: lo psicologo Emanuele Castano (della New School for Social Research di New York) ha dimostrato che chi legge dei buoni libri (con raffinate descrizioni psicologiche) affina la propria intelligenza emotiva: risulta più bravo ad intuire i pensieri dell'interlocutore anche solo guardandolo negli occhi.
Come scrive Matthew Fox,
anche il buon cinema può mettere la creatività al servizio della compassione.
“Le teorie sul cambiamento
morale devono poter spiegare perché le storie che narrano un’apertura agli
altri abbiano più fortuna di quelle crudeli, e perché siamo più motivati a
creare innanzitutto personaggi buoni” (pag. 178).
I TRISTI
LIMITI
Wilson e Clinton,
Presidenti Democratici
che hanno
seguìto il Disgusto Diffuso contro Gay e Neri:
Fuori i
Black dalla Casa Bianca e gli Omosessuali dall’Esercito
A proposito del sentire comune, nel romanzo si parla anche del credo
popolare come metro della politica, di cui parla anche il reverendo Martin
Luther King nelle sue prediche: il figlio del senatore dice: “Non ha importanza quello che crede lui, ma
quello in cui crede il Mississippi” (pag. 323). E’ in base a questo falso
principio che (come nota Graham Robb nel suo libro “Sconosciuti. La cultura omosessuale nell’Ottocento”, Carocci 2005)
anche le chiese non si sono espresse in
favore del rispetto per le persone gay, perché (così credevano, almeno) non
volevano contraddire il sentire popolare.
FINALMENTE LIBERI. Primo matrimonio gay in una base militare americana. Sotto la Presidenza Clinton, i soldati gay non avevano nemmeno il diritto di dichiararsi omosessuali. |
Sia il Presidente Woodrow Wilson sia il
Presidente Bill Clinton hanno operato politiche ispirate da un inseguimento del
sentire di disgusto diffuso: Wilson, appena insediatosi alla Casa Bianca, ove
lavoravano bene i neri accanto ai bianchi, ha reinstaurato il segregazionismo;
Clinton ha seguito il disgusto dei vertici militari che avevano schifo all’idea
di avere soldati gay dichiarati nell’Esercito attraverso la legge don’t
ask don’t tell (non osare chiedere né dichiarare, cioè vietato sia
domandare qual è l’orientamento sessuale sia dichiararlo) e il disgusto
popolare del Sud della cintura della Bibbia attraverso il Defense of Marriage Act (poi
dichiarato incostituzionale dalla Corte Suprema). Secondo Martha Nussbaum, si
tratterebbe del disgusto all’idea di avere vicino un maschio che potenzialmente
può provare desiderio sessuale sotto le docce comuni.
Nel libro The Help si accenna anche alla tendenza all’abbandono del tetto
coniugale dei neri (pag. 366), di cui ha parlato anche il Presidente Barack
Obama in un suo discorso pubblico.
Un altro tema del libro e del film è la ricerca del genitore biologico (Lulabelle
che cerca sua madre Costantine): una tematica che ho già affrontato nel Cineforum
su “I
ragazzi stanno bene” (ispirato alle vere storie di figli di
fecondazione eterologa) e su “Philomena” (la vera storia di
Philomena Lee e di suo figlio). Conoscere i propri genitori è un diritto
naturale che non può essere vietato da nessuna legge positiva.
Nel nostro Paese: la
Questione della Libertà Matrimoniale
“Per cortesia, chiamatelo
‘Grande Matrimonio’:
imparate la Lezione della
Francia, sveglia!”
Personalmente,
ritengo che le unioni civili siano una nuova forma di segregazionismo
giuridico.
Il filosofo Roberto Casali (in un suo
articolo sulla “Domenica” del “Sole 24 Ore”), ha invitato gli attivisti
per i diritti dei gay a non chiamarlo “matrimonio gay”, bensì “grande matrimonio”, in opposizione
all’espressione “piccolo matrimonio” adoperata da Ruini.
Argomenta che in Francia (dove lui
insegna) lo slogan ufficiale “mariage
pour tous” (matrimonio per tutti”) ha avuto successo: chi la proponeva
(il candidato Hollande del Partito Socialista) è stato eletto Presidente ed ha
mantenuto la promessa nonostante le proteste di piazza simili a quelle di
Madrid. Ecco il passo dell’intervento del professore: “Secondo Steven Pinker” (psicologo di Harvard, ndr) “dare un nome nuovo a qualcosa non riesce
a dargli una nuova dignità: il nostro atteggiamento è legato al concetto e
non al nome (…) E se invece si cambia concetto?”, propone Casati, nel senso che
lo si estende? E fa l’esempio della lingua francese, ove i PACS hanno creato il
verbo pacsare, sicché alla domanda ad una coppia (gay od etero) se siano
sposati, la risposta che sentiamo è: “Nous,
on a pacsé, ci siam pacsati”. “Ma alla fine ha prevalso una logica diversa
(…)” quella di “allargare il concetto stesso di matrimonio”. Ed allora “non si dovrebbe parlare mai più di
“matrimonio gay”, ma usare termini come Grande Matrimonio. Scelgo questa
locuzione non a caso; fa da contraltare all’epiteto di “piccoli matrimoni” che
l’ex presidente della Cei, Camillo Ruini, aveva affibbiato ai Dico, l’equivalente
italiano dei Pacs. Aveva ragione, i Dico
erano veramente dei piccoli matrimoni e come tali insoddisfacenti se si vuole
rimuovere la discriminazione. Si devono invece spalancare le braccia del
matrimonio, renderlo accogliente per tutti, farlo Grande. Quanto al lessico,
all’orizzonte si scorge comunque l’esito inevitabile di questa evoluzione. Dato
che di matrimonio ce ne sarà uno solo, modificatori come “per tutti” o “grande”
diventeranno ridondanti, come dovrebbero essere già sin d’ora”.
Se posso aggiungere, c'è una cosetta non
scontata che ci resterebbe da farci specificare (magari), di questi tempi:
quando un maschio straniero occidentale ti dice “sono-sposato”, è proprio il
caso di chiedergli “maritato o ammogliato?”. (Si vous plait).
Ipotesi: Psicologia Evoluzionistica
"Non siamo Razzisti Nati"
(Come gli Scimpanzé
che aggrediscono le altre Tribù
La Teoria della Coalizione che spiega la
prudenza:
A livello tribale, c’interessa la Razza così
come la Divisa o la Lingua
per riconoscere i potenziali Estranei)
Per quanto concerne il razzismo, ho già
trattato il tema nella mia recensione al libro di
Paul Bloom, psicologo dell’età evolutiva di Yale “Buoni si nasce. Le
origini del bene e del male” (traduzione di Sara Prencipe, Codice edizioni, Torino 2014,
titolo originale “Just Babies. The Origins of Good and Evil”, 2013) che
mostra che non siamo razzisti nati ma che siamo dotati di un’attenzione a segni
particolari come linguaggio e razza, e comunque non per chi ha frequentato
scuole miste ed inoltre il linguaggio diverso (l’accento) è più importante
della razza diversa. La nostra empatia e
compassione (un istinto probabilmente adattativo) si limita al cerchio dei
familiari e membri del nostro gruppo. Gli estranei c’ispirano paura, disgusto
ed astio, eppure anche le culture che non hanno il concetto di viaggio elaborano
codici di ospitalità. Non siamo cioè al livello degli scimpanzé che, racconta
la famosa primatologa Jane Goodall, quando s’imbattono in un gruppo più piccolo
di un’altra tribù, uccidono il cucciolo e lo divorano, tentano di accoppiarsi
con la femmina e aggrediscono il maschio. Sulla base del calcolo della durata
dello sguardo (i bambini guardano di più ciò che gli piace), i bimbi mostrano
una preferenza, adattativa, verso le persone familiari: ma è qui il seme del
razzismo?
Noi adulti, quando vediamo
un volto, registriamo tre cose: sesso, età, razza. Ma dal punto di vista
evolutivo che utilità adattativa ha questo terzo elemento? Esso non è
intrinsecamente interessante, ma conta solo nella misura in cui:
1) Si fonda sulla coalizione:
nelle società dei nostri antenati, già
dal colore della pelle si poteva subito capire chi erano i gruppi nemici,
proprio come quando riconosciamo i membri della squadra avversaria nei giuochi
dal colore delle divise. Abbiamo biologizzato la razza, scambiando le
coalizioni per diverse specie, e il razzismo è un epifenomeno dell’”effetto
familiarità” (mere exposure effect: la ripetuta esposizione ad uno
stimolo neutro lo rende familiare e dotato di positività). Tale ipotesi è
confermata dagli esperimenti di Kurzban che ha usato il memory confusion
paradigm: si chiede di ricordare una lunga serie di volti e frasi
attribuite a tali facce con tratti somatici di varie razze, e la gente finisce
per far confusione. Così si verifica ciò che resta davvero impresso come
significativo per noi. Ne risulta che ci si ricorda comunque della razza. In
una variante, gli sperimentatori presentarono queste facce da ricordare
suddivise in due gruppi con egual numero di bianchi e neri con delle divise dai
colori molto diversi. Secondo Pratto e Sidanius, le società generano gerarchie
su tre fattori: sesso, età e una terza variabile (razza o religione o etnia o
clan). Infatti, i bambini sono attenti anche alla lingua, come mostra il passo
dei Giudici (12: 5 – 6) della Bibbia ebraica, ove la tribù dei Galaaditi,
per accertarsi che nessun abitante di Efraim, la città conquistata,
attraversasse i loro posti di blocco, impose a chi chiedesse di passare di
pronunziare la parola shibboleth (poiché il dialetto efraimita non aveva
il suono sh, i fuggiaschi avrebbero
pronunziato sibboleth e i Galaaditi li avrebbero smascherati e uccisi):
nella Seconda guerra mondiale, nel Pacifico, i soldati americani ai posti di
blocco intimavano ai soldati che s’avvicinavano di pronunziare la parola
Lollapalooza: i giapponesi faticano a dire il suono “l”. Così i bambini ricevono i doni di chi parla la loro lingua, e
preferiscono giocare con chi ha la sua stessa madrelingua, se non altro perché
è più facile. E preferiscono chi parla senza inflessione. Le ragioni quindi
sono pratiche.
2) Oppure, l’importanza
della razza ha senso al fine di favorire ciò che ci rassomiglia perché è più
probabile che abbia più geni come i nostri, sono più consanguinei.
In Età Prescolare non ci si cura della Razza
Nelle Scuole Miste meno Pregiudizi: Teoria del
Contatto
La Lingua più importante per discriminare del Colore della Pelle:
preferiamo un nero
senz’accento ad un bianco con accento diverso
Negli anni Settanta si è
scoperto che, dinanzi a due immagini di un bambino nero ed uno bianco, alla
domanda su chi fosse quello buono, anche i neri rispondevano quello bianco: fu
un esperimento citato anche nella sentenza del caso Brown v. Board of
Education che pose fine alla segregazione razziale (vedi sotto). La
psicologa Frances Aboud ha criticato l’assurdità (ed il bias, cioé
l'errore di metodo) dell’esperimento: i bimbi sono posti dinanzi ad un aut
aut e non possono rispondere che la razza non conta. Tuttavia, in
successivi esperimenti, posti dinanzi ad immagini ambigue (un bimbo triste
dinanzi ad un’altalena con un bimbo in piedi a fianco: a volte l’uno era bianco
e l’altro nero, e viceversa), sono gli stessi bambini a tirare fuori l’elemento
razza, ma solo quei bambini che frequentano scuole all white. Non quelli
che frequentano scuole miste. E’ l’ipotesi di contatto: il contatto sociale riduce il pregiudizio.
I bambini di tre anni non
scelgono più bianchi che neri: i pregiudizi s’insinuano in sèguito e solo in
certi ambienti. “Potremmo avere un’inclinazione naturale a favorire alcuni
gruppi rispetto ad altri, ma apparentemente
non siamo razzisti nati”.
Due psicologi sociali,
Muzafer Sherif (di origine turca) e Hanri Tajfel, entrambi arrestati per
essersi opposti al nazionalsocialismo, hanno ricercato il fattore minimo
necessario per dividere le persone: il primo invitò nel 1954 due gruppi di
bambini del primo anno delle medie ad un campus estivo in America: dormivano in
posti diversi senza sapere dell’esistenza dell’altra “coalizione”.
Lo scienziato si fingeva
custode del campo e organizzò un primo contatto: i due gruppi enfatizzavano le
loro usanze, uno divenne sboccato (usando parole come “negri”, anche se erano
tutti bianchi!) contro gli altri e l’altro ostentava con orgoglio un linguaggio
educato.
Il primo gruppo vinse
alcune gare e per ripicca gli avversari rubarono la bandiera e la bruciarono,
gli altri si vendicarono distruggendo la capanna dei rivali mentre questi erano
a cena e rubarono il premio. Fase due dell’esperimento: come far collaborare
i due gruppi. L’introduzione di una tubatura rotta è una causa comune che li
ricongiunge.
Ma possono nascere
coalizioni anche senza tutto questo apparato (bandiere, linguaggio comune,
etc)?
Tajfel chiese ad alcuni
adulti di classificare dei dipinti astratti, poi diceva a metà del gruppo che
aveva preferito Klee e all’altra metà che aveva preferito Kandinskij. Quando
veniva loro chiesto di distribuire denaro ad altri amanti dell’uno o dell’altro
pittore, davano di più al gruppo cui appartenevano. Il punto è che i bambini in età prescolare non si curano
della razza, e in alcune scuole miste nemmeno i più grandi (pag. 105): sarà
poi l’ambiente e l’esperienza o le leggi a dirci come fare distinzioni (come le
leggi Jim Crow).
Ad esempio, se a New York
vedo una donna nera con un passeggino con dentro un neonato bianco indovino che
è la babysitter, mentre non ne sono certo se vedo una signora bianca con
nel passeggino un bébé bianco. L’esperienza quotidiana mi porta a fare
quest’intuizione. E’ naturale ed inevitabile che noi umani usiamo
categorie e categorizzazioni, dice Gordon Allport ne “La natura del
pregiudizio”. Spetta poi all’intelligenza della ragione sapere
discernere ed evitare di colpevolizzare subito qualcuno per il colore della sua
pelle. Bloom scommette che fra
cent’anni saremo ancora qui a parlare dei nostri pregiudizi di gruppo. Ciò perché:
1) Noi siamo, secondo la
Teoria della Coalizione sopra esposta, orientati a creare (in fretta) coalizioni: il
semplice fatto di pensare qualcuno come membro di un out-group
(per esempio per una guerra) influenza i nostri sentimenti: nella Seconda
guerra mondiale, agli americani sono diventati odiosi i giapponesi (prima
considerati innovatori) e simpatici i cinesi (prima giudicati scaltri). Nella
Guerra Fredda, i russi (giudicati coraggiosi per aver aiutato l’America contro
Hitler) diventarono crudeli. Bloom critica come semplicistici test come quello che si vede
nell’episodio 5 della prima stagione di Lie to me, mentre sono rivelatori
di un reale disagio ad interagire con una razza diversa la misurazione del
tempo di reazione, la conduttanza cutanea e l’attivazione dell’amigdala.
2) Le differenze
esistono (come verso gli studenti universitari asiatici che in
America hanno più forza di volontà, disciplina e risultati migliori, come
spiega Daniel Goleman in Intelligenza Emotiva). “Si può rendere
l’argomento un tabù, ma senza un lavaggio del cervello non è possibile
riprogrammare il cervello delle persone per cancellare ciò che sanno” (pag.
113).
3)
Perché consideriamo familiari, e li favoriamo, persone che hanno
condividono i nostri geni che li rendono inclini ad avere
caratteristiche distintive: i gruppi umani sono come grandi famiglie. Famiglie che,
naturalmente, condividono lingua, cibi e alcuni valori comuni. E i vincoli più
saldi sono quelli familiari. I totalitarismi han tentato, invano, di sostituire
la famiglia con lo Stato o la Chiesa. Il senso di appartenenza ci dà felicità,
non vogliamo che la nostra cultura e la nostra lingua si estinguano. Insomma,
“i vantaggi della nostra natura campanilistica superano il prezzo da pagare”.
La Forza della Fede di Padre
Luther King: i Sermoni
Leader Morale della
Protesta dei Bus
Affronta le minacce di
morte
Ed è ucciso a 39 anni
Nel romanzo, sono (oltre che le ultime
violenze razzista) anche le manifestazioni di Padre Martin Luther King Jr (Atlanta, Georgia 1929 – Memphis 1968) a dare
coraggio alle domestiche di Jackson a testimoniare da Eugenia le loro storie.
Sono andato a rileggermi i sermoni
pronunziati nei templi protestanti battisti da Padre Martin Luther King Junior,
leader del movimento nero dei diritti civili negli anni Sessanta, Premio Nobel
per la Pace 1964, ucciso da un razzista fanatico poco prima del Presidente
Kennedy, che dopo un iniziale No, all’inizio della sua carriera, ai diritti ha
deciso di appoggiarlo apertamente. Figlio di un pastore protestante battista,
Martin Luther King Senior (1899 – 1984), leader del NAACP (National Association for the Advancement of Colored People), che lo chiamò così perché affascinato da Martin
Lutero (1483 - 1546). Nella sua biografia racconta di quando, da ritorno da
una gara di oratoria da lui vinta, fu costretto a cedere il posto a dei bianchi
e restare in piedi per 140 KM. Dopo la laurea in sociologia, lavora per una
compagnia ferroviaria e si licenzia dopo che il capo bianco lo chiama negro (nigger). Su suggerimento del padre,
divenne pastore dopo il baccalaureato al seminario teologico che era
frequentato soprattutto da bianchi. Si fidanza, si sposa, e consegue il PhD in
Filosofia alla Boston University (ove oggi insegna un altro Premio Nobel per la
Pace, Elie Wiesel). Riceve varie offerte e accetta, a 25 anni, di diventare il
pastore di una chiesa battista di Montgomery,
Alabama, nel Sud segregazionista ed entra nel NAACP come Rosa Parks, dopo il
cui caso, si forma la Montgomery
Improvement Association, di cui è eletto Presidente e che organizza il
boicottaggio degli autobus: c’era chi andava a piedi, chi in taxi (i
tassisti neri avevano abbassato le tariffe). Un segregazionista denunziò la
violazione della legge che impone una tariffa minima che i taxisti sono
obbligati a rispettare. Padre King ha una sua auto e offre anche lui passaggi
prendendo parte attiva alla protesta simbolica. Col falso pretesto di eccesso
di velocità, un poliziotto razzista lo ferma, lo arresta ed incarcera. King
riceve continue minacce: lettere e telefonate. Eppure è proprio lui, con la sua
oratoria, a placare gli animi: non si risponda alla violenza con la violenza. Anche
dal Giappone e dalla Svizzera arrivano finanziamenti al movimento. La Corte Suprema stabilisce che la segregazione
sui bus vìola il XIV emendamento della Costituzione: è incostituzionale. King
stesso farà il gesto incoraggiante di salire sull’autobus accanto ad un
reverendo bianco. King crea un riferimento per tutti i bianchi (che allora
guardavano solo alla propria parrocchia) con la Southern Christian American
Conference. Nel 1958 incontra il Presidente (1953 – 1961) Eisenhower
(1890 – 1969), repubblicano liberale. Obiettivo: l’abolizione delle leggi Crow.
Fu invitato alla cerimonia di nascita del Ghana che si affrancava dalla Gran
Bretagna. Mentre firmava autografi di un suo libro fu pugnalato al petto da una
squilibrata, una domestica di colore. Quando ad uno studente nero di un college della North Carolina fu
rifiutato il servizio ad una tavola calda, esplode il movimento di protesta
giovanile universitario. King l’incontra e l’invita a persuadère l’avversario,
non annientarlo. Quando Kennedy lo
incontra e lo rassicura di essere a favore del diritto di voto, King gli
ricorda la sua incoerenza: nel 1957 votò contro. Comunque, gli dà il
beneficio del dubbio e appoggia il candidato che ottiene il 70% dei voti dei
neri.
La Lettera Aperta dal
Carcere di Birmingham
“I TEMPI SONO SEMPRE
MATURI PER CIO’ CHE è GIUSTO”
“Come Socrate creiamo una Sana Tensione nella
Mente
per risvegliare le
Coscienze”
“Che delusione quei
cosiddetti moderati”
I 2 Opposti Estremismi
Neri:
La Violenza della Nation of Islam
e l’Adattamento di Poveri e
Classe Media
Fra il 1960 ed il 1964 nasce un movimento
di protesta a Birmingham, Alabama: fra i sit-in
di protesta i neri si stendono nei pavimenti dei locali off limits per loro sinché arriva la polizia a sgomberare. Loro non
reagiscono col contrattacco alle violenze verbali e fisiche. (Per fare un
confronto: a Stonewall, lo storico locale gay di New York, ai tempi in cui i
gay bar erano proibiti, la comunità fa la scelta opposta: lanci di bottiglie e
sassi contro l’ennesimo raid del NYPD
che deve intervenire a cavallo contro le barricate, sono i moti di Stonewall la
notte del 28 giugno 1969.)
Quando il tribunale impone di cessare le occupazioni dei locali, King è per la disobbedienza civile: disobbedire alle leggi ingiuste e pagarne le conseguenze. I neri che si lasciano arrestare opponendo una resistenza non violenta, come predicava King, sono così tanti che le prigioni sono sovraffollate. Arrestato per l’ennesima volta “per aver sfilato ad una manifestazione non autorizzata”, scrive il 16 aprile 1963 l’opera Lettera dal carcere di Birmingham (“la città degli Stati Uniti ove la segregazione è applicata nella maniera più totale” e “dove si sono avuti più attentati dinamitardi contro case e chiese di neri rimasti impuniti che in qualsiasi altra città americana”) che è la risposta aperta a quattro vescovi, un rabbino e tre reverendi i quali avevano lanciato un appello a combattere solo nei tribunali e non nelle strade per i diritti civili.
Martin Luther King durante una protesta in Mississippi |
Quando il tribunale impone di cessare le occupazioni dei locali, King è per la disobbedienza civile: disobbedire alle leggi ingiuste e pagarne le conseguenze. I neri che si lasciano arrestare opponendo una resistenza non violenta, come predicava King, sono così tanti che le prigioni sono sovraffollate. Arrestato per l’ennesima volta “per aver sfilato ad una manifestazione non autorizzata”, scrive il 16 aprile 1963 l’opera Lettera dal carcere di Birmingham (“la città degli Stati Uniti ove la segregazione è applicata nella maniera più totale” e “dove si sono avuti più attentati dinamitardi contro case e chiese di neri rimasti impuniti che in qualsiasi altra città americana”) che è la risposta aperta a quattro vescovi, un rabbino e tre reverendi i quali avevano lanciato un appello a combattere solo nei tribunali e non nelle strade per i diritti civili.
Ai provinciali che gli danno dell’intruso,
dell’agitatore forestiero, King risponde di fare come i Profeti dell’VIII
secolo a.C. e come i primi Cristiani che
recavano il loro messaggio al di fuori del proprio villaggio e hanno messo fine all’infanticidio e agli
show dei gladiatori: “Non posso starmene con le mani in mano ad Atlanta,
senza curarmi di quel che succede a Birmingham. L’ingiustizia che si verifica
in un luogo minaccia la giustizia ovunque.”
Illustra la sua filosofia su come si
articoli una “campagna nonviolenta”:
1)
“La
raccolta dei fatti per determinare se le
ingiustizie ci sono”;
2)
“La trattativa” con le autorità locali;
3)
“La
purificazione di sé stessi” dall’odio: “gruppi
di lavoro per chiedere più volte a noi stessi: “Sei in grado di ricevere
colpi senza restituirli?”, “Sei in grado
di sopportare la prova del carcere?”
4)
“L’azione diretta” di resistenza nonviolenta
(sit-in, cortei, boicottaggi) e di
“protesta creativa” (come la chiama in “I
Have A Dream”) al fine di creare una sana “tensione”, proprio “come Socrate stimava necessario creare
una tensione nella mente così che gli
individui si liberassero dalla servitù dei miti e delle mezze verità,
elevandosi fino al regno dell’analisi creativa e della disamina oggettiva”.
Nel caso di Birmingham, il movimento
aveva chiesto di rimuovere i cartelli con scritto “solo bianchi” accettando in
cambio una moratoria delle manifestazioni di protesta, ma l’impegno non è stato
mantenuto e il sindaco è segregazionista. Inoltre, denuncia che “in tutto
l’Alabama si adotta ogni sorta di espediente surrettizio per impedire ai neri
di essere registrati nelle liste elettorali, e in certe contee, dove pure i
neri costituiscono la maggioranza della popolazione, neppure uno solo di loro é
presente nelle liste.”
Dinanzi ai colleghi che definiscono
“intempestiva” l’azione, ironizza: non ho mai sentito un segregazionista che
trovasse tempestive le nostre iniziative, e nota: “Noi non abbiamo ottenuto un
solo progresso in materia di diritti civili senza una decisa pressione
esercitata con mezzi legali e nonviolenti.
Sappiamo per dolorosa esperienza che
l’oppressore non concede mai la libertà per decisione spontanea: sono gli
oppressi che devono esigere di ottenerla.” “Da anni sento dire la parola “Aspettate!”, che risuona all’orecchio
di ogni nero con stridente familiarità. Questo “Aspettate” significa quasi sempre “Mai”. Noi dobbiamo arrivare a
comprendere, insieme a uno dei nostri massimi giuristi, che "la giustizia ottenuta troppo tardi é giustizia negata".
“Noi aspettiamo da oltre 340 anni di ottenere i nostri diritti sanciti dalla
Costituzione e donati da Dio. Le nazioni asiatiche e africane si muovono con
velocità supersonica verso l’indipendenza politica, mentre noi ancora ci trasciniamo,
al passo di un calessino all’antica, per cercare di ottenere una tazza di caffé
al banco delle tavole calde.”
A chi obiettasse che da una parte egli
vuole l’applicazione della sentenza della Corte Suprema del 1954 ma dall’altra
predica la disobbedienza civile ad altre leggi, egli replica che esistono leggi
ingiuste che degradano la personalità umana e dunque è morale disobbedire in
modo nonviolento “Non sono in nessun senso favorevole a chi elude o sfida la
legge, come vorrebbe il segregazionista violento. Il risultato sarebbe
l’anarchia. Chi infrange una legge
ingiusta lo deve fare in modo aperto, con amore ed essendo quindi disposto ad
accettare la pena corrispondente”. “L’individuo che infrange una legge
perché la sua coscienza la ritiene ingiusta, ed é disposto ad accettare la pena
del carcere per risvegliare la coscienza
della comunità circa la sua ingiustizia, manifesta in realtà il massimo
rispetto per la legge”. Nella Bibbia ebraica, “ne esiste un esempio sublime nel rifiuto di Sidrac, Mesac e Abdenago
di obbedire al comando di Nabucodonosor in nome di una legge morale più alta”.
Qui MLK fa riferimento
ad un passo del libro del profeta Daniele (3): Sidrac, Mesac e Abdenago erano i
nuovi nomi babilonesi dati a questi prigionieri ebrei (Anania, Misaele ed
Azaria) che erano stati scelti da Nabucodonosor, “il re più malvagio di tutta
la terra” (3, 23) per essere educati a servirgli da paggi. Dinanzi al decreto
del sovrano megalomane di adorare la nuova statua idolatrica prostrandosi
dinanzi ad essa, pena l’essere gettati nella fornace ardente, i tre compagni
oppongono un netto e coraggioso rifiuto: “Ecco, c’è il nostro Dio che noi
serviamo, il quale può liberarci; ma anche se non lo facesse, ti sia noto, o
re, che noi, i tuoi dèi, non li serviremo e la tua statua d’oro non
l’adoreremo” (pag. 1629 della mia edizione della Bibbia Concordata, a cura della Società Biblica Italiana, volume
II, Mondadori, Milano 1968).
Ricorda il maestro di Platone che accettò
di bere la cicuta benché potesse scegliere l’esilio da Atene: “La libertà d’insegnamento di oggi é
diventata una realtà grazie a Socrate, che praticò la disobbedienza civile”. Altra disobbedienza quella della Rivolta
del Thé di Boston nel 1773 quando un gruppo di coloni americani, travestiti da
indiani, gettarono in mare l’intero carico di thé (bene di consumo diffusissimo
su cui gravava un’odiosa tassa a favore della corona inglese) di una nave della
Compagnia inglese delle Indie orientali ormeggiata nel porto di Boston. Distingue
fra legalità e legittimità: “Non dovremmo mai dimenticare che tutto quel che ha
fatto Adolf Hitler in Germania era "legale", e tutto quel che hanno
fatto in Ungheria” i combattenti per la libertà era “illegale”” (riferimento
alla rivolta dal 1956 contro Mosca). Altro esempio: “Nella Germania di Hitler
aiutare e confortare un ebreo era “illegale”. Eppure sono sicuro che, se fossi
vissuto nella Germania di allora, avrei aiutato e confortato i miei fratelli
ebrei. Se oggi vivessi in un paese comunista, dove certi principi cari alla
fede cristiana sono banditi, propugnerei apertamente la disobbedienza alle
leggi antireligiose di quel Paese.” “Devo
confessare che negli ultimi anni i bianchi di opinioni moderate mi hanno dato
una grave delusione.
Nel cammino dei neri verso la libertà l’ostacolo
maggiore non é l’aderente al “White
Citizens Council” [Consiglio dei
cittadini bianchi], o l’affiliato del Ku Klux Klan, bensì il bianco moderato, che ha a cuore
l’"ordine" più della giustizia; che preferisce la pace negativa, ossia l’assenza di tensioni, a una pace positiva, ossia la presenza della giustizia; che dice sempre: "Sono
d’accordo con voi per quanto riguarda gli obiettivi che vi prefiggete, ma non
posso essere d’accordo con i vostri metodi di azione diretta"; che crede, nel suo paternalismo, di poter
essere lui a determinare le scadenze della libertà di un altro; che vive secondo un concetto mitico del tempo
e continua a consigliare ai neri di attendere "un momento più
propizio". La scarsa comprensione da parte di persone bendisposte é ben
più frustrante dell’assoluta incomprensione mostrata da chi é maldisposto.
L’accettazione tiepida sconcerta assai più del rifiuto secco.”
“Avevo sperato inoltre che i bianchi
moderati respingessero la visione
mitica del tempo per quanto riguarda la lotta per la libertà. Ho appena ricevuto una lettera da un
fratello bianco che vive in Texas. Mi scrive: "Tutti i cristiani sanno che prima o poi ai popoli di colore sarà
data la parità di diritti, ma può darsi
che lei esageri nella sua ansia religiosa di accelerare i tempi.
Il
cristianesimo ha impiegato quasi duemila anni per arrivare dov’é oggi. La
dottrina di Cristo richiede tempo per scendere sulla terra".
Quest’atteggiamento nasce da una
concezione tragicamente errata del tempo, dall’idea curiosa e irrazionale che lo scorrere del tempo abbia in sé stesso
l’immancabile dote di guarire ogni male.
In realtà, il tempo é neutro: può essere usato in modo distruttivo oppure
costruttivo. Io ho la sensazione sempre più forte che le persone malintenzionate abbiano saputo usare il tempo in modo assai
più efficace, rispetto alle persone benintenzionate.” “Il progresso umano non viaggia sui binari dell’inevitabile: si
produce grazie agli sforzi instancabili di uomini disposti a collaborare con
Dio, e senza il loro duro lavoro il tempo stesso diventa un alleato delle forze
della stagnazione sociale. Dobbiamo
usare il tempo in modo creativo, sapendo che i tempi sono sempre maturi per
fare quel che é giusto. E’ adesso il momento giusto per attuare nella
realtà la promessa della democrazia, per trasformare la nostra elegia nazionale
sospesa in un salmo creativo di fraternità.”
Mostra
la sua difficoltà nel proporre la sua terza via: “All’interno della comunità
nera mi trovo preso fra due forze opposte:
1) “Una
é la forza dell’acquiescenza
costituita in parte da neri che dopo lunghi anni di oppressione hanno perduto a
tal punto il rispetto di sé e il sentimento di essere persone da arrivare a
adattarsi al regime segregazionista; e in parte, da un ristretto numero di neri
appartenenti alla classe media i quali, poiché posseggono una certa misura di
sicurezza accademica ed economica e in certo modo traggono vantaggio dal
segregazionismo, sono diventati insensibili ai problemi delle masse.”
2) “L’altra
forza é costituita dal rancore e dall’odio, e si avvicina pericolosamente all’idea di propugnare la
violenza: si esprime nei diversi gruppi dei nazionalisti neri che stanno
nascendo in tutto il paese, fra i quali il più vasto e celebre é il movimento musulmano di Elijah Muhammad.
Si tratta di una formazione alimentata dal senso di frustrazione che coglie i
neri di fronte alla persistenza della discriminazione razziale, costituita da persone che hanno perduto la fede nell’America,
hanno ripudiato del tutto il cristianesimo, e si sono persuase che l’uomo
bianco é un "demonio" irrecuperabile.
”
La terza via, “il metodo” di MLK viene
definito da alcuni come “estremista”. Ma, ribatte King, l’ebreo “Gesù non era forse un estremista
dell’amore?” L’ebreo “Amos non era
forse un estremista della giustizia?” quando disse “Il diritto abbia il suo
corso come l’acqua, e la giustizia come un fiume perenne” [Am, 5, 24].
Nonostante la solidarietà di alcuni
membri delle chiese e rabbini, King (assieme a molti giovani dell’epoca) si
dichiara deluso dalle chiese: “Pensavo
che i ministri del culto protestante, i sacerdoti cattolici, i rabbini del Sud
sarebbero stati i nostri più forti alleati. Invece, alcuni si sono opposti a
noi in modo diretto, rifiutando di comprendere il movimento per la libertà
e descrivendo i suoi dirigenti sotto una luce inesatta; e fra gli altri, fin troppi si sono mostrati cauti piuttosto che
coraggiosi, restando in silenzio dietro la sicurezza anestetizzante delle
vetrate istoriate.
” “Ho udito numerosi capi religiosi del Sud esortare i
loro fedeli a conformarsi a una sentenza che abolisce il segregazionismo perché
questa é la legge, ma avrei tanto desiderato sentire i ministri del culto
bianchi dichiarare: “Obbedite a questo decreto perché l’integrazione é
moralmente giusta, e perché i neri sono vostri fratelli”.”
“Ho sentito molti ministri dire:
"Sono problemi sociali, che non riguardano davvero il vangelo". E ho visto molte chiese dedicarsi a una
religione del tutto ultramondana, che traccia una strana distinzione, estranea
alla Bibbia, tra corpo e anima, tra sacro e laico.”
C’è anche un altro spunto per noi oggi:
laddove King lamenta la maniera di rivolgersi agli uomini e alle donne di
colore. A Milano càpita di sentire (ad esempio nelle casse del supermercato)
appellarsi ad un cliente di razza non bianca con la seconda persona singolare.
Questo “tu” è, inconsciamente, razzista.
****
Thoreau, teorico della
Disobbedienza Civile:
come per King “Non basta il buon voto e attendere,
bisogna agire contro le leggi ingiuste”
Una delle fonti d’ispirazione del
concetto di disobbedienza civile è l’americano del Massachusetts Henry David Thoureau (Concord 1817 –
1862). Non sarà stato un eroe, ma ha scritto il saggio “Resistance to Civil Government” (1849, da una sua conferenza del 1848), poi pubblicato postumo col
titolo “Civil Disobedience” (“Disobbedienza
Civile”, che cito dalla mia edizione Rizzoli – Corriere della Sera, Milano
2010, collana “I Classici del Pensiero Libero”) che Gandhi ha definito
“un’opera magistrale”. Per il suo amico Emerson fu “una delle menti filosofiche
più sottovalutate che l’America abbia prodotto”. Ecologista ed ambientalista,
appartiene assieme a Walt Whitman e Nathaniel Hawthorne, alla filosofia del
trascendentalismo che lega e riconcilia l’essere umano alla natura (vedasi la
sua opera Walden ovvero Vita nei Boschi).
Il concetto fondamentale è che è la
coscienza del cittadino che giudica il potere politico, e non viceversa. La sua
protesta (nel 1846 non pagò le tasse e fu messo in carcere, ove resta una sola
notte perché una zia paga il tributo) nasce contro lo schiavismo (come ricordo
nello schema più sotto, nel 1641 fu il primo stato a legalizzare la schiavitù),
contro le Fugitive Slave Law (1793 –
1850, che obbligavano a denunziare gli schiavi fuggitivi e costringevano gli
Stati abolizionisti a restituire gli schiavi), e contro la Guerra contro il
Messico. “Quando 1/6 della popolazione di uno Stato, che s’è impegnato ad
essere il rifugio della libertà, è formato da schiavi, penso che una ribellione
degli onesti non sarebbe affatto prematura” (pag. 21): il concetto di usare il
tempo in maniera creativa, non essere attendisti, ma intraprendere un’azione
positiva, è lo stesso di Martin Luther King.
Biasima i cittadini che stanno a guardare
e non fanno nulla: “Esitano, si dispiacciono, talvolta scrivono delle
petizioni, ma di serio e che abbia un qualche effetto…nulla. Aspetteranno con
l’animo ben disposto, che altri pongano rimedio al male così da non doversene
più dispiacere essi stessi” (pag. 24). Il buon voto non basta: “Persino votare per ciò che è giusto è come
non fare nulla per esso: significa soltanto esprimere debolmente il desiderio
che ciò che è giusto prevalga. Un uomo saggio non lascia il giusto alla mercé
del caso” (pagg. 24 – 25). “Le leggi ingiuste esistono. (…) L’opinione
corrente è che, per emendarle, si deve attendere il momento in cui avremo
persuaso la maggioranza a farlo; e che opporsi a quelle leggi sarebbe un
rimedio peggiore del male” (pag. 21). Invece, “coloro che si autodefiniscono
Abolizionisti” (maiuscolo nel testo, ndr) “dovrebbero subito, effettivamente,
rifiutare il loro appoggio al governo del Massachusetts invece di attendere il
momento in cui avranno costituito una maggioranza di uno per far prevalere ciò
che è giusto. Penso che dovrebbe bastargli la certezza d’avere Dio dalla loro
parte e che non occorre aspettare nessun altro appoggio” (pag. 31).
Quando l’abolizionista John Brown (1800 –
1859), che aveva assaltato un arsenale di truppe federali in Virginia, viene
condannato all’impiccagione per altro tradimento, Thoreau pronunzia un eulogio
dell’amico (“A Plea for Captain John
Brown”, contenuto nello stesso volumetto).
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Fra le varie proteste c’è anche la “Crociata dei bambini”, e la polizia usa le pompe antincendio contro di loro. L’azione funziona e le leggi Crow di Birmingham vengono annullate. Kennedy finalmente si decide e presenta un ddl sui diritti civili. Il 28 agosto 1963 viene organizzata molto bene la Grande Marcia su Washington per celebrare la Proclamazione di Emancipazione di Lincoln e chiedere il salario minimo di due dollari l’ora. Kennedy, inizialmente contrario per i possibili disordini, infine partecipa e stringe la mano a King che pronunzia lo storico discorso “I have a dream”. Detrattori della marcia erano gli oppositori citati sopra: Malcom X (1925 – 1965) e gl’islamici neri della Nation of Islam, setta fondata nel 1830 che predica di abbracciare la religione dominante dei Paesi d’origine africani, l’Islam (tutt’oggi esistente e diretta da Louis Farrakhan, un antisemita la cui marcia a Washington, la Million Man March del 1995, fu vietata alle donne. Malcom X non comprendeva la differenza fra il non opporre resistenza e l’opporre invece una resistenza nonviolenta ed inoltre considerava sua patria l’Africa e non gli Stati Uniti, a differenza di King che citava le parole di Thomas Jefferson nella Costituzione americana: “Noi riteniamo queste verità essere evidenti di per sé, che tutti gli uomini sono creati uguali...”. Giorni dopo una bomba in una chiesa nera di Birmingham costa la vita a quattro bimbe di colore. Sarà King a pronunziare l’omelia. Il 22 novembre a Dallas Kennedy è ucciso, gli subentra il vice Lyndon Johnson che fa approvare il Civil Rights Act del 1964/5. King gli propone di riformare il sistema di voto, viziato dal fatto che c’erano amministratori locali segregazionisti e che si doveva passare un test per dimostrare di saper leggere e scrivere. Una domenica del 1965 organizza una Marcia su Montgomery, capitale dell’Alabama, è la Bloody Sunday (domenica di sangue). Pochi giorni dopo, il Presidente Lyndon Johnson annunzia il Voting Rights Act.
King visitò varie città, come il ghetto
nero delle violenze della polizia di Los Angeles e Chicago, ove si trasferì per
provare a vivere con i poveri e fece proposte per la questione degli alti
affitti. Divenne suo collaboratore il giovane studente di seminario Jesse
Jackson (che negli anni Ottanta divenne politico del Partito Democratico). Il 3
aprile 1968, nell’affacciarsi dal balcone di un motel di Memphis fu colpito da
un proiettile di un fucile di precisione: l’assassino, reo confesso, scampa la
pena di morte ed è condannato a 99 anni di carcere. La moglie fa pronunziare al funerale un discorso di King ove dice il
suo No alla guerra in Vietnam e ricorda le opere di misericordia ebraiche: dare
da mangiare agli affamati e da bere agli assetati, che riassumono quello
spirito di compassione come aiuto attivo al nostro prossimo (cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2014/09/la-via-della-compassione-creativa.html). Una curiosità: il Capo dell’FBI Edgar
Hoover (intorno alla cui figura il Premio Oscar Clint Eastwood ha girato il film
“J Hedgar”) fece intercettare King e
tentò di persuadère Kennedy che fosse un comunista per via del fatto che un suo
collaboratore lo era, nonostante (come vedremo) King condannasse la filosofia
del comunismo (sermone 11). Kennedy gli consigliò d’interrompere quella
collaborazione che poteva danneggiare la causa. Nel 1983 il Presidente (1981 –
1989) Ronald Reagan (1911 – 2004) istituì una giornata commemorativa, ogni
terzo venerdì di gennaio, vicino alla sua data di nascita, il 15, che solo nel
1993 fu celebrata in tutti quanti gli Stati. Le canzoni “Pride” (“In the Name of Love”) del gruppo
irlandese U2 e “If I can Dream”, di Elvis Presley sono dedicate a lui.
Ora vediamo i suoi argomenti e la forza
della sua retorica carica di passione e fede cristiana dal suo libro “La
forza di amare”, collana “La scala di Giacobbe”, fondata da Aristide
Vesco, edizione italiana a cura di Padre Ernesto Balducci, SEI, Torino 1968,
prima ediz. it. 1967, titolo originale “Strength
to Love”, Harper & Row 1963). Egli ci parla della compassione autentica
come compartecipazione sia alle gioie sia ai dolori del nostro prossimo (la
gioia per la sentenza della Corte Suprema e i dolori della segregazione, per
esempio): una definizione che si accorda perfettamente con la proposta per una “spiritualità adulta e appassionata” di
Padre Matthew Fox che “parte dalla constatazione che le tradizioni
spirituali occidentali sono dei tesori inesplorati, colmi di verità sul lato trascurato del cervello” (“Compassione”, Claudiana, Torino 2014,
pag. 117): “Alcuni elementi della compassione si ottengono soltanto a prezzo
del dolore, mentre ci sono altri elementi che si ottengono soltanto se si è
conosciuto il significato della parola “gioia”.
Sono prediche estremamente equilibrate
(che espongono sempre una terza via fra due estremi opposti, come vedremo) e di
valore storico culturale e letterario, ricche d’immagini icastiche: come la
Chiesa “rimasta silenziosa dietro i vetri delle finestre” o la ripresa
dell’immagine classica dello specchio di Narciso per descrivere il giovane
stolto del Vangelo o la vita come “perpetuo inverno” di chi ha “acutezza di
mente” ma “durezza di cuore”; o ancora quando per descrivere l’oscurantismo della
Chiesa usa l’immagine dell’uomo che suona il campanello a “mezzanotte” della
parabola evangelica; o quando riprende la storia biblica quando paragona i
razzisti del Sud ai faraoni che tenevano prigionieri gli Ebrei.
Il sermone/1:
“Siete indietro a causa
della Segregazione
(E non viceversa come
pensano i Razzisti)
No all’Odio né alla
Passività:
Resistenza Nonviolenta e
Comprensione
Siate come Dio: acuti di
Mente e teneri di Cuore”
“Il
pregiudizio razziale è basato su timori
privi di fondamento (…) Vi sono uomini di mente angusta che sostengono che
la segregazione razziale dovrebbe essere perpetuata perché i negri sono indietro nei titoli accademici, nell’igiene e nel
livello morale: non sono abbastanza acuti da rendersi conto che i livelli inferiori sono il risultato della
segregazione e della discriminazione” (pag. 21). L’intelligenza di per sé
non basta, dev’essere orientata al bene: “L’acutezza di mente senza tenerezza
di cuore è fredda e distaccata e rende la vita un perpetuo inverno” (pag. 22). “Il ricco stolto” (della parabola, che citerà
di nuovo in un altro sermone) “fu condannato non perché non avesse una mente
acuta, ma piuttosto perché non aveva un cuore tenero: la vita, per lui, era uno specchio nel quale egli vedeva solo sé
stesso, e non una finestra attraverso la quale vedeva gli altri esseri” (pag.
23). King riprende qui l’immagine classica del mito greco di Narciso il quale
amava specchiarsi nell’acqua ove vedeva solo sé stesso (e morirà suicida per
questa sua alienazione): come ben ricorda il filosofo hegeliano Mancuso (La
vita autentica, Raffaello Cortina, Milano 2009, pag. 88) Hegel (in Fede
e sapere, 1802, traduzione italiana di Remo Bodei, apud Primi scritti
critici, Mursia, Milano 1971, pagg. 210 – 211) definisce l'inferno proprio
come questa condizione tutta terrena.
Padre
Luther King risponde No agli opposti estremismi di (da una parte) quei neri “di mente pusilla” che
“si rassegnano” e si adattano all’oppressione da una parte e (dall’altra parte) quei neri che “vorrebbero combattere gli
oppositori con la violenza fisica e con l’odio corrodente”.
Ai primi dice: “l’acquiescienza è
codardia”, “non possiamo guadagnare il
rispetto dei bianchi se preferiamo rinunziare al futuro dei nostri figli per la
nostra personale sicurezza e comodità”, “accettare passivamente un sistema
ingiusto significa cooperare e divenire così complici del male”. Quanto ai
secondi, “la violenza porta solo vittorie temporanee” e su questo concetto egli
ritornerà spesso, come vedremo. Egli
propone dunque “una terza via”, un
“metodo” (pag. 25): “la resistenza
non violenta che unisce l’acutezza
di mente e la tenerezza di cuore” cioè “austerità” (prudenza) e
“mansuetudine”, ossia “una sintesi creativa di amore e giustizia”. “La Bibbia,
sempre chiara nell’insistere su entrambi gli attributi di Dio, rappresenta la
sua acutezza di mente nella giustizia e nell’ira e la sua tenerezza di cuore
nell’amore e nella grazia” (pag. 25). “Da una parte, é un Dio di giustizia che
punisce Israele per le sue azioni malvage, dall’altra egli è un padre
indulgente, il cui cuore si ricolma di gioia quando il figliuol prodigo ritorna
a casa” (pag. 26: una parabola, questa, che ritornerà nel sermone 10). Il
reverendo insiste che Dio è, insieme, intelligenza attiva e compassione: non è
solo uno di questi due lati. Se fosse solo il primo sarebbe contemplativo e
senza compassione per noi, come lo immagina il filosofo greco Aristotele nella
“Metafisica”. Non è il dio dei
filosofi e degli scrittori e poeti: “Se Dio fosse soltanto prudente, egli
sarebbe un freddo, spassionato despota che ‘contempla tutto’ da un lontano
cielo, come lo immagina Tennyson” (poeta inglese, 1809 – 1892) “nel suo The Palace of Art: sarebbe il ‘motore
immobile’ di Aristotele, che conosce sé stesso, ma non ama alcuno (cfr. il
sermone 7). “Se Dio fosse soltanto tenero di cuore, sarebbe troppo semplice e
sentimentale per poter agire quando le cose vanno male e incapace di
controllare la sua Creazione. Sarebbe simile all’amabile Dio di H. G. Wells”
(scrittore britannico, 1866 – 1946) “in “God,
the Invisible King”, che desidera vivamente creare un mondo buono, ma si
trova impotente di fronte alle insorgenti potenze del male” (pag. 26). “Il
nostro Dio riunisce nella sua natura una sintesi creativa di amore e giustizia”
(pag. 27) e noi siamo fatti ad immagine e rassomiglianza Sua.
Sermone/2: la Forza
Creativa del Cristianesimo
“Molti Bianchi sono contro
la Segregazione
Ma non osano dichiararlo in
Pubblico”
“I Cristiani siano Non
Conformisti Creativi
Trasformino l’Odio in Amore
Attivo”
“Noi,
in quanto cristiani, abbiamo il mandato di essere anticonformisti” (pag. 31). “Molti bianchi, nel Sud, si oppongono
sinceramente, in privato, alla segregazione e alla discriminazione, ma temono
di condannarle pubblicamente” così come “milioni di cittadini deplorano
profondamente che il complesso militare-industriale troppo spesso diriga la
politica nazionale, ma non vogliono essere considerati antipatriottici” (pag.
35) così come chi critica il capitalismo tradizionale ha tema di venire
chiamato antiamericano. “In nessun luogo la tragica tendenza al
conformismo è più evidente che nella Chiesa, un’istituzione che spesso è
servita a cristalizzare, conservare e anche benedire i moduli dell’opinione
della maggioranza. La sanzione data in passato alla schiavitù” (dei neri,
appunto) “alla segregazione razziale, alla guerra e allo sfruttamento economico
è la prova del fatto che la Chiesa ha prestato orecchio più all’autorità del
mondo che all’autorità di Dio. Chiamata a essere custode morale della comunità,
la Chiesa a volte ha protetto ciò che è immorale; chiamata a combattere le
ingiustizie sociali, è rimasta silenziosa dietro i vetri delle finestre” (pag.
36). “Il non-conformismo, in quanto
tale, comunque, può non essere necessariamente buono” e può essere solo
“esibizionismo”: “il non-conformismo è
creativo quando è controllato e diretto da una vita trasformata” (pag. 38)
“in spirito di umiltà e amore”
secondo l’ammonimento di Paolo di Tarso: “Non siate conformati a questo mondo,
ma trasformatevi rinnovando la vostra mente” (Lettera ai Romani, 12, 2, il termine greco è metanoia). C’è qui sia la Via
Creativa sia la Via Transformativa
di Matthew Fox, ammiratore di Martin Luther King: la creatività è buona solo se
orientata al suo fine più giovevole, la compassione.
“Il non-conformista trasformato non
indulge mai a quella passiva specie di
pazienza che è una scusa per non far niente. E la sua reale trasformazione
lo salva dal pronunziare parole
irresponsabili, che allontanano senza riconciliare” (pag. 39).
Sermone/3: “La Vera
Compassione
è Eguaglianza e Rispetto per la Persona
“Non è Pietismo né Paternalismo”:
King è in linea con Matthew
Fox
“Non far qualcosa per gli Africani,
ma CON loro”
Il Samaritano non si chiese
“Che mi succederà?” bensì “Cosa gli succederà?”
Ho già parlato dell’empatia e della
compassione (http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/allenare-lattenzione-muscolo-della.html, http://lelejandon.blogspot.it/2014/09/la-via-della-compassione-creativa.html)
ed anche citato la Parabola del Buon
Samaritano in entrambe le occasioni: anche Padre Luther King menziona il
passo evangelico come modello del non conformismo cristiano e come aiuto attivo
e concreto al nostro prossimo, fedelmente allo spirito ebraico ove la parola
“compassione” è spesso indicata nella forma di un verbo di movimento.
"The Good Samaritan" ("Il Buon Samaritano"), opera dell'americano contemporaneo Jared Small (collezione privata di Dina e Brad Martin). |
King ci
ricorda che esistono obblighi coercitivi (le leggi positive) ed obblighi
(morali) non coercitivi (le leggi divine non scritte di cui ho parlato nella
mia recensione a “Philomena”: http://lelejandon.blogspot.it/2014/07/il-viaggio-della-speranza-di-philomena.html):
il cristiano ispira la sua azione alla compassione come fa il samaritano buono.
Tale maniera di considerare l’autentica
compassione è perfettamente in linea col pensiero del teologo contemporaneo
americano Matthew Fox nel suo libro Compassione
(Claudiana, Torino 2014, http://lelejandon.blogspot.it/2014/09/la-via-della-compassione-creativa.html).
Spiega bene King: “La simpatia nasce
dalla premura per un particolare essere
umano bisognoso che giace all’angolo della strada della vita” (pagg. 52 –
53). “Il vero amor di prossimo esige interessamento
personale” (pag. 53). “I nostri sforzi missionari falliscono quando sono
fondati sulla pietà, piuttosto che sulla vera compassione.” Anziché un’elemosina
calata dall’alto della commiserazione, Padre King invita a far partecipare chi
ha bisogno: “Invece di cercare di fare
qualcosa con le popolazioni africane e asiatiche, troppo spesso noi abbiamo
cercato soltanto di fare qualcosa per loro” (come Hilly che è tanto orgogliosa
delle charity da lei organizzate per
“i bambini poveri africani”, salvo poi non avere scrupoli morali a maltrattare
la propria domestica afroamericana, licenziarla per un nonnulla o negare un meritato
prestito d’onore alla nuova domestica). “Una manifestazione di pietà priva di
genuina simpatia porta ad una nuova
forma di paternalismo, che nessuna
persona che si rispetti può accettare”.
Come Fox, King dice che compassione vera
è attivarsi per la giustizia sociale: “La
filantropia è lodevole, ma non deve
far trascurare al filantropo le circostanze d’ingiustizia” (pag. 53). Ed indica la via della lotta per la giustizia
è questa: “Per conquistare il regno di un mostro malvagio chiamato segregazione
e del suo inseparabile gemello chiamato discriminazione, un mostro che è andato
errando attraverso questo Paese per quasi un centinaio d’anni, spogliando
milioni di negri del loro senso di dignità e derubandoli del loro diritto
nativo alla libertà” (pag. 55).
E
coglie proprio una contraddizione che nel romanzo “The Help” Eugenia rinfaccia ad Hilly: “Milioni di dollari missionari sono
andati in Africa attraverso le mani di gente di chiesa, che morirebbero milioni
di volte piuttosto di concedere ad un solo africano il privilegio di
partecipare al culto nella loro congregazione” (pag. 53, con riferimento
all’esistenza delle chiese per soli bianchi, cfr. sermone 5).
Sermone/4: Come e Perché
non Odiare
Perdono significa evitare
il blocco dell’Odio,
Provare a Comprendere con
Buona Volontà
Nel film e nel romanzo The Help vediamo che Eugenia perdona la
madre per aver cacciato in malo modo Constantine. Ma che cosa significa,
concretamente, il perdono cristiano di Gesù che, addirittura, invita a
“perdonare settanta volte sette” (come dire spesso e volentieri)?
-
Primo,
che “l’azione malvagia non costituisce più un
blocco mentale che impedisce una nuova relazione” (pag. 79)
-
Secondo,
dice citando il dialogo Fedro di
Platone, il “riconoscere che l’azione
malvagia del vicino-nemico non esprime mai interamente tutto ciò che egli è.
Ciascuno di noi è in qualche misura una persona schizofrenica, tragicamente
divisa in sé stessa. (…) Qualcosa dentro di noi ci spinge a concordare con Platone che la personalità
umana è simile ad un cocchiere che guida due cavalli, testardi, ciascuno
dei quali vuole andare in una direzione diversa. (…) Vi è qualcosa di buono
anche nel peggiore di noi, e qualcosa di malvagio anche nel migliore; quando ce
ne rendiamo conto, siamo meno inclini a odiare i nostri nemici” (pag. 79, cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2014/02/senza-rimorso-colpa-o-pieta-come.html)
benché ciò sia sconfermato nel caso eccezionale dei sociopatici i quali hanno
un grado zero negativo di empatia, e non provano rimorso, senso di colpa né
pietà.
-
Terzo,
non dobbiamo cadere nella tentazione di sconfiggere sino in fondo ed umiliare
il nemico: “Ogni parola ed ogni atto
devono contribuire ad una comprensione col nemico e sprigionare quelle
riserve di buona volontà che sono state bloccate dalle impenetrabili muraglie
dell’odio”, e comprensione è proprio il significato della parola greca agape per indicare lo spirito di carità
fraterna cristiana (pagg. 80 – 81).
“L’Odio produce Squilibri Mentali,
come il Razzismo
L’esempio di Lincoln che
scelse come Segretario
L’avversario che lo odiava
ed insultava
L’Amore è la Forza Creativa
più Duratura”
Dopo aver visto il come (in cosa consiste
il perdono: evitare il muro, la chiusura e l’umiliazione dell’altro), King
passa al perché: per quale ragione non vale la pena odiare?
- Primo, perché “l’odio moltiplica
l’odio”;
- Secondo, perché fa egualmente male
anche alla personalità di chi lo coltiva (pag. 83). E qui King affronta il
pregiudizio razzista anche dal punto di vista antropologico e psichiatrico:
cita il sociologo Edward Franklin Frazier (1894 – 1962) che in “La patologia del pregiudizio di razza”
mostra come sia una reazione squilibrata quella di bianchi “normali amabili e
simpatici nelle loro relazioni con altri bianchi ma che, invitati a pensare i
negri come eguali o anche a discutere la questione dell’ingiustizia razziale,
reagivano con incredibile irrazionalità
e con uno squilibrio del tutto anormale.
Ciò accade quando l’odio ristagna nella nostra mente” (pag. 83), reazioni
scomposte che talora si vedono ancora oggi dinanzi alle proposte sui diritti
civili delle coppie e famiglie gay da parte di chi coltiva ciò che in
psichiatria si chiama “ostilità ossessiva”;
- Terzo, perché la comprensione è
“l’unica forza capace di trasformare un nemico in un amico”, come fece Abramo Lincoln (1809 – 1865) il
quale era costantemente attaccato con
insulti da un suo avversario politico (Edwin McMasters Stanton, 1814 - 1869) eppure,
quando fu eletto Presidente, scelse proprio lui come Segretario della Guerra
(pagg. 83 – 84, oggi potremmo citare l’esempio del Presidente Premio Nobel per
la Pace Obama che, dopo essere stato ingiustamente insultato dal team dell’ex avversaria alle primarie,
ha scelto proprio l’ex sfidante come Segretario di Stato, anche per spirito di
unità nel Partito democratico). Non è un caso che anche Lincoln, il Presidente che propone ed ottenne dal Congresso
l’abolizione della schiavitù, venne
ucciso da un fanatico razzista proprio come Martin Luther King e Kennedy (cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2013/05/la-natura-dei-sogni-dallimmaginario-dei.html). L’amore attivo inteso come comprensione
misericordiosa ed apertura all’altro è “il potere
più duraturo che vi sia al mondo. Questa forza creativa, così splendidamente
esemplificata nella vita del nostro Signore Gesù Cristo, è il più potente
strumento disponibile nell’umana ricerca della pace e della sicurezza” (pag.
87). Ed é un esempio perfetto della Via
Transformativa di cui parla Matthew Fox: trasformare la realtà mediante la compassione.
Sermone/5: “La Storia
insegna: Mai Perdere la Fede”
Il Pessimismo e poi la
Gioia per la Storica Sentenza
“La Corte Suprema: la Segregazione
sui Bus a Montgomery è Incostituzionale”
La Parabola dell’Amico che
suona a Mezzanotte
“Sempre le Minoranze Creative
a rendere il Mondo Migliore”
(Dati
recentissimi mostrano lo stesso fenomeno in Cina, ove ufficialmente il
governo è ateo: la Cina è la più grande fabbrica di Bibbie della terra,
riferisce il Financial Times, e il
cristianesimo, in maggioranza protestante, si sta diffondendo sempre più in
quel Paese neocapitalista, i cui cristiani potrebbero essere 100 milioni, più
dei membri del Partito unico Comunista, sicché la Cina sarebbe il primo paese
cristiano nel mondo.
E qui King ritorna sulle colpe morali
delle chiese cristiane: “Una delle più
vergognose tragedie della storia è che proprio l’istituzione che dovrebbe
sottrarre l’uomo alla mezzanotte della segregazione razziale partecipa nel creare
e nel perpetuare la mezzanotte. (…) La Chiesa si è allineata con le classi
privilegiate ed ha talmente difeso lo status
quo da non essere disposta a rispondere al colpo bussato alla porta nella
mezzanotte. La Chiesa ortodossa in Russia si alleò con lo status quo e si legò così indissolubilmente al dispotico regime
zarista che divenne impossibile liberarsi del corrotto sistema politico e
sociale senza liberarsi della Chiesa. (…) La Chiesa deve ricordarsi di non
essere né la padrona né la serva dello Stato, ma piuttosto la coscienza dello
Stato: dev’essere la guida e la critica dello Stato, e mai il suo strumento. Se la Chiesa non ritrova il suo zelo
profetico, diverrà un irrilevante club sociale, senz’autorità morale o
spirituale. (…) La cosiddetta Chiesa negra ha anch’essa deluso gli uomini della
mezzanotte. Dico cosiddetta Chiesa negra perché idealmente non vi può essere Chiesa negra né Chiesa bianca: è a loro perenne
vergogna che i cristiani bianchi hanno sviluppato all’interno della Chiesa un
sistema di segregazione razziale.” (pagg. 97 – 98). E critica due tipi di
chiese negre: il primo riduce il culto ad intrattenimento sicché i suoi membri
“possono avere più religione nelle mani e nei piedi che nei cuori”; il secondo
ha un culto “freddo e insignificante, la musica uggiosa e incapace d’ispirare”
(pagg. 99 – 100).
Poi, una nota personale quando parla del
retroscena della sua iniziativa creativa di boicottaggio degli autobus:
“All’inizio del boicottaggio degli
autobus a Montgomery, Alabama, noi organizzammo un servizio volontario di
vetture per condurre le persone al lavoro e poi riprenderle. Per undici
lunghi mesi il nostro servizio di trasporto funzionò. (…)”. Poi, l’ingiusta
sentenza: “Ebbi la responsabilità di avvertire la gente che il servizio di
autovetture sarebbe stato probabilmente proibito. (…)” Nonostante il suo
incoraggiamento nel sermone, “potevo sentire la fredda brezza del pessimismo
passare sull’uditorio: la luce della speranza era sul punto di svanire e la
lampada della fede spegnersi. Poche ore dopo, dinanzi al giudice Carter, la
città sostenne che noi stavamo gestendo una ‘impresa privata’ senza una
licenza. I nostri avvocati sostennero brillantemente che il servizio di
autovetture era un sistema volontario di ‘dare un passaggio’, fornito senza
alcun profitto come un servizio delle Chiese negre. Era evidente che il giudice
Carter avrebbe deciso in favore della città.” Poi, la sorpresa e la gioia: “La Suprema Corte degli Stati Uniti ha oggi
deciso all’unanimità che la segregazione sugli autobus a Montgomery, Alabama, è
incostituzionale”.
Una curiosità: la parola “boicottaggio” (“boycott”) e “boicottare” (“to boycott”) deriva dal nome di Charles
Cunningham Boycott (1832 – 1897), amministratore delle tenute irlandesi di Lord
Erne (un pari e politico): i contadini alle sue dipendenze nel 1880 si
rifiutarono di lavorare a causa del trattamento inumano al quale erano
sottoposti.
Sermone/6: il Giovane
che dimentica le Relazioni
Che dimenticava di essere
grato ai Collaboratori
A colazione ricordiamoci
dell’interdipendenza globale
Il Caffè dal Sud America e
il Cacao dall’Africa
Perché quell’uomo che sarebbe considerato
“di successo”, nella parabola evangelica del giovane ricco, fu chiamato invece
“stolto” da Gesù?
Gesù non era pauperista: egli condannava
il cattivo uso della ricchezza. Non vi è niente di intrinsecamente virtuoso
nella povertà e nulla di in sé vizioso nel benessere materiale, precisa King
(pensiamo a Zaccheo, che era ricco e virtuoso). Il giovane ricco confondeva
fini e mezzi e “non si rendeva conto
della sua dipendenza dagli altri”. Egli vantava la sua ricchezza dicendo
sempre “io” e “mio”, ma “non si rendeva conto che la ricchezza è sempre un risultato
del benessere generale; parlava come se potesse arare i campi e costruire i
granai da solo” (pag. 110). Era malato di “follia antropocentrica” (sull’errore
dell’antropocentrismo cfr. la teologia di Matthew Fox http://lelejandon.blogspot.it/2014/09/la-via-della-compassione-creativa.html e il collegamento con la fisica della
relatività di Albert Einstein). Quel giovane, quindi, non coglie le relazioni
umane. “In principio era la relazione (logos)”,
traduce il teologo laico contemporaneo Vito Mancuso l’incipit del Vangelo di Giovanni (1,1). Noi stessi ci dimentichiamo
della “interdipendenza di uomini e nazioni”, dell’ “inestricabile rete di
reciprocità” in quella che oggi (non ancora ai tempi di King) chiamiamo “globalizzazione”.
E per dimostrare questa relazionalità, MLK fa l’esempio di quando ci alziamo al mattino e usiamo una spugna fatta da un isolano
del Pacifico, il sapone di un francese, l’asciugamano di un turco, gustiamo il
caffè di un sudamericano, il thé di un cinese e il cacao di un africano. L’uomo
ricco del racconto di Gesù rappresenta la civiltà occidentale che, nonostante
l’abbondanza di beni materiali, non ha raggiunto la pace della mente: “Abbiamo
imparato a volare nell’aria come uccelli e a nuotare nel mare come pesci, ma
non abbiamo appreso la semplice arte di
vivere insieme come fratelli” (pag. 116) cioè lo spirito di fratellanza
cristiana.
Sermone/7: Il Regno di
Dio è anche nell’Impegno Civile
“Come per gli Ebrei
d’Egitto
Così per noi la Fede ci
sorreggerà
Nella Lotta contro la
Schiavitù dei Faraoni
Verso la Terra Promessa”
I tormenti morali degli
abolizionisti Jefferson e Lincoln
In questo discorso, Padre King passa in rassegna le tappe della storia dei neri (di cui
vi ho fatto un breve schema riassuntivo in fondo), da quando “nel 1619 furono
portati in America dalle terre dell’Africa” e trapiantati come “un ingranaggio
spersonalizzato nell’immensa macchina della piantagione” (pag. 126) sino ai
tormenti morali dei grandi abolizionisti come Thomas Jefferson (1743 – 1826)
ed Abramo Lincoln (1809 – 1965, che scrisse la Proclamazione di
Emancipazione il primo gennaio 1863). Essi avevano capito che “la schiavitù
degradava il padrone bianco non meno dello schiavo negro” (pag. 127). Jefferson
scrisse: “La grave questione (della schiavitù) come una campana che sonasse a
fuoco nella notte, mi risvegliava e mi riempiva di terrore.” E dichiara il suo
rimpianto per non aver dato piena felicità al Paese. E Lincoln: “Dando libertà
allo schiavo, noi assicuriamo libertà al libero” (cfr. il sermone I Have a Dream). Ma quell’atto di Lincoln “non produsse, comunque, la piena libertà del
negro, perché il negro scoprì subito che i faraoni del Sud erano decisi a
mantenerlo in schiavitù. (…) La segregazione sancita da una decisione della
Suprema Corte degli Stati Uniti nel 1896 fu una nuova forma di schiavitù”
(pag. 128).
Dio, ribadisce, non è freddamente
distaccato come il dio di Aristotele (cfr. il sermone 1), ma combatte con noi.
Fa l’esempio della storia degli stati africani e dell’India che si sono resi
indipendenti dall’impero britannico. Poi si chiede: se Dio è un padre amorevole
che combatte con noi, perché permette il male come la strage degli Ebrei sotto
Hitler? “Io non pretendo di comprendere tutte le vie di Dio” ma quel che è
certo, assicura King, è che “noi siamo esseri umani responsabili, non già
automi ciechi; persone, non fantocci. Dotandoci
di libertà, Dio ha rinunziato ad una parte della propria sovranità ed ha
imposto dei limiti a sé stesso. Se i
suoi figli sono liberi, devono fare la sua volontà per una scelta volontaria”.
Come per gli Ebrei la fede sorresse la
lotta contro la schiavitù in Egitto, così la fede cristiana sorreggerà i neri,
promette King, contro il moderno schiavismo legalizzato per raggiungere la
Terra Promessa della fratellanza. “Sebbene il pellegrinaggio morale
dell’uomo non possa mai raggiungere un punto d’arrivo sulla terra, i suoi
sforzi incessanti possono portarlo sempre più vicino alla città della
giustizia. E sebbene il Regno di Dio possa rimanere non ancora come realtà
universale nella storia, nel presente esso può esistere in determinate forme
isolate, come nelle sentenze, nell’impegno personale ed in certa vita di
gruppo: “Il Regno di Dio è in mezzo a
voi””(pag. 130).
Sermone/8: Ricordiamo i Grandi
fra i Neri
La Lezione sulla “Pace
nella Mente”
“Noi siamo esseri fatti per
la Relazione
Siamo tutti interdipendenti
Il Problema Razziale deriva
da quest’Oblio
I Comandamenti: Amare Sé
Stessi, il Prossimo e Dio
(Lunghezza, Larghezza ed
Altezza)”
In quest’orazione King ritorna sul
concetto di “pace della mente” e cita il rabbino della sinagoga riformata di
Boston, Joshua Liebman (1907 – 1948), che nel longseller “Peace of Mind”
dice che “per poter amare adeguatamente
gli altri, dobbiamo amare noi stessi nella maniera giusta” (pag. 140). In
che senso dobbiamo amare noi stessi? Scoprendo e realizzando le nostre “facoltà
creative potenziali”: Dio non lascia nessuno di noi senza un qualche talento. (Qui
King fa riferimento alla parabola dei talenti, Vangelo di Matteo, 25, 14 -30). E per dimostrarlo, cita al suo uditorio vari
buoni esempi di neri che sono diventati dei grandi (pag. 142): da Booker T. Washington (1856 - 1915), nato
schiavo e diventato educatore, oratore e leader
della comunità nera, primo nero ad essere ospitato dal Presidente alla Casa
Bianca (Roosevelt), al tenore lirico Roland
Hayes (1887 – 1977); dalla contralto Marian
Anderson (1897 – 1993) al ricercatore botanico ed agronomo Washington Carver (1864 - 1943) al
diplomatico Ralph J. Bunche (1903 - 1971),
primo Premio Nobel per la Pace nero. Certo, “la maggior parte sono chiamati ad
essere operai nelle fabbriche, nei campi o sulle strade”.
Roland Hayes |
Ma ciascuno deve
comunque svolgere al meglio il proprio lavoro non meno di coloro i quali sono
chiamati a lavori specializzati o professionali perché ciascuno di noi dà il
suo contributo al bene comune.
Per essere uomini completi dobbiamo sviluppare sia la lunghezza (amor di sé) che
la larghezza “con cui l’individuo si preoccupa pel benessere degli altri”.
Gesù indica il metro di giudizio nell’adempimento delle opere di misericordia corporale
come il dare da mangiare agli affamati, concetto che egli volle fosse ricordato
anche nel suo funerale (http://lelejandon.blogspot.it/2014/09/la-via-della-compassione-creativa.html).
La domanda della vita è: “Che cosa fate
voi per gli altri?” Dio ha creato la struttura dell’universo tale che funzioni
solo se gli esseri umani sviluppino entrambe le dimensioni.
“Tutti gli uomini sono interdipendenti”
(cfr. il sermone 6) e la maggior parte dei problemi e delle discordie di oggi derivano dall’assenza di questa dimensione come
nel caso delle relazioni razziali e nelle relazioni internazionali minacciate
dalla guerra: “Nessuna nazione e nessun individuo può vivere nell’isolamento”
(pagg. 145 – 146).
Marian Anderson |
Come dice il poeta inglese John Donne (1572 – 1631): “Nessun
uomo è un’isola”.
Ma
c’è una terza dimensione, l’altezza,
“la spinta verso l’alto”, verso Dio. Alcuni spinti da spirito umanitario
dinanzi al problema del male (se esiste un dio buono perché permette il male
immeritato?) oppure dinanzi ai “dogmi
assai poco scientifici della religione” sono agnostici.
Ci sono poi gli “atei pratici”: “non negano con le labbra l’esistenza di Dio, ma la
negano continuamente con la loro vita”, anche inconsciamente. Ma noi
“sentiamo continuamente di urtare contro qualcosa che ci fa meravigliare che il
magnifico ordine dell’universo possa essere il resultato di un gioco fortuito
di atomi ed elettroni. Di notte, noi guardiamo, in alto, le stelle che ornano i
cieli come oscillanti lanterne di eternità”, dice in un passo che pare
richiamare il filosofo protestante Kant (che descrive la sua meraviglia per “la
legge morale in me ed il cielo stellato sopra di me”). “Platone aveva ragione
quando diceva che il visibile non è che un’ombra gettata dall’invisibile”.
“Senza Dio la vita è un dramma privo di significato”, “se non avete fede in
Dio, sarete impotenti ad affrontare le delusioni che inevitabilmente si
verificheranno”.
Washington Carver |
E qui King narra l’aneddoto buffo di un
vecchio predicatore che interrogò un giovane diplomato e gli chiese quali fosse
il suo progetto di vita. E quegli gli rispose: laurearsi. “E poi?” Farsi una
posizione. “E poi?” Metter su famiglia e fare molto denaro. “Giovanotto, i
vostri piani sono davvero troppo ristretti. Essi possono estendersi solo per 75
o 100 anni, al più. Voi dovete fare i vostri piani grandi abbastanza da
includere Dio e ampi abbastanza da includere l’eternità” (pag. 151).
In conclusione (pag. 152):
1)
Vi è
stato comandato di amare voi stessi
(lunghezza della vita).
2)
Vi è
stato comandato di amare il vostro
prossimo (larghezza della vita).
3)
Vi è
stato comandato di amare Dio (altezza
della vita).
NB: 1 e 2 corrispondono al comandamento
“amerai il prossimo tuo come te stesso” e il 3 a “amerai il Signore tuo Dio” (contenuti
tutti nella Bibbia ebraica nel libro dell’Esodo).
I Fatalisti bestemmiano
Affrontare i Sogni Infranti
Costruttivamente
Grazie alla Fede in Dio
L’esempio di Helen Keller,
cieca-sorda
Che imparò a parlare e
difendere i Disabili
Dinanzi alla perdita di speranza che ci
può colpire (come quando la comunità nera attendeva la sentenza sul
boicottaggio dei bus), vi sono tre reazioni comuni:
1)
L’amarezza ed il risentimento di chi “non ama nessuno e non cerca
amore da nessuno”, “trova da ridire su ogni cosa e su ognuno e si lamenta
continuamente”, e la medicina psicosomatica mostra che ci sono mali come
l’ulcera gastrica che “sono stati in certi casi provocati da amari
risentimenti” (pag. 160)
2)
L’introversione di quelli che “abbandonano la lotta
della vita e perdono il gusto del vivere” e divengono distaccati: “troppo
insensibili per amare e troppo spassionati per odiare”, “non sono né vivi né
morti”, insensibili alle bellezze della natura e della musica.
3)
Il fatalismo di quelli che non credono che l’uomo
abbia libertà e dunque, abulici, “non cercano di ponderare né di prendere
decisioni”. “Alcuni fatalisti sono persone molto religiose, che concepiscono
Dio come colui che decide e controlla il destino”. Ma “una sana religione si
solleva oltre l’idea che Dio voglia il male: sebbene permetta il male allo
scopo di preservare la libertà dell’uomo, Dio non è causa del male. Il pensiero
che Dio possa volere che un bimbo nasca cieco o che un uomo soffra la rovina
della pazzia è una vera eresia, che dipinge Dio come un demonio, invece che
come un Padre amoroso” (pag. 163).
“La libertà è sempre all’interno di una
struttura di destino” (noi oggi potremmo dire, grazie ai guadagni
scientifici: entro i nostri orientamenti, sessuali e politici). “Ma vi è libertà. Noi siamo, al tempo
stesso, liberi e predestinati. La libertà è l’atto di deliberare, decidere e
corrispondere alla nostra natura predeterminata” (pag. 162).
“Voi dovete
affrontare onestamente i vostri sogni infranti. Seguire il metodo di fuga
consistente nel tentare di escludere dalla mente la delusione porterà solo ad
una repressione psicologicamente dannosa (…) Molte delle più influenti
personalità del mondo hanno trasformato
i loro tormenti in corone. Charles Darwin, sofferente di una malattia
fisica periodica; Robert Louis Stevenson, affetto da tubercolosi, e Helen
Keller, affetta da cecità e sordità”.
Chi era Helen Keller (1880 - 1968)? Era una
scrittrice sordo-cieca dall’età di 19 mesi. Sua madre fu colpita da una storia
dello scrittore e giornalista britannico Charles Dickens (1812 – 1870) che
narrava del successo di una bambina cieca e sorda mandata a scuola. Quando a
dieci anni conosce una ragazzina norvegese anche lei che non parla e sente,
impara a parlare. A ventiquattr’anni è la prima persona cieca e sorda a
laurearsi. Diventa un’avvocatessa per i diritti delle persone disabili, una
suffragetta e attivista del movimento per il controllo delle nascite e per i
diritti dei lavoratori nonché fonda un’ong per la prevenzione della cause
lavorative della cecità. E’ stata interpretata al cinema da Patty Duke, che ha
vinto l’Oscar (assieme ad Anne Bancroft, 1931 - 2005) per questo ruolo nel film
“Anna dei miracoli” (1962).
Qui King sta parlando di quella che oggi chiamiamo
“resilienza”: la capacità di non farci corrodere e rovinare la personalità dagli
eventi negativi stressanti (il
minority stress del razzismo o
dell’omofobia). “Dobbiamo accettare delusioni finite, ma non dobbiamo mai
perdere la speranza infinita. Questo fu il segreto della sopravvivenza dei
nostri progenitori schiavi”. E ricorda le atrocità della schiavitù: “Quando le
donne erano costrette a soddisfare i bisogni biologici dei padroni bianchi, i
mariti schiavi erano nell’impossibilità d’intervenire. Eppure, i nostri
progenitori sopravvissero” (pag. 166).
King cita il
“coraggio di essere” di Paolo (Tarso 5-10 - Roma 64-67), la cui vita “fu un
continuo assalto di delusioni”: “Quando progettava di visitare la Spagna, fu
rinchiuso in una prigione romana; quando sperava di andare in Bitinia, fu
rovesciato con la nave sulle coste della Troade” (pag. 167). La sua storia di
Paolo che, incarcerato a Filippi “cantava gioiosamente i canti di Sion”, ci
mostra come raggiungere quella “pace” che è “una tranquillità dell’anima in
mezzo ai terrori dell’angoscia” come promesso da Gesù (“vi lascio la pace, vi do la mia pace”). “La nostra capacità
di affrontare in maniera costruttiva i sogni infranti è determinata dalla
nostra fede in Dio” (pag. 169). “Non sarebbe questo un universo stranamente
irrazionale, se Dio alla fine non congiungesse virtù e adempimento?”.
Il
Confronto Oggi: l’Autorevole Appello alla Responsabilità
Personale
e Paterna
di
Bill Cosby (2004) e del Senatore Obama (2008):
“Troppe
Famiglie Nere senza Padri”
Quest’appassionato
appello alla responsabilità personale ci ricollega a due appelli contemporanei
di due neri di successo che sono entrati nelle case di milioni di americani con
le loro famiglie (uno seguìto per la sua attività politica da Tg e talk
show, l’altro per il suo telefilm, I
Robinson). Ricorderete che in The Help Minny aveva detto: “Un sacco di
neri abbandona la famiglia come spazzatura in una discarica, ma una donna non
lo fa. Noi dobbiamo pensare ai figli.” (pag. 366).
Proprio su questo
problema irrisolto, nel 2008 l’allora senatore Barack Obama, durante la campagna
elettorale nella corsa alle primarie del Partito Democratico, intervenendo in
una chiesa nera della sua città, Chicago, ha lanciato un appello alla
responsabilità verso i padri afroamericani: sono “troppi” quegli “assenteisti”
(absentee) che abbandonano il tetto
coniugale, “comportandosi come ragazzi anziché come uomini”.
Obama citò il dato che “più di metà di tutti i bambini neri vive in famiglie monogenitoriali”, numero che -ha detto- è raddoppiato dai tempi della sua infanzia.
“E’ il coraggio di tirare su un bambino a fare di te un padre”.
Poi, il futuro Premio Nobel per la Pace ha invitato gli African American a proseguire gli studi e a curare l’alimentazione corretta dei bambini: troppo diffuso il malcostume di far mangiare junk food e bibite gassate (che sarebbe diventata in sèguito una campagna d’informazione-formazione della first lady Michelle). Molti si sono levati in piedi applaudendo. (Cfr. “Obama Sharply Assails Absent Black Fathers”, articolo del “New York Times”, http://www.nytimes.com/2008/06/16/us/politics/15cnd-obama.html?_r=0).
Obama citò il dato che “più di metà di tutti i bambini neri vive in famiglie monogenitoriali”, numero che -ha detto- è raddoppiato dai tempi della sua infanzia.
“E’ il coraggio di tirare su un bambino a fare di te un padre”.
Poi, il futuro Premio Nobel per la Pace ha invitato gli African American a proseguire gli studi e a curare l’alimentazione corretta dei bambini: troppo diffuso il malcostume di far mangiare junk food e bibite gassate (che sarebbe diventata in sèguito una campagna d’informazione-formazione della first lady Michelle). Molti si sono levati in piedi applaudendo. (Cfr. “Obama Sharply Assails Absent Black Fathers”, articolo del “New York Times”, http://www.nytimes.com/2008/06/16/us/politics/15cnd-obama.html?_r=0).
Il discorso del
futuro Presidente richiamava quello pronunziato dall’attore
dei Robinson Bill Cosby che, nel
ricevere un premio dalla NAACP (l’organizzazione di cui fu presidente Martin
Luther King), quattr’anni prima aveva biasimato la prevalenza di famiglie senza
padri (fatherless) e di coppie
divorziate e separate nella comunità nera e aveva detto basta al vittimismo e
alla “cultura della povertà” che usa il razzismo come stampella per il mancato
progresso socioeconomico. Inoltre, Cosby ricordò che i neri dei tempi di Martin
Luther King molti neri finivano in
prigione per la loro libera scelta di disobbedienza civile, non per i
furtarelli.
Sermone/10:
il Realismo Cristiano
Per
la Bibbia l’Essere Umano è sia corpo sia anima
ed è libero: il Male è alienazione da Sé, dal Prossimo e da Dio. La
Parabola del Figliuol Prodigo: l’Uomo
è fatto per la Casa del Padre
Dinanzi alla domanda del Salmo (8, 4 – 5)
“Quid est Homo?”, che cos’è l’uomo?,
ci sono tre risposte:
1)
Materialismo: il pensiero è semplicemente un effetto
del cervello. Come nel materialismo dialettico del marxismo (cfr. il prossimo
sermone, nr. 11). Ma possiamo, si chiede King, spiegare i geni letterari e
musicali in termini materialistici?
2)
Umanesimo od umanismo: “L’uomo è la più alta forma di essere”.
3)
Realismo cristiano: concorda col filosofo scozzese Thomas
Carlyle (1795 – 1981) che “vi sono nell’uomo abissi che vanno giù sino al più
profondo inferno e altezze che raggiungono il cielo più alto, poiché non sono
forse sia il cielo che l’inferno fatti di lui, che è sempiterno miracolo e
mistero?”. (Ma noi potremmo anche citare Pascal). Questa terza concezione è
completa ed è biblica: riconosce entrambi gli aspetti della natura umana. Il
cristianesimo riconosce che l’essere umano è un animale e che Dio sia spirito.
Non c’è nulla di sostanzialmente cattivo nella sua natura fisica perché, dice
la Genesi, tutto ciò che Dio ha fatto
è buono. In quanto animale, dobbiamo sempre preoccuparci dei suoi bisogni
materiali (il pane: dare da mangiare agli affamati, le opere di misericordia
corporale, ndr). Altresì, l’uomo è anche essere spirituale: “la coscienza gli
parla ed egli si ricorda di cose divine”, ed “è capace di un’attività creativa”
(sulla creatività compassionevole come “essenza
dell’umanità” cfr. Matthew Fox http://lelejandon.blogspot.it/2013/12/il-segreto-della-felicita-e-la.html)
e “con la sua capacità di ragionamento, col suo potere di memoria e col suo
dono d’immaginazione, l’uomo trascende il tempo e lo spazio”. Ultimo ma non men
importante, King ribadisce l’esistenza della libertà come nel precedente
sermone: “L’uomo è libero di operare
entro la struttura del suo destino: è libero di deliberare, di prendere
decisioni e di scegliere fra varie alternative” (pag. 178). Poiché siamo
orgogliosi e non accettiamo di essere chiamati peccatori, abbiamo tentato con
vari nomi di negare il male che è prodotto di una “triplice alienazione per cui l’uomo è separato da sé stesso, dal suo
prossimo e dal suo Dio” (le tre dimensioni di cui parla nel sermone 8). “L’uomo
è un peccatore bisognoso della grazia di Dio che lo perdoni. Questo non è
pessimismo funesto, è realismo cristiano” (pag. 179).
Per mostrare i pericoli del conformismo
in opposizione alla libertà di coscienza, King cita il libro “Uomo morale e società immorale” (Moral Man and Immoral Society, 1932,
traduzione italiana Jaca Book Milano 1968) del teologo protestante americano
Reinhold Niebuhr (1892 - 1971) che aveva citato anche nella Lettera dal Cercare di Birmingham:
“L’uomo collettivizzato nel gruppo, nella razza e nella nazione spesso
sprofonda a livelli di barbarie impensabili anche fra animali inferiori” (pag.
179) come nel caso della “dottrina della supremazia bianca”. E cita una storia
evangelica: “Gesù parlò del giovane che, lasciata la casa paterna, viaggiò in
un paese lontano, dove cercò la vita di avventura in avventura e di sensazione
in sensazione. Ma non la trovò mai, trovò soltanto delusione e
disorientamento”: “Questa parabola è un eterno ammonimento che l’uomo è fatto
per la casa del Padre e che ogni avventura in terra lontana porta solo
delusione e nostalgia” (cfr. il finale del libro di Vito Mancuso http://lelejandon.blogspot.it/2013/10/in-principio-era-la-passione-la.html). Il protagonista é l’uomo privo di un
progetto di vita, che cerca chissà che cosa, e infine si ritrova alienato,
smarrito e solo: “L’uomo si è smarrito nella terra lontana del secolarismo, del
materialismo e dell’ingiustizia razziale. Il Padre Celeste parla oggi alla
civiltà occidentale: “Rientrate in voi stessi e tornate alla vostra vera casa
paterna di giustizia, libertà e fraternità” (pagg. 180 - 181).
Sermone/11: La Critica al
Comunismo
Senza Princìpii, ogni Mezzo
(Tortura, Menzogna) è Lecito
L’Uomo è fatto per lo Stato
e non Viceversa
“La Chiesa è l’istituzione
più segregata
Senza l’OK della Chiesa lo Schiavismo
in Sud Africa e America
Ed il Colonialismo non sarebbero
durati”
No ai Cristiani del Club
della Domenica
Impegno per la Giustizia
unica difesa contro il Comunismo
Il comunismo è l’unico vero rivale del
cristianesimo. Ma “Noi, in quanto veri cristiani, non possiamo mai tollerare la
filosofia del comunismo” (pag. 189, cfr. il sermone precedente).
Il comunismo è ateo e si fonda su un
relativismo etico per cui anche i comandamenti di non dire falsa testimonianza
o non uccidere sono relativi: “menzogna, omicidio e tortura sono considerati
mezzi giustificabili per raggiungere il fine millenario” (pag. 187). Cita il
rivoluzionario comunista russo Lenin (1870 – 1924): “Noi dobbiamo essere pronti ad impiegare
inganno, frode, infrazione della legge, rifiuto e occultamento della verità”.
Di contro il cristianesimo pone dei princìpi fissi e immutabili: la legge
dell’amore (nomos tes agapes). Inoltre,
il comunismo “attribuisce valore finale allo Stato. L’uomo è fatto per lo Stato
e non lo Stato per l’uomo” (almeno sinché dura e non sorgerà l’utopia della
società senza classi). Nel socialismo reale “limitate sono le libertà”. “La
definitiva debolezza del comunismo sta nel fatto che esso priva l’uomo proprio
di quella qualità che lo fa uomo. L’uomo, dice Paul Tillich” (1866 – 1965,
filosofo esistenzialista e teologo luterano tedesco) “è uomo perché è libero”
(pag. 188). Invece, “sotto il comunismo, l’anima individuale è inceppata dalle
catene del conformismo” (sul concetto dei cristiani come non conformisti vedasi
sermone 2 sopra). Rispetto al Magnificat di Gesù del Vangelo di Luca,
“nessun comunista dottrinario ha mai espresso una tale passione per il povero”.
E ritorna sulle colpe storiche della Chiesa: “La Chiesa è spesso rimasta
indietro nell’interesse per la giustizia sociale (…) spesso è stata così
assorbita in un bene futuro ‘lassù’ da dimenticare i mali presenti ‘quaggiù’”
(pag. 191). Per esempio, “la Chiesa è
stata sconcertantemente silenziosa e disastrosamente indifferente nel campo
delle relazioni razziali, ma anche più al fatto che essa ha preso spesso
parte attiva nel formare e cristallizzare gli schemi del sistema di razza e di
casta. Il colonialismo non si sarebbe
potuto perpetuare, e la Chiesa cristiana avesse realmente preso posizione
contro di esso. Uno dei principali
sostenitori del perverso sistema dell’apartheid
in Sud-Africa oggi è la Chiesa protestante riformata olandese. In America, la schiavitù non sarebbe potuta
esistere per quasi duecentocinquant’anni, se la Chiesa non l’avesse sanzionata,
né potrebbero oggi esistere la segregazione e la discriminazione se la Chiesa
non vi si fosse associata, col suo silenzio e spesso con la parola. Noi
dobbiamo riconoscere il fatto vergognoso che la Chiesa è la più segregata fra le maggiori istituzioni nella società
americana” (pag. 192). King critica l’ateismo pratico dei cristiani del club della domenica mattina: “Per tanti cristiani il cristianesimo è
un’attività domenicale senza rapporto col lunedì, e la Chiesa è poco più di
un club sociale laico con una sottile patina di religiosità” (pagg. 194 – 195).
“Dobbiamo ritrovare lo spirito della
Chiesa primitiva”: “è questa la nostra migliore difesa contro il comunismo”
(pag. 196): “prendere l’offensiva a favore della giustizia e dell’equità”, “con
un’azione positiva”.
Riguardo alle ingiustizie economiche,
come nella scelta del metodo di battaglia civile per i diritti, MLK indica una
terza via: “La verità non si trova né nel capitalismo tradizionale né nel
marxismo. Ciascuno dei due rappresenta una verità parziale”: “Il capitalismo ha
mancato di vedere la verità che vi è nell’impresa collettiva, e il marxismo ha
mancato di vedere la verità che vi è nell’impresa privata”: “il marxismo ha
mancato di considerare che la vita è sociale, e il marxismo di vedere che la
vita è individuale” (pag. 194). “Il Regno di Dio non è né la tesi – impresa
privata – né l’antitesi – impresa collettiva -, ma la sintesi che concilia la
verità di entrambe”, dice King sulla scia del filosofo luterano Hegel (1770 –
1831), per cui “il vero è l’intiero” e di Platone (filosofo amato e citato da
King, cfr. sermone 4) nella Repubblica,
per cui l’autentico filosofo dialettico è colui il quale sa avere una visione
d’insieme delle cose.
Sermone/12: Il Male è
autodistruttivo
“Anch’io ho avuto Paura”
dinanzi alle Minacce di Morte
“Ma Dio mi ha dato la Forza
della Pace Interiore”
Victor Hugo: Napoleone
perse perché spiaceva a Dio
King: così fu per Hitler e
Mussolini e così sarà per tutti i regimi
Il Cristianesimo crede che
il Bene vince il Male
Dinanzi al problema del male morale, King
dice di voler limitare la propria risposta alla considerazione che “molto del male che sperimentiamo è causato
dalla follia e dall’ignoranza dell’uomo ed anche dall’abuso della sua
libertà”. Il cristianesimo afferma sia che “il male ha una sua realtà
oggettiva” sia che il messaggio di speranza che “il male contiene in sé il seme
della propria distruzione” (pag. 204). E quanto al male del Potere illiberale,
cita il romanzo “Les Misérables” (1862)
dello scrittore ed attivista per i diritti Victor Hugo (1802 – 1885): “Era possibile che Napoleone vincesse quella
battaglia? Noi rispondiamo no. Perché? A causa di Wellington? A causa di
Buchler? No, A causa di Dio…Napoleone
era stato accusato di alto delitto dinanzi all’Infinito e la sua caduta era
decretata. Egli spiaceva a Dio.
Waterloo non è una battaglia, è il cambiamento di fronte dell’universo”.
Commenta Padre King: “Waterloo simboleggia il destino di ogni Napoleone”, e di
ogni Hitler e Mussolini. Questi
dittatori anticristiani “hanno il loro momento, e per un certo periodo possono
anche disporre di grande potere, diffondendosi come il lauro verde, ma presto saranno falciati come l’erba e
come l’erba verde avvizziranno” (pag. 205). “Dio è capace di vincere i mali
della storia” (pag. 206) ed “è capace di darci risorse interiori” (pag. 207):
“Egli non offre risorse materiali,
né una formula magica che ci esenti dalla sofferenza e dalla persecuzione, ma ci porta un dono imperituro: “io vi
lascio la Pace” (pag. 208).
“Nel mondo vi è tanta frustrazione perché
abbiamo confidato negli dèi piuttosto che in Dio”: il dio della scienza che
però scopre la Bomba, il dio del piacere che si rivela effimero, il dio del
danaro che non può comprare l’amore.
E qui racconta un’esperienza personale
per dimostrare che anche gli Eroi come lui hanno sì paura ma la sanno
affrontare: a ventiquattr’anni “quando
presi parte alla direzione della protesta degli autobus a Montgomery
cominciammo a ricevere in casa telefonate e lettere minatorie” (pag. 209). “Cominciai a pensare a una maniera di
uscire dalla scena senza sembrare un codardo. In quello stato di
esaurimento, quando il mio coraggio era quasi svanito (…) pregai ad alta voce:
“Ora ho paura. La gente guarda a me come a una guida, e, se io sto dinanzi a
loro senza forza né coraggio, anch’essi vacilleranno. Sono al termine delle mie
forze. Sono arrivato al punto che non posso affrontare questo da solo” (pag.
210). “In quel momento, sperimentai la potenza di Dio come non l’avevo mai
sperimentata prima. Mi sembrava di poter sentire la tranquilla sicurezza di una voce interiore, che diceva: “Prendi posizione per la giustizia, per la
verità. Dio sarà sempre al tuo fianco”. Quasi subito, le mie paure
cominciarono ad allontanarsi da me. La mia incertezza scomparve. Fui pronto ad
affrontare qualsiasi cosa. La situazione esterna mi pareva la stessa, ma Dio mi aveva dato la calma interiore. Tre
notti dopo, la nostra casa fu colpita dalle bombe. Abbastanza stranamente,
accettai la cosa con calma.”
Sermone 13: No agli
Opposti Estremismi:
“Il Rinascimento e Rousseau
troppo Ottimisti
e Lutero troppo Pessimista”,
dice King da fiero Protestante
Anche qui King torna ad ammonire contro
due opposti estremismi.
L’uomo del Rinascimento (umanista, cfr.
sermone 10) ha dimenticato che può peccare e che da solo non può scacciare il
male: quell’eccessivo ottimismo sulla natura umana (l’umanismo od umanesimo di
cui parla anche in un altro sermone vedi sopra) è un’ “auto-illusione” che
porta alla fede di Rousseau (1712 – 1778) che con la buona educazione si restituisca
all’uomo la sua bontà originaria (o, secondo Nicolas de Condorcet, 1743 - 1794,
con la razionalità).
Ma non è realista neanche l’eccessivo
pessimismo di Lutero, dice King, benché la Riforma “servì come un necessario
correttivo alla corrotta e stagnante Chiesa medioevale” (pag. 237). “Le
dottrine della giustificazione attraverso la fede e del sacerdozio di tutti i
credenti sono princìpi sublimi che noi, in quanto protestanti, dobbiamo sempre
affermare, ma la dottrina della Riforma sulla natura umana sopravvalutava la
corruzione dell’uomo. Il Rinascimento fu
troppo ottimista, e la Riforma troppo pessimista” (pag. 237). Tali basi
dottrinali hanno fatto sviluppare a Giovanni Calvino la dottrina della
predestinazione (http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/amsterdam-la-storia-gli-eroi-i.html) e la “rinascita della terribile idea”
(agostiniana) “della dannazione dei bambini: è tanto depravata la natura umana,
diceva la dottrina calvinista, che se un bimbo muore senza battesimo arderà per
sempre nell’inferno” e che finisce per creare, secondo King, una chiesa
“pericolosamente distaccata” e “ignorando la necessità di riforme sociali”.
Il Premio Oscar Christian Bale nel nuovo film in uscita su Mosé |
Tale idea secondo cui l’uomo non può
niente “porta inevitabilmente ad un incallito abuso della preghiera” in cui
“l’uomo chiede a lui” (Dio) “ogni cosa” sicché la preghiera diviene “un
sostituto del lavoro e dell’intelligenza”. “Ma sarebbe un grave errore pensare
che la battaglia” per l’integrazione razziale “sarà vinta solo con la
preghiera”: “Dio, che ci ha dato la
mente per pensare e il corpo per lavorare, renderebbe vano il suo stesso
disegno, se ci permettesse di ottenere attraverso la preghiera ciò che si può
ottenere col lavoro e con l’intelligenza”. E ricorda la Bibbia ebraica
“quando Mosé si sforzava di condurre gl’israeliti alla Terra Promessa, Dio mise
bene in chiaro che non avrebbe fatto per loro ciò che essi potevano fare da sé
stessi. E il Signore disse a Mosé:
“Perché invochi me? Parla ai figli d’Israele, che vadano avanti” (pag.
239). “Dobbiamo pregare ma dobbiamo anche usare la nostra mente per svolgere un
programma, organizzarci in azione non
violenta di massa, e impiegare ogni risorsa del corpo e dell’anima” (pagg.
239 – 240). Ecco, questa è un’ideale
risposta al giovane ragazzo nero che compare nel romanzo “The Help”, ricordate, il quale si chiede se non sia il caso di
mobilitarsi oltreché di fare gruppi di preghiera.
Sermone 14: la “Paura
Normale” e la “Malattia della Paura”
Tillich: “Il Coraggio è
Affermazione di Sé a dispetto degl’Impedimenti”
Fromm: “Il giusto Amor di
Sé e il Giusto Amore del Prossimo
Sono interdipendenti”
King: “Amore e Non-Violenza
la Risposta alla Paura Irrazionale
dei Bianchi verso i Neri e
le Nozze Miste”
Nel seguente sermone, Padre King ritorna
sul tema della paura: “La paura è l’elementare sistema d’allarme dell’organismo
umano che avverte dell’avvicinarsi dei pericoli e senza il quale l’uomo non
sarebbe potuto sopravvivere. La paura, inoltre, è una potente forza creativa.
La paura dell’oscurità ha portato alla scoperta del segreto dell’elettricità;
la paura del dolore ha portato ai meravigliosi progressi della scienza medica;
la paura della guerra è stata una delle forze che hanno dato origine alle
Nazioni Unite” (King dice No alle guerre che siano al di fuori della legalità
internazionale, lezione rimasta inascoltata). “La paura normale ci protegge; la
paura anormale ci paralizza. (…) Il nostro problema non è di liberarci dalla
paura, ma piuttosto di imbrigliarla e dominarla”. Torna in mente l’Etica Nicomachea di Aristotele: il
coraggio è la virtù che sta nel giusto mezzo fra i due vizi opposti, la viltà e
la temerarietà.
Esiste dunque una “paura normale” ed una
“malattia della paura”. Dobbiamo indagare le cause psicanalitiche delle nostre
paure nevrotiche e “anormali” e “possono essere curate con la psichiatria” (pag.
225) come la “paura della superiorità degli altri, del fallimento, del
disprezzo e della disapprovazione” (pag. 224). Cita di nuovo il teologo Paul
Tillich che definisce il coraggio come
affermazione di sé a dispetto di ciò che lo impedisce (come la paura della
morte, a cui noi possiamo aggiungere la paura e il disgusto di tutto ciò che ci
richiama alla mente la nostra mortalità): quest’autoaffermazione non è egoismo,
bensì “un retto amor di sé” (cfr. sermone 8). Lo psicanalista tedesco Erich Fromm (1900 – 1980) ha dimostrato che
la giusta specie di amore di sé e la giusta specie di amore degli altri sono
interdipendenti” (pag. 220). Non a caso Fromm era di origine ebraica e la
Bibbia ebraica invita proprio a questo comandamento: “Ama il prossimo tuo come
te stesso” (Levitico 19: 18,
ricordato nei Vangeli dall’ebreo Gesù come il più importante fra i dieci). “Il
coraggio ci rende capaci di affrontare qualunque paura”. “Il coraggio è la
decisione interiore di andare avanti a dispetto di ostacoli e situazioni
spaventose”, mentre la viltà è il lasciarsi dominare dalla paura. E “la paura
si domina con l’amore”: “Non vi è paura nell’amore. Colui che ha paura non è
perfetto nell’amore” (1 Giovanni 4, 18). “L’odio
è radicato nella paura”, come l’odio razziale (pag. 221). Esemplifica con
le reciproche paure dei Paesi fra loro ed invita al disarmo basato sulla buona
fede. Cita anche “timori irrazionali”
come pei “matrimoni misti” e al rifiuto di pensare al problema delle
relazioni razziali per “la morbosa paura dell’integrazione” (pag. 224) come una
fuga dalla realtà delle cose. “Una volta fanciullo indifeso, il negro è ora
cresciuto politicamente, culturalmente ed economicamente. Molti bianchi temono la rappresaglia”. “Solo con la nostra aderenza
all’amore e alla non-violenza si mitigherà la paura nella comunità bianca”
(pag. 223). “Una fede religiosa positiva non ci offre l’illusione che noi
possiamo essere esenti dal dolore e dalla sofferenza, né c’infonde l’idea che
la vita sia un dramma di puro conforto e tranquilla agiatezza: c’infonde,
piuttosto, l’equilibrio interiore necessario
per affrontare sforzi, pesi e paure che s’incontrano inevitabilmente, e ci
assicura che l’universo è degno di fiducia e che Dio se ne prende cura” (pag.
226). “La fiducia che Dio si prende cura
dell’individuo è di tremendo valore nel curare la malattia della paura, perché
ci dà un senso di dignità, di appartenenza, e di essere a casa propria
nell’universo” (pag. 229).
Sermone/15
Il Gemello
dell’Ingiustizia Razziale è l’Ingiustizia Economica
Nel romanzo The Help il prestito negato da Hilly
alla domestica madre del
figlio studioso
che fa rinchiudere in
prigione per il furto di un anellaccio
La domestica di Hilly si sente negare un prestito d'onore per poter pagare la retta del figlio studioso. |
In quest’ultimo sermone della serie
antologica, King parla del suo percorso di studi sino al crescere del suo progressivo
“interesse per l’etica sociale” nel guardare all’attualità: “Consideravo la segregazione al tempo stesso
razionalmente inesplicabile e moralmente ingiustificabile: non potevo
accettare di dover sedere nel retro di un autobus o nella sezione segregata di
un treno; la prima volta che mi ero seduto dietro una tenda in una carrozza
ristorante, avevo sentito come se la tenda fosse stata abbassata sul mio io.
Appresi anche che il gemello
inseparabile dell’ingiustizia razziale è l’ingiustizia economica; vidi che
i sistemi di segregazione sfruttavano sia il negro che i bianchi poveri” (pag.
267): abbiamo letto in “The Help” che
non esisteva il salario minimo, che le tate e domestiche erano sottopagate e
che ad una fedele domestica che vorrebbe mandare il figlio studioso
all’università viene negato il prestito (The
Help, pag. 298).
Il giovane King, amato e sostenuto dalla
famiglia, della classe media, studia teologia cristiana e prende esempio dalla
protesta del politico indiano Gandhi (1869 – 1848): “Cristo forniva lo spirito
e i motivi, Gandhi forniva il metodo” (pag. 269). Detto il Mahatma, dopo l’esperienza in
Sudafrica ed il carcere per le sue campagne (come quella di boicottaggio delle
merci britanniche), Gandhi fu eletto presidente del partito – leader nella lotta per l’indipendenza
dalla Gran Bretagna.
“Sono stato rinchiuso nelle prigioni
dell’Alabama e della Georgia dodici volte; due volte la mia casa è stata
colpita dalle bombe. Raramente passa un giorno che la mia famiglia ed io non
riceviamo minacce di morte; io sono stato vittima di un’aggressione quasi
fatale”: anche lui, come i cristiani dei primi secoli, è stato perseguitato. Si
trova dinanzi a due maniere di rispondere alla sua situazione di “immeritata
sofferenza”: “o reagire con risentimento, o cercare di trasformare la sofferenza
in una forza costruttiva” (pag. 272). Estende la nonviolenza anche alle
relazioni internazionali, e tiene a precisare che il suo è realismo (appunto,
il “realismo cristiano” del sermone 10) e non ideologia: “Io non sono un
pacifista dottrinario, ma ho cercato di abbracciare un pacifismo realistico, che considera la posizione pacifista come il male minore” (pag. 271). Nel
1964 riceverà il Premio Nobel per la Pace.
Il Sermone I Have a Dream: il Sogno
Americano di King
In Memoria di Lincoln e
della Costituzione
“Tutti gli Uomini sono
Creati Uguali”
“Omaggio ai Neri che hanno
affrontato il Carcere
Per la Disobbedienza Civile
e ai Bianchi che sono venuti qui”
Cita tre volte il
Mississippi
Martin Luther King pronunzia lo storico discorso che sarebbe stato ricordato col titolo "I Have a Dream", "Io ho un Sogno". |
In questo storico discorso (che cito dal
libro “I Have a Dream”, collana “I Classici
del Pensiero Libero” allegata al “Corriere della Sera”, Rizzoli, Milano 2010),
pronunziato al Lincoln Memorial il 28 agosto 1963 in occasione del centenario
del Proclama di Emancipazione, King cita tre volte proprio lo stato del
Mississippi.
King è consapevole del numero di persone:
“Questa passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà
nella storia del nostro Paese. Cent’anni fa un grande americano, alla cui ombra
ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. (…) Ma cent’anni dopo,
il negro non è ancora libero” per via della “segregazione” ed è “esiliato nella
sua stessa terra”.
(Malcom X invece parla di “Farsa su Washington” e così interpreta, l’anno dopo, quell’evento storico: “Dopo il Proclama sull’emancipazione, invece di essere schiavi del bestiame diventammo schiavi salariati”, pag. 64 dello stesso volumetto). Si appella alla Costituzione del 1776 (come ha fatto la Corte Suprema con la sentenza del 1955 che dichiarò incostituzionale la segregazione sugli autobus): “Quando gli architetti della repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono un “pagherò” del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo “pagherò” prometteva che tutti gli uomini, sì, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei princìpii inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità” (pag. 25). “Questo è il tempo di rendere giustizia a tutti i figli di Dio”, e lancia per l’ennesima volta il suo appello alla nonviolenza dopo i tanti scontri con la polizia in varie città d’America: “Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica”. Dare il beneficio del dubbio: “Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato al nostro” (concetto che riprende le parole di Lincoln, citate nel sermone 7). “Ci sono quelli che domandano a coloro che rivendicano i diritti civili: “Quando vi riterrete soddisfatti?” Non saremo mai soddisfatti sinché il negro sarà vittima degl’indicibili orrori a cui viene sottoposto dalla polizia. (…) Non potremo mai essere soddisfatti sinché i nostri figli saranno derubati della loro dignità da cartelli che dicono: “Riservato ai bianchi”. Non potremo mai essere soddisfatti sinché i negri del Mississippi non potranno votare” (a causa delle intimidazioni, ndr) “e i negri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare” (pag. 27). “Non ho dimenticato che alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere” (con riferimento a coloro i quali hanno fatto disobbedienza civile, ndr). “Siete voi i veterani della sofferenza creativa”. “Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel South Carolina; ritornate in Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà”, promette, citando gli stati razzisti del Sud. “Ho sempre dinanzi a me un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano”, che un bel giorno “questa nazione vivrà sino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali” (cita l’incipit della Costituzione del 1776 scritto dal padre fondatore Thomas Jefferson). “Io ho dinanzi a me un sogno, che un giorno persino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia. Io ho dinanzi a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere” (pag. 28).
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(Malcom X invece parla di “Farsa su Washington” e così interpreta, l’anno dopo, quell’evento storico: “Dopo il Proclama sull’emancipazione, invece di essere schiavi del bestiame diventammo schiavi salariati”, pag. 64 dello stesso volumetto). Si appella alla Costituzione del 1776 (come ha fatto la Corte Suprema con la sentenza del 1955 che dichiarò incostituzionale la segregazione sugli autobus): “Quando gli architetti della repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono un “pagherò” del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo “pagherò” prometteva che tutti gli uomini, sì, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei princìpii inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità” (pag. 25). “Questo è il tempo di rendere giustizia a tutti i figli di Dio”, e lancia per l’ennesima volta il suo appello alla nonviolenza dopo i tanti scontri con la polizia in varie città d’America: “Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica”. Dare il beneficio del dubbio: “Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato al nostro” (concetto che riprende le parole di Lincoln, citate nel sermone 7). “Ci sono quelli che domandano a coloro che rivendicano i diritti civili: “Quando vi riterrete soddisfatti?” Non saremo mai soddisfatti sinché il negro sarà vittima degl’indicibili orrori a cui viene sottoposto dalla polizia. (…) Non potremo mai essere soddisfatti sinché i nostri figli saranno derubati della loro dignità da cartelli che dicono: “Riservato ai bianchi”. Non potremo mai essere soddisfatti sinché i negri del Mississippi non potranno votare” (a causa delle intimidazioni, ndr) “e i negri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare” (pag. 27). “Non ho dimenticato che alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere” (con riferimento a coloro i quali hanno fatto disobbedienza civile, ndr). “Siete voi i veterani della sofferenza creativa”. “Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel South Carolina; ritornate in Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà”, promette, citando gli stati razzisti del Sud. “Ho sempre dinanzi a me un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano”, che un bel giorno “questa nazione vivrà sino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali” (cita l’incipit della Costituzione del 1776 scritto dal padre fondatore Thomas Jefferson). “Io ho dinanzi a me un sogno, che un giorno persino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia. Io ho dinanzi a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere” (pag. 28).
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Coretta King: “L’Omofobia è
come il Razzismo
e l’Antisemitismo: nega l'Umanità.
e l’Antisemitismo: nega l'Umanità.
Matrimonio Gay Nuova
Frontiera dei Diritti Civili”
"L'OMOFOBIA è COME IL RAZZISMO E L'ANTISEMITISMO", disse la vedova King, schierandosi per l'estensione del matrimonio ai gay. |
Sua moglie Coretta (1927 – 2006) era nata
in Alabama (come Rosa Parks), sua nonna materna era un’ex schiava che faceva la
levatrice. Studentessa eccellente, studiò musica, si diplomò in violino, e divenne famosa sia come
cantante sia come attivista per i diritti civili. Tramite una loro comune amica, conobbe l'aspirante reverendo King a Boston, in conservatorio. Bastarono due settimane di
frequentazione perché Martin Luther King decidesse che quella era la donna che
desiderava. I loro appuntamenti consistevano in discussioni di politica. Coretta
dichiarò che Martin gli rammentava molto suo padre. Il matrimonio fu celebrato
da Martin Luther King Sr. I neosposini si trasferirono a Montgomery (Alabama)
ove King scelse di fare il pastore a tempo pieno nella chiesa battista e Coretta ha fatto la scelta di sacrificare
la sua carriera come cantante per dedicarsi all’impegno civile e alla famiglia:
ebbero due figli.
Quando King fu incarcerato, fu Kennedy in persona a chiamarla per darle il suo sostegno morale. Dopo l’assassinio del marito, Coretta (che aveva anche un caro amico gay) divenne attivista anche per i diritti dei gay sin dal 1983, in tempi in cui non andava di moda, e contro la guerra in Vietnam. “L’Omofobia è come il Razzismo e l’Antisemitismo ed ogni forma di bigottismo che tenta di deumanizzare un vasto numero di persone, negare la loro umanità, la loro dignità e personalità. Mi appello a tutti quelli che credono nel Sogno di Martin Luther King di fare posto (make room) al tavolo della fratellanza e della sorellanza alle lesbiche e ai gay”. Dal 2004 è a favore del matrimonio gay. Contro il Presidente Bush Jr ha detto: “I gay hanno famiglie, e le famiglie dovrebbero avere protezione legale. Un emendamento costituzionale che bandisca le nozze fra persone dello stesso sesso è una forma di omofobia (gay bashing)”. Questo suo sostegno alla causa è stato aspramente criticato da molti pastori neri e da sua figlia. Nel referendum in California, la maggioranza degli afromericani si è schierata coi mormoni per votare contro il matrimonio gay. A Martin Luther King si è ispirato anche un importante attivista gay per i diritti civili, Dick Leitsch, della Mattachine Society, grazie alle cui battaglie la polizia rinunziò alle tecniche di "entrapment", ossia di adescamento a scopo di arresto: ne parleremo in occasione del film "Stonewall".
Quando King fu incarcerato, fu Kennedy in persona a chiamarla per darle il suo sostegno morale. Dopo l’assassinio del marito, Coretta (che aveva anche un caro amico gay) divenne attivista anche per i diritti dei gay sin dal 1983, in tempi in cui non andava di moda, e contro la guerra in Vietnam. “L’Omofobia è come il Razzismo e l’Antisemitismo ed ogni forma di bigottismo che tenta di deumanizzare un vasto numero di persone, negare la loro umanità, la loro dignità e personalità. Mi appello a tutti quelli che credono nel Sogno di Martin Luther King di fare posto (make room) al tavolo della fratellanza e della sorellanza alle lesbiche e ai gay”. Dal 2004 è a favore del matrimonio gay. Contro il Presidente Bush Jr ha detto: “I gay hanno famiglie, e le famiglie dovrebbero avere protezione legale. Un emendamento costituzionale che bandisca le nozze fra persone dello stesso sesso è una forma di omofobia (gay bashing)”. Questo suo sostegno alla causa è stato aspramente criticato da molti pastori neri e da sua figlia. Nel referendum in California, la maggioranza degli afromericani si è schierata coi mormoni per votare contro il matrimonio gay. A Martin Luther King si è ispirato anche un importante attivista gay per i diritti civili, Dick Leitsch, della Mattachine Society, grazie alle cui battaglie la polizia rinunziò alle tecniche di "entrapment", ossia di adescamento a scopo di arresto: ne parleremo in occasione del film "Stonewall".
LYNDON JOHNSON
Il Cowboy del Sud divenuto per
Caso il “Presidente dei Diritti”
Lyndon Johnson (1908 - 1973), marginalizzato come vice da Kennedy divenne
(dopo l’omicidio a Dallas da parte di un ex marine
convertitosi al comunismo filocastrista) “il Presidente dei diritti civili”,
della “guerra alla povertà” e della “Great Society”, basata sull’”abbondanza di libertà
per tutti”. Si dimostrò all’altezza di Lincoln e non solo per la statura fisica
(un metro e novantacinque) bensì anche per la statura morale e politica: col
Presidente ha in comune il contributo per la liberazione dei neri.
Lyndon Johnson firma il Civil Rights Act del 1964. |
Texano (come
la moglie) di Stonewall, imprenditore agricolo, già Senatore, ex collaboratore
di Roosevelt, il Presidente del New Deal, alle primarie del Partito Democratico
fu sconfitto da Kennedy che lo scelse come vice. Egli “conosceva il capitale politico investito nella
reputazione del predecessore e lo sfruttò, persuadendo il Congresso a far
passare una legislazione che faceva avanzare la causa dell’eguaglianza razziale
come un tributo alla memoria di Kennedy” (Jon Roper, “The Illustrated Encyclopedia of the Presidents of America”, Hermes
House, London 2008, pagg. 207 – 208): "Nessun’orazione commemorativa o più
eloquente elogio potrebbe onorare la memoria del presidente Kennedy che il
passaggio, prima possibile, della proposta di legge per i diritti civili per i
quali ha combattuto così a lungo".
La First Lady. |
Scaduto il mandato, nel
1964 si ricandidò vincendo col 61,1% dei voti, conquistando 44 stati su 50, una delle vittorie più schiaccianti della
storia americana, e facendo approvare il Civil
Rights Act: “il più radicale dalla Ricostruzione, il cui architetto era
un presidente che proveniva da un ex Stato confederato” (“The Illustrated Encyclopedia of the Presidents of America”, cit.,
pag. 209). Nel 1965 fece approvare le prime leggi di copertura sanitaria per
gli anziani ed indigenti (Medicare e Medicaid, come integrazione del Social Security Act di Roosevelt, del
1935), le prime ed uniche sino all’Obamacare
(che dà diritto/dovere di stipulare, contrattandola sul libero mercato, una
polizza d’assicurazione con prestazioni minime garantite nelle cure mediche al
prezzo più vantaggioso).
Furono una serie di episodi,
come l’arresto di massa di rabbini più grande della storia e dell’anziana madre
72enne del governatore del Massachusetts nonché vari omicidi e pestaggi e
attentati dei terroristi del Ku Klux Klan, a mostrare all’opinione pubblica
quanto fosse necessario il varo delle leggi sui diritti per ristabilire la pace
sociale.
Lady Bird Johnson |
Leggenda vuole che, quando appoggiò la penna, Johnson disse ad un
aiutante, riferendosi al Partito Democratico: “Abbiamo perso il Sud per una generazione”. Per dare un segnale verso la
desegregazione, nominò il primo giudice della Corte Suprema afroamericano,
l’avvocato Thurgood Marshall (1908 – 1983) che aveva già vinto in tribunale nello storico caso Brown v. Board of Education (Brown
contro l’ufficio scolastico di Topeka, 1954, sentenza 347 U.S. 483) che
dichiarò incostituzionale la segregazione nelle scuole pubbliche. Johnson inviò
l'esercito per sedare le rivolte ma anche per proteggere la popolazione di
colore dalle rappresaglie negli stati del Sud (come il Mississippi del film The Help).
Nel 1965 firma la legge sul
voto, che proibisce agli Stati pratiche e procedure che rendano impraticabile o
complicato esercitare tale diritto bandendo anche ii test di alfabetizzazione
come requisito per le liste elettorali. Nel Civil
Rights Act del 1968 (Fair Housing Act)
si proibisce la discriminazione nell'acquisto, affitto o richiesta di
finanziamento per l'acquisto di un alloggio sulla base di differenze di razza o
paesi d'origine.
Medaglia Presidenziale della Libertà |
Nel suo discorso del 6 agosto 1965 disse: “Non c’è spazio per
le ingiustizie nella dimora degli americani. Ma c’è sempre spazio per la
comprensione di chi guarda il crollo delle antiche usanze. E a loro, oggi dico
semplicemente questo: deve succedere. E’ giusto che succeda. E quando accadrà,
vi accorgerete che un peso è stato tolto anche dalle vostre spalle” (concetto
che richiama proprio quello di un discorso di Lincoln ed un sermone di Martin
Luther King). Scaduto il secondo mandato, Johnson si ritirò nel suo ranch e fece vita da tipico allevatore
di bestiame nel suo paese natio. Come Wilson, che si prodigò per la pace in
politica estera, ebbe la colpa della segregazione in politica interna, così
Johnson, che si prodigò per la desegregazione in politica interna, ebbe la
responsabilità della cattiva scelta nella guerra in Vietnam: nonostante fosse
per la pace ed il ritiro, come ammise egli stesso, cedette alle apparenze e per
non apparire un codardo e un “appeaser”
proseguì nel disastro che aveva ereditato dalle precedenti amministrazioni. Nel
film “The Butler – Un maggiordomo alla
Casa Bianca” (2013), è stato interpretato da Liev Schreiber.
Il ruolo del Caso nella
Storia:
Quando le Tragedie del
Terrore
divengono Occasioni per il
Bene
I casi di Kennedy e
Zapatero a Confronto
La storia dell’inattesa sostituzione di
Johnson a Kennedy ci offre anche lo spunto per riflettere sul ruolo delle
fatalità nella Storia (Storia che incide poi nei destini delle singole persone).
Il formulare ipotesi su come sarebbe andato il corso degli eventi in
circostanze diverse si chiama “psycho-history” (“la Storia fatta
con i Se”). Se Al Qaeda non avesse colpito nel marzo 2004 il metrò di Madrid,
pochi giorni prima delle elezioni politiche (uccidendo 191 persone) e l’allora Premier uscente Aznar (leader
del Partido Popular) non avesse annunciato la falsa notizia di essere certo che fosse opera dell’ETA,
suscitando così, una volta scoperta ben presto la responsabilità di un
marocchino islamico, la rabbia degli elettori spagnoli, spostando così i voti
(di protesta, secondo i più fra gli analisti politici) verso il partito avversario, il PSOE (che aveva in programma l'estensione del matrimonio ai gay), chissà quando sarebbe stata fatta questa storica riforma.
Anche perché all’epoca i socialisti
erano dati in svantaggio, e probabilmente avrebbero perso le elezioni. Un male
assoluto come il terrorismo islamico ha portato vantaggio al partito, e
sappiamo com’è poi andata: c'è stata una stagione di riforme radicali sotto la premiership di Zapatero (2004 – 2008),
in sèguito ricandidato e riconfermato (2008 – 2011), proprio come nel caso di
Lyndon Johnson.
Analogamente, quando il 22 novembre 1963 il Presidente John Fitzgerald Kennedy
fu ucciso da un comunista squilibrato, prese il suo posto un personaggio
nel momento più basso della sua carriera politica (e la cui ricandidatura alla
vicepresidenza era messa in dubbio): Lyndon Johnson. Anche in questo caso, un attacco
terroristico ha segnato l’emergere di un politico non carismatico, inaugurando
così anche qui una stagione riformista che ha gettato le basi per l’attuale
Presidente, Barack Obama. In entrambi i
casi, in Spagna e in America, al Terrore sono seguite buone politiche
riformiste. Allora è interessante e
affascinante osservare quanti esempi ci sono nella Storia in cui il Caso
(inteso come un evento imprevisto ed imprevedibile come appunto gl’improvvisi
omicidi ad opera dei terroristi), appunto, ha giuocato un ruolo decisivo per il
destino (delle minoranze) di un Paese.
Leadership
Compassionevole
Lady Bird Johnson, da Second Lady a First Lady
Tenne i Comizi nel Sud
Razzista al posto del marito
Trasformò l’America
disseminò Fiori,
Compassione e Speranza
Dopo
che il Presidente firmò nel 1964 il Civil
Rights Act, fu Lady Bird Johnson
(1912 – 2007), la First Lady (1963 –
1969), a recarsi (col suo treno) tenere
i comizi come rappresentante del marito (a rischio attentati razzisti) in 47
città consecutive in cinque giorni.
Anche lei texana, di fede episcopaliana, due
lauree (arte e giornalismo), aveva già svolto un importante ruolo nella prima
campagna elettorale presidenziale del marito e di Kennedy perché Jacqueline K.
era incinta: fu dapprima, quindi “Second
Lady”, dopo Jackie. A differenza della moglie del presidente ucciso, non fu
muta e non pensava soli ai vestiti, bensì molto attiva. La coppia era coi
Kennedy a Dallas quando JFK fu ucciso: due ore e mezza dopo, Johnson prestò
giuramento. Lady Bird Johnson era un’ambientalista che migliorò l’estetica
della capitale, facendo piantare milioni di fiori: “Ove germogliano i fiori,
germoglia la speranza”. Col Premio Oscar Helen Hayes creò un’organizzazione non profit per la reintroduzione di
piante autoctone. Fu lei a creare l’attuale Ufficio della First Lady pensando che anche la moglie del Presidente meritasse un
ruolo. Dopo la morte per infarto del marito, rimase attiva in vari campi
(incluso il consiglio di Università del Texas e del National Park Service) e fu
la prima donna alla National Geographical
Society. Fu protetta dai Servizi
Segreti per quarantaquattr’anni, più a lungo di chiunque altro nella Storia. Ricevette
la Medaglia Presidenziale della Libertà dal Presidente (1974 – 1979) Gerald
Ford (1913 – 2006), un repubblicano, anch’egli di fede episcopale, che di lei
disse: “Ha reso il governo umano con la sua compassione unica e la sua grazia,
il suo calore e la sua saggezza. La sua leadership
ha trasformato il paesaggio americano e preservato la sua bellezza naturale
come un tesoro nazionale”. Amaro il
raffronto con un’Italia che non ha mai avuto un’autentica first lady. Molta della mancanza di compassione della nostra
politica su troppi temi deriva anche da questa mancanza di figure portatrici di
un’autentica cultura femminile.
COPPIE FORTI UNITE DALLA
POLITICA
Rosa Parks, Lady Bird e
Coretta King:
attiviste per i Diritti come i loro Mariti
Così come Rosa Parks e suo marito Raymond erano entrambi membri attivisti del
NAACP, così come Lyndon Johnson e sua moglie Lady Bird si battevano per i diritti
civili e lei andò a tenere i comizi al posto del marito Presidente, così anche Martin Luther King e sua moglie Coretta
furono attivisti della stessa organizzazione, il cui acronimo significa “National Association for the Advancement of
Coloured People”, sin da prima di conoscersi tramite una comune amica.
Queste coppie forti ricordano un’altra coppia di attivisti, il filosofo
liberale britannico John Stuart Mill
(1806 – 1873, autore del grande classico del liberalismo On Liberty, che abbiamo citato sopra) e la sua compagna di vita
(che dopo ventun’anni di relazione sposò), Harriet
Taylor (1807 – 1858), con cui elaborò il suo pensiero politico per
l’estensione del diritto di voto alle donne, la parità dei sessi nel diritto di
famiglia e la liberazione dei neri nel saggio On the Subjection of Women (La
servitù delle donne, 1869). Sia Corette sia Lady Bird, poi, vedove dei
marito, continuarono la loro attività, una in favore dei diritti delle
persone gay, l’altra come ambientalista.
LE TAPPE DELLA LIBERAZIONE
degli AFROAMERICANI
Dal 1500: Istituita la “servitù debitoria” (contratto fra il nero e il
bianco per pagare il debito del viaggio verso l’America) a partire dai Caraibi,
poi estesa anche ai bianchi europei.
1619: i neri africani sono portati come
schiavi in America a lavorare nelle piantagioni (“Tratta degli Schiavi”). Nel
1641 il Massachusetts è il primo stato a legalizzare la schiavitù.
1676: dopo una Rivolta, a Bacon, la
Virginia sostituisce la servitù debitoria con la Tratta degli Schiavi.
1691: vietate le nozze miste in Virginia. 1692: vietate nozze miste in Maryland.
1691: vietate le nozze miste in Virginia. 1692: vietate nozze miste in Maryland.
1775:
nasce la prima associazione abolizionista, di cui è presidente Benjamin
Franklin (1706 – 1790),
padre fondatore degli Stati Uniti, scrittore, giornalista, politico,
scienziato, inventore.
1777: il Vermont è il primo Stato ad
abolire lo schiavismo.
1787: vietata la schiavitù negli stati
nel Nordovest
1807: il Congresso abolisce la Tratta
degli Schiavi
Gl’intellettuali
1829: l’abolizionista di colore David
Walker pubblica "David Walker's Appeal To
the Coloured Citizens of the World".
1831 nasce “The Liberator”, settimanale abolizionista
del bianco William Lloyd Garrison,
fondatore dell’American Antislavery Society di NY (1833 – 1870)
1847 nasce “North Star” dell’ex schiavo Frederick Douglas, primo candidato
afroamericano alla vicepresidenza (accanto alla prima donna candidata
presidente, Victoria Woodhull) e ammiratore di Garrison dalle cui posizioni poi
si stacca: D. interpreta la Costituzione come antischiavista
1848: Henry David Thoreau, teorico della
disobbedienza civile, tiene la conferenza “Resistance
to Civil Government” per protestare contro lo schiavismo del Massachusetts. Sarà pubblicata postuma col titolo "Civil Disobedience" e ispirerà Martin Luther King.
Anni Sessanta
1861 – 1865: La Guerra di Secessione
Americana (Guerra Civile Americana) scoppia in sèguito alla rivolta di 11 Stati
del Sud (“Stati Confederati d’America”, incluso il Mississippi, ove i neri non possono nemmeno sposarsi fra loro) contro l’elezione
del repubblicano antischiavista Abramo Lincoln, dopo quattr’anni s’arrendono
1 gennaio 1863: Lincoln Proclamazione di Emancipazione
1865: XIII Emendamento alla Costituzione proibisce la schiavitù (i lavori forzati restano
come sanzione penale)
1866: Civil Rights Act riconosce cittadinanza a tutti i neri nati negli
USA. Nasce il Ku Klux Klan, formato da razzisti bianchi protestanti ex veterani
della Guerra di Secessione.
1868: XIV Emendamento concede “equal protection” (godere di eguale
protezione della Legge): su questa clausola si appoggerà la sentenza Brown v. Board of Education.
Anni
Settanta
1870: XV Emendamento
accorda il diritto di voto agli afroamericani
1875: Civil Rights Act proibisce la segregazione in vari àmbiti ma non
sulla scuola.
1876 – 1965: Leggi Jim Crow
nei vari Stati del Sud instaurano la segregazione razziale (cfr. The Help)
Anni
Ottanta
1880: Corte Suprema
sancisce che i neri non siano esclusi dalle giurie popolari
1883: Corte Suprema
dichiara incostituzionale il Civil Rights
Act 1875
1896: Sentenza Plessy v.
Ferguson. Con
un’interpretazione restrittiva del XIV
Emendamento, la Corte Suprema conferma legge della Louisiana che impone la
segregazione nelle ferrovie col principio “separate
but equal” (separàti ma eguali). Sinché le sue razze si vedono offrire
pari condizioni di trattamento, il Congresso non può proibire la segregazione
agli Stati. Contrario solo il giudice John Marshall Harlan (1899 – 1971). “E’
una nuova forma di schiavitù”, dirà Martin Luther King.
1898: William v. Mississippi. Per la Corte Suprema i test di
alfabetizzazione per il voto non sono discriminatori.
1913: s’insedia il
Presidente Wilson (democratico) che introduce la segregazione negli uffici
governativi di Washington tradendo così le promesse agli afroamericani.
1924: il Racial Integrity Act dello Stato della Virginia bandisce le nozze
miste (bianchi e neri non possono sposarsi fra loro)
1948: abolita la
segregazione razziale nelle forze armate.
1951: class action (azione legale collettiva) di un gruppo di genitori di
studenti neri vs lo stato del Kansas. Il giudice nero Marshall, avvocato della
NAACP (National Association for the
advancement of coloured people). Harlan
si ribella al “separati ma uguali” (“falsa dottrina, buona per gl’ingenui”)
UN UOMO CORAGGIOSO. La nomina di Warren segna una svolta: storica la sentenza in cui usava argomenti di scienza psicologica per dichiarare incostituzionale la segregazione nelle scuole. |
1955: Rosa Parks (1913 – 2005) dice No a un autista
bianco: non cederà il posto in autobus: arrestata per violazione delle leggi
cittadine a Montgomery. Il giorno dopo scatta il boicottaggio degli Autobus da parte dei neri. Storica
sentenza della Corte Suprema che dichiara incostituzionale (illegale) la
segregazione razziale ma ci sono stati (nel Sud) che permangono
nell’illegalità.
1957: rivolta
di Little Rock (Arkansas), il Presidente Eisenhower dà un soldato come bodyguard a ciascuno dei 9 bimbi neri
che vogliono iscriversi ad un liceo bianco. Il governatore fa chiudere la
scuola, il giudice ordina di riaprirla.
1958: un giudice condanna i coniugi Mildred e Richard Loving (lei nera, lui bianco) a lasciare lo Stato della Virginia, e decreta nulle le loro nozze. In caso contrario, 5 anni di carcere.
1960: campagna elettorale di Kennedy che reca come testimonial la moglie di Martin Luther King (che si trova in prigione).
1960: campagna elettorale di Kennedy che reca come testimonial la moglie di Martin Luther King (che si trova in prigione).
20 gennaio 1961: eletto il primo
Presidente cattolico, Kennedy col voto del 70% dei neri. Non finirà il mandato:
assassinato.
28
agosto 1963: Marcia su
Washington, la capitale, con in prima fila Martin Luther King che pronunzia lo
storico discorso “I have a dream”. 80%
dei partecipanti che sfilano sono afroamericani.
22
novembre 1963: il
Presidente Kennedy viene ucciso a Dallas dagli spari di un uomo. Gli subentra
il vice Lyndon Johnson.
1964: Civil Rights Act del Presidente Lyndon Johnson, su un ddl di JFK, abroga le leggi
Crow cioè la segregazione razziale.
1965: Marcia su Montgomery e Voting Rights Act del Presidente Lyndon
Johnson
1967: Loving
v. Virginia, la Corte Suprema dichiara incostituzionale il Racial Integrity Act del 1924 sulla base
del XIV Emendamento, cade il divierto di nozze interrazziali in tutti gli Stati USA. Vincono così i coniugi Loving.
1978: Ricorso
degli studenti bianchi scartati in favore di neri: la Corte Suprema sentenzia
che la varietà razziale è obiettivo legittimo, quindi OK l’affirmative action (quote per le minoranze razziali). Nelle application forms (domande d’ammissione)
negli atenei USA viene richiesta la razza.
1984: prima
serie Tv ambientata in una famiglia borghese afroamericana, I Robinson.
Duemila
2008: Barack Obama, Senatore
che votò No alla guerra in Iraq, vince le primarie del Partito democratico e
nel 2009 è eletto Presidente degli Stati Uniti: è il primo presidente
afroamericano.
Il Presidente Barack Obama riceve due genitori gay col loro figlioletto |
Maggio 2012: Obama in un’intervista Tv
dichiara di aver mutato idea sulle nozze gay grazie all’esperienza delle figlie
Maya e Sasha che frequentano una scuola quacchera con compagni di classe figli
di coppie gay.
2012: rieletto Barack Obama anche grazie
al sostegno dei gay americani.
2014: storica sentenza della Corte
Suprema americana paragonabile a quella del 1955: incostituzionale vietare le
nozze gay.
Numerose furono le rivolte tutte represse
nel sangue.
Il ruolo dei Giudici, dei Politici e della Società Civile
Candy e Darlene spose a Washington |
Questa storia della liberazione c’insegna
il coraggio morale (Lincoln, Luther King e Kennedy uccisi) e che questi
risultati sono stato raggiunti tramite il contributo di tutte le varie parti in
cui si compone una Nazione:
-
La partecipazione attiva della Società Civile sia dei bianchi (come Franklin e Lloyd Garrison)
sia dei neri (la disobbedienza civile di Rosa Parks, le iniziative di
boicottaggio, le prediche di Martin Luther King, la Marcia su Washington, il
dialogo con la politica, le cause in tribunale per Rosa Parks); fare ricorso,
da parte di uno studente nero, per il diritto d’iscriversi ad una scuola bianca
era un atto di grande coraggio; il contributo del Cristianesimo nella
predicazione di Martin Luther King;
-
La Politica: il ddl Civil Right Act del Presidente Kennedy, portato a compimento da
Lyndon Johnson, il Voting Rights Act
di Johnson;
- La Magistratura: la storica sentenza della Corte Suprema
sul caso Parks e le seguenti.
Quindi anche noi membri della società
civile siamo chiamati in causa per dare il nostro contributo con compassione e
creatività che realizzi la nostra ed altrui umanità.
Così come decisiva fu la nomina da parte di Eisenhower del giudice Warren per quella storica sentenza del 1954, così decisivo è stato il ruolo del Presidente
anche nel caso di Obama, quando ha nominato la cattolica Sotomayor e l’ebrea
Kagan come supremi giudici: il loro Sì è stato determinante per la storica
sentenza che ha giudicato incostituzionale la legge di Bill Clinton che
proibiva i matrimoni gay (http://lelejandon.blogspot.it/2013/06/la-gioia-la-speranza-le-campane-festa.html):
le due donne hanno votato Sì assieme al
cattolico Anthony Kennedy (che nel 1998 bandì le leggi antisodomia nella
sentenza Lawrence v. Texas) ed
all’ebrea Ginsburg, ispirandoosi al V Emendamento che protegge le “eguali
libertà delle persone”, contro i quattro colleghi (tutti uomini, di cui un afroamericano) che
hanno votato No.
Una curiosità: la grande chiesa ove Martin
Luther King (1929 – 1968) tenne la sua ultima predica dal pulpito, prima di
essere assassinato, la Cattedrale Nazionale di Washington (episcopaliana, la
congregazione di Matthew Fox) che già aveva nominato due vescovi apertamente
gay ed aveva già un rito liturgico per le coppie dello stesso sesso, ha accolto
la notizia col suono delle campane a festa per condividere la gioia con i
fratelli e sorelle gay.
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