martedì 29 luglio 2025
In Onore dell’Eroe Ulrichs la 31esima Lesbisch-schwules Stadtfest di Berlino
di LELE JANDON
Si fa ritorno a casa carichi di simpatici doni e carinissimi gadget dalla “Lesbisch-schwules Stadtfest”, la tradizionale festa cittadina gay-lesbica della durata di due giorni arrivata alla sua trentunesima edizione qui a Berlino: brochures, adesivi, penne, matite, molesquines, libretti, berretti, braccialettini, caramelle, cremine solari e condom in nome della cultura della prevenzione. In alcuni casi li offrono i volontari, in altri c’è una breve fila e si gira una ruota della fortuna: a seconda di dove si ferma, ti assegna il relativo regalino-ricordo.
E’ una “Straßenfest” (street festival), una festa di strada come una fiera o un mercato: con chioschi, bar e birrerie (fra gli sponsor, la Birra Beck’s) dislocati lungo sei vie (pedonalizzate per l’occasione) del Centro del distretto residenziale gay friendly di Schöneberg.
L’iniziativa si svolge sempre di Sabato & Domenica nella capitale tedesca in occasione della serie di Eventi per il “Pride Month” nella settimana precedente il CSD (Christopher Street Day).
I residenti di questo tranquillo quartiere possono curiosare ed ascoltare gli show musicali dei varî palchi anche standosene comodi sui balconi di casa propria e sono contenti di quest’animazione perché gli orari sono rigidi e rispettati: la festa ha un inizio e una fine, dalle 11 del mattino alla mezzanotte di sabato e alle 22 di domenica. Qui c’è massima osservanza delle regole che rispettano la Quiete del Quartiere, ad esempio in un bar dalle ore 23 un inserviente ha il preciso còmpito di esibire un cartello “Niente drink fuori”, come dire si può bere solo all’interno.
Peraltro, nonostante l’enorme afflusso di visitatori (350 mila) non si sentono schiamazzi. In tal modo il quartiere, popolato da famiglie e persone agées, vuol bene alla comunità LGBT che apporta vitalità, allegria e sicurezza.
Niente a che vedere con il fenomeno ‘made in Italy’ della “malamovida”, fatta di spaccio, sporcizia e berci della Milano del “laissez faire” della ProPal Diana De Marchi e di Beppe Sala.
La Polizei è come sempre presente e rassicurante, ben visibile ed attenta ed ha un proprio stand con agenti gay che raccontano agli aspiranti poliziotti la politica inclusiva della Polizia di Berlino.
Da tempo i tedeschi hanno capito che un clima di tolleranza e inclusivo fa bene alla società e all’Economia (quella tedesca resta la più forte d’Europa).
Per questo lo spirito della festa gay estiva è farsi conoscere da parte delle svariate associazioni ed Istituzioni e lanciare un semplice e chiaro Messaggio: se sei gay, lesbica o trans e desideri candidarti a quel posto di lavoro, non troverai pregiudizî negativi.
A questo scopo sono stati presenti con i loro chioschi e tantissime donne gay il Tribunale, l’Aeroporto BER, le diaconie (cioè il volontariato delle chiese), le cliniche private protestanti, la moschea liberale “Ibn-Rushd Goethe” che alla Vigilia del Pride ha issato la bandiera arcobaleno), l’Ufficio comunale del volontariato, la Fondazione “Magnus Hirschfeld” (intitolata al sessuologo ebreo tedesco la cui opera omnia fu bruciata da Hitler), la Deutsche Bank, le catene di supermercati “Rewe” e “Penny”, l’Associazione dei franco-tedeschi e quella dei boxeur gay (“Venite, non pensate che per la boxe serva chissà quale forza nelle braccia!”, assicurano).
Presenti anche i soldati della Bundeswehr che vediamo ogni giorno con la pubblicità in TV perché l’Esercito tedesco deve rafforzarsi ed ingrandirsi (un comandante in capo americano della NATO giorni fa ha prospettato che potrà esserci una Terza guerra mondiale dove avremo un doppio fronte, in caso d’invasione dell’Isola di Taiwan insieme a Putin: il nostro mondo libero contro Federazione russa e Cina, legate da “amicizia eterna”).
Non potevano mancare, per la gioia dei bambini, i mitici Berlin Feuerwehr, i Vigili del fuoco Volontari che offrivano una dimostrazione pratica su come eseguire correttamente un massaggio cardiaco in nome della cultura del pronto soccorso che tutti dovremmo un po' conoscere.
Con un bellissimo “double decker” in stile londinese (di quelli che circolano qui nella capitale tedesca) c’era anche l’efficientissima azienda dei trasporti pubblici, la BGV. Di propria iniziativa la compagnia che gestisce i bus e i metrò ha colorato di arcobaleno la fermata della metropolitana dinanzi al Bundestag: «Et voilà, il nostro Parlamento è pronto per il Pride!», ha scritto l’azienda in risposta al gestaccio del Cancelliere che (indirettamente, per ordine di una bigotta del partito, la presidente dell’Aula Julia Klöckner) ha interrotto la tradizione, introdotta dal precedente governo liberale, di issare la bandiera rainbow nel Mese del Pride sulla cupola di vetro.
Un’altra sonora risposta alla politica omofobica della CDU del governo centrale è stata l’iniziativa delle associazioni LGBT tedesche che la mattina del Pride hanno sciolto una mega bandiera del movimento di liberazione gay e lesbico proprio dinanzi alla Sede del Parlamento federale.
Quest’anno la “Lesbisch-schwules Stadtfest” era dedicata ai duecent’anni dalla nascita di un coraggiosissimo pioniere assoluto sia dei diritti gay in Germania sia della scienza sessuologica, predecessore del già citato Magnus Hirschfeld (che infatti l’andò a trovare e conoscere per manifestargli la sua stima): Karl Heinrich Ulrichs (1825 - 1895).
Il pluripremiato medico psichiatra e sessuologo tedesco Volkmar Sigusch (1940 – 2023) ha definito questo stupendo personaggio (avvocato, latinista e storico laureato qui a Berlino) il “primissimo uomo gay dichiarato al mondo”. Infatti l’avvocato Ulrichs fece il suo coming out nel 1867 a Monaco ad un congresso di giuristi in cui tentò di convincerli a richiedere insieme l’abolizione della legge prussiana antiomosessuale (il famigerato paragrafo 175, poco applicato ma riattivato da Hitler). Successe il contrario: quando la Prussia annesse altre parti della Germania la legge antigay fu estesa. E poiché nessuno è profeta in patria, nel 1880 Ulrichs decise di trasferirsi nell’Italia cattolica che essendo strapiena di preti omosessuali era relativamente più tollerante in alcune zone del Sud.
Qui, come dicevo, andò a fargli visita il dottor Hirschfeld, suo ammiratore, che ne trasse ispirazione per la sua analoga opera anche di ricerca scientifica e divulgazione qui a Berlino e per la stessa battaglia contro la legge 175.
Nonostante sia morto a L’Aquila in Italia non lo sentirete mai nominare dai dirigenti LGBT (gli amici di De Marchi, Majorino e Sala) che non hanno idea di chi sia
Al contrario Ulrichs era un erudito e padre del movimento gay tedesco e proprio grazie alla sua cultura Ulrichs dette un nome poetico e magico all’orientamento omosessuale coniando dal greco antico il termine “uraniano” (celeste) per dire “gay”, prendendo ispirazione dall’epiteto che dà ad Afrodite, dea dell’amore, il personaggio di Pausania nel dialogo “Simposio” di Platone, dove questo simpostasta dice: “E’ più nobile l’amore alla luce del sole che nell’ombra”.
Lodevole l’iniziativa, unica nel suo genere, dell’attivista liberale italiano Enzo Cucco Tosco che sta organizzando una gita a l’Aquila per il 30 AGOSTO per commemorare Ulrichs con visita alla tomba e letture dei suoi testi (adesioni all’email ulrichs200it@gmail.com).
Sul mio Facebook e sulla mia Pagina “Lele Jandon Photography” trovate le foto complete della manifestazione.
giovedì 9 gennaio 2025
La Rabbina: «Hannukah simboleggia la Prima Vittoria per la Libertà Religiosa»
di LELE JANDON
Nell’anno appena trascorso il Natale (anche in Ucraina) è coinciso con il primo giorno e la prima candelina di Hannukah (in foto mi trovavo dinanzi alla hannukiah della Porta di Brandeburgo, sito storico particolarmente simbolico perché sotto Hitler campeggiava la bandiera dei nazisti antisemiti).
Hanukkah è Storia. Questa Festa ricorda un ben preciso Evento storico: come narrano i due libri biblici dei Maccabei, nel II secolo prima dell’era volgare un gruppo di Eroi Ebrei resistette valorosamente al tentativo di distruzione dell’ebraismo ad opera del tiranno seleucide Antioco IV, UN pazzo megalomane che pretendeva di essere adorato come uno degli dèi. Quel satrapo siro-ellenistico non solo impose agli ebrei il culto di sé stesso (!), delle statue degli idoli fenici e la pratica delle "prostitute sacre" nel Tempio di Gerusalemme, ma vietò la circoncisione, lo Shabbat e lo studio della Torah: essere ebrei era fuorilegge, pena la morte!
Un nobile sacerdote ebreo, Mattatia, si ribellò e fu il leader della guerriglia contro la soldataglia del sedicente dio pagano. Quando Mattatia morì in battaglia fu suo figlio Giuda (poi detto Giuda Maccabeo) a proseguire l’opera di liberazione nazionale: ancorché male armato, il giovane eroe ebreo riuscì a sconfiggere l’esercito del governatore della regione uccidendolo. Dinanzi a questa forza morale i siriaci revocarono l’editto antisemita (e di lì a poco, dopo la morte di Antioco, Roma firmò proprio con Giuda Maccabeo un trattato di riconoscimento della Giudea).
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Ma veniamo al particolare della festa: le luci. Dopo l’abuso degli occupanti, era stata fusa la stupenda menorah, il lume dorato (il più antico simbolo dell’ebraismo) che aveva sempre illuminato il Tempio di Gerusalemme e che deve sempre restare acceso.
Il Tempio oltre che profanato era pure spento. Bisognava illuminarlo, riconsacrarlo, ridedicarlo al Signore.
Allora, scrive il rabbino e scrittore americano Chaim Potok (1929 – 2002) nella sua “Storia degli ebrei” del 1978 (Garzanti, Milano 2003, mia edizione 2007, pag. 254), i partigiani ebrei «utilizzarono probabilmente come candelabro le estremità delle loro lance».
La leggenda sacra (riferita dal Trattato “Shabbat” 21b del Talmud babilonese) racconta che essi rinvenivano una boccetta d’olio sufficiente per una notte ma che durò miracolosamente sinché, dopo otto giorni di suspence, arrivò altro olio: ecco perché la festa dura otto giorni in ciascuno dei quali s’accende un lumino. Anche Gesù, che era ebreo, andava al Tempio di Gerusalemme per Hannukkah (Giovanni 10: 22, le traduzioni riportano “Festa della Dedicazione” e se consultate ad esempio l’Enciclopedia Treccani troverete Festa della Dedicazione = Hannukah, che è un termine coniato in seguito, nel Seicento).
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Quella dei Maccabei fu «la prima rivoluzione riuscita»: «fu per la seconda civiltà degli ebrei quello che le guerre di Saul e Davide contro i filistei erano state per la prima», commenta il già citato Chaim Potok (a pagina 250).
E come riassume bene al settimanale liberale “Le Point” la rabbina francese Pauline Bebe, «Hannukah rappresenta la prima vittoria per la libertà religiosa». Un valore universale.
Hannukah è una Festa simbolo di Resistenza: come gli antichi ebrei lottavano contro l’assimilazione forzata e la paganizzazione, così oggi gli ucraini resistono alla russificazione forzata e gl’israeliani resistono agli attacchi di Iran, Hamas ed Hezbollah.
Mentre la Federazione russa, attraverso le sue false agenzie informative diffondeva (come già facevano prima la polizia zarista e poi il KGB) fake news antisemite col preciso fine di distruggere la coesione sociale costruita con fatica dalla nostra civiltà, in Ucraina (che ha anche collocato il Natale nello stesso periodo delle altre denominazioni cristiane) si festeggiava Hanukkah (resa Festa nazionale dal presidente Zelensky già nel 2020). Mentre Putin coi suoi missili ha sadicamente tentato di lasciare l’Ucraina al buio per il terzo Natale di Resistenza (non il secondo, come ha erroneamente detto la RAI), per tutta risposta Volodymyr Zelensky, in una commovente cerimonia di cui potete vedere il video su Internet, ha acceso la prima candela di Hannukah: «È la Festa più gioiosa», ha detto uno dei dodici rabbini ucraini Ospiti nella sua residenza di Kyïv per l’occasione.
E il rabbino capo del Dnipro, Shmuel Kaminetsky (i cui genitori, a causa delle persecuzioni antisemite dei comunisti, emigrarono nel 1946 dall’Unione sovietica in quello che sarebbe diventato di lì a poco lo Stato d’Israele) ha detto: «La battaglia tra la luce e l'oscurità continua. Grazie a Lei, Presidente, l'Asse del Male sta diventando molto più debole e presto lo sconfiggeremo. Accenderemo queste candele e speriamo che l'Onnipotente ci aiuti e pregheremo con tutti per vedere presto grandi miracoli», proprio come nella storia gloriosa degli Eroi Ebrei al seguito di Giuda Maccabeo.
E mentre in Siria le minoranze religiose tremano dinanzi ai primi atti di barbarico bullismo compiuti impunemente da parte degl’islamisti contro i connazionali cristiani e il governo pratica già di fatto la sharia (negando persino una semplice stretta di mano alla ministra degli Esteri tedesca in quanto donna!), al contrario il presidente ucraino ha celebrato la “diversity” etnica e religiosa del suo Paese in lotta per la civiltà contro la barbarie: «Qui in Ucraina tutti viviamo assieme e tutti combattiamo le tenebre. Sono sicuro che la luce supererà definitivamente l'oscurità».
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Già tre secoli prima dei seleucidi si era tentato invano di distruggere il popolo ebraico (per macchinazione di Aman, il consigliere speciale del re persiano Assuero, come racconta il libro biblico di Ester, episodio vittorioso in onore del quale si è istituita la festa di Purim).
E nel Novecento il tentativo si è ripetuto sotto il nazionalsocialismo e sotto il socialismo reale dell’Unione sovietica (il cui Dipartimento Desinformatsiya ha inventato i diabolici slogan che oggi sono riproposti dagli antisemiti travestiti da antisionisti: “Israele genocida come Hitler”, “i sionisti sono criminali”, come ha scritto l’altro giorno una bulla in risposta ad un mio intervento). Il da poco scomparso presidente Jimmy Carter fece pressing con successo sull’URSS affinché consentisse ai “refusenik” (gli sfortunati a cui il regime dava il Niet per il visto d’uscita) di emigrare da quell’orrenda dittatura: grazie a lui ben 50 mila ebrei l’anno poterono andarsene da quello Stato che disprezzava l’ebraismo.
Ad una lettura anagogica, questa storia straordinaria evocata da quella particolare menorah simile ad un albero che è la hannukiah (il candelabro a 9 bracci) è lì a rammentarci una fondamentale verità filosofica: quando come società siamo uniti da un’Idea forte e creativa succedono miracoli.
L’idea di Nazione ebraica sta alla base dell’eroismo della Resistenza degli ebrei Maccabei e sta alla base del movimento sionista che, ricorda l’antropologo israeliano Harari nell’articolo sulla “Washington Post” che Vi ho letto ai miei cineforum all’Hotel Diana, non è mai stato una forma di imperialismo né razzismo. Quindi Hannukah è una Festa squisitamente sionista. E’ tutto il contrario di ciò che propagandano i cattivi maestri ProPal. E’ il sionismo la filosofia che ha permesso la (ri)nascita d’Israele: il visitatore attento di Roma noterà che il candelabro ebraico è raffigurato anche sull’Arco di Tito, l’allora generale (poi imperatore) che nel 70 diede l’ordine genocidario di distruggere tutto e tutti a Gerusalemme causando così la Diaspora cioè la Dispersione degli ebrei, ingiustamente esuli in giro per il mondo.
Gli ebrei non sono mai stati imperialisti, anzi, al contrario sono stati eroici nel sopravvivere a tanti tentativi di venir distrutti da imperi malvagi. Gli unici due Paesi al mondo governati da ebrei sono in lotta per l’esistenza e resistono eroicamente: Israele ed Ucraina.
L’insegnamento di Hannukah è universale, insegna a contemplare e celebrare l’esistenza e la Resistenza: resistere per esistere. Quando auguriamo “Happy Hannukah!” riconosciamo che la Libertà è la Luce e la schiavitù sono le tenebre, che Israele appartiene agli ebrei e che l’Ucraina appartiene agli ucraini.
Perciò: lunga vita ad Israele! Slava Ukraïni!
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