giovedì 16 febbraio 2023
Per noi ha vinto Mr Rain
di LELE JANDON
Non solo effimere canzonette alla settantatreesima edizione del Festival di Sanremo. Il mio tormentone (in tedesco diciamo “Ohrwurm”, letteralmente “verme dell’orecchio”) è la canzone “Supereroi”, classificatasi solo terza alla gara ma seconda su Spotify, YouTube, iTunes Apple Music.
La canta Mr Rain, dolcissimo 31enne di Desenzano sul Garda, qui ritratto dall’artista Enzo Iorio che ha così reso omaggio a questo ragazzo, vero vincitore morale di questo Festival della canzone italiana.
Il curioso nome d’arte deriva dal fatto che trova ispirazione per comporre le sue canzoni solo quando fuori piove.
Snobbato da “giudici” incompetenti ad un sadico “reality show” musicale, ha superato la depressione, si è messo a studiare pianoforte e ha fatto il grande ritorno sulla scena con una delicata melodia che ha strabiliato tutti perché, dopo un esordio con un genere americano (come rapper), ha creato un originale brano che solo nell’incipit è vagamente rap ma che a sorpresa procede in un pop squisitamente italiano.
Con elegante distinzione ha presentato il suo commovente pezzo sanremese che racconta un pò di sé lanciando al contempo un potente messaggio universale nell’era dell’epidemia della solitudine e del narcisismo: come egli stesso spiega in un’intervista, dobbiamo superare la vergogna (che non crea nulla di buono), «toglierci le nostre maschere, e mostrarci per come siamo, chiedendo aiuto a chi ci vuol bene».
Nel poetico testo, composto in mezz’ora in stato di flusso e migliorato da Federica Abbate, il cantautore ci ricorda la nostra vera natura relazionale col prossimo ricorrendo ad una stupenda immagine metaforica dello scrittore partenopeo Luciano De Crescenzo (1928 – 2019) ripresa anche nel suo film del 1984 “Così parlò Bellavista” e da don Tonino Bello (1935 – 1993, dichiarato beato da Papa Francesco): «Siamo angeli con un’ala soltanto e riusciremo a volare solo restando l’uno accanto all’altro».
Ad un certo punto fa il suo ingresso sul palco del teatro Ariston un coro di voci bianche di otto «bambini che è un po' la mia firma stilistica quando voglio sottolineare un concetto». Con loro Mr Rain canta a cappella (lui che coi bimbi ha particolare feeling perché ha aiutato la madre a crescere la figlioletta, la sua sorellina). Fra i tanti anche le madri con figli con disabilità si sono identificate nella canzone che è stata tradotta dalla Fondazione Isah nella Comunicazione aumentativa alternativa (CAA) per chi ha bisogni comunicativi complessi. Noi de “Il Cinema e i Diritti” la citiamo ai ragazzi nelle nostre conferenze sul bullismo giacché accenna anche al trauma («ci sono ferite che non se vanno nemmeno col tempo») e, come dice Mr Rain, «la musica per me è terapeutica».
Secondo il cantante chiedere aiuto oggi è eroico e i nostri supereroi del momento sono i nostri connazionali europei ucraini i quali non hanno paura di continuare a richiedere il nostro sostegno per l’autodifesa, soprattutto per bocca del loro leader morale Zelensky del quale ha letto un bel messaggio proprio al Festival il conduttore Amadeus (che anche per questa sua libera scelta, sgradita ai populisti filorussi Salvini e Berlusconi, verrà senz’altro punito dal governo di estrema destra che eserciterà il suo potere anche sulla TV di Stato). Spero che anche il presidente ucraino abbia commosso i cuori degl’italiani perché, come dice Mr Rain, «non si può combattere una guerra da soli».
lunedì 9 gennaio 2023
«Siamo un Pianeta Nomade»: una Mostra a Berlino
di LELE JANDON
Come dice il premiato storico tedesco Karl Schlögel, da sempre la Terra è un “Planet der Nomaden” (“un pianeta di nomadi”) per le più svariate ragioni. Ora che gli xenofobi sono al governo in Italia sarà istruttivo divulgare la storia raccontata nella Mostra “Wir sind hier. Turks in Germany” del fotografo di Istanbul Ergun Çağatay (1937 – 2018) che è stata prolungata sino al 10 aprile al “Museo delle culture europee”.
Dinanzi alla facciata del piccolo Museo (nel favoloso e verdissimo quartiere residenziale ed universitario di Dahlem Dorf che in origine, come suggerisce il nome stesso, era un villaggio, col tempo inglobato nella metropoli di Berlino), campeggia la bandiera ucraina, come davanti ad ogni Istituzione qui in Germania.
Figlio di un avvocato e senatore, dopo aver mollato gli studî di legge impostigli dal padre Çağatay (si legge Ciaatai) seguì il proprio demone della fotografia e divenne artista autodidatta documentando importanti Eventi (fra cui il primo trapianto di fegato, del 1963) e la guerra Iraq-Iran (1980 – ‘83) ma, dopo tanti luoghi caldi, il caso volle che un giorno del 1983 il nostro giramondo fosse fra i feriti dell’attacco dei terroristi marxisti-armeni ASALA contro lo sportello delle Turkish Airlines all’aeroporto parigino di Orly (finì in clinica come grande ustionato e per cinque anni si sottopose alle cure).
La selezione è solo un assaggio di 1110 su 3477 fotografie da lui scattate in cinque città tedesche fra cui Berlino nel 1990 (l’anno in cui venne inaugurata la primissima moschea ben visibile cioè dotata di minareto): il fotoreporter ci mostra varî scorci della vita (familiare, religiosa, comunitaria, lavorativa e politica, con le “Demonstrationen” per le strade per reclamare il diritto di restare) delle persone di origine turca residenti qui in Germania.
La galleria fotografica (che vedete sul mio Instagram) era stata riproposta l’anno scorso in occasione dei sessant’anni dallo storico accordo bilaterale fra la Germania federale (la cui capitale era Bonn) e la Turchia (1961 - 1973), firmato a causa dell’improvvisa erezione del Muro (ed il conseguente Stop all’incessante e crescente immigrazione di tedeschi dalla Seconda dittatura tedesca, la DDR). La Germania libera aveva quindi bisogno di manodopera e dava il benvenuto ai volenterosi che venivano qui come semplici “Gastarbeiter” (cosiddetti “lavoratori-ospiti”, impiegati nelle industrie e nelle miniere di carbone della Ruhr), senza le fatiche dei quali il miracolo tedesco del Dopoguerra non sarebbe stato possibile.
I figli di quei primi immigrati sono poi diventati nei decenni anche proprietari di piccole attività a gestione famigliare (frutta e verdura o quelli che riuniscono assieme una mini-edicola di quotidiani e la mini-posta) o gestiti da giovani (barbieri), guidatori (tassisti ed autisti di Uber) ed artisti.
Odiati dall’AfD (Alternative für Deutschland, il partito di estrema destra, omologo di “Fratelli d’Italia” e “Lega”, tenuto alla larga da una “conventio ad excludendum” da parte dei partiti normali), i tedeschi di origine turca sono stati target di un attacco terroristico di estrema destra ad Hanau nel 2020 (11 persone uccise).
Il partito meglio rappresentativo, con più tedeschi di origine turca, che noi voteremo alle prossime elezioni cittadine del prossimo 12 febbraio, sono i Verdi: verde è il ministro dell’agricoltura Cem Özdemir (i cui genitori sono di etnia circassa), figlio di un Gastarbeiter.
sabato 24 dicembre 2022
Gli Angeli della Luce, Riflessione per Natale
di LELE JANDON
Da oltre dieci mesi i valorosi combattenti ucraini lottano e continuano a combattere. Tanti sono giovani padri di famiglia come quel babbo il cui figlioletto piange e protesta colpendogli l’elmetto coi suoi piccoli pugni perché non vuol lasciarlo andare. Anche il padre piange, prova a calmarlo offrendogli una merendina ma non serve a nulla: il bimbo vuole suo papà.
Già cento bambini e ragazzi ucraini sono rimasti uccisi dagli attacchi aerei. E così questi minori notoriamente bravissimi scolari e studenti) anziché star fuori a giocare costruendo pupazzi di neve, continuano a studiare a lume di candela. Alcuni restano traumatizzati come Sasha, il bambino di otto anni nella Gallery di cui ci racconta il quotidiano “La Stampa” di Torino, che ha smesso di parlare da quando sono iniziati i bombardamenti. Sul telefonino i bimbi hanno un’apposita app per l’allarme aereo: le lucette s’accendono e loro sanno dove rifugiarsi, in casa o nei metrò o nei rifugi di epoca sovietica. Fra un allarme e l’altro è stato comunque issato un albero di Natale in piazza Santa Sofia a Kyiv: il quotidiano milanese “Il Giorno” pubblica la foto della piazza del dicembre 2021 e quella di quest’anno per mostrare l’aria che tira. Come si vede, le giostre e i mercatini natalizi di questa bellissima capitale hanno lasciato spazio al vuoto e al buio. Già il regime stalinista provò a rovinare la sacralità del Natale instaurando la patetica “festa di fine anno” e il culto delle personalità sovietiche ma gli ucraini hanno saputo mantenere la loro cultura che stanno difendendo anche ora. Sarà un Natale buio domani: assieme al cocktail demoniaco di bombe, gelo e terrore (stupri e saccheggi), il buio (attraverso massicci attacchi con droni e missili alle infrastrutture energetiche) è l’arma di guerra di Putin per piegare l’Ucraina. L’altro giorno questo moderno Erode ha rovinato la festa di San Nicola (che reca i doni ai fanciulli come nelle parti d’Italia che facevano parte dell’Impero bizantino).
Come ha detto Zelensky, l’Ucraina è «una potenza spirituale» e mai come quest’anno la “Festa delle luci” (che dura sino a lunedì) assume un tale valore simbolico: come ha notato il leader dei rabbini ucraini Mayer Stambler accendendo la menorah alla presenza di una serie di ambasciatori ricordando la storia vera da cui ha origine la festa ebraica di Hannukah (una storia di lotta per l’indipendenza da una potenza colonizzatrice), «stiamo vivendo la stessa situazione, questa è una guerra fra l’oscurità e la luce».
Com’è noto, nella nostra Tradizione spirituale gli angeli sono luce. Nel disegno di quest’artista ucraina (Irina Kostyshina), che Antonello Ghezzi ed io abbiamo scelto per augurare comunque buon Natale ai nostri fratelli europei ucraini e a tutto il Pubblico affezionato de “Il Cinema e i Diritti”, vediamo dei veri angeli custodi: sono i vari soccorritori che a sirene spiegate volano a recare la luce laddove il mostro infanticida ha fatto calare le tenebre. Da Leopoli il pastore luterano ucraino Dmytro Tsolin, che è stato professore anche a Wittenberg e Gerusalemme, scrive su “Riforma”: «Vediamo anche Cristo in guerra: lo vediamo nelle manifestazioni di abnegazione umana, nella disponibilità ad aiutarsi a vicenda, nella disponibilità a dare la propria vita per gli altri. La guerra rivela il lato divino della natura umana non meno delle peggiori qualità. Vediamo la presenza di Dio nel coraggio dei nostri soldati, nell’aiuto e nel sostegno dei vostri Paesi e delle vostre comunità: senza non saremmo sopravvissuti. Grazie.»
Ma in giro c’è anche molto irrazionalismo e speriamo che il Natale rechi il lume della ragione a chi si è lasciato contagiare dai populismi (No-Vax, No-Armi) che diffondono menzogne così potenti da provocare quel fenomeno che Kierkegaard chiamava la “repressione della coscienza”. Dobbiamo pregare aiutando attivamente gli ucraini con le donazioni ed il sostegno delle armi e possiamo ragionevolmente sperare che Putin venga eliminato (e con lui la sua ideologia).
Il presidente ucraino, di religione ebraica come Gesù, ha definito il putinismo “male assoluto” e nel suo commovente discorso al Congresso americano pronunziato simbolicamente durante Hannukah, ha detto a proposito della nobile Nazione da lui guidata: «Fra pochi giorni è Natale. In Ucraina lo celebreremo anche a lume di candela, e non per romanticismo. Non abbiamo l’elettricità e molti non hanno l’acqua. Ma non ci lamentiamo. La luce della nostra fede illuminerà il Natale».
mercoledì 30 novembre 2022
L’Abbraccio di Hollywood agli Ucraini
di LELE JANDON
Sono tutte di grande prestigio le stelle che hanno dato il loro aperto appoggio all’Ucraina (trovate la Foto Gallery sul mio Instagram).
La rockstar ed attivista irlandese Bono (dopo aver dato alle stampe la sua commovente autobiografia “Surrender. 40 canzoni, una storia”) ha tenuto un concerto a sorpresa nel metrò Kreshchatik di Kyiv (dove da oltre 8 mesi si rifugiano per sfuggire ai bombardamenti gli abitanti della capitale) coinvolgendo i soldati nel canto di “Sunday, Bloody Sunday”, il suo capolavoro del 1983 contro l’odio fratricida. Con la poesia che caratterizza le sue canzoni il cantautore leader degli U2 interpreta così la guerra: «In questo momento il vostro presidente è al comando del mondo per la causa della libertà. Il popolo dell’Ucraina non sta combattendo solo per la propria libertà ma per tutti noi che amiamo la libertà». Giorni fa, intervistato alla RAI, il cantante ha fatto appello agl’italiani affinché continuino a dare aiuti all’Ucraina: «Gli ucraini credono nella libertà forse più di noi. Per me la libertà è tutto.»
Zelensky ha accordato udienza a due suoi colleghi attori, ebrei come lui, il Premio Emmy Ben Stiller (che gli ha detto: «Sei il mio Eroe!») e Sean Penn (che gli ha recato in dono uno dei suoi due Oscar). I due artisti sono stati per questo banditi dalla Federazione russa. Sean Penn ha origini proprio nell’Est Europa, è un “Litvak” cioè un ebreo lituano, come racconto nel docufilm “Lituania: il Coraggio di rinascere” di Antonello Ghezzi (www.ilcinemaeidiritti.it) e sta girando in Ucraina un documentario sulla guerra seguendo a piedi i profughi diretti in Polonia.
Ha ottenuto udienza dal presidente anche il Premio Oscar Jessica Chastain la quale, dopo l’ennesima eccellente performance (nel film di Netflix “The Good Nurse”, storia di un’eroica infermiera che denuncia un collega serial killer riuscendo a fargli confessare i suoi crimini) ha lodato il popolo ucraino «incredibilmente forte e coraggioso» e ha visitato i bambini ricoverati in un ospedale pediatrico. Per parte sua, la due volte Premio Oscar Angelina Jolie, attivista dei diritti dei fanciulli che come ambasciatrice dell’ONU per i Rifugiati dal 2012 ha già visitato quaranta aree di crisi nel mondo, è andata a trovare a Leopoli i bambini di un collegio sopravvissuti ad un attacco missilistico contro una Stazione ferroviaria.
Il divo della saga di “Guerre Stellari” Mark Hamill ha donato 500 droni ai soldati dell’Esercito ucraino «per proteggere la loro terra, la loro libertà e i valori dell’intero mondo democratico» contro «l’Impero del male» e il Premio Golden Globe Richard Gere, di fede buddhista e impegnatissimo attivista su molti fronti, ha espresso benissimo il punto della questione: «Ho letto dell’umiliazione dei soldati russi obbligati a commettere atrocità in Ucraina su persone che hanno sempre considerato sorelle, fratelli, cugini ed è un incredibile sconquasso anche della società russa, un’aberrazione commessa sul nostro pianeta. Pur essendo pacifista, credo che nel mondo relativo in cui viviamo ora dobbiamo difenderci ed aiutare l’Ucraina. Penso che NATO ed Unione europea siano le uniche Istituzioni che cerchino di applicare lo stato di diritto».
Il leader ucraino apprezza il sostegno di questi illustri supporter: «Per noi queste visite di personaggi famosi sono estremamente preziose. Grazie a questo, il mondo sentirà, conoscerà e capirà ancora di più la verità su ciò che sta accadendo nel nostro Paese».
Lele Jandon
Fondatore de “Il Cinema e i Diritti”
mercoledì 26 ottobre 2022
I Femminicidi in Iran: l'Odio di Stato produce Serial Killer di Stato
di LELE JANDON
Sono già quattro i sadici femminicidi di Stato nella Repubblica islamica dell’Iran contro cui hanno manifestato sabato scorso a Berlino ottantamila persone (dati ufficiali della “Polizei”).
La “polizia morale” iraniana, invaghitasi di una 22enne della minoranza curda, Mahsa (che in compagnia dei familiari si recava in visita a dei parenti) l’ha tratta in arresto con la falsa scusa che non indossava correttamente l’hijab: lasciava scoperta qualche ciocca di capelli. Tre giorni dopo i genitori l’hanno trovata in obitorio con la testa fracassata e le sevizie tipiche dei serial killer.
Tale palese stupro di Stato ha scatenato l’indignazione generale delle sue coetanee, a chiunque delle quali sarebbe potuto accadere quest’abuso di potere: in tantissime si sono fatte coraggio e in 80 città iraniane hanno reclamato l’abolizione della polizia religiosa.
Una delle manifestanti protestatarie, Hadis Najafi, è stata arrestata dai servizi segreti: i familiari se la sono ritrovata in camera mortuaria con le stesse crudeltà sul corpo. Uno di loro mostra l’sms: «I servizi mi stanno inseguendo, aiuto!». Ma ora non possono più rilasciare dichiarazioni. Magari i suoi assassini sono gli stessi di Mahsa. Avendo lei solo 16 anni, il femminicidio (strano che i giornalisti non usino questa terminologia, a tutt’evidenza corretta perché si uccidono le donne per il fatto di essere donne ribelli) ha provocato un’ondata di compassione nelle minorenni.
Aveva la stessa età Asra Panahi, picchiata a morte dalla sbirraglia per essersi rifiutata d’intonare un inno al culto della personalità di Khamenei in stile Gioventù hitleriana.
Ed è probabile che una quarta ragazza (sparita) sia stata uccisa come pensano i testimoni oculari che l’hanno vista trascinare via: la ventenne Pardis Javid, anche lei della oppressa minoranza curda, tratta in arresto mentre protestava nella capitale del Kurdistan iraniano.
«La nostra vita somiglia al “Racconto dell’ancella” di Margaret Atwood, solo che le donne come zia Lydia sono la minoranza», scrive una ragazza iraniana di nome Marjan su “La Stampa” di Torino.
La mancanza di rispetto per la vita umana è una caratteristica tipica dei fascismi: non a caso l’Iran sostiene fermamente Putin. E quando un fascismo predica la sua propaganda contro un gruppo umano (le donne o il popolo ucraino ad esempio) coloro che ricevono dallo Stato le armi sono incitati ad uccidere proprio come sta accadendo nell’Ucraina ove le donne vengono spesso stuprate dalla soldataglia russa.
E c’è un quarto Target del regime, anche lei giovane e bella: la 30enne Alessia Piperno, un’italiana (di origini ebraiche in un regime antisemita, come ha dimostrato a suo tempo Ahmadinejad che con la Bomba atomica voleva spazzare via dalla faccia della Terra lo Stato ebraico) è stata prelevata all’uscita del suo albergo. Il pretesto del fermo è che ha esternato simpatia per le manifestazioni a cui non ha peraltro partecipato. Tenere in ostaggio questa straniera è utile al regime per lanciare il monito: «Gli stranieri devono rispettare le nostre leggi», quindi se una persona ospite in Iran anche solo scrivesse che sta dalla parte delle studentesse finirebbe in carcere per sedizione. Infatti l’Ayatollah invoca la tipica arma dei fascisti, il vittimismo: «Le proteste sono pianificate da Stati Uniti ed Israele». Ma proprio Joseph Biden ha commentato: «Faccio politica da tanto tempo ma sono rimasto sorpreso nel vedere che cos’ha risvegliato in Iran la morte di quella giovane», una sconosciuta. Si muovono Berlino e Bruxelles: l’assertiva ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che da sempre rivendica “una politica estera femminista”, e l’Alto rappresentante per gli Affari esteri europei Josep Borrell, hanno già annunciato le prime sanzioni contro undici persone e quattro entità del regime che maltratta così le donne. Inoltre la nostra UE indagherà sui droni suicidi consegnati dall’Iran a Putin e darà altri 500 milioni di euro di aiuti all’Ucraina il che significa anche alle donne vittime delle varie violenze dei servi di Putin.
Lele Jandon
www.ilcinemaeidiritti.it
martedì 16 agosto 2022
Magica Berlino, Cinema sotto le Stelle in Ogni Quartiere!
di LELE JANDON
Che magia il Cinema sotto le stelle: è il “Sommernachtskino” (qui nella capitale tedesca ce n’è uno in ogni quartiere)!
E che piacere rivedere in lingua originale inglese (con sottotitoli in tedesco) uno strabiliante film-cult come “Mullholland Dr.” comodamente seduti sulle sdraio da spiaggia qui fuori al fresco al Kulturforum, avendo dinanzi a noi la stupenda view sullo skyline della chiesa di San Matteo e degli originali grattacieli di Potsdamerplatz!
Geniale film sui generis (premiato anche a Cannes per la sensualissima “mise en scène”), scritto e diretto dal Premio Oscar David Lynch, questo conturbante film del 2001 (riproposto in occasione del recente restauro) appare come un intrigante giallo psicologico ed insieme una romantica e commovente storia d’amore fra due fascinosissime donne (coraggiosa per l’epoca). In realtà si rivelerà una magica opera d’arte sull’inconscio e sulla presa di coscienza.
La surreale trama incomincia dal tentato omicidio di una misteriosa donna (la bellissima Laura Harring) salvatasi miracolosamente “grazie” ad un incidente d’auto in conseguenza del quale, però, le resta un’amnesia: senz’indugi le offre subito la massima comprensione e disponibilità una sconosciuta, Naomi Watts (che quest’interpretazione rese finalmente e giustamente famosa).
Tenete conto che il Classico preferito del regista è “Sunset Blvd.”: anche il Sunset Boulevard è, come Mullholland Drive, una lunga, lussuosa e celebre strada della favolosa Los Angeles, la Mecca del Cinema. Ed anche il film di Lynch, come “Viale del Tramonto”, è una durissima critica alla Film industry: se nel noir del sette volte Premio Oscar Billy Wilder il co-protagonista è in fuga dagli esattori e trova rifugio per caso nella mansion di un’ex diva del muto caduta in depressione (Gloria Swanson), analogamente qui la co-protagonista, scampata ai killer appunto sulla Mullholland Drive, s’introduce nel bell’appartamento di un’aspirante star.
Se volete provare ad indovinare lo spiazzante colpo di scena finale di questo stupendo ed assai sofisticato film (il regista è anche sound designer), prestate molta attenzione alle parole-chiave del presentatore-mago-illusionista nella scena di cabaret al “Club Silencio”.
Ecco il sito dove prenotare a dieci euro il vostro “Freiluftkino” (ma i biglietti si possono acquistare anche la sera stessa in loco, a dodici €): www.yorck.de
Lele Jandon
(Il Cinema e i Diritti
www.ilcinemaeidiritti.it)
lunedì 20 giugno 2022
“Felice Pride Month!”: l’Abbraccio dei Luterani dell’ELCA
di LELE JANDON
Nel mio viaggio in Oregon e California ho sempre notato esposta sul portone d’ingresso delle chiese affiliate all’ELCA la bandierina arcobaleno (un segno d’accoglienza del movimento di liberazione gay che è nato proprio in quel Paese) assieme a quella di “Black Lives Matter” (mentre il vescovo cattolico di Worcester, in Massachusetts, pochi giorni fa ha proibito ad una scuola di gesuiti, che in America sono gay friendly, di definirsi “cattolica” per aver deciso di continuare ad esporre queste due bandiere).
La ELCA (Evangelical Lutheran Church in America), la maggiore denominazione luterana degli USA, con sede a Chicago, sostiene attivamente le persone ed i pastori e le pastore LGBT: “I nostri fratelli LGBT sono un dono per la nostra Chiesa e per il mondo”.
La marcia del gay pride è assai sentita negli States ove è appunto stata ideata (nel 1970 a Chicago, Los Angeles, San Francisco e NYC) in memoria della Rivolta di Stonewall a Nuova York del giugno 1969.
E come scrive persino la chiesa della minuscola Lakeview, in California, “giugno è un mese dedicato alla sensibilizzazione (raising awareness)” e così durante il “Pride Month” quasi mille parrocchie dell’ELCA organizzano Eventi a tematica LGBT anche grazie al programma “Reconciling in Christ”, opera di community organizing (in corso da almeno quarant’anni) dell’organizzazione luterana “Reconciling Works” che ha sede a Minneapolis.
Proprio in Minnesota, oltre all’iniziativa di “Queer Grace” (che mira ad accogliere persone LGBT precedentemente traumatizzate dalla chiesa e ciononostante interessate ad approfondire lo studio della Bibbia), la “Grace Lutheran Church” (la cui pastora ha fondato di propria originale iniziativa l’Enciclopedia online a tematica gay “Queer Grace”) ha formulato una preghiera di pentimento in un memorabile video collettaneo due anni fa: “I cristiani hanno profondamente ferito la comunità LGBT, è tempo che la chiesa riconosca il danno fatto e s’impegni in concreti atti di pentimento, rinnovamento e riforma”.
Ecco una rosa dei messaggi d’auguri più belli ai “siblings” (parola che più correttamente comprende fratelli-e-sorelle) gay, lesbiche, trans e bisessuali.
La “Christ Lutheran Church” di Pacific Beach (San Diego) si felicita e s’impegna: “Facciamo festa (celebrate) e rinnoviamo il nostro impegno nel lavorare per la dignità, eguaglianza e maggiore visibilità della comunità gay questo mese ed ogni mese”.
Per dare autostima alle persone gay questa chiesa californiana ricorda opportunamente il versetto 14 del Salmo 139 di Davide (che ci ripeteva sempre la pastora americana Mari all’American Church Berlin): “Ti lodo/ti rendo grazie perché mi hai creato come una stupenda meraviglia” (“I praise you, for I am fearfully and wonderfully made!”).
Inoltre, per incoraggiare a liberarsi dello stressante peso del segreto, questa bella comunità cita un concetto dell’attivista ebreo americano Harvey Milk (assassinato a San Francisco nel 1978 da un collega omofobo ed invidioso): “Se non sei personalmente libero di essere te stesso nella più importante delle attività umane, l’espressione dell’amore, allora la vita perde di significato” (“If you are not personally free to be yourself in that most important of all human activities…the expression of love…then life loses its meaning”).
La Saint Paul’s Lutheran Church di Santa Monica (stupenda città con amministrazione indipendente all’interno dell’enorme Contea di Los Angeles) nel proprio sito ribadisce di accogliere tutti e lo fa per bocca del proprio storico pastore dichiaratamente gay James (Jim) E. Boline (maritato con Christopher).
La Trinity Lutheran Church di Greenville, nella Carolina del Sud, dichiara attraverso un videomessaggio della pastora Susan Crowell: “Se sei gay, etero, bisessuale o trans (…) hai un posto in questa Comunità. Questa congregazione si oppone all’odio e all’omofobia proclamati in altri pulpiti della città. Signore, guidaci ad essere ferventi sostenitori (fierce advocates) dei nostri fratelli LGBT”.
Chiarissima sin dalle prime battute del proprio sito anche la Advent Lutheran Church di Mentor, Ohio: “Ti accogliamo a braccia aperte così come sei”.
Sulla stessa linea delle chiese ELCA è la cattedrale episcopaliana della capitale federale, la “Washington National Cathedral” (quella dei funerali dei presidenti): “Il Pride è il momento non solo di riconoscere i nostri vicini LGBT ma di stare dalla loro parte (to stand with them), volergli bene e fargli festa (celebrate them)”.
Lele Jandon
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